Dialogo tra Paolo Flores d’Arcais e José Saramago.
I nuovi fascismi mascherati e la sinistra smarrita.
Un colloquio tra Flores d’Arcais e Saramago indaga le inquietudini che attraversano Italia ed Europa: libertà, giustizia, svuotamento della politica, religione. Il Nobel per la letteratura è in questi giorni in Italia per la presentazione del suo ultimo libro “Il quaderno”, edito da Bollati Boringhieri.
Rassegna stampa - Il Fatto Quotidiano, Paolo Flores d'Arcais, traduzione di Carlo Antonio Biscotto, 14 ottobre 2009.
Nel tuo “Quaderno” scrivi: “Che penserà Dio di Ratzinger e della Chiesa cattolica apostolica romana?”. Ironicamente, perché per avere una risposta - sottolinei - bisognerebbe prima dimostrarla, l’esistenza di Dio, il che è impossibile. Ma citi anche Hans Küng, il più grande teologo cattolico vivente, quando riconosce che “le religioni non sono mai servite ad avvicinare tra loro gli essere umani”. Ora, Ratzinger, da quando è diventato Papa, pretende che tutti i parlamenti dell’Occidente debbano imporre a tutti i cittadini, credenti o meno, leggi che obbediscono alla volontà di Ratzinger stesso, in tutto ciò che riguarda il sesso, la vita, la morte, la ricerca scientifica (dal preservativo alla pillola alle staminali, dall’aborto all’eutanasia …). Ratzinger sostiene che solo se si segue il principio “sicuti Deus daretur” (ma quale Dio? E chi ne interpreta la volontà?) le democrazie possono evitare il collasso nel nichilismo. Molti laici si piegano. In Italia il parlamento sta approvando una legge che obbliga al sondino per la nutrizione artificiale anche la persona in coma chi ha deciso di rifiutarlo. Ratzinger sarà così il padrone dei nostri corpi, un vero e proprio ritorno al medioevo. Non so cosa pensi Dio di Ratzinger, ma cosa ne pensa José Saramago?
Saramago - Ratzinger è nulla più che un dettaglio. Un dettaglio di una istituzione mastodontica che pesa come un macigno sulla coscienza dell’uomo. Che Ratzinger abbia il coraggio di invocare Dio per rafforzare le sue mire di un neo-medievalismo universale, un Dio che non ha mai visto, con il quale non si è mai seduto a prendere un caffè, dimostra solamente l’assoluto cinismo intellettuale del personaggio. Mi sono sempre considerato un ateo tranquillo perché l’ateismo come militanza pubblica mi sembrava qualcosa di inutile, ma ora sto cambiando idea. Alle insolenze reazionarie della Chiesa Cattolica bisogna rispondere con l’insolenza dell’intelligenza viva, del buon senso, della parola responsabile. Non possiamo permettere che la verità venga offesa ogni giorno dai presunti rappresentati di Dio in terra ai quali in realtà interessa solo il potere. Alla Chiesa nulla importa del destino delle anime, quello che ha sempre voluto è il controllo sui corpi. La ragione può essere una morale. Usiamola.
Flores d'Arcais - Nel tuo libro hai dedicato parecchie pagine al giudice Baltasar Garzon che ci ha fatto capire l’importanza di "non diventare vili nemmeno una volta, per non diventare vili per sempre”. Il giudice Garzon, sottolinei, è oggetto di un vero e proprio tiro al bersaglio perché alimenta le speranze di chi vuole che la giustizia sia “eguale per tutti”. E’ lo stesso tiro al bersaglio che si è fatto in Italia contro i magistrati di Mani Pulite, e si continua a fare contro quelli antimafia, o che scoperchiano intrecci tra criminalità, affari, istituzioni (vedi l’ultimo caso, De Magistris, costretto a rinunciare alla toga e candidarsi alle europee). Eppure un tempo “law and order” era la bandiera della destra (almeno a parole). Non sarà che a privilegiati e reazionari interessa solo l’ “order” della sopraffazione, in nome della “law” finché si dimostra docile ai potenti, ma contro la legge, non appena un giudice la prenda sul serio nei confronti di tutti?
Saramago - Sostanzialmente non dobbiamo confondere legge e giustizia. La legge può essere rivolta contro la libertà, la giustizia può essere snaturata nella pratica quotidiana. Legge e giustizia sono strumenti che hanno bisogno di una revisione continua, incessante, instancabile da parte di cittadini consapevoli. Non saprei in che modo si possa raggiungere questo obiettivo, però bisogna trovare la maniera di infondere alle istituzioni giudiziarie l’anelito di giustizia che ha sempre caratterizzato la specie umana. Non sto pensando ad una società ideale, penso – questo sì – ad una società libera, capace di correggere da sola il proprio operato. Il ruolo dell’istruzione dovrebbe essere fondamentale, ma proprio per questo è necessario riformare tutto il sistema scolastico, dalle scuole primarie all’università. Che lo si voglia o no, la celebre frase scritta sui muri della Sorbona, “vietato vietare”, apparentemente così rivoluzionaria, è stato un cattivo servizio reso alla democrazia.
Flores d’Arcais - Ci sono due pagine bellissime in cui ricordi un tuo viaggio a Napoli e un incontro enigmatico e inaspettato col mondo della camorra. Le hai dedicate all’impegno e al coraggio di Roberto Saviano, e attraverso di lui alla necessità che lo scrittore, anche a rischio di essere “condannato a morte”, come Rushdie, come Saviano, non dimentichi di essere in primo luogo un cittadino. Scrivi addirittura: “mi sento umile, quasi insignificante, di fronte alla dignità e al valore dello scrittore e giornalista Roberto Saviano, maestro di vita”. Oggi il “pensiero unico” irride l’intellettuale impegnato, del resto sempre più raro. Ma il disimpegno di tanti scrittori e intellettuali non è uno degli elementi della crisi delle democrazie?
Saramago - Credo che sia una delle cause, ma non la sola. La democrazia realmente esistente va giudicata e ridiscussa tutti i giorni perché tutti i giorni si va degradando un poco di più. Stiamo vivendo una serie di crisi che si rafforzano a vicenda: crisi dell’autorità, crisi della famiglia, crisi dei costumi, crisi morale in generale e l’elenco potrebbe essere interminabile. A mio giudizio una società disimpegnata come la nostra difficilmente può generare scrittori e intellettuali impegnati. Non siamo le guide delle masse, ma al contrario molte volte ci lasciamo condizionare da esse. Se la democrazia è in crisi, prendiamoci la nostra parte di colpa, ma affrontiamo anche le responsabilità degli altri, non siamo gli unici responsabili.
Flores d’Arcais - L’Italia è al 44esimo posto nella graduatoria della stampa libera di “Reporters sans frontieres”, distanziata perfino dal Mali e dal Ghana (il Portogallo è al 16esimo). Ma l’Italia è anche il Paese dove riescono straordinarie manifestazioni di massa organizzate dalla società civile (spesso in polemica con i partiti di “opposizione”, pavidi e assenti): dal milione di cittadini nel “girotondo” del settembre 2002, fino alle centinaia di migliaia di una settimana fa, una sorta di gigantesco fiume carsico che ogni tanto si inabissa ma che da anni non scompare mai. Ti sembra manicheo parlare di due Italie, completamente diverse per valori e per civiltà, diverse quasi antropologicamente? E che effetto ti fanno?
Saramago - In ogni Paese ci sono almeno due Paesi, a volte tre o quattro. Tuttavia, per quanto una manifestazione possa essere importante non credo la si debba prendere come l’annuncio di un imminente cambiamento. Mi importa molto di più l’azione quotidiana che tiene desta l’attenzione dei cittadini e consente risposte rapide. Ho ancora presente la rivoluzione portoghese che in alcune circostanze sembrava non fosse assolutamente in grado di fare fronte in questo modo al modificarsi della realtà. E la realtà italiana di oggi vede un Berlusconi che fin qui ha avuto buon gioco sugli sforzi dell’opposizione, perché si è trattato di un’opposizione vana, poco dotata di idee e divisa in tendenze, gruppi e interessi personalistici e di “parrocchia”.
Flores d’Arcais - Al sostantivo “criminale” o “delinquente” i dizionari riportano come definizione: colpevole di reati (o delitti, o crimini). Berlusconi è stato riconosciuto responsabile molte volte (cfr. Gomez-Travaglio “Se li conosci li eviti”, p. 56-59). Ma se qualcuno in televisione prova solo a chiamarlo con il titolo che gli spetta (da ultimo l’onorevole Di Pietro) si scatena un putiferio di interruzioni e minacce. Da scrittore e da democratico, che effetto ti fa questa sovversione del significato delle parole, a cui quasi tutti i media in Italia si piegano, per compiacere Berlusconi?
Saramago - La parola è una delle prime vittime del dispotismo di tutti i colori. Purtroppo è la stessa società che collabora con falsa innocenza a questa operazione di cosmesi politica che parte dall’alto. Ma i maggiormente colpevoli sono quei mezzi di comunicazione che adottano prontamente la voce del padrone anche quando danno l’impressione di contestarla. Il processo di inganni cui tutti siamo sottoposti permanentemente ha molti capitoli. La perversione della parola e’ uno di questi capitoli e non certo dei meno minacciosi.
Flores d’Arcais - È storia ormai nota che il tuo “Quaderno” (che dopo un week end nelle librerie è già in classifica) doveva uscire da Einaudi, che però lo ha rifiutato. Non ti chiedo un giudizio sui vertici Einaudi, sei troppo “signore” per maramaldeggiare. Ma in Italia esiste ormai un problema dilagante di servitù volontaria. E cosa ti sembra più pericoloso per il dilagare di un regime anti-democratico?
Saramago - A mio giudizio é più pericolosa la servitù volontaria che trasforma l’asservito in complice dichiarato. Del resto, per “il capo” la servitù volontaria è la cosa più vantaggiosa perché gli consente l’alibi di negare ogni censura, di negare di aver mai ordinato a qualcuno di proibire questa cosa o quell’altra. E’ stato, credo, il caso della Einaudi. L’eccessiva prudenza dei suoi dirigenti é arrivata al punto da far fare loro una cosa che probabilmente nessuno aveva imposto.
Flores d’Arcais - In Italia la sinistra, tutte le volte che sceglie una posizione “moderata” (in realtà subalterna) recita la litania della necessità di “scegliere il male minore” e accontentarsi. Ma già oltre mezzo secolo fa, denunciando il clima montante del maccartismo, Hannah Arendt ricordava “il nesso assai stretto che esiste tra il male minore e il male maggiore”, poiché “lungi dal proteggerci dai mali maggiori, i mali minori ci hanno invariabilmente condotto ai primi”. Tu segui con attenzione le vicende politiche italiane. Come spieghi il masochismo dei dirigenti della sinistra? Stupidità, opportunismo, omologazione all’establishment, corruzione e altri interessi inconfessabili?
Saramago - Credo che pochi abbiano riflettuto sull’ipotesi che quanto sta ora accadendo affondi le sue radici nel compromesso storico. Non sono un esperto di politica italiana, però ho sempre avuto la sensazione che con il compromesso storico sarebbe iniziata la decadenza della sinistra italiana. Se sono in errore, gradirei che me lo dimostrassero. Con il passare del tempo quello che all’epoca qualcuno poteva considerare un atto di patriottismo si è andato trasformando in un processo molteplice di corruzioni di diverso tenore, che alla fine hanno fatto dell’Italia il prototipo per eccellenza di dove porti l’incapacità di valutare le conseguenze di una scelta I risultati sono sotto i nostri occhi.
Flores d’Arcais - La sinistra in Europa viene sempre più spesso sconfitta. E anche quando vince prepara la prossima sconfitta concretizzando intanto un programma di destra. Sembra aver rinunciato al compito di realizzare (o almeno approssimare, ma instancabilmente) tutti e tre i famosi valori: “libertà, eguaglianza, fratellanza”. La parola “eguaglianza” è stata addirittura bandita dal vocabolario dei politici della sinistra, come fosse una malattia. Ma senza l’impegno per l’eguaglianza a cosa può servire una sinistra? E non sarà che le sue sconfitte nascono proprio da questo tradimento?
Saramago - Se così stanno le cose difficilmente il problema potrà essere risolto. Una cosa è infatti promettere l’eguaglianza, altra cosa è realizzarla nella realtà. Volendo, si possono sempre trovare dei motivi per rimandare la concretizzazione della più solenne delle promesse. La cosa più terribile che caratterizza la sinistra sul piano internazionale è comunque l’assenza di idee. La destra non ha bisogno di idee per governare (Berlusconi non ne ha alcuna), mentre la sinistra se non ha idee non ha più nulla da dire ai cittadini. Se non mi sbaglio troppo, questo è il problema centrale.
Flores d’Arcais - L’antifascismo è la radice moderna della democrazia in Europa, esattamente come l’illuminismo e le grandi rivoluzioni “borghesi” ne costituiscono la radice più lontana. Poiché si fa un gran parlare di inserire nella Costituzione dell’Europa un richiamo alle sue radici culturali e storiche, non sarebbe il caso di pretendere il richiamo a queste radici, i lumi e la Resistenza?
Saramago - Ci sono troppi compromessi, troppi giochi sporchi nell’alta come nella bassa politica perché qualcuno trovi il coraggio di proporlo. Credo anzi che in Europa il fascismo attaccherà in forze nei prossimi anni e che dobbiamo prepararci ad affrontare l’odio e la sete di vendetta chei fascisti stanno alimentando. Sia chiaro, si presenteranno con maschere pseudo-democratiche, alcune delle quali circolano già tra noi. Non dobbiamo lasciarci ingannare. Mi raccomando.