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martedì 14 luglio 2009

I Comuni del Nord contro l'attuale Patto di stabilità

Comuni del Nord ed Ifel uniti: un nuovo patto consentirebbe investimenti contro la crisi.

Riuniti oggi a Milano a Palazzo Turati, i Sindaci del Nord - complessivamente il 50% circa dei Comuni d’Italia - hanno risposto all’invito delle Anci di Lombardia, Liguria, Piemonte, Veneto e si sono detti pronti ad una forte azione di contrasto alle attuali regole del Patto di stabilità. I sindaci chiedono l’abolizione delle sanzioni per chi non lo rispetta e avanzano proposte per un nuovo Patto più adeguato alle necessità dei Comuni.
Lorenzo Guerini, presidente di Anci Lombardia ha coordinato i lavori. Guerini ha espresso la sua preoccupazione: «I Comuni sono il primo soggetto realizzatore di infrastrutture nel nostro Paese. Con le attuali regole del Patto di stabilità, il Comune si trova a non poter rispettare gli impegni presi con le imprese ed i cittadini. Occorre invece poter programmare la spesa per investimenti con regole certe, stabili nel tempo e coerenti con i vincoli assunti in sede europea, regole che vanno studiate su misura e senza bloccare la crescita del territorio. Oggi, i Comuni si vedono impossibilitati ad onorare gli impegni economici presi con alcuni soggetti locali. I Comuni chiedono che si prenda atto di questa situazione e siano tolte le sanzioni per chi sfora il Patto di stabilità. Serve coerenza con gli obiettivi del federalismo fiscale: autonomia e responsabilità finanziaria».
«Oggi siamo qui per far sentire la nostra voce – ha detto Giacomo Beretta, Assessore al Bilancio del Comune di Milano - Abbiamo cercato in tutti i modi di rispettare il Patto di stabilità a costo di enormi sacrifici. A Milano è stato chiesto in corso d’opera lo scorso febbraio di tagliare altri 100 milioni di euro dal proprio budget di cassa, dopo averne già risparmiati 74, per stare nei parametri del Patto. Ma Milano è anche consapevole che se i trasferimenti statali fossero in linea con la media nazionale avrebbe avuto solo l’anno scorso ben 130 milioni in più da investire. Gli investimenti cosiddetti virtuosi, quelli cioè che hanno ricadute positive sul territorio, devono essere esclusi dal Patto, perché ora bisogna ridare ossigeno all’economia, ed è possibile solo con gli investimenti pubblici».
Silvia Scozzese, Direttore scientifico Ifel, ha commentato i target assegnati agli enti pubblici: «I Comuni vogliono partecipare al risanamento della finanza pubblica in misura proporzionale al loro peso. In questi anni ai Comuni invece sono stati dati obiettivi molto più alti ormai giunti a livelli insostenibili. Per questo avanziamo una “regola d’oro” per riformulare il Patto: assicurare l’equilibrio di parte corrente della spesa e garantire risorse da investire con una nuova regola sull’indebitamento. Vanno liberate le opere finanziate da entrate proprie dell’ente, quali alienazioni ed entrate straordinarie».
Sulla stessa linea Roberto Marcato, del Direttivo Anci Veneto: «L’obiettivo del Patto di stabilità, il contenimento del debito, non è stato raggiunto. La rigidità delle regola rischia di bloccare ulteriormente lo sviluppo del Paese e gli investimenti che potrebbero contrastare la crisi. Il debito non va demonizzato ma anzi dovrebbe essere di circa il 150% rispetto alle entrate correnti: i Comuni devono dare servizi ed essere motori di sviluppo del territorio».
Per Amalia Neirotti, presidente Anci Piemonte e Sindaco di Rivalta: «La situazione sta arrivando all’estremo ed è ora di far sentire forte la nostra voce ad un Governo centrale che è lontano dalle esigenze dei Comuni ed a quelle dei cittadini. I Comuni sono pronti ad una disobbedienza civile per non rispettare i vincoli di un Patto che strangola le finanze locali. Inoltre non si spiega questo accanimento verso i Comuni ed è inaccettabile che il sacrificio economico richiesto non sia tale anche verso le altre istituzioni pubbliche».

Ieri la Conferenza regionale delle Autonomie

Il documento di programmazione economico-finanziaria regionale 2010 incassa il parere positivo. In evidenza patto di stabilità regionale e trasporto studenti disabili.

Si è svolta ieri in Regione, presso la Sala Pirelli, la prevista seduta della Conferenza regionale delle Autonomie, presenti fra gli altri, per le Province lombarde, i Presidenti Massimiliano Salini (Cremona), Pietro Foroni (Lodi), Dario Allevi (Monza e Brianza), Vittorio Poma (Pavia) e Dario Galli (Varese), i Vicepresidenti Giuseppe Romele (Brescia), Claudio Camocardi (Mantova), Costantino Tornadù (Sondrio), l'Assessore Luca Squeri (Milano), con il Direttore UPL (Unione Province Lombarde) Giuseppe Valtorta e il Responsabile della Segreteria Tecnica Dario Rigamonti. Per la Regione, ha partecipato il Sottosegretario alla Presidenza della Regione con delega al rapporto con gli Enti locali, Marco Pagnoncelli. All'Ordine del Giorno l'aggiornamento della composizione della Conferenza e il parere sul DPEFR 2010.
Dopo l'introduzione del Vicepresidente della Conferenza Giulio Gallera che ha formulato tra l'altro le congratulazioni e gli auguri di buon lavoro ai nuovi Presidenti, Sindaci e Assessori e l'illustrazione della bozza di parere elaborata dall'Ufficio di Presidenza della Conferenza, si è svolto un breve dibattito, nel quale sono intervenuti, tra gli altri, anche i rappresentanti delle Province lombarde.
L'Assessore Squeri, pur in carica da pochi giorni, è entrato subito nel merito delle questioni e, dichiarandosi di riconoscersi non solo formalmente nel documento UPL allegato al parere, ha sottolineato l'importanza della certezza dei trasferimenti regionali e la necessità di un'urgente soluzione legislativa, anche con le necessarie risorse, alla delicata questione del trasporto studenti disabili.
I Vicepresidenti Romele e Tornadù si sono soffermati sulla prospettata volontà di modifica (che nel frattempo pare accantonata) della legislazione regionale relativa all’istruttoria e al rilascio delle concessioni ed autorizzazioni di derivazione d’acqua pubblica ad uso idroelettrico, sottolineando come in tale ambito il ruolo delle Province non debba essere in alcun modo ridotto, ma anzi valorizzato e ampliato, per esempio nelle derivazioni con potenza nominale di concessione superiore a 220 kW. Il Sottosegretario Pagnoncelli ha chiesto al riguardo una nota che puntualizzi tale posizione, per esaminare al meglio la questione.
Il Presidente Salini ha espresso il proprio parere favorevole al DPEFR e ha sottolineato la centralità del tema della crisi occupazionale e delle numerose crisi aziendali - che devono essere coordinate dai Presidenti delle Province - da affrontarsi anche nei Piani socio assistenziali: anche alla luce di tale situazione, si rende necessaria la modifica del patto di stabilità. Salini ha poi rilevato l'importanza dell'istruzione di tipo tecnico e della formazione professionale e ha indicato nell'Expo 2015 l'occasione ideale per infondere fiducia ai nostri territori.
Tra gli altri interventi, il Presidente di Anci Lombardia Lorenzo Guerini, Sindaco di Lodi, ha ribadito la necessità di attuare quanto prima il patto di stabilità regionale, di modificare la disciplina nazionale del Patto o di eliminare il sistema sanzionatorio, rimarcando il ruolo degli Enti locali per la coesione sociale, in modo particolare nell'attuale quadro di difficoltà per la perdita del posto di lavoro, attraverso gli interventi di sostegno al reddito con l'integrazione degli affitti e il pagamento delle utenze, nonché la questione scuola ed edilizia scolastica "che si misura con le risorse disponibili".
Al termine del dibattito, il parere é stato approvato all'unanimità.

Le osservazioni di UPL al Documento di Programmazione Economico-Finanziaria Regionale 2010 sono state rese pubbliche in un documento nel maggio scorso. In esso si legge:
«Il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria Regionale 2010 interviene in un contesto particolare per le Province lombarde:
-- ben otto Province lombarde su dodici – compresa la Provincia di Monza e della Brianza, di nuova istituzione – sono interessate dall'imminente tornata elettorale;
-- la campagna anti Province continua imperterrita e non accenna a placarsi, investendo anche gli Enti virtuosi come le nostre Province;
-- la recente Legge 5 maggio 2009, n. 42 “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione” offre finalmente prospettive incoraggianti, anche se non a breve termine;
-- lo “Schema di disegno di legge recante disposizioni in materia di organi e funzioni degli enti locali, semplificazione e razionalizzazione dell’ordinamento e Carta delle Autonomie”, nell’ultima versione trasmessa alle Associazioni delle Autonomie, pur nella condivisibile necessità di definire le funzioni fondamentali di Comuni e Province e di procedere al riordino delle Istituzioni, rischia, nella parte sulla soppressione delle Province inutili e sul ridimensionamento delle altre Province, di essere interpretato in modo distorto e di indebolire anche le Province lombarde, che sono e restano Province utili, anzi indispensabili;
-- la situazione finanziaria delle nostre Province è comunque precaria e le difficoltà preannunciate già lo scorso 12 dicembre 2008 in occasione della Conferenza regionale delle Autonomie, sono state confermate a causa da un lato della sofferenza delle entrate tributarie che dipendono essenzialmente dal mercato dell’auto e dall’altro dei limiti imposti dal Patto di stabilità. Nella speranza di un’effettiva ripresa del settore automobilistico, appare tuttora problematico il versante della spesa, perché il dato dei pagamenti delle Province lombarde, previsti in conto capitale per complessivi 687 milioni di euro (risalente al dicembre scorso) è stato aggiornato a marzo in 730 milioni di euro, a fronte di un volume massimo ammesso dal Patto per 491 milioni, con un differenziale di ben 239 milioni. La modifica del patto, prima come delineata in sede di emendamento al D.L. 5/2009 e poi definitivamente nella conversione in Legge (la n. 33/09), non appare certo risolutiva, tanto che solo tre Province lombarde appaiono in grado di beneficiarne.
In questo contesto Regione Lombardia assume un ruolo centrale. In primo luogo, per il buon esito di un Patto di stabilità regionale allo studio in questi mesi dopo la sottoscrizione del “Protocollo d'Intesa tra Regione, Anci Lombardia e Unione Province Lombarde per la costituzione del Tavolo permanente per il federalismo fiscale lombardo ed il Patto di Stabilità territoriale”, che deve trovare attuazione al più presto attuazione.
Nel frattempo, è necessario che Regione Lombardia venga in aiuto delle Province lombarde, come già richiesto al Presidente Formigoni e all’Assessore Colozzi con nota del 23 aprile u.s., accogliendo le seguenti urgenti richieste:
-- per le Province che rientrano nelle condizioni previste dell’art 7 quater della Legge n. 33 del 2009, favorire la massima applicazione del disposto;
-- per tutte le Province, garantire la conoscenza dei trasferimenti in conto capitale, a cominciare dai fondi per il 2009 del Programma degli interventi prioritari sulla rete viaria di interesse regionale (ex D.Lgs. 112/98) che non devono almeno quest’anno subire aggiornamenti e variazioni, dell’edilizia scolastica, dell’idraulica ecc, dando comunicazione in via anticipata dei versamenti che saranno effettuati nel corso dell’anno, per consentire una programmazione dei conseguenti pagamenti;
-- per tutte le Province, liquidare gli importi ancora dovuti per il 2008 (per esempio il saldo 2008 dell'IVA sul TPL);
-- da ultimo si ricorda la necessità che la Regione Lombardia preveda, a partire dal bilancio 2010, i trasferimenti di fondi propri o delegati anche in quota alla Provincia di Monza e della Brianza, che viene attivata a far tempo dalle prossime elezioni amministrative di giugno 2009.
Occorre poi proseguire nel confronto intrapreso su quelle materie che impattano in modo decisivo sulle nostre comunità e dove il rapporto tra Regione e Province ha un’importanza fondamentale, con particolare riferimento alle politiche attive del lavoro e agli ammortizzatori sociali in deroga, al trasporto pubblico locale, alla pianificazione territoriale, alla sicurezza e alla protezione civile, senza dimenticare la necessità di un’urgente soluzione legislativa, con l’assegnazione di adeguate risorse, alla delicata questione del trasporto degli studenti disabili delle scuole superiori.
Infine, pur esprimendo particolare soddisfazione per l’entrata in vigore dello Statuto d’Autonomia della Lombardia dal 1° settembre 2008, si ribadisce la richiesta, già contenuta nel Documento dell’Assemblea Generale Upl del 6 ottobre e illustrata nell’incontro con il Presidente e i Vicepresidenti del Consiglio regionale del 30 ottobre u.s., di una rapida e non più rinviabile adozione della legge regionale che disciplina tra l’altro, ai sensi dell’art 54 dello Statuto, la composizione, l’organizzazione e il funzionamento del Consiglio delle autonomie locali, che veda la presenza di tutti i Presidenti delle dodici Province lombarde e un’adeguata rappresentanza dei Presidenti e dei Consigli provinciali.
Altrettanto importante anche se meno urgente, resta la richiesta di un pieno coinvolgimento delle Province lombarde nel percorso avviato con il Governo e il Parlamento per l’attuazione del regionalismo differenziato previsto dall’art. 116, 3° comma della Costituzione, anche al fine di condividere le proposte nelle materie indicate nella risoluzione a suo tempo adottata.»

L'accordo Regione e Province sugli ammortizzatori

Il testo del protocollo d’intesa tra Regione Lombardia e Province per l’attuazione dell’accordo quadro per gli ammortizzatori sociali in deroga anni 2009-2010, firmato a Milano l’8 luglio.

La Regione Lombardia, nella persona del Presidente Roberto Formigoni e le Province Lombarde, nella persona, per la Provincia di Milano, del Presidente Guido Podestà; per la Provincia di Bergamo, del Vice Presidente e Assessore Viabilità e Trasporti Giuliano Capetti; per la Provincia di Brescia, dell’Assessore alle Attività Produttive, Lavoro e Centri per l’impiego, Formazione Professionale Giorgio Bontempi; per la Provincia di Como, del Presidente Leonardo Carioni; per la Provincia di Cremona, del Presidente Massimiliano Salini; per la Provincia di Lecco, del Presidente Daniele Nava; per la Provincia di Lodi , del Presidente Pietro Foroni; per la Provincia di Mantova, dell’Assessore alla Formazione Professionale e Lavoro Carlo Grassi; per la Provincia di Monza e della Brianza, del Presidente Dario Allevi; per la Provincia di Pavia, del Presidente Vittorio Poma; per la Provincia di Sondrio, del Presidente Massimo Sertori; per la Provincia di Varese, dell’Assessore al Lavoro e Politiche Giovanili Alessandro Fagioli;
visti:
-- la Legge regionale 28 settembre 2006, n. 22 “Il mercato del lavoro in Lombardia” e successive modifiche e integrazioni, ed in particolare il Capo I “Articolazione delle competenze” ed il Capo X “Crisi occupazionali”;
-- l’art. 2 comma 36 della legge 22 dicembre 2008 n. 203, così come modificato dall’art. 7-ter, comma 4, del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5 convertito, con modificazioni, con la legge 9 aprile 2009, n. 33 che consente di disporre, sulla base di specifici accordi, in deroga alla vigente normativa, la concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilità e di disoccupazione speciale, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali;
-- l’art. 19 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito, con modificazioni, con la legge 28 gennaio 2009, n. 2;
-- l’art. 7-ter del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5 convertito, con la legge 9 aprile 2009, n. 33;
-- l’accordo tra Governo e Regioni del 12 febbraio 2009 sugli interventi di sostegno al reddito ed alle competenze nel quale si concorda che il sistema degli ammortizzatori in deroga costituisce uno sforzo congiunto tra Stato e Regioni collegato all’eccezionalità dell’attuale situazione economica;
-- l’accordo fra Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e Regione Lombardia del 16 aprile 2009, il quale prevede che “i lavoratori destinatari dei trattamenti, l’utilizzo temporale dei trattamenti medesimi ed il riparto delle risorse tra le situazioni di crisi occupazionale, sono definiti e modulati in un accordo quadro stipulato sulla base delle esigenze verificate dalla Regione d’intesa con le parti sociali e delle relative risorse finanziarie”;
-- l’accordo quadro per gli ammortizzatori sociali in deroga 2009-2010, siglato fra Regione Lombardia e parti sociali il 4 maggio 2009 che, nella logica della semplificazione, definisce le linee guida per la concessione di trattamenti di sostegno al reddito in deroga alla vigente normativa;
considerati:
-- l’attuale scenario economico, che richiede di intervenire con rapidità ed adeguatezza nel riconoscimento delle necessarie misure di sostegno al reddito che sostengano i lavoratori nei percorsi di formazione e di politiche attive finalizzate al loro reinserimento o consolidamento occupazionale;
-- il citato art. 19 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito, con modificazioni, con la legge 28 gennaio 2009, n. 2 ed i successivi accordi attuativi, che tratteggia un nuovo modello di responsabilità istituzionali e di flussi procedurali per il riconoscimento dei trattamenti di sostegno al reddito in deroga ad una più ampia platea di lavoratori;
-- le competenze istituzionali e l’esperienza operativa maturata dalle Province nell’affrontare le situazioni di crisi e la messa in atto di interventi di sostegno e rilancio del mercato del lavoro locale;
concordano che:
-- compete alle Province l’esame degli stati di crisi delle aziende sul territorio al fine di istituire le pratiche necessarie per l’autorizzazione dei trattamenti di sostegno al reddito di cui alla tipologia 1 del punto 5.1 dell’Accordo quadro del maggio 2009,
-- Regione e Province si impegnano nella promozione di politiche attive flessibili e personalizzabili, efficaci nel favorire il consolidamento o il reinserimento occupazionale dei lavoratori interessati dalla crisi ed al contempo capaci di accompagnare il rafforzamento competitivo delle imprese lombarde; a tale scopo la Regione si impegna ad assumere tutte le iniziative necessarie in accordo con le Province per rendere più efficace il ruolo delle Province stesse nella programmazione territoriale degli interventi;
-- le Province svolgono un ruolo strategico coinvolgendo le municipalità ed in generale gli enti locali, nella promozione e nella catalizzazione delle energie del contesto di riferimento al fine di costituire soluzioni strutturali a specifici stati di crisi che coinvolgono il territorio, anche favorendo i processi di riconversione e recupero delle aree interessate;
-- al fine di garantire omogeneità sul territorio regionale dell’applicazione dell’accordo quadro, la Regione, in accordo con le Province, si impegna alla predisposizione di un vademecum che, oltre all’interpretazione autentica dell’accordo stesso, porti alla definizione dei modelli procedurali, dei flussi informativi e degli strumenti informatici di cooperazione applicativa necessari per la promozione, la gestione ed il monitoraggio delle iniziative di politica attiva e di sostegno al reddito, promosse in attuazione degli accordi citati in premessa; le Province e la Regione promuovono inoltre, per i rispettivi ambiti di responsabilità, la costruzione di un sistema di monitoraggio congiunto sulle situazioni di crisi, coinvolgendo anche le parti sociali locali nella raccolta, nella valutazione e nella diffusione dei dati e delle informazioni;
-- l’attuazione del presente protocollo d’intesa è sostenuta dall’istituzione di un gruppo tecnico di lavoro congiunto permanente ed è verificata dalle parti scriventi a partire da relazioni periodiche all’uopo predisposte dagli uffici competenti della Regione Lombardia.
(Seguono le firme del Presidente della Regione e dei rappresentanti delle Province)

Anpi lodigiana sul "pacchetto sicurezza"

Il "pacchetto" ricalca gravemente e pericolosamente le leggi razziali fasciste del 1938.
Una lettera di Cossutta all'Arcivescovo di Milano.

Il direttivo ANPI provinciale del Lodigiano ha diffuso il 10 luglio una propria presa di posizione sul pacchetto sicurezza approvato dal Parlamento. Scrive l'Anpi lodigiana nel documento:
«L’Anpi provinciale del Lodigiano, di fronte all’approvazione del cosiddetto “pacchetto sicurezza” imposta al Parlamento dal Governo con la forza del voto di fiducia, esprime una motivata condanna delle misure adottate, che appaiono informate a principi che non possono che essere definiti razzisti.
Tale ad esempio la norma che impone la proibizione per una donna clandestina che partorisce in ospedale di riconoscere il proprio figlio o di iscriverlo all'anagrafe, norma che rappresenta in maniera esemplare a quali livelli di disumanità può arrivare una politica che separa la giustizia dal diritto.
Bisogna poi rilevare che il provvedimento legislativo adottato ricalca gravemente e pericolosamente le leggi razziali fasciste del 1938.
Queste misure non soltanto causeranno enormi sofferenze a persone innocenti di qualsiasi reato, ma provocheranno un ulteriore imbarbarimento delle relazioni sociali, alimenteranno il sentimento di paura, creeranno ulteriore insicurezza.
È necessaria una forte iniziativa delle forze democratiche, delle associazioni, di tutta la popolazione per contrastare questa deriva che sta causando una vera e propria regressione di civiltà.
L’Anpi provinciale invita quindi le forze democratiche e le associazioni a costituire momenti di coordinamento per avviare iniziative di informazione e formazione, di mobilitazione politica e di solidarietà attiva nei confronti dei migranti.»
L'Anpi ha diffuso anche una lettera del vicepresidente nazionale vicario Armando Cossutta, indirizzata all'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi:
«Eminenza,
abbiamo seguito con grande interesse e con sincero rispetto la Sua omelia nel Duomo di Milano. Condividiamo le Sue preoccupazioni e apprezziamo le Sue indicazioni.
"I diritti dei deboli non sono diritti deboli" siamo con Lei. Siamo con Lei, sì, perché non vogliamo un Paese che sceglie la paura e l’oblio, che lacera la sua storia e la sua cultura, un Paese blindato, fatto di cunicoli dove rifugiarsi più che di case e piazze dove incontrarsi liberamente, conoscersi, sostenersi. Quel Paese per cui abbiamo lottato, noi partigiani, che oggi dovremmo sentirci sconfitti per la corrente, incredibile, capitolazione della cultura dei diritti individuali, della convivenza civile.
Il pacchetto sicurezza è inaccettabile, e noi non possiamo cedere a questo scempio umanitario. Clandestini criminali a prescindere (le badanti, per tutti), ronde, obbligo di denunciare la miseria e la debolezza, divieto per una "categoria" di bambini di andare a scuola e persino "invisibilità" per tutti i nati da madri irregolari, senza possibilità di essere iscritti nei registri dell’anagrafe, arresto per chi dà ospitalità ed espulsione per chi è in cerca di cure mediche … No. "Milioni di persone al mondo subiscono ingiuste e drammatiche sofferenze. Costrette come sono a migrare a causa delle difficili condizioni di vita nei Paesi d’origine. Molte di queste sofferenze sono causate ai migranti talvolta da discutibili provvedimenti messi in atto da quei Paesi ricchi che dovrebbero maggiormente impegnarsi in percorsi di accoglienza e integrazione seri, ragionati e rigorosi".
Siamo con Lei Eminenza. Non possiamo arrenderci all’idea di un Paese che ha chiuso in soffitta la sua innata tensione all’accoglienza e alla solidarietà. Ricordiamo intere famiglie che aprirono le porte delle loro case a noi combattenti per la libertà, per nasconderci a rischio della loro vita. Un sentimento di fraternità che è seguito negli anni a venire e a cui ci appelliamo oggi per contrastare misure che hanno la stolta presunzione di bloccare il corso della storia: la migrazione è una realtà irreversibile che non si sotterra per legge. Parte dell’Europa da tempo non la fronteggia in modo falsamente e irresponsabilmente "emergenziale" resistendo con aggressività, bensì l’assorbe, la incanala in percorsi di integrazione. "Seri, ragionati, rigorosi".
L’ANPI auspica una forte, diffusa, creativa collaborazione tra tutte le forze sociali e democratiche del Paese per costruire una opposizione civile, culturale al pacchetto sicurezza. E ancora per promuovere con impegno e passione una rinnovata cultura delle "porte aperte". Consapevole di avere in Lei e in quelle coscienze illuminate del clero, che in questi giorni non hanno fatto mancare la loro indignazione, dei sinceri sostenitori.
Con deferenza, con grande stima.
Armando Cossutta »

Vatti a fidare degli ex sindacalisti

Ma se il “presidente operaio” facesse anche il “presidente pendolare” invece di fare il bambinone con un cappello da capostazione in testa? No? Forse ha paura di sporcare il suo bel completo blu su sedili lerci e maleodoranti?
Riprendiamo questo articolo di Alberto Statera, seppure pieno di colore, tratto da Affari & Finanza del 13 luglio. Tra lo pseudo gossip sulla Bresso il corsivista infila amare tragiche verità di cui i pendolari devono prendere coscienza. In alto di loro non interessa niente a nessuno, men che meno al “presidente capostazione”.
Mercedes la sanguinaria è diventata la Robin Hood dei pendolari.
Rassegna stampa.

In gioventù scrisse una canzone per il reuccio del melodico Claudio Villa, di cui era un’appassionata fan. Adesso Mercedes Bresso, professore di Economia al Politecnico di Torino e presidente della regione Piemonte, predilige i gialli pieni di cadaveri col collo spezzato e di brutali killer, come quello che ha appena scritto, intitolato “Il profilo del tartufo”. È con questa Mercedes niente affatto melodiosa che deve vedersela il grintoso amministratore delegato delle Fs Mauro Moretti, il quale qualche giorno fa, presente il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, si è permesso di apostrofare la non meno grintosa signora con parole da lei giudicate “insultanti” e persino “ricattatorie”.
Da tempo Mercedes protesta per la scadente qualità dei servizi offerti da Trenitalia ai pendolari, tanto che ha aperto un sito Internet chiamato”Bacheca del pendolare”, che ogni giorno si arricchisce di decine di tragicomiche testimonianze di utenti imbufaliti. Tornata alla carica in una riunione con Moretti, la Bresso si è sentita rispondere dall’amministratore delegato, noto per il suo carattere un po’ fumino, che a lui i servizi regionali non interessano né poco né punto, perché costano un sacco di soldi e non rendono niente.
Al che la Bresso gli ha annunciato che metterà a gara europea il servizio ferroviario su rete regionale, come previsto dalla normativa dell’Ue. Ciò che ha suscitato il sarcasmo dell’ingegnere: fatelo pure – le ha risposto – tanto non parteciperà nessuno, come è già capitato in Lombardia; quando sarete costretti a tornare qui, noi diremo di no e dal primo gennaio prossimo il Piemonte resterà senza treni.
Moretti ha un asso nella manica. Il contratto di servizio con il Piemonte vale oggi 180 milioni di euro. Ma il governo ha promesso 58 milioni di euro aggiuntivi purché il servizio venga riaffidato a Trenitalia. Quello che la Bresso giudica un ricatto in piena violazione dei principi della libera concorrenza, per di più a favore di un monopolista che dichiara di non avere alcun interesse per il suo monopolio. Una questione su cui intende andare a fondo. Ma con modeste possibilità di successo, visto che l’intesa cordiale tra l’ex sindacalista della Cgil e il governo Berlusconi è andata via via rafforzandosi tra mille favori reciproci, dopo che Moretti all’inaugurazione dell’Alta Velocità fece indossare al premier il cappello da ferroviere.

I due amiconi, il gatto e la volpe del Pinocchio pendolare, Silvio Berlusconi e l'ad delle Ferrovie Mauro Moretti.

Il roccioso amministratore delegato ha appena accettato la nomina a presidente di Trenitalia di Marco Zanichelli, un ex prodiano passato armi e bagagli all’attuale maggioranza, compartecipe del disastro dell’Alitalia, essendone stato per anni dirigente e per pochi mesi anche amministratore delegato. E nella legge per lo sviluppo, approvata la settimana scorsa, ha fatto inserire la norma che prevede la concessione di licenze per il servizio ferroviario soltanto a imprese italiane o con sede in un paese legato da vincoli di reciprocità.
Ma forse i pendolari vessati dalle Ferrovie hanno finalmente trovato in Mercedes il loro Robin Hood. È donna, non scrive più canzoni melodiche, ma gialli sanguinolenti.

Intanto continuano a succedere cose come quelle che ci racconta oggi Il Cittadino.
Non si chiudono le porte del treno. E i pendolari vengono invitati a “emigrare” nelle prime carrozze.

Anche questa volta hanno viaggiato con l’impressione di trovarsi su di un carro bestiame. Ieri sera, i passeggeri lodigiani hanno dovuto subire l’ennesima disavventura, a causa di un guasto alle porte del treno che li stava portando a casa dopo una lunga giornata di lavoro. «Ci abbiamo messo 40 minuti in più per arrivare a destinazione - si lamenta Alessandro Grecchi, poeta pendolare -. Il convoglio che parte da Milano Lambrate per arrivare a Mantova si è fermato a Lodi e non è più ripartito, perché le porte di alcune carrozze non si chiudevano più. Abbiamo aspettato che alcuni tecnici riparassero il guasto, poi siamo ripartiti». Una volta a Casale, però, si è presentato lo stesso problema. Le porte degli ultimi quattro vagoni non volevano saperne di chiudersi. «A quel punto - aggiunge Grecchi -, i passeggeri delle quattro carrozze sono stati gentilmente invitati ad andare nelle prime tre, sembrava di viaggiare su di un carro bestiame, anche perché era l’orario di punta e sul treno c’era davvero un sacco di gente». Il convoglio, però, non si è messo subito in viaggio, nemmeno dopo che i pendolari erano “emigrati” nelle carrozze con le porte funzionanti, stipati e pressati. «In stazione è arrivato un altro treno - conclude il poeta pendolare -, un locale. Così i due convogli hanno fatto a gara per decidere chi doveva partire per prima, fortunatamente è toccato a noi, anche perchè eravamo già in ritardo». Un’estate di passione, per i viaggiatori della Milano-Piacenza: non si contano le soppressioni e i guasti che segnano le loro giornate. Per di più senza un briciolo di aria condizionata.

Segnalato in Procura un eco-furbetto

Emiliano Cuti su Il Cittadino di oggi ci racconta di un eco-furbetto.
San Martino. In un’area di 20 metri per due vicino a una roggia una buca profonda con residui edilizi e fusti di vernice.
Nascondeva sottoterra rifiuti pericolosi.
La polizia provinciale scopre una discarica abusiva di solventi.

Rassegna stampa.

San Martino - Sotto metri di terra, bene in profondità erano stati nascosti sette-otto fusti di vernici e solventi, in parte deteriorati, tra pezzi di ferro e materiali di risulta. Una vera e propria discarica sotterranea scoperta a meno di un metro di distanza da una roggia. Sono stati gli uomini della polizia provinciale di Lodi a rilevare l’illecito, nei pressi di un’area artigianale a San Martino in Strada, individuando il responsabile che è già stato segnalato alla procura. Il terreno è stato posto sotto sequestro. Nei prossimi giorni i rifiuti speciali dovranno essere rimossi. E poi saranno previste accurate analisi sullo stato del sottosuolo, valutando se dovrà essere necessaria la bonifica. Gli agenti erano entrati in azione da diverso tempo. Cinque gli uomini impiegati che hanno passato al setaccio il terreno di pertinenza di un capannone artigianale, per verificare talune segnalazioni ricevute. I sospetti si sono concretizzati grazie alla collaborazione della polizia locale della Provincia di Milano, che ha messo a disposizione una sofisticata apparecchiatura elettronica: l’elettromagnetometro. Si tratta di uno strumento che funziona come un ecoscandaglio: al passaggio sopra i terreni rileva discontinuità e disomogeneità del sottosuolo. Non dice cosa si trova sotto, ma indica con precisione dove scavare.
In particolare sono stati evidenziati tre punti, dove erano presenti depositi sotterranei di rifiuti, su una superficie di circa 20 metri per 2. In quindici giorni circa, sono stati fissati i confini dell’intera discarica, che secondo la polizia provinciale non dovrebbe estendersi oltre. Ammonta a circa 20/30 metri cubi il terreno dissotterrato, compreso il terriccio inquinato.
Al presunto responsabile della discarica abusiva è stata contestata la violazione dell’articolo 256 comma 2 del decreto legge 156/2006 (il cosiddetto Testo Unico Ambientale): le pene vanno da 3 mesi ad 1 anno di reclusione (a due anni in caso di illecito sotterramento di materiali pericolosi) e in ammende da 2.600 a 26.000 euro. L’imprenditore si è detto pronto a collaborare. In ogni caso si parla di un interramento di molti anni fa, che sarebbe stato portato a termine, secondo le giustificazioni date, per rinforzare le sponde della roggia.
Della vicenda, è stato informato anche il sindaco di San Martino, Luca Marini, che per mano dell’ufficio tecnico ha emesso i provvedimenti amministrativi finalizzati alla caratterizzazione ed alla rimozione dei rifiuti. «Abbiamo trovato la massima disponibilità dell’imprenditore - spiega Marini -, così come dell’Arpa e della polizia provinciale. Mi dispiace però sentir parlare di discarica abusiva».
Esprime soddisfazione per il buon lavoro fatto il presidente della provincia di Lodi Pietro Foroni. «Questa operazione - afferma - serva da monito agli inquinatori, perché intendiamo mettere in campo il principio di tolleranza zero. Crediamo nella difesa ambientale come primo passo per la valorizzazione turistica del nostro territorio e per questo motivo gli inquinatori vanno considerati i nemici pubblici numero uno. Nel prossimo quinquennio, la Polizia locale della Provincia avrà un ruolo perno nella tutela del territorio».

La bestia umana

Luisa Luccini su Il Cittadino di oggi ci racconta una storia di ordinario abbandono di animali e le sue più drammatiche conseguenze.
Somaglia. L’ordinanza del sindaco dopo due tentativi di aggressione: «Provvedimento in vigore fino alla cattura».
Oasi chiusa per un branco di randagi.
A Monticchie non si entra: segnalata la presenza di cani affamati.
Rassegna stampa.

Somaglia - Cani randagi pericolosi a Monticchie: vietato l’ingresso in riserva, in attesa della cattura degli animali da parte di Asl e polizia provinciale. L’ordinanza di divieto porta la firma del sindaco di Somaglia Pier Giuseppe Medaglia, pronto ad affrontare di petto una situazione peraltro già segnalata nei giorni scorsi alle autorità competenti. La presenza di un branco affamato di cinque cani randagi (di cui due di stazza medio-grossa) era infatti già stata segnalata agli inizi della scorsa settimana, con gli animali avvistati nelle zone di campagna attorno a Monticchie. I cinque cani avevano avvicinato pericolosamente un agricoltore tra lunedì e martedì scorsi: inutili i tentativi di far allontanare gli animali, l’uomo alla fine aveva dovuto darsela a gambe levate. L’episodio aveva indotto il settore ecologia del comune a prendere subito contatto con il servizio veterinario dell’Asl, per programmare un intervento risolutivo in merito. La situazione è però precipitata venerdì pomeriggio quando il branco di cani ha spaventato e messo in fuga un secondo uomo, stavolta avvicinato proprio all’interno di Monticchie. Anche in questo caso nessuna aggressione vera e propria. Piuttosto, solo un grande spavento, che ha però indotto il primo cittadino a vietare, per comprensibili motivi di sicurezza, gli ingressi in riserva, area di competenza comunale.
«Siamo fortunatamente in estate, un periodo in cui Monticchie solitamente è poco visitata, non ci sono le scolaresche, non ci sono comitive - sottolinea Medaglia -. Questa ordinanza ci è però sembrata un intervento cautelativo necessario, a tutela di quei singoli che comunque entrano in riserva». Come informa il sindaco, l’ordinanza non ha termini di scadenza precisi, «si dovrà aspettare la cattura di questi cani - specifica Medaglia -, la cui presenza era peraltro già stata segnalata dai nostri uffici alle autorità competenti prima dell’accaduto di venerdì pomeriggio». I cartelli che vietano gli accessi in riserva sono stati posti ai due ingressi (entrambi liberi) di Monticchie, quello che si trova nella zona del cimitero e quello che è posto in località San Marco. Oltre ai cartelli, i due ingressi si trovano poi da giorni sbarrati con delle transenne poste dal comune.
Quel che è certo è che catturare i cinque cani non sarà semplice. La riserva, con i suoi numerosi sentieri e i suoi molteplici anfratti, offre più di un nascondiglio a questi animali, sicuramente affamati. Nelle vicinanze, ecco poi la cascina Colombara, vecchio cascinale ormai abbandonato. E nulla vieta a questo branco di muoversi anche al di fuori dell’area di riserva. L’unico sbarramento di confine è rappresentato dalla linea ad alta velocità, tale per cui l’area di possibile movimento si estende su una zona di due-tre chilometri. Volontaria dell’Associazione zoofila lombarda, Virginia Bescapè ha un solo commento: «Questa è l’altra faccia della piaga dell’abbandono - sottolinea -. I cani che vengono abbandonati (l’Autosole è a due passi e proprio qui avvengono spesso lasciati i cani, ndr), o che scappano e non sono poi recuperati dal proprio padrone, si uniscono in gruppo e si riappropriano dei propri istinti primordiali di sopravvivenza. Diventando però elemento di pericolo pubblico».

Quel pasticciaccio Tarsu-Tia

Tributi.
Le proroghe sui rifiuti dimenticano l’assimilazione.
Rassegna stampa – Articolo di Maurizio Fogagnolo su Il Sole 24 Ore di lunedì 13 luglio.

Il Dl 78/2009 introduce l’ennesimo rinvio del passaggio da Tarsu a Tia, spostando dal 30 giugno al 31 dicembre 2009 il termine (articolo 5, comma 2-quater della legge 13/2009) per l’approvazione del regolamento attuativo della tariffa, in mancanza del quale i comuni interessati potranno comunque adottare la Tia «ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti».
A prescindere dalle numerose incognite sulla concreta applicazione di tale norma, la proroga introdotta nella manovra d’estate appare addirittura controproducente per i Comuni interessati al passaggio a tariffa.
La previsione iniziale secondo cui il passaggio a Tia sarebbe potuto intervenire (dal 2010) pur a fronte della mancata approvazione del regolamento avrebbe infatti consentito ai Comuni ancora in regime di Tarsu di utilizzare il secondo semestre 2009 per pianificare il passaggio, approvando il piano finanziario previsto dal Dpr 158/1999, il regolamento applicativo e le tariffe.
Il rinvio al 31 dicembre 2009 del termine per l’approvazione del regolamento comporterà invece dei problemi ai Comuni che vorranno comunque passare a Tia nel 2010, perché per impostare il passaggio a tariffa si renderà necessario attendere la fine del 2009, per verificare se sia stato o meno approvato il regolamento applicativo. Solo dopo questo termine si potrà cominciare a programmare il passaggio a Tia.
Nel continuo balletto delle proroghe la manovra non ha invece previsto alcun rinvio del termine (da ultimo articolo 2, comma 26 del Dlgs 4/2008) sull’assimilabilità dei rifiuti genrati dalle attività produttive, che rischia di creare oggettivi problemi ai Comuni in sede di applicazione del tributo/tariffa.
Secondo le norme vigenti, entro il 29 luglio ai rifiuti assimilati si dovrebbe applicare una tariffazione legata alle sole quantità conferite al servizio pubblico, articolando la tariffa in parte fissa e variabile, tenendo conto della tipologia dei rifiuti prodotti e applicando una riduzione, da fissarsi a livello regolamentare, in proporzione alle quantità di rifiuti assimilati avviati al recupero tramite soggetti terzi.
L’applicazione di tale norma – che contrasta con la disposizione dello stesso articolo 5, comma 1, del Dl 208/2008, che ha invece confermato per tutto il 2009 l’applicabilità dei criteri di assimilazione previsti dal Dlgs 22/1997 – appare impossibile in corso d’anno. I Comuni non potrebbero cambiare le modalità di prelievo prima del 2010, soprattutto quando, applicando ancora la Tarsu, non prevedono normalmente né a livello tariffario né a livello regolamentare una distinzione tra costi fissi e costi variabili e applicano la tassa in forza di una sostanziale privativa comunale.
È quindi necessario che il Governo rinvii l’entrata in vigore di questa disposizione quanto meno fino alla fine del 2009, e chiarisca se i criteri dettati dall’articolo 2, comma 26 del Dlgs 4/2008 sono o meno applicabili ai Comuni che ancora utilizzano la Tarsu.
Per quanto infatti i criteri delineati dal Dlgs 4/2008 risultino legati all’introduzione della nuova tariffa rifiuti, appare evidente che – ove gli stessi dovessero entrare in vigore nel corso del 2009 – potrebbero essere invocati (essendo relativi all’assimilabilità dei rifiuti indipendentemente dalla tipologia di entrata applicata dal Comune per la gestione del servizio rifiuti), anche per richiedere riduzioni della Tarsu, che i Comuni difficilmente potrebbero gestire, con conseguente aumento del contenzioso.