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venerdì 23 ottobre 2009

Tremonti vs Berlusconi




Tensioni nella maggioranza sul caso Tremonti. Oggi il Consiglio dei ministri è slittato a data da definire per il mancato rientro dalla Russia del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ostacolato dal maltempo. Dopo l'annuncio di ieri da parte del premier sull'abolizione dell'Irap, si erano diffuse voci su un forte malumore del titolare del dicastero di via XX Settembre che sarebbe arrivato a ventilare le dimissioni. Ipotesi smentita oggi da fonti del ministero. Successivamente, però, arriva un comunicato ufficiale del ministro: "Produzione di note di agenzie a mezzo note di agenzie. Ho difficoltà a riconoscermi in questo tipo di catena produttiva. Per quanto mi riguarda nessuna delle note in circolazione corrisponde a verità", dice Tremonti. Ogni chiarimento resta dunque rinviato al rientro dalla Russia del premier Berlusconi(Agi).
La tempesta di neve forse non è mai esistita. Parola dei tanti che, prima di pranzo, hanno iniziato a smanettare su Internet per verificare sui siti delle previsioni meteo, anche in cirillico, cosa accadeva sopra il cielo di San Pietroburgo, così come sopra il lago di Valdaj. Neve zero, forse un po' di pioggia, pare un po' di nebbia. Ma al di là della motivazione climatica, "maltempo", fornita da fonti governative per giustificare l'assenza del premier e lo spostamento del Consiglio dei ministri a "data da destinarsi", ciò che conta, da un punto di vista politico, è che il ritardo con cui Silvio Berlusconi ha lasciato la residenza nella Dacia, dove si trovava da mercoledì ospite di Valdimir Putin, ha portato allo slittamento pure del faccia a faccia tanto atteso con Giulio Tremonti. Un incontro che sulla carta sarebbe stato chiarificatore, e che si sarebbe dovuto tenere prima del Cdm.
Ciò non è stato, e forse si dovrà attendere un po' prima che i due si confrontino apertamente, l'uno di fronte all'altro. In ogni caso, se non il gelo che accompagna la neve, un po' di freddino nel governo, diciamo così, rimane. E non bastano a rasserenare il clima le smentite sulle eventuali dimissioni del titolare di via XX Settembre, finito da diversi giorni nel mirino del fuoco amico. Aperto da parlamentari Pdl e ministri che contestano i suoi "no" a qualsiasi richiesta di investimenti, convinto com'è della necessità di andare avanti con sulla linea del rigore per il risanamento dei conti pubblici. Senza contare la rabbia tremontiana che rimane alta, per l'annuncio del graduale taglio dell'Irap avvenuto per voce di Gianni Letta, su mandato del Cavaliere. Insomma, raccontano che Tremonti stia davvero vivendo male questa sorta di sindrome da accerchiamento. E poco importa se nel pomeriggio si presenti regolarmente a Palazzo Chigi per incontrare le Regioni.
L'ipotesi, o quantomeno la minaccia che possa decidere di lasciare, non è solo fantapolitica, anche se col passare delle ore si intensifica l'attività dei pompieri interni.
"Non metto neanche in conto che si dimetta", puntualizza Ignazio La Russa. Ancora più netta la difesa di Umberto Bossi: "C'e' un tentativo di far fuori Tremonti", ma la Lega "lo protegge". La sensazione, in ogni caso, è che il nodo verrà sciolto definitivamente solo dopo il "vis-a-vis" con il presidente del Consiglio. Non foss'altro per smentire le voci che circolano nelle ultime ore e che parlerebbero di un Tremonti pronto a non lasciare solo in cambio dei galloni di vicepremier. Questione delicata, visto che l'opzione "sì" aprirebbe un nuovo fronte polemico interno, con i ministri che battono inutilmente cassa da mesi legittimati ad alzare ancora di più la voce. Senza dimenticare che Berlusconi difficilmente darebbe il via libera a un rimpasto o ad altri scenari che riguardano la squadra di governo, prima delle Regionali di marzo 2010.
L'opzione "no", invece, potrebbe far incrinare i rapporti, aprendo la strada alla rottura. In ogni caso, bocce ferme ma "boatos" a mille, in attesa del faccia a faccia tra il capo del governo e chi ha la responsabilità della cassa (Asca).
Berlusconi è rientrato in Italia solo in serata. "Maltempo, bufera di neve", è stato il motivo fatto trapelare dagli ambienti di Palazzo Chigi per giustificare il soggiorno in Russia più lungo del previsto del premier. Ma nel pomeriggio, in un incontro con le Regioni, Tremonti ha lanciato una battuta ironica e molto eloquente. "L'aereo di Berlusconi bloccato da una tempesta di neve? credo - sarebbero state le sue parole - che sia stato bloccato da una nebbia fitta, molto fitta". Chiaro il riferimento alla situazione interna. D'altra parte, le notizie che giungono direttamente da San Pietroburgo, riportate dall'agenzia Novosti, riferiscono di una gita sul lago fatta da Putin e Berlusconi a bordo di un jet anfibio di cui il premier avrebbe anche preso i comandi. Cosa che non sarebbe certo stata possibile con il maltempo (Asca).
La sortita di ieri di Berlusconi sull'abolizione graduale dell'Irap utilizzando le risorse dello scudo ha colto di sorpresa il ministro dell'economia. È probabile che qualche accenno al tema fosse stato fatto nelle riunioni di governo, ma Tremonti avrebbe di sicuro scelto un altro momento. Anche perché l'intenzione di Tremonti, riportata nella finanziaria, é quella di destinare le risorse dello scudo a favore dell'università, della ricerca e del sociale. Ma è stato un modo, quello del Cavaliere, per dire al potente ministro dell'economia, che le decisioni le prende lui. È vero che, nell'incontro con le Regioni, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, ha ridimensionato i termini per il taglio dell'Irap sottolineando che "è un riferimento programmatico e non ci sono scadenze", ma i rapporti tra i due restano molto tesi (Asca).
Il volo di Stato ha riportato Berlusconi ad Arcore. Anche Tremonti trascorrerà il fine settimana a Milano e potrebbe essere l'occasione per il famoso incontro chiarificatore che oggi il Cavaliere ha di fatto voluto rinviare. Ambienti di governo fanno comunque presente che, pur in presenza di una situazione difficile, non si è giunti alle tensioni che portarono nel 2004 Tremonti alle dimissioni (Asca).
All'interno del Pdl potrebbe esserci un secondo documento di opposizione a Tremonti. Voci in questo senso si sono rincorse nella giornata di oggi indicando come autori i ministri Renato Brunetta e Maurizio Sacconi. In serata "Notapolitica" ha diffuso un proprio servizio che ha dato corpo a queste voci che, sostiene, "parlano di un altro gruppo di lavoro che avrebbe prodotto un secondo testo ricco di spunti riformatori sui temi del mercato del lavoro e del welfare. Un documento che andrebbe integrato con il primo e che confermerebbe la teoria accreditata nelle dichiarazioni post-rivelazione dell'esistenza di diversi 'gruppi di lavoro' e di molteplici tavoli di riflessione interni al partito". "Regista di questo secondo documento -afferma 'Notapolitica'- sarebbe il ministro Renato Brunetta che nei giorni scorsi aveva, nemmeno troppo velatamente, polemizzato con Tremonti sulla questione del 'posto fisso'. Nel testo, secondo le indiscrezioni, vi sarebbero precisi riferimenti alla necessità di rivedere lo statuto dei lavoratori e di riprendere quell'opera riformatrice iniziata dal duo Maroni-Sacconi con l'allora consulente del ministero Marco Biagi. Secondo Brunetta, infatti, da lì occorrebbe ripartire: un mercato del lavoro con massicce dosi di flessibilità e che eviti la precarizzazione dei giovani attraverso ammortizzatori sociali più incisivi degli attuali". "Una riforma - aggiunge 'Notapolitica' - che non sarebbe a costo zero e le cui risorse andrebbero reperite attraverso un piano per l'emersione del lavoro sommerso (soprattutto al sud) che garantirebbe il recupero di 2-3 milioni di posti di lavoro oggi 'in nero', con conseguente aumento dei versamenti contributivi e previdenziali. Con quei soldi, andrebbero riformati gli ammortizzatori sociali e la riforma Biagi potrebbe essere completata". "Il modello - e qui ci sarebbero gli indizi della sinergia con Sacconi - potrebbe essere quello utilizzato per la regolarizzazione delle badanti e delle colf. Procedura - prosegue 'Notapolitica' - che, secondo i calcoli del Ministero, avrebbe fatto emergere 300mila nuovi contratti, quasi completamente riferibili a lavoratori stranieri. Un testo, questo, che si porrebbe agli antipodi del Tremonti-pensiero su posto fisso e immobilità sociale e che rilancerebbe l'idea abbandonata a suo tempo dell'abolizione dell'articolo 18 e della creazione di un mercato del lavoro ad altissima mobilità ma con forti tutele derivanti dal nuovo sistema degli ammortizzatori sociali. Se il documento fosse stato redatto prima dell'uscita tremontiana sul 'posto fisso', allora quella del superministro potrebbe essere letta come una sorta di difesa preventiva. In ogni caso, anche su questo tema, la visione di Via XX Settembre sembrerebbe essere diametralmente opposta rispetto a quella di larghissima parte del partito" (Asca).
Il ministro Maurizio Sacconi smentisce di essere tra gli autori di un secondo documento anti-Tremonti che circolerebbe nel Pdl. "In relazione ad indiscrezioni del tutto fantasiose riportate dal sito notapolitica.it, il ministro Maurizio Sacconi -afferma una breve nota del ministero - precisa che non esiste nessun gruppo di lavoro sui temi del welfare al quale egli partecipa" (Asca).
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Ora solare: domenica lancette indietro




Domenica si torna a dormire un'ora in più: alle tre di notte le lancette dell'orologio dovranno essere spostate indietro di 60 minuti. Tramonta infatti l'ora legale, entrata in vigore il 29 marzo scorso, e torna l'ora solare, che durerà fino al 28 marzo 2010.
Se l'ora solare porterà sollievo ai "dormiglioni", chi piangerà saranno i più attenti al portafoglio: secondo Terna, infatti, con l'ora legale l'Italia ha risparmiato in 7 mesi circa 93 milioni di euro, pari ad un minore consumo energetico di 643 milioni di kilowattora.
E poi c'è il bioritmo, che ogni anno per ben due volte subisce questo "trauma da fuso orario". Un trauma che, come rilevato da un'indagine Codacons, il 50% degli italiani non gradisce. Eppure l'ora "civile convenzionale", il termine scientifico per indicare l'ora solare, è stata introdotta nel nostro Paese nel 1916, seppur abolita e ripristinata più volte, specialmente tra il 1940 e il 1948 a causa della Seconda guerra mondiale.
Nel 1966 ci fu una prima regolamentazione del cambio d'orario: una legge stabiliva che l'ora legale dovesse durare dalla fine di maggio alla fine di settembre. Dal 1981 al 1995, invece, fu estesa dall'ultima domenica di marzo all'ultima di settembre.
Nel 1996, il passaggio tra ora solare e ora legale ha assunto la forma che oggi conosciamo: quell'anno, infatti, si stabilì a livello europeo di estendere l'ora legale dall'ultima domenica di marzo all'ultima di ottobre.
Se in Europa l'ora legale viene applicata omogeneamente tra tutti i Paesi, nel resto del mondo è caos: basti pensare che in Giappone o nei Paesi della fascia tropicale l'ora legale non viene neppure adottata (Asca).

È il verdurometro la soluzione anti-invecchiamento e salva-cuore. L'idea di un menu a punteggio arriva dai ricercatori dell'Università della Florida, in uno studio pubblicato sul Journal of Human Nutrition and Dietetics.
A far guadagnare punti e salute, al primo posto ci sono broccoli, legumi, verdure a foglia e frutta a guscio, noci e nocciole soprattutto. La chiave, spiegano i ricercatori, è negli antiossidanti, sostanze naturali che prevengono e combattono lo stress ossidativo delle cellule rallentando il decadimento del corpo. Proteggono da malattie cardiache e da obesità. Un rimedio, spiegano i ricercatori, è quello di cominciare il pasto proprio dagli ortaggi.
Per incoraggiare a consumare cibi sani Heather K. Vincent e il suo team consigliano di "riempire il piatto di prodotti colorati, con poche calorie, di preferire piatti composti a prevalenza da vegetali, di mangiare lentamente pietanze ricche di fitochimici come insalate con olio d'oliva e, infine, di precedere il pasto con macedonie di frutta sbucciata al momento" (Asca).
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I salmi; la preghiera dell’uomo a Dio

Presentato a Brembio il libro di don Guglielmo Cazzulani.



In un clima denso di curiosità e di attese, è stato presentato dallo stesso autore, don Guglielmo Cazzulani nella sala Paolo VI dell’oratorio, il libro “Un giro di valzer con Dio”. Alcune brevi parole di benvenuto a don Guglielmo, al sindaco Giuseppe Sozzi e ad Andrea Bagatta, giornalista del cittadino del Parroco don Elia Croce, e un grazie ai numerosi presenti che gremivano la sala, cui si aggiungono le parole del sindaco Sozzi, legato da sincera e lunga amicizia a don Guglielmo, danno inizio a questo incontro organizzato dalla biblioteca comunale. Una breve presentazione cattura immediatamente l’attenzione di chi già aveva letto il libro e di chi ancora lo doveva leggere, con un linguaggio chiaro e semplice alla portata di tutti. L’approccio con qualche proposta per dare un’impostazione al tema da seguire e poi, immersi nell’antica economia religiosa che i salmi proiettano sull’intera storia della salvezza, descritta da don Guglielmo, permette agli astanti, con domande sul tema, di capire i sentimenti espressi dall’uomo di circa tremila anni fa, di accostarsi al cospetto di Dio con sincerità e verità ineguagliabili di poesia e di preghiera. Con pochi esempi, mostra come la vastità e la ricchezza di contenuto dei 150 salmi, sia ancora attuale e tranquillamente può essere proposta all’uomo moderno per la sua vita quotidiana. Per questo motivo, conclude, la chiesa ha scelto il salterio come fondamento della sua preghiera ufficiale, meditandola alla luce del mistero di Cristo. Il tempo, tiranno, obbliga alla chiusura e alla possibilità di un prossimo incontro; ma non alla voglia di colloqui personali, allo scambio di ricordi e di notizie con tutti i presenti e un breve saluto.














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Non c'è trasparenza sulle bonifiche

Bonifiche.
È dal ’95 che cerco inutilmente di avere informazioni.
Comunicato stampa di Silvia Ferretto Clementi, Consigliere regionale precario in esilio nel gruppo 9103, come si definisce, dopo l'espulsione dal gruppo di Alleanza Nazionale in Regione Lombardia.

Non voglio entrare nel merito della vicenda giudiziaria dell’ex Montecity – Santa Giulia anche se ritengo utile ricordare che già nel 1996 avevo presentato un’interrogazione su questa vicenda e richiesto l’intervento della Corte dei Conti sulla questione Sisas, nella quale l’unico interesse tutelato sembrava essere quello privato.
Quello che, ancora una volta, preoccupa ed inquieta è la totale mancanza di trasparenza sulla questione bonifiche.
La Regione Lombardia ha speso, in soli 10 anni, più di 220 milioni di euro per le bonifiche, una cifra spaventosa, soprattutto se consideriamo i risultati.
Il Consiglio Regionale con l’approvazione di un mio ordine del giorno, sottoscritto da tutte le forze politiche, ha già chiesto di essere informato e di poter conoscere, per ogni sito contaminato, ogni dettaglio relativo alla proprietà, al grado di inquinamento, ai finanziamenti concessi e alle società a cui sono stati appaltati i lavori di bonifica. Col documento si chiede anche di conoscere i motivi per i quali alcune aree classificate come prioritarie non abbiano ricevuto finanziamenti a differenza di altre ritenute, almeno sulla carta, meno prioritarie.
Una cosa è certa: sull’argomento esistono troppe ombre riguardanti oltre che la natura urbanistica e la destinazione d’uso finale delle aree, i proprietari delle stesse, il luogo di smaltimento finale degli inquinanti asportati e le azioni intraprese nei confronti degli inquinatori per recuperare i costi di bonifica.
Nonostante la volontà espressa dal Consiglio, come ho sottolineato anche durante un mio intervento in Consiglio Regionale, le informazioni ad oggi non sono state fornite. Le uniche informazioni fornite (solo su supporto cartaceo) sono parziali e spesso contraddittorie ed ho impiegato mesi per riuscire a strutturarle, organizzarle ed informatizzarle. Il frutto di questo ciclopico lavoro è stato è una vera e propria banca dati informatizzata sulle aree contaminate della nostra regione che ho immediatamente pubblicato sul mio sito (www.ferretto.it), così da permettere a chiunque di controllare, verificare ed eventualmente integrare o correggere le informazioni già possedute sulle singole aree contaminate.
Milano, 20 ottobre 2009

Intervento di Silvia Ferretto in Consiglio Regionale, sulla questione bonifiche ed in particolare sulla SISAS e sui numerosi doni fatti ai privati, il 22/06/2009.

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Scoprire la chiusura di una fabbrica via Internet

Rosy Bindi visita il presidio: «Serve un’azione immediata».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 23 ottobre 2009.

Fombio - Un’azione immediata perché il governo nazionale dia risposte ai lavoratori della Akzo Nobel e un impegno per portare le tutele dei lavoratori a un livello internazionale. Sono le promesse che Rosy Bindi ha fatto davanti ai cancelli della Akzo Nobel a un nutrito gruppo di lavoratori, accorso per sentire il vicepresidente della Camera nonostante la pioggia battente. L’onorevole del Partito democratico è arrivata alle 12.30 insieme al segretario regionale Maurizio Martina e accompagnata dai vertici provinciali del partito.
«Questa lontananza dei lavoratori dall’impresa, al punto che si scopre della chiusura di una fabbrica via Internet, dà la sensazione molto reale di essere tornati indietro rispetto alle conquiste dei lavoratori - ha detto Rosy Bindi -. C’è una mancanza di controllo sulle scelte delle multinazionali che deve portarci a riflettere sull’organizzazione del mondo del lavoro. Bisogna dotarsi di nuovi strumenti di carattere internazionale per la tutela dei lavoratori». Ma l’onorevole non perde di vista anche la situazione locale, che non ammette tempi lunghi. «So che non potete aspettare dei percorsi normativi lunghi - ha proseguito l’onorevole del Pd -. Ci attiveremo, se necessario anche presso la presidenza della Camera, perché il governo dia risposte in tempi brevi alle vostre richieste. Purtroppo, in questo periodo l’elenco delle richieste è particolarmente lungo. Il nostro impegno c’è». A ringraziare l’onorevole per l’impegno è stato lo storico rappresentante dei lavoratori della Akzo di Fombio, Pino Dosi. «Rosy Bindi ha tracciato un quadro molto lucido e la ringraziamo per la vicinanza che ci ha manifestato, sebbene la nostra vicenda sia tutta particolare. Il sito di Fombio paga scelte strategiche della multinazionale che non portano a delocalizzare in altri Paesi, ma a spostare le produzioni in aziende che sono a 30 chilometri da noi, e che fino a ieri erano nostre concorrenti». Ma i sindacalisti hanno anche voluto spiegare al vicepresidente della Camera i motivi di una protesta estrema come lo sciopero della fame, praticato fino a mercoledì mattina e ora sospeso. «L’azienda avrebbe preferito lo scontro frontale, l’occupazione della fabbrica o lo sciopero ad oltranza per avere un pretesto per anticipare i tempi di chiusura - ha spiegato Gianpiero Bernazzani -. Invece continuiamo a lavorare responsabilmente, adottando forme di protesta inusuali per mantenere alta l’attenzione sul destino della fabbrica».



Fombio - Intanto è stato sospeso lo sciopero della fame in vista del summit che potrebbe svolgersi nella prossima settimana. Due tavoli di lavoro per salvare l’Akzo. I sindacati a Roma dopo l’incontro con il prefetto e la Provincia.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 23 ottobre 2009.

Fombio - Due tavoli per salvare lavoro e dipendenti della Akzo Nobel di Fombio, il cui stabilimento dovrebbe chiudere a giugno nelle intenzioni della multinazionale delle vernici: a Roma, presso il ministero, si proverà a mantenere in vita il sito produttivo; a Lodi, nella trattativa locale, si prepareranno le difese per i dipendenti in caso di chiusura. Mobilità volontaria incentivata, cassa integrazione per due anni e “spezzatino” di reparti e mansioni per salvare una sessantina di posti di lavoro sono i termini della discussione accettati dall’azienda. Il summit che rappresentanti dei lavoratori, sindacalisti e vertici aziendali hanno avuto con il prefetto Peg Strano Materia e il presidente della Provincia Pietro Foroni mercoledì pomeriggio, ha chiarito la necessità di un tavolo di crisi presso il ministero delle Attività produttive. «Al tavolo ministeriale chiederemo che si mantenga il sito produttivo di Fombio, con la Akzo Nobel o senza», dicono i segretari provinciali di categoria Francesco Cisarri della Cgil, Giampiero Bernazzani della Cisl e Francesco Montinaro della Uil. Non sono ancora state fissate date per gli incontri, ma i sindacati sperano di essere convocati la settimana prossima. E mentre si cerca di salvare la produzione e il lavoro, si prepara anche l’accordo difensivo, per dare tutela in caso di chiusura ai 185 lavoratori. La multinazionale sarebbe disponibile a mantenere assunti 10 lavoratori delle vernici per plastica dislocandoli presso una ditta di Cavenago d’Adda che già lavora per conto della Akzo. Un altro gruppo di lavoratori delle vernici per auto e moto, o il solo laboratorio di 8 persone oppure anche la produzione per un totale di 22 dipendenti, potrebbe finire ad Assago sempre sotto contratto Akzo.
Altre 10 o 12 unità del settore vernici industriali potrebbero trovare impiego nell’area del Sud Milano in aziende contoterziste. Rimangono poi le disponibilità di 8 posti a Como, uno a Dormelletto in provincia di Novara, 5 in Russia, 5 in Repubblica Ceca e 5 negli Emirati Arabi, posizioni che potrebbero essere incentivate e comunque trattate solo su base volontaria.
Inoltre, all’eventuale firma dell’accordo dovrebbe scattare l’apertura di una mobilità volontaria con un incentivo di 30mila euro lorde, da chiudersi a febbraio o marzo per aprire la cassa integrazione di un anno, con possibilità di rinnovo per il secondo.
«Sono aperture molto importanti, su cui l’assemblea dei lavoratori all’unanimità ha dato il suo apprezzamento - concludono i tre sindacalisti -. All’inizio la sensazione era che l’azienda volesse la rottura, ma abbiamo pazientato e lavorato di fino, tutti insieme, per arrivare a questo risultato. Vedremo come proseguirà la trattativa. Nel frattempo, anche lo sciopero della fame è sospeso».

Il ministero si dice «pronto a discutere sulla crisi».
Rassegna stampa - Il Cittadino, 23 ottobre 2009.

Il governo è pronto ad aprire un tavolo di crisi sull’Akzo. A confermarlo ha provveduto ieri il ministero dello Sviluppo Economico rispondendo ai “question time” presentati a inizio mese dal presidente della Commissione attività produttive alla Camera, il lodigiano Andrea Gibelli, e dal parlamentare melegnanese del Pd Erminio Quartiani. Nell’occasione, il ministero ha fornito gli elementi di risposta fin qui raccolti sulla vicenda, riassumendo i contenuti delle prime “garanzie” presentate dall’Akzo e le motivazioni addotte dalla multinazionale per giustificare la decisione di chiudere lo stabilimento di Fombio. Ma le parole dei manager olandesi non hanno convinto Gibelli, che ha chiesto l’apertura di un tavolo di crisi: «Da Akzo sono arrivate informazioni assolutamente insufficienti, incomplete e frammentarie - conferma il parlamentare leghista -. Non è chiaro per esempio se il crollo della produzione da 35mila a 7mila tonnellate (dal 2000 al 2009, ndr) sia dovuta a una reale crisi del mercato o a una precisa strategia: e devono dimostrare se i licenziamenti annunciati sono figli di una crisi reale, piuttosto che di una delocalizzazione solo “mascherata” o giustificata dalla crisi. Dalle risposte date finora, invece, il tavolo di crisi non è più prorogabile: ho registrato la disponibilità del governo a sedersi attorno a un tavolo». L’appello di Gibelli corre in parallelo con quello annunciato mercoledì dalla prefettura di Lodi: «Ben venga che si facciano parte attiva. Fombio rischia di diventare una situazione in grado di espandersi a macchia d’olio, ed è sintomo di un certo atteggiamento delle multinazionali. Non esiste che presentino e disattendano i loro piani industriali, nascondendosi dietro contrazioni tutte da dimostrare per spostare le produzioni in luoghi con costi più convenienti. Non servono passerelle: bisogna passare all’azione».



Noi valiamo molto di più dei soldi che vogliono offrirci.
Dalla rubrica "Lettere & Opinioni", Il Cittadino, 23 ottobre 2009.

Caro direttore, sono dipendente di Akzo Nobel e vorrei rispondere con la presente alla lettera pubblicata il 21.10 sul mancato sostegno del sindacato nelle trattative.
Caro collega, ti rispondo con simpatia. Non concordo su molti dei punti che hai enunciato, per quanto rispetti la tua opinione, ogni idea ha diritto di essere espressa. Abbiamo trovato quei documenti su Intranet e l’azienda li ha smentiti, ufficialmente. Dopo 4 giorni di occupazione hanno detto che era tutto vero, che Fombio chiuderà. Questo comportamento parla da solo, è sintomo di una scorrettezza e di una pochezza professionale che io personalmente non ho mai visto. Io, tu, tutti noi sappiamo che Fombio non chiude perché non fa soldi, perché è troppo difficile da gestire, perché il 70% del suo potenziale, come dice il caro Molenaar, non è utilizzabile. Fombio chiude perché scomodo, perché in tutti i giochi di potere di Akzo è una pedina importante, perciò da eliminare.
Come dimostrarlo però? Difficile. L’alternativa? Farsi dare un po’ di soldi e a dicembre chiudere, perché a giugno saremo tutti psicologicamente devastati come dici tu (e di certo sarà così), perché resistere fino a giugno significa accontentare l’azienda che intanto si organizza, perché è meglio avere in tasca subito i soldi visto che il “mercato delle vacche” è aperto, no?
Nei mercati si può vendere bene e fare dei soldi, o svendere. Il sindacato, che tu contesti, vuole difendere l’occupazione, il lavoro. E nei concetti si potrebbe fare, se qualcuno capisse il potenziale economico di un sito come il nostro e guardasse con attenzione alla gestione scellerata che si è dipanata negli ultimi anni in maniera distruttiva. Noi lo sappiamo, il sindacato lo sa, fuori dai cancelli però non lo sa nessuno. Credo che il sindacato stia provando a farlo capire, con i suoi strumenti, con i suoi modi. Coinvolgendo tutto il mondo politico e religioso, tenendo alta l’attenzione su questa vertenza in un momento in cui il lodigiano sta sanguinando in ogni settore, mediando quando serve e usando forme di lotta come lo sciopero della fame che sono eloquentemente una protesta dichiarata.
Ora, possiamo concordare o no su questa linea, possiamo approvarla oppure no, ma una cosa non ti passo: l’affermazione che il sindacato stia lavorando per l’interesse dell’azienda. Questa non l’accetto. Perché immaginare Cisarri, Bernazzani, Montinaro, Pedrinazzi e Pino Dosi che dormono su un camper senza riscaldamento quando fuori fa un freddo cane a me ha tolto il sonno. Perché lo hanno fatto per difendere un’idea, una posizione, una linea. Perché ci hanno messo la persona, perché a soffrire il freddo c’erano loro, perché a soffrire la fame c’erano loro, perché esposti per tutti noi c’erano loro. Non credo sia stato divertente. Ma quando credi in qualcosa la forza la trovi. E loro ci credono. Credono che devono provare tutto pur di salvare occupazione nel nostro stabilimento. E per la dignità che hanno dimostrato, non è ammissibile offenderli dicendo che lavorano per l’azienda. Il rispetto si deve a tutti, lo dobbiamo a chi ha scioperato per farci salvare delle ore di lavoro… quelle stesse ore che tu non vuoi perdere scioperando perché lo stipendio è già basso. Ma allora cosa vogliamo? L’uovo e la gallina? Dovrebbero forse sedersi ad un tavolo, sparare alto e limare poi la cifra chiudendo la trattativa in una settimana? Avresti i tuoi soldi collega, li avremmo tutti, ma saremmo davvero le vacche svendute. E in tutta onestà, i soldi servono a tutti, anche a me, tanto.
Io penso una cosa, stupida e fuori moda, ma penso di non valere migliaia di euro. Penso che nessuno di noi valga i soldi che ci daranno, 20, 50 o 100 mila euro. Noi valiamo molto di più. La nostra dignità di lavoratori, la professionalità e la dedizione con cui abbiamo sempre svolto le nostre mansioni non ha un prezzo. Perché si realizza ogni giorno, tutti i giorni. Quando non lavori, quando ti licenziano per i motivi già citati sopra, allora ti tolgono dignità. Ed accettare subito i loro soldi significa svendersi, svendere la propria dignità. Perché i grossi gruppi come il nostro conoscono solo una lingua, i soldi. Perché tu puoi organizzare tutto, tenere tutti all’oscuro, mentire, smentire, scappare, camminare negli uffici scortato e pensare che tutto questo abbia un prezzo. Lo stesso che di certo è già nei budget del gruppo.
Mi chiedo, chissà qual è il prezzo di Boemo, che dopo averci trattato per un anno come fannulloni e approfittatori ha messo la sua bella faccia in televisione per dire che non sapeva niente. Mi chiedo qual è il prezzo di Franca Maniezzo. Quale può essere la cifra che ti consente di prendere in giro 180 persone mentendo sul loro destino e guardare ancora negli occhi i tuoi bambini ripetendo loro “Non si dicono le bugie”. Mi chiedo poi quale sia il prezzo di Gabriele Camorani. Forse questo è il più alto, perché non si paga solo in moneta. I registi si sa costano cari ma rimangono sempre nell’ombra, la faccia in vista è sempre quella degli attori.
Alla fine collega credo che chiuderemo, a giugno saremo devastati psicologicamente e in ultimo disoccupati. Ma almeno ci abbiamo provato. Questo muove il sindacato nella mia opinione. Questo stanno provando a fare, un impresa titanica, troppo difficile in un momento economico come il nostro, ma da tentare. Anche se falliranno e il sito chiuderà i cancelli. Perché siamo persone, capitale umano, ricchezza vivente, non edifici da abbattere.Il mio grazie al sindacato, anche se non sempre concordo con loro, il mio grazie a Pino, che sempre in me suscita profondo rispetto.
Il mio grazie anche a te, perchè è tutto difficile e doloroso ma non abbiamo paura. Né ne abbiamo avuta. E il mio invito a tutti i colleghi, restiamo uniti, restiamo una squadra.
Marina Ferrari - San Colombano al Lambro

Per completezza d'informazione riportiamo il testo della lettera, alla quale si fa nella precedente riferimento, pubblicata dal quotidiano di Lodi il 21 ottobre, sempre nella stessa rubrica.
Akzo, ma dov’è il sostegno del sindacato?

Spett.le «Cittadino», Con la presente vorrei inviarVi un messaggio di aiuto smuovendo l’opinione pubblica, politica e quant’altro per aiutarci a risolvere il problema della perdita di un lavoro fisso per un semplice capriccio di un colosso come l’AkzoNobel che per interesse sta portando via il lavoro a noi italiani per operare in terre straniere dove c’è più convenienza! E protestare contro il sindacato che sta facendo solo l’interesse dell’Akzo, facendoci credere che sta lavorando per noi lavoratori facendoci mantenere il posto di lavoro.
Ma quale posto di lavoro intendono mantenerci dal momento che tutto è già stato stabilito nel 2008, vedi documento trovato casualmente sul sito di Akzo. Il documento parla chiaro: le loro intenzioni sono già definite nel dettaglio pur avendo l’Akzo negato anche davanti all’evidenza. Ci hanno preso per i fondelli facendoci lavorare in tempi e modi che non sono nel rispetto delle norme imposte da Akzo.
Parlano di etica. Quale etica? Noi abbiamo saputo della chiusura per caso e non per correttezza da parte loro. Il documento in questione parla di chiusura a dicembre con incentivi e buone uscite pari a euro 60.000 ca. Noi dipendenti dopo l’incazzatura abbiamo preso atto della cosa e ci siamo detti “va bene! Vogliono chiudere? Ci danno anche i danni morali e biologici per averci occultato la notizia, e, una volta scoperti, hanno pure avuto la faccia di negare!”. Dal sindacato ci si aspettava di riuscire ad avere una maggiorazione della buona uscita dal momento che “il mercato delle vacche” era aperto!
Invece no! Perché il sindacato lavora per il mantenimento del posto di lavoro. E infatti è riuscito a ritardare la
chiusura che è stata fissata per il 30 giugno 2010. Lavorano per mantenere il posto o per il protrarsi di un’agonia? Hanno stabilito degli incentivi sulla produzione, che non dovrà abbassarsi rispetto a prima altrimenti l’incentivo sfuma. Tale incentivo è pari a euro 1.300,00 su 9 mesi che sarà erogato ad obiettivo raggiunto nel giugno 2010. Nel frattempo il personale dovrà continuare a lavorare come se niente fosse con lo stesso misero salario (un operaio percepisce euro 1.200,00), tenendo duro se vuole portarsi a casa i suoi soldini. Ma quei 1.300,00 euro non era meglio dilazionarli dandoli mensilmente, almeno da motivare i lavoratori?
Alla buona uscita, che è la cosa più importante oramai per chi lavora, il sindacato non si è chiesto in quanti ci arriveranno? Saranno ben pochi e oltre al danno la beffa! Il sindacato non si è chiesto quanti si perderanno per
strada? Ad un lavoratore che trova un posto di lavoro alternativo cosa daranno? Due dita negli occhi e all’Akzo per ogni lavoratore che se ne andrà resteranno in tasca i soldi già stanziati per esso.
Inoltre non è improbabile che a giugno, anziché elargire gli incentivi già stanziati, l’azienda in questione proporrà ai dipendenti il mantenimento del posto di lavoro, anche se inaltre sedi come Paderno, Como, Novara e come ciliegina sulla torta Turchia e Cina con ovviamente il loro misero salario, io mi domando ma con tutti gli extracomunitari che scappano dalle loro terre per raggiungere l’Italia per una vita migliore perché noi Italiani dovremmo trasferirci in quei paesi? Per fare la fame dalla quale scappano i Turchi e i Cinesi? Ovviamente il lavoratore, in caso di rinuncia al trasferimento, perderà ogni diritto.Vi assicuro che il clima dentro all’Akzo è al giorno d’oggi psicologicamente devastante. Siamo al delirio.
Voi della stampa provate ad andare ad intervistare i lavoratori quando escono dall’azienda. La chiusura a giugno 2010 farà risparmiare l’azienda, mentre la chiusura a dicembre potrebbe riempire le tasche dei dipendenti, che in ogni caso si troveranno senza un lavoro. Pensate ai risvolti psicologici: a dicembre ti troveresti con mobilità soldi e la mente sana, a giugno quelli psicologicamente forti saranno ben pochi! Ditemi voi alla luce dei fatti da che parte è e dov’è il sostegno del sindacato! Il sig. Giovanni Boemo e la signora Franca Maniezzo, avendo raggiunto l’obbiettivo imposto dall’azienda, saranno anche pagati profumatamente! A noi il sindacato chiede di scioperare, ma poi a fine mese come si mangia?
La maggior parte del personale Akzo ha figli ancora piccoli e mutui da pagare e già con1200 euro si fa fatica, però davanti alla sicurezza, si va avanti. Ma ora che ne sarà di loro se nessuno li tutela? Date a Cesare quel che è di Cesare. chiudete a dicembre e fatela finita!
Tutto quello che stanno facendo Akzo e sindacato è solo a danno del lavoratore e a favore dell’azienda. Mi affido a Voi per smuovere qualcosa che ci possa aiutare a venirne fuori non bastonati, ma a testa alta, perché la vergogna è loro!
Lettera firmata
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«Sos occupazione» su tutto il territorio

Lodi è al terzo posto della classifica lombarda. I sindacati: «È un massacro, dobbiamo pensare alle prospettive future».
Cassa integrazione, numeri da paura. Le ore concesse salgono a 2 milioni, impennata del 900 per cento.

Rassegna stampa - Il Cittadino, Greta Boni, 23 ottobre 2009.

È bastato un anno per far volare sempre più su i dati della cassa integrazione nel Lodigiano: le ore concesse sono più di 2 milioni, in particolare sono passate dalle 202.933 del periodo gennaio-settembre 2008 alle 2.061.189 del periodo gennaio-settembre 2009. Lodi registra un aumento del 915 per cento e proprio per questo motivo siede al terzo posto del triste podio lombardo. In cima alla classifica, infatti, si trova Lecco, con una crescita della cassa integrazione pari al 1.187 per cento, seguita da Cremona con il 1.006. Le cifre, aggiornate di mese in mese, possono essere scaricate dal sito Internet della Cgil Lombardia. Dalle tabelle si scopre che sia la cassa straordinaria che quella ordinaria hanno registrato un’impennata, penalizzando maggiormente gli operai rispetto agli impiegati. Per quanto riguarda i settori, invece, l’industria colleziona più di un milione di ore, l’edilizia si ferma per il momento a 63mila, mentre il commercio a 75mila. Se si considerano l’industria e l’artigianato, il monte complessivo delle ore raggiunge quota 903mila. Di fronte a una situazione che continua a peggiorare, il segretario provinciale della Cgil, Domenico Campagnoli, lancia un “sos occupazione” su tutto il territorio, una preoccupazione che ha espresso anche nella giornata di lunedì, quando si è riunito il tavolo anticrisi. «La situazione è grave sia sulla cassa ordinaria sia sulla cassa straordinaria - afferma -, il guaio è che nel Lodigiano non ci sono settori capaci di rilanciare o compensare in qualche modo il problema. Con l’Unilever e l’Akzo Nobel si è verificata una perdita di posti di lavoro secca, abbiamo subito il “vandalismo” delle multinazionali sul territorio: lo hanno sfruttato e poi hanno deciso di andarsene. Inoltre - aggiunge Campagnoli -, nel comparto manifatturiero, industriale e commerciale, spesso si è tirato alla lunga con la cassa integrazione, ma adesso si dovrà vedere cosa succederà. È come se fossimo tornati indietro di 15 anni, quando la disoccupazione era al 10 per cento: un massacro».
La speranza del futuro potrebbe essere quella che i sindacati chiamano la “reindustrializzazione del territorio”: un’operazione che significa, in poche parole, investire sulle aree più appetibili, quelle che potrebbero portare nel Lodigiano nuove aziende. L’area ex Gulf di Turano-Bertonico, dove Sorgenia sta costruendo una centrale, e la zona dell’ex Polenghi di Lodi sono due possibilità da tenere in considerazione. «Tutti i nostri interlocutori si dichiarano favorevoli al progetto - commenta Mario Uccellini, segretario provinciale della Cisl -, però poi bisogna vedere che cosa si realizza nel concreto. Spesso si vocifera di un’azienda che dovrebbe insediarsi nell’area della nuova centrale, per portare lavoro: noi chiediamo che si faccia di tutto, l’occupazione deve essere messa al primo posto».Un’opinione condivisa anche da Fabrizio Rigoldi, segretario provinciale della Uil: «Le cose devono essere fatte in tempi veloci - sostiene -, la risposta positiva del governo per affrontare la crisi dell’Akzo Nobel potrebbe essere l’occasione per fare una panoramica su tutto il nostro territorio».
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Per rivivere lo spirito Lever

«Non ha alcuno scopo politico o di pressione rispetto all’attuale situazione». Rinasce l’“Ever green club Lever”: il sodalizio riunisce gli ex lavoratori.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 23 ottobre 2009.

Casale - Recuperare lo spirito originario portato a Casale dalla Lever e vissuto per tanti anni all’interno dello stabilimento e nei rapporti tra colleghi: è questo lo scopo con cui è rinato ufficialmente la scorsa primavera “l’Ever green club Lever”, il cui consiglio direttivo si è riunito venerdì scorso a Casale. L’associazione riunisce gli ex lavoratori della Lever, e «non ha alcuno scopo politico o di pressione rispetto all’attuale situazione», come tiene a precisare il presidente Guido Nahmias, lodigiano ex manager con un carriera di quasi 40 anni in Lever. L’iniziativa è partita da un gruppo lodigiano di ex dirigenti in contatto tra di loro, e solo con il passaparola l’anno scorso si erano riuniti oltre un centinaio di amici per il pranzo di Natale.Visto il successo dell’iniziativa, a Pasqua si è ripetuto l’appuntamento conviviale ed è stata formalizzata la nascita dell’associazione. Il suo scopo è proprio quello di stimolare il mantenimento dei rapporti tra ex colleghi attraverso attività conviviali e ricreative. «L’associazione ha uno scopo esclusivamente conviviale, ritrovarsi insieme per raccontarci i tempi andati e vedere come siamo cambiati - dice Nahmias insieme ai consiglieri presenti all’incontro -. Vogliamo recuperare lo spirito che fece grande la Lever, la correttezza dei rapporti, il rispetto reciproco, quel sistema di valori ampiamente condivisibili e di fatto condivisi che ha permesso allo stabilimento di Casale di diventare elemento centrale dello sviluppo della città e dell’intero lodigiano per decenni». Fino a due anni, l’Ever Green Club Lever era un’associazione formale della multinazionale che la sosteneva anche economicamente. Ne facevano parte i dipendenti anziani, con più di 25 anni di servizio, e gli ex lavoratori. Quando due anni fa il Club fu soppresso, alcuni ex dirigenti si ripromisero di continuare volontariamente quell’esperienza. Al momento gli iscritti sono circa 200, la stragrande maggioranza dei quali lodigiana o di estrazione lodigiana. «Dallo stabilimento di Casale saranno passate almeno 2 mila persone dalla sua fondazione negli anni Sessanta, e il cuore dell’iniziativa è lodigiano - conclude Nahmias -. Lo spirito Lever è ancora molto radicato in questo territorio e a tutti noi sta ancora a cuore lo stabilimento di Casale e quello che ha rappresentato per oltre 40 anni».
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Separati in casa

La lista “Per Casale” si fa in tre La minoranza: «Divisi su tutto».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 23 ottobre 2009.

Tre gruppi per un solo sindaco: la lista di maggioranza “Per Casale” ha sancito nel corso dell’ultimo consiglio comunale la formazione dei tre gruppi consiliari corrispondenti ai partiti che avevano sostenuto in campagna elettorale la corsa dell’attuale primo cittadino Flavio Parmesani. In consiglio e nelle commissioni istituzionali siederanno quindi, da alleati ma con rappresentanti diversi, membri di Lega Nord, Popolo della Libertà e Udc. Una semplice distinzione per acquisire visibilità e per consentire una maggior partecipazione all’amministrazione secondo diversi rappresentanti del centrodestra, un «segno evidente dell’incapacità di lavorare di comune accordo per il bene dei nostri concittadini o del fatto che alcuni esponenti non si ritrovino nello strapotere leghista al governo», per la minoranza di Casale Democratica. Il gruppo che aveva l’amministrazione cittadina fino allo scorso giugno e che oggi siede tra i banchi dell’opposizione ha preso una dura posizione contro la formazione dei tre gruppi da parte della maggioranza. «C’è una bella differenza tra lo stare sugli scranni del palazzo municipale con una voce sola e andare ognuno per conto proprio. Che garanzia ci potranno dare delle persone che si sono presentate unite e dopo 100 giorni decidono di dividersi? - si chiede il gruppo di Casale Democratica -. Il dato vero è che ci si divide se si hanno idee diverse sul come amministrare questa città. Ci dicano chiaramente qual è la differenza di visione sulla città».
La minoranza batte il tasto delle prime scelte dell’amministrazione. «Mostrano una scarsa capacità di affrontare le questioni - si legge nel comunicato Casale democratica -. Non c’è una politica di sicurezza perché fino ad ora hanno ratificato ciò che ha fatto Casale Democratica, non c’è idea sulle scelte di gestione del cinema teatro e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, non c’è un’idea di sviluppo armonico della città e lo si è visto con l’approvazione del recente Piano Casa. Questa città non ha bisogno di litigi politici interni alla maggioranza, ha bisogno di politiche serie per la città».
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Un ostello immerso nella campagna lodigiana

Borghetto - La struttura, ricavata in una tipica cascina lombarda, in vista dell’Expo 2015. Un ostello immerso nella campagna. Il progetto, in località Fornaci, verrà presentato in Regione.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Giacinto Bosoni, 23 ottobre 2009.

Borghetto - È immerso nella campagna lodigiana nel comune di Borghetto e gode, a pochi passi dalla città di Lodi ed in mezzo alla sua Provincia, di una posizione tipica e ideale. Grazie all’intraprendenza dei proprietari di uno stabile rurale in collaborazione con diversi partner, anche istituzionali, come lo stesso comune di Borghetto, sarà presentato in Regione entro il 30 ottobre il progetto di un ostello in località Fornaci di Borghetto. «Ormai siamo alle ultime battute. La domanda deve essere pronta prima del 30 ottobre ed aspettiamo ancora tante risposte di incoraggiamento, purtroppo non ancora pervenute da molti comuni contattati – spiega Margret Fink di Borghetto, ideatrice del progetto – anche da parte dei paesi limitrofi-. È stato un lavoro molto impegnativo e pressante. Il bando è uscito a fine luglio e ci siamo buttati in questa avventura. La Regione sente il nostro Lodigiano un po’ lontano e non sa che cosa perde... L’ostello “sarebbe” il primo ed unico del suo genere nel territorio e potrebbe diventare un punto di riferimento per la mobilità dei giovani, anche in vista dell’Expo 2015. Credo che la Regione con questo bando pensi a questo e ritiene logisticamente difficile arrivare all’Expo partendo dal Lodigiano». L’ostello avrà sede in un edificio storico indipendente, ex-cascinale di tipico stile lombardo fine Ottocento, in un contesto rurale, caratteristico del Lodigiano. Sarà una struttura in cui è possibile pernottare a poco prezzo, che coniuga ospitalità, comfort, servizi e spazi per incontri, corsi di formazione ed eventi, simile ad una struttura alberghiera, ma alcuni spazi di alloggio possono essere condivisi con altri ospiti. Disporrà di camere che si sviluppano su due piani accessibili tramite scala interna, di una grande aia cascinale coperta, tipica lodigiana, con vista sulla campagna e con un cortile spazioso per il parcheggio di veicoli nonché di un ampio giardino a disposizione degli ospiti, prevalentemente giovani di varie nazionalità, culture e lingue. Gli utenti, oltre a fruire dell’ostello per ragioni di alloggio e vitto, avranno la possibilità di partecipare a diverse attività offerte, anche di tipo ludico-ricreativo, sportivo, artistico, sociale, culturale, religioso, formativo, interscambio e/o altro che possa contribuire ad aumentare il loro patrimonio di conoscenze, competenze e capacità- «Per questo – sottolinea la Fink – avviamo avviato una collaborazione con l’Ufficio di pastorale giovanile». La domanda si è sviluppata da un gruppo di donne intraprendenti: Margret, di origine austriaca, ideatrice del progetto ostello, dal 2000 lodigiana per scelta (è certificatrice europea industriale di qualità, ambiente); Laura, responsabile tecnico del recupero (architetto con esperienza nel recupero di cascine); Nadia, coordinatrice del progetto e responsabile del piano di impresa (laureata in psicologia del lavoro ed economia e commercio) e Teresa, ex insegnante, ora assessore ai lavori pubblici a Borghetto. “OstelLodiBorghetto” contiene la parola Lodi nel logo che dimostra il forte legame con il vicino capoluogo ed il suo territorio. La città di Lodi del resto ha già dato la sua adesione al progetto.
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«Non c’entro nulla con la Cre»

Brusola ribadisce: «La Inerti estranea al piano discarica».
Rassegna stampa - Il Cittadino, 23 ottobre 2009.

«Matteo Brusola non c’entra nulla con la società Cre». L’imprenditore della Bassa ribadisce la propria estraneità al progetto della discarica a Bellaguarda di Senna. Lo fa dopo alcune dichiarazioni emerse in occasione di una recente assemblea pubblica, in cui Brusola veniva citato in riferimento a un incontro tenutosi due anni fa in municipio, in cui venne illustrato per la prima volta il piano della discarica. «All’incontro in comune in effetti ero presente - spiega Brusola -, ma perché amministratore della Inerti, e per il semplice fatto che l’ingegnere Verpelli della Cre mi aveva chiesto di fissare un appuntamento in municipio a Senna per esporre il progetto: poiché non sapeva neppure dove fosse, l’ho accompagnato. Non sapevo nulla, Verpelli ha messo sul tavolo qualche informazione in più del progetto che aveva in mente ed io l’ho scoperto in quella sede». Quanto poi all’arroganza che i due avrebbero mostrato in quella circostanza, Brusola smentisce: «Siamo andati in punta di piedi, non capisco». L’amministratore di Inerti sottolinea la distinzione fra la sua società e Lombarda Carni: «La Inerti Senna ha i diritti di escavazione nell’ambito di quella cava, di proprietà della Lombarda Carni, che ha con Cre un compromesso di vendita del terreno: con la Cre, dunque, non c’entriamo nulla».
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Un altro furto a Cà del Parto

Ladri a Cà del Parto: furto in macchina e blitz nel cantiere.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 23 ottobre 2009.



Cà del Parto nel mirino dei ladri, due colpi in pochi giorni. I soliti ignoti hanno colpito nella frazione di Brembio domenica pomeriggio e nella notte tra lunedì e martedì. Il primo blitz si è verificato ai danni di una cliente dell’Osteria Cà del Parto che, uscita da un pranzo, ha trovato il finestrino della sua Audi rotto. Poi l’amara sorpresa: in fatti le era stata rubata la borsetta con tutto il suo contenuto. Subito è scattata la denuncia, al momento però gli oggetti personali della signora non sono ancora stati ritrovati. La seconda razzia ha riguardato invece un cantiere. Qualcuno si è introdotto in un terreno privato dove c’è una villa in costruzione e ha arraffato almeno venti metri quadrati circa di piastrelle inscatolate. Fortunatamente non sono stati toccati altri attrezzi e materiali lì presenti . Anche in questo caso nessuno ha visto nulla. Le indagini sono condotte dai carabinieri di Casalpusterlengo.
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Travolto da un treno alla stazione muore 37enne

Secugnago - L’uomo, residente a Somaglia, forse voleva risparmiare tempo evitando il sottopasso, ma la decisione è stata fatale. Attraversa i binari, travolto dal treno. Il tremendo impatto non lascia scampo a un 37enne marocchino.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Paola Arensi, 23 ottobre 2009.

Secugnago - Travolto da un treno mentre attraversa i binari, un 37enne perde la vita. Il tragico incidente è avvenuto presso la stazione ferroviaria di Secugnago alle 17.15 di ieri. Secondo le testimonianze di alcuni pendolari, il 37enne marocchino Ahmed Lotfi, residente a Somaglia, sarebbe sceso dal treno passeggeri regionale 20432 partito da Piacenza alle 16.50. Poi, forse per risparmiare tempo, si sarebbe messo a correre da un binario all’altro per guadagnare l’uscita. Tutto senza percorrere, come prescrivono rigorosamente le norme, il sottopassaggio della stazione. Nello stesso istante sopraggiungeva però da Milano il treno merci 50277 diretto a Piacenza e in viaggio sul binario 1. Purtroppo il conducente del mezzo non è riuscito nemmeno a frenare dato che si è accorto all’ultimo momento della presenza di Lotfi tra i binari. Oltre tutto la visuale del treno in arrivo era in parte coperta dall’altro convoglio pronto a ripartire. Inevitabile, dunque, il terribile impatto. Il marocchino è stato colpito lateralmente, a pochi passi dal marciapiede che lo avrebbe salvato. Lotfi è sbalzato sulla banchina, cinque metri circa più in là del treno e a ridosso della sala macchine. Una carambola così rovinosa da togliergli la vita all’istante tra lo sconcerto dei presenti. Nonostante il tempestivo soccorso del 118, intervenuto con l’automedica di Casalpusterlengo e un’ambulanza della Croce casalese, tutto è stato inutile. I sanitari hanno potuto soltanto constatare il decesso dell’immigrato. Sul posto la polizia ferroviaria, i carabinieri della compagnia di Codogno, i vigili del fuoco di Lodi. Mentre l’autorità giudiziaria ricostruiva l’accaduto e dava il nulla osta per il trasferimento del cadavere, Trenitalia ha gestito il traffico andato completamente in tilt; il blocco totale della circolazione è durato comunque soltanto 30 minuti. Tuttavia questo cambiamento di programma è stato sufficiente a far accumulare ritardi fino a più di un’ora. I convogli sono stati deviati, a velocità ridotte, sui binari 2 e 3 e questa concentrazione di passaggi ha inevitabilmente creato disagi. Nonostante tutto, i pendolari che di solito contestano aspramente i disservizi di Trenitalia, si sono nell’occasione dimostrati comprensivi: «Ci ha avvertiti il controllore, davanti a queste tragedie non si può dire nulla», hanno dichiarato alcuni cittadini di Caselle Landi di ritorno dal lavoro. La salma, presa in cura dalla ditta Marni, è stata trasferita nella camera mortuaria di Codogno in attesa del riconoscimento. Il treno coinvolto nell’incidente è stato fatto ripartire alle 18.20, mentre la circolazione sul primo binario si è riattivata alle 19.


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