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sabato 4 luglio 2009
Il sistema della mobilità brembiese
Curiosando qua e là tra le carte del PGT
Daremo, dunque, ampio spazio in queste pagine a tutto ciò che nella disamina dei documenti valuteremo sia di una qualche utilità per formarsi un quadro preciso della nostra realtà attuale e prossima.
In questo post riportiamo alcune prime informazioni che ci permettono di valutare la fotografia della realtà dalla quale il Piano ha preso forma fino alla bozza che verrà presentata in consiglio comunale per l'adozione. Altre informazioni e considerazioni troveranno spazio in post successivi.
La prima mappa riportata ci riassume tutti i piani di lottizzazione (in viola) realizzati di recente.
Qui sotto riportiamo per una migliore lettura il particolare riguardante il solo centro abitato.
Quella che segue è invece la Tavola 4 che descrive la bozza di piano urbano delle regole. La tavola è datata luglio 2008.
Questa la legenda:
-- in verde le zone CRU da realizzare;
-- in turchese PL - PR B-C-D realizzate;
-- in azzurro PL - PR zone B-C-D avviate;
-- in blu scuro PL - PR zone B-C-D non realizzate;
-- in giallo le aree standard.
[In blu scuro sul lato est, segnate con un asterisco di difficile lettura, stante la riduzione, due aree di zona B soggetta a permesso di costruire convenzionato].
È importante valutare tutte queste zone nelle considerazioni sull'espansione residenziale prevista dal piano con nuove aree di trasformazione, per avere una visione completa dell'impatto sulle strutture urbane del paese, quali il sistema della mobilità (strade) e sull'impianto di depurazione, sul quale, nonostante le assicurazioni tecniche del CAP, durante gli scorsi cinque anni di mandato amministrativo, sono stati sollevati dubbi circa l'adeguatezza a sopportare un carico aggiuntivo come quello in previsione.
Tarsu e Tia a confronto (II)
Seconda parte.
La normativa, invece, è piuttosto chiara e dettagliata riguardo al metodo di calcolo della tariffa. Per quanto riguarda le utenze domestiche esso si deve basare sia sulla superficie dell'immobile che sull'effettiva - o presunta - produzione di rifiuti calcolata in base al numero dei componenti del nucleo familiare (secondo 6 categorie prestabilite), in modo da privilegiare i nuclei familiari più numerosi e le minori dimensioni dei locali.
Per le utenze non domestiche (attività commerciali, industriali, produttive, ecc.) il criterio è simile, solo che la potenziale produzione di rifiuti viene calcolata prendendo in considerazione l'attività svolta (secondo 30 categorie prestabilite).
Come regola generale, la tariffa è divisa in due componenti: quella fissa è riferita alla copertura dei costi generali e quelli relativi alle attività di spazzamento e pulizia strade e aree pubbliche, oltre agli ammortamenti ed investimenti. Viene imputata alla singola utenza in base alla superficie dei locali occupati e al numero dei componenti del nucleo familiare residente. Quella variabile copre i costi di gestione (raccolta, trattamento, trasporto e smaltimento dei rifiuti) ed è imputata sull'utenza in base alla quantità di rifiuti - differenziati e non - prodotti, misurata sulla base di specifici criteri. Se non si possono utilizzare criteri oggettivi, vengono applicati sistemi presuntivi prendendo a riferimento, per le utenze domestiche, la produzione media comunale pro-capite (quindi riferita al numero dei residenti) e per quelle non domestiche il tipo di attività svolta.
Per le occupazioni temporanee (che di solito si considerano tali quando durano meno di 183 giorni di un anno solare, come prevede la legge istitutiva della Tarsu) di locali od aree pubbliche di uso pubblico o di aree gravate da servitù di pubblico passaggio, i comuni normalmente fissano una tariffa giornaliera calcolata sui metri quadri di superficie occupata e stabilita - per ogni categoria - proporzionalmente rispetto a quella ordinaria. Per gli immobili dove non figurano residenti, ogni comune ha la facoltà di applicare la tariffa basandosi su un numero di occupanti convenzionale (che può essere fisso o variabile da uno a sei a seconda della superficie dei locali).
La legge stabilisce che i comuni devono avviare servizi di raccolta differenziata (tramite organizzazione di isole ecologiche, raccolta porta a porta, ecc.) e prevedere agevolazioni per gli utenti che aderiscono a specifiche iniziative (raccolta delle frazioni umide tramite “compostaggio”, in special modo). Tali agevolazioni devono consistere, in pratica, in riduzioni della quota variabile della tariffa in modo proporzionale rispetto ai risultati raggiunti (singolarmente o da un gruppo di utenze). Per le utenze non domestiche devono essere previste riduzioni, invece, nei casi in cui gli utenti dimostrino di aver avviato i rifiuti prodotti al recupero.
Al di là di questo, in tema di esenzioni e riduzioni i comuni godono di ampia libertà e discrezionalità. Solitamente, le riduzioni riguardano utenti con redditi inferiori ad un determinato tetto o in stato di disagio familiare, abitazione stagionale dell'immobile, residenza dell'utente all'estero, lontananza dai punti di raccolta, ecc. Le esclusioni, invece, riguardano di solito i locali dello stesso comune, i luoghi di culto, i locali e le aree dove non possono essere prodotti rifiuti a causa della loro natura, per l'uso al quale sono destinati, o perché palesemente inutilizzabili, ad esempio centrali termiche, cabine elettriche, silos, aree di centri sportivi dedicate esclusivamente all'esercizio dell'attività (campi da gioco o da tennis, piscine, ecc.), unità immobiliari prive di mobili ed arredi, chiuse, inutilizzate e non allacciate ai servizi pubblici di rete (acqua, gas, ecc.), immobili non agibili, inabitabili o in ristrutturazione.
I comuni godono di una discreta libertà anche nel gestire la riscossione, sia volontaria che coattiva. Quest'ultima, in particolare, può avvenire sia con l'avvio di un procedimento ingiuntivo presso un giudice, sia tramite iscrizione a ruolo (con emissione di cartella esattoriale) mediante affidamento della gestione al locale concessionario delle riscossioni (come Cerit, Gestline, Esatri, ecc.).
L'ente che gestisce la Tia per conto del comune emette delle fatture con cadenza annuale o inferiore (trimestrale, semestrale, etc.), comprendenti l'iva al 10% [aliquota iva confermata dall'Agenzia delle entrate con risoluzione del 17/6/08 (n.250/E), con la quale e' stato anche precisato che in caso di rimborso di pagamenti pregressi l'IVA pagata non può essere rimborsata] ed i tributi ambientali provinciali. La scadenza viene fissata liberamente dal gestore ed il pagamento, oltre che con il classico bollettino postale, può avvenire in molti casi attraverso Internet.
Alcuni comuni prevedono la possibilità, in alcune circostanze come il temporaneo disagio economico, di pagare a rate a determinate condizioni (con limiti di importo e di rate), corrispondendo ovviamente gli interessi legali.
Anche in caso di morosità ogni comune si muove piuttosto liberamente. Al classico avvio di procedimenti ingiuntivi con addebito di spese ed interessi si affianca la possibilità di addebitare sanzioni, in alcuni casi analoghe a quelle tributarie previste per la vecchia Tarsu.
Tarsu e Tia a confronto
Prima parte.
È stato detto che la Tia (tariffa di igiene ambientale), fino ad oggi, non è stata “toccata” e pertanto -almeno fino a nuovo ordine - rimangono valide le norme precedenti, ovvero il decreto Ronchi (d.lgs.22/97) e il suo regolamento (d.p.r. 158/99), che sono quelle sulla base delle quali i contribuenti residenti nei comuni, dove è stata introdotta, versano il tributo.
La principale differenza riguarda il metodo di calcolo, che prevede l'uso, oltre a dati fissi come la superficie dell'immobile (tarsu), di parametri più variabili e personali, come il numero degli occupanti l'immobile e l'effettiva produzione di rifiuti in termini sia quantitativi che qualitativi. Gli addebiti, pertanto, dovrebbero risultare più equi e meno gravosi per le famiglie numerose che abitano immobili di dimensioni ridotte. Le tariffe e le agevolazioni continuano ad essere determinate dai Comuni, nel rispetto delle regole e dei metodi di calcolo fissati dalla legge. Cambia la gestione, che diventa totalmente esterna (possono essere utilizzate società private specializzate od agenti di riscossione locali), con ovvie conseguenze negative sui costi, e quindi sulle tariffe. Un altro principio che pesa sulla Tia è che essa deve, per legge, coprire il 100% dei costi del servizio, mentre per la Tarsu parte di essi erano coperti, nel bilancio comunale, da entrate diverse.
Le conseguenze di un mancato o ritardato pagamento non variano molto, perché nonostante si passi da una “tassa” ad una “tariffa”, i metodi di riscossione possono ancora prevedere la cosiddetta “iscrizione a ruolo”. Essa comporta l'avvio - in caso di morosità - di un procedimento di riscossione che passa dall'emissione di una cartella esattoriale a provvedimenti amministrativi come il fermo dell'auto, il pignoramento dei beni o addirittura l'ipoteca della casa (tutto dipende dall'entità del credito che il comune vanta nei nostri confronti considerando, oltre alla Tarsu o Tia, gli altri tributi locali nonché le multe al codice della strada).
La Tarsu (tassa rifiuti solidi urbani). Istituita dal decreto legislativo 507/93, che ne detta i criteri generali, la Tarsu è gestita e regolamentata dai singoli comuni, quelli che ancora non sono passati alla Tia, in modo autonomo attraverso regolamenti propri.
La tassa è dovuta da coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse dalle aree a verde, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in maniera continuativa. Coloro che iniziano o cessano di occupare o detenere locali ed aree scoperte hanno l'obbligo di presentare, rispettivamente, “denuncia di nuova utenza” entro il 20 gennaio dell'anno successivo all'inizio dell'occupazione o “denuncia di cessazione” al momento del rilascio, su appositi moduli predisposti dal comune. La tassa decorre o cessa dal bimestre successivo a quello di denuncia. Nello stesso termine dev'essere denunciata ogni variazione relativa ai locali ed aree, alla loro superficie e destinazione che comporti un maggior ammontare della tassa o comunque influisca sull'applicazione e riscossione del tributo in relazione ai dati da indicare nella denuncia.
Il criterio base è l'applicazione di una tariffa al metro quadro, tenendo conto dell'uso specifico del locale e dell'area: casa, ufficio, negozio (diversità tra merce venduta), banca, ecc. L'ammontare da pagare dipende sia dalla quantità e qualità medie dei rifiuti solidi urbani che sono producibili nei locali e aree urbane secondo il loro uso, sia dal costo dello smaltimento rapportato all'utenza tramite dei coefficienti.
Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell'anno, qualora la cosa sia documentabile. Sono escluse dalla tassazione le aree comuni del condominio di cui all'art. 1117 del codice civile che possono produrre rifiuti (a meno che non siano di uso esclusivo di uno o più condomini).
La tariffa unitaria può essere ridotta di un importo non superiore ad un terzo nel caso di: abitazioni con unico occupante; abitazioni o locali adibiti ad uso diverso tenuti a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo, quando ciò sia stato opportunamente dichiarato; utente che, versando nelle circostanze di cui sopra (uso stagionale o discontinuo), risieda o abbia la dimora, per più di sei mesi all'anno, in località fuori del territorio nazionale.
La riscossione avviene tramite iscrizione a ruolo, con emissione di cartelle suddivise in quattro rate. Le sanzioni applicabili (in caso di mancata o infedele presentazione delle denunce o di mancato o ritardato pagamento) sono quelle “tributarie” previste dalla legge. È possibile regolarizzare errori ed omissioni, prima che arrivino accertamenti, tramite il “ravvedimento operoso”.
La Tia (tariffa igiene ambientale). Ogni comune si adegua alla nuova tariffa, introdotta dal d.lgs.22/97, con uno specifico regolamento che deve stabilire, oltre alle tariffe vere e proprie, i soggetti passivi, i casi di esclusione, le agevolazioni, le classi di attività per le utenze non domestiche e le modalità di accertamento e riscossione adottate.
Riguardo ai soggetti passivi la legge è chiara e stabilisce che la tariffa è dovuta da chiunque occupi oppure conduca locali o aree scoperte ad uso privato (non costituenti accessorio o pertinenza degli stessi) a qualsiasi uso adibiti, esistenti nel territorio comunale.
Gli adempimenti a carico dell'utente, invece, sono stabiliti soggettivamente da ogni comune. Conformemente alle regole valide per la vecchia tassa, là dove la Tia è applicata, sono previsti precisi obblighi in fase di inizio e cessazione dell'occupazione dei locali, ovvero invio di denunce scritte entro precisi termini (che in genere sono di 60 gg dall'evento). Comprensibilmente i regolamenti disporranno l'obbligo di denuncia anche qualora accadano eventi che possono incidere sul calcolo della tariffa (cambio di residenza familiare, variazione della superficie, cambio attività delle utenze non domestiche). Invece, quando cambia il numero di componenti del nucleo familiare (per nascita, morte o trasferimento della residenza di uno di essi) normalmente non è necessario comunicare alcunché, poiché il comune segnala direttamente la variazione al gestore. In caso di morte dell'intestatario dell'utenza, invece, è in genere previsto l'obbligo di denuncia da parte degli eredi.
Una e buona
La buona volontà va sempre lodata, ma non può prescindere dalla conoscenza della normativa. Qui ci si riferisce ad una proposta affissa nella bacheca dello “Strillone” dai consiglieri della minoranza di “Brembio che cambia” riguardante una commissione che dovrebbe stendere il regolamento della “tariffa di igiene ambientale”, Tia, che dovrebbe sostituire la Tarsu, o “tassa rifiuti solidi urbani” prima o poi. Diciamo prima o poi perché il passaggio progressivo dalla Tarsu alla Tia, previsto dal Decreto Ronchi (d.lgs.22/97, art.49) e dal suo regolamento attuativo (d.p.r. 158/99), ha incontrato ritardi, ostacoli ed obiezioni, alcune delle quali fondate, come quella avanzata dall’Anci nel 2003, che aveva presentato una richiesta ufficiale all’allora Ministro Tremonti per mezzo dell’allora presidente Dominici nella quale si chiedeva, visto il nuovo Titolo V della Costituzione e visto il tema del federalismo fiscale, di lasciare la libertà ai Comuni di decidere se restare a tassa o passare a tariffa. Una questione che è stata posta come segno di autonomia, ma accanto a questa veniva posta una seconda questione, la semplificazione dell’applicazione, cioè si chiedeva che fosse modificata e semplificata tutta la materia perché fosse più comprensibile da parte dei cittadini che hanno bisogno di capire come vengono tassati e chiamati a pagare le fatture.
Alcuni Comuni italiani, come ad esempio è avvenuto in Toscana, comunque hanno iniziato ad adeguarsi a quanto previsto dalla legge, introducendo la Tia al posto della Tarsu e disciplinandone la riscossione tramite specifici regolamenti. In prima fase era previsto che la quasi totalità dei Comuni dovesse procedere al passaggio entro dicembre 2006, ma le leggi finanziarie del 2007 e del 2008 hanno congelato i termini decretando che i Comuni debbano mantenere, fino a tutto il 2009, lo stesso sistema di tassazione del 2006. La situazione è non poco confusa, continuando a convivere il vecchio e il nuovo sistema anche nell’attesa che nel frattempo vengano rese attuative anche le “nuove” disposizioni tariffarie del Codice ambientale. La materia è stata riformata infatti dal codice ambientale (d.lgs.152/06, entrato in vigore il 29/4/06, articoli 195 e 238) che - pur abrogando il decreto Ronchi - ha praticamente confermato la disciplina generale da esso introdotta. Vengono annunciati nuovi criteri di calcolo e di determinazione della tariffa e delle agevolazioni, da emanarsi a cura del ministero dell'Ambiente entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge. Ad oggi però il codice è praticamente inattivo, perché - per lo meno per la parte che riguarda la Tia - non risulta emesso alcun regolamento.
In sintesi, la legge di conversione n. 13 del 27 febbraio 2009 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, recante misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente, all’art. 5, come detto, proroga a tutto il 2009 il regime transitorio di prelievo relativo al servizio per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu). Tale proroga è stata ritenuta necessaria in attesa della definitiva adozione degli atti richiesti per l'implementazione della nuova tariffa per la gestione dei rifiuti urbani (Tia), introdotta dall'art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006. I Comuni, quindi, dove nel 2006 vigeva ancora la Tarsu continueranno ad applicare anche nel 2009 la tassazione prevista dal d.lgs. n. 507/1993, mentre gli enti che nel 2006 avevano già adottato la tariffa rifiuti introdotta dal d.lgs. n. 22/1997 dovranno continuare ad applicare questa ultima, per quanto entrambe le normative siano state abrogate dal Codice ambientale. Va aggiunto che il comma 2-quater prevede per i Comuni che lo ritengono opportuno che qualora il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non emani, entro il 30 giugno 2009, il regolamento per la Tia previsto dal comma 6 dell'art. 238 del d.lgs. n. 152, la possibilità di adottare la tariffa - a partire dal 2010 se si rientra nei termini per l'approvazione dei bilanci - ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti (DPR 158/99).
Poiché riteniamo d’interesse approfondire la questione e le differenze, vantaggi e svantaggi della nuova disciplina, compareremo in un successivo articolo redazionale le due modalità impositive.
Il buon senso dovrebbe suggerire che un comune piccolo come il nostro, con risorse minime anche di personale, non si faccia velleitariamente promotore di innovazioni per il gusto della sensazione, ma che segua il normale iter delle trasformazioni normative dando tempo al tempo.
Ritornando invece all’incipit dell’articolo, va detto che la determinazione delle tariffe è di competenza della giunta comunale, che le determina sulla base dei costi del servizio che concorreranno a formare bilancio di previsione. È evidente che un regolamento che va a determinare un aspetto sensibile del bilancio non può che essere proposto dall’organo di governo. L’approvazione di tale regolamento poi, come di tutti i regolamenti, è di competenza dell’organo di indirizzo, cioè del consiglio comunale, che lo può eventualmente modificare. Pur tenendo in gran conto la partecipazione popolare nelle decisioni, appare impensabile che una tale materia venga affidata a semplici cittadini come traspare dalla proposta di nomi che correda il documento della minoranza “Brembio che cambia”, seppure eventualmente membri di una improbabile commissione consultiva.
La Corte dei Conti promuove bilancio e sanità regionali
Ieri, nella sala delle udienze di via Marina a Milano i magistrati contabili, presieduti da Nicola Mastropasqua, alla presenza dell'assessore alle Risorse finanziarie e bilancio, Romano Colozzi, delegato dal presidente Roberto Formigoni hanno presentato le relazioni sul "pre-consuntivo" 2008, dalle quali emerge che il bilancio generale della Regione è sano e trasparente, così come sano e trasparente è giudicato il bilancio di tutto il sistema sanitario (il capitolo di gran lunga più rilevante dei conti regionali). Formigoni e Colozzi, a commento, hanno sottolineato che: “Due in particolare sono i fattori messi in atto o perfezionati da noi nel 2008 decisamente apprezzati dalla Corte, in riferimento soprattutto alla situazione generale di crisi economica: l'ulteriore riduzione della pressione fiscale e la velocizzazione dei tempi di pagamento dei fornitori del sistema sanitario”.
Vediamo in sintesi le considerazioni più rilevanti. Per quanto riguarda l’Irpef, la minor pressione fiscale è data dal fatto che la Regione nel 2008 ha diminuito l'aliquota dell'addizionale sull'imposta sulle persone fisiche a carico di coloro che hanno un reddito inferiore ai 30.987,41 euro con l'innalzamento della quota di esenzione sino alla quota di reddito annuo di 15.493, 71 euro.
Quanto alla sanità, la Corte ha confermato il fatto che Regione Lombardia è, ormai da anni, tra le pochissime Regioni ad avere il bilancio in pareggio. “A fronte di un disavanzo complessivo del sistema sanitario nazionale - sottolinea la relazione della Corte dei Conti - di 3,5 miliardi, la Lombardia ha chiuso il 2008 addirittura con il segno più, precisamente con un attivo di 10,1 milioni”. In merito ai tempi di pagamento, Roberto Formigoni ha sottolineato: “Degne di rilievo nel corso del 2008, come peraltro rilevato dalla stessa Corte e di cui sono particolarmente fiero, sono risultate le azioni di Governo regionale finalizzate alla riduzione dei tempi di pagamento ai fornitori delle Aziende Sanitarie che risultano ormai stabilizzati a 90 giorni, con effetti positivi che includono anche il forte contenimento degli oneri finanziari”.
I soldi in tasca ai manager pubblici lodigiani
Manager pubblici, ecco quanto ci costano.
Nome per nome tutti gli stipendi dei diversi componenti dei cda (consigli di amministrazione).
Rassegna stampa.
Questa volta sotto la lente d’ingrandimento sono finiti i manager pubblici. In questi giorni, il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, ha pubblicato on-line i nomi e gli stipendi delle persone che siedono nei consorzi e nelle società partecipate delle pubbliche amministrazioni, aggiornati al 2009.
Il documento conta 1057 pagine, complessivamente si tratta di 1.785 consorzi e 3.356 società partecipate dalle pubbliche amministrazioni su tutto il territorio nazionale, con 19.870 rappresentanti negli organi di governo. Nel 2008 i consorzi erano 2.291, mentre le società partecipate 4.461 e i rappresentanti negli organi di governo 23.410. Centinaia di poltrone occupate qualche volta da professionisti del settore, capaci di gestire società quotate in Borsa, ma anche politici “silurati” in cerca di un posto ben remunerato dopo che non sono stati più eletti.
Nel Lodigiano, si contano cinque società partecipate per la provincia di Lodi e sei per il comune capoluogo, per un totale di 83 poltrone occupate da presidenti e consiglieri; non tutti percepiscono un trattamento economico, a volte si verificano delle eccezioni. Tutte le informazioni possono essere trovate anche su Internet, basta navigare nei siti ufficiali dei due enti. A palazzo San Cristoforo, in via Fanfulla, le società partecipate sono Sisa, Eal (Energia lodigiana ambiente), Lodi Progress, Consorzio Parco Adda Sud, Basso Lambro impianti, Cap Holding (ora diventata Amiacque), Sal, Consorzio lodigiano per i servizi alla persona. In Broletto, invece, a parte Eal e Lodi Progress, ci sono Azienda farmacie comunali, Astem, Giona e Gis (Gestione impianti sportivi).Ecco l’elenco completo dei componenti dei diversi consigli di amministrazione: Sisa, Angelo Antoniazzi (presidente, 17.131mila euro), Edoardo Aiolfi (3.652), Giancarlo Tortato (4.131); Stefano Schegginetti (4.691), Mariano Peviani (4.131), Mauro Lorini (5.048), Luigi Meazza (3.222); Eal, Antonio Nava (presidente, 24.700), Antonio Redondi (22.800), Serena Bersani (2mila euro); Lodi Progress, Fernando Ferrari (presidente, senza compenso), Alfredo Corrù (852 euro), Moira Tansini (5.850), Roberto Spolti (5.200), Vittorio Riccaboni (300), Enrico Perotti (senza compenso), Luca D’Alessandro (900), Antonio Curreli (900); Consorzio Parco Adda Sud, Silverio Gori (presidente, 7.466 euro), Claudio Bordogna (4.479), Davide Mariani (4.479), Rosetta Albertini (4.479), Giovanna Grossi (4.479), Aldo Dalla (4.479), Oscar Stefenini (4.479), Giancarlo Scaratti (4.479), Luigi Fedeli (4.479), Luca Ferrari (senza compenso), Moreno Caravaggio (senza compenso), Omar Bragonzi (senza compenso), Vittorina Bertozzi (senza compenso); Basso Lambro impianti, Francesco Zoppetti (presidente, 15.600 euro), Angelo Dordoni (7.800), Andrea Galbarini (7.800), Ferdinando Mascherpa (7.800), Mario Vicini (senza compenso); Sal, Carlo Locatelli (presidente, 15.600 euro); Lorenzo Barbaini (7.800), Luigi Visigalli (7.800); Cap Holding, Alessandro Ramazzotti (presidente, 35.046 euro), Giovanni Occhi (30.039), Gilberto Righi (30.039), Mauro Paganini (30.039), Franco De Angeli (30.039), Ambrogio Guasconi (1.460), sono tutti senza compenso Sergio Cazzaniga, Walter Cattaneo, Lucio Fois, Giorgio Grassi, Fortunato Zinni, Lino Volpato, Renato Saccone, Massimo Sacchi, Pasquale Ornago, Maurizia Erba, Gino Perferi, Antonio Moroni, Paolo Manzoni, Patrizia Lecchi, Simona Ginzaglio, Anna Frontini; Consorzio per i servizi alla persona, Sergio Rancati (presidente, 14.400 euro), Francesco Bergamaschi (300), Roberto Miragoli (300), Mariano Mussida (300), Elisa Spinoni (300), Antonio Sobacchi (300), Pier Angelo Galmozzi (300); Aziende farmacie comunali Lodi, Adele Riboni (presidente, 23mila euro), Luca Corvi (5mila), Carlo Chizzoli (5mila); Astem, Carlo Coltri (presidente, 36.439 euro), Vito Cafaro (10mila), Oscar Ceriani (10mila), Vittorio Scolaro (10mila), Aurelio Cornelli (10mila); Giona, Sergio Galuzzi, (presidente, 210 euro), Esterino Cipolla (210), Domenico Capuzzi (210); Gis, Giovanni Coviello (presidente, 5mila euro), Marco Bastici (2.500), Angelo Malusardi (2.500).
Un’iniziativa avventata e propagandistica
Bertonico – Turano: «La scelta della giunta è folclore amministrativo». Centrale, Felissari spara a zero contro la revisione dell’accordo.
Rassegna stampa.
Bertonico – Turano - «Ritengo sia un’iniziativa avventata e propagandistica. Questo è solo folclore amministrativo. Segno di un pessimo inizio della giunta Foroni, sia nel metodo che nel merito». Parte all’attacco l’ex presidente della Provincia, Osvaldo Felissari che guiderà il gruppo del Pd a palazzo San Cristoforo. Dopo l’annuncio da parte del nuovo esecutivo provinciale di bloccare la bozza di convenzione sulla centrale di Bertonico-Turano, non risparmia pesanti critiche e annuncia la richiesta di una convocazione del consiglio provinciale. «Mi ha sorpreso molto, e in negativo, la comunicazione di voler revocare una bozza di convenzione - ha sostenuto - in quel documento avevamo concentrato il lavoro di diverso tempo, su molti dei temi d’interesse territoriale, e lo abbiamo poi formalizzato prima delle elezioni, anche sulla base di un confronto con diverse realtà del Lodigiano, oltre che per non disperdere uno sforzo comune, nel rispetto dell’ambiente, sulle questioni del lavoro e dello sviluppo. Quello che abbiamo fatto non è stato altro che un’azione di responsabilità».
A fianco ad altri esponenti di spicco del Pd, eletti in consiglio provinciale, Felissari ha invitato la nuova giunta ad evitare spot elettorali e ad assumere un profilo istituzionale. «La campagna elettorale è finita, quindi credo che sia opportuno parlare un po’ meno al movimento e più al territorio - ha sostenuto - e poi facessero meno i fenomeni e leggessero in modo approfondito i documenti. La ripartizione dei benefici ai comuni viene stabilita dalla legge, in particolare dal decreto Marzano». E poi rispetto alla volontà annunciata da Foroni di avviare una nuova concertazione, con tutti i comuni del territorio interessati dall’impianto a turbogas, quand’anche questo non ricada entro i loro confini territoriali, ha dichiarato: «Invece che lavorare per federare e avviare iniziative di collaborazione, si rivolge loro accuse, senza nemmeno avvertirli». E ancora: «Dalle indiscrezioni degli ultimi giorni, con la nuova amministrazione pare che ci siano più ambizioni che poltrone». Per affrontare queste materie e dare battaglia nell’aula dell’assemblea, verrà nei prossimi giorni presentata l’istanza per convocare un consiglio e discutere dell’argomento con la presentazione di una mozione urgente. Sono quindi intervenuti, il vice presidente del consiglio provinciale, nonché esponente del Pd Mauro Soldati, che ha detto: «Noi eravamo abituati a risolvere i problemi, non a evocarli. Dire che si lavora per la concertazione, poi sparare a zero sui comuni, è un assurdo». Infine, tra due consiglieri del gruppo dei democratici (Margherita Fusar Poli e Andrea Signorini) ha preso la parola anche il consigliere Luca Canova che ha comunicato che verrà presentata anche una mozione urgente sulla questione piano provinciale dei rifiuti e discarica di Senna.
4000 badanti a rischio nel Lodigiano
Lodi, 4000 badanti irregolari a rischio.
Senza di loro, anziani e bambini resteranno privi di assistenza.
Rassegna stampa.
Lavano gli anziani, passano lo straccio sul pavimento e si arrampicano sul davanzale per lucidare i vetri. Le chiamano badanti e colf e spesso sono irregolari. Nel Lodigiano sono circa quattromila. Dopo l’approvazione del pacchetto sicurezza del Governo i loro sonni sono ancora più tormentati. Di fatto, dicono i sindacati, mai nessuno avrà il coraggio di mandarle via, visto che «ci servono». Secondo il decreto però essere irregolari, cioè senza permesso di soggiorno, è un reato. E lo è anche per le famiglie che le ospitano. Prima, con la legge Bossi-Fini, l’irregolarità diventava un reato solo se le persone non rispettavano il decreto di espulsione. «La situazione però - commenta Domenico Campagnoli, segretario provinciale della Cgil - continuerà ad essere uguale a quella di prima». D’accordo con lui è anche Mario Uccellini, segretario provinciale della Cisl: «La clandestinità - dice - ha due facce. Quella di chi è scomodo e viene espulso e quella delle badanti. Faremo finta, anche questa volta, di non vederle, se no succede una rivoluzione. C’è molta ideologia dietro. Gli immigrati sono considerati tutto, purtroppo, fuorché una risorsa. Basta prendere un esempio che nel Lodigiano vale per tutti gli altri ed è il macello di Ospedaletto: senza stranieri potrebbe tranquillamente chiudere. Il timore, quindi, è che le cose non cambino, ma poi si dia la colpa ai giudici o alle forze dell’ordine dicendo che non sanno fare il loro lavoro».
Un grido d’allarme nel Lodigiano arriva dal direttore del patronato Acli, Paolo Zanoni. «Mi chiedo che cosa succederà adesso - lamenta -. Perché non risolvono la questione delle badanti irregolari e delle decine di migliaia di famiglie che le ospitano avendo fatto richiesta di assunzione con il decreto flussi del 2007 senza aver ricevuto ancora risposta? Solo come patronato Acli abbiamo chiesto che venissero regolarizzate duemila badanti, ma nel Lodigiano sono almeno il doppio. Anzi di più, perché poi, dal 2007, la gente ha continuato comunque ad emigrare. I posti assegnati in provincia, però, erano solo 500. Adesso dico: cosa succederà alle case di accoglienza? Chi va in galera? Gli operatori, i preti e le suore che aiutano la povera gente? Le domande dei patronati sono finite tutte nei magazzini del Viminale». Il decreto, aggiunge Zanoni, associandosi alle dichiarazioni del presidente nazionale Acli, Andrea Oliviero, «va ad agire nella sfera dei diritti fondamentali e della dignità umana. Il Governo dovrà assumersi la responsabilità per aver voluto favorire nei fatti e nelle intenzioni un clima pericoloso di paura e di sospetto che alimenterà la clandestinità anziché combatterla; renderà gli immigrati irregolari ancora più invisibili».Il decreto flussi, tuonano Laura Coci e Roberto Gualterotti, referenti dell’associazione Lodi per Mostar, «prevede che i datori di lavori chiamino gli stranieri che sono ancora all’estero offrendogli un posto di lavoro. In realtà, invece, le aziende fingono e chiedono semplicemente che vengano regolarizzati i lavoratori irregolari che sono già qui. Usano il decreto flussi come una sanatoria. Non so quante carceri ci vorrebbero per tutti gli irregolari presenti. Il Governo ha solo adempiuto alle sue promesse elettorali. L’immigrazione irregolare non può essere considerata un reato: così facendo si viola l’articolo 3 della Costituzione. Se circolo con la patente scaduta non compio un reato, ma un illecito amministrativo. Perché allora essere irregolare è reato? Non c’è uguaglianza. Lavoro nero ed evasione fiscale erano precedenti al fenomeno dell’immigrazione. Se le persone vengono, poi, è perché c’è richiesta. Se il Governo fosse coerente adesso dovrebbe davvero espellere tutti i clandestini. La mia è una provocazione, ma voglio proprio vedere cosa succederà». Parole di preoccupazione arrivano anche dal direttore della Caritas lodigiana, don Davide Scalmanini: «Il prossimo - commenta - sta diventando un nemico. I diritti umani di chi è nel bisogno vanno rispettati». Ad associarsi con lui l’assessore ai servizi sociali del comune di Lodi, Silvana Cesani: «Mi aspetto che le persone mi chiamino preoccupate per quello che sarà il loro futuro - commenta -. La situazione è grave. Nel Lodigiano molte badanti sono in stato di irregolarità, eppure svolgono una funzione sociale di cui le famiglie hanno bisogno. Attraverso il piano di zona, abbiamo cercato di fare in modo che le badanti uscissero dal lavoro in nero. Una norma come quella approvata rischia di mettere in crisi e far saltare le famiglie della nostra città. Se viene applicata così è davvero un pericolo. Speravo che non passasse e ci fosse la possibilità in Parlamento di discutere, invece il voto di fiducia ha accelerato i tempi. Vedremo, a Lodi, in questi giorni, come muoverci».