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giovedì 13 agosto 2009

Innse, una dura battaglia vinta dai lavoratori

Ancora due articoli tratti dal quotidiano Liberazione di oggi, riguardanti la conclusione della vicenda Innse. Il primo è di Gianni Rinaldini, segretario generale nazionale Fiom.
La lezione dell'Innse: come e perchè abbiamo vinto.
Rassegna stampa.

I lavoratori e le lavoratrici dell'Innse hanno vinto una dura battaglia resistendo prima con un interminabile presidio dello stabilimento per 15 mesi e poi rispondendo alla prova di forza dell'intervento delle forze dell'ordine per fare entrare un gruppo di trasferisti per smontare le macchine lo hanno fatto con una azione audace e coraggiosa che non si limitava alla resistenza, ma rendeva di assoluta trasparenza l'oggetto dello scontro. Bloccare lo smantellamento degli enormi macchinari era la condizione per affermare la possibilità di una nuova soluzione industriale con un nuovo soggetto industriale ed evitare un'operazione scientemente orchestrata per compiere una speculazione immobiliare secondo la nota logica del "guadagno a breve". Questo era l'intreccio costruito tra i proprietari dell'area ed il proprietario delle macchine, che dopo averle acquisite dall'Amministrazione Straordinaria, con una cifra equivalente ad un medio appartamento di Milano, la rivendeva a prezzi ben più consistenti. Anzi due di queste erano già state vendute e i proprietari ne rivendicavano il possesso.
Nel nuovo scenario che si era determinato con l'intervento della Polizia il 2 agosto, si delinearono diverse possibilità sul come continuare la lotta:- tentare di bloccare gli altri lavoratori che entravano per smontare le macchine con l'evidente rischio di uno scontro tra lavoratori e l'intervento della polizia;- tentare di bloccare l'entrata e l'uscita dei camion per trasferire il materiale con i prevedibili incidenti di cui l'enorme e spropositato schieramento delle forze dell'ordine assumeva le caratteristiche dell'avvertimento.
Tutte le ipotesi fatte si scontravano con il fatto che una volta smontati quei macchinari, per le loro caratteristiche, la fabbrica Innse era finita ed il resto diventava pura testimonianza di lotta.Credo che per questa ragione i delegati ed il funzionario sindacale che segue la vertenza, dopo l'incontro negativo tenuto con il Vice-prefetto, hanno deciso con assoluta razionalità e non solo per disperazione, un'iniziativa, audace, coraggiosa, con evidenti rischi personali e come mossa per bloccare i lavori in corso e riaprire la possibilità di una diversa soluzione industriale. Questa azione di lotta, il sostegno esterno, giorno e notte, il ruolo positivo svolto dai mezzi di comunicazione ha permesso di far conoscere le ragioni della lotta e della speculazione immobiliare.Sono stati contenuti gli inevitabili elementi di tensione attraverso un percorso democratico preciso dove tutto veniva deciso assieme ai "gruisti" e successivamente dall'assemblea esterna, soltanto dei lavoratori dell'Innse. Ad ogni incontro, ad ogni novità, corrispondeva questo percorso democratico.
Nello spazio di alcuni giorni, sono emerse nuove proposte di acquisizione, con un atteggiamento delle Istituzioni lombarde, di assoluto fastidio, fino a quando, direttamente al Prefetto, da parte di un Gruppo Bresciano, è stata presentata una proposta "pesante" di acquisizione totale, da concludersi in 48 ore. In queste ultime giornate è corretto riconoscere il ruolo positivo che hanno svolto Gianni Letta e il Prefetto di Milano per superare i diversi ostacoli per un accordo complessivo che prevede la riassunzione di tutti i lavoratori dell'Innse.
Ho voluto riassumere alcuni passaggi di queste ultime giornate per richiamarne alcuni aspetti di carattere generale.
1 - I lavoratori vanno ascoltati. Avevano ragione loro nel sostenere che l'Innse è una fabbrica viva, nei macchinari, nel mercato, nella elevata professionalità che esprime. I vari "sapientoni" che anche attraverso sofisticati articoli ci hanno continuato a spiegare che non c'era nulla da fare perchè il problema sono gli ammortizzatori sociali, dovrebbero pur interrogarsi sul fatto che in questa fase svolgono un ruolo di copertura delle stesse logiche che ci hanno portato alla attuale drammatica crisi sociale;
2 - A tutti coloro che prima di iniziare una lotta vorrebbero conoscerne il risultato finale dico semplicemente che non è tempo, meglio rischiare una sconfitta che non svolgere una lotta che rappresenta di per se una speranza una alternativa all'isolamento personale alla disgregazione. C'è un limite che segna la lotta, quella della democrazia, della non violenza e dell'unità dei lavoratori;
3 - Sulle forme di lotta non esiste un Vademecum per le diverse situazioni per la semplice ragione che c'è sempre un rapporto tra forme di lotta, situazione della azienda, obiettivo che si vuole perseguire. Questi aspetti a partire dalla unità di tutti i lavoratori sono ben evidenti nell'esperienza dell'Innse;
4 - Il ruolo dei mezzi di comunicazione, ed in particolare della Tv, è stato importante e positivo suscitando le ire del Presidente del Consiglio. Sono decine e decine le situazioni di crisi, di licenziamenti e di presidi dei lavoratori in corso nel nostro paese. E' necessario sviluppare assieme forze sociali e forze politiche democratiche un movimento di massa a sostegno di una informazione che renda visibili i drammi sociali di questo paese.

Il secondo articolo è di Paolo Ferrero, che già nel titolo esprime i segnali che Rifondazione intende cogliere dalla vicenda.
Un esempio da seguire. I compiti di Rifondazione.

I lavoratori dell'Innse hanno vinto. Se lo sono meritato, con mesi e mesi di lotta e, da ultimo, con una settimana di protesta sul carroponte. L'azienda non verrà frantumata e smantellata, i lavoratori non verranno ricollocati da qualche altra parte ma, al contrario, riprenderà la produzione - e quindi l'occupazione - con un nuovo padrone.
Questa lotta deve diventare un esempio per i lavoratori in lotta di tante aziende in crisi, perché dimostra che attraverso la lotta è possibile vincere, è possibile cambiare le decisioni dei padroni e del governo. Nell'autunno la parola d'ordine del fare come la Innse (ma anche come l'Indesit e la Fincantieri) deve diventare un punto centrale della mobilitazione e della comunicazione sociale.
Fare come l'Innse vuol dire innanzitutto costruire un'unità e una solidarietà molto forti tra i lavoratori. Senza l'unità dei lavoratori nulla sarebbe stato possibile. Unità tra i lavoratori vuole anche dire capacità di esprimere una propria soggettività autonoma, anche nei confronti delle proprie organizzazioni.In secondo luogo vuol dire chiarezza nei confronti degli obiettivi. La duttilità nell'utilizzare ogni margine di trattativa possibile non è mai diventata confusione sugli obiettivi da perseguire. Tutti i livelli di governo coinvolti nelle trattative e nelle discussioni delle settimane scorse erano orientati a garantire una ricollocazione dei lavoratori, ma non a riaprire l'azienda. Solo la netta determinazione dei lavoratori ha impedito che si spostasse completamente il senso della trattativa.
In terzo luogo, vuol dire avere la capacità di scegliere forme di lotta molto dure, non come elemento di disperazione, ma come razionale modalità di contrattazione e di costruzione di un immaginario capace di comunicare sui mass media. La lotta dell'Innse ha saputo sia modificare l'orizzonte contrattuale che costruire un universo simbolico. La Innse è diventata la prima notizia di vari telegiornali e questo ha fatto uscire pazzo Berlusconi, che sulla rimozione della realtà dall'immaginario ha costruito il suo progetto politico.
In quarto luogo, vuol dire avere la capacità di inserirsi nelle contraddizioni che si generano nel campo avverso, ma a partire da un proprio autonomo punto di vista. Nella vicenda Innse è del tutto evidente che si è giocata anche una partita politica tra la lega Nord (che aveva sponsorizzato lo speculatore Genta) e una parte del centro destra che ha prima subito l'iniziativa della Lega e poi - grazie all'azione operaia - ha spinto per altre soluzioni. La vicenda dell'Innse ci parla di grandi contraddizioni in seno alle classi dirigenti, contraddizioni che possono esplodere solo se fatte maturare dal conflitto sociale.
Nella vittoria dei lavoratori dell'Innse vi sono quindi numerosi elementi di interesse, a partire dalla compattezza e dalla determinazione degli operai, per arrivare alla capacità di costruire attorno alla loro lotta una "coalizione" che partiva dalla Fiom ma arrivava a Rifondazione, al popolo del presidio in questi giorni.
Proprio su questo voglio spendere alcune parole. Rifondazione è stata presente nella lotta Innse sin da quando il nostro ex assessore provinciale si adoperava per trovare una soluzione industriale. Siamo stati presenti in questi mesi e in queste settimane, sia con la partecipazione di molti compagni e compagne al Presidio, sia raccogliendo soldi per la cassa di resistenza, sia agendo nei confronti di tutte le istituzioni, da quelle locali a quelle nazionali, con il giornale Liberazione che ha fatto un ottimo lavoro.
Per svolgere un ruolo in autunno, dovremo essere capaci di fare quanto fatto alla Innse - e se possibile un po' meglio - in tutte le aziende in crisi. Alla Innse la lotta c'era già. In molti casi occorre proporla e adoperarsi per costruirla. Se non vogliamo che il "fare come la Innse" sia un puro fatto di propaganda agostano occorre quindi mettere mano al funzionamento del partito, territorio per territorio e dimostrare sul serio la nostra utilità sociale. So bene che la lotta non è sufficiente, ma senza di quella non si va da nessuna parte.

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