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martedì 27 ottobre 2009

BlogNotte - Il vangelo secondo Gentilini

Blog Notte
Il vangelo secondo Gentilini

27 ottobre 2009

Scriveva ieri il Corriere della Sera dandone notizia: «Era lo sceriffo di Treviso, ora non potra più parlare a comizi politici. Giancarlo Gentilini, vicesindaco di Treviso, leghista della prima ora, è stato condannato dal Tribunale di Venezia per aver usato parole troppo forti contro gli immigrati e contro la possibilità di aprire moschee in Italia. Gentilini aveva detto la sua dal palco del raduno della Lega di Venezia nel 2008. Parole forti, come è nel costume dello sceriffo, già noto alle cronache per le sue esternazioni colorite. Ne era seguita una denuncia con l'accusa di istigazione al razzismo. Il Tribunale di Venezia, in rito abbreviato, ha accolto la tesi dell'accusa condannando Gentilini a 4 mila euro di multa e sospensione per tre anni dai pubblici comizi. L'accusatore era il procuratore Vittorio Borraccetti che aveva chiesto 6 mila euro di multa pari a 1 anno e 5 mesi di reclusione. Il difensore di Gentilini, avvocato Luca Ravagnan, ha già annunciato ricorso in appello sostenendo che "non c'era alcuna maliziosità contro le razze ma il sostegno ad idee ben note nel mio assistito finalizzate all'integrazione tra etnie diverse". Gentilini sostiene di essere sempre pronto ad esporsi in prima persona "mentre c'è sempre qualcuno pronto a spararmi alle spalle". Il vicesindaco di Treviso quest'anno ha partecipato, acclamatissimo, al raduno veneziano di settembre, ma non ha parlato dal palco.»
Ma vediamo dalla sua stessa voce cosa Gentilini intende per, parole del suo avvocato, nessuna maliziosità contro le razze e sostegno alle proprie idee «finalizzate all'integrazione tra etnie diverse».


Nel sito Spreconi.it si può leggere sul prosindaco trevigiano questo: «Le parole di Giancarlo Gentilini spesso sono materia da aula di giustizia. Proprio ieri è stato rinviato a giudizio per istigazione all'odio razziale per le sue frasi su rom, immigrati e musulmani. Ma nella deriva italiana ci siamo abituati a tutto. E così non scandalizza scoprire che il Comune di Treviso ha stanziato diecimila euro per fare stampare un volume sull'opera del più celebre "sceriffo" leghista. Un finanziamento deciso mentre lo stesso municipio taglia con la scure i fondi per assistenza sociale e per altre iniziative di più diretta utilità. Gentilini, ex primo cittadino per due mandati ora costretto a fare il vice sindaco ma di fatto dominus dell'amministrazione, ha difeso l'auto-sovvenzione: "È giusto che i cittadini sappiano cosa è stato fatto. E anche quelli di Treviso devono sapere, altrimenti si dimenticano del casino che c'era prima del mio arrivo, nel 1994. I soldi quindi li spendo prima per i miei cittadini, per far vedere loro cosa abbiamo fatto per la città. Per i servizi sociali, per gli immigrati, arriveranno altre somme più avanti". Il popolo è sovrano e in ben quattro elezioni consecutive i trevigiani hanno ribadito la loro fiducia a "Super G". Resta il dubbio: ma se il libro venisse messo in vendita, non si potrebbe fare a meno della sovvenzione pubblica? Una raccolta delle frasi di Gentilini, da quando voleva far "vestire gli extracomunitari da leprotti" per sparargli addosso o l'invito a "mandare e pregare e pisciare i musulmani nel deserto" o l'ultimissimo appello per "l'eliminazione dei bambini rom che rubano agli anziani" potrebbe diventare un manuale di studio sull'era dell'intolleranza, di grandissima diffusione.»
E da un barbaro passiamo al Barbarossa.
Sempre lo stesso sito curato dall'Espresso leggiamo: «Barbarossa, flop a spese nostre
Tra le tante voci di spesa, ci sono 400 costumi, 100 carri falcati, 200 armature (perfette riproduzioni realizzate in India), 4.550 cavalli, 12 mila comparse, più i cachet degli attori, incluso Raz Degan nei panni di Alberto da Giussano. E tutto il resto, naturalmente. Spesa finale: 30 milioni di dollari, compresa la postproduzione per le 800 scene trattate con effetti speciali digitali.
Chi ha pagato? Al 60 per cento imprenditori privati vicino alla Lega, al 40 per cento la Rai: 12 milioni di euro di soldi dei contribuenti, quindi, a pesare sul bilancio già drammaticamente in rosso della tivù pubblica.
Soldi che, ormai è certo, non torneranno mai indietro: nei cinema "Barbarossa" è un flop e l'incasso dei botteghini - secondo le previsioni - non coprirà nemmeno un terzo delle spese sostenute.
L'ultimo spreco di denaro pubblico ha un nome e cognome preciso: Umberto Bossi, capo della Lega e grande sponsor politico del progetto, nonchè amico personale del regista e pure presente in un cameo nella pellicola di Renzo Martinelli.
Berlusconi insomma ha usato la Rai (che imporrà il film in due puntate anche sul piccolo schermo) per tenersi buono l'alleato di governo, a spese nostre.
Dev'essere questo il famoso "Roma ladrona", lo slogan con cui la Lega ha mosso i suoi primi passi fino ad arrivare direttamente a usufruire del bottino.»
Ma per meglio capire leggiamoci questo post tratto dal blog "Movimento Antilega":
« Berlusconi: Senti, io... poi avevo bisogno di vederti...
Saccà: Si.
Berlusconi: perché c'è Bossi che mi sta facendo una testa tanto...
Saccà: si... si...
Berlusconi: ... con questo cavolo di... fiction... di Barbarossa...
Saccà: Barbarossa è a posto per quello che riguarda... per quello che riguarda RAI fiction, cioè in qualunque momento...
Berlusconi: allora mi fai una cortesia...
Saccà: si.
Berlusconi: puoi chiamare la loro soldatessa che hanno dentro il consiglio...
Saccà: si.
Berlusconi: ... dicendogli testualmente che io t'ho chiamato...
Saccà: va bene, va bene...
Berlusconi: ... che tu mi hai dato garanzia che è a posto...
Saccà: si, si è tutto a posto...
Berlusconi: ... chiamala, perché ieri sera...
Saccà: la chiamo subito Presidente...
Berlusconi: ... a cena con lei e con Bossi, Bossi mi ha detto "ma insomma .. di qui di là"... dice... Ecco, se tu potevi fare sta roba... mi faresti una cortesia.
Saccà: allora diciamola tutta... diciamola tutta Presidente... cosi lei la sa tutta, intanto il signor regista ha fatto un errore madornale perché un mese fa... ha dato - e loro lo sanno - ha dato un'intervista alla Padania, dicendo che aveva parlato con Bossi e che era tutto... io, ero riuscito a rimetterla in moto la cosa, che era tutto a posto perché aveva parlato col Senatùr... bla, bla, bla... il giorno dopo il Corriere scrive...
Berlusconi: esiste... (parola incomprensibile)...
Saccà: in due pezzi, dicendo, Saccà fa quello che gli chiede la... (parola incomprensibile) le mando poi gli articoli... così...
Berlusconi: chi è il regista?
Saccà: il regista è Martinelli, che è un bravo regista, però è uno stupido,un ingenuo, un cretino proprio...
Berlusconi: uhm...
Saccà: un cretino, mi ha messo in una condizione molto difficile, perché mi ha scritto un articolo sul corriere della sera... e poi non contento, Grasso sul Magazine del Corriere della sera... scrive il potente Saccà fa quello che gli dice Berlusconi e basta... ecc... che poi, non è vero, lei non mi ha chiesto mai...
Berlusconi: allora ascoltami...
Saccà: lei è l'unica persona che non mi ha chiesto mai niente... voglio dire...
Berlusconi: io qualche volta di donne... e ti chiedo... perché...
Saccà: si,... ma mai...
Berlusconi: ... per sollevare il morale del capo... (ridendo)
Saccà: eh esatto, voglio dire... ma, mi ha lasciato una libertà culturale di... ideale totale... voglio dire... totale... e questo lo sanno tutti, allora perché, e, malgrado questo, io sono stato chiamato poi dal Presidente, dal Direttore Generale: "Mah! Com'è sta cosa!?" Questa cosa vale perché, vale perché Barbarossa è Barbarossa, perché Legnano è Legnano...
Berlusconi: certo, certo...
Saccà: perché i Comuni a Milano hanno segnato la civiltà dell'occidente... voglio dire...
Berlusconi: d'accordo... va bene...


Quanto riportato è la trascrizione dell'arcinota intercettazione della telefonata avvenuta il tardo pomeriggio del ventuno giugno 2007 fra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e l'allora direttore di RAI Fiction Agostino Saccà. Proprio quest'ultimo, fra una genuflessione e una riverenza, espone la questione del film "Barbarossa" all'epoca ancora in fase di elaborazione. E siamo sicuri che il nostro gioviale Presidente avrà fra sé e sé senza dubbio riso di gusto quando, alla prima del film, al Castello Sforzesco di Milano, gli hanno presentato Renzo Martinelli. "Uno stupido, un ingenuo, un cretino proprio..." come lo aveva apostrofato il collerico e fido Agostino.
Fatto sta che nel giro di neanche due anni, Renzo Martinelli ha tirato su una bella palandrana. Uno scherzetto da trenta milioni di dollari, finanziato circa per il quaranta per cento dal Ministero dei Beni Culturali, da RAI Fiction (quella di Agostino Saccà) e da RAI Cinema. Girato, insomma, con dodici milioni di tasca nostra. Niente a che vedere – per carità! – con la condanna dei ministri Bondi e Brunetta nei confronti degli "artisti parassiti", e neanche con la nota di biasimo del presidente del Veneto, il forzista Giancarlo Galan, indirizzata alla regione Sicilia per il finanziamento di Baarìa di Tornatore. Accusa che, anche non volendo per nulla parteggiare per il governatore Lombardo, non sta in piedi, dato che la regione Sicilia gode dello statuto speciale.
Forte di una troupe di centoquindici tecnici e di un plotone di circa dodicimila comparse – tutto "zingarume rumeno a quattrocento, cinquecento euro la settimana" come sostenuto dallo stesso umbertoso cineasta –, in ventiquattro settimane Renzo 'la Martinella' (è così che si chiama nella tradizione il campanaccio del Carroccio) riesce a portare a termine la sua faticosissima opera. "Internazionale" – asserisce – "perché si gira in inglese e sarà venduta all’estero. Con il montaggio serrato, le eccezionali scene di battaglia, è destinato al pubblico giovane che affolla le multisale in tutta Italia". Peccato che il 'Barbarossa' questa incredibile folla di giovani avidi di guerreggiamenti non l'abbia vista neanche da lontano. Tanto che, fino allo scorso fine settimana, in tutto il Veneto – in cui il sentimento d'identità padana scalda il cuore del 27% degli elettori – c'erano stati solo poco meno di settemila paganti, mentre in Calabria gli spettatori erano addirittura meno di quattrocento. Un flop clamoroso in tutto e per tutto.
Qualche gridolino solo da parte dei partecipanti alla annuale festa della Lega – nella quale è stato mandato a tutto schermo un promo del film –, i complimenti vivissimi dei rappresentanti del Carroccio e Pdl presenti al Castello Sforzesco, assieme alla pittoresca banda di cornamuse bergamasche, la "Berghem Bagatt", e addirittura con la confessione shock da parte di un emozionato Ignazio La Russa che ha rivelato agli attoniti astanti di aver interpretato anche lui, giovane virgulto siculo, Alberto da Giussano nel corso d’una recita scolastica. A parte tutto questo teatrino, tanto rumore per niente.
Perché neanche il tentativo di metempsicosi del 'Senatur' riesce nell'intento di chiamare all'adunata nei cinema quanti più legaioli possibile. "Il Barbarossa oggi non è una persona, ma è uno Stato: l'Italia centralista" – afferma – "e il nuovo Alberto da Giussano sono io". Insomma, un Bossi uno e trino, capace di essere contemporaneamente se stesso – il Senatùr da tutti acclamato -, Alberto da Giussano ed anche l'odiatissimo Barbarossa, essendo ancora, malauguratamente per lui e per noi, un ministro della Repubblica italiana «una e indivisibile» (art. 5), che ha prestato solenne giuramento di fedeltà alla Costituzione.
In un’intervista a “Famiglia Cristiana”, del suo "Barbarossa" il nostro Martinelli dice: "È un pezzo della nostra storia che pochi conoscono. E a me preme raccontare storie vere. Sulla mia scrivania ci sono montagne di documenti preparatori per girare film sulla tragedia del Moby Prince, sul dramma di Ustica, sulla morte di Mussolini".
E speriamo che sulla sua scrivania rimangano, questi benedetti documenti, se il risultato sarà anche solo lontano parente al 'Barbarossa', per ora campione soltanto di infedeltà storica. Perché dopo pochi fotogrammi del film si comprende subito che, fra "i pochi conoscitori della vicenda storica", Renzo Martinelli non c'è proprio.
Già un film che dovrebbe essere un'esaltazione della padanità – realizzato, fra l'altro, da uno che è favorevole all'idea di prendere le impronte digitali ai bambini immigrati perchè "vorrei sapere chi viene a casa mia" - ma che, invece, viene girato totalmente in Romania con tecnici e comparse rumene, e che ha come protagonisti un israeliano (Raz Degan) ed una polacca (Kasia Smutiniak), parte, sul piano della coerenza, certamente malissimo.
Per non parlare, poi, dello straordinario labor limae per cui il nostro regista-campanaccio ed il suo consulente storico Federico Rossi di Marignano – autore del saggio "Federico Barbarossa e Beatrice di Borgogna. Re e regina d'Italia", edito da Mondadori, guarda caso –, si sono distinti nella ricostruzione storica degli eventi.
In primo luogo, Alberto da Giussano non è mai esistito. O meglio, un Alberto da Giussano è sicuramente vissuto al tempo della Lega Lombarda, ma non se ne trovano tracce né negli atti della famiglia Giussani di Milano, né nelle cronache coeve alla battaglia di Legnano. La leggenda dell'Alberto da Giussano condottiero è senza dubbio da ricondursi alla cronaca che il frate domenicano Galvano Fiamma - vissuto fra il XIII e il XIV - scrisse per compiacere il signore dell'epoca Galeazzo Visconti, e a cui serviva una personalità milanese – reale o fittizia non aveva importanza - da contrapporre a Federico I Hohenstaufen, volendo arricchire d'eroismo la vicenda della battaglia. La "Cronica Galvaniana" fu poi edita nel 1869 da Ceruti in "Miscellanea di storia italiana". Ed è probabilmente grazie alla conoscenza di quest’opera che Giosuè Carducci, poeta nazionale, affascinato dalla figura di Alberto da Giussano, decise nel 1879 di farne uno dei protagonisti della sua celebre opera "Della Canzone di Legnano". Così come Garibaldi - lo stesso "stronzo" nizzardo di cui Bossi parla tanto – incoraggiò il comune di Legnano ad erigere una statua alla figura del comandante della Compagnia della Morte "per ricordare uno dei fasti più gloriosi della nostra storia, in cui ebbe parte tutta Italia. Il giorno in cui l'Italia avrà bisogno di noi, noi ci saremo tutti, non mancherà nessuno. Figli dei vincitori di Legnano, ove i nostri antenati menarono bastonate agli austriaci, noi non dobbiamo essere meno prodi di loro. Quando noi faremo quanto i nostri padri fecero a Legnano, nessuno straniero resterà fra noi".
L'effigie della statua di Alberto da Giussano campeggia ora al centro dello stemma della Lega Nord. E ci pare ridicolo che un simbolo del Risorgimento italiano, dell'unità e dell'identità nazionale sia stato scippato brutalmente dai legaioli, sempre talmente ignoranti da non sapere neppure la provenienza del vessillo sotto il quale militano. Ma la figura di Alberto da Giussano resta ancora così improbabile che Giuseppe Verdi – un patriota attento alla veridicità storica – nella sua opera "La battaglia di Legnano" non cita, né fa riferimento minimamente ad Alberto da Giussano, fantomatico condottiero milanese.
Per non parlare poi della assoluta mancanza di rispetto da parte delle due già citate brillanti menti padane per il quadro politico degli avvenimenti in cui si colloca la vicenda storica scarabocchiata, più che abbozzata, nel film. Perché dietro alle tante grida milanesi di "Libertà!" – una pappagallesca via di mezzo fra le cinematografiche urla di battaglia dei "300" di Leonida e il "Freedom!" di William Wallace – non si parla mai né di guelfi, né di ghibellini. Eppure la vicenda storico-politica del Barbarossa – quello vero – ruota tutta attorno a questo insanabile conflitto fra le due fazioni.
Federico I Hohenstaufen, ghibellino per parte di padre e guelfo per parte di madre, fu eletto imperatore nel 1152, destinato a porre fine al conflitto fra le potenti famiglie dei Welfen – i guelfi, appunto - e gli Hohenstaufen – i ghibellini, dal castello di Waiblingen. Per pacificarsi con i guelfi cedette al capo della loro coalizione, il cugino Enrico il Leone, Sassonia e Baviera, regioni settentrionali ed orientali, quasi a manifestare la volontà di ricostituire il Sacro Romano Impero puntando alla discesa in Italia. Pacificata la Germania, era intenzionato a volgere verso Roma, insorta contro il papa, spodestato, ed in cui era stato proclamato il governo comunale da parte di Arnaldo da Brescia; verso i comuni del nord Italia minacciati dalla smania d'espansione di Milano; e verso l'Italia meridionale, in mano ai normanni. Nel 1154 convocò una dieta a Roncaglia nella quale chiese che gli fossero versati i tributi che gli spettavano, in quanto sovrano, e che i comuni avevano smesso di pagare dopo le violente lotte per l'indipendenza. Dopo aver restituito ad Adriano IV il suolo pontificio, nel giugno del 1155 fu dallo stesso incoronato imperatore. Nonostante l'aiuto concessogli, il papa, temendo che l'estensione del dominio germanico potesse intaccare nuovamente il suo potere temporale, nel 1156 si accordò a Benevento coi Normanni, acerrimi rivali del Barbarossa. Questo, dopo aver annunciato la rinascita del Sacro Romano Impero, nel 1158 emanò la Costitutio de regalibus, che stabiliva che tutto ciò che spettava all'imperatore, a lui doveva tornare. Tornarono anni di guerra, che culminarono con la resa di Crema e la distruzione di Milano nel 1162.
Nel 1167 si formò la Lega lombarda, lega difensiva che combatteva contro le imposizioni di Roncaglia. Non si trattava, come sostenuto invero anche da una certa retorica risorgimentale, di un moto di riscossa nazionale contro il Tedesco, ma di un movimento per la difesa delle casse comunali dalle pretese fiscali di un potere lontano, quello imperiale. Le autonomie comunali in ogni caso non erano a rischio, poiché l’imperatore aveva poco interesse ad intromettersi nelle beghe della politica locale. Morto Adriano IV, Alessandro III, il nuovo papa, si fece campione di questo movimento, timoroso che il potere imperiale potesse divenire tanto forte da condizionare la libertà d’azione e l’influenza della politica papale. Grazie alla sua autorità ed alla sua vigorosa azione si unirono dunque in lega i normanni di Sicilia, i Bizantini ed i Veneziani, minacciati dall'ingerenza del Barbarossa. Nella battaglia di Legnano del 29 maggio 1176 Federico I fu sopraffatto e nel 1177 si riconciliò col papa riconoscendolo capo legittimo della Chiesa. Con la Pace di Costanza l'imperatore riconobbe ai comuni molte esenzioni fiscali, ma si riservò il diritto di convalidare le elezioni cittadine.
Tutto ciò che nel film è differente da quanto succintamente esposto è spudoratamente falso. Enrico il Leone non fu un traditore, Federico non si "scelse il papa", la lega non fu solo lombarda, e non furono in soli novecento coraggiosi difensori del "Carroccio" a sconfiggere l'imperatore anche se, certo, i bergamaschi ebbero un loro peso nella "Compagnia della morte", come l’ebbero, tuttavia, anche nell’impresa dei mille di Garibaldi. Già perché si dimentica troppo speso che Bergamo è la "città dei mille". La storia infatti, come la vita, non è mai a senso unico. Più di tutto, però, la partita vera la giocò il papato che volle difendere strenuamente la propria politica e le prerogative temporali. Ed è proprio questo profilo che, forse, dovrebbe attrarre l’attenzione del lettore attento alla storia. Il papato è stato sempre sensibile al tema delle autonomie locali, comunali, perché è in questo contesto che il suo potere si è potuto affermare ed accrescere, ed è per questo che è stato sempre fiero avversario di ogni progetto unitario e nazionale. Anche le proposte di un cattolico moderato come Gioberti per una confederazione di stati italiani sotto la guida della Chiesa, furono accolte con grande sospetto e freddezza dal papato che se ne disfece non appena le condizioni politiche lo permisero.
Forse è così che può comprendersi la singolare lettura che Federico Rossi di Marignano – che ha ispirato Martinelli – fa di questi avvenimenti storici, riportati spesso in maniera parziale e poco verosimile.
La critica cinematografica, poi, ha messo unanimemente in risalto la debolezza dell’opera di Martinelli dal punto di vista strettamente tecnico – come ad esempio le riprese ossessive dei cavalli, le scene confuse e deludenti della battaglia, la ricostruzione approssimativa della Milano comunale. Insomma, il Senatur è proprio sfigato: almeno Hitler aveva la Riefenstahl.»
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Berlusconi vuole denunciare Di Pietro




Un "patto di concertazione" tra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti e una sorta di cabina di regia nel Pdl per "condividere" la politica economica. È questo, spiegano fonti parlamentari del Pdl, l'esito del confronto di queste settimane. Tremonti, rivelano le stesse fonti, presiederà il comitato di politica economica, un nuovo organismo che sarà creato proprio per aprire una stagione di dialogo sulla politica economica. La soluzione è stata trovata al termine di un lungo lavoro di mediazione compiuto dai vertici del partito di via dell'Umiltà. Bondi, La Russa e Verdini, assieme ai due capigruppo di Camera e Senato, sono rimasti in contatto diretto con Arcore e alla fine si è deciso di percorrere questa strada. Ora l'incontro tra Berlusconi e Tremonti servirà per sancire l'accordo (Agi).
Piero Marrazzo ha rassegnato le dimissioni da Presidente della Regione Lazio. Lo ha comunicato una nota della Regione Lazio (Agi).
"Le mie condizioni di sofferenza estrema non rendono più utile per i cittadini del Lazio la mia permanenza alla guida della Regione. Comunico con la presente le mie dimissioni, definitive e irrevocabili, dalla carica di Presidente della Regione Lazio". È questo il testo della lettera inviata dal Presidente 'autodimesso' della Regione Lazio, Piero Marrazzo, al Presidente del Consiglio Regionale del Lazio, Bruno Astorre ed al Vice Presidente della Regione, Esterino Montino. "A tutti coloro che mi hanno sostenuto ed a quanti mi hanno lealmente avversato - aggiunge - voglio dire che, finché mi è stato possibile, ho operato per il bene della comunità laziale". "Mi auguro - conclude Marrazzo - che questo possa essermi riconosciuto, al di là degli errori personali che posso aver commesso nella mia vita privata" (Asca).
I giudici della seconda sezione della Corte d'Appello di Milano hanno confermato la condanna a 4 anni e mezzo per il legale inglese David Mills imputato di corruzione in atti giudiziari. Mills, come in primo grado, è stato ritenuto colpevole di aver ricevuto 600 mila dollari per testimoniare il falso in due processi a carico di Silvio Berlusconi, quello su 'All Iberian' e quello sulle tangenti ad uomini della Guardia di Finanza (Agi).



I giudici della seconda sezione della Corte d'Appello di Milano hanno confermato anche il risarcimento alla presidenza del consiglio, costituitasi parte civile, pari a 250 mila euro. "La sentenza mette a dura prova la buona fede in uno stato di diritto, siamo qui a commentare amaramente in una situazione di grande disagio". È questo il commento di Alessio Lanzi, uno dei difensori di David Mills sulla sentenza della corte d'Appello. "Non è finita qui", promette Federico Cecconi, difensore dell'avvocato inglese condannato per corruzione in atti giudiziari. E aggiunge: "Abbiamo elementi forti che, qualsiasi sarà la motivazione di questo verdetto, potranno portare a una riforma della sentenza in Cassazione". Nello stesso processo era imputato anche Silvio Berlusconi ma la posizione del premier era stata stralciata in conseguenza del lodo Alfano.Dopo la bocciatura del lodo Alfano da parte della consulta, il dibattimento a carico di Berlusconi ricomincerà, anche se davanti a un altro collegio rispetto a quello presieduto da Nicoletta Gandus, che aveva condannato Mills. Questo collegio, infatti, è incompatibile e di conseguenza si dovrà tenere un'apposita udienza nella quale i giudici presieduti da Gandus 'si spoglieranno' del processo che sarà assegnato ad altri giudici. Difficile prevedere i tempi entro i quali ricomincerà il dibattimento per il premier (Sky Tg24).
"La decisione della Corte d'Appello di Milano nel processo Mills è del tutto illogica e nega in radice ogni risultanza in fatto e in diritto. Un processo svolto in tempi record negando qualsiasi prova e rifiutando qualsiasi possibilità di difesa. Tale decisione non potrà che essere annullata dalla Corte di Cassazione. Comunque, ancora una volta, si conferma che a Milano non si possono celebrare processi quando, ancorché indirettamente, vi sia un collegamento con il Presidente Berlusconi". È quanto dichiara Niccolò Ghedini (Agi).
"La sentenza Mills non è una sentenza politica. Non è così. La decisione dei giudici di Milano non è una sorpresa: è la conferma che il Lodo Alfano serviva esclusivamente ad evitare al premier un processo e il giudizio della magistratura. Questo era il vero strappo ai principi dello stato di diritto e di eguaglianza. Certo non una decisione della magistratura presa nel rispetto delle regole processuali e del diritto di difesa". Lo afferma Lanfranco Tenaglia, responsabile giustizia del Pd (Asca).
"Le dichiarazioni dell'on. Di Pietro su sentenza non definitiva e che non riguarda direttamente l'on. Berlusconi si commentano da sole, travalicano ogni diritto di critica e sono palesemente diffamatorie, e nei suoi confronti sarà esperita ogni azione giudiziale del caso". Lo annuncia Niccolò Ghedini, deputato Pdl e legale di Berlusconi (Asca).
"Prendo atto della denuncia che Berlusconi vuole presentare nei miei confronti perché gli ho dato del corruttore, però trovi il tempo per andare a farsi processare perché fin'ora sta cercando in tutti i modi, fra una legge e una prescrizione, di difendersi dai processi e non di difendersi nei processi". Lo ha affermato il presidente di IdV Antonio Di Pietro, rispondendo alle affermazioni di Niccolò Ghedini (Asca).
Il presidente della Seconda Sezione della Corte d'Appello di Milano ha sospeso in via provvisoria l'efficacia esecutiva della sentenza sul "lodo Mondadori". Il Tribunale di Milano, il 3 ottobre 2009, aveva condannato la holding della famiglia Berlusconi a pagare 750 milioni di euro nella causa Cir/Fininvest. "Il presidente della Seconda Sezione della Corte d'Appello di Milano, con provvedimento inaudita altera parte, ha oggi disposto, in via provvisoria, la immediata sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza emessa dal Tribunale di Milano il 3 ottobre 2009 nella causa Cir/Fininvest", si legge nel comunicato emesso dalla holding, che conclude comunicando che l'udienza in Camera di Consiglio per la decisione definitiva sulla istanza di sospensione presentata da Fininvest è stata fissata all'1 dicembre (Agi).
"La risposta della politica che si limita a dire: da una parte c'è la destra e dall'altra c'è un centrosinistra, che fondamentalmente ripercorre le strade del passato, trascura la gravità di uno scenario come quello che si sta realizzando sotto i nostri occhi". Per questo motivo, secondo Francesco Rutelli, c'è bisogno di "iniziare un tragitto differente, unendo persone diverse, che hanno culture diverse e la capacità di mettersi al servizio del cittadino operosamente". Rutelli cita poi una frase di Aldo Bonomi per spiegare a chi si rivolge: "l'Italia operosa e non l'Italia del rancore". Francesco Rutelli, durante la presentazione del suo ultimo libro a Milano spiega così le sue dichiarazioni, apparse ieri, su una possibile uscita dal Pd di Bersani. Anche se sulle alleanze future al momento non si sbilancia. Rutelli sottolinea che il Paese si trova in grande difficoltà economica e sociale e che c'è "uno spostamento politico di cui gran parte dei cittadini non si accorge, calati come sono nel conflitto in corso nel Paese. Il centrodestra - ha aggiunto Rutelli - diventato destra e il centrosinistra, imperniato sul Partito democratico che ritrova le sue fondamentali ragioni di sinistra riformista, alleato con il movimento dipietrista, comportano che l'offerta politica del nostro Paese sia cambiata da persone di buona volontà e di razionalità, consapevoli che c'è un altro grande rischio davanti a noi: che l'Italia si divida oltre alle mille microfratture che si registrano ogni giorno. Prevedo che di fronte alla Lega che diventa il contraente decisivo della destra al nord, potremmo avere in tempi molto rapidi la nascita di un partito del sud. Se avremo un cambiamento dello scenario politico italiano tutto interno alle file della destra, un centrosinistra, che diventi sinistra, non avrebbe parole decisive da spendere e si ritroverebbe in minoranza" (Agi).
I parlamentari sostenitori di Dario Franceschini hanno dato vita oggi ad "Area democratica". Non sarà una corrente, intesa come "opposizione interna" ma come area politico culturale in cui si riconoscono circa 150 parlamentari (senatori, deputati ed europarlamentari) che avevano aderito la mozione Franceschini. "L'idea di Franceschini - ha spiegato il senatore Stefano Ceccanti - è quella di ricomporre le microaree, insomma un antidoto contro le possibili microcorrenti e servirà a non disperdere il pluralismo di idee. Sarà un modo anche per evitare le vecchie e fuorvianti definizioni di ex Ppi, cattolici e altro ancora. Nei prossimi giorni ci rivedremo per discutere su come strutturarci" (Asca).
"Proporrò a Bersani di cambiare facce all'opposizione. È la priorità. Dobbiamo creare un'alternativa politica credibile". Lo ha detto il leader di IdV Antonio Di Pietro durante la registrazione di una puntata del Maurizio Costanzo Show che andrà in onda mercoledì 4 novembre. Di Pietro, ha intenzione di incontrare al più presto il nuovo segretario del Pd, Pierluigi Bersani, per creare assieme una valida alternativa di governo: "Noi dell'Idv - ha detto - vogliamo costruire una alternativa con Bersani per dare credibilità alla politica e per questo abbiamo già fissato una serie di incontri" (Asca).
"Non dimenticare lavoratori e pensionati". È il monito lanciato dal segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, in merito al taglio dell'Irap. Intervistato dal Tg1 Bonanni ha sottolineato come le famiglie devono essere alleviate dal peso "schiacciante" del fisco e come "sia necessario mettere insieme gli interessi di imprese, lavoratori e pensionati". "Per uscire dalla crisi - ha continuato - serve fare più investimenti ma anche diminuire il peso delle tasse". Infine il dirigente sindacale ha invitato maggioranza e opposizione a collaborare "così come chiede il presidente della Repubblica" perché i politici "non devono mettersi a litigare con la crisi in atto" (Agi).
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Educare alla sensibilità ambientale

Esempi di architettura eco-compatibile.

A rispettare l’ambiente bisogna cominciare fin da ragazzini, ma non solo. Qui di seguito segnalo due esempi di architettura eco-compatibile. Il primo esempio riguarda la costruzione di una nuova scuola a Revin in Francia. Verrà realizzato un liceo completamente in simbiosi con la topografia del paesaggio circostante. La scuola sorgerà entro il 2012. L’edificio segue le linee delle colline della regione ed è stata disegnato secondo una struttura a terrazze tappezzate di vegetazione e fiori. I materiali usati saranno trasparenti in modo da poter sfruttare al massimo la luce naturale per illuminare le aule. All’esterno poi ci saranno i campi sportivi e le palestre affinché gli alunni possano fare attività fisica in mezzo alla natura.
Il secondo esempio arriva da Fisso d’Artico a 30 km da Venezia, dove Luis Vuitton ha realizzato un “green building”. Si tratta di un ampliamento di un laboratorio preesistente. Da mille a 14mila metri quadri. Da uno spazio qualsiasi ad architettura sostenibile, in corsa per la certificazione ambientale Iso 14001. Il progetto è del francese Marc Sandrolini. Si accede alla struttura attraverso un chiostro, poi all’ufficio stile, dove i lavoratori della filiere creativa guardano da maxi finestre questo spazio verde prato. L’acqua piovana è raccolta da pozzi disposti lungo il perimetro, prima di essere immagazzinata e pressurizzata in un bacino sotterraneo che riduce il consumo d’acqua potabile. Dal giardino, si passa ai reparti, collegato da un corridoio lungo 120 metri. Prima noti la luce, poi il silenzio. Operai-artigiani si muovono attorno alle macchine. Il pavimento è in parquet. Non solo una questione estetica: assieme ai pannelli fonoassorbenti e alle vernici satinate, il legno ha consentito di ridurre le emissioni di rumore del 20 per cento. Si lavora il più possibile con la luce naturale. È la prima volta, ci dicono, che i pozzi di luce sono impiegati in un’architettura per l’industria. Dotati di filtri antiabbagliamento, garantiscono risparmio energetico e maggiore visibilità. Sul tetto ci sono 32 metri quadri di pannelli solari che coprono il 56 per cento del fabbisogno di acqua calda sanitaria. Poi è attivo anche un sistema di trattamento dell’aria estratta, con filtri a carboni attivi, e quello per il riscaldamento geotermico, che copre il 95 per cento del fabbisogno di energia termica. Ma la sensibilità ambientale è fatta anche di piccoli gesti. Per esempio dopo aver ridotto il consumo di colla, si pensa agli imballaggi. Bisogna scendere sotto le 14 veline/carta a scatola, contenente le scarpe. Lo scorso aprile, si è organizzato un gioco a premi che testava l’eco-consapevolezza del personale. In palio c’erano lampadine a basso consumo, aeratori per rubinetti che riducono gli sprechi d’acqua.
Quando, anche da noi, avremo questo sensibilità in merito a questi problemi?
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Notiziario Brembiese, 7 - 27 ottobre 2009

Notiziario Brembiese
Numero 7, 27 ottobre 2009

Due giornate in Val d'Aosta.
Il Club Brembio Vacanze 89, in collaborazione con l'Agenzia "Il Triangolo", organizza 2 giornate in Valle d'Aosta - Courmayeur (Monte Bianco, Monte Rosa, Gran Paradiso), il 12 e 13 dicembre 2009. Viaggio in pullman a/r e albergo in pensione completa, euro 170 a persona. Per informazioni e iscrizioni rivolgersi al sig. Gianni Dossena (0377-88046 oppure 0377-886073).

Corsi di formazione.
Ieri sono iniziati i corsi di formazione organizzati dall'assessorato ai Servizi sociali. Questi gli orari.
Corso di italiano: lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì dalle ore 19,00 alle ore 22,00.
Corso per operatore d'ufficio: lunedì, mercoledì, giovedì dalle ore 18,00 alle ore 22,00.
Corso "Gestione siti Internet": lunedì, mercoledì, giovedì dalle ore 18,00 alle ore 22,00.
I corsi si tengono presso le aule delle ex scuole elementari al piano terra.

Pubbliche affissioni.
La ditta concessionaria delle pubbliche affissioni ha provveduto nei giorni scorsi a installare nuovi cartelloni destinati alla pubblicità nei luoghi residenziali del paese privi di tale possibilità d'informazione. Nelle foto un paio di esemplari del nuovo arredo urbano.





Domani il GAP al mercato.
Domani, al mercato, il GAP, Gruppo di acquisto popolare lodigiano mette in vendita alcuni generi alimentari di prima necessità a prezzi convenienti: pane, pasta, riso, patate e mele, come meglio esplicitato nel volantino che potete ingrandire cliccando sopra.



Parco giochi di Via Caravaggio.
Sul nuovo parco giochi sono stati fatti nei giorni scorsi alcuni interventi. Innanzitutto, come anche da nostra segnalazione circa la pericolosità, è stata chiusa l'uscita che dava direttamente su Via Vittorio Veneto.



Analogamente è stata chiusa anche l'uscita che dava direttamente sul parcheggio di Via Ugo Foscolo.



Ma l'intervento più importante è stato quello di aggiungere altre essenze al patrimonio arboreo del parco con una nuova piantumazione. Come si vede nelle due foto, sono stati aggiunti degli alberi di specie autoctone.




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F[errovie allo] S[fascio]

Ripropongo, tratta dalla rubrica "Lettere & Opinioni" su Il Cittadino di oggi, una lettera che lamenta un assurdo disservizio alla stazione di Lodi.
Niente biglietti alla domenica nella stazione del capoluogo.

Buon giorno signor Direttore, La presente per segnalare che, anche volendo essere corretti ed onesti, a volte è veramente quasi impossibile. Le spiego l’accaduto: oggi, 25 ottobre, mi reco presso la biglietteria della stazione ferroviaria di Lodi per acquistare un biglietto di andata e ritorno per Fiorenzuola. Mi ritrovo con la biglietteria chiusa, l’edicola non fornita di biglietti in quanto Fiorenzuola risulta fuori regione ed i biglietti che può vendere sono solamente per la Lombardia. Vado all’unica macchinetta automatica (che stranamente funziona), ma... solamente con carta bancomat o carta di credito. E se non ho con me la carta??? Devo salire sul treno, cercare il controllore, pagare 5 euro di supplemento in quanto viene erogato sul treno, e se non si va dal controllore, bisogna pagare una sanzione pari a 100 euro. Fortunatamente con me, c’era mia madre che aveva con sé il bancomat, così ho potuto acquistare il biglietto, ma di solamente andata. Ho pagato così il biglietto (3,35 euro) più il costo del movimento del bancomat ed il messaggio di notifica, attivo sul conto corrente. Non mi sembra corretto che, essendomi recato per tempo in stazione per acquistare il biglietto, oltre la beffa ho dovuto anche rimetterci dei soldi, e come me tanti altri nelle mie medesime condizioni. E poi parliamo di alta velocità eccetera... e una stazione come Lodi, che è provincia e anche molto utilizzata, la domenica rimane completamente chiusa? Potrei capire una piccola stazione di paese, ma non una grossa come Lodi. Ah,dimenticavo! Devo ancora acquistare il biglietto per il ritorno, e quindi pagare altri 3,35 euro, più il movimento bancario ed il messaggio di notifica. È veramente assurdo! L’onestà non è premiata! Grazie per l’attenzione e mi scusi per lo sfogo, ma come persona corretta mi sono sentito veramente preso per i fondelli.
Roberto Regorda
Mi sento di aggiungere che se quelle indicate sono le cifre delle spese accessorie, il sig. Roberto ha fatto male i suoi conti: meglio era fare il biglietto (andata e ritorno) in treno. Resta comunque una situazione, quella testimoniata, che ha dell'incredibile (in un paese normale), ma forse (in un paese delle banane come il nostro) è semplice normalità.
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Ma i problemi veri della gente vera?




Piero Marrazzo ha lasciato stamani la sua abitazione per recarsi in un istituto religioso nei pressi della capitale. Nella struttura religiosa l'ex presidente della Regione Lazio, travolto dallo scandalo di un video che lo ritrae con un trans e Uno dei transessuali implicato nella vicendaricattato da quattro carabinieri finiti in manette, trascorrerà parte della convalescenza dopo che ieri, visitato al Policlinico Gemelli, gli è stato diagnosticato un forte stress psicofisico. Il certificato prevede un periodo di riposo di trenta giorni, periodo che Piero Marrazzo trascorrerà nella struttura religiosa gestita da preti. Marazzo subito dopo la notizia degli arresti e del video era rimasto a casa con la sua famiglia. Ora il trasferimento in una struttura di preti anche, secondo quanto si è appreso, "per permettergli di recuperare un po' di serenità e di equilibrio" (Ansa).
Nessun accertamento della magistratura nei confronti del presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo. È stato detto oggi in procura dove è stata smentita la voce dell'emissione di un avviso di garanzia. A piazzale Clodio è stata smentita una convocazione per oggi di Marrazzo, anche se non è stato escluso che possa esserci prossimamente per approfondire alcuni aspetti. Il tam tam delle indiscrezioni parlava di un possibile coinvolgimento nelle indagini di Marrazzo sotto il profilo delle dazioni di denaro ai quattro carabinieri accusati di averlo ricattato e per l'uso dell'auto blu per recarsi in via Gradoli. Come indicato nell'ordinanza di custodia cautelare, per il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e per il sostituto Rodolfo Sabelli non ci sono dubbi che a girare il video siano stati i carabinieri Carlo Tagliente e Luciano Simeone e che a loro, oltre ai due colleghi Nicola Testini e Antonio Tamburrini, sia attribuibile la richiesta di danaro a Marrazzo. Quindi nessuna presunta attività corruttiva del Governatore del Lazio, secondo gli inquirenti, ma solo una evidente estorsione. Quanto all'auto di servizio è stato ribadito che Marrazzo poteva disporre del mezzo per qualsiasi suo spostamento (Ansa).
Nessuna indagine su altri due personaggi politici, oltre a Piero Marrazzo, che potrebbero essere stati al centro di ricatti da parte dei quattro carabinieri accusati di infedeltà. È quanto ha precisato la procura di Roma. Da ieri circolano voci sul possibile coinvolgimento di altre due persone nell'attività ricattatoria degli indagati. Circostanza, è stato sottolineato a Piazzale Clodio, che al momento non è emersa e che non fa parte del fascicolo processuale. Semmai dovessero emergere elementi in tal senso, è stato detto, saranno avviate le opportune indagini (Ansa).
Il caso Marrazzo sia "l'occasione per una riflessione seria, dura e al tempo stesso pietosa" sulla "vera questione morale", altrimenti "ne verrà solo altro avvilimento e incattivimento" in cui "si distoglie amoralmente lo sguardo dai problemi veri della gente vera". Lo scrive oggi Avvenire, il quotidiano dei vescovi, in un editoriale firmato da Davide Rondoni. "Se davvero la 'questione morale' fosse un momento per guardarsi in faccia, anche con le proprie debolezze, allora forse la politica e i suoi teatri ne riceverebbero una nuova tensione positiva, e un'aria meno ammalata", scrive il giornale della Cei. "Dovremmo discutere su quali sono i reali argini alla debolezza morale'', prosegue l'articolo, accostando la vicenda del governatore del Lazio e quella che portò alle dimissioni l'ex direttore dell'Avvenire, Dino Boffo: "E dovremmo discutere anche su perché accade che mentre qualcuno viene 'massacrato' e fatto fuori sui giornali sulla base di carte false, intorno ad altri, persino immortalati in video sgradevoli, scattano strani meccanismi di solidarietà e di protezione ad alto livello". Se non si torna alla vera questione morale "dove politici, uomini dello Stato e massa media non lavorano per sfasciare la gente", "proseguendo un periodo cupo e pazzo in cui in nome della morale fai-da-te o improvvisamente riscoperta - conclude Avvenire -, si distoglie amoralmente lo sguardo dai problemi veri della gente vera e si aprono le porte ai modi più feroci e distruttivi di lotta" (Asca).
Si rincorrono voci sulle prossime dimissioni del presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, che potrebbe abbandonare definitivamente l'incarico di governatore già nella giornata di oggi. Al momento, però, le indiscrezioni non trovano alcuna conferma ufficiale (Adnkronos).
"Marrazzo si dimetta e poi si trovi semmai in Parlamento il modo di rinviare le elezioni nel Lazio. Evitiamo le furbate alla Berlusconi". Antonio Di Pietro, a margine di una conferenza stampa congiunta con Paolo Ferrero per lanciare una manifestazione nazionale contro il governo Berlusconi, affronta il caso Marrazzo e sottolinea che il governatore del Lazio deve dimettersi e propone che il Parlamento approvi un provvedimento per rinviare le elezioni in modo che si possano svolgere insieme alla tornata elettorale delle Regionali a marzo (Adnkronos).
"Ai tempi della Prima Repubblica eravamo più prudenti". Così parla il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga durante la registrazione di Otto e mezzo che è andata in onda ieri sera alle 20.30 su LA7 commentando lo scandalo che ha coinvolto Piero Marrazzo. "Non credo alla teoria del complotto - ha affermato - così come escludo che i servizi segreti siano stati capaci di creare danni a Berlusconi e a Marrazzo". E afferma: "Conosco Marrazzo e non riesco a capire perché si sia messo nelle mani di queste, o questi, e nelle mani della sua scorta. Penso che quanto a imprudenza lui e Berlusconi se la battano quasi alla pari". E, chiamato a fare un confronto tra la vicenda che ha coinvolto il presidente della regione Lazio e il premier Berlusconi, dice: "Basta prendere il manuale del confessore per vedere che tutti e due hanno commesso lo stesso reato contro l'impurità, cioè hanno disobbedito al sesto comandamento". E citando il testo afferma: "Per carità, non auguro certo contro il presidente Marrazzo la vendetta di Dio!". Quanto alla coincidenza dell'esplosione del caso Marrazzo con le primarie del Pd, Cossiga sottolinea: "Erano cose accadute a luglio e solo dopo quattro mesi di indagine la magistratura ha dato ordine di arresto. Per quattro mesi li hanno protetti, probabilmente non saranno stati contenti di dover prendere questi provvedimenti alla vigilia delle primarie del Pd e non molto lontano dalle regionali". E relativamente ai carabinieri estorsori afferma: "Si tratta esattamente di questo: quattro mele marce. Quattro mele marce su 120 mila, che sono i carabinieri dell'Arma, non vanno d'accordo neanche con la teoria della probabilità" (Asca).
Dopo aver smentito l'esistenza di un'inchiesta sull'ex governatore della regione Lazio, Piero Marrazzo, l'avvocato Luca Petrucci ha chiarito che l'esponente politico "apprezzò" la telefonata di Silvio Berlusconi. All'inizio della scorsa settimana, quando l'inchiesta non era ancora esplosa, Berlusconi aveva avvertito Marrazzo dell'esistenza di un video chiarendo però che i giornali del gruppo Mondadori non l'avrebbero diffuso (Asca).
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«La famiglia è la sua vera grande passione»




La notizia è della tarda serata di ieri. A Mosca con un blitz notturno, insieme al nome di Stalin è ricomparso anche quello di Lenin, nella stazione Kurskaia della metropolitana. Ed è di nuovo polemica da parte delle ong dei diritti umani. C'è un'iscrizione inneggiante a Stalin a cui sono state aggiunge due frasi anche per Lenin."È comparso il sole della libertà e il grande Lenin ci ha illuminato un gran percorso" seguita da "Stalin ci ha educato alla fedeltà del popolo e ci ha ispirato al lavoro e ad imprese eroiche" (Ansa). Effetti secondari della visita di Berlusconi?
Su Facebook la pagina di Marrazzo è ferma a venerdì mattina alle 10,16: "Il video è un bufala - scriveva - e come presidente andrò avanti". Poi però si è autosospeso e si sono moltiplicati i messaggi su Facebook, divisi tra la solidarietà e gli insulti. Dopo il gruppo 'Uccidiamo Berlusconi', finito nel mirino della magistratura, nasce il suo omologo 'Uccidiamo Marrazzo' appena 'fondato' con dodici membri. Quest'ultimo nasce provocatoriamente e 'per statuto', si legge sulle informazioni ufficiali, "a difesa della prostituzione e dei clandestini", oltre che "dei diritti umani". Tra i post spunta quello di Daniele che si rivolge "ai falsi moralisti della sinistra" che "si vergognino", e chiede poi anche "a Silvio di iscriversi". Ma il social network pullula di gruppi che si rifanno provocatoriamente alla vicenda. Tra i più numerosi c'è il 'Piero Marrazzo Trans Club" con 571 iscritti. C'è Johnny che si lamenta per i soldi dei contribuenti spesi "male": "Questo va a Trans con l'auto blu e dice di essere vittima di un complotto politico" e chi come Pierluigi si rivolge al governatore, dicendo non ti capisco, "è tanto bella la gnocca". Qualche messaggio di solidarietà in più si trova invece sulla pagina personale di Marrazzo su Facebook. C'è Simone che dice "la vita privata è privata", ma anche "un elettore di sinistra" che si sfoga: "Mi viene da vomitare all'idea che abbia pagato le prestazioni sessuali con i soldi dei contribuenti". E infine Gello che lo accusa di ipocrisia, riportando quanto scritto sul sito ufficiale della Regione Lazio: "La famiglia è la sua vera grande passione. Ha tre figlie: Giulia, Diletta e la più piccolina, Chiara. Con loro e con Roberta, la donna della sua vita, passa tutto il tempo libero" (Adnkronos/Ign).
C'è attesa per quanto dirà oggi Francesco Rutelli a Milano, dove presenta nel pomeriggio il suo libro "La svolta". L'interrogativo riguarda la sua permanenza nel Pd dopo l'elezione a segretario di Pierluigi Bersani.



Ieri è stata un'anticipazione del libro natalizio di Bruno Vespa "Donne di cuori" a rilanciare il tema del rapporto tra l'ex presidente della Margherita e il Pd. Le parole di Rutelli in quel testo sembrano annunciare il divorzio dal partito che ha contribuito a fondare: "In questi due anni il Pd ha sprecato un patrimonio, anziché costruirne uno nuovo. Avremmo dovuto cambiare terreno di gioco, allenatore, squadra, pallone, modulo tattico, perfino i tifosi. Dopo quindici anni era evidente che lo schema dell'Unione era finito". Questa posizione così critica era stata già illustrata da Rutelli lo scorso 29 settembre in occasione della presentazione a Roma del suo libro che ha come sottotitolo "Lettera a un partito mai nato". Nelle dichiarazioni rilasciate a Vespa, Rutelli aggiunge: "Con Casini, ma non subito e non solo". L'ex presidente della Margherita ci ha tenuto però a precisare che "le dichiarazioni diffuse da Vespa risalgono a una conversazione di alcune settimane fa in vista del libro del conduttore". La loro divulgazione non deve trarre perciò in inganno, "poiché le anticipazioni riferiscono solo parzialmente le opinioni di Rutelli". In ogni caso, il problema delle alleanze "con i partiti come l'Udc è serio e non può essere liquidato con i giochini che servono a Vespa per lanciare i suoi libri" (Asca).
Paolo Gentiloni ed Ermete Realacci, tra i tradizionali collaboratori di Rutelli, smentiscono decisioni a breve da parte dell'ex sindaco di Roma ma torna a circolare l'ipotesi del tentativo di formare due gruppi parlamentari di un nuovo movimento che si collocherebbe al centro (servono venti deputati e dieci senatori) e potrebbe stabilire un rapporto federato con l'Udc. Che comunque la separazione dal Pd sia all'ordine del giorno lo conferma anche il titolo del quotidiano "Europa" di oggi: "Pd nelle mani di Bersani, Rutelli più vicino all'addio". "Europa", organo dell'ex Margherita, potrebbe seguire Rutelli nella sua nuova avventura politica (Asca).
Mano tesa a Bersani invece da parte di Franco Marini, ex presidente del Senato di solito molto ascoltato tra gli ex del Partito popolare. In una intervista all'emittente Red si è detto convinto che una delle ragioni del successo di Bersani sia stata la sua "maggiore concretezza" e il suo "fare riferimento ai problemi del lavoro e della condizione reale del paese". Dichiarazioni distensive anche da parte di Giuseppe Fioroni, che potrebbe entrare nella nuova segreteria del Pd (Asca).
Ieri Bersani ha passato il pomeriggio a Prato dov'era in calendario un incontro con gli artigiani e non ha voluto occuparsi di organigramma (si vocifera per esempio di Enrico Letta come nuovo capogruppo alla Camera). Ha telefonato sia a Pier Ferdinando Casini sia ad Antonio Di Pietro. Nei due colloqui ha rilanciato la necessità di un dialogo tra le opposizioni per costruire un'alternativa al governo e ha comunicato la sua intenzione di incontrare quanto prima entrambi i leader di Udc e Idv, disponibili da parte loro a un chiarimento. Sul fronte dei rapporti tra Pd e sinistra, c'è da segnalare una telefonata di auguri di Nichi Vendola, Sinistra e libertà, a Bersani. Fabio Mussi anticipa quello che potrebbe essere un nuovo rapporto con il Pd: "Se ora riapre sul serio una discussione sulla nuova formazione di un campo democratico e di sinistra, per l'opposizione e l'alternativa, la sinistra che c'è dovrebbe parteciparvi con immediata disponibilità". Mussi, tra gli ex Ds più rappresentativi che non aderirono al Pd, è critico anche verso Sinistra e libertà: "Al Pd che ci riprova, oltre che all'Italia, farebbe benissimo avere alla sua sinistra solide forze, il più possibile unite. Dopo le primarie da tre milioni di partecipanti che hanno eletto Bersani, il tic-toc di piccole nomenclature litigiose e inconcludenti è tanto più insopportabile". Conclude Mussi: il progetto di Sinistra e libertà si può salvare in extremis "se non si perde più tempo e se si ha in testa un progetto politico, non solo l'aspettativa per le candidature alle elezioni regionali". Qualche mese fa era stato Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera ed ex segretario di Rifondazione, a lanciare l'ipotesi di una sorta di "partito unico della sinistra" (Asca).
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Una mostra sulle donne nel Novecento lodigiano

Presentata dal Museo della civiltà contadina la mostra sulla condizione femminile e sui bambini. A Livraga il Novecento delle donne.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 27 ottobre 2009.

Livraga - Presentata domenica, nella palestra delle scuole medie di Livraga, la nuova iniziativa del Museo della civiltà contadina. Si tratta di una mostra-documento dal titolo “La condizione femminile e minorile nel Lodigiano durante il XX secolo: il Novecento delle donne e dei bambini”. Il lavoro, un supporto intelligente al Museo di cascina Santa Croce, si compone di 24 pannelli che documentano il cammino della donna e dell’infanzia durante il tribolato secolo lasciato alle spalle, contrassegnato da due guerre mondiali, ma anche dal riscatto della condizione femminile nella società civile. I pannelli illustrano la ricerca commissionata dalla direzione dell’Associazione amici del museo ad Alice Vergnaghi e disegnata in grafica dall’esperto Sergio Galuzzi avvalendosi della documentazione fotografica e dei reperti d’epoca della collezione dell’Archivio storico Silvano. Alla presentazione ha partecipato un buon pubblico, tra cui il sindaco di Livraga Ettore Grecchi con il vice sindaco Bruno Folli, il presidente della biblioteca comunale Lanfranco Cavallanti, la stessa ricercatrice Alice Vergnaghi, Galuzzi, Silvano Bescapè e uno stuolo di appassionati, ricevuti dal presidente dell’associazione promotrice Gianni Dalla Valentina. Ospite d’onore il poeta e attore dialettale Antonio “Cècu” Ferrari, il quale ha divertito la platea con simpatici aneddoti riguardanti il ruolo della donna nelle cascine lodigiane e recitando pure una delle sue più note poesie in vernacolo, dedicata alla donna. La presentazione è stata curata dal giornalista Luigi Albertini, il quale ha ricordato l’intenso lavoro svolto dall’associazione a sostegno dell’istituto museale, un compendio di iniziative che consentono di valorzzare la rassegna di oggetti della tradizione rurale ospitati nello “stallone” di cascina Santa Croce. Il saluto ufficiale è stato portato dal presidente Dalla Valentina, impegnato a dare sostanza alle attività museali. Il sindaco Grecchi si è compiaciuto per il lavoro svolto dal museo e dalla brillante idea di dedicare una specifica ricerca al ruolo delle donne e dell’infanzia nel Lodigiano durante il ventesimo secolo. La rassegna, come tutte le altre di proprietà del museo livraghino, è disponibile, a richiesta, per le istituzioni del comprensorio in occasione di eventi culturali e popolari di borgata (basta avanzare richiesta al museo, tel. 0377-987387). La mostra-documento si articola in cinque sezioni: il lavoro, la politica, l’istruzione, le lodigiane illustri, le voci delle donne lodigiane.
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La Padania dei campanili

Casale. Più autonomia alla frazione di Zorlesco: sui cartelli torna pure il vecchio stemma.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 27 ottobre 2009.

Zorlesco conquista “una piccola autonomia” con il maggior coinvolgimento del consiglio di frazione nelle scelte dell’azione amministrativa e con più potere d’indirizzo e suggerimento. E sui cartelli all’imbocco dell’abitato potrebbe ricomparire lo stemma municipale scomparso insieme al titolo di comune nel 1929.
La volontà di investire il consiglio di frazione di poteri consultivi più forti è uscita nel corso della prima seduta di consiglio di frazione che si è tenuta mercoledì scorso. Nell’incontro si è avuta l’elezione del nuovo presidente dell’organismo, Lorenzo Carpana.
L’esposizione da parte del sindaco Flavio Parmesani dei programmi di massima sulla frazione e il susseguente confronto sono stati l’occasione per spiegare come l’amministrazione comunale voglia rilanciare l’istituto del consiglio di frazione e dare maggiore peso alle richieste provenienti da Zorlesco.
«Le decisioni e l’attuazione dell’azione amministrativa spettano al comune e alla sua amministrazione, e non sono in discussione - precisa il primo cittadino Flavio Parmesani -. Tuttavia, c’è la massima convinzione nel valorizzare l’organismo consultivo e la frazione stessa. Da una parte vogliamo coinvolgerli in ogni decisione rilevante per il futuro del centro, dall’altra intendiamo ricevere proposte e suggerimenti operativi sia rispetto alle scelte in corso sia rispetto ai problemi della frazione. Ultimamente questo ruolo si era perso, noi invece vogliamo recuperarlo e potenziarlo».
L’amministrazione si aspetta delle indicazioni chiare, in tempi abbastanza brevi, su argomenti importanti per il futuro di Zorlesco e della stessa Casalpusterlengo: si va dalla possibilità di togliere i parcheggi in via Pace alla richiesta di indicare i luoghi da videosorvegliare, da dove si devono posizionare i dissuasori del traffico allo studio del percorso della tangenziale per capire se è necessario un intervento correttivo ed eventualmente quale. Inoltre, durante l’incontro si è fatto il punto sui lavori al centro sportivo ed è stata avanzata una richiesta per la pulizia straordinaria della cappella del cimitero, sulla quale c’è già stato l’impegno formale del sindaco.
All’ingresso del paese gli attuali cartelli di denominazione saranno sostituiti con altri in cui compariranno anche lo stemma araldico della municipalità di Zorlesco, incorporata in Casale nel 1929, e probabilmente scritte in dialetto. Il comune di Zorlesco fu riconosciuto nel 1859, quando contava 1.763 abitanti, e arrivò ad avere 2.148 residenti nel censimento del 1921.
«Ancora oggi ci sono circa 2mila abitanti, ed è giusto che si abbia una piccola autonomia - dice Lina Ressegotti, consigliere delegato alle frazioni -. Vogliamo ascoltare la voce dei residenti, che sono più vicini ai problemi e li conoscono meglio e possono darci indicazioni migliori su come risolverli».
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Il Lodigiano è per Bersani

Più di 9mila persone in provincia hanno partecipato alle primarie, Uggetti commenta: «Segno che vogliamo ripartire».
Pd, Bersani “spopola” nel Lodigiano. Nel capoluogo nemmeno l’“effetto Guerini” salva Franceschini.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Greta Boni, 27 ottobre 2009.

Bersani trionfa anche nel Lodigiano. E, come se non bastasse, riesce ad avere la meglio persino nel capoluogo, regno indiscusso di un “franceschiniano” di ferro, il sindaco Lorenzo Guerini. In tutta la provincia, l’ex ministro ha ottenuto il 56,66 per cento dei voti, mentre Franceschini si è fermato a quota 30,65. Marino ha invece collezionato il 12,68 per cento delle preferenze. Nella giornata di domenica, il popolo del Partito democratico è stato chiamato alle urne per eleggere il suo segretario nazionale, un appuntamento che ha decretato la vittoria dell’ex ministro piacentino, già incoronato dagli iscritti durante la fase congressuale. Le file fuori dai seggi, su tutto il territorio nazionale, hanno dimostrato il successo dell’iniziativa. Nel Lodigiano hanno votato 9.093 persone, per un totale di 8.997 schede valide, 42 bianche e 54 nulle.
Bersani ha spopolato nella maggior parte dei comuni, con percentuali che raggiungono quota 70-80 per cento. Turano e Guardamiglio emergono come i centri più “bersaniani” della provincia. Dal canto suo Franceschini ha strappato più consensi a Merlino, Graffignana, Cavenago, Montanaso, Ossago, Salerano e San Fiorano, ma difficilmente è riuscito a superare la soglia del 50 per cento. I seguaci di Marino si concentrano soprattutto a Caselle Landi, Terranova, Borgo San Giovanni e San Colombano, dove le percentuali riescono a valicare il 20 per cento.A Lodi città, invece, si sono presentate ai seggi 2.239 persone. L’ex ministro Bersani ha collezionato il 49,3 delle preferenze, Franceschini il 35,5 per cento e Marino il 15,2.Per quanto riguarda l’elezione del segretario regionale, in Lombardia gli elettori hanno scelto Maurizio Martina. Il giovane politico ha ottenuto nel Lodigiano il 56,80 per cento dei voti, a cui si aggiunge il 28,75 per cento di Fiano e il 14,45 di Angiolini.
«C’è stata una partecipazione straordinaria - commenta Simone Uggetti, referente della mozione vincente -, le primarie si sono rivelate uno strumento efficace, da usare con intelligenza. Questo è un partito che vuole ripartire e che ha elaborato la sconfitta in modo chiaro. Dobbiamo essere all’altezza di coloro che sono andati a votare». Idee condivise anche dagli altri compagni di partito. «Il dato sull’affluenza è estremamente positivo - sottolinea Enrico Brunetti, responsabile insieme a Federico Moro della mozione Franceschini -, un dato che ci rafforza in vista delle prossime amministrative nel comune di Lodi. Abbiamo piena fiducia nel partito e si inizia subito a lavorare. Il sindaco Guerini, punta di diamante della nostra mozione, è entrato a far parte dell’assemblea nazionale». Davide Fenini del Comitato lodigiano per Marino ha espresso soddisfazione per la partecipazione alle primarie e per il fatto che la mozione sia riuscita a raddoppiare i consensi rispetto all’ultima consultazione, a cui avevano partecipato solo gli iscritti.A Lodi c’è chi prende spunto dalle cifre per fare previsioni sulle prossime elezioni. Paolo Colizzi, presidente del consiglio comunale, è rimasto sorpreso dall’affluenza: «Credo che questo coacervo di voti possa far raccogliere attorno al Pd e alla Lista Guerini-Alleanza per Lodi il 38-40 per cento dell’elettorato attivo, poi c’è il resto della coalizione. Ai seggi c’è stato un dialogo diretto con i cittadini, i quali hanno dato anche i loro suggerimenti, spunti che sono stati consegnati al sindaco e che potranno confluire nel programma». I numeri delle primarie suggeriscono dubbi e domande, soprattutto in vista della tornata amministrativa che a marzo coinvolgerà palazzo Broletto. È lecito chiedersi quale peso avrà l’agguerrita squadra di “bersaniani” all’interno del Pd, sicuramente farà pesare le sue scelte sul programma e sui posti nelle liste.A questo punto, però, è spontaneo anche domandarsi che fine farà la componente cattolica del Pd. Vista la presenza massiccia di “bersaniani”, resterà nella squadra o inizierà a prendere le distanze?
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