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domenica 12 luglio 2009

Quando il paesaggio è un optional

Riprendiamo dal Corriere della Sera di oggi un articolo di Paolo Conti che ci informa che dal 1995 al 2006 i Comuni italiani hanno autorizzato 3 miliardi di metri cubi di edilizia residenziale e non. Il paesaggio italiano, insomma, è a rischio, e le leggi (in ritardo) non riescono a proteggerlo.
Troppe proroghe.
Paesaggio, la tutela che non arriva mai.

E il Codice salva-paesaggio rimane bloccato.
Rassegna stampa.

Dal 1995 al 2006 i Comuni italiani (il dato è dell’Istat) hanno concesso autorizzazioni per tre miliardi di metri cubi di edilizia residenziale e non residenziale. Un’autentica colata di cemento che, secondo alcuni, si traduce in sviluppo. Per altri rappresenta in molti casi, certo non in tutti, una ferita indelebile al Paesaggio italiano, vera carta d’identità del nostro Paese che nei propri Beni culturali potrebbe avere un futuro assicurato grazie a un turismo internazionale sempre più colto, sensibile, consapevole. E capace di confronti.

Dunque, troppi sfregi. Eppure l’articolo 9 della Costituzione repubblicana parla chiaro. Lo Stato è obbligato alla tutela del «paesaggio e del patrimonio storico e artistico». Non parliamo insomma di un optional, né di un lusso riservato a pochi raffinati ecologisti. Riguarda la collettività. Ma la cementificazione selvaggia del Centro-Nord, del Sud, della stessa Toscana dimostra che quell’obbligo spesso rimane carta stampata: la rete dei Comitati spontanei toscani guidata da Alberto Asor Rosa dà voce a una protesta contro un centrosinistra al potere molto legato al «partito del fare». Il Codice dei Beni culturali firmato da Giuliano Urbani, nelle sue ultime varianti volute sia da Rocco Buttiglione che da Francesco Rutelli (con una preoccupazione evidentemente bipartisan) ha introdotto una grossa novità: all’articolo 146 si prevede il «parere preventivo, obbligatorio e vincolante» delle Soprintendenze su ogni progetto per le aree tutelate. Ovvero quel 40% di territorio nazionale che costituisce il paesaggio-bene culturale.
Per parlare con chiarezza: se il soprintendente dice no a un intervento su un’area vincolata (diniego motivato, non suggerito da personali snobbismi estetici) niente da fare. Ovviamente c’è un «ma», tipicamente italiano. L’articolo 146 non è ancora in vigore perché, dal 2008, siamo in un regime transitorio con l’articolo 159. Prima prorogato al 31 dicembre 2008, poi al 31 dicembre 2009. L’articolo 159, la proroga, nasceva dall’esigenza di adeguare strutture e prassi alle nuove procedure, per abituare al nuovo ritmo Soprintendenze e uffici comunali e regionali. Per ora resta in vigore la vecchia norma che concede al soprintendente solo il potere di annullare entro sessanta giorni l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune e dalla Regione. Col risultato che in passato solo tre autorizzazioni su cento, in media, sono state bloccate e la metà di quelle annullate dai Tar.
Naturalmente il regime di proroga è visto con immenso favore dai Comuni. I permessi edilizi producono oneri di urbanizzazione, ovvero denaro fresco che può (ancora) finire nei bilanci correnti in un momento in cui sono poverissimi. Altrettanto favore viene dal partito trasversale del mattone, dell’«impresa in un giorno», molto potente sia in Toscana che nel Nord-Est dove «l’intera pedemontana lombardo-veneta è una continua conurbazione edilizia», come lamenta Vittorio Emiliani presidente del Comitato per la Bellezza. L’Italia così come ancora la conosciamo è, insomma, sempre più in pericolo. E troppo spesso gli interventi edilizi sono di qualità scadente, in contrasto con il «linguaggio» dei nostri panorami. L’Italia è un «museo diffuso», un tutt’uno tra Paesaggio e patrimonio artistico, concetto caro a Cesare Brandi come a Federico Zeri.
Sono in molti ad attendere dal ministro Sandro Bondi un gesto coraggioso di governo: far sì che questa sia l’ultima proroga, dando via libera all’articolo 146. E alla pienezza della tutela, soprattutto ora che siamo a un passo dal Piano casa. Preoccupazione notoriamente condivisa da Andrea Carandini, presidente del Consiglio superiore dei beni culturali.
Stanno per finire i lavori della commissione di semplificazione dell’articolo 146, voluta da Bondi e presieduta dal professor Sandro Amoroso, esperto di diritto urbanistico. Si tratta di distinguere il banale permesso per l’apertura di una finestra, mettiamo, in una casa di Ischia (zona tutelata) da una costruzione vera e propria. Lo strumento libererà Soprintendenze e Comuni da molti vincoli lasciando sul tavolo i problemi veri del Paesaggio. Chiusa l’operazione, occorre un gesto forte, il varo dell’articolo 146. Altrimenti la tutela, nei prossimi anni, rischia di essere pura finzione burocratica. Non realtà politica e culturale.

L’Ici sulle aree edificabili è dovuta sempre

Sergio Trovato, su Il Sole 24 Ore di sabato 11 luglio, ci informa di una curiosità riguardante l’Ici e i terreni edificabili.
Niente sanzioni sul mancato avviso.
Se il comune tace l’Ici resta dovuta.
Rassegna stampa.

Il contribuente è tenuto a pagare l’Ici su un’area edificabile anche se il Comune non lo ha informato delle variazioni apportate allo strumento urbanistico e non ha comunicato il cambio di destinazione del terreno. Questo obbligo, infatti, è stato imposto all’ente dalla Finanziaria 2003 (articolo 31, comma 20 della legge 289/2002), senza però prevedere sanzioni in caso di inosservanza. È quanto affermato per la prima volta dalla Cassazione, con la sentenza 15558 del 2 luglio scorso.
I giudici di piazza Cavour hanno ritenuto ininfluente che l’amministrazione comunale, in violazione della norma, non abbia dato comunicazione al proprietario dell’attribuzione della natura di area fabbricabile a un terreno, non essendo prevista una sanzione per questa omissione. Peraltro, si legge nella pronuncia, l’inadempimento dell’ente «non ha in alcun modo pregiudicato la difesa del contribuente».
Dunque, la Cassazione ha escluso che la mancata comunicazione del cambiamento urbanistico possa avere un’incidenza sugli obblighi di dichiarazione e versamento dell’imposta, che sono autonomamente disciplinati dalla normativa contenuta nel decreto legislativo 504/1992.
In effetti la Finanziaria 2003 ha previsto che quando i Comuni attribuiscono a un terreno la natura di area fabbricabile, sono obbligati a darne comunicazione al contribuente, a mezzo posta, con modalità idonee a garantire l’effettiva conoscenza. Il mancato rispetto di questo adempimento da parte del Comune non comporta alcuna conseguenza in ordine agli obblighi che incombono sul contribuente: il tributo sull’area, ex lege, è comunque dovuto.
Nei casi in cui il Comune non abbia provveduto a comunicare, formalmente, il cambio di destinazione del terreno, e il contribuente viola l’obbligo di dichiarazione e di versamento, si può ritenere che ricorra una causa di non punibilità, in base a quanto disposto dall’articolo 6 del decreto legislativo 472/1997. Occorre infine precisare che l’articolo 31 non ha alcuna efficacia retroattiva. Pertanto, l’obbligo di comunicazione dovrebbe riguardare solo i cambi di destinazione dei terreni attuati a decorrere dal 1° gennaio 2003.
Nel caso in esame, il contribuente ha contestato anche il fatto che il fondo utilizzato a scopo agricolo non avrebbe mai acquisito la natura edificabile per la mancata esecuzione dei piani particolareggiati. La Suprema Corte, però ha ritenuto infondata questa tesi, precisando che il legislatore per chiarire la questione è intervenuto con due norme di interpretazione autentica. È ormai pacifico che l’Ici sia dovuta se l’area è inserita in un piano regolatore generale adottato dal consiglio comunale, ma non approvato dalla Regione.
Del resto, che non fosse necessario un piano di lottizzazione per il pagamento dell’Ici, era già stato chiarito dalla Finanziaria 2006 (legge 248/2005). Non a caso, nella circolare 28 del 4 agosto 2006, l’agenzia delle Entrate ha precisato che con questa nuova disposizione viene esteso alle imposte sui redditi, all’Iva e al registro, il concetto di area edificabile contenuto nell’articolo 11-quaterdecies, il cui ambito applicativo era prima riservato alla sola imposta comunale sugli immobili.

Sceriffi democratici

Da l’Altro – La Sinistra Quotidiana di venerdì 10 luglio riprendiamo un articolo di Anna Simone che recensisce il libro “Sceriffi democratici” del giornalista del Corriere della Sera Jacopo Tondelli, in cui l’autore critica i sindaci di sinistra securitari, ma poi li salva e li fa diventare democratici.
Sceriffi male necessario?
Ma per favore…
Rassegna stampa – la recensione.

Come ormai tutti sappiamo l’ideologia securitaria è diventata una vera e propria tecnica di governo prossima a normalizzare l’emergenza. Un’emergenza quasi sempre costruita ad hoc dai media. Trattasi come abbiamo detto più volte su queste colonne, di un fenomeno pervasivo che coinvolge e mette in discussione l’idea stessa di democrazia e dei diritti fondamentali sui quali quest’ultima dovrebbe basarsi. Un fenomeno che tende ad assumere forme diverse a seconda dei contesti di riferimento. Cosicché se sul piano nazionale si utilizzano dispositivi giuridici come i decreti d’emergenza, sistematicamente tramutati in legge dopo qualche mese, sul piano locale il piano d’azione è quello delle ordinanze amministrative.
Con la legge 142 i sindaci avevano assunto già più poteri. Con la 125, il primo dispositivo securitario voluto da questo governo, si è andati a potenziare ulteriormente il potere dei sindaci i quali diventano dei veri e propri decisori autonomi in materia di sicurezza. Attraverso le ordinanze e l’uso della sanzione amministrativa è possibile perseguitare lavavetri, prostitute, costruire muri come avvenuto a Padova, punite direttamente e preventivamente tutte le condotte altrimenti non perseguibili penalmente. Una forma di governance territoriale che utilizza come protesi esecutiva e repressiva i vigili urbani.
Le ricerche sociologico-giuridiche in materia scarseggiano dal momento che trattasi di un fenomeno relativamente nuovo, solo qualche testo tra i quali vale la pena citare “L’amministrazione locale della paura”, a cura di Massimo Pavarini (Carocci, 2006), ma a quanto pare i giornalisti sembrano aver colto l’entità del problema. È il caso di Jacopo Tondelli, ex collaboratore del Riformista ora approdato al Corriere della Sera, il quale nel suo leggibilissimo e interessante “Sceriffi democratici” appena edito da Marsilio (pp. 173, euro 12,50) tenta di cartografare la geografia locale della paura amministrata dai sindaci e qualche presidente di Provincia soprattutto da Roma in su. In particolare Tondelli affronta e analizza le contraddizioni di Zanonato, Vincenzi, Domenici, Chiamparino e Penati, ex presidente della provincia di Milano. Attraverso interviste fatte ai diretti protagonisti dello “sceriffismo” imperante da cui sembra sottrarsi – seppure relativamente – solo Marta Vincenzi, l’autore riesce a tenere assieme le analisi biografiche dei diretti protagonisti con la narrazione dei fatti cittadini attraverso cui si sono resi protagonisti in questi ultimi anni. E così Zanonato appare ossessionato dalle “ragioni igieniche” e dai “cattivi odori” emanati dal ghetto di Via Anelli; Penati – ora in quota Bersani – dichiara candidamente di aprrezzare le politiche della Lega perché intercettano i bisogni della popolazione e cerca financo di imitarle nella logica, ma non nel risvolto razzista assunto negli ultimi anni (ma perché prima non lo erano?); Domenici mostra tutta la sua frustazione riversatasi poi a partire dal suo percorso politico contro i lavavetri – da extraparlamentare a convinto sostenitore delle istituzioni e da convinto sostenitore delle istituzioni a convinto sostenitore della polizia locale – e via dicendo. Certo, da questo libro mancano Cofferati e Veltroni, però il quadro empirico, nonché l’impianto politico di base, regge la posta. Ciononostante non si può essere d’accordo con Tondelli sulla sintesi politica del fenomeno da lui sapientemente analizzato perché anch’esso viziato da quelle stesse contraddizioni.
L’autore, infatti, scrive un libro sulle contraddizioni del Pd che governa o ha governato grandi città e province cavalcando l’ideologia securitaria, ma rimane del tutto prigioniero della logica secondo cui i crimini commessi dagli immigrati rendono de facto più insicure le nostre città (sciorina, non a caso, tutti i dati di Barbagli fin dalle prime pagine) e parla di “utopia foucaultiana” avallata dalla “sinistra radicale”. In poche parole riduce tutte le contraddizioni da lui stesso aperte e affrontate attraverso le sue inchieste nella banalissima logica secondo cui la sicurezza è “un male necessario”. Necessario per chi? Per la costruzione del consenso elettorale del Pd?
Questa tesi, d’altronde, è facilmente smontabile. A sud, molti amministratori o ex-amministratori di centro-sinistra, Napoli e Bari in primo luogo, hanno governato e governano bene i loro territori senza essersi mai fatti scudo con lo “sceriffismo” imperante e molti, proprio per questo, sono stati premiati dal loro elettorato. E allora perché non dire che gli amministratori del Pd sono anche loro ostaggio della Lega soprattutto al nord e che la sicurezza per loro è solo una bandiera elettorale che non risponde ad alcun principio di realtà?
Il sottotitolo del libro di Tondelli recita: “la metamorfosi della sinistra”. Noi avremmo scritto “l’autoritarismo della democrazia”. Come è possibile, infatti, essere sceriffi e democratici insieme?

La giunta decide le tariffe

Sempre tratto da ItaliaOggi di venerdì 10 luglio il seguente articolo di Giambattista Rizza riguarda una sentenza del Tar Piemonte sulla Tarsu.
Tar Piemonte: il consiglio è incompetente.
Tarsu, sulle tariffe parola alla giunta.


La determinazione delle tariffe-Tarsu nonché l’individuazione delle categorie merceologiche delle utenze spetta alla giunta e non al consiglio. Lo ha affermato il Tar Piemonte con la sentenza n. 1576 depositata il 5 giugno 2009.
Fatto. I ricorrenti contestavano la delibera di giunta comunale, assunta in materia tariffaria, recante variazione delle categorie di utenza relativamente alla tassa per la gestione dei rifiuti urbani e ai coefficienti quali/produttivi di determinazione tariffaria per alcune utenze. Ad avviso dei deducenti la giunta non sarebbe stata competente all’adozione di atti generali contenenti la determinazione delle tariffe e l’individuazione di nuove categorie di utenze. L’organo competente sarebbe stato il consiglio comunale.
La decisione. Il collegio precisa che da tempo la giurisprudenza del consiglio di stato (sez. V n. 1491/2001) ha chiarito che il consiglio comunale ha competenza in materia di disciplina generale per l’esercizio e la fruizione di beni e servizi, limitatamente alla individuazione dei criteri economici sulla base dei quali debba procedersi alla determinazione delle tariffe, alle eventuali esenzioni o agevolazioni.
Il dato letterale, prosegue la sentenza, dell’art. 42 del d.lgs. n. 267/2000, il quale rimette alla competenza del consiglio solo la disciplina generale delle tariffe nonché l’istituzione e l’ordinamento dei tributi, è sufficientemente chiaro: la concreta determinazione delle aliquote, come pure l’individuazione specifica delle categorie merceologiche e soggettive delle utenze colpite dal prelievo, costituisce attività di dettaglio, che non può che competere alla giunta esulando dalla disciplina generale delle tariffe, attribuita al consiglio.
«La tesi qui suggerita», conclude il Tar, «è stata di recente enunciata dal giudice amministrativo che ha precisato che il consiglio comunale ha competenze solo sulla disciplina generale delle tariffe per la fruizione di beni e servizi rimanendo la disciplina di dettaglio (compreso, quindi, quella sulla determinazione delle tariffe) alla giunta, organo che ha competenza residuale su tutti gli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al consiglio (Tar Toscana, sezione I, 20 luglio 2006 n. 3196)».

Ici e locazione finanziaria

Lo spazio domenicale del blog sarà sempre dedicato in parte ad una rassegna stampa generale riguardante questioni amministrative anche particolari o specializzate che possano in qualche modo interessare. Cominciamo qui con un articolo di Maurizio Bonazzi, pubblicato su ItaliaOggi di venerdì 10 luglio e riguardante un caso particolare di passività riguardante l’Ici.
Società di leasing, addio all’Ici.
Rassegna stampa.

Per gli immobili di qualsiasi tipo concessi in locazione finanziaria, compresi i fabbricati da costruire o in corso di costruzione, il soggetto passivo dell’Ici sarà il locatario fin dalla stipula e per tutta la durata del contratto. A stabilirlo è l’art. 8 del cosiddetto «ddl sviluppo», approvato il 9 luglio dal Senato, che rende così irrilevante il momento di consegna di un immobile atto ad essere utilizzato dal locatario. La disposizione, che troverà applicazione per i contratti di leasing immobiliari stipulati dalla data di entrata in vigore della legge, porterà come conseguenza che nel cosiddetto «leasing in costruendo» l’impresa locataria, fin dalla stipula del contratto, sarà tenuta a pagare l’Ici sul valore dell’area fabbricabile e poi su quello del fabbricato dal momento dell’ultimazione dei lavori.
Come funziona oggi. A decorrere dal primo gennaio 1998, in forza dell’articolo 58 del D. Lgs. n. 446 del 1997 – che ha modificato il comma 2 dell’art. 3 del D. Lgs, n. 504 del 1992 – la soggettività passiva Ici per gli immobili concessi in locazione finanziaria non è più individuata nel locatore – società di leasing proprietaria del cespite – bensì nel locatario finanziario – impresa utilizzatrice –. Tale novella sollevò il problema dell’individuazione del momento dal quale la soggettività passiva Ici si trasferiva dal locatore al locatario finanziario. Non era infatti agevole capire se, ai fini dell’applicazione del tributo comunale, rilevasse la stipula del contratto di locazione finanziaria oppure la successiva consegna dell’immobile pronto a essere utilizzato dall’impresa locatrice.
Al riguardo, il Ministero delle finanze, con la circolare n. 109/E C del 18 maggio 1999, dopo aver precisato che la soggettività passiva Ici è caratterizzata da un rapporto che lega il soggetto dell’immobile con la connotazione del diritto reale di godimento (proprietà piena, oppure usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), asserì che «l’aver esteso tale soggettività al locatario finanziario (in testa al quale non è ravvisabile un diritto reale) richiede, agli effetti dell’imposta in commento, che si dia un rilievo determinante alla funzione di godimento che, accanto a quella di finanziamento, rappresenta la causa del leasing», con la conseguenza che «è indubbio che fino a quando l’immobile non venga consegnato al locatario è a questi preclusa ogni possibilità di goderne». Pertanto, affermarono i tecnici ministeriali, «la stipulazione del contratto di locazione finanziaria va assunta come perfezionata, e quindi operante ai fini del passaggio della soggettività passiva Ici dal locatore al locatario, nel successivo momento della consegna a quest’ultimo dell’immobile oggetto del leasing; e ciò sia nel caso di immobili acquistati dal locatore, sia nel caso di fabbricati realizzati dalla società di leasing per conto del locatario».
Ne consegue che, in vigenza dell’attuale formulazione del comma 2 dell’art. 3 del D. Lgs, n. 504 del 1992, nel caso di un contratto di locazione finanziaria «in costruendo», la società di leasing (che su indicazione del locatario acquista l’area edificabile e realizza successivamente il fabbricato oppure acquista un fabbricato in corso di costruzione e lo completa) è tenuta a pagare l’Ici (prima) sul valore dell’area edificabile e (poi) sul fabbricato ultimato fino al momento della consegna di quest’ultimo all’impresa utilizzatrice.
Come diventerà. Con l’approvazione dell’art. 8 del «ddl sviluppo», per tutti gli immobili, compresi quelli da costruire o in corso di costruzione, il soggetto passivo dell’Ici sarà il locatario dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto di leasing. Diventa pertanto irrilevante il momento della consegna inteso come momento dal quale il locatario è in grado di utilizzare il fabbricato. Ne deriva che, per gli immobili acquistati e contestualmente concessi in locazione finanziaria, le società di leasing non conseguiranno mai la qualifica di soggetti passivi Ici. I locatori, invece, saranno tenuti, da subito, a tutti i relativi adempimenti (dichiarativi e di pagamento). E così, in caso di «leasing in costruendo» dovranno versare l’Ici prima sull’area edificabile e poi sul fabbricato. Va ricordato, infine, che per espressa previsione normativa la novità riguarderà i contratti di leasing stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della legge, conseguentemente per quelli in essere alla predetta data continueranno ad applicarsi le vecchie regole.

Piccolo è grande

La due giorni dell’Anci Piccoli Comuni a Villa Erba di Cernobbio.
“I Comuni preziose istituzioni rappresentative vicine ai cittadini, devono assicurare risposte adeguate alle esigenze di tutela sociale ed economica delle comunità locali e di sviluppo dei relativi territori”, sono parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Il 10 e 11 luglio, venerdì e sabato, si è tenuta presso Villa Erba di Cernobbio, in provincia di Como, la nona conferenza nazionale organizzata dall’Anci che ha visto protagonisti i piccoli Comuni. In apertura dei lavori, Mauro Guerra, coordinatore Anci Piccoli Comuni e Unioni e vice sindaco di Tremezzo, ha letto il messaggio inviato dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “I Comuni preziose istituzioni rappresentative vicine ai cittadini, sono chiamate a corrispondere con tempestività ai loro essenziali bisogni e in special modo a quelli di chi, per difficoltà economiche e, sociali, è più vulnerabile in questo momento di crisi. Si tratta di una responsabilità particolarmente sentita nei piccoli Comuni che, attraverso opportune forme associative, devono assicurare risposte adeguate alle esigenze di tutela sociale ed economica delle comunità locali e di sviluppo dei relativi territori, salvaguardandone le tipicità e promuovendone le risorse umane, ambientali e culturali di cui sono custodi”. Il Presidente Napolitano, nell’impossibilità di aderire all’invito a presenziare all’annuale conferenza, alla quale è stato concesso l’alto patronato, ha rivolto a tutti i partecipanti “un cordiale saluto e un augurio di buon lavoro”.
Una normativa differenziata e specifica per i piccoli Comuni da definirsi nell’ambito della nuova Carta delle Autonomie e la promozione delle Unioni di Comuni che integrino un numero significativo di funzioni e servizi. Sono alcune delle richieste che ancora una volta i piccoli Comuni rivolgono al Governo.
Dalla IX Conferenza a Cernobbio, il coordinatore Anci Piccoli Comuni e Unioni, Mauro Guerra ha aggiunto: “vogliamo aprire una vertenza politico-istituzionale con il Governo, il Parlamento, le Regioni e con tutte le forze politiche: su questi punti serve un confronto serrato e servono soprattutto risposte serie. Occorre promuovere la costituzione di Unioni che integrino un numero significativo di funzioni e di servizi e che servano a disboscare la giungla di enti e di soggetti che esercitano in modo associato le funzioni comunali. Le Unioni sono strumenti attraverso i quali i Comuni si riorganizzano per gestire insieme le funzioni proprie, strumenti attraverso i quali gli amministratori dei piccoli Comuni si riappropriano del governo dei propri territori”.
Ma servono anche altre misure, a cominciare dall’integrale restituzione del gettito Ici prima casa: “sul mancato gettito dell’imposta prima casa sono certificati 3 miliardi e 400 milioni di euro, per quest’anno è programmata la restituzione di due miliardi e 600 milioni di euro, mancano 800 milioni che devono tornare nelle casse dei Comuni. Governo e Parlamento – ha aggiunto Guerra - si sono impegnati a garantire l’integrale restituzione del mancato gettito Ici, chiediamo il rispetto dei patti presi con i Comuni”.
Tra le richieste avanzate dai piccoli Comuni la rimozione del blocco sul personale, e la garanzia di risorse e norme adeguate per il servizio scolastico. “Siamo pronti a partecipare a confronti su ulteriori interventi di razionalizzazione – ha detto Guerra – avendo però presente la qualità del livello del servizio di istruzione”. E a proposito del Fondo per le politiche sociali: “siamo passati dal fondo previsto per il 2007 di 900 milioni di euro, a 600 milioni di euro per il 2008. Quest’anno siamo passati a 450 milioni di euro, un taglio di questo genere è inconcepibile”.
Oggi si discute di federalismo fiscale e di Carta delle Autonomie, ma è sempre più evidente la necessità della pari dignità. I Comuni hanno pari dignità istituzionale con le province, le regioni e lo Stato, i Comuni hanno la titolarità di tutte le funzioni amministrative, dovrebbero godere di autonomia finanziaria, il tutto in relazione ai principi di sussidiarietà e di adeguatezza. “Non abbiamo bisogno soltanto di qualche norma diversa dagli altri Comuni – ha aggiunto Guerra – non abbiamo bisogno del sostegno occasionale alle gestioni associate di funzioni e servizi, oggi ci serve di più. Vogliamo provare a mettere tutti i Comuni, anche i più piccoli, nelle condizioni di fare di più e meglio. Chiediamo che il primo decreto attuativo del federalismo fiscale riguardi la finanza comunale e che contenga norme chiare. Abbiamo bisogno di agire in tempi rapidi, e che si faccia presto anche con l’approvazione della Carta delle Autonomie”.
E a proposito dei costi della politica: “la proposta dell’Anci – ha detto Guerra – è di istituire un’alta commissione da parte delle più alte cariche dello stato per verificare lo stato sui costi della politica e sui costi dei diversi livelli istituzionali. Siamo pronti ad accettare queste sfide ma chiediamo serietà e lealtà nei rapporti istituzionali e chiediamo all’Anci di dare più spazio, più rappresentanza, di garantire nelle relazioni con gli alti livelli di governo la voce e la rappresentanza dei piccoli Comuni".
Infine, Guerra ha annunciato che ad ottobre, in occasione dell’assemblea congressuale, “i piccoli Comuni presenteranno alcune proposte che diano loro maggiore ruolo, più forza e possibilità di rappresentanza in tutte le sedi istituzionali”.
Lorenzo Guerini, presidente di Anci Lombardia e sindaco di Lodi, a conclusione della sessione pomeridiana della prima giornata è intervenuti portando il suo contributo. “Ai cambiamenti che verranno dal federalismo e dal nuovo Codice delle Autonomie i piccoli Comuni devono arrivarci ‘vivi’ e per fare in modo che questo avvenga devono contare di più in seno all’Associazione”. Si dovrà arrivare al cambiamento non prima di aver messo in evidenza le criticità – ha detto Guerini –. “La linea di fondo della due giorni lombarda – ha proseguito il sindaco di Lodi – sarà quella di essere conosciuti e ascoltati, per poter avere più credito all’esterno”. ll presidente ha chiesto più riforme per i piccoli Comuni sostenendo che “i tagli sui trasferimenti mettono a rischio gli interventi dei ‘piccoli’ nel settore del sociale. Siamo pronti alle riforme – ha continuato – e presenteremo i temi sui quali intervenire, primo fra tutti la differenziazione della normativa tra i grandi e i piccoli Comuni”. Per Guerini serve anche un sostegno vero alle gestioni associate e alle unioni. “Sul testo del federalismo – ha infatti detto – c’è un timido accenno alla premialità per chi si associa, ma andrebbe rafforzato”. Infine, il Presidente di Anci Lombardia ha chiesto più risorse per i piccoli Comuni. “In Lombardia stiamo facendo molto per le piccole realtà, a partire da una normativa di sostegno ai ‘piccoli’ che è stata cambiata. Ora però la nuova normativa dovrà poter contare su nuove risorse, altrimenti resterà una ambizione bella, ma irraggiungibile. Sui piccoli Comuni poggia la coesione sociale della nostra società e meritano quindi più attenzione”.

I lavori al parco giochi

Effettuati gli scavi.
FotoPost - Immagini scattate sabato 11 luglio intorno alle ore 18.

Proseguono i lavori di realizzazione del parco giochi di Via Caravaggio, come testimoniano le immagini. Nelle due fotografie si vede la realizzazione del fondo di due piazzole e lo scavo dei sentieri di accesso alle aree giochi.


Bonus gas per famiglie bisognose

Agata Biondini di E Polis (nazionale) in un articolo dell'8 luglio ci spiega in cosa consiste.
Bonus gas, per le famiglie più bisognose ci sono sconti fino al 15%.
Rassegna stampa.

Dopo il bonus elettrico arriva il bonus gas, a sostegno dei consumatori più bisognosi. La nuova misura sociale, introdotta dal ministero dello Sviluppo economico e definita nei dettagli dall’Autorità per l’energia, permetterà alle famiglie con bassi redditi di ottenere una riduzione delle bollette del gas del 15% circa (al netto da imposte): da un minimo di 25 euro, per bassi consumi, ad un massimo di 160 per le famiglie fino a quattro componenti; per le famiglie numerose di oltre quattro componenti, il bonus potrà andare da un minimo di 40 euro fino ad un massimo di 230.
Grazie alla collaborazione dell’Anci e dei suoi Comuni, il bonus gas potrà essere richiesto presentando la domanda al proprio Comune di residenza, dal prossimo novembre. Per le domande presentate entro il 30 aprile 2010, il bonus ha valore retroattivo al gennaio 2009; per i beneficiari, il bonus compenserà la spesa anche per il riscaldamento di buona parte dell’inverno passato, oltre che di quelli futuri. «Il bonus gas è un impegno mantenuto dal Governo Berlusconi per sostenere il reddito delle famiglie disagiate e numerose», ha dichiarato il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola. «Lo sconto medio sulla bolletta del gas è del 15%. Insieme al bonus elettrico e alle forti riduzioni delle bollette di questi mesi – ha concluso Scajola – permetterà a tante famiglie di guardare al futuro con maggiore serenità e di mantenere inalterati i loro consumi».«Alle significative diminuzioni della spesa per l’elettricità e gas degli ultimi tre trimestri (da inizio anno, gas -15%, elettricità -8%), si aggiunge così una riduzione ulteriore. Il bonus gas rappresenta un beneficio che potrà sommarsi anche al bonus elettrico, per il quale le domande hanno già superato il milione – ha detto il presidente dell’Authority, Alessandro Ortis – anche per il bonus gas è stato adottato un meccanismo di solidarietà, fra consumatori, che consente di offrire ai beneficiari un aiuto sensibile, a fronte di un contributo estremamente modesto per gli altri». Il bonus gas, ha inoltre ricordato Ortis, incide sulla parte prevalente della spesa complessiva delle famiglie per energia elettrica e gas: la bolletta gas, del consumatore tipo, rappresenta infatti il 68% del totale.

Il Codacons: fare di più.
Il Codacons giudica positivamente l’introduzione del bonus gas. «Appoggiamo qualsiasi misura in grado di sostenere economicamente le famiglie – spiega il presidente Codacons, Carlo Rienzi – ma sul fronte della spesa energetica il Governo può e deve fare di più. Serve un intervento per la benzina».

Su Internet le proprie cartelle esattoriali

Fausta Chiesa sul Corriere della Sera dell’8 luglio ci informa sulle nuove possibilità di controllare la propria posizione debitoria online attraverso il servizio telematico «Estratto conto» di Equitalia.
Tutto il Fisco sul web.
Estratto conto online anche per le cartelle.

Rassegna stampa.

Milano – Verificare i pagamenti delle cartelle, le vecchie cartelle esattoriali, sarà più facile. Dall’8 luglio è attivo il servizio telematico «Estratto conto» di Equitalia, che permette di controllare la propria posizione debitoria online, cioè anche con il computer di casa. L’utilità maggiore è quella di poter conoscere la propria posizione debitoria aggiornata senza andare fisicamente in un’agenzia. In pratica, si potrà vedere se il provvedimento di sgravio (cancellazione della cartella) è stato inviato dall’Agenzia delle Entrate o dall’Inps a Equitalia oppure la sentenza del giudice di pace che annulla una multa è effettivamente arrivata all’agente della riscossione.
Per poter usufruire del servizio bisogna collegarsi al sito di Equitalia (www.equitaliaspa.it) attraverso l’utenza registrata presso i Servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate. Chi non fosse ancora registrato può farlo collegandosi al sito www.agenziaentrate.gov.it e farsi attribuire un nome utente e una password. Per ottenere la registrazione è necessario fornire il codice fiscale, la modalità con cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi (se attraverso il Caf, le poste o le banche) e il proprio reddito lordo dell’anno precedente. Dopo qualche tempo si riceverà per posta normale il codice di accesso e la password. È possibile richiedere le credenziali anche chiamando il numero verde 848/800444 oppure recandosi personalmente presso un ufficio dell’Agenzia delle Entrate.
Una volta ottenute le credenziali, ci si può collegare al sito del proprio agente della riscossione o direttamente al sito www.equitaliaspa.it e prendere visione della propria posizione debitoria inserendo il codice fiscale o la partita Iva e selezionando la provincia di residenza per le persone fisiche o la sede legale per le società. Per qualsiasi chiarimento, sarà sempre attiva – assicura Equitalia – una guida che accompagnerà il cittadino per l’intero percorso di consultazione.
Il servizio è stato presentato il 7 luglio dal direttore generale della società pubblica di riscossione, Marco Cuccagna: «Lo strumento è disponibile in 24 province, da Nord a Sud, tra cui Milano, Roma e Napoli, ma si estenderà entro settembre a tutto il territorio nazionale. Una rivoluzione nel rapporto con i cittadini e le imprese, fatto di semplicità, trasparenza e innovazione, che punta a rispondere alle esigenze dei contribuenti e semplificare loro la vita». Esclusa la Sicilia, dove Equitalia non opera. Al momento sono 1,4 milioni i contribuenti registrati ai servizi telematici che potranno usufruire del nuovo servizio.

Finanziamenti regionali per la gestione associata

I contributi per le gestioni associate annualità 2009 nel decreto n. 5827 dell'11/06/2009.

L’11 giugno 2009 è stato approvato dalla giunta regionale il decreto n. 5827 riguardante “Contributi per la gestione associata di funzioni e servizi comunali ai sensi della dgr 15949/2003: termini per la presentazione delle domande di contributo ordinario relative all'intera annualità 2009”.
Le domande di contributo ordinario ai sensi della dgr 15949/2003 dovranno riguardare l'intera annualità 2009 e dovranno essere depositate in duplice copia presso le sedi territoriali regionali competenti per provincia (STER) entro e non oltre il 31 luglio 2009.
La Regione precisa inoltre che dal 1° gennaio 2009 sono state abrogate la d.c.r. 871/1998 e d.g.r. 15949/2003 che disciplinavano gli incentivi regionali alla gestione associata. La l.r. 33/2008 di modifica e integrazione della l.r. 19/2008 ha fatto salvi gli effetti delle disposizioni abrogate o prive di efficacia fino al 31.12.2009. Secondo questa disposizione, il contributo ordinario ai sensi della dgr 15949/2003 è garantito alle Unioni di comuni, Comunità montane e alle Associazioni di comuni (fatto salvo il deposito puntale delle richieste) per l'intera annualità 2009 e liquidato interamente nell'esercizio finanziario corrente.
A partire dal 1° gennaio 2010, solo le Unioni di comuni Lombarde e le Comunità montane ammesse al contributo ai sensi del regolamento attuativo della l.r. 19/2008 potranno beneficiare del contributo ordinario. Le Associazioni intercomunali saranno destinatarie di contributi solo se previsto dal Documento di programmazione economico-finanziaria regionale ovvero si trasformeranno in Unioni di Comuni lombarde o delegheranno le funzioni e i servizi alla Comunità montana (fermo restando il possesso dei requisiti previsti dalla l.r. 19/2008 e dal regolamento di attuazione per l’accesso ai contributi).