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venerdì 18 settembre 2009

Blog Notte - Afghanistan, «Guerra o pace»?

Blog Notte
Afghanistan, «Guerra o pace»?

18 settembre 2009

Faccio mio il titolo di un servizio di oggi che propongo come incipit. Il servizio riporta le dichiarazioni a Sky Tg24 Mattina di Piero Sansonetti che, parlando dell'attentato a Kabul che ieri ha ucciso sei militari italiani, ha detto: "La vera questione è quella su guerra e pace. In Italia i giornali fanno disinformazione sul conflitto. Ma dobbiamo chiederci se vogliamo la guerra o la pace".



Già ha detto proprio così: “In Italia i giornali fanno disinformazione sul conflitto”. Credetemi, la prima pagina dei giornali di oggi che ho trovato maggiormente equilibrata è quella de Il Foglio di Giuliano Ferrara.




Nel post "In edicola oggi" si può trovare un campionario della retorica nazional-giornalistica che non manca mai di salire di tono in simili frangenti.
Ma cosa è successo a Kabul? Il primo video ci mostra una ricostruzione dell’attentato contro i nostri militari. Intorno alle 12 ora locale (circa le 9:30 in Italia), un attentatore a bordo di un'auto carica di esplosivo si è fatto saltare in aria dopo essere riuscito ad infilarsi tra due mezzi blindati "Lince" italiani, impegnati in un servizio di scorta, in viaggio dall'aeroporto al quartier generale delle forze internazionali Isaf.




Questo secondo video invece è la testimonianza del giornalista che è stato il primo a vedere l'orrore, il primo reporter a raggiungere a Kabul il luogo dell'attentato ai parà della Folgore. Hamed Haidari, giornalista di Tolo Tv Afghanistan, racconta a Sky Tg24 quei momenti: "Sono stato il primo reporter ad arrivare sul posto, ho visto numerosi morti e i due mezzi italiani fortemente danneggiati. L'esplosione è stata fortissima, si è avvertita anche lontano e ha danneggiato pure le zone circostanti. C'era chi scappava ma anche chi soccorreva i feriti per portarli all'ospedale. Si è capito subito che erano coinvolti italiani".




Ma ritorniamo all’asserto di Sansonetti e guardiamo l’apertura della prima pagina de La Padania.




“Strage dell’Islam” titola vergognosamente. Il sospetto, no?, è di un evidente volontà di usare le vittime di Kabul per quella stupida battaglia contro le moschee che, come a Casalpusterlengo, crea solo ulteriori disagi a chi vive disgraziatamente sotto amministrazioni leghiste.
E vien da chiedersi quanti di tali prodi, meglio bossi difensori dell’Occidente cristiano siano tra quelli che Mario Giordano così descrive nel suo pezzo su Libero oggi: «Un occhio alle agenzie di stampa, l'altro all'orologio: "Il cuore ci sanguina", "siamo costernati", "una ferita per tutti noi". Ma a che ora parte il prossimo volo per Linate? In fondo è pur sempre giovedì sera. E, si sa, il giovedì sera è sacro: ci sono cose di fronte alle quali onorevoli e senatori devono mostrarsi assolutamente uniti. Il sostegno ai militari in missione? Macché: il week end lungo. Tutti a casa, dunque. Dall'Afghanistan? Ma no. Tutti a casa loro. Infatti ad ascoltare il ministro La Russa alla Camera, ieri pomeriggio, durante l'informativa sulla strage di Kabul, c'erano sì e no un centinaio di deputati». Perché Giordano elenca, elenca così: «Un cinquantina del PdL, una quarantina del Pd, dieci dell`Idv e dell`Udc, quattro leghisti».
Si potrebbero dire molte altre cose, ma preferisco chiuderlo lì questo day after con il commento di Francesco Paternò, dal titolo “Kabul inghiotte anche la ragione”, che ho trovato sul sito del Manifesto.
L'immenso cratere aperto da un'autobomba nel centro di Kabul non si è portato via tutto. Ha inghiottito dieci militari italiani uccidendone sei e ferendone quattro, più un'ottantina di civili afghani. Non ha inghiottito la volontà del governo Berlusconi di dire qualche se e qualche ma, mentre americani, inglesi e tedeschi almeno si fanno domande. In Afghanistan il contingente italiano resta, ha detto il ministro della difesa in parlamento, la pace si fa con la guerra e così sia.
I paracadutisti della Folgore sono stati spazzati via insieme ai loro due blindati, i Lince costruiti dall'Iveco e venduti ad altri otto paesi europei perché considerati molto efficaci. I migliori, non gli invulnerabili come Nembo Kid purtroppo per questi ragazzi e per gli abitanti della disgraziata Kabul. Dove bisognerà capire perché anche questo nuovo immenso cratere inghiotte a discrezione. La povera gente afghana, oggi i soldati italiani, domani chissà. Ha inghiottito pure la manifestazione indetta dalla Federazione della stampa italiana di sabato 19 a Roma, organizzata per far capire al paese che la nostra democrazia è davvero in pericolo. Che Berlusconi non ha nessuna exit strategy come non ce l'ha nessuno in Afghanistan, per cui il rischio può soltanto salire di giorno in giorno. Tacca rossa su tacca rossa, finché salta tutto per aria o arriva qualcuno a disinnescare. Nei film succede. Ma disgrazia non dovrebbe mai cancellare disgrazia. L'appuntamento della Fnsi è rimandato a sabato 3 ottobre, sempre a piazza del Popolo, sempre alle 16.
La disgrazia più grande oggi è toccata ai nostri parà della Folgore, corpo scelto, storia, simboli, ragazzi, «in questo giorno triste per le notizie che arrivano da Kabul, si è riacceso in me l'orgoglio di Parà», scrive Dade '67 sul sito della Folgore, «cerco fratelli di naja del 7° '86 della compagnia ripiegatori di Pisa». Alle 19, è però il solo a provare a cercarsi e ritrovarsi con i commilitoni in un giorno di lutto. Magari per una volta ha ragione Antonio Di Pietro, quando dice che «in Afghanistan a forza di starci, e di restarci, abbiamo perso anche la conoscenza delle ragioni per le quali ci siamo andati».




Il Foglio oggi faceva il punto sulla situazione militare. «L'attentato al Massoud Circle di Kabul che ieri ha ucciso sei militari italiani conferma la diversificazione delle tattiche impiegate dagli insorti contro le forze alleate. Negli ambienti urbani i talebani impegnano raramente gruppi di combattenti che verrebbero facilmente individuati ed eliminati. Per far sentire la loro presenza puntano invece sul lancio di razzi e sui kamikaze. La prima arma è più che altro simbolica perché ha scarsa potenza e nessuna precisione, la seconda invece consente di colpire bersagli paganti e ad alta visibilità mediatica. In città è più facile far entrare e nascondere anche grossi quantitativi di esplosivo per confezionare "giubbotti da martire" o per trasformare in arma auto, moto e persino biciclette. Esplosivi trafficati e confezionati da cellule addestrate nei campi di Jalaluddin Haggani nell’area tribale pachistana.
Nel traffico caotico della capitale, più che sulle strade spesso semivuote dell’Afghanistan, un’autobomba ha molte più chanche di avvicinarsi a un convoglio alleato senza destare sospetti e addirittura di frapporsi tra due mezzi alleati, come è accaduto ieri al convoglio italiano. Fuori dai centri urbani le armi preferite dagli insorti restano le bombe improvvisate, posizionate solitamente lungo le strade, che hanno causato il 70 per cento delle perdite alleate, confezionate con esplosivi fatti in casa o con le cariche di mine e granate. Non mancano le imboscate che gli italiani hanno dovuto affrontare a Bala Murghab e Farah, condotte da unità composte anche da un centinaio di talebani con tecniche sempre più sofisticate. In alcuni casi sono stati colpiti subito i pick-up delle truppe afghane in testa alle colonne per bloccare gli altri mezzi mentre gli insorti si schierano su entrambi i lati della strada, in posizione elevata e su un fronte di quasi un chilometro. I talebani puntano a ridurre l’impatto della maggior potenza di fuoco e dell’intervento di jet ed elicotteri alleati organizzando le imboscate nei pressi di villaggi per potersi fare scudo dei civili.
Il comando italiano nell’ovest afghano non ha voluto commentare il ritrovamento, a fine agosto, di grossi quantitativi di armi iraniane nella provincia dì Herat. La notizia del sequestro, effettuato dalla polizia di confine afghana su indicazioni dell’intelligente americana, è stata resa nota dal Pentagono. Il portavoce Bryan Whitman ha riferito della presenza di missili non meglio specificati, razzi, detonatori e materiale esplosivo artigianale, inclusi led perforanti già forniti dai pasdaran iraniani agli hezbollah libanesi (che le impiegarono contro i tank israeliani) e ai miliziani dell’Esercito del Mahdì che in Iraq uccisero con queste armi molti soldati britannici e almeno quattro italiani. Finora le forze alleate avevano intercettato carichi di armi iraniane diretti ai talebani comprendenti razzi, mine, mortai e proiettili di vario tipo e calibro e qualche componente di missili antiaerei SA-18, è invece la prima volta che emerge la presenza degli ordigni a carica cava capaci di perforare anche le corazzature dei mezzi più pesanti.
Di fronte alla calante popolarità della campagna afghana presso le leadership e le opinioni pubbliche negli Stati Uniti e in Europa, la Nato sembra puntare su nuove parole chiave per definire la strategia futura. Se è impossibile parlare di exit strategy di fronte a una situazione militare lontana dalla stabilizzazione, ora i vertici dell’Alleanza atlantica puntano sulla "transizione" verso una piena capacità degli afghani di garantire la sicurezza. Secondo stime accreditate dalla Nato, per garantire la sicurezza sono necessari almeno 400 mila uomini in totale, tra soldati e poliziotti afghani e militari alleati in un rapporto di uno a tre. 100 mila soldati alleati sono già presenti, ma le forze locali contano appena 180 mila militari e poliziotti in buona parte poco addestrati, male armati e non troppo affidabili (specie i poliziotti). Per formare forze afghane sufficienti alla "transizione" ci vorranno quindi ancora molti anni. Intanto, secondo quanto raccontato ieri dal Wall Street Journal, i vertici militari del Pentagono stanno sostenendo presso la Casa Bianca la richiesta, non ancora formalizzata, del generale americano Stanley McChrystal di inviare altri 40 mila soldati in Afghanistan in aggiunta ai 62 mila già presenti. Il sostegno dei vertici del Pentagono, dice il Wsj, rende più facile per il presidente Obama prendere una decisione positiva, nonostante i problemi politici interni.»

Non molto confortante e per di più ancora nessuno ha spiegato realmente perché abbiamo mandato soldati in Afghanistan? Personalmente me lo chiedo da tempo e non ho trovato ancora una, che sia una, risposta soddisfacente.
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Mondo News. Fatti e Parole. n. 2 - 18 settembre 2009

Mondo News – Fatti e parole
Numero 2, 18 settembre 2009

Per Ahmadinejad l’Olocausto un "pretesto" per creare Israele.
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha detto oggi che l'Olocausto è una "menzogna" e un pretesto per la creazione di uno stato ebraico, che gli iraniani hanno il dovere religioso di affrontare: "Il pretesto (l'Olocausto) per la creazione del regime sionista (Israele) è falso... È una bugia che si basa su pretese indimostrabili, su una favola", così ai suoi seguaci all'Università di Teheran al termine del "Qods (Gerusalemme) Day", annuale manifestazione anti-israeliana.
Le forze di sicurezza iraniane si sono scontrate oggi con i sostenitori del leader dell'opposizione Mirhossein Mousavi e ne hanno arrestato almeno 10 durante una manifestazione contro Israele, che si è tenuta come ogni anno nel centro di Teheran. Le autorità iraniane, tra cui la Guida suprema Ayatollah Ali Khamenei, avevano ammonito l'opposizione a non trasformare i cortei anti-israeliani in proteste di piazza contro l'establishment clericale. I candidati presidenziali sconfitti alle elezioni, Mousavi e Mehdi Karoubi, hanno detto che avrebbero preso parte al corteo. Migliaia di sostenitori di Mousavi, con polsini e scialli verdi, sono scesi tra la folla che marciava nei cortei dei "Qods (Jerusalem) Day", organizzati in tutto il paese nell'ultimo venerdì del mese musulmano del digiuno del Ramadan. "Morte al dittatore" e "No Gaza, no Libano, Siamo pronti a morire per l'Iran", cantavano i dimostranti. Le elezioni presidenziali di giugno, a cui hanno fatto seguito massicce proteste dell'opposizione, hanno spinto l'Iran nella bufera politica e mostrato profonde divisioni all'interno delle elite al potere.



Attacco suicida in Pakistan, almeno 25 morti.
Un attentato suicida con autobomba è costato la vita ad almeno 25 persone nella parte nord occidentale del Pakistan, in un'esplosione che ha anche provocato il crollo di alcuni negozi della zona. La bomba è esplosa nella strada principale nei pressi della città di Kohat, a 150 chilometri a sudovest di Islamabad, e ha provocato il crollo di alcuni negozi, come riferito sia dai poliziotti che da alcuni testimoni. Kohat è una città-guarnigione che si trova vicino alla zona etnica tribale dei Pashtun, sul confine afgano, che rappresenta un santuario per i militanti che combattono tanto in Afghanistan quanto in Pakistan. La zona dove è avvenuto l'attacco è abitata principalmente da musulmani sciiti ed è stata teatro di episodi di violenza già in passato, per motivi religiosi. I talebani, infatti, sono in prevalenza appartenenti alla comunità sunnita e gli attacchi contro gli sciiti fanno parte della loro strategia di lotta al governo del paese. Le forze di sicurezza pakistane hanno lanciato ultimamente delle offensive contro i militanti, in particolar modo nella valle di Swat, per rispondere a mesi di attacchi da parte dei talebani e scongiurare un crollo nella fiducia degli investitori esteri.




Nuovo sondaggio favorevole alla Merkel.
I conservatori del cancelliere tedesco Angela Merkel prenderanno abbastanza voti da riuscire a formare una coalizione di centrodestra insieme al partito liberale democratico (Fdp). Lo stima un sondaggio diffuso oggi, a una settimana dalle elezioni del 27 settembre. L'indagine, condotta da Electoral Research Group per conto del canale tv Zdf, dà la coalizione conservatrice della Merkel al 36% - la stessa percentuale della rilevazione precedente - e l'Fdp al 13%. Insieme, le due formazioni arriverebbero così al 49%, superando gli altri tre principali partiti - l'Spd, i Verdi e la Linke, dati rispettivamente al 25%, al10% e all'11% - messi insieme.

Nuovo scudo Usa, Mosca congela i missili
Dopo l'annuncio di Obama sul cambiamento dei progetti militari americani, anche la Russia fa la sua mossa di disgelo. "La rinuncia americana a nuove iniziative non passerà inosservata. Niente vettori e radar a Kaliningrad”.




Se Obama archivia lo scudo antimissile di Bush, Mosca congela i missili a Kaliningrad. La risposta alle parole del presidente americano non si è fatta attendere. "Mosca ha annunciato che congelerà le misure militari programmate in risposta allo scudo antimissile Usa nell'Europa dell'est". Tra le misure di risposta russa c'erano anche i missili Iskander nell'enclave baltica di Kaliningrad e un radar per disturbare quello previsto nella Repubblica Ceca dal progetto Usa.

Missioni all'estero, italiani presenti in 21 Paesi.
Sono 9.100 i nostri soldati impegnati all'estero in 33 operazioni su diversi scenari. I compiti assegnato sono soprattutto quelli di peacekeeping e di stabilizzazione delle aree di crisi.




Sono 33 le operazioni militari che vedono impegnati i contingenti italiani in 21 Paesi, 9.100 i militari in campo. Peacekeeping e stabilizzazione delle aree di crisi i compiti dei nostri soldati. Tre le aree dove sono numericamente piu' impiegati: la gran parte è stanziata in Afghanistan, in Libano e nell'area balcanica. In particolare in Afghanistan l'Italia fa parte della forza multinazionale Isaf, i nostri soldati sono dislocati tra la capitale Kabul e la provincia occidentale di Herat. La missione è iniziata nel 2003.
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Notiziario Brembiese, n. 2 - 18 settembre 2009

Notiziario Brembiese
Numero 2, 18 settembre 2009

Inaugurazione del nuovo parco giochi.
Oggi alle 17 l'inaugurazione del nuovo parco giochi di Via Caravaggio, dopo il rinvio a causa del maltempo. Nelle foto il nastro che aspetta d'essere tagliato e una panoramica del nuovo impianto.




Congresso del Pd locale.
Questa sera, venerdì 18, a partire dalle 20.45 e domani mattina, sabato 19, con inizio alle ore 9.30, si svolgerà il congresso del Partito Democratico di Brembio, presso la sala "Luigi Longo" in Via XX Settembre 32. Questo il programma della serata: ore 20.45, insediamento della Presidenza e inizio lavori; ore 21.00, presentazione delle mozioni congressuali e dei delegati; ore 22.00, dibattito ed inizio delle operazioni di voto; ore 24.00, sospensione dei lavori. Nella mattinata di domani: ore 9.30, insediamento della presidenza e ripresa delle operazioni di voto; ore 11.30, conclusione delle operazioni di voto e scrutinio; ore 12.00, proclamazione dei delegati alla Convenzione provinciale e conclusione dei lavori.
Si possono leggere le mozioni congressuali sul sito www.partitodemocratico.it, oppure oggi pomeriggio presso la sezione del Pd.

Riparato il manto stradale in Via Chiosazzo.
Il Comune ha provveduto a chiudere la buca in Via Chiosazzo che nei giorni scorsi è stata al centro dell'attenzione anche sul quotidiano "Il Cittadino". La strada rimane comunque in attesa di una sistemazione definitiva che, come è stato detto, è ritardata per la mancanza di fondi.





"Brembio che cambia" rende onore ai caduti di Kabul.
Con un cartello nella bacheca in Piazza Matteotti il gruppo di minoranza consiliare "Brembio che cambia" ha ricordato l'attentato di Kabul in cui sono morti 6 militari italiani. Il testo dice: "Ogni giorno più di 9000 italiani in divisa difendono la pace nel mondo, lo fanno con convinzione, sacrificio e dedizione; portando in alto il nome dell'Italia e il valore della solidarietà. Sono uomini di pace, che lavorano duramente per dare un futuro a genti e terre che sembrano senza speranza. Sono nei deserti dell'Iraq; sui monti dell'Afghanistan; nelle città dei Balcani; costruiscono la pace, le strade, gli acquedotti, gli ospedali, giocano con i bimbi, sfamano gli anziani. Sono il simbolo dell'Italia, orgogliosa ed amica che non fa girotondi, ma affronta con serietà ed impegno le dure prove che la storia le impone. L'Italia si inchina di fronte alle sei vittime morte per la pace! Grazie Ragazzi!".


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250.000 i bambini soldato nel mondo

Relazione al consiglio dell`Onu per i Diritti umani.
Sono ancora troppi i bambini costretti a fare la guerra.
Rassegna stampa - L'Osservatore Romano, 18 settembre 2009.

Ginevra, 17. Sono ancora circa 250.000 i bambini soldato arruolati da eserciti o gruppi armati nel mondo. II dato è contenuto nel rapporto esposto ieri a Ginevra ai rappresentanti dei 47 Paesi membri del consiglio dei Diritti umani da Radhika Coomaraswamy, la diplomatica dello Sri Lanka che ha l'incarico di rappresentante speciale del segretario generale dell`Onu, Ban Ki-moon, per i bambini e i conflitti armati. Si tratta di un numero in diminuzione rispetto a cinque anni fa, quando i minori costretti a combattere erano stimati in 300.000. Ciò sembrerebbe confermare una tendenza registrata a partire dal 2002, quando fonti dell'Onu indicavano in mezzo milione i minori attivi nei conflitti armati, cioè il numero più alto accertato da quando il fenomeno è sottoposto a monitoraggi internazionali.
Nonostante tale tendenza, la diplomatica dello Sri Lanka ha sottolineato che anche il 2008 e il 2009 sono stati anni molto difficili per i bambini nei conflitti armati. Coomaraswamy ha elencato anche il suo Paese fra quelli dove i bambini subiscono privazioni, violenze e abusi a causa dei conflitti, insieme a Pakistan, Repubblica Democratica del Congo, Iraq e Afghanistan e facendo riferimento alla situazione nella Striscia di Gaza. «La natura dei conflitti si sta evolvendo e i civili sono sempre più spesso in prima linea. Sono i bambini a subirne le conseguenze, in una maniera più brutale che mai», ha aggiunto Coomaraswamy, riferendosi in particolare agli sfollamenti di popolazioni, alle vittime cosiddette collaterali negli scontri armati, agli abusi e ai sempre più numerosi arresti nell'ambito della lotta al terrorismo.
Il rapporto della rappresentante di Ban Ki-moon concorda in larga parte con l'ultimo presentato, l'anno scorso, della coalizione internazionale «Stop all'uso dei bambini soldato!», nata nel 1998 e alla quale aderiscono organizzazioni non governative di tutto il mondo. Secondo la coalizione, che dal 2001 tiene il fenomeno sotto costante monitoraggio, oltre a quelli impiegati dai diversi gruppi armati in molte parti del mondo, decine di migliaia di bambini di età inferiore a 16 anni sono arruolati anche negli eserciti regolari di nove Paesi. A questi si aggiungono un'altra sessantina di Paesi che consentono l'arruolamento a partire dai 16 o dai 17 anni di età Più in generale, la relazione di Coomaraswamy conferma che quella dei bambini soldato resta una tragedia irrisolta, Sebbene il consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite abbia condannato l'impiego dei bambini nei conflitti e abbia posto sotto osservazione coloro che li utilizzano, alcuni Stati hanno bloccato ogni reale progresso impedendo punizioni concrete per i responsabili.
La coalizione «Stop all'uso dei bambini soldato!» ha più volte sollecitato il consiglio di Sicurezza a intraprendere un'azione decisiva per portare i bambini fuori dai conflitti, applicando sanzioni mirate e deferendo i reclutatori alla Corte penale internazionale dell'Aja. In particolare, la coalizione chiede ai Governi di bandire ogni forma di reclutamento di persone al di sotto di 18 anni nelle forze armate e di dare piena attuazione al trattato delle Nazioni Unite sui bambini soldato, giudicato uno strumento utile per ridurre il numero dei bambini nei conflitti. Il trattato in questione, firmato il 12 febbraio 2002, è ufficialmente un protocollo addizionale alla convenzione delle Nazioni unite sui Diritti del fanciullo e stabilisce che gli Stati aderenti non possano impiegare nei conflitti armati i minori di 18 anni.
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In Europa c'è chi pensa al ritiro

Europa vacillante. Il partito dei ritiro si rafforza a Berlino, Londra e Parigi. Una conferenza per la transizione.
Rassegna stampa - Il Foglio, 18 settembre 2009.

Bruxelles. "L'Italia sta facendo un ottimo lavoro in Afghanistan", ha detto il segretario generale della Nato, Anders Fogli Rasmussen, esprimendo cordoglio per l'attacco di ieri a Kabul. L'Alleanza atlantica "è determinata a portare avanti ( ...) la missione per garantire all'Afghanistan una vita migliore e impedire che torni a essere un rifugio per i terroristi", ha spiegato l'ammiraglio Giampaolo Di Paola, presidente del Comitato militare della Nato. Eppure, al quartier generale dell'Alleanza si teme che l'Italia si allinei all'insofferenza di altri paesi per il conflitto afghano, proprio nel momento in cui l'Amministrazione Obama si appresta a chiedere all'Europa altri soldati. Gli Stati Uniti sono ancora impegnati in Iraq, mentre "tedeschi, francesi, italiani e britannici hanno più capacità", spiegano fonti Nato. Ma il crescente numero di vittime europee, i civili afghani uccisi da un bombardamento ordinato dai tedeschi e le frodi elettorali spingono i leader al disimpegno.
La cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Nicolas Sarkozy e il premier britannico Gordon Brown hanno firmato una lettera per convocare una conferenza internazionale. La richiesta di "obiettivi temporali per un quadro comune della fase di transizione" - un calendario di ritiro - è, indicativa della voglia dell'Europa di smobilitare. "La pressione per il ritiro" a Berlino e Londra "è fortissima", dice al Foglio un alto diplomatico europeo. "I leader hanno bisogno di aprire una valvola per alleggerire la pressione".
La Germania è "l'anello debole", ha scritto il Wall Street Journal. Il bombardamento a Kunduz del 4 settembre è stato una bomba sulla campagna per le legislative del 27 settembre, e ha svelato ai tedeschi il bluff del governo rosso-verde di Gerhard Schróder prima, e di quello di grande coalizione di Merkel poi: l'Afghanistan è una guerra, non una grande ricostruzione militarizzata. Il generale Stanley McChrystal si è scontrato con il colonnello della Bundeswehr che ha ordinato il bombardamento. Le regole di ingaggio della Bundeswehr sono difensive: "Non sono abbastanza attivi per costituire una minaccia per i talebani", spiega l'analista militare Anthony Cordesman. Nel resoconto dei suoi quattro giorni di sequestro nella zona sotto comando tedesco, il giornalista del Times Stephen Farrell ha raccon tato la libertà di movimento dei talebani. Con il 58 per cento dei tedeschi per il ritiro, il ministro degli Esteri e candidato socialdemocratico, Frank-Walter Steinmeier, ha un "piano" per il rimpatrio in quattro anni. Anche Merkel, pur difendendo la missione, vuole "ritirarsi poco a poco".
"Difficile" fissare una data A pochi mesi dalle elezioni, Brown ha lo stesso dilemma. "Quando la sicurezza del nostro paese è in gioco, non possiamo fuggire", si è difeso il premier di fronte a un`opinione pubblica sempre più critica per un conflitto che ha provocato la morte di 216 soldati britannici, di cui 79 solo quest`anno. Difficilmente Brown invierà i duemila uomini, oltre ai 9 mila già presenti, che Washington chiede in previsione del ritiro del Canada nel 2010. Eric Joyce, consigliere dei ministro della Difesa, si è dimesso in polemica con il governo: i mezzi sono inadeguati, gli altri alleati della Nato fanno "troppo poco. Il Regno Unito si batte, la Germania paga, la Francia calcola, l`Italia evita". In Europa, soltanto Sarkozy promette di "restare il tempo necessario".
Dopo la svolta di Obama sullo scudo missilistico, la Polonia potrebbe ripensare l'impegno dei suoi duemila soldati, come altri paesi dell'est. Per il ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt, che ha la presidenza di turno dell'Ue, è "difficile" fissare una data per la fine della missione militare. Lunedì l'Ue si è impegnata a un "surge civile", ma le promesse di rafforzare l'addestramento delle Forze di sicurezza afghane non sono state mantenute.
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Siamo in lutto, dunque ce la possiamo spassare

Attentato a Kabul, sei morti italiani. Bossi suona la ritirata.
Chi muore... e chi diserta.
Rassegna stampa - Libero, Mario Giordano, 18 settembre 2009.

Più del lutto poté il check in. Il cordoglio arriva puntuale, si capisce, ma anche il taxi per Fiumicino non scherza: i parlamentari in coro esprimono dolore, sdegno, partecipazione, commozione, vicinanza e solidarietà. Un occhio alle agenzie di stampa, l'altro all'orologio: "Il cuore ci sanguina", "siamo costernati", "una ferita per tutti noi". Ma a che ora parte il prossimo volo per Linate? In fondo è pur sempre giovedì sera. E, si sa, il giovedì sera è sacro: ci sono cose di fronte alle quali onorevoli e senatori devono mostrarsi assolutamente uniti. Il sostegno ai militari in missione? Macché: il week end lungo.
Tutti a casa, dunque. Dall'Afghanistan? Ma no. Tutti a casa loro. Infatti ad ascoltare il ministro La Russa alla Camera, ieri pomeriggio, durante l'informativa sulla strage di Kabul, c'erano sì e no un centinaio di deputati. Un centinaio, avete capito? Su 630 regolarmente pagati per essere lì. Un cinquantina del PdL, una quarantina del Pd, dieci dell`Idv e dell`Udc, quattro leghisti: quando c'è da bigiare questo Paese riesce ad essere rigorosamente trasversale. Magari sui giornali e in tv maggioranza e opposizione se le danno di santa ragione. Ma vedeste come vanno d'accordo nella sala amica della Freccia Alata...
L'effetto è surreale. Per tutta la giornata s'inseguono messaggi di parlamentari che esprimono tutta la loro "vicinanza" ai soldati italiani. Poi, nel tardo pomeriggio, scappano via: vicinanza sì, ma un po' da lontano. "Non vi lasceremo mai soli", dice qualcuno. Mai? Proprio "mai"? Che esagerati: basterebbe che riuscissero a non lasciare soli i nostri militari per una serata. Sarebbe già un bel risultato.
E invece eccoli li, con il "cuore spezzato" sulla punta della lingua e la valigia già pronta sulla punta della mano, rigonfi di retorica ma solo fino al gate dell'imbarco. "I nostri sei eroi sono volati in cielo", dice qualcuno. E i nostri parlamentari, per non essere da meno, volano pure loro. In cielo. Con l'Alitalia.
"L'Italia s'inchina ai suoi eroi", proclama lo scafato presidente Schifani. "L'Italia si stringe intorno alle vittime", aggiunge la giovane ministro Meloni. E a loro, che sono persone serie, c'è da credere. Ma come si fa, allora, a sopportare l'immagine di quell'aula per 5/6 deserta, i banchi vuoti come frigorifero al Polo Nord, il disinteresse che si fa segnale televisivo? L'Italia s'inchina ai suoi eroi? L`Italia si stringe alle vittime? Sì, forse: l'Italia, sì. Quelli che rappresentano l'Italia, invece, preferiscono stringersi al proprio collegio elettorale. La missione in Afghanistan è importante. Ma la missione nel proprio salotto, un po' di più. Poi dicono che il Paese deve riconquistare fiducia nelle istituzioni. Sarebbe bene se le istituzioni riconquistassero un po' di fiducia in se stesse. Ve lo immaginate che cosa sarebbe successo se, anziché di Afghanistan, ieri alla Camera ci fosse stato un dibattito su Patrizia D'Addario? Spalti gremiti al limite della capienza, tutto esaurito, nessun biglietto disponibile nemmeno dai bagarini. Invece si parlava solo di sei ragazzi italiani morti per difendere il nostro Paese. Si parlava di sei ragazzi italiani morti perché credevano nella bandiera, nel sacrificio, nell'onore. Tutte cose, si sa, che c'entrano poco col Parlamento. Forse per questo l'aula di Montecitorio è rimasta deserta.
L'unico dispiacere è che per un attimo ci avevamo creduto. Per un attimo, scossi dalle notizie che arrivavano da Kabul, avevamo pensato che le frasi addolorate non fossero di circostanza, che la sofferenza fosse reale, che quelle bandiere a mezz'asta esprimessero sentimenti autentici e non solo il rituale cordoglio istituzionale. Ci ha pensato l'immagine di quell'aula vuota a riportarci subito con i piedi per terra: ai parlamentari non è parso vero di poter rientrare in fretta dai propri cari, magari organizzandosi una seratina come si deve, cena e dopocena compresi. In fondo avevano pure un bel pretesto per annullare tutti gli impegni, i convegni, le conferenze stampe, le feste locali e gli appuntamenti istituzionali. Avanti, tutti casa: siamo in lutto, dunque ce la possiamo spassare.
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«Non vedere più scenari di morte»

Stefano Stefani, presidente della commissione Esteri della Camera: «Attento esame per le operazioni di pace».
Rassegna stampa - La Padania, Iva Garibaldi, 18 settembre 2009.

Roma - «Oggi la politica deve mostrare vicinanza e cordoglio» ma quando verrà il momento del dibattito «credo che sia opportuno affrontare un attento esame delle operazioni di peacekeeping e, così come sta accadendo in quasi tutti i Paesi impegnati come noi in operazioni di pace, prevederne anche tempi e modi per un graduale ridimensionamento laddove la democrazia sia stata raggiunta». Stefano Stefani, presidente della commissione esteri alla Camera esprime le sue considerazioni dopo il terribile attacco al contingente italiano a Kabul: «quest'attentato - dice - in cui sono morti sei nostri soldati eredita dall'attentato a Nassirya il dolore inconsolabile delle famiglie delle vittime verso le quali sento di esprimere il mio profondo cordoglio. Negli ultimi mesi a Kabul si sono moltiplicati gli attacchi suicidi dei talebani».
Presidente Stefani, secondo lei quali conseguenze politiche ci saranno?
«In momenti come questi, la politica deve dimostrare cordoglio, commemorazione e vicinanza alle famiglie dei caduti e dei feriti e ai militari che permangono nei luoghi di crisi evitando alcuna strumentale polemica».
Lei ha accennato alla necessità di riflettere su una exit strategy: vuol dire che crede opportuno il ritiro dei nostri uomini dall`Afghanistan?
«Non ho mai pensato ad un ritiro incondizionato dei nostri militari, soprattutto in un momento convulso come questo. Credo però sia opportuno affrontare un attento esame delle operazioni di peacekeeping e, così come sta accadendo in quasi tutti i Paesi impegnati come noi in operazioni di pace, prevederne anche tempi e modi per un graduale ridimensionamento della presenza laddove la democrazia sia stata raggiunta. È necessario, dunque, rafforzare la collaborazione e la cooperazione con le forze impegnate in Afghanistan per non vanificare il sacrificio di tante vittime che con onore hanno lavorato per garantire la sicurezza del popolo afghano, per non assistere inermi ad un'altra Nassirya, per non vedere più scenari di morte».
Il presidente Napolitano ha auspicato che la discussione sull'eventualità del ritiro venga discussa soprattutto dal Parlamento: lei cosa ne pensa?
«Il Parlamento è il luogo del confronto politico sui temi fondamentali come quello delle missioni internazionali. Credo che attraverso un dibattito costruttivo e lontano dalla tentazione di cedere a polemiche strumentali si possa giungere ad una posizione comune».
Di fronte a simili attentati è opportuno, secondo lei, aumentare l'impegno sugli scenari caldi nel mondo?
«L'impegno delle forze italiane in missioni di pace c'è ed è costantemente riconosciuto a livello internazionale. La Nato e l'Onu sono gli organismi che richiedono l'intervento dei vari Paesi nei luoghi di crisi, sapremo come sempre rispondere adeguatamente alle richieste che ci verranno fatte».
A suo parere quale posizione dovrebbe tenere il nostro Paese rispetto ai partner internazionali per quanto riguarda l'eventuale definizione di future strategie?
«La posizione che l'Italia deve assumere, a mio parere, è quella di riflettere e ponderare ogni mossa cercando di trovare l'intesa con i partner internazionali. In ogni parte del mondo la nostra presenza è determinante per la buona riuscita delle missioni di pace. Qui si parla di giovani, di vite umane a cui sono legate intere famiglie e che noi abbiamo il sacrosanto dovere di tutelare e proteggere».
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Come fosse ordinaria amministrazione

Il consiglio comunale di martedì scorso.
Approvato il Piano per il diritto allo studio e la nuova convenzione con la Scuola materna S. Cuore.


L’attentato terroristico di ieri a Kabul contro una pattuglia del nostro contingente, che ha causato 6 morti e 4 feriti tra i nostri soldati, ma anche 10 morti e 55 feriti tra i civili afgani, ha sconvolto il Paese, dando nella disgrazia sollievo al governo e alla maggioranza che altrimenti sarebbero stati alle prese con gli effetti d’un clamoroso flop mediatico del grande comunicatore. Feltri già aveva tirato fuori l’artiglieria pesante titolando a tutta pagina il suo Giornale “Ora i «farabutti» vanno in piazza»”, riferendosi alla manifestazione per la libertà di stampa che avrebbe dovuto svolgersi domani. Non so quanto abbia fatto bene la Fnsi, il sindacato dei giornalisti, ha rinviare la manifestazione trattando - alla stregua della Coldiretti che ha annullato l’evento di oggi in difesa del made in Italy - la libertà di stampa come fosse un formaggio taroccato. Insomma tutti, giustamente, travolti dall’onda di commozione per la disgrazia capitata ai militari e alle loro famiglie. E i politici a dare la stura a quel teatrino del cordoglio con cui imbellettano troppo spesso la propria ipocrisia. Non sembri cinismo: è solo l’ennesima constatazione del manierismo di chi manda in guerra militari e poi ne usa il lutto per reclamare considerazione internazionale o consenso politico interno, o semplicemente per ricompattare le proprie fila. Perché se qualcuno ieri ha detto che “exit strategy” significa “fuga” (Michele Scandroglio, Pdl), è anche vero che “peace keeping” significa guerra, il modo eufemistico per celebrare la continuazione dell’enduring freedom di Bush mai portata a termine. Sarebbe forse il caso di andare a rileggersi il dibattito parlamentare ai tempi del governo Prodi, ai tempi quando ancora in Parlamento, esisteva una sinistra ed un’opposizione alla guerra, per capire i motivi per cui oggi addirittura un Bossi ha ragione quando intona il “per Natale tutti a casa”.
Anche nel nostro piccolo siamo stati travolti. La scaletta di ieri del blog diventata carta straccia. Per cui eccomi qua oggi a dire del consiglio comunale di martedì sera scorso. Un consiglio che vedeva all’ordine del giorno l’approvazione del Piano per il diritto allo studio, l’approvazione della nuova convenzione con la scuola materna e l’approvazione di una consistente variazione di bilancio. Particolarmente il primo e l’ultimo tema potevano essere motivo di ampio dibattito; in realtà si è avuto un monologo del sindaco Sozzi, cosa che ormai par di capire sarà il leit-motiv di tutti o quasi i consigli dei prossimi cinque anni. Unica voce a far da contrappunto quella del consigliere di Rifondazione per Brembio, Rosaria Russo, per altro, stante l’argomento scuola, in sostanziale sintonia sugli obiettivi con la maggioranza. Ma procediamo con ordine.



La seduta, come già si è detto in altro post, è stata aperta con la consegna delle borse di studio ad allievi di Brembio meritevoli, che hanno ottenuto una valutazione di “nove o dieci” all’esame di licenza media. Tre in tutto, di cui due immigrati. Un fatto questo che ha sollecitato un intervento estemporaneo dell’assessore Rando, che ci trova (non è pluralis maiestatis) in sintonia sulla questione dell’integrazione, su come è vista e gestita dalla amministrazione. Dopo la consegna dei premi fatta dall’assessore all’Istruzione Giusi Ciserani si è passati all’esame dei punti all’ordine del giorno. Nel suo discorso introduttivo il sindaco Sozzi ha subito voluto sottolineare come l’approvazione del Piano quest’anno sarebbe stata più semplice e (a priori) condivisa, aiutando così la smentita che in passato le minoranze non avessero mai svolto il loro ruolo di opposizione - anche se quasi sempre, per quanto riguarda le iniziative per la scuola, dopo aver espresso ampiamente le proprie osservazioni e le motivazioni al riguardo, contribuivano all’approvazione del piano. Sozzi ha evidenziato che la contingenza delle elezioni ha ridotto il tempo disponibile per la redazione del Piano ed ha ricordato che il 2009 è un anno di crisi che, dunque, non poteva non avere anche ripercussioni sulla sua stesura. Per la parte didattica il comune stanzia 27mila euro per la Scuola materna, 26mila per la Scuola primaria e 16mila per la secondaria. Naturalmente a questi circa 70mila euro vanno aggiunti i 140mila di spese correnti, per il trasporto alunni e le altre necessità funzionali per garantire il diritto allo studio. Tra le iniziative didattiche che il Piano va a sostenere sono state particolarmente evidenziate il percorso musicale che vedrà coinvolte le classi dalla prima alla quarta della scuola primaria con il Corpo bandistico “F. Cilea” ed un percorso didattico legato alle associazioni di volontariato brembiesi, che illustreranno la loro attività legandola alle materie di studio. Rosaria Russo ha incentrato il suo intervento sulla questione dei libri in comodato d’uso, una utile iniziativa messa in piedi dalla passata amministrazione che nel tempo si è arenata. Da qui l’esortazione a riprenderla e a portarla avanti.
Così la consigliera di Rifondazione ci ha spiegato l’iniziativa: “Nella precedente amministrazione, dopo circa un anno, la giunta decise di programmare questa operazione di "sostegno economico alla famiglia" per l'acquisto dei libri di testo per la scuola media. L'idea era quella di arrivare, progressivamente, a dotare le famiglie di tutti i libri di testo. Perché progressivamente? Innanzitutto fu una mediazione (la proposta venne da me), poi fu detto che non avevamo la certezza della sostenibilità economica dell'operazione anche se con un'accurata analisi economica sarebbe stato possibile. Siamo nel 2006: si parte con un fondo di 7000 euro, il costo per l'acquisto di tre libri per ogni studente fu di 3.202,20 euro. Il residuo doveva restare nel fondo e impegnato per l'acquisto dei libri per l'anno successivo. A questo residuo si doveva aggiungere un ulteriore finanziamento nel bilancio successivo. Il secondo anno i libri in dotazione sarebbero dovuto aumentare di numero.
Non fu cosi. Il residuo non venne impegnato e andò nell'avanzo. Nel 2007 vennero stanziati altri 7.000 euro; furono acquistati sempre tre libri per un totale di 2.299 euro. Il residuo fece la stessa fine. Nel 2008 furono stanziati altri 7.000 euro per una spesa, sempre di tre libri, che fu di 1.200 euro. Il residuo fini nell'avanzo. Per il 2009 a bilancio ci sono 7.000 euro, ma sono stati dati in comodato d'uso i soliti tre libri il cui costo ad oggi non mi è noto ma che, a detta della ragioniera, non dovrebbe superare i 2.000euro. Come si vede se solo la questione fosse stata seguita già dal secondo anno si poteva aumentare la dotazione dei libri in comodato e al terzo fornire tutti i libri gratuitamente. Ho sempre fatto presente al sindaco che la questione andava seguita ma… la delega era sua - così disse. Alla fine il progetto è naufragato per negligenza. Speriamo che l’assessore Ciserani possa seguire la partita. Per mio conto farò di tutto affinché prima del 30 novembre il residuo venga impegnato per l'acquisto di libri di testo per la scuola. Forse quello che non sono riuscita ad ottenere in maggioranza riuscirò dall'opposizione”.
La minoranza di Brembio che cambia si è limitata a chiedere di correggere un errore materiale nelle cifre, a chiedere spiegazioni in cosa consistesse l’iniziativa “Incontro con l’autore”, a far togliere, giustamente la parola “extracomunitario” da una voce del Piano ed a chiedere che vi fosse una sorta di monitoraggio delle attività di laboratorio da demandare all’assessore all’Istruzione.
Stante il “carattere aperto” della seduta vi sono stati alcuni interventi esterni. Presente in quanto invitato, il sindaco di Secugnago Mauro Salvalaglio ha sottolineato che proprio la collaborazione in campo scolastico costituisce l’eccellenza dei rapporti tra i due comuni ed ha portato il saluto della cittadinanza di Secugnago. La maestra Angela Esposti, in rappresentanza della scuola primaria, ha evidenziato soprattutto il piano corposo messo in atto in favore dell’integrazione scolastica degli alunni immigrati. Il prof. Cipolla ha evidenziato l’iniziativa musicale che coinvolgerà la banda. Luigi Baggi per la Scuola materna ha ringraziato l’amministrazione soprattutto per lo sforzo fatto nel rinnovo della convenzione che porterà un aumento dello stanziamento di 5mila euro.
Dopo la votazione all’unanimità del Piano, il Consiglio ha approvato senza discussione sempre all’unanimità la nuova convenzione con la Scuola materna S. Cuore. Ultimo punto, la variazione di bilancio, anch’essa approvata all’unanimità. L’assessore al Bilancio Rando ha spiegato le diverse voci di variazione, in particolare i 5mila euro alla Pro Loco per la Fiera – il resto del contributo è costituito da finanziamenti esterni -; e la consistente variazione dovuta ai lavori imprevisti di copertura del colatore Bonomi, che il comune ha dovuto accollarsi in toto (38mila euro) e le spese per la realizzazione del nuovo parco giochi di Via Caravaggio, per la cui copertura era previsto un contributo di 20mila euro dalla Provincia, secondo gli accordi con l’amministrazione Felissari, tagliato dalla nuova giunta Foroni. A tali spese è stato fatto fronte con l’avanzo di bilancio del 2008.
Il prossimo consiglio dovrebbe vedere in discussione le linee programmatiche della nuova amministrazione. In quella sede si vedrà se i 964 voti che hanno rieletto il sindaco sono stati il Vajont per parte della minoranza oppure se si potrà annotare da cronisti una qualche dichiarazione di esistenza.

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18 settembre 2009
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