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sabato 26 settembre 2009

Blog Notte - Il pomeriggio d'un fauno

Blog Notte
Il pomeriggio d'un fauno

26 settembre 2009



Questa sera cominciamo così, con la rubrichetta "Buongiorno" di Massimo Gramellini su La Stampa di oggi, Michelle ma belle.

Piccolo test psico-attitudinale per conoscere il vostro profilo politico. Che effetto vi fa questa foto scattata al G20 di Pittsburgh e tesa a immortalare l'incontro fra il premier di una nazione del Sud Europa e la moglie del presidente degli Stati Uniti?
a) Vergogna. Possibile che su venti capi di governo che si attengono al cerimoniale senza tante smancerie, l'unico a doversi distinguere sia sempre lui?
b) Allegria. Per fortuna che su venti capi di governo che si attengono al cerimoniale senza un briciolo di estro, ce n'è almeno uno che non sembra un invertebrato.
c) Imbarazzo. Perché dobbiamo ancora esportare la macchietta del cumenda milanese del secolo scorso, quello che appena vede una donna comincia a storcere la bocca e le mani?
d) Davvero pittoresco, questo nonnino col cerone sulla faccia. E poi è così galante.
e) Che fa, ci prova pure con lei?
Se avete risposto a) siete anti-italiani, b) siete berlusconiani, c) siete quel che siete e forse lo avete anche votato, per mancanza di alternative, d) siete Michelle Obama, e) siete Barack Obama.



A questo punto - anche se intuibile - vi chiederete il perché del titolo dato a questo post serale. Vi ricordate il film di animazione - appunto - "Allegro non troppo" di Bruno Bozzetto? No? Sì? Il film nasce forse come parodia del disneyano "Fantasia", ma per molti versi va oltre e non gli è per nulla inferiore. Uno dei brani descritti con disegni animati è il "Prélude à l'après-midi d'un Faune" di Claude Debussy. Lo trovate qui sotto. Guardatelo e poi dite se il protagonista non vi ricorda qualcuno.



E tanto per gradire, per pari opportunità se volete gradire, potete guardarvi anche una giovane ninfa che si mostra in tutta la sua leggiadria in un ballo... ad un provino, uno dei primi della sua esaltante carriera.



E ritorniamo ancora, come già fatto ieri, sulla puntata di giovedì di "Annozero". Ricordate? «Comunque la pensiate siamo qui», ha esordito Santoro aprendo il programma per spiegare subito: «e tranquilli perchè con noi c'è, senza contratto ma c'è, anche Marco Travaglio e le cose si sistemeranno». Sulle polemiche e le difficoltà sulla libertà di stampa che hanno accompagnato l'esordio della trasmissione in questa stagione il giornalista ha detto: «Non possono esser le solite
storie di Santoro per creare attenzione intorno al programma e poi quelle parole di Berlusconi a Porta a Porta ve le ricordate?». E ne ha mostrato le immagini nella parte in cui il presidente del consiglio parlava dei programmi Rai contro il governo e la sua parte politica. «La Rai è l'azienda in cui mi onoro di lavorare - ha aggiunto Santoro - e mi chiedo che cosa sarebbe la Rai senza Report, senza Ballarò, senza Annozero?». Insomma, ha aggiunto ancora, «io non ci sto a fare come al Grande fratello, a stare in nomination e aspettare di capire chi di noi sarà fuori per primo..». Poi ha mostrato le immagini del ministro Brunetta quando ha parlato di «culturame» e infine ha citato un'omelia del cardinal Bagnasco. Sostanzialmente questa è la parte che ho riproposto nel post di ieri.
La puntata conteneva altre cose, un'intervista a Vittorio Feltri sul caso Feltri-Boffo, o se meglio vi pare, Il Giornale-Boffo. Ma l'intervista a Feltri va anche su altri temi, come troverà chi si fosse perso la trasmissione nello spezzone linkato qui sotto.



Così la "parte lesa" commenta la trasmissione. Chi scrive in data di ieri, nel suo blog "Metropolis", è Alberto Taliani, caporedattore di IlGiornale.it.

La “libertà” di Santoro.
Vabbè, la chiamano televisione pubblica, la Rai…. Se vogliamo crederci ancora dopo il ritorno di Michele Santoro e di Annozero su RaiDue, preceduto da un battage pubblicitario incentrato sull’ovvio leit motiv "ci censurano" (ovviamente i censuratori sono i soliti cattivi del centrodestra, Berlusconi in testa), ci vuole fegato. Ma si sa, la Rai non è la Bbc e si vede. Come dice Garimberti: "C’è la democrazia del telecomando".
La trasmissione ha dispiegato ancora una volta la solita messa cantata del "santorismo" televisivo: copione, scenografia, taglia & cuci di servizi e interventi funzionali al "messaggio" di una sorta di ghigliottina mediatica che non è altro che la continuazione della politica con altri mezzi. L’arcinemico è quello di sempre, Silvio Berlusconi. Con una variante (prevedibile) anche Vittorio Feltri e il Giornale sono entrati nel mirino di Michele. Arcinemici anche noi. In fondo, più ti leggono, più sputtani ipocrisie e falsi moralisti più ti attaccano… Altra "variante" inserita nel minestrone lo spezzone di intervista alla D’Addario: ci voleva la escort santificata dalla sinistra per non parlare (troppo) di Tarantini e dello scandalo della sanità in Puglia…
Così ad Annozero si riparte da dove si era finito: escort, letti, gossip, sottintesi, ammiccamenti e quant’altro. Predica del conduttore, riassunto di Travaglio sulle escort e il Cav (già letto sull’Espresso), vignette di Vauro ecc. ecc. In fondo oggi questo è il bello della sinistra, altro e di meglio alle viste per ora non si vede. Con il direttore dell’Unità Concita De Gregorio pronta a battibeccare per cadere poi su un’infelice e bruttisima frase sulla cocaina (della serie "ma non non ho detto così…" ma intanto l’ha detto, aggiungio io). L’altra variante sul tema (più sottile, questa) è stata l’entrata a piedi uniti nel congresso del Pd. Non credo che Santoro tifi per la parte di D’Alema che si è beccato qualche randellata pure lui… E, a proposito di Pd, a sostituire la Granbassi nella scenografia è arrivata Giulia Innocenzi, che è stata candidata (sconfitta) alle primarie dei giovani del Pd.
Qualche lettore del Giornale.it, commentando nei giorni scorsi gli articoli su Santoro ha scritto: ma perché non lo fanno segretario dei Democratici? Bella domanda. Intanto la libertà di stampa (e anche la sua, intendo di Santoro) è salva, altro che censura…
A proposito di "democrazia del telecomando", la fiction di Raiuno Don Matteo 7 ha vinto il prime time, seguito da Annozero mentre Porta a Porta è stato il programma più visto in seconda serata.

Contento Taliani, contenti tutti gl'italiani.




Lascio al commento di Michele Serra, fatto in occasione della battutaccia su Obama, la conclusione di questo post.


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Livore giornalaio

Non mi alzo in piedi per Bocca.
Rassegna stampa - Il Giornale, Paolo Granzotto, 26 settembre 2009.

Allora è così: secondo Dario Franceschini quando si parla di un giornalista come Giorgio Bocca bisogna prima alzarsi in piedi. Anche quando lo stesso Bocca dice che gli italiani sono tutti dei fessi. Franceschini lo ha affermato, col suo solito tono in falsetto, nel corso di Annozero e sotto lo sguardo compiaciuto di Michele Santoro. È evidente dal contesto, che qui per brevità non riportiamo, che l’alzata in piedi raccomandata dal caduco segretario dei democratici non va intesa come gesto di cortesia e al tempo stesso di rispetto per un uomo coi capelli bianchi. Ma come doveroso omaggio al venerato maestro del giornalismo quale risulterebbe essere Bocca. Ora è evidente che ciascuno può venerare e chiamare maestro (di vita e di pensiero) chi gli pare e piace. Giorgio Bocca, ed esempio, venerò e considerò maestro un signore che si chiamava Benito Mussolini, e questo fino al 1943. Scrisse in suo onore sperticatissimi elogi, vide in lui la figura del grande statista, dell’uomo della provvidenza per aver emanato le leggi razziali. Certo, si ravvide. Ma solo quando gli apparve chiaro che il fascismo stava tirando le cuoia. Allora e in un baleno si strappò la «cimice» dal bavero della giacca e s’annodò al collo il fazzoletto rosso. Per poi campare, per gli anni a venire, della rendita antifascista. Bene, se a sua volta Franceschini reputa maestro (venerabile) di giornalismo un giornalista che ancorché giovane, ma non marmocchio, scriveva: «Sarà chiara a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell’Europa ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù», avrà le sue buone ragioni, magari, chi lo sa?, il sottoscrivere, l’abbracciare il côtée fascista e antisemita del suo idolo.
E un’altra ragione dovrà esserci per la franceschiniana elevazione a modello di giornalismo di un giornalista - sempre lui, Bocca - che allorché le Br cominciarono a menar strage scriveva, facendo anche lo spiritoso: «A me queste Brigate rosse fanno un curioso effetto, di favola per bambini scemi o insonnoliti. E quando i magistrati e gli ufficiali dei Carabinieri e i prefetti cominciano a narrarla, mi viene come un’ondata di tenerezza, perché la favola è vecchia, sgangherata, puerile, ma viene raccontata con tanta buona volontà che proprio non si sa come contraddirla». Così come col fascismo, anche in questo caso Bocca convenne, assolutamente fuori tempo massimo, però, d’essersi sbagliato. Ammettendo, a babbo morto, che le Brigate erano rosse e non nere e che la loro esistenza non era una favola per bambini scemi, ma una realtà. Gli si può dunque dar atto di onestà intellettuale, ma i pardon restano pardon. Quel che conta è che le sue lezioni di grande giornalismo su quei temi vertevano: la grandezza del Duce, il tentativo ebraico di porre l’Europa in schiavitù e il ridicolizzare quanti denunciavano l’azione terroristica di bande eversive di matrice comunista. E non è da dire che in età avanzata Bocca abbia rinunciato a impartir lezioni di giornalismo alto. Come quando scrisse, a proposito dell’istituto del referendum - eppure benedetto dai padri costituenti, iscritto in quella Carta che, come si va sostenendo a destra e a manca, pone i paletti del vivere civile e sulla quale tutto tronfio Franceschini giurò sulla pubblica piazza di Ferrara - che non si affidano «a trenta milioni di analfabeti di ritorno le sorti del Paese». Alé.
Per Dario Franceschini, dunque, questo sarebbe il campione del giornalismo che al solo nominarlo è d’uopo scattare in piedi. Magari togliersi anche il cappello in omaggio alla autorità culturale e morale, sociale e politica d’un uomo che ha speso una vita in difesa della Verità, con la maiuscola. Come capacità di giudizio, niente male per uno che si propone come capobranco dei sinceri democratici. Che forse, che tutto sommato, è il capobranco che si meritano.
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Gli occhiali dei berluscones

Dizionario del santorismo tra Gramsci e Celentano.
Rassegna stampa - Il Giornale, Massimiliano Parente, 26 settembre 2009.



Mio caro lettore di sinistra o di destra, mon frère, ipocrita eppure mon semblable, come scriveva Baudelaire nell’introduzione ai Fiori del male, ecco un piccolo dizionario del santorismo, utile sia a riconoscerlo nelle sue varianti infettive (alcune voci valgono anche per il gabanellismo), sia per riprodurlo in casa per gli amanti del fai-da-te non solo nel sesso (benché, malgrado qualità scadente, sempre pornografia sia), sia per gli storici dei decenni a venire, quando si chiederanno di cosa stavamo parlando quando parlavamo di Annozero.
Il vittimismo da censura
È uno strumento tipico del santorismo, variante gramsciana del celentanismo anni Novanta, e che si sta diffondendo come un virus (il savianismo ne è una prova, dove ti giri c’è Saviano, vai in libreria e ci sono pile di Saviano, apri un giornale e c’è un articolo di Saviano, ricomincia la Bignardi ieri sera e c’è Saviano, ed è proprio il Saviano che firma appelli per la libertà di stampa). Il funzionamento è elementare: si grida alla censura da un mese prima fino a un giorno prima e perfino durante, quando è evidente che non c’è stata. Santoro nasce già censurato, come un feto che per nascere meglio e strillare più forte e strozzare i genitori in culla gridi all’aborto e nel frattempo ha già cinquantotto anni (sarà per questo che si chiama Annozero?). La retorica della censura è il tema, lo spot, la linfa vitale, l’hybris, l’humus, l’habitat, il trogolo di Michele. Quando infine va in onda si parla, per tre ore di trasmissione, di quello di cui non si può parlare «in Italia», come se fosse Radio Londra e non la solita Rai 2 in prime time. Qualche volta viene invitato Enrico Mentana, che fa la parte del saggio e dice «Beh, ne stiamo parlando no?».
Travaglio, I: il quadernino
All’inizio, quando guarda il quadernino, dà l’impressione del bambino che legge la poesia davanti agli ospiti dei genitori o alla recita scolastica, invece è uno scioglilingua a funzionamento ipnotico-subliminale, almeno questo è l’intento. (Il surrealismo lo chiamava “cadavre exquis”, cadavere squisito). Ricetta per preparare in casa un monologo di Travaglio: andate su Google, inserite la chiave di ricerca «Berlusconi processi», stampate una cinquantina di pagine, tagliatele in quattro parti ciascuna, mischiatele, cucitele insieme e leggetele senza interruzione e a velocità sostenuta. Per servire a cena, in diretta, condite con un paio di battute apparentemente contro la sinistra, qualcosa di irrilevante ma che faccia pensare voi siate imparziali, tipo «anche D’Alema è stato una volta a una cena con Tarantini, chissà che ci faceva...». Dopo potete portare tutto alla Rizzoli e farne un libro, il genere letterario è il «cut and paste» e Travaglio più che da Nanni Balestrini o William Burroughs è figlio della Microsoft Word Generation.
Travaglio, II: il sorrisino
Lo inquadrano quando parlano gli altri, non ho mai capito se gli fanno un segno e lui accende il sorrisino o se viceversa quando parlano i nemici tiene sempre d’occhio la lucina rossa della telecamera per fare il sorrisino. Quando inquadrano il sorrisino di Travaglio significa che Travaglio la sa lunga e l’altro è un impostore. Credo che il sorrisino sia preceduto, per esempio mentre parlano Belpietro o Ghedini o la Santanché o qualsiasi pezzo di m... fascista del centrodestra, da un cenno di Santoro (per esempio un occhiolino) a Travaglio che guarda il cameraman che inquadra Travaglio che fa il sorrisino.
Servizietto esterno I
Caposaldo del santorismo, il servizietto esterno è riservato a coloro che devono risultare brutti, sporchi, cattivi, fascistissimi. L’inviato modello deve avere una faccetta da Studentello Secchione e Moralista, si presenta con una cartellina piena di appunti, tabelle, diagrammi di flusso, articoli sottolineati. Chiunque faccia entrare l’inviato modello è fottuto in partenza: se lo sbatti fuori fai la figura del colpevole, se lo fai entrare e rispondi alle domande ti fa girare le scatole finché non lo mandi a quel paese e fai la figura del colpevole, se rimani calmo come il Mahatma Gandhi ti inquadrano in modo tale da farti sembrare, al cospetto dello Studente Secchione e Moralista, come minimo Adolf Hitler nella tana del lupo. I montatori e tagliatori della postproduzione fanno il resto.
Servizietto esterno II
È il contraltare del servizietto esterno negativo, teso a dimostrare la tesi santoriana e far sembrare lo Studente Secchione e Moralista davvero obiettivo e a far sì che il telespettatore santorizzato ti dica «Eh beh, ma allora è proprio obiettivo». La tecnica è far finta di contestare quello che si vuole far dire, per poi lasciarlo dire senza ulteriori contestazioni. A Giorgio Bocca, tanto per citarne uno, lo Studente Secchione chiede qualcosa del tipo «Non penserà davvero che è in pericolo la democrazia in Italia e siamo in un regime berlusconiano e Berlusconi è un terribile figlio di..., vero? Ce lo dica lei, che è così autorevole e noi le crediamo tutti».
L’invocazione alle oppresse
Nel corso di un dibattito, quando si è a corto di argomenti, l’invocazione alla minoranza funziona a meraviglia per distogliere l’attenzione e creare una cortina fumogena edificante. Esempio: mandano in onda un’intervista a Patrizia D’Addario e Concita De Gregorio si erge in difesa delle donne sfruttate e trattate come merce, segue applauso. Se l’avesse detto la Binetti sarebbe stata fischiata come moralista. Viceversa qualcosa di analogo tentata dalla Santanchè, magari in difesa di una figlia sgozzata dal padre musulmano, risulterebbe razzista e non rispettosa delle minoranze islamiche.
La giovane «zero»
Chiamata a rappresentare i giovani della «Generazione zero» e dunque a porre le domande dei «giovani» e a rappresentare i giovani, qualcuno si chiede dove Santoro trovi queste zero (d’estate? tra Capalbio e Cortina?), e perché le scelga sempre così fighettine «radical shaggy chic» e perché parlino tutte nello stesso modo, un italiano basic scandito quasi sintetizzato, come se fossero programmate, e come se avessero tutte la erre moscia (nobile ma di sinistra) anche se non ce l’hanno. Il modello di base è una Barbie acqua e sapone che abbia letto solo Uomini e no, di Elio Vittorini. Non credo che le ragazze zero di Santoro esistano realmente, sono ologrammi, software, intelligenze artificiali al contrario. La Borromeo, per esempio, una notte mi pare di essermela scaricata anche sull’iPhone, la mia però diceva «Ancova, ancova».
Servizione esterno
Chiunque può farlo anche da casa, istruzioni per realizzare anche voi un perfetto servizione esterno santoriano. Partite da una tesi qualsiasi, per esempio quella secondo cui la maggior parte della popolazione ritiene che Berlusconi sia cattivo. Uscite con una telecamera, e intervistate chiunque vi capiti. Una volta a casa tagliate tutti quelli che non lo pensano, tranne quelli che sembrano più idioti, e lasciate gli altri che confermano la vostra tesi.
Servizietto interno
Poiché ogni ospite di destra sporco e cattivo sa che Santoro, oltre a inquadrare a tradimento i sorrisini di Travaglio, ti toglie la parola proprio quando stai per dire quello che stai cercando di dire, ormai accade questo: l’ospite sporco e cattivo, continuamente interrotto chiede «Lasciatemi parlare!», Santoro può ben rispondere «Ehhhh, ancora con questa storia che non vi lascio parlare, sta parlando, parli!». Gli irriducibili del centrodestra ancora ci provano con dei «Mi consenta» vintage.
Vaurismo
Stessa tecnica del travaglismo, a fine trasmissione l’ultimo comunista rimasto (il dinovauro) sforna le sue vignette. Si dovrebbe ridere, ma la satira e i contenuti della trasmissione sono indistinguibili, quindi l’effetto è quello di un riassunto della puntata illustrato. Perché è fondamentale Vauro? Perché se da una parte ha una funzione didascalico-riassuntiva, dall’altra serve da parafulmine: il giorno dopo tutti si arrabbieranno con la vignetta di Vauro (esempio: Berlusconi per il terremoto abruzzese realizzerà solo l’aumento della cubatura dei cimiteri) e non per la puntata che ha teorizzato per tre ore esattamente quello che Vauro ha disegnato.
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Nell'attesa d'un risultato scontato

Circoli Pd al voto, Bersani in vantaggio.
Rassegna stampa - l'Unità.it, Francesco Costa, 26 settembre 2009.

Fine settimana di congresso – anzi, convenzione – per gli iscritti del Pd. I circoli democratici di tutta Italia infatti hanno iniziato da qualche giorno le consultazioni attorno alla scelta del prossimo segretario del partito, e durante i prossimi giorni si delineerà il quadro delle preferenze dei militanti. Gli unici dati ufficiali sono quelli, parziali, resi noti dal Partito Democratico nei giorni scorsi: quando avevano votato 75mila persone nell'arco di 1626 congressi, Pierluigi Bersani si trovava in vantaggio con il 55,57 per cento, Dario Franceschini seguiva con il 36,46 per cento e Ignazio Marino chiudeva col 7,96 per cento, ben alle spalle dei suoi due avversari ma con un corposo vantaggio sulla soglia del 5 per cento richiesta per accedere alle primarie del 25 ottobre.
I dati che arrivano in queste ore confermano questa tendenza, seppure con notevoli differenze da regione a regione. Bersani va molto forte al sud e nelle regioni rosse, mentre al nord e al centro è testa a testa col segretario Franceschini. Ignazio Marino registra i risultati meno omogenei: briciole al sud - appena l'1 per cento in Sicilia – ma buoni risultati nelle grandi città.
A Imola, quando hanno votato 35 circoli su 43, Pierluigi Bersani è in vantaggio col 76 per cento; seguono Franceschini con il 20,32 per cento e Marino col 3,67 per cento. Anche a Bologna avanti Bersani, col 61,3 per cento. Nello storico circolo di Milano Centro invece la spunta Marino con 77 voti, contro i 75 di Bersani e i 66 di Franceschini. In Veneto Bersani in testa con il 47,32 per cento dei voti, seguono Franceschini con il 39,80 per cento e Marino col 12,47. In Sicilia, invece, Franceschini in vantaggio col 53,32 per cento, poi Bersani col 45,28 per cento e Marino con l'1,40 per cento.
Non si fermano invece le polemiche riguardo il voto in Calabria. Nicola Adamo, coordinatore regionale della mozione Franceschini, ha denunciato: «Sono troppi gli abusi e le irregolarità che stanno caratterizzando le fase congressuale del Pd in Calabria». A Sant'Onofrio, nel Vibonese, hanno riferito gli esponenti della Mozione Franceschini, su 215 tesserati, 115 hanno presentato ricorso contro lo svolgimento del congresso, in quanto non convocati. A Sorianello, sempre nel Vibonese, il sindaco, «esponente della mozione Bersani, ha rinviato il congresso adducendo una questione di ordine pubblico perché in contemporanea c'era una manifestazione di precari».
Infine, un paio di curiosità. Gli iscritti del Pd votano anche all'estero: se in Australia stravince Franceschini, la circoscrizione Africa, Asia, Oceania e Antartide consegna il primato a Bersani. In Europa invece va forte Marino, che ieri ha vinto il congresso del circolo di Parigi con oltre l'80 per cento dei voti. Sceglie Marino anche il circolo dei Ferrovieri romani, mentre oggi e domani le urne sono aperte al circolo della Bolognina, luogo fortemente simbolico della sinistra italiana: il crocevia del passato deciderà a chi affidare il proprio futuro.

Ma a Brembio? A dirla tutta si aspettava un cartello nelle tante bacheche del partito che desse conto del risultato del congresso di Brembio anche a chi non bazzica nella sede di Via XX Settembre, un minimo d'informazione tanto per spiegare le preferenze dei democratici brembiesi riguardo ad un evento che non è poi poca cosa nella politica nazionale. Forse domani, che è domenica... chissà mai che la trasparenza si avveri.
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L'inesistente libertà di stampa

Libertà di stampa.
Querele e intercettazioni. Perché la verità non diventi un lusso.
Rassegna stampa - Corriere della Sera, Luigi Ferrarella, 26 settembre 2009.

I giornalisti che avvertono sempre maggiori ostacoli all`esercizio della libertà di stampa vengono bruscamente liquidati come diffamatori piagnucolanti, che prima devastano le vite altrui e poi pretendono immunità per non ripagare i danni alla reputazione delle persone e aziende che li querelano (nel penale) o chiedono ingenti risarcimenti (nel civile).
Non è un caso. Sia perché per alcuni «cantori» della libertà di stampa è davvero così. Sia - soprattutto - perché è il prezzo, salato, che l'intera categoria paga per aver lasciato che dilagasse il contagio di prassi giornalistiche imprecise e superficiali, obliquamente omissive o dolosamente inveritiere, indulgenti verso lo «spaccio» di falsità in non sempre «modica quantità», a volte sconfinanti nel manganello a mezzo stampa per colpire l'avversario politico o economico dell'editore. Con il risultato che «quando un organo di informazione mente, avvelena la collettività, e anche gli articoli degli altri giornali diventano sospetti - anticipava già nel 1981 il mea culpa del direttore del Washington Post per un falso scoop -: il lettore colpito da una notizia si sente autorizzato a valutarla con sospetto, i fatti non soltanto vengono messi in discussione ma perdono anche il loro valore di realtà». Parabola che, in salsa italiana, affiorava sin nella parodia che nel 1992 il comico Loche faceva del giornalista «truffa-truffa-ambiguità» che «pare-sembra forse-non garantisco verità».
Ma ora anche le querele e le richieste di danni hanno perso il loro valore di verità. Sempre meno strumenti di ristoro della reputazione calpestata dall'errore colpevole o dal dolo scientifico del giornalista, le azioni legali diventano così tante e sono spesso talmente infondate da essere piuttosto brandite come uno strumento di intimidazione sul cronista («anche se stavolta hai scritto giusto, attento a riscrivere la prossima volta») e sull'editore, alle prese con rischi di risarcimenti e con spese di difesa tali da mettere in ginocchio il bilancio di un'azienda editoriale medio-piccola.
Si dirà: c'è un giudice, e se il giornalista sbaglia, è giusto che vada incontro a pena pecuniaria, reclusione, riparazione pecuniaria, risarcimento dei danni morali e patrimoniali, pagamento delle spese di giudizio. Certo. Solo che la partita, da quando è divenuto massiccio l'indiscriminato ricorso alle azioni legali, non è più ad armi pari. Non solo perché il giornalista, per non essere condannato, deve dimostrare non soltanto che ha scritto il vero, ma anche che esisteva un interesse pubblico a conoscerlo, e che la forma non era inutilmente aggressiva. Non solo perché, se diffonde dati personali veri ma senza i quali la notizia sarebbe stata ugualmente completa ed esauriente, incorre nei fulmini del Garante della privacy, del giudice penale, del giudice civile, dell'Ordine. Non solo perché, quando pubblica notizie vere tratte da atti giudiziari non più segreti in quanto già noti alle parti, è schiacciato nella tenaglia per cui se le riporta con precisione letterale si vede denunciare per aver commesso uno specifico reato, mentre se si limita a riassumerle si sente accusare di non essere stato abbastanza preciso da evitare la diffamazione. A truccare la partita, invece, non è l'azione legale in sé, ma il fatto che chi la intenta contro il giornalista, a differenza sua, non rischi mai e non paghi alcunché, nemmeno se il giudice accerta che le doglianze erano totalmente pretestuose: nel civile il giornalista recupera al più le spese, nel penale l'assoluzione «perché il fatto non costituisce reato» gli impedisce di denunciare per calunnia il querelante e ottenere i danni.
Il sacrosanto diritto dei diffamati (quando siano davvero tali) di rivalersi sul giornalista non deve essere intaccato. Ma forse una modifica normativa potrebbe conciliarlo con la non compressione dell'attività giornalistica: querela pure chi vuoi e per quello che vuoi, ma se poi la causa risulta del tutto campata per aria, allora paghi al giornale denunciato almeno una minima percentuale (anche solo il 10%?) delle maxicifre che pretendevi come risarcimento.
Liberi di scrivere, liberi di querelare. Ma responsabili entrambi. Nella trasparenza. Il contrario del terreno su cui muove il disegno di legge sulle intercettazioni che, dietro il pretesto della tutela della privacy, estende l'area del segreto sugli atti d'indagine, e di ogni «pubblicazione arbitraria» (da 2.500 a 5.000 euro per il giornalista) fa poi rispondere anche l'editore a titolo di responsabilità amministrativa della persona giuridica,per i reati commessi dai dipendenti nell'interesse aziendale (legge 231/2001). Tradotto? A ogni dettagliata pubblicazione di un atto vero, non più coperto da segreto investigativo e riportato in maniera corretta, l'editore pagherà da un minimo di 25 mila 8oo a un massimo di 465 mila euro per le testate nazionali. Il modo migliore per fare entrare «il padrone in redazione», visto che a quel punto la decisione editoriale sul «se» e «come» pubblicare una notizia sfuggirà all'autonomia (laddove esercitata) del tandem direttore-giornalisti, per consegnare l'ultima parola all'editore destinato a pagarne conseguenze tali da far chiudere in breve l'azienda.
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L'immagine tarlata del premier

Il Pd e Santoro: danneggia più noi.
Rassegna stampa - Corriere della Sera, Francesco Verderami, 26 settembre 2009.

Quei cinque milioni e mezzo di telespettatori di «Annozero» possono sembrare cinque milioni e mezzo di baionette puntate contro il premier. Ma è difficile immaginare che un programma riesca davvero a spostare consensi, è certo invece che molti nel Pd - al pari di Rutelli - considerano «l'antiberlusconismo vociante, la più grande polizza sulla vita per il Cavaliere».
Sarebbe scorretto etichettare Santoro come leader di partito, sebbene la sua storia e i suoi trascorsi da europarlamentare ne facciano un giornalista schierato. Ed è ovvio - come dice il democratico Latorre - che anche a lui vada «garantito il diritto di cittadinanza nel pluralismo dell'informazione». Il fatto è che proprio sulla maggiore forza di opposizione finiscono per scaricarsi le contraddizioni in seno al popolo di centrosinistra, «e programmi come Annozero - prosegue il vice capogruppo del Pd - sono espressione di una tendenza minoritaria nel Paese, mentre noi vogliamo proporci come alternativa di governo. Perciò non possiamo farci dettare la linea da tv e giornali, ma dobbiamo elaborare autonomamente un progetto che raccolga consensi».
Una piazza mediatica, per quanto da record, non basta al Pd. Rischia anzi di essere controproducente, se è vero che ieri il Riformista - evocando l'antico monito di Nenni ha titolato «Tv piena, urne vuote». «Perché ogni qualvolta si vellica la pancia dell'anti-berlusconismo - secondo Follini - si allontanano da noi gli elettori berlusconiani delusi. E certe trasmissioni che offrono una caricatura del premier, non fanno che avvantaggiare governo e maggioranza». Per una volta l'esponente del Pd la pensa come La Russa, che ieri è andato controcorrente rispetto alle dichiarazioni stizzite dei suoi colleghi di partito: «I programmi di Santoro non hanno mai portato un voto in più alla sinistra - ha commentato il ministro della Difesa - e fanno talmente arrabbiare gli elettori di centrodestra che diventano quasi utili». Persino l'ex magistrato Casson, oggi senatore del Pd e immune da simpatie berlusconiane, è stufo dell'andazzo: «Da quindici anni si va dietro le inchieste giudiziarie e le arringhe tv contro il Cavaliere. Ma così non si sconfigge Berlusconi, lo si batte solo con la politica».
Ecco è il punto: colpendo il premier, di fatto Santoro evidenzia le difficoltà dei Democratici, che Chiamparino ammette: «Quanto più ritarda nell'opinione pubblica la percezione di un'alternativa credibile, tanto più prendono il sopravvento l'astensionismo e le forme di protesta radical-populiste a cui oggi danno voce i Di Pietro, i Santoro e i Grillo». Rutelli ritiene «fisiologica» l'esistenza di questa componente, «il problema sorge quando si mette al volante e agisce sul cambio». «È un pezzo di campo sensibile e militante - aggiunge il sindaco di Torino - con cui bisogna dialogare, anche litigandoci. Ma se c'è un progetto politico, alla fine quell'area si adegua. Magari si tura il naso ma poi ti vota». Manca il «progetto», dunque, e Chiamparino è allarmato per l'incapacità del Pd di proporsi come «alternativa credibile»: «L'ultimo sondaggio che ho letto, rileva che la stragrande maggioranza del settore delle piccole e medie imprese non si fida di noi».
Santoro con tutto questo non c'entra, lui semmai è la levatrice di un pezzo di elettorato che c'è ma non ci crede. Epperò se il centrosinistra è «in queste drammatiche condizioni», come sostiene l'ex presidente della provincia di Milano, Penati, «non è perché noi siamo incapaci di fare opposizione, ma perché abbiamo fallito la prova di governo con l'Unione, un rassemblement unito solo nel nome dell'antiberlusconismo. Quel progetto è fallito, quella stagione è finita, anche se una parte del pubblico viene sollecitata con programmi tv a tinte forti. Ma non è così che torneremo al governo».
«Noi vinceremo - è la tesi di Bersani se riusciremo a saldare la questione democratica con quella sociale, se sapremo cioè mettere insieme chi ci chiede di urlare di più contro Berlusconi, e chi ci critica perché sostiene che parliamo solo di Berlusconi e non ci preoccupiamo dei senza lavoro. Finché sarà così, il problema ci arriverà in casa». Santoro trasmette quel problema e lo amplifica. Ieri D'Alema non ha citato Annozero, eppure ci sarà un motivo se ha ripetuto che «una grande forza riformista non può vivere di anti-berlusconismo, ma deve mettere in campo una proposta di governo convincente. Ecco il miglior modo per battere il Cavaliere, anziché alimentare il suo vittimismo». E il premier, che si sente vittima, ha accusato il colpo. Perché in fondo Santoro non arreca danni solo al Pd, alimenta anche il «tarlo» che sta divorando l'immagine del premier.
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Utopia un posto tra i Paesi civili

A.A.A. Svendesi Stato.
Scudo fiscale: un certo numero di evasori, falsificatori di bilanci, riciclatori, spacciatori, trafficanti di armi e di donne sta preparandosi a ripulire il bottino. Ecco come (e perché).

Rassegna stampa - Il Fatto Quotidiano, Bruno Tinti, 24 settembre 2009.

Sul sito dell’Agenzia delle Entrate ci sono i moduli per lo “scudo fiscale”; e un certo numero di evasori, falsificatori di bilanci, riciclatori, spacciatori, trafficanti di armi e di donne sta preparandosi a ripulire il bottino. Pagheranno il 5% (contro la consueta percentuale dei riciclatori di professione, dal 30 al 50%) e avranno danaro lecito, realizzando il sogno di ogni delinquente: impiegare il provento del delitto senza essere scoperto. I soldi di questa gente adesso potranno rientrare.
Magari non hanno mai lasciato l’Italia: ma basterà portarli all’estero e poi portarli indietro. Una pacchia. Certo, necessità non vuol legge: siamo senza soldi, c’è la crisi (ma c’è? Berlusconi dice sempre di no); le spese correnti ci mangiano vivi; le grandi opere cui sarà affidata la memoria imperitura del regime ingoieranno risorse stratosferiche; gli sprechi hanno raggiunto soglie da Paesi arabi o africani; come si fa? Svendiamo tutto, tiriamo una boccata d’ossigeno e… Ecco e poi?
Poi niente: questo è il terzo scudo fiscale dal 2001 e il decimo condono in 30 anni; una svendita continuata. Sulle ragioni della svendita e sui suoi pregi politici poche parole: per riempire la cassa o così o una finanziaria da urlo e un aumento della pressione fiscale micidiale. Dopodiché la popolarità di Berlusconi e soci (il 68 % dei consensi!) crollerebbe a picco e i nostri si troverebbero ad affrontare numerosi processi, non più protetti dal Lodo Alfano. Ma quali gli inconvenienti? Perché i condoni, gli scudi fiscali, le amnistie fanno male al Paese? Perché ogni cittadino che può (e dunque tutti meno i lavoratori dipendenti che, poveretti, vorrebbero tanto evadere ma proprio non possono) si fa i suoi calcoli.
La percentuale di accertamento tributario su scala nazionale va dall’8 al 10 per cento; ogni cittadino sa che, se presenta una dichiarazione tributaria falsa, la farà franca in circa il 90 per cento dei casi: nessuno lo controllerà. Il rischio di finire tra gli sfigati in realtà è più basso perché, ogni 5 anni, la dichiarazione falsa non può più essere controllata . A questo si aggiunge il condono periodico. In media, uno ogni tre anni. Sicché anche quelle annualità ancora a rischio di controllo (sempre il 10 per cento) le sfiliamo da sotto il naso del Fisco pagando un piccolo obolo (5 per cento contro un’aliquota media del 40 per cento). Ma chi, in questa situazione, è così imbecille da pagare le imposte dovute? Una categoria sola, il lavoratore dipendente. Ecco perché la politica dei condoni è la prima responsabile dell’altissimo tasso di evasione in Italia. Eh, però, soldi ci servono e la cassa è vuota. Vero. Allora bisogna avviare una politica tributaria di lungo respiro. Dunque introdurre il principio della totale deducibilità dei costi (lo si fa negli Usa). Vado al ristorante? Mi faccio rilasciare la fattura e la deduco; compro un vestito? lo stesso; ristrutturo una casa? idem. In questo modo il Fisco sarebbe in grado di incrociare ogni costo con il relativo ricavo. Non sfugge più niente. Ah, certo, ci va una buona organizzazione, prima di tutto informatica. Però sono tempi in cui le capacità di calcolo informatiche sono incommensurabili; e, quanto all’organizzazione, mi pare che i dipendenti del Fisco siano circa 360.000; Naturalmente chissà quanti proverebbero a dedursi costi fasulli.
Qui ci va il secondo strumento: una lotta all’evasione seria. Che, nonostante tutte le balle raccontate ogni anno dal Governo (da tutti i Governi) e dalle sue strutture specializzate in materia, attualmente è una barzelletta. Prima di tutto perché la ridotta percentuale dei controlli e i ricorrenti condoni sono un ostacolo insuperabile: se ogni tre anni debbo tirare una riga sulle evasioni fatte fino ad allora, che lotta all’evasione faccio? Ma poi perché l’accer tamento tributario è talmente complicato che, prima di arrivare alla conclusione passano anni; ma tanti. Io faccio il presidente di una sezione di Commissione tributaria regionale (l’Appello): in genere esaminiamo anni dal 1998 al 2000; ma qualche volta vediamo roba del 1995. E, dopo di noi, c’è ancora il giudizio di Cassazione... Infine perché il processo penale per i delitti tributari è una vera farsa: per le solite ragioni per cui il processo penale italiano è costruito per non funzionare; e poi anche perché la legge penale tributaria è stata scritta sotto dettatura del partito degli evasori. Pensate che, per essere sottoposti a processo penale per dichiarazione infedele, occorre aver evaso un’imposta superiore a 103.000 euro, il che vuol dire che non sono stati dichiarati ricavi per circa 250.000 euro. Insomma chi fa un nero da un quarto di milione (all’anno) non sarà mai imputato. Qualche anno con una politica tributaria assennata e un assetto sanzionatorio severo ed efficiente e anche l’Italia potrebbe aspirare ad un posto tra i Paesi civili.
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Ieri oggi domani puliamo il mondo

Cambia la giunta, Rifondazione è all'opposizione, la notizia: il Comune di Brembio non aderisce. C'è ancora domani, e come diceva il maestro Manzi, non è mai troppo tardi.



Questi i Comuni lodigiani che hanno aderito alla manifestazione: Bertonico, Borghetto Lodigiano, Casalmaiocco, Caselle Lurani, Castiglione d'Adda, Cavacurta, Cervignano d'Adda, Crespiatica, Lodivecchio, Marudo, Montanaso Lombardo, Mulazzano, Ospedaletto Lodigiano, Pieve Fissiraga, Sant'Angelo Lodigiano,Tavazzano con Villavesco, Turano Lodigiano. A Lodi il Circolo Legambiente Lodiverde, che ha in programma per domani, domenica 27 settembre 2009, dalle ore:9.30 alle 12.30 la pulizia lungo le sponde dell'Adda.



Così ne dà oggi notizia Il Cittadino:
Un esercito di ambientalisti per ripulire il territorio.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Matteo Brunello, 26 settembre 2009.

Un esercito di pettorine gialle per ridare “lustro” al capoluogo. Scatterà domani mattina, domenica 27 settembre, l’iniziativa di Puliamo il mondo, il tradizionale appuntamento targato Legambiente che è pronto a sbarcare anche a Lodi. Il ritrovo è alle ore 9, alla Piarda Ferrari, dove verrà allestito un banchetto per le registrazioni, poi partiranno una serie di gruppi per bonificare dai rifiuti diversi spazi verdi. «Quest’anno ci dirigeremo verso la sponda destra del fiume, a valle del ponte, nelle vicinanze del ponte della tangenziale - spiega il presidente del Circolo Lodiverde, Dario Tansini - inoltre per coloro che saranno dotati di auto, l’obiettivo è raggiungere anche la cava di Boffalora per rimuovere eventuali discariche abusive». Come di consueto verrà consegnato ad ogni partecipante un apposito kit dagli organizzatori: cappellino, pettorina, una borsa, dei guanti, ramazza e spuntoni. La manifestazione, a cui hanno aderito anche diversi comuni del territorio (nei quali l’evento si è svolto o si terrà in giorni diversi), per Lodi ha ricevuto il patrocinio del comune, della provincia e vede anche la partecipazione del Parco Adda sud con alcune Guardie ecologiche volontarie.
Diverse sono inoltre le associazione che hanno assicurato la loro adesione, con molti dei loro iscritti: si va dall’associazione lodigiana pescatori dilettanti, Cocoti, Tuttoilmondo, Clam, Tam Tam d’Afrique, il gruppo del dopo scuola popolare a Lodi e persino la comunità islamica del capoluogo. Gli organizzatori sono i membri del Circolo Lodiverde di Legambiente, che hanno annunciato anche la partecipazione di una squadra di dipendenti Erbolario e di alcuni membri del gruppo canoisti del Lodigiano. I rifiuti verranno infine infilati in appositi sacchetti, poi dei camion Astem passeranno a raccogliere e quindi smaltire rifiuti e ingombranti.
Ecco tutti i comuni del territorio che hanno aderito a Puliamo il mondo: Bertonico, Borghetto, Casalmaiocco, Caselle Lurani, Castiglione, Cavacurta, Cervignano, Crespiatica, Lodi, Lodi vecchio, Marudo, Montanaso, Mulazzano, Ospedaletto, Pieve Fissiraga, Sant’Angelo, Tavazzano, Turano.



Il comunicato stampa di Legambiente di presentazione dell'iniziativa:
Dal 25 al 27 settembre la sedicesima edizione di Puliamo il Mondo organizzato da Legambiente in collaborazione con la Rai.

Torna Puliamo il Mondo 2009, la versione italiana del più grande evento di volontariato ambientale nel mondo, Clean Up the World, organizzata in Italia da Legambiente in collaborazione con la Rai. Per questa sedicesima edizione dell’iniziativa, il 25, il 26 e il 27 settembre un esercito di volontari muniti di guanti, rastrelli e ramazze si ritroveranno in ogni parte d’Italia per ripulire dai rifiuti abbandonati strade, piazze, parchi, spiagge e fiumi.
Nata a Sidney in Australia nel 1989, Clean Up the World è la più importante campagna di volontariato ambientale del mondo cui partecipano centinaia di paesi e più di 35 milioni di persone dimostrando, con un gesto concreto, come sia forte la consapevolezza che la salute dell’ambiente riguarda i popoli di tutto il pianeta. L’iniziativa è stata portata in Italia nel 1993 da Legambiente e da allora è presente su tutto il territorio nazionale grazie all'instancabile lavoro di oltre 1.500 gruppi di “volontari dell'ambiente”, che organizzano l'iniziativa a livello locale in collaborazione con associazioni, comitati e amministrazioni cittadine.
Importante per il successo dell’iniziativa il contributo della Rai, che collabora dal 1995 alla promozione delle giornate di Puliamo il Mondo con trasmissioni, dirette e uno spot di sensibilizzazione. Anche quest’anno, Ambiente Italia di Rai 3 segue la settimana di avvicinamento al fine settimana di volontariato ambientale, presentando, casi, emergenze e progetti in tutta Italia. Tutte le novità e gli appuntamenti di Puliamo il Mondo 2009, nonché le iniziative del palinsesto Rai per promuovere il fine settimana, sono state presentate oggi da Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente, Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente, Joanna Adamson, vice capo missione Ambasciata d’Australia in Italia, Beppe Rovera, conduttore di Ambiente Italia.
Fare finta di niente non serve: i rifiuti ci sono e vanno gestiti - ha dichiarato Rossella Muroni -. Non farlo è controproducente e pericoloso, come hanno dimostrato anche le pesanti vicende campane e il caso Sicilia. L’impegno delle amministrazioni nel garantire una corretta gestione integrata e il coinvolgimento attento e consapevole di tutti i cittadini sono gli ingredienti necessari ad affrontare quella che è già una delle maggiori questioni ambientali. La scommessa rifiuti si può vincere purché nessuno chiuda gli occhi e ognuno ci metta del suo. Ecco perché continuiamo con entusiasmo a organizzare Puliamo il Mondo. Per coinvolgere e sensibilizzare un numero sempre crescente di persone. Ad oggi hanno già aderito 1620 Comuni e ci auguriamo che le adesioni continuino a crescere in questi giorni”.
“In questi ultimi tempi - ha aggiunto Ermete Realacci - sempre più spesso da parte di illustri economisti giunge la considerazione che il PIL, così come attualmente concepito, sia insufficiente a valutare lo stato di benessere di un paese. Oggi ci piace pensare che le migliaia di volontari che anche quest’anno parteciperanno a Puliamo il Mondo rappresentino uno di quegli elementi difficilmente quantificabili dai normali parametri economici, ma che invece ben indicano lo stato di vitalità e di salute del nostro paese. Il volontariato è un’immensa ricchezza per l’Italia, è una risorsa per le comunità, per le istituzioni e per la politica per far fronte ai problemi dell’oggi, a cominciare dalla crisi economica e per affrontare le importanti sfide che abbiamo davanti.”
Puliamo il Mondo è un’azione simbolica ma estremamente concreta, che mira a recuperare numerosi luoghi al degrado e, allo stesso tempo, a promuovere il corretto smaltimento dei rifiuti e l'attenzione al territorio. La tre giorni chiama a raccolta cittadini di tutte le età ma anche amministrazioni locali. La partecipazione dei volontari va dalla pulizia di una determinata zona a veri e propri progetti di riqualificazione di spazi degradati, di aree abbandonate e di discariche abusive ma anche di divulgazione dell'importanza della raccolta differenziata. Sarà, come di consueto, una grande festa dell’ambiente che unirà concretamente e simbolicamente centinaia di migliaia di volontari attivi, per un intero week-end, per rendere l’Italia un paese più pulito. Si svolgerà in collaborazione con associazioni e comitati. In prima fila anche le scuole, la cui adesione alla campagna è in costante aumento.
Tra i moltissimi appuntamenti, venerdì 25 a Napoli il Console Generale degli Stati Uniti, insieme ad altri diplomatici americani e membri dello staff del Consolato, parteciperà all’iniziativa di pulizia di via Piedigrotta con i volontari di Legambiente. La sua partecipazione vuole essere anche una risposta all’appello lanciato dal Presidente Obama lo scorso 11 settembre, quando invitò tutti gli americani a fare di questa ricorrenza un’occasione non solo di commemorazione delle vittime, ma anche di attivo impegno civile. Non solo per il rispetto del territorio ma anche per chi lo vive: “Puliamo il mondo da ogni forma di violenza, pregiudizio, discriminazione!” è lo slogan dell’iniziativa organizzata in Piemonte a Stupinigi dove i volontari di Legambiente affiancati dall'Ente Parco Naturale di Stupinigi raccoglieranno i rifiuti abbandonati nelle aree di sosta aiutati dalle tante associazioni che si occupano dei diritti civili. Domenica 27, invece, in Abruzzo a Tempera, una frazione dell’Aquila pesantemente colpita dal terremoto e situata sul fiume Vera, i volontari saranno impegnati nella pulizia degli argini del torrente e il ripristino degli arredi urbani. A Firenze, la tre giorni di pulizie si concluderà insieme alle comunità degli immigrati del Perù, Filippine, Sri Lanka, Ucraina, Romania, Moldavia e di molte altre ancora, che svolgono l’attività di badante presso le famiglie fiorentine. Ad Agrigento saranno ripulite alcune aree del parco dell’Addolorata trasformate in discariche. A Milano, pulizia del Tempietto della Notte ritrovato sotto la collinetta del parco di Villa Finzi, insieme agli speleologi. A Poligano a mare in Puglia, pulizia dei fondali con la collaborazione del nucleo sommozzatori della Polizia di Stato.
Con Legambiente, Puliamo il Mondo quest’anno arriva in Africa con due appuntamenti significativi. In Togo, nella cittadina di Klovidonou, a una cinquantina di chilometri dalla capitale Lomé, ci saranno giornate intense di attività il 5 e 6 ottobre, con il coinvolgimento di molte famiglie e oltre 150 ragazzi. Previsto un lavoro di recupero delle strade del quartiere della scuola e la messa a dimora nelle zone verdi piantine di eucalipto, acacia e alberi da frutto. In Ghana, per il sesto anno consecutivo, si terrà Clean up Axim in otto aree della città con il coinvolgimento delle scuole nella raccolta di rifiuti. Un’occasione per mobilitare la cittadinanza e dar vita a una collaborazione tra cittadini e istituzioni locali, affinché le nuove prospettive di sviluppo superino definitivamente l’emergenza rifiuti.
Alla campagna possono dare la loro adesione amministrazioni comunali, associazioni, comitati di quartiere ma anche singoli cittadini. Per partecipare è sufficiente contattare il circolo Legambiente più vicino, telefonare allo 02.45475777, oppure ci si può presentare direttamente ai banchetti organizzati nelle varie zone coinvolte per ricevere la sacca degli attrezzi e partecipare alle operazioni di pulizia. Tutte le informazioni relative all'iniziativa sono inoltre disponibili sul sito http://www.puliamoilmondo.it/.
Quest’anno Puliamo il Mondo è patrocinata dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, dal Ministero della Pubblica Istruzione dell’Università e della Ricerca, dalla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, dall’UPI (Unione Province Italiane), Federparchi, Uncem (Unione Nazionale Comuni, Comunità, Enti Montani), Unep (Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite). E' sponsorizzata da Snam Rete Gas, Unicredit Group, Federambiente e vede la collaborazione di Fiseassoambiente e Anci (Associazione Comuni Italiani). Ikea partner tecnico, Radio Kiss Kiss e La Nuova Ecologia sono i media partners dell’iniziativa.
Le aziende italiane e i loro dipendenti al fianco di Legambiente per il successo di Puliamo il Mondo.
L’edizione 2009 di Puliamo il Mondo è stata un vero successo anche grazie all’impegno di molte aziende italiane che hanno aderito all’iniziativa sensibilizzando i propri dipendenti che, per l’occasione si sono trasformati in volontari: muniti di guanti, rastrelli e ramazze si sono ritrovati in ogni parte d’Italia per ripulire strade, piazze, parchi, spiagge e fiumi da carcasse di automobili e motorini, materassi abbandonati, elettrodomestici, cartelli stradali e molto altro.
“L’adesione di queste aziende a Puliamo il mondo è un perfetto esempio di responsabilità sociale di impresa e dimostra come l’incontro tra profit e non profit non solo è possibile ma funziona – ha dichiarato Andrea Poggio, vicedirettore nazionale di Legambiente – Puliamo il Mondo è, da sempre, l’occasione per denunciare degrado e abbandono e chiedere più attenzione alle amministrazioni locali nel tutelare gli spazi pubblici, troppo spesso trasformati in vere e proprie discariche a cielo aperto. Ma questo funziona se c’è l’impegno diretto della società civile in tutte le sue componenti. Le aziende, grazie anche alla partecipazione dei propri dipendenti, possono essere il motore di una reale trasformazione della società e aiutarci a far fronte ai cambiamenti climatici con una nuova cultura dell’impegno che fa bene non solo all’ambiente ma anche all’economia”.
Ecco le aziende che in questi anni hanno sostenuto la campagna di Legambiente:
SNAM Rete Gas ha deciso di rafforzare il suo legame con Puliamo il Mondo, l’evento organizzato da Legambiente in tutte le città d’Italia, sensibilizzando e promuovendo la partecipazione diretta dei suoi dipendenti attraverso la distribuzione a tutti gli uomini e le donne di SRG del kit necessario alla distribuzione. Ma non solo. Per ogni dipendente che documenterà la sua partecipazione inviando le fotografie dell’evento, Snam Rete Gas pianterà un albero in occasione della Festa dell’Albero organizzata da Legambiente e che nell’edizione dello scorso anno ha permesso di compensare, grazie alla piantumazione di nuovi alberi, 743 tonnellate di CO2. Gli scatti realizzati dai dipendenti saranno pubblicati sul sito intranet della Società.
L' Erbolario di Lodi. Sono ormai 7 anni che l'azienda collabora attivamente con il suo presidente e una folta delegazione di dipendenti, rigorosamente in tuta blu, alla pulizia delle rive dell'Adda a Lodi il tutto al fianco del circolo locale di Legambiente.
KPMG. Lo scorso anno, in occasione del 50° compleanno, l’azienda ha dato l'opportunità ai dipendenti di dedicare una giornata lavorativa ad attività di volontariato. In questa edizione, la società partecipa il 25 settembre con l'adesione di 35 volontari alla iniziativa che si svolgerà in Via Novara, 15 Milano per la pulizia della cascina “ Le Torrette”.
Rabobank Milan Branch è la Filiale italiana del Gruppo Rabobank, unica banca al mondo, a struttura cooperativa e di origine olandese, leader mondiale nel settore agroalimentare. La filosofia di Rabobank è basata sui principi di sostenibilità e responsabilità sociale. In particolare, Rabobank è anche impegnata al rispetto di principi di condotta nel settore ambientale e in quest’ottica si colloca la partecipazione all’iniziativa “Clean up the world – Puliamo il mondo”. I dipendenti che aderiscono alla giornata di volontariato sono 34, e saranno presenti il 25 settembre a Villa Finzi.
La società TRONY ha aderito per la prima volta quest'anno all'iniziativa Puliamo il mondo coinvolgendo tutti i dipendenti delle sue sedi in Italia. Ha organizzato per loro 13 seminari riguardanti le tematiche trattate da Legambiente, come il risparmio energetico o i RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Ad ogni dipendente è stato consegnato un Kit per partecipare all'iniziativa e le indicazioni dei posti più vicini dove rivolgersi per partecipare attivamente a Puliamo il Mondo.
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La Bpl in soccorso dei Lavoratori credenti

L’accordo prevede un aiuto economico per consentire al sodalizio di pagarsi una nuova sede per le consegne ai poveri. Una soluzione per i Lavoratori credenti.
La Fondazione Bpl in soccorso dell’associazione di don Barbesta.

Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 26 settembre 2009.

La Fondazione della Banca Popolare di Lodi aiuterà i Lavoratori Credenti di don Peppino Barbesta a pagarsi una nuova sede per il servizio di consegna gratuita di mobili ai poveri. L’annuncio della disponibilità della Fondazione è arrivato ieri per bocca del suo presidente Duccio Castellotti. «Se Don Peppino Barbesta e l’Associazione Lavoratori Credenti chiederanno l’intervento della Fondazione per acquisire in proprietà, in affitto o in comodato d’uso la struttura dedicata a ricovero dei mobili e del materiale necessario per le famiglie bisognose sono sicuro che il Consiglio della Fondazione potrà fare la sua parte per un sostegno economico - ha detto Castellotti -, Don Peppino Barbesta e la sua Associazione rappresentano una straordinaria realtà di impegno e di solidarietà che il territorio lodigiano deve sostenere e difendere con ogni mezzo e con spirito di forte collaborazione».
Da anni l’associazione utilizza un capannone comunale di Zorlesco come deposito dei mobili raccolti dalle famiglie che se ne vogliono disfare e destinati alle case dei poveri e degli immigrati. Lo scorso luglio l’amministrazione pubblica di Casale aveva rilevato alcuni problemi di sicurezza nel deposito e quindi aveva concordato con don Peppino Barbesta un’uscita dalla struttura per dicembre, impegnandosi ad aiutare l’associazione a trovare una soluzione alternativa. Proprio in settimana, in un incontro tra alcuni sindaci della Bassa era stato trattato il problema ed erano emerse anche alcune ipotesi per verificare disponibilità di capannoni nell’area ex Gulf a Bertonico piuttosto che in altre aree industriali dismesse. Ora l’annunciata disponibilità della Fondazione della Banca Popolare di Lodi ad aiutare l’associazione garantisce maggiore serenità nella ricerca del deposito. Comprovati i requisiti necessari, l’associazione Lavoratori Credenti potrà rivolgersi alla Fondazione a partire dal prossimo gennaio, sia per partecipare al bando annuale sia per un’eventuale istanza di intervento diretto. L’offerta di aiuto è stata accolta con grande soddisfazione a Retegno, dove l’associazione ha sede. «È una bellissima notizia, e ringrazio fin d’ora la Fondazione e il suo presidente per la disponibilità - ha dichiarato don Peppino Barbesta -. Devo ringraziare anche i sindaci del territorio per il loro sostegno: coniugano la solidarietà all’associazione e ai più deboli con l’interesse dei loro comuni, perché questa nostra attività sgrava i loro uffici sociali di qualche intervento».
Sul futuro, dunque, si aprono prospettive più serene, ma comunque lontano da Casale, come conferma don Barbesta: «La situazione è in evoluzione e non abbiamo ancora certezze. Dall’anno prossimo però svilupperemo insieme ad altre associazioni un progetto legato alla distribuzione di generi alimentari a Codogno, in zona industriale. Anche dal punto di vista logistico, trovare una sede per i mobili nella stessa area presenterebbe molti vantaggi. Per questo, potendo, la priorità di scelta andrà a quella zona».
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«Guardare al futuro a testa alta e col sorriso»

Corsano e Minojetti hanno presentato ieri la nuova associazione politica Uniti per la città e per... Guerini: «Ha fatto bene, no alle ideologie».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Matteo Brunello, 26 settembre 2009.

«Puntiamo ad un miglioramento ulteriore della città, Lodi deve guardare al futuro a testa alta e con il sorriso»: così si presenta la nuova associazione culturale “Uniti per Lodi”, che ha già annunciato di voler sostenere alle prossime elezioni comunali il sindaco Lorenzo Guerini. «Crediamo che l’attuale primo cittadino abbia fatto bene e debba chiudere un ciclo decennale d’impegno, per continuare con le iniziative già avviate», spiega il presidente del gruppo, Italo Minojetti. All’ex candidato sindaco per il centro destra, è stato affidato il compito di illustrare la collocazione del nuovo gruppo, che darà vita anche ad una lista civica: «Noi veniamo da appartenenze politiche diverse, ma il denominatore comune è che vogliamo apportare dei miglioramenti nel capoluogo. E riteniamo che in ambito amministrativo sia necessario superare gli steccati ideologici, per confrontarsi sui temi concreti». Al suo fianco, ieri sera nel privé del Trentadue Café di piazza Castello, erano poi presenti gli altri componenti dell’associazione. «L’obiettivo è quello di voler rivitalizzare ancora di più il centro di Lodi e tutto il territorio urbano, e avanzare una serie di proposte che siano costruttive per il capoluogo - puntualizza il portavoce, Antonio Corsano (consigliere comunale del gruppo del Pd) - la nostra iniziativa ha già ricevuto moltissime adesioni e si sono schierati con noi già due ex candidati sindaci della città (Minojetti e Capra ndr)». Per stimolare il dibattito e nel contempo far emergere alcuni dei punti che confluiranno nel programma, che verrà presentato agli eventuali alleati, saranno anche promossi alcuni incontri su diverse tematiche. «Abbiamo in cantiere svariate manifestazioni - illustra Ornella Messina Invernizzi - per favorire un dibattito su argomenti culturali, per analizzare problemi e far emergere suggerimenti sulla realtà cittadina, ad esempio su sicurezza e urbanistica».
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Comune disattento, non si placano le polemiche

Casale. Il comune ribatte alla Rsu: «Non ci ha avvertito».
Famila, infuria la rissa sui lavoratori ex Lever.

Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 26 settembre 2009.

«L’amministrazione non è stata attenta e non ha compiuto il necessario ruolo di intermediario per favorire il recupero di alcuni cassintegrati Lever tra le file dei neoassunti del Famila appena aperto». Il giorno dopo l’inaugurazione del Famila nella zona ex Samor, non si placano le polemiche relative alla mancata assunzione di alcuni lavoratori Lever che sono rimasti in cassa integrazione lo scorso aprile. E a essere sotto accusa non è l’azienda, ma l’amministrazione comunale.
«Con il Famila c’era stato un accordo verbale in primavera perché, compatibilmente con le esigenze del supermercato, si avesse un occhio di riguardo alla situazione dei lavoratori Lever cassintegrati - spiega Alberto Labbadini, ex assessore alle attività produttive e artefice dell’intesa poi non rispettata -. In pratica, per cinque o sei posizioni generiche si sarebbero potuti assumere dei cassintegrati Lever. Se questo non è avvenuto, è solo perché è mancato il ruolo di raccordo che l’amministrazione avrebbe dovuto giocare: non c’erano firme, ma solo impegni morali, dichiarati pubblicamente, e una disponibilità che andava coltivata. Se poi l’amministrazione non ha seguito la vicenda, è ovvio che il Famila si sia ritenuto libero di assumere chi rispondeva meglio ai propri criteri, senza alcun occhio di riguardo per i cassintegrati».
La nuova amministrazione, dunque, non si sarebbe occupata della questione e il supermercato avrebbe ritenuto di avere le mani libere per le assunzioni. «Ma nessuno ha mai fatto presente all’amministrazione i termini dell’accordo - ribatte il sindaco Flavio Parmesani -. Si era parlato di questa intesa, ma sempre in modo generico e soprattutto nessuno si è rivolto a noi con richieste precise riguardanti l’accordo». La Rsu Lever ha spiegato di aver contattato telefonicamente l’assessore alle attività produttive Marzio Rossetti il 10 settembre, dopo aver avuto dei segnali che l’accordo fosse saltato, ma senza ottenere risposte dall’amministrazione. «Non so come siano andate le cose, ma di sicuro quello non è stato un passaggio corretto - ribadisce il primo cittadino -. Io ho ascoltato e ricevuto molte associazioni e singoli cittadini, compresi alcuni gruppi di lavoratori Lever, ma la Rsu non ha mai sentito l’esigenza di chiedere un incontro a noi. Se ci avessero informato in tempo, non avremo esitato a prendere contatto con il Famila per valutare la situazione. Spero che per il futuro i rapporti e le comunicazioni possano migliorare».
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Nel ricordo di don Peppino

Il gruppo ha vigore e vitalità e arriva per trascorrere le meritate vacanze, ma soprattutto "per ricaricare le batterie". Lutago e don Moggi: una storia che continua.
A 14 anni dalla scomparsa di un grande prete il seme gettato è cresciuto.

Rassegna stampa - Il Cittadino, 26 settembre 2009.

Lutago, o meglio Luttach per pronunciarlo secondo i canoni linguistici alto atesini, è una amena località montana situata nell’alta valle Aurina. È una terra di meravigliosi scenari e di antichi costumi e tradizioni. Per alcuni villeggianti lodigiani, però, Lutago è molto di più: è la storia di un gruppo, estremamente coeso e vivace che continua, a distanza di oltre venti anni, a ricalcare le orme del proprio “fondatore”: don Peppino Moggi. Nato come gruppo di vacanza per le giovani coppie appartenenti alle parrocchie dei Santi Fereolo e Robadello, la compagine si è nel tempo arricchita anche con chi aveva conosciuto il Don nelle realtà pastorali di Santa Maria del Sole, Maleo, Brembio, e Castiglione, si è amalgamata e fortificata ed è naturalmente aumentata grazie anche all’innesto di nuovi amici e conoscenti. Così i giovani sono diventati genitori (qualcuno addirittura nonno); i piccoli sono cresciuti; gli adolescenti sono diventati adulti e il ricambio generazionale è in costante espansione così come le scomparse profondamente rimpiante.
Nulla, però, è cambiato nella sostanza: gli ideali e i valori che don Peppino aveva fortemente voluti e posti alla base del gruppo, sono ancora vivissimi e condivisi nonostante, purtroppo, la sua prematura assenza. A quattordici anni dalla scomparsa del “don”, infatti, il gruppo ha ancora vigore e vitalità e arriva a Lutago, sicuramente per trascorrere le meritate vacanze, ma soprattutto, come diceva il “don” “per ricaricare le batterie” e rilassarsi serenamente nello spirito dell’armonia e della partecipazione. Questi sono infatti gli ingredienti di questa straordinaria comitiva, riscontrabili in ogni momento del vivere comune: così nella preghiera e nella celebrazione quotidiana, come nello svago; a contatto con la natura o nel chiuso della struttura alberghiera ospitante, lungo sentieri impervi o assecondando i piaceri della tavola. Momenti unici e magici che creano tra tutti i partecipanti un rapporto leale e di reciproco aiuto e servizio .
Sì, perché a Lutago si diventa una unica famiglia, nascono rapporti molto profondi e intensi come tra genitori e figli o tra fratelli grandi e minori pur tra persone diverse per età, lavoro e abitudini. È lo spirito del gruppo che vince e che rende questa vacanza una esperienza davvero intensa.
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In edicola oggi

26 settembre 2009.
Le prime pagine dei giornali.






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Tocca alle volpi fare da bersaglio

Brembio. Le "doppiette" a convegno al quagliodromo chiedono un controllo più efficace del territorio. «Le volpi sono il nuovo flagello». Enalcaccia lancia l’allarme per contrastare il fenomeno.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Laura Gozzini, 26 settembre 2009.

Brembio - Dopo le nutrie la volpe. A lanciare l’allarme della sua rapida diffusione nella Bassa sono i cacciatori di Enalcaccia, riuniti sabato a Cà di Tacchini, in territorio comunale di Brembio, per la celebrazione del decennale dalla nascita del primo quagliodromo lodigiano. Nell’occasione, presenti il primo cittadino Giuseppe Sozzi e l’assessore provinciale all’agricoltura Matteo Boneschi, il rappresentante di Enalcaccia a Brembio Luigi Quaini e con lui cacciatori e agricoltori impegnati da anni nella salvaguardia del territorio, hanno segnalato il pericolo di un fenomeno già in atto e per il quale non si sta facendo nulla, foriero tra l’altro della rabbia silvestre. «Abbiamo partecipato a un corso di formazione - hanno detto i cacciatori - ma a questo non è seguito alcun controllo sul territorio». Il rischio da scongiurare è un intervento quando sia troppo tardi, quando cioè la situazione abbia raggiunto livelli di emergenza e diventi a quel punto difficile porvi un freno. Esattamente come accaduto in passato proprio con riguardo alle nutrie. Ecco spiegata quindi la richiesta di maggiore autonomia a livello locale nella gestione delle Zrc, zone di ripopolamento e cattura, tra gli interrogativi posti all’assessore Boneschi, il quale ha assunto l’impegno «a lavorare perché sia resa possibile, nel rispetto sempre dei limiti di legge». Altra spinosa questione su cui il dibattito ha posto l’accento è quella che riguarda gli Atc, ovvero gli ambiti territoriali di caccia, oggi suddivisi nelle due aree denominate Laudense Nord e Sud e però oggetto di un accesa discussione sull’opportunità o meno della loro unificazione. Sul punto Boneschi ha rimarcato la «rilevanza dell’impatto che la decisione avrà sul territorio» e dunque i tempi non sufficientemente maturi per la sua assunzione, ferma restando l’intenzione di rivedere il Piano faunistico venatorio, e tenuto conto del recente insediamento della nuova amministrazione provinciale. Non soltanto alla disamina delle tematiche all’ordine del giorno ma anche alla celebrazione di una attività, quella di addestramento cani per la caccia, oggi affermata e in continua crescita, è però valso l’incontro di sabato. E ai protagonisti di quell’atto fondativo ha richiamato Luigi Quaini, elencando uno ad uno l’amico Gianni Giuseppe Chiesa ed il figlio Carlo, che hanno messo a disposizione il terreno e quindi fornito la base da cui partire, il sindaco Sozzi, per l’importante aiuto nel contenimento delle nutrie con le due ordinanze del 2008, e poi il gruppo dei 12 cacciatori anima del quagliodromo: «Gabriele Abbà, Eraldo Zoppi, Giuseppe Belloni, Alfredo Locatelli, Clemente Zabaglio, Adriano Sarto, Ivan Bernardi, Pietro Bersani, Franco Rancati, Massimiliano Alloni, Achille Alchieri e Oscar Angelo Rossi». Senza dimenticare il cuoco ufficiale Luciano Bianchi, cui è andata una targa al merito per i «sempre gustosi pranzi durante le manifestazioni cinofile».


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Fido in festa

A Secugnago una domenica dedicata ai cani in stile country.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Paola Arensi, 26 settembre 2009.

Secugnago - Una “Festa di Fido” per coccolare i cani del Lodigiano. Promotori di questa giornata all’aria aperta, in calendario domani, domenica 27 settembre, a Secugnago in via Gaetano Scirea, sono i 14 membri di Dogitaly onlus, associazione turanese per la tutela dei diritti degli animali costituitasi lo scorso maggio. Non manca il sostegno dell’amministrazione comunale che concederà gli spazi. La presidentessa di Dogitaly Giuseppina Cremaschi riassume gli obiettivi del gruppo: «Intendiamo promuovere i diritti degli animali. A tal fine nei nostri primi mesi di lavoro abbiamo aperto una sezione a Urbana, in provincia di Padova, dove stiamo già ultimando un rifugio che al momento ospita circa trenta cani. Successivamente intendiamo avviarne altri in tutta Italia». Iniziative come la festa secugnaghese servono a sensibilizzare la gente: «Ci autofinanziamo perché purtroppo non abbiamo ancora trovato donatori o sponsor. Ma siamo convinti che presto i lodigiani capiranno quanto è importante il benessere di bestiole che soffrono e contribuiranno anche economicamente. Per ora concentriamoci sulla manifestazione che dovrà essere più che altro divertente» dice Cremaschi. Il programma, che si snoderà a partire dalle 10, è davvero ricco: giochi per cani e padroni, balli con I tex roses e i ballerini Country storm, sfilate, premi di vario genere e l’offerta di una giornata relax in un ambiente country. «Premieremo i cani in base alle categorie Mister cane, Lady cagnolina, Mister simpatia. Non mancherà una gara di obbedienza e un’altra di agility amatoriale. Infine, presenzieranno alcuni addestratori proponendo spettacoli vari».
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Puzza continua

Terranova - «Foroni aveva promesso la chiusura se i disagi rimanevano».
Eal compost, le puzze continuano: dai residenti appello alla Provincia.

Rassegna stampa - Il Cittadino, Francesco Dionigi, 26 settembre 2009.

Terranova - «Una puzza presente ogni giorno e sempre più fastidiosa». Questo l’aggiornamento riguardo gli odori sgradevoli a Terranova generati dall’impianto di compostaggio gestito dalla azienda Energia ambiente lodigiana (Eal) Spa, società a capitale misto pubblico-privato che si occupa dello smaltimento dei rifiuti umidi urbani nella provincia di Lodi, creando un compost. Ancora una volta arriva la denuncia dal presidente del comitato “anti-compost”, costituito dal 2002, Enrico Della Giovanna. «Dal gennaio 2003, data dell’attivazione dell’impianto fino ad ora, non ci sono state concrete migliorie sulle problematiche generate dall’impianto di compostaggio Eal», conferma Della Giovanna che rimane anche «perplesso su quanto emerso finora dalla sentenza emessa nei giorni scorsi dalla magistratura lodigiana nei confronti del direttore dell’impianto Gianangelo Pessina». La vicenda iniziata nel marzo del 2006 quando i carabinieri del nucleo operativo ecologico, ricevute le denunce di alcuni residenti delle frazioni vicine al compostore, che lamentavano molestie olfattive, effettuarono un sopralluogo e contestarono due mancanze: la prima, l’inadeguatezza dei sistemi di contenimento e filtraggio dell’aria nei pressi del nastro trasportatore deputato a separare il compost dai residui dei sacchetti di plastica (impropriamente usati dai cittadini); la seconda, presunte irregolarità nello stoccaggio degli sfalci verdi. Per questo secondo capo d’imputazione il tecnico bergamasco è stato assolto. Per il primo, invece, il giudice ha accettato un’oblazione: il pagamento di una sanzione che estingue il reato. «Bisognerà leggere attentamente il dispositivo di sentenza - sostiene Della Giovanna - anche se ci sono molte altre denunce pendenti nei confronti dell’impianto Eal. Attendiamo comunque con una certa trepidazione che il presidente della Provincia di Lodi Pietro Foroni, che in campagna elettorale ha dichiarato che l’impianto sarebbe stato chiuso se non in grado di dare concrete risposte al problema degli odori molesti, mantenga le promesse fatte e nel frattempo continuiamo, nostro malgrado, a convivere sempre più con difficoltà con le puzze quotidiane dell’Eal».
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Blog Notte - Farabutti

Blog Notte
Farabutti

25 settembre 2009

Annozero. L'incipit potrebbe essere diverso. Ma preferisco iniziare da qui, con questa prima clip che riporta la seconda parte dell'intervista a Filippo Facci, già giornalista de Il Giornale, che ha preferito licenziarsi prima del cambio di direttore al quotidiano della famiglia Berlusconi. La clip si collega oltretutto in qualche modo con la notizia della querela di Mara Carfagna a Repubblica.




E veniamo all'inizio della trasmissione. La clip riporta parte dell'introduzione che contiene lo spezzone di Porta a porta con il Cavaliere e s'interrompe all'inizio della documentazione dello show del ministro Brunetta.





Ed ecco documentato lo show di Renato Brunetta.





Avete visto le clip. vediamo come ieri, 25, Il Giornale di Feltri descriveva il tutto con la penna di Renato Farina.

Libertà di fango. Annozero è come un manicomio. Altro che censure. Santoro, Travaglio e soci vomitano la loro rabbia contro Berlusconi e «il Giornale», colpevole di aver smascherato l'ipocrisia loro e della sinistra. Una montagna di menzogne pagate dalla Rai.
Rassegna stampa - Il Giornale, Renato Farina, 25 settembre 2009.

Santoro dixit, 14 settembre, una decina di giorni fa: «Sappia Berlusconi, che continua ad agire vigliaccamente nell'ombra...». Sappia che cosa? Ecco: la minaccia mafiosa di Michele Santoro all'ex datore di lavoro ieri si è realizzata davanti al pubblico televisivo. Il Mago della Sinistra ha lavorato con tutti i suoi cilindri, petardi, mossette, luci soffuse a simboleggiare la sua coscienza che brilla nella notte del popolo bue. C'erano i pirati con l'uncino al posto del braccio, Michele aveva il pappagallo sulla spalla, a nome Travaglio. Il culmine è stato quando Santoro si è identificato con san Lorenzo Martire e ha attribuito a se stesso le parole del cardinal Bagnasco sul poveretto cotto alla graticola dall'imperatore. Scopriamo così che è Michele la notte del 10 agosto a far cadere le stelle dal cielo. Mi sa che si sopravvaluta anche come martire.
È stato un atto di guerra (in)civile quello accaduto ieri sera su Rai 2, prima puntata di «Annozero». A dire la verità ci aspettavamo di più, si dev'essere ammosciato. È stata un'aggressione annunciata per tempo, come il fulmine dopo il tuono. È stato un putsch guatemalteco in età elettronica. Si sa che i golpe ormai non si fanno con i carri armati ma occupando postazioni pubbliche per imporre la propria forza di minoranza, giustificando il sopruso con la propria presunta superiore moralità. Così ieri sera Michele Santoro, accompagnato dal parere favorevole - ma guarda un po' il caso - della magistratura, si è impadronito di nuovo della navicella del popolo televisivo. È bravo. Efficace. Ha successo. Lo guardiamo tutti, anche perché i gatti spiaccicati attirano sempre lo sguardo. E lui e la sua squadra sono specialisti nello spiaccicare la gente sull'asfalto del loro linciaggio pubblico. Lo guardano tutti, il Michele. Ma anche Vallanzasca, detto il bel René, funzionava bene nelle rapine, era molto professionale. Michele, con professionalità, rapina la buona fede e pure il canone. Parte da un postulato non dimostrato: in Italia non c'è libertà. E si contraddice subito. Scrive che Il Fatto (réclame gratis) raddoppia la tiratura in due giorni, «gli facciamo gli auguri». Complimenti.
Titolone: «Farabutti». Si comincia lasciando la voce al lamento. Esordisce il Conducator: «State tranquilli, c`è Travaglio, senza contratto ma sistemeremo anche quello». Poi dà voce a Berlusconi: «La Rai... tutte trasmissioni sempre e solo contro la mia parte politica, siamo circondati nella politica nella stampa e nella televisione da troppi farabutti». Lo impana come una cotoletta. È la famosa tecnica del blog. Si ritaglia e si incolla deformando, costruendo grugni grotteschi con parole vere. Ma questo va bene se si chiama satira, se no diventa falsificazione.
Quindi tocca lo stesso servizio a Renato Brunetta: «L'Italia sporca, i cattivi dipendenti pubblici, i cattivi magistrati, le cattive banche, quelli che vivono sulle spalle della prima Italia che rischia. Gli stiamo facendo un mazzo così, certo culturame parassitario, che sempre ha sputato sentenze contro il proprio Paese... non hanno mai lavorato per un'Italia migliore. Fai bene a chiudere il rubinetto dei fondi pubblici, Sandro Bondi, ai parassiti dei teatri lirici, ai finti cantanti, ai finti scenografi... a lavorare?».
Be', popolaresco, ma ben detto. E che fa Santoro? Un colpo di genio. Abilissimo Santoro. Si fa assumere in cielo dalla Chiesa. Cita il cardinal Bagnasco difensore della «coscienza». E chi è la coscienza? Ma sì, dài che lo sappiamo tutti: è lui, il Santoro. Cita ancora Bagnasco: «All'imperatore Lorenzo dice no». È la predica di Bagnasco riferita a San Lorenzo, San Lorenzo Martire. Ma si capisce che pensa a se stesso, a San Michele, a San Travaglio, martiri. Non aveva un contratto della Rai, San Lorenzo, era piuttosto perseguitato, ma fa niente, sono particolari.
Tocca a Franceschini. Domanda: «C'è un pericolo per la libertà di stampa?». Come si vede un quesito duro, che mette in ginocchio Franceschini. Risposta: come ve la immaginate, cioè tutta colpa di Berlusconi, proprietà di Berlusconi delle tivù, uno scoop. Accusa Berlusconi: «Intimidazione, sta intimidendo gli imprenditori perché non diano pubblicità a Repubblica. Ci dev'essere una forte mobilitazione per la libertà di stampa. La battaglia per la libertà di stampa dev'essere senza colori». In effetti lui la spinge verso il grigio topo, Santoro va verso il rosso, diciamo un rosso noioso.
Anche l'amico Mario Giordano è trattato come già capitò a Veronica. La sua faccia si trasforma in cartone animato e gli appaiono vicino le parole del suo editoriale d'addio al Giornale, recitato come sputasse addosso a Feltri. Il quale spiega pacatamente come abbia dato una notizia su Dino Boffo, e non abbia offerto dossier, ma spiegato una sentenza per molestie a sfondo sessuale, grazie a una fonte affidabile. Che qualcuno smentisca se è capace. Risposta non ci fu.
Ma qualsiasi cosa dici lì che non sia secondo la volontà di Casa Santoro e San Travaglio, sei infilato nell'acido muriatico. Di solito prendono in giro Giordano per la sua voce. Stavolta lo doppiano,con voce viriloide, come fosse un coro greco.
Pensavamo fosse una puntata contro il Berlusca, ma alla fine si scopre che il bersaglio preferito è Feltri. Infilzato secondo antica tecnica da quelli che passano per berlusconiani. Così Michelazzo usa Filippo Facci, finto puro della destra, come il prezzemolo per il suo polpettone di calunnie. Contro chi? Feltri. Dev'essere lui che impedisce la libertà di stampa, l'unico che aumenta la vendita di giornali, e così porta viale copie agli altri, ohi ohi.
Quindi Marco Travaglio. Mescola frasette su ragazze e festini, Silvio e Massimo, infine il favoloso gioco di parole su «pulp» e «palp». Bravissimo, un genio. E la fiction, bellezza, fatta passare per realtà, per stampa. Povera Italia.





Ieri, 25, il ministro Scajola si è scagliato lancia in resta contro Annozero, come ci racconta l'Unità.it.

«È ora di finirla. È l'ennesima puntata di una campagna mediatica basata sui pruriti, sulla spazzatura, sulla vergogna, sull'infamia, sulle porcherie», tuona il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola contro la puntata di Annozero andata in onda ieri sera. «La televisione non può sostituire le aule dei tribunali soprattutto quando la magistratura non ha rilevato alcun elemento per aprire inchieste sul presidente del Consiglio. Stiamo attraversando una stagione di veleni che sconcerta i cittadini. Queste aggressioni sono la risposta disperata alla politica del fare del Governo Berlusconi, nell'illusione di sovvertire il risultato elettorale. La politica non può arrendersi a questa logica».
E annuncia: «Convocherò i vertici della Rai per verificare se trasmissioni come Annozero rispettino l'impegno, assunto dalla Rai nel contratto di servizio, a garantire un'informazione completa e imparziale».
No alle «invasioni di campo», avverte subito il presidente della Commissione di Vigilanza Rai Sergio Zavoli: «Organismi propri di controllo e di intervento in materia di trasmissione televisive del servizio pubblico sono altre: Commissione parlamentare di vigilanza e Agcom». «Non si tratta - aggiunge Zavoli - di rivendicare competenze, bensì di evitare, tutti, in proprie invasioni di campo che avrebbero, per di più, il risultato di inasprire ulteriormente polemichè già fin troppo inquinanti il clima politico italiano».
«L'intervento del ministro Scajola è un tentativo senza precedenti e fuori dalla legge di imporre una censura governativa sulla Rai», replica Paolo Gentiloni, responsabile comunicazione del Pd. «L'editore della Rai è il Parlamento e il compito di vigilare sul pluralismo è affidato alle Camere attraverso la commissione di Vigilanza. Il contratto di servizio - aggiunge Gentiloni - non dà al governo alcun potere di intervento editoriale e sui programmi. Mi auguro che i vertici Rai sappiano salvaguardare l'autonomia dell'azienda e il rispetto della legge».






Scajola si scaglia ieri contro Santoro ma i due giornali filoberlusconiani in concorrenza ne fanno una tragedia nazionale tale da dedicare alla trasmissione la prima pagina (e di eventi ben più importanti ce n'era da parlare come hanno fatto gli altri quotidiani). Vale insomma quanto Franceschini ha sottolineato dicendo che la filosofia da battere è quella del «ho vinto le elezioni, sono diventato il padrone dello stato» con l'ovvia inferenza «ogni attacco a me è un colpo di stato».




Chiudo come ho aperto, riportando parole di Filippo Facci, quelle pubblicate ieri su Libero nella sua rubrica "Appunti", dal titolo "Né servi né killer": «Di libertà di stampa ce n'è anche troppa, ma questo non toglie che in Italia ci sia anche stata - mio personale parere - una forma di restrizione delle libertà. Tento di spiegarmi. La lotta politica si è oltremodo radicalizzata o meglio militarizzata, e in guerra c'è poco spazio per i distinguo e le sfumature: si spara, si guarda da che parte stai, si usa ogni arma possibile, conta il risultato. C'è un'opposizione ormai dipietrizzata che è disposta a ogni cosa, e c'è un centrodestra galvanizzato dal consenso che è deciso a non fare prigionieri, Né servi né killer non più. I giornali spesso inseguono o divengono arma: e chi non sposa in blocco una posizione secca e omni-comprensiva - dell'opposizione o del governo - figura come un lezioso perditempo, un collaborazionista, un anarchico inaffidabile. Gli indipendenti sono guardati in cagnesco perché non - verbo felicemente ambiguo - servono.In tv, poi, è ancora peggio. Le reti Mediaset hanno fatto delle scelte che sono evidenti a tutti, l'era di un pluralismo spesso alla tafazzi è chiusa da tempo: quella dei Mentana, Ferrara, Sgarbi, addirittura Santoro. In Rai si sparano in faccia personaggi che sono stati nominati espressamente per farlo - dai partiti - oppure scorrazzano armate semi-autonomiste modello Annozero. E qui di pacifisti non ce ne sono, però ecco: sparare a comando, davvero. no».

Questo post è stato realizzato da Sergio Fumich.
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