1 novembre 2009
La notizia. Catania, 30 ottobre 2009. Sgomberato all'alba, dopo diciassette anni di attività, il Centro Popolare Occupato Experia. Decine di poliziotti, carabinieri e guardie di finanza si sono presentati in via Plebiscito in assetto antisommossa con scudi, caschi e manganelli. Momenti di tensione tra la tantissima gente accorsa a difendere il centro e le forze dell'ordine che non hanno esitato a usare la forza e la violenza.
Il video (uno dei tanti in rete).
Il commento. Tra i tanti ho scelto quello di Beppe Grillo (dal suo blog). Il più tragico ovviamente.
«A Catania hanno anticipato di un giorno Halloween. Non di notte. Halloween è avvenuto all'alba del 30 ottobre, alle 5.30 del mattino. Al posto di zucche, mummie e vampiri si sono presentate le truppe antisommossa con scudi, caschi e manganelli. Le Forze dell'ordine al gran completo. Lo sgombero di Experia, uno dei pochi centri sociali di Catania attivo da 17 anni, è avvenuto con l'uso del manganello contro cittadini inermi. Nel video si vedono braccia alzate al cielo da una parte e violenza pura dall'altra. Armati contro disarmati. Il centro sociale era occupato abusivamente. Ma dopo quasi vent'anni di esistenza di uno spazio di libera associazione giovanile non si poteva fare un condono? O vale solo per gli evasori fiscali e i detentori di capitali mafiosi protetti dallo Scudo Fiscale? O trattare invece di manganellare? Il Comune di Catania non poteva attrezzare un'altra area alternativa per i ragazzi? Catania è degradata, sporca, fallita e la priorità è chiudere uno spazio di aggregazione?
Fonti del centro sociale riportano di "centinaia di sostenitori dell’Experia caricati con decine di contusi". Anche l'asino più mansueto, se bastonato con troppa frequenza, si rivolta. Il cittadino italiano si sta abituando a essere manganellato ogni volta che manifesta. Donne, anziani, ragazzi, operai sono manganellati abitualmente dai tutori dell'Ordine. Ma chi gli dà questo diritto? Il diritto di picchiare persone incensurate che protestano? I cittadini si possono fermare, chiedere loro i documenti, anche portare in questura per accertamenti. Ma non pestare a sangue alzando il manganello al cielo come si vede nel fotogramma del video di questo post.
I cittadini non sono bestie come forse qualcuno in Parlamento si ostina a pensare.
Ieri, 31 ottobre, a Catania sono sfilate oltre 1.000 persone per protestare contro la chiusura del centro sociale. "Chi semina vento, raccoglie tempesta", era scritto in un manifesto.»
La notizia. Roma, 28 ottobre 2009. Migliaia di agenti a piazza Navona contro i tagli decisi dal governo.
Il video.
Un giornale (Il Fatto Quotidiano n°31 del 28 ottobre 2009). «Adesso sono a rischio le volanti notturne.
"Siamo figli di tutte le opposizioni ma orfani di tutti i governi", gridano i poliziotti, ricordando come l’attuale esecutivo fino a due anni fa denunciava la gestione-scandalo di Prodi, ma oggi propone lo stesso aumento di stipendio: 40 euro lordi per il biennio economico, con un contratto scaduto da due anni, la peggiore proposta "della nostra storia sindacale". È questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso dei poliziotti, oggi in piazza a Roma per una manifestazione nazionale di tutte le sigle sindacali contro i tagli del governo Berlusconi all’intero settore. Un governo che ha vinto la campagna elettorale sulla sicurezza, e poi ha deciso che le forze di polizia non meritavano investimenti. Anzi, solo tagli.
Economici, prima di tutto, con ripercussioni drammatiche sull’operatività e sull’organizzazione del lavoro. Basti pensare che sarebbe attualmente in discussione al Viminale l’eliminazione delle volanti notturne nei commissariati sezionali diretti da un funzionario direttivo. Proviamo a spiegare meglio: esistono, in ogni città, commissariati diretti da un primo dirigente, che hanno una maggiore giurisdizione territoriale, e commissariati guidati da un vice questore aggiunto, che hanno una competenza minore. L’idea sarebbe allora quella di mantenere le volanti notturne solo nei primi, eliminandole nei secondi. Peccato che tra i "secondi" ci siano commissariati come quello di Porta Nuova a Palermo, che ha giurisdizione anche su Monreale (Comune altro rispetto a Palermo). Con buona pace dei controlli notturni nelle zone ad alta esposizione mafiosa. Oppure come la scelta, adottata circa un mese fa dall’amministrazione, di abbassare il tetto degli straordinari a 35 ore mensili (dalle 55 di prima). Chi vuole lavorare di più può farlo, certo, ma a titolo gratuito.
Il ministro Brunetta nel maggio scorso ha definito i poliziotti "panzoni". Del resto, quando non si dà la possibilità ai giovani di accedere al servizio direttamente, dopo un concorso pubblico e ci si limita a preferire chi ha già svolto un anno nell’esercito, in marina o nell’aeronautica, il turn over non è proprio semplicissimo. L’età media dei poliziotti si è innalzata a 43 anni, e le pance crescono. "Non ci sono concorsi pubblici dal 1996 – spiegano da una Questura – allora è come dire ad un ingegnere che, prima di poter svolgere la professione, deve fare un anno da capo cantiere. Una scelta, tra l’altro, che penalizza le donne, che ci pensano due volte prima di farsi un anno nell’esercito".
Per non parlare dei mezzi di trasporto: poche auto, vecchie e bisognose di manutenzione, oppure non ancora immatricolate perchè non ci sono i soldi per farlo. O della tecnologia: negli sportelli-denuncia non esistono computer che siano in rete con le Procure, o mail certificate. Questo significa che ogni mattina un poliziotto parte dal commissariato e si reca in Procura per le segnalazioni. Uno spreco di tempo e di denaro enormi, a fronte dei tagli che sono stati operati negli ultimi anni per il comparto sicurezza.
Gli ambienti di lavoro sono spesso fatiscenti, in qualche caso - denunciano i sindacati - anche esposti a pericolose radiazioni delle scorie depositate negli anni.
Rispetto a tutte queste rivendicazioni, finora è giunta solo una lettera ai sindacati del capo della polizia, Antonio Manganelli, che spiega come si intenda riorganizzare il ruolo degli psicologi. "Sono in corso - spiega il Prefetto - i lavori preparatori per la definizione di un nuovo assetto ordinamentale del ruolo degli psicologi, nonché un’ipotesi di riorganizzazione del settore a livello centrale che prevede l’istituzione di un Servizio di psicologia". Per il resto, una serie di incontri tra i sindacati e l’amministrazione, senza alcun risultato concreto. Il ministro Maroni ha proposto che vengano destinati alla polizia i soldi recuperati con lo scudo fiscale o sequestrati alla mafia. Così gli stipendi di chi ci deve difendere avranno l’odore di chi delinque.»
Un altro giornale (Repubblica). «Roma, poliziotti in piazza contro i tagli - 28 ottobre 2009.
Mancano macchine e benzina. Gli uffici non riescono a far fronte alle pratiche. E il governo taglia, nonostante le promesse. Oggi a Roma gli operatori delle forze di polizia manifestano contro i tagli alla sicurezza e per la difesa di dignitose condizioni economiche e professionali. Lo fanno con un corteo, destinazione Piazza Navona. Tra loro spunta un busto in cartapesta dedicato a Silvio Berlusconi: "Papi, come ci hai cucinato bene". E i 30mila in piazza criticano il ministro della Funzione Pubblica e le ronde: "Brunetta buffone", "Le ronde sono vergognose".
I sindacati delle forze di polizia denunciano "le irresponsabili scelte del governo", come la riduzione di oltre 40mila unità il numero degli operatori in servizio e la "sottrazione del il 44% delle risorse alle attività operative e organizzative". Inoltre le forze dell'ordine criticano la decisione "di rinviare di tre anni il rinnovo del contratto collettivo di lavoro e di sottrarsi all'impegno di realizzare un nuovo modello di sicurezza che esalti le professionalità". E ancora: "Sono scelte, queste del governo, che smentiscono gli impegni assunti in campagna elettorale, ed esprimono una sostanziale indifferenza verso il diritto alla sicurezza dei cittadini".
I sindacati sostengono che "i tagli incidono pesantemente anche sulla spesa corrente" e sulle voci di bilancio ministeriale "relative all'acquisto delle autovetture, della benzina, alla gestione degli uffici e delle strutture". Tutto questo incide e inciderà ancor di più dal 2010 sul "reale controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine" e quindi "sulla sicurezza dei cittadini".
Le denunce sono nette: "Ad oggi, purtroppo, la politica del governo è un'altra". Il taglio di circa tre miliardi di euro in tre anni al Comparto Sicurezza e Difesa, unito agli effetti dell'ex decreto Brunetta ora convertito in legge, "sta producendo una pesante riduzione di personale a causa del mancato turn over e un innalzamento dell'età media dei poliziotti italiani, che ormai sfiora i cinquant'anni".
Alla protesta partecipano membri della Polizia e della Guardia di Finanza, agenti della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello stato. C'è anche il Cocer dei carabinieri. "Per una volta siamo tutti uniti". Da "questo governo, che ha avuto anche i nostri voti, abbiamo avuto solo promesse e ora ci troviamo con macchine che fanno schifo, senza soldi per la benzina e caserme in cui non si pagano gli affitti".
Le reazioni - "La sicurezza non si fa con le ronde, ma con i poliziotti: è ora che il governo venga in Parlamento per dare risposte serie su questo tema". Lo dice il segretario del Partito Democratico Pier Luigi Bersani a piazza Navona dove si è concluso il corteo. Il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro: "Se anche le forze di polizia sono costrette a scendere in strada per far valere i loro diritti per servire il paese, allora vuol dire che siamo veramente alla vigilia di uno sfascio".»
E in un Paese allo sfascio che cosa succede?
Il video.
Il caso di Stefano Cucchi è di questi giorni, ma non è il primo. Come ricorda il blog "Federico Aldrovandi" «Da sabato 31 ottobre 2009, alle 23,45, "Un giorno in Pretura" dedica 4 puntate al processo che ha giudicato e condannato i responsabili della morte di Federico. Mi sembra che la presentazione migliore siano le parole che il Giudice Caruso ha usato nella motivazione della sentenza. "Tanti giovani studenti, ben educati, di buona famiglia, incensurati e di regolare condotta, con i problemi esistenziali che caratterizzano i diciottenni di tutte le epoche, possono morire a quell’età. Pochissimi, o forse nessuno, muore nelle circostanze nelle quali muore Federico Aldrovandi: all’alba, in un parco cittadino, dopo uno scontro fisico violento con quattro agenti di polizia, senza alcuna effettiva ragione. Quando un affare del genere si verifica in una città civile come Ferrara, dotata di opinione pubblica e società civile reattive, di un sistema d'informazione diffuso e disposto a diffondere notizie e spiegazioni e a non subire condizionamenti (gli interessi in gioco non sono tali da indurre cautele), il fatto di cronaca, una morte di
immediato rilievo giudiziario, diventa un caso. Non un qualsiasi procedimento giudiziario ma un affare pubblico (tutti gli affari giudiziari hanno rilievo pubblico ma nonostante la cronaca giudiziaria costituisca una sezione di primo piano nel sistema dell informazione, la stragrande maggioranza dei processi, di fatto, resta materia riservata agli addetti). Il processo come affare pubblico rende accessibili i meccanismi che governano e regolano la giustizia, inverando l’astratta nozione di Stato di diritto; permette al popolo di assuefarsi alle procedure, di condividerne le logiche, di controllare il mantenimento delle promesse, in modo da rafforzare il patto costituzionale. In questo processo si è consentito al pubblico, aprendo l’aula ai mezzi di comunicazione radiotelevisivi, di avere piena cognizione del modo in cui si amministra giustizia nel Paese, nel bene e nel male, e si è dato modo al pubblico di formarsi un’opinione, fondata sull esperienza diretta delle prove e del contraddittorio. Ogni persona di buona volontà ed in buona fede può, se vuole, esprimere un’opinione informata".»
Il video.
Ma c'è stato anche il caso di Aldo Bianzino.
Il video.
La vicenda nell'intervista al padre tratta dal blog "Morti nelle carceri".
Intervista con Giuseppe Bianzino, padre di Aldo Bianzino.
di Francesco "baro" Barilli, 17 giugno 2008.
Aldo Bianzino, 44 anni, viene rinchiuso la sera del 12 ottobre scorso nel carcere di Capanne a Perugia, per il possesso di alcune piantine di canapa indiana. Viene trovato senza vita la mattina del 14 ottobre.
Aldo l'ho potuto vedere solo in fotografia; suo padre Giuseppe l'ho incontrato la prima volta a Lodi, un mese fa. L'ho conosciuto tramite Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi, anche lui deceduto in carcere l'11 luglio 2003 (sulla sua morte si sono recentemente riaccese speranze di verità, dopo la riapertura del caso). Quella sera Giuseppe ha abbracciato anche Haidi Giuliani, e poi Danila Tinelli e Maria Iannucci, rispettivamente madre di Fausto e sorella di Iaio. Incroci di destini fatti di dolorose perdite e di mancanza di giustizia, un affetto e una solidarietà che sorgono spontanei.
Dal confronto con le foto del figlio, risulta chiara la somiglianza fra Aldo e Giuseppe. Alti, magri, grandi occhiali. Anche caratterialmente Giuseppe ricorda quel che si racconta dell'indole del figlio. Mitissimo, ma non per questo meno risoluto nel combattere le ingiustizie. Nei gesti e nel sorriso i segni di una cordialità e di una serenità che la tragedia ha incrinato ma non cancellato. "Mio figlio era molto aperto, disposto a parlare con tutti", mi racconta. "Già da bambino, bastava che qualcuno lo chiamasse e lui gli sorrideva e lo seguiva. In questo era simile a me, o almeno a come ero una volta. Oggi sono cambiato. Una volta sorridevo sempre e qualcuno mi chiedeva 'ma cos'hai da ridere?'. Io semplicemente sorridevo perché mi sembrava che la vita mi sorridesse. Oggi sorrido poco, quella domanda non me la rivolgono più...".
Lo incontro nuovamente nella sua casa di Vercelli. Lui ha voglia di parlare e io di dargli voce.
Tu quando vieni a sapere della morte di Aldo?
Domenica pomeriggio, quando era già morto da alcune ore. Mi ha telefonato Gioia, la sua prima moglie, madre dei due figli maggiori (Aruna ed Elia). All'inizio ha chiesto se Aruna era lì da me, poi ha tergiversato un po', non sapeva come dirmelo. Prima ha detto che mio figlio aveva avuto un infarto, solo dopo qualche minuto ha aggiunto che era morto, ma non mi ha specificato i dettagli, non ha parlato del carcere, non se la sentiva. In quel momento ha accennato solo a mancanze nei soccorsi. Mia moglie era in giardino, gliel'ho dovuto riferire io. Non sai cosa significa dire una cosa del genere a una madre... Ho cominciato a sapere tutta la storia pochi giorni dopo. Poi, dopo altro tempo ancora, è stata sempre Gioia a dirmi "adesso devo raccontarti tutto". Mi ha parlato dell'autopsia, dei 4 ematomi cerebrali, dei danni al fegato e alla milza. In quel momento si diceva pure di due costole rotte, circostanza che però sembra essere stata smentita dall'autopsia successiva. Nel frattempo erano cominciati i contatti con Roberta, la sua compagna (arrestata assieme a lui e scarcerata subito dopo la morte di Aldo), e la nostra battaglia comune per capire cosa fosse successo in quella cella.
Ti sei fatto qualche idea su quanto accaduto?
Ho due ipotesi. Forse i suoi carcerieri pensavano davvero di trovarsi di fronte a uno spacciatore. Non avendo trovato denaro in casa di Aldo e Roberta (la perquisizione aveva raccolto solo trenta euro), hanno pensato avessero nascosto "il malloppo" da qualche parte. Per questo può darsi l'abbiano malmenato, per farlo confessare. L'altra ipotesi si basa sull'idiosincrasia di mio figlio verso strutture chiuse come il carcere. Aldo era molto tranquillo e aperto di carattere, ma incapace di comportamenti servili e non incline al rispetto delle gerarchie. In un ambiente chiuso e codificato come dev'essere il carcere si crea quella subordinazione che pretende ritualità, rispetto ossequioso verso gli ordini: una realtà impossibile per lui. Magari questo l'ha portato a qualche reazione e di conseguenza può essere scattata la voglia di dargli "una lezione".
Cosa puoi dirmi sullo stato delle indagini?
Il magistrato che aveva in mano l'inchiesta era lo stesso che l'ha fatto arrestare. Un arresto che considero assurdo non solo per l'assoluta mancanza di pericolosità di persone come Aldo e Roberta, ma anche perché avvenuto di venerdì pomeriggio, costringendo quindi due persone a restare in carcere inutilmente per almeno tre giorni. Tutto questo senza poter vedere un giudice e chiarire la loro posizione, e per di più lasciando Rudra e la nonna (ossia il figlio quattordicenne di Aldo e Roberta, e una novantenne in precarie condizioni di salute) completamente isolati e abbandonati a se stessi. Sulla sua morte è stata chiesta l'archiviazione, a cui si è opposta tutta la famiglia, coi rispettivi avvocati. Non so cosa aspettarmi delle indagini, seppure da ignorante in materia legale ci vedo troppi buchi. Io pensavo che in un carcere, almeno nei corridoi e nei luoghi di passaggio, ci fosse una vigilanza costante, anche tramite telecamere, eppure ancora oggi non si sa chi sia entrato e uscito da quella cella. Prima abbiamo accennato a incongruenze nelle autopsie e voglio farti un esempio specifico. Le lesioni al fegato le hanno giustificate con una manovra di rianimazione maldestra, fatta con imperizia e troppa violenza. Ammesso che si possa credere a questa versione, è possibile che non si sappia chi ha operato quel tentativo di soccorso?
Alla fine si sta facendo strada la teoria di una morte per cause naturali, per rottura aneuristica. Inoltre, si è parlato molto dell'assenza di lesioni esterne...
L'aneurisma è un elemento di debolezza del sistema circolatorio, che può starsene tranquillo per anni e poi cedere. Cosa posso dirti?... Forse per deformazione professionale da vecchio chimico ragiono in termini pratici, di impianti. Alla Thyssen Krupp l'impianto faceva schifo, ma è successo qualcosa che l'ha fatto scoppiare. Ecco, anche volendo credere all'aneurisma, io sono alla ricerca di quel "qualcosa". Nulla capita per caso. Sulla mancanza di segni esteriori, tu pensi ci siano lesioni esterne nei prigionieri di Guantanamo? O sui corpi dei poveracci passati nelle mani di Videla o Pinochet per poi essere scaricati in mare?
La storia di tuo figlio mi ricorda un panorama in cui la nebbia prima si dirada e poi si riaddensa. Ci parla di una zona grigia nello stato dei diritti, favorita dall'intreccio tra retorica securitaria e guerra al diverso.
In questi tempi si fa un gran parlare di sicurezza, peraltro cercando di distorcere la scala di importanza dei fatti. Quando si parla di sicurezza e legalità non si parla dei morti sul lavoro, che sembrano confinati in un altro pianeta, e neppure dei grandi truffatori, che non sembrano destare quello che oggi viene chiamato "allarme sociale". Intendiamoci, capisco che il ladro che ruba la pensione alla vecchietta che l'ha appena ritirata sia un problema reale e da affrontare, ma non capisco quale allarme possa essere determinato da uno che si fa uno spinello. Chi vive alle nostre spalle rubando miliardi o guadagnandoli in modo poco pulito, al contrario, non è considerato pericoloso. Tu mi parli di nebbia e di zona d'ombra ed è corretto; io, al di là del dolore personale, la storia di mio figlio l'ho vissuta come un'enorme contraddizione. Una contraddizione di quello che una volta avremmo chiamato "il sistema".
La vicenda di Aldo ti ha creato un'idea in generale del mondo carcerario? E come è cambiata, se è cambiata, la tua visione della giustizia?
Cosa penso del carcere? Che è una cosa diversa se ti chiami Geronzi o Bianzino. Può sembrare banale ma è così, è quel che sento. Quando oggi leggo di tragedie successe nei CPT, di persone malmenate o morte "in circostanze misteriose", come si dice, provo la stessa sensazione: carceri e CPT sono luoghi dove la persona perde i propri diritti. Per questo è facile che lì dentro certe cose succedano, ed è difficile poi scoprire la verità. E parlo di due luoghi che a torto si pensa debbano tutelare solo chi sta fuori da chi vi è imprigionato. È falsissimo: carcere e CPT dovrebbero tutelare pure chi sta dentro. Questo perché anche chi viene rinchiuso in una di quelle strutture è sotto la tutela dello Stato. Tutti, ma a maggior ragione quelli che, come Aldo, sono reclusi senza aver subito una condanna e quindi vanno considerati innocenti fino all'emissione della sentenza. Del resto ne abbiamo parlato prima: quando si parla di sicurezza si parla di una sicurezza monca e ambigua. Le morti in carcere sono tantissime. Non parliamo di quelle nei CPT, visto che quei poveracci ormai sembrano appartenere a una categoria subumana. Non parliamo di Carlo Giuliani: per lui hanno ripristinato la pena di morte, direttamente in piazza. Una volta avremmo parlato di "giustizia di classe": forse dovremmo avere il coraggio di dirlo anche oggi...
Carosello della Polizia in Piazza di Siena a Roma nel 1950. Coreografie meravigliose soprattutto nelle riprese dall'alto che mettono in evidenza la bravura e la precisione dei poliziotti motociclisti. Altri tempi.