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giovedì 15 ottobre 2009

Mazzettari

«Italiani pagavano mazzette ai talebani».
Rassegna stampa - l'Unità.it, 15 ottobre 2009.

Afghanistan, 10 soldati francesi sarebbero stati uccisi in un agguato nella zona dove i servizi segreti italiani pagavano “mazzette” ai talebani. Questa la ricostruzione che fa oggi il quotidiano inglese Times di uno dei più sanguinosi attacchi, una vera e propria imboscata, subita dall'esercito francese nella zona di Surobi, presa in consegna dopo la “gestione” italiana.
“Mazzette ai talebani per evitare gli attacchi” scrive il Times che spiega come l'aspetto più grave della vicenda non è tanto il pagamento ai gruppi guerriglieri, ma il fato che di questa “usanza” non fossero stati messi a parte i vertici dell'esercito francese al momento del passaggio di consegne nella zona.
“Mai avuta notizia di pagamenti - si difende il ministro della Difesa La Russa - i nostri soldati escono e si conquistano la fiducia della gente. Denunceremo il quotidiano”. Il governo respinge come "totalmente infondate" le notizie pubblicate dal quotidiano britannico.
Ma il quotidiano inglese cita, tra le sue fonti, i servizi segreti Usa che, riporta l'articolo, "sarebbero rimasti sbalorditi ascoltando le intercettazioni telefoniche" in cui gli 007 italiani "compravano anche militanti nella provincia di Herat con decine di migliaia di dollari".
Nel giugno 2008, alcune settimane prima che l'agguato ai francesi, l'ambasciatore Usa a Roma, prese un'iniziativa di protesta diplomatica nei confronti del governo Berlusconi sulla base delle accuse relative a queste tattiche.
L'esercito francese, ingannato dalle "usanze" italiane, al momento di insediarsi nell'area (descritta dalle forze italiane ai media come un esempio riuscito di "operazione fatta col cuore e con la testa") fece una valutazione del rischio totalmente errata considerando la zona "pacifica". "Può avere anche senso - spiega al Times un alto ufficiale Nato - tacitare i gruppi armati per far calare la violenza, ma è una follia farlo senza dire niente agli alleati...".
Altri ufficiali confermano la "strategia italiana, adottata, non dall'esercito, ma dai servizi segreti militari, per evitare morti in Afghanistan, che avrebbero causato problemi politici al governo".
Feroce, il commento di un alto dirigente Nato operativo a Kabul: "È una vergogna. La situazione militare della Nato quaggiù è già fragilissima senza che ci sia qualcuno che lavora alle spalle. Gli italiani hanno un inferno di cose a cui rispondere...".

Mazzette ai talebani?
Rassegna stampa - l'Unità, Concita De Gregorio, 15 ottobre 2009.

L'incredibile storia delle mazzette italiane ai talebani rivelata con dovizia di particolari dal Times ha suscitato lo sdegno di Berlusconi che in una insolitamente lunga nota di Palazzo Chigi dice di non saperne niente ed annuncia querela al giornale. Anche al Times, adesso. La storia che il quotidiano inglese racconta con la consueta precisione dice questo: i servizi segreti italiani avrebbero pagato decine di migliaia di dollari ai comandanti talebani ed ai signori della guerra locali per mantenere calma l'area di Saroubi, ad est di Kabul, così come la provincia di Herat. Nel luglio del 2008 quella base fu presa poi sotto controllo dai francesi, i quali un mese dopo, il 18 agosto, furono vittime di un agguato in cui 10 militari vennero massacrati e 21 feriti. Secondo il Times «i pagamenti clandestini effettuati dai servizi segreti italiani agli insorti afghani hanno contribuito alla morte di 10 soldati francesi». L'accusa è pesantissima, illustra nella sua cronaca Umberto De Giovannangeli: la mancata conoscenza dei pagamenti avrebbe indotto i soldati francesi in errore, li avrebbe portati «a una valutazione errata dei possibili pericoli e quindi alla catastrofe che ne è seguita». Se accantoniamo un momento l'enormità dei fatti e consideriamo "solo" l'aspetto politico bisogna osservare che queste vicende non passano mai dai giornali: sono conti che si regolano tra governi. Se i servizi segreti dei paesi alleati hanno tollerato che finisse sul più autorevole quotidiano europeo o non si fidano dei servizi italiani o siamo alla resa dei conti pubblica e finale, probabilmente le due cose insieme. Un complotto internazionale, direbbe il nostro premier: questa volta di stampo conservatore. Scrive Aldo Giannuli, esperto di storia dei Servizi, che «Edward Luttwak ha fatto capire che la caduta del Cavaliere, per chi vede le cose da Washington, non sarebbe poi un gran male. La cosa ha sorpreso i conoscitori della biografia di Luttwak. Tutto, però, ha una spiegazione. Berlusconi sta dando molti dispiaceri agli Usa: si è schierato con Putin per la Georgia, propone di allargare la Ue alla Russia, fa una televisione in Libia. L'accordo fra Eni e Gazprom manda gambe all'aria il gasdotto "Nabucco" e rimette in gioco la Russia: non si tratta solo di un enorme affare economico, ma anche di un'operazione dal fortissimo rilievo strategico e militare». Qualcosa di più grave delle escort, per intenderci.
Lo schiaffo del governo italiano alla Fiom, l'accordo separato con Cisl e Uil per un piatto di lenticchie ai metalmeccanici, rischia di segnare per i lavoratori il principio di una stagione cupa e pericolosa. Scrive Rinaldo Gianola: «Il Pd, che fino ad oggi è stato in silenzio davanti alle manovre del governo e degli industriali per isolare ed escludere la Cgil e in particolare la Fiom, dovrebbe forse intervenire almeno per quanto riguarda le quesioni attinenti la democrazia sui luoghi di lavoro. Senza discutere il merito sindacale del contratto "conquistato" (gli operai incasserano circa 15 euro netti nel 2010), i tre candidati alla guida del Pd potrebbero almeno esprimersi sulla questione del voto dei lavoratori e sulla valenza politica di questo rinnovo». Potrebbero.
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Tapiro d'oro award

Una minoranza alla carbonara.

Ricordo per prima cosa il consiglio comunale di questa sera. Ci sarà il debutto del nuovo segretario comunale, dr. Marta Pagliarulo, che già in passato è stata segretaria del nostro Comune. Ci sarà la discussione sugli adempimenti richiesti dalla legge regionale 13/2009, il piano casa istituito dalla Regione. Un punto importante su cui si misurerà lo spessore della maggioranza e della minoranza nella difesa degli aspetti positivi del PGT adottato ma non ancora approvato. Ci sarà la comunicazione del sindaco sullo stato d’avanzamento dei lavori di costruzione dell’impianto di biogas realizzato dalla Bioelettra s.r.l, società con sede a Treviso, che è partner di BremBioEnergie Soc. agricola r.l., la società brembiese fondata da alcuni nostri agricoltori.



Questa mattina abbiamo potuto visionare il cantiere e lo stato dei lavori. Già da domani cominceremo la pubblicazione del primo di alcuni articoli che cercheranno di spiegare compiutamente gli aspetti tecnici e le caratteristiche dell’impianto, nonché di chiarire il possibile impatto sulla vita quotidiana del nostro paese. Anticipo che dal giro guidato, cortesemente effettuato con un tecnico della società trevigiana, siamo rimasti impressionati molto positivamente dall’opera che alcuni dei nostri agricoltori hanno voluto realizzare per integrare la produzione di energia con la loro attività agricola.



E vengo al motivo principale di questo articolo. Due fatti. Il primo è la risposta data dall’assessore all’Istruzione Giusy Ciserani ad una lettera inviata dai due membri di minoranza in cui si sollecitava ad usufruire per il diritto allo studio della possibilità di finanziamento regionale, spiegando anche le modalità operative con cui gli uffici avrebbero dovuto presentare la domanda. La laconica risposta è questa: “Con la presente sono a ringraziare le SS.LL. per la sollecitazione inviata relativa all'oggetto e nel contempo Vi informo che l'Amministrazione comunale di Brembio provvede ogni anno ad inoltrare alla Regione Lombardia l'apposita domanda per accedere ai finanziamenti di cui alla L.R. 31/80 e L.R. 19/07”.
La cosa in sé potrebbe anche suscitare un sorrisetto, tuttavia il problema è altro: distinguere quella che è normale prassi delegata ai funzionari comunali dall’azione politico-amministrativa della giunta e di conseguenza dei consiglieri comunali. Certamente è cosa doverosa controllare ogni cosa, anche al limite tenere sott’occhio le determinazioni, ma il risultato del controllo deve essere un’azione che si connota politicamente. E soprattutto bisognerebbe esprimere la massima fiducia nell’operato dei funzionari che sono la macchina che fa funzionare il Comune. Le decisioni della giunta sono politiche, su queste si deve dire e dare il proprio parere, non sulle modalità di realizzazione di quelle decisioni che sono competenza attribuita dalla legge ai funzionari, che del loro operato rispondono alla giunta.
L’altro fatto è la pubblicazione di un foglietto dal titolo “Passaparola”. Non sappiamo se è stato distribuito a tutto il paese o se è stato dato solo a pochi intimi, dal momento che più d’uno di noi non lo ha ricevuto. Comunque, in qualche via del paese è stato dato, dal momento che la copia in mio possesso è stata raccolta per terra in Via Monte Grappa. Qui comunque chioso soltanto una questione che nel volantino sembra marginale.
In un riquadro, intitolato “12 settembre 2009” si legge: “Ore 9.30: visita dei consiglieri Giampietro Tonani e Filippo Milanesi presso la nuova scuola elementare per constatare lo stato dell’edificio”. Punto e null’altro. Ma mi domando: sulla scuola non si voleva fare fuoco e fiamme, tanto che la campagna elettorale è stata incentrata sulle rovine di Pompei? Non si è fatta una pseudo interrogazione in merito? E adesso? Se non si dice niente, allora è tutto a posto. Come si voleva dimostrare, sottolineando, quanto diceva Marilena Parenti nel suo blog: se quello era il problema (un po’ di muro scrostato) allora il sindaco poteva dormire sonni tranquilli. Tranquillissimi direi se ora dopo tutto il chiasso fatto non si ha il coraggio di ammettere di aver esagerato e di aver inseguito un falso problema (anche se, che qualche problema permanga, c’è stato testimoniato da persone che hanno voluto rimanere nell’anonimato quando su Brembio si è scatenato l’ultimo “ciclone tropicale”). Sarebbe stato il minimo che la minoranza a seguito di quella visita, che avveniva dopo una reclamizzata richiesta al sindaco pubblicata in bacheca in piazza, usasse lo stesso metodo (la bacheca) per comunicare l’esito della “perizia”. Già, ma da qualcuno vicino a Brembio che Cambia è stato detto e ripetuto nello “spazio di discussione” del nostro blog che per avere risposta le domande devono essere fatte al sabato mattina in Comune oppure al civico 41 di Via Monte Grappa. Perdonatemi ma se voglio sapere qualcosa su qualunque questione faccio prima a chiedere ai diretti interessati; se non direttamente al sindaco comunque sempre disponibile, agli assessori competenti altrettanto disponibili a fornire chiarimenti. Qualcuno ci ha provato, ma per la politica il loft è demodé.
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In quelle tende si muore di freddo

Vento e gelo nella tendopoli de L'Aquila.
In quelle tende si muore di freddo Nelle zone del terremoto, molti rifiutano l’albergo: “qui sono nato e voglio restare”.
Rassegna stampa - Il Fatto Quotidiano, Sandra Amurri, 15 ottobre 2009.

Il freddo è arrivato a L’Aquila, 725 metri sul livello del mare, conca ai piedi del Gran Sasso e della catena del Velino Sirente, dove il gelo si incanala con temperature che sfiorano i 20 gradi sotto lo zero. Un freddo che nelle 2000 tende, fa battere i denti, gelare mani e piedi fino a paralizzarne le dita. “Quando lui diventa tutto bianco è finita” dice Maria, 59 anni, fazzoletto di lana che lascia scoperto il viso segnato dalle rughe. ‘Lui’ è il Gran Sasso imbiancato che guarda ma non protegge i 6.000 sfollati che ancora vivono in tenda. A Tempera, San Gregorio, Navelli, San Demetrio, Villa Sant’Angelo,Santo Eusanio, le telecamere non sono mai arrivate. Arriviamo con occhi curiosi e non giudicanti, timorosi per non urtare la sensibilità di chi è giustamente geloso della propria intimità, devastata dal sisma. Niente mensa, niente presidio medico, niente vaccino antinfluenzale, nessuna assistenza nonostante vi siano disabili e anziani. Si legge la disperazione negli sguardi dei vecchi con i berretti di lana calzati sulla fronte, seduti sui muretti, immobili come statue. Giovanni, 78 anni, fatica a parlare per via dell’asma: “qua sono nato, qua voglio morire”, dice battendo il pugno sul cemento. “Che albergo e albergo! Queste sono cose per signori, io ho lavorato tutta una vita per una casa che non ho più e adesso arrivano loro a dirmi che le case non ci sono e devo andare via. Bravi, proprio bravi”, conclude levandosi il cappello in segno di ironica referenza. Piove, l’aria è tagliente. Domani lo sarà ancor di più, con raffiche di vento previste a 80 km orari. “Resisteranno le tende, già allagate dal temporale dei giorni scorsi?”. È la domanda che si fa Teresa, 68 anni, che si scalda le mani con il respiro mentre esce dalla tenda per raggiungere il bagno. La vita qui, dove il terremoto si è abbattuto sulla povertà, scorre lentamente tra il passo incerto delle donne avvolte nelle coperte e l’allegria muta dei bambini che giocano dentro queste celle frigorifero che si chiamano tende. Bimbi che vanno a scuola, vestiti come eschimesi, per fronteggiare temperature severe. Si vedono mani callose, abituate a resistere, si sentono parole strazianti che ripetono, come una litania: “io in albergo non ci vado”. Grazia, 30 anni, vive al nord. Qui ha i genitori che stringe a sé come fossero figli. “Sono io che proteggo loro, adesso, sono spauriti. Temo che non ce la facciano a sopportare l’inverno. Mia madre ha la bronchite cronica ma purtroppo non posso portarli con me”. Anna Pacifica Colasacco nel suo blog (MissKappa, fino a 3mila contatti al giorno) fin dalla prima scossa non ha mai smesso di fotografare la realtà, dietro il palcoscenico delle dentiere donate e delle ville a disposizione millantate. Anna aveva un laboratorio di restauro, viveva a Costa Masciarelli, in pieno centro storico, in una casa vincolata dalla soprintendenza che non è ancora stata puntellata come le altre. Da sei mesi vive in un container che si è comperato con un mutuo. “Il G8 non solo non ci ha portato nulla, ma ha ritardato di oltre due mesi la ricostruzione, fatta con gli occhi rivolti agli interessi delle imprese. Cosa che ha portato a saltare la fase intermedia, passando dalle tende alle case contro il nostro volere e ha segnato la comunità”. C’è chi ora vive, come topi in gabbia, in case finte dove c’è tutto, dalle forchette agli strofinacci allo zerbino colorato davanti alla porta, ad eccezione della possibilità di riempirle di vita vera. E a Piazza D’Armi la disperazione si fa protesta. Che blocca il traffico in prossimità della rotonda di Santa Barbara Si tratta del campo tante volte mostrato in tv come modello d’efficienza, di organizzazione tempestiva nei soccorsi, un’immagine falsata dal bisogno del Premier di trasformare tutto, anche le catastrofi, in passerelle mediatiche. Ora il sole che non riscalda più né cuore né pelle è una morsa di gelo che fa paura anche ai maghi della ricostruzione. “Entro la fine del mese saranno smontate tutte le tendopoli in Abruzzo”, aveva detto Bertolaso il 15 settembre, nei giorni della consegna delle casette di Onna, a Porta a Porta. Le parole pesano se poi le azioni mancano. E pesano quelle della lettera firmata da Bertolaso e dal Sindaco de L’Aquila, Cialente (Pd), per chiedere ai cittadini di accettare di essere spostati negli alberghi: “in attesa di festeggiare il Natale in un clima più sereno”. La firma di Cialente suscita perplessità. Perchè “aveva sostenuto la proposta, una delle poche contrarie al volere della Protezione Civile, di realizzare case mobili mentre ora si allinea”, scrive Anna pacifica sul suo blog. Sotto le tende arriva un’altra lettera di Bertolaso: “scrivo perché non mi sento ma sono aquilano, non mi sento ma sono terremotato. Si passa dai giorni del lutto e della solidarietà a quelli duri del tempo che rallenta, delle televisioni che non hanno più inviati. Resto qui, credo in coscienza di aver conquistato il diritto e l’onore di vivere insieme a voi”. Pura retorica sentenzia Carlo, studente di 19 anni: “cosa altro ha in mente? Ha già contribuito ad affossare ogni nostra rivendicazione è meglio che torni da Papi”. Mentre Giulia, studentessa liceale che si dice credente, affida il commento a Benedetto XVI, citando l’enciclica Caritas in veritate: “la solidarietà senza sussidiarietà scade nell'assistenzialismo che umilia il portatore di bisogno”. Questi aiuti senza coinvolgimento, “elargiti dall’alto come "miracoli" di efficienza e di amore - dice Giulia - mi umiliano”. “Chiedevamo partecipazione, invece qualcuno ha detto 'ghe pensi mi” aggiunge Paolo, 21 anni, che mostra il volantino distribuito nelle tendopoli. C’è scritto: “Non camminare davanti a me, potrei non seguirti; non camminare dietro di me, non saprei dove condurti; cammina al mio fianco e saremo sempre amici”. Intanto nelle zone residenziali semideserte della città, a ridosso dei cassonetti, ci sono montagne di rifiuti bagnati dalla pioggia. Ma la vera emergenza, di cui nessuno parla, resta quella delle macerie non ancora rimosse che contengono materiali altamente tossici Come l’eternit
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“Il quaderno” di Saramago

Dialogo tra Paolo Flores d’Arcais e José Saramago.
I nuovi fascismi mascherati e la sinistra smarrita.

Un colloquio tra Flores d’Arcais e Saramago indaga le inquietudini che attraversano Italia ed Europa: libertà, giustizia, svuotamento della politica, religione. Il Nobel per la letteratura è in questi giorni in Italia per la presentazione del suo ultimo libro “Il quaderno”, edito da Bollati Boringhieri.
Rassegna stampa - Il Fatto Quotidiano, Paolo Flores d'Arcais, traduzione di Carlo Antonio Biscotto, 14 ottobre 2009.

Nel tuo “Quaderno” scrivi: “Che penserà Dio di Ratzinger e della Chiesa cattolica apostolica romana?”. Ironicamente, perché per avere una risposta - sottolinei - bisognerebbe prima dimostrarla, l’esistenza di Dio, il che è impossibile. Ma citi anche Hans Küng, il più grande teologo cattolico vivente, quando riconosce che “le religioni non sono mai servite ad avvicinare tra loro gli essere umani”. Ora, Ratzinger, da quando è diventato Papa, pretende che tutti i parlamenti dell’Occidente debbano imporre a tutti i cittadini, credenti o meno, leggi che obbediscono alla volontà di Ratzinger stesso, in tutto ciò che riguarda il sesso, la vita, la morte, la ricerca scientifica (dal preservativo alla pillola alle staminali, dall’aborto all’eutanasia …). Ratzinger sostiene che solo se si segue il principio “sicuti Deus daretur” (ma quale Dio? E chi ne interpreta la volontà?) le democrazie possono evitare il collasso nel nichilismo. Molti laici si piegano. In Italia il parlamento sta approvando una legge che obbliga al sondino per la nutrizione artificiale anche la persona in coma chi ha deciso di rifiutarlo. Ratzinger sarà così il padrone dei nostri corpi, un vero e proprio ritorno al medioevo. Non so cosa pensi Dio di Ratzinger, ma cosa ne pensa José Saramago?
Saramago - Ratzinger è nulla più che un dettaglio. Un dettaglio di una istituzione mastodontica che pesa come un macigno sulla coscienza dell’uomo. Che Ratzinger abbia il coraggio di invocare Dio per rafforzare le sue mire di un neo-medievalismo universale, un Dio che non ha mai visto, con il quale non si è mai seduto a prendere un caffè, dimostra solamente l’assoluto cinismo intellettuale del personaggio. Mi sono sempre considerato un ateo tranquillo perché l’ateismo come militanza pubblica mi sembrava qualcosa di inutile, ma ora sto cambiando idea. Alle insolenze reazionarie della Chiesa Cattolica bisogna rispondere con l’insolenza dell’intelligenza viva, del buon senso, della parola responsabile. Non possiamo permettere che la verità venga offesa ogni giorno dai presunti rappresentati di Dio in terra ai quali in realtà interessa solo il potere. Alla Chiesa nulla importa del destino delle anime, quello che ha sempre voluto è il controllo sui corpi. La ragione può essere una morale. Usiamola.
Flores d'Arcais - Nel tuo libro hai dedicato parecchie pagine al giudice Baltasar Garzon che ci ha fatto capire l’importanza di "non diventare vili nemmeno una volta, per non diventare vili per sempre”. Il giudice Garzon, sottolinei, è oggetto di un vero e proprio tiro al bersaglio perché alimenta le speranze di chi vuole che la giustizia sia “eguale per tutti”. E’ lo stesso tiro al bersaglio che si è fatto in Italia contro i magistrati di Mani Pulite, e si continua a fare contro quelli antimafia, o che scoperchiano intrecci tra criminalità, affari, istituzioni (vedi l’ultimo caso, De Magistris, costretto a rinunciare alla toga e candidarsi alle europee). Eppure un tempo “law and order” era la bandiera della destra (almeno a parole). Non sarà che a privilegiati e reazionari interessa solo l’ “order” della sopraffazione, in nome della “law” finché si dimostra docile ai potenti, ma contro la legge, non appena un giudice la prenda sul serio nei confronti di tutti?
Saramago - Sostanzialmente non dobbiamo confondere legge e giustizia. La legge può essere rivolta contro la libertà, la giustizia può essere snaturata nella pratica quotidiana. Legge e giustizia sono strumenti che hanno bisogno di una revisione continua, incessante, instancabile da parte di cittadini consapevoli. Non saprei in che modo si possa raggiungere questo obiettivo, però bisogna trovare la maniera di infondere alle istituzioni giudiziarie l’anelito di giustizia che ha sempre caratterizzato la specie umana. Non sto pensando ad una società ideale, penso – questo sì – ad una società libera, capace di correggere da sola il proprio operato. Il ruolo dell’istruzione dovrebbe essere fondamentale, ma proprio per questo è necessario riformare tutto il sistema scolastico, dalle scuole primarie all’università. Che lo si voglia o no, la celebre frase scritta sui muri della Sorbona, “vietato vietare”, apparentemente così rivoluzionaria, è stato un cattivo servizio reso alla democrazia.
Flores d’Arcais - Ci sono due pagine bellissime in cui ricordi un tuo viaggio a Napoli e un incontro enigmatico e inaspettato col mondo della camorra. Le hai dedicate all’impegno e al coraggio di Roberto Saviano, e attraverso di lui alla necessità che lo scrittore, anche a rischio di essere “condannato a morte”, come Rushdie, come Saviano, non dimentichi di essere in primo luogo un cittadino. Scrivi addirittura: “mi sento umile, quasi insignificante, di fronte alla dignità e al valore dello scrittore e giornalista Roberto Saviano, maestro di vita”. Oggi il “pensiero unico” irride l’intellettuale impegnato, del resto sempre più raro. Ma il disimpegno di tanti scrittori e intellettuali non è uno degli elementi della crisi delle democrazie?
Saramago - Credo che sia una delle cause, ma non la sola. La democrazia realmente esistente va giudicata e ridiscussa tutti i giorni perché tutti i giorni si va degradando un poco di più. Stiamo vivendo una serie di crisi che si rafforzano a vicenda: crisi dell’autorità, crisi della famiglia, crisi dei costumi, crisi morale in generale e l’elenco potrebbe essere interminabile. A mio giudizio una società disimpegnata come la nostra difficilmente può generare scrittori e intellettuali impegnati. Non siamo le guide delle masse, ma al contrario molte volte ci lasciamo condizionare da esse. Se la democrazia è in crisi, prendiamoci la nostra parte di colpa, ma affrontiamo anche le responsabilità degli altri, non siamo gli unici responsabili.
Flores d’Arcais - L’Italia è al 44esimo posto nella graduatoria della stampa libera di “Reporters sans frontieres”, distanziata perfino dal Mali e dal Ghana (il Portogallo è al 16esimo). Ma l’Italia è anche il Paese dove riescono straordinarie manifestazioni di massa organizzate dalla società civile (spesso in polemica con i partiti di “opposizione”, pavidi e assenti): dal milione di cittadini nel “girotondo” del settembre 2002, fino alle centinaia di migliaia di una settimana fa, una sorta di gigantesco fiume carsico che ogni tanto si inabissa ma che da anni non scompare mai. Ti sembra manicheo parlare di due Italie, completamente diverse per valori e per civiltà, diverse quasi antropologicamente? E che effetto ti fanno?
Saramago - In ogni Paese ci sono almeno due Paesi, a volte tre o quattro. Tuttavia, per quanto una manifestazione possa essere importante non credo la si debba prendere come l’annuncio di un imminente cambiamento. Mi importa molto di più l’azione quotidiana che tiene desta l’attenzione dei cittadini e consente risposte rapide. Ho ancora presente la rivoluzione portoghese che in alcune circostanze sembrava non fosse assolutamente in grado di fare fronte in questo modo al modificarsi della realtà. E la realtà italiana di oggi vede un Berlusconi che fin qui ha avuto buon gioco sugli sforzi dell’opposizione, perché si è trattato di un’opposizione vana, poco dotata di idee e divisa in tendenze, gruppi e interessi personalistici e di “parrocchia”.
Flores d’Arcais - Al sostantivo “criminale” o “delinquente” i dizionari riportano come definizione: colpevole di reati (o delitti, o crimini). Berlusconi è stato riconosciuto responsabile molte volte (cfr. Gomez-Travaglio “Se li conosci li eviti”, p. 56-59). Ma se qualcuno in televisione prova solo a chiamarlo con il titolo che gli spetta (da ultimo l’onorevole Di Pietro) si scatena un putiferio di interruzioni e minacce. Da scrittore e da democratico, che effetto ti fa questa sovversione del significato delle parole, a cui quasi tutti i media in Italia si piegano, per compiacere Berlusconi?
Saramago - La parola è una delle prime vittime del dispotismo di tutti i colori. Purtroppo è la stessa società che collabora con falsa innocenza a questa operazione di cosmesi politica che parte dall’alto. Ma i maggiormente colpevoli sono quei mezzi di comunicazione che adottano prontamente la voce del padrone anche quando danno l’impressione di contestarla. Il processo di inganni cui tutti siamo sottoposti permanentemente ha molti capitoli. La perversione della parola e’ uno di questi capitoli e non certo dei meno minacciosi.
Flores d’Arcais - È storia ormai nota che il tuo “Quaderno” (che dopo un week end nelle librerie è già in classifica) doveva uscire da Einaudi, che però lo ha rifiutato. Non ti chiedo un giudizio sui vertici Einaudi, sei troppo “signore” per maramaldeggiare. Ma in Italia esiste ormai un problema dilagante di servitù volontaria. E cosa ti sembra più pericoloso per il dilagare di un regime anti-democratico?
Saramago - A mio giudizio é più pericolosa la servitù volontaria che trasforma l’asservito in complice dichiarato. Del resto, per “il capo” la servitù volontaria è la cosa più vantaggiosa perché gli consente l’alibi di negare ogni censura, di negare di aver mai ordinato a qualcuno di proibire questa cosa o quell’altra. E’ stato, credo, il caso della Einaudi. L’eccessiva prudenza dei suoi dirigenti é arrivata al punto da far fare loro una cosa che probabilmente nessuno aveva imposto.
Flores d’Arcais - In Italia la sinistra, tutte le volte che sceglie una posizione “moderata” (in realtà subalterna) recita la litania della necessità di “scegliere il male minore” e accontentarsi. Ma già oltre mezzo secolo fa, denunciando il clima montante del maccartismo, Hannah Arendt ricordava “il nesso assai stretto che esiste tra il male minore e il male maggiore”, poiché “lungi dal proteggerci dai mali maggiori, i mali minori ci hanno invariabilmente condotto ai primi”. Tu segui con attenzione le vicende politiche italiane. Come spieghi il masochismo dei dirigenti della sinistra? Stupidità, opportunismo, omologazione all’establishment, corruzione e altri interessi inconfessabili?
Saramago - Credo che pochi abbiano riflettuto sull’ipotesi che quanto sta ora accadendo affondi le sue radici nel compromesso storico. Non sono un esperto di politica italiana, però ho sempre avuto la sensazione che con il compromesso storico sarebbe iniziata la decadenza della sinistra italiana. Se sono in errore, gradirei che me lo dimostrassero. Con il passare del tempo quello che all’epoca qualcuno poteva considerare un atto di patriottismo si è andato trasformando in un processo molteplice di corruzioni di diverso tenore, che alla fine hanno fatto dell’Italia il prototipo per eccellenza di dove porti l’incapacità di valutare le conseguenze di una scelta I risultati sono sotto i nostri occhi.
Flores d’Arcais - La sinistra in Europa viene sempre più spesso sconfitta. E anche quando vince prepara la prossima sconfitta concretizzando intanto un programma di destra. Sembra aver rinunciato al compito di realizzare (o almeno approssimare, ma instancabilmente) tutti e tre i famosi valori: “libertà, eguaglianza, fratellanza”. La parola “eguaglianza” è stata addirittura bandita dal vocabolario dei politici della sinistra, come fosse una malattia. Ma senza l’impegno per l’eguaglianza a cosa può servire una sinistra? E non sarà che le sue sconfitte nascono proprio da questo tradimento?
Saramago - Se così stanno le cose difficilmente il problema potrà essere risolto. Una cosa è infatti promettere l’eguaglianza, altra cosa è realizzarla nella realtà. Volendo, si possono sempre trovare dei motivi per rimandare la concretizzazione della più solenne delle promesse. La cosa più terribile che caratterizza la sinistra sul piano internazionale è comunque l’assenza di idee. La destra non ha bisogno di idee per governare (Berlusconi non ne ha alcuna), mentre la sinistra se non ha idee non ha più nulla da dire ai cittadini. Se non mi sbaglio troppo, questo è il problema centrale.
Flores d’Arcais - L’antifascismo è la radice moderna della democrazia in Europa, esattamente come l’illuminismo e le grandi rivoluzioni “borghesi” ne costituiscono la radice più lontana. Poiché si fa un gran parlare di inserire nella Costituzione dell’Europa un richiamo alle sue radici culturali e storiche, non sarebbe il caso di pretendere il richiamo a queste radici, i lumi e la Resistenza?
Saramago - Ci sono troppi compromessi, troppi giochi sporchi nell’alta come nella bassa politica perché qualcuno trovi il coraggio di proporlo. Credo anzi che in Europa il fascismo attaccherà in forze nei prossimi anni e che dobbiamo prepararci ad affrontare l’odio e la sete di vendetta chei fascisti stanno alimentando. Sia chiaro, si presenteranno con maschere pseudo-democratiche, alcune delle quali circolano già tra noi. Non dobbiamo lasciarci ingannare. Mi raccomando.
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Difetto di nascita

«Io, la più perseguitata di tutto il Parlamento. Via dal Pd? Forse è ora».
Rassegna stampa - l'Unità, Federica Fantozzi, 15 ottobre 2001.

Il problema sta tutto nel codice genetico. In quello che, con schiettezza, Paola Binetti definisce «difetto di nascita». Del Pd, ovvio. Nel giorno in cui il telefonino passa da rovente a scarico, in cui Paola Concia la accusa di «vivere il suo attimo di gloria da reginetta dell’omofobia », in cui la domanda ricorrente è: ti senti ancora a casa?, la deputata- neuropsichiatra non si sottrae. «Sono entrata in politica nella Margherita - spiega - che ha storia e cultura di un certo tipo. Quando è nato il Pd ho fatto un atto di speranza e fiducia. Non mi sono nascosta difficoltà né dissensi. Vita e senso ampio della persona sono temi cardine: ma intorno c’è un universo...». Correva l’anno 2006. Erano i tempi della candidatura al Senato voluta da Rutelli, della lettera alle parrocchie dei candidati “novizi” Binetti e Bobba che valse loro l’appellativo di Brigata Ruini (lei, cui non difetta lo humor, smorzò senza smentire: «Ci ispiriamo alla stessa fonte»), del Comitato Scienza & Vita e della battaglia (vinta) sulla Legge 40. Accomodata sul divanetto di Montecitorio, spilla liberty sul bavero della giacca cammello, tacchi bassi e foulard, la professoressa Binetti è di nuovo un caso. Passa Livia Turco: «Così, voti Bersani!», «Perchè non posso votare te». Un esponente laico del Pd le stringe la mano: «Tra dissidenti ci si comprende». Lei allarga le braccia: «Sono sorpresa dalla reazione forte di Dario. In fondo, siamo i Democratici. Espulsione? A me non ha detto nulla. Bersani? Invoca le regole ma lo statuto ancora non c’è. Ma probabilmente voterò lui e non Franceschini. Tra una reazione inclusiva e una aggressiva... ». Concorda che il problema è politico: «La battaglia per il pluralismo interno. La mia generazione è nata con un’idea chiara di cosa è la democrazia: non maggioranza bulgara. Un livello minimo di dissenso è necessario, è garanzia di libertà e vitalità». Le obiettano che la modifica del codice penale non attiene alla libertà di coscienza: «Per me sì». Si sente ancora a casa? «Vede i miei capelli bianchi? Da 40 anni faccio il medico, comprendo logiche diverse. La mia vera attesa è cosa farà il Pd dopo la rinascita delle primarie. Se ci sarà una nuova classe dirigente e nuova linea. Poi prenderò le mie decisioni. Siamo alla vigilia di una svolta e non so cosa c’è dietro l’angolo».
Dalla Margherita a oggi molto è cambiato e altro no. Lei è parlamentare per la seconda volta ma traslocata alla Camera per evitare guai dopo la sfiducia al governo Prodi, già per una norma anti-omofobia nel pacchetto sicurezza. È passata attraverso le indiscrezioni sulla sua vita da numeraria dell’Opus Dei, la dichiarazione tv sul cilicio, gli incidenti sull’omosessualità come «devianza» e sull’assimilazione gay-pedofili, fino alla sanzione per l’assenza al voto sullo scudo fiscale che le ha fatto dire: «Perchè io sì e altri no?». Rincara: «Sono la più discriminata di tutto il Parlamento. Allora sono “paolafobici”? Non sono omofobica: i gay sono individui, simpatici e antipatici. E da alcuni di loro mi sento perseguitata». Loro però non vogliono simpatia individuale bensì un riconoscimento di genere. «Ma io non posso andare contro la mia libertà di pensiero. Voterei una legge che li difende da violenze fisiche, non una sui reati di opinione». Ha incassato solidarietà? «Fioroni, Lusetti, Castagnetti... Mica tutto il Pd la pensa in un modo». Casini? «Ha fatto di più: uno spot a mio favore».
Passa Paola Concia, ancora furiosa: «Non è lei il caso, è questo Parlamento». Binetti, timida: «Di me sola sapevi come la pensavo. Hanno fatto di me un capro espiatorio». Concia la affronta: «Se non condividi i principi fondanti del partito, fai una scelta. Io non starei nell’Udc. Paola, tu non rispondi alle regole del partito ma a qualcos’altro». Poi, dura: «Non puoi dire che siamo amici in privato e malati in pubblico, non funziona». La teodem scuote il capo, ragiona: «L’espulsione non conviene a nessuno. Meglio creare le condizioni per le dimissioni. Non le escludo, ma aspetto il Pd che verrà». Quanti gradi di separazione con l’Udc? «Prima stavano con il PdL e per me era più importante lo sguardo verso il centrosinistra. Ora le cose sono cambiate». Dipenderà anche da Rutelli: ieri il suo mentore politico sulle agenzie parlava della morte della Angiolillo e non della Binetti, che a sua volta tace. Ma contatti ci sono stati, e lei guarda alle mosse di lui. Intanto sospira: «Il Pd dovrebbe difendermi: lotto per i diritti umani». Da figura del dissenso ma trait d’union con il Vaticano a puro corpo estraneo. Cosa è cambiato? «Nel Pd si è accentuata la componente che Marino chiama laica ma per me tende a espungere e confinare nella vita privata le convinzioni». Ha pregato onorevole? «Sono andata a messa, come ogni mattina».
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Berlusconi spera in Beckham

Berlusconi: «Io troppo buono, ma i media mi calunniano». Pensioni? "Ce ne occuperemo presto".
Rassegna stampa - l'Unità.it, 15 ottobre 2009.

«Io sono una persona forse troppo buona, sicuramente giusta, mi piacerebbe che tutti lo riconoscessero. Se la critica dei media resta nel confine della moderazione è utile perché si può usare per colmare le mancanze, se supera certi livelli e diventa calunnia non fa piacere ed è un boomerang per chi le fa. Se è eccessiva e calunniosa alla fine avvicina la gente a chi è calunniato». Berlusconi riprende lo sport in cui è campione indiscusso: fare la vittima. Il Berlusconi troppo buono è andato in onda a Sofia (da dove fece il famoso editto bulgaro contro i giornalisti scomodi Biagi, Santoro e Luttazzi) e nella visita ha trovato modo di fare battute. «Il mio gradimento in questo momento è al 68,7%», ha detto durante una conferenza stampa a Sofia con il premier bulgaro, Boiko Borisov. Il Cavaliere ha insistito: «Ho visto i suoi sondaggi e sono preoccupato perché mi fa concorrenza. Io sono - ha detto - al 68,7% e lui è vicino a quella cifra. Spero non esageri». In realtà proprio oggi un altro sondaggio dà la sua popolarità in ulteriore calo e ben sotto la soglia del 50%.
Quanto ai problemi politici, Berlusconi ha sparso ottimismo: Il rapporto con gli alleati di governo è «ottimo», ha detto, e «l'alleanza è solida» perché è basata sulla «condivisione di valori, programmi e dalla preoccupazione ad una opposizione come quella che ci troviamo in Italia». «Quindi - ha aggiunto - andiamo avanti con la realizzazione del programma con determinazione».
Sulla questione dell'innalzamento delle pensioni «non ritengo di dovermi esprimere perché riguarda diversi ministeri. Quindi ci siamo detti di mettere la questione all'ordine del giorno prossimamente» ha spiegato. In realtà nel governo non c'è ancora un orientamento preciso. Poi Berlusconi ha parlato del Milan: «Non abbiamo mai avuto intenzione di cedere la società che, peraltro, non appartiene alla sfera economica di famiglia ma alla sfera degli affetti». «Speriamo che Beckham arrivi al più presto», ha poi aggiunto.
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Mercatino “pro missioni” all’oratorio

Il tradizionale appuntamento d’aiuto ai missionari.



Le locandine apparse in questi giorni per Brembio, annunciano per il prossimo fine settimana, l’oramai tradizionale mercatino “Pro missioni” all’oratorio. Vi si potranno trovare interessanti manufatti ricamati e confezionati da gentili signore brembiesi che si prestano a sostenere questa iniziativa. Alcuni prenotati, come tovaglie o lenzuola, o centri tavola di particolare fattura, perché richiedono maggior tempo d’esecuzione; ma anche centrini a chiacchierino, all’uncinetto e accessori per la casa, dove la fantasia femminile la fa da padrona. Non mancherà l’angolo etnico con l’oggettistica e alcuni prodotti tipici dell’alimentare dolciario, a ricordare una realtà presente nel nostro mondo. Il ricavato sarà devoluto a favore della missione di suor Paola Grignani, missionaria lodigiana. Non rimane che fare una visitina magari in compagnia di amici, il tempo di quattro chiacchiere e un caffè, e contribuire, per quanto possibile, a questa iniziativa.


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Agorà - Spazio di discussione, 3

Parliamo dei problemi del paese.

Proviamo assieme a fare il quadro della realtà di Brembio, mettendo in luce le criticità, le necessità, ma anche ciò che di buono è stato fatto dalle amministrazioni che si sono succedute a Palazzo Andreani dagli anni Settanta ad oggi.
Spunto iniziale per la discussione può essere il sondaggio da poco concluso sulle opere pubbliche ritenute più utili per il paese realizzate negli ultimi trenta quaranta anni. Non vi sono stati molti voti, ma sufficienti a delineare, a nostro avviso, seppure con tutte le cautele del caso, il giudizio dei brembiesi. Al primo posto si colloca l'opera che per molti anni è stata la più contestata dalle minoranze per l'alto costo di gestione. Oggi, che la struttura è consorziata con altri Comuni, i giudizi negativi si sono di molto smussati, ritenendola ormai trasversalmente opera di indubbia utilità pubblica. Stiamo parlando del Nido comunale, indicato nella scelta dal 76,67% dei partecipanti al sondaggio. Sotto, una foto scattatta a fine anni Ottanta.



Al secondo posto nelle preferenze di quanti hanno partecipato al sondaggio, la piazzola ecologica, realizzata per eliminare quella vera e propria discarica situata nei pressi del cimitero. Il 53,33% ha indicato l'opera come utile. La foto che segue testimonia la situazione precedente che la piazzola è andata a risolvere.



Al terzo posto, pari merito, col 36,67%, la scuola media realizzata dall'amministrazione Casella e la nuova scuola elementare, realizzata dalla precedente amministrazione Sozzi. Nella foto che segue, sempre di fine anni Ottanta, il plesso della scuola media com'era prima dell'ampliamento destinato ad ospitare le classi delle elementari e la Piazza Europa prima della sua realizzazione.



Seguono nelle preferenze il Magazzino comunale con il 33,33%, evidentemente ritenuto utile anche per il suo utilizzo in funzione sociale, sede ospitante di numerosi eventi; la Piazza Matteotti, sistemata definitivamente dall'amministrazione Cortesini (30,00%); la Piazza Europa e il Centro sportivo comunale con il 23,33%. Il 10% per cento dei partecipanti ha scelto l'opzione "nessuna di queste", il che ci fa supporre che i totalmente insoddisfatti si aggirino intorno al 10%. Da registrare infine un voto per l'opzione "non so".
Lo spazio di discussione è, dunque, aperto. Qualunque osservazione, suggerimento, proposta, critica, valutazione sul passato, presente e futuro è bene accetta.
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