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venerdì 3 luglio 2009

Un po’ di Brembio in Consiglio provinciale

La brembiese Margherita Fusar Poli.
Fotopost.

Due foto tratte dal sito della Provincia di Lodi nelle quali compare la brembiese Margherita Fusar Poli eletta per il Pd in Consiglio provinciale, in primo piano nella prima immagine, mentre nella seconda la si intravede a fianco di Lino Felissari.


PGT, grande attenzione al tessuto storico del paese

Salvaguardia e rispetto della tradizione agricola e delle caratteristiche naturali del territorio ed attenzione al difficile equilibrio tra insediamenti e ambiente. Presentato il PGT alla popolazione.

Ieri sera, presso il chiostro del Palazzo Andreani l’amministrazione comunale ha illustrato alla cittadinanza il Piano di governo del territorio (PGT), che sarà adottato a breve dal Consiglio comunale. Il PGT, come ampiamente illustrato, è il nuovo strumento urbanistico a livello locale previsto dalla legge regionale che regola la materia. Non solo sostituisce il Piano regolatore generale (PRG), ma fissa tutto un insieme di direttive e di norme che guideranno nei prossimi cinque anni lo sviluppo urbanistico e territoriale del nostro comune, determinandone la crescita complessiva dal punto di vista edilizio, ambientale e sociale.


Alla presenza di un pubblico numeroso, nella presentazione dei diversi aspetti del documento, si sono alternati al microfono e con l’ausilio di slide l’architetto Stefania Rozza e i diversi tecnici che hanno concorso nella stesura del Piano. L’illustrazione del Piano è stata preceduta da una introduzione del sindaco Giuseppe Sozzi, che ha spiegato i motivi della realizzazione del complesso documento di governo del territorio, evidenziando le caratteristiche di armonizzazione e condivisione territoriale che sono alla base del progetto regionale di cui il documento di Brembio è parte.


La descrizione effettuata dai tecnici, seppure estremamente sintetica, ma adeguata al contesto, è stata sufficientemente esauriente sia riguardo le modalità seguite nella stesura del Piano, sia per quanto riguarda i contenuti evidenziandone particolarmente gli aspetti positivi soprattutto di salvaguardia del nostro territorio a preminente vocazione agricola, e sorvolando in parte sugli aspetti critici legati alle espansioni del tessuto urbano; ben facendo, tuttavia, a nostro avviso in quanto ristrettezze di tempo e non preparazione dell’uditorio avrebbero potuto ingenerare fraintendimenti inopportuni. Il piano, infatti, va valutato nel suo complesso e con razionalità, senza farsi prendere la mano da emotività. La stessa linea è stata seguita dal sindaco alla fine dell’esposizione rispondendo ad alcune domande, in particolare ad una del consigliere comunale di minoranza Rosaria Russo sull’espansione industriale prevista nella parte nord-est del comune, in contiguità con il polo produttivo esistente a ridosso del confine con Secugnago.
Dal nostro punto di vista l’esposizione è stata positiva perché ha focalizzato una serie di questioni che ritenevamo di importante dichiarazione pubblica. Innanzitutto l’ampliamento del Plis del Brembiolo e della sutura proposta tra i due tronconi, in cui era diviso in precedenza dal centro abitato, attraverso un “corridoio” urbano, con effetti attesi che non possono che essere ovviamente solo positivi, in termini di potenziamento della connettività ecologico-ambientale e in termini di qualità paesaggistico-territoriale. E dell’inglobamento nel Parco della cascina Monastirolo, inserita in un progetto provinciale e di altre cascine come la Bellaria ed il Polenzone. Altro aspetto importantissimo la netta impronta di salvaguardia del territorio agricolo comunale, con le sue cascine, i suoi manufatti, la rete delle rogge, e la volontà di ridare importanza rendendoli fruibili a tutta la comunità i percorsi campestri fatti di strade vicinali, viottoli di collegamento, sentieri di transito di uso agricolo. E per quanto riguarda il centro urbano la maggiore attenzione alla componente storica dell’abitato, alla sua salvaguardia e all’armonizzazione del nuovo che verrà con l’aspetto consolidato nel tempo del paese.


Per quanto riguarda le espansioni residenziali, ci è parso di capire dalle slide proiettate che la bozza definitiva privilegi la realizzazione dei due comparti di riqualificazione urbana di cui ci siamo occupati altrove, l’area di trasformazione AT2, la prima unità minima d’intervento dell’area di trasformazione AT1, nonché di alcuni completamenti quali quello prospiciente la cascina Castello e l’area nei pressi del depuratore che è stata oggetto di un lungo contenzioso tra Comune e proprietari, risolto recentemente con un accordo dopo la sentenza del Tar.
Infine vogliamo riprendere e sottolineare l’importanza data alla conservazione ed al recupero ambientale ed eventualmente abitativo delle 23 cascine presenti sul nostro territorio, dettando regole precise per le ristrutturazioni compreso l’uso dei materiali. Le norme prevedono la possibilità di ristrutturare gli edifici già adibiti a residenza ed eventualmente riadattare a tale funzione anche costruzioni non più utilizzate per scopi agricoli. L’idea è quella insomma di far rivivere se possibile quegli insediamenti che costituiscono assieme al nucleo storico del paese la nostra storia.
Per completare la cronaca annotiamo anche la presenza del nuovo sindaco di Secugnago, la cui presenza ha significato che l’apertura ed il raccordo sui problemi comuni tra le due amministrazioni continua al di là della diversità politica di campo venutasi a creare con il risultato elettorale.

Diventato legge il Ddl sicurezza

I clandestini non rischiano l'arresto ma un'ammenda dai 5mila ai 10mila euro. L'extracomunitario che arriva in Italia senza permesso di soggiorno potrà essere trattenuto nei Cie fino a 180 giorni. Carcere fino a tre anni per chi affitta casa a stranieri irregolari. Fra le nuove norme anche l'inasprimento del 41 bis per i mafiosi e il “registro dei clochard”. Ritorna il reato di oltraggio a pubblico ufficiale.

Il Senato ha approvato ieri in via definitiva il Ddl sicurezza. I voti favorevoli sono stati 157, i contrari 124. Tre gli astenuti.
L'immigrazione clandestina (“ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato”) diventa un reato. I clandestini non rischiano l'arresto ma un'ammenda dai 5mila ai 10mila euro. La norma renderà possibile denunciare i clandestini all'autorità giudiziaria tranne che per i medici e i presidi per i quali è stata prevista un'apposita deroga. L'extracomunitario che arriva in Italia senza permesso di soggiorno potrà essere trattenuto nei Cie (centri di identificazione ed espulsione) fino a 180 giorni, a fronte dei due mesi previsti in precedenza dalla legge.
Per avere la cittadinanza si dovranno pagare 200 euro. Per il permesso di soggiorno invece il contributo sarà fissato dai ministeri dell'Interno e dell'Economia e potrà oscillare tra gli 80 e i 200 euro. Il coniuge straniero di un cittadino italiano può acquisire la cittadinanza quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se risiede all'estero.
Lo straniero che, raggiunto da provvedimento di espulsione, continua a rimanere illegalmente in Italia nonostante il provvedimento del questore, va incontro ad una pena detentiva da sei mesi a un anno se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di 60 giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo o se la domanda di titolo di soggiorno è stata rifiutata.
La pena va da uno a quattro anni se lo straniero è raggiunto da un provvedimento di espulsione perché è entrato in Italia illegalmente o non ha chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, in assenza di cause di forza maggiore. La pena aumenta da uno a cinque anni se lo straniero destinatario dell'ordine di espulsione e di un nuovo ordine di allontanamento continua a rimanere illegalmente in Italia.
Rischia il carcere fino a tre anni chi dà in alloggio o affitta anche una stanza a stranieri che risultino irregolari al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione. Ma ci deve essere un ingiusto profitto. Le nuove norme prevedono tra l'altro l'istituzione presso il ministero dell'Interno di un fondo rimpatri per finanziare le spese per il rimpatrio degli stranieri verso i paesi di origine.
Il provvedimento istituisce le ronde, fortemente volute dalla Lega: associazioni di cittadini potranno segnalare alle forze dell'ordine situazioni di disagio sociale o di pericolo. Saranno iscritte in elenchi, non potranno essere armate e prioritariamente dovranno essere formate da ex agenti. In arrivo anche il “registro dei clochard”: coloro che sono senza fissa dimora saranno schedati in apposito registro istituito presso il Viminale.
Ritorna il reato di oltraggio a pubblico ufficiale: chi insulta un pubblico ufficiale rischia fino a 3 anni di carcere. Ma se si risarciscono agente ed ente a cui questo appartiene, il reato si estingue. Nessuna condanna, invece, se è il pubblico ufficiale ad aver commesso atti arbitrari.
Circa le questioni legate ai reati di mafia, vengono inasprite le norme del 41 bis, che ora prevede una detenzione più lunga di 4 anni. Inoltre, per impedire che dalle carceri i boss mafiosi possano esercitare il loro potere sul territorio, i detenuti sottoposti al 41-bis saranno destinati all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, preferibilmente in aree insulari, o comunque all'interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell'istituto e custoditi da reparti specializzati della polizia penitenziaria. Rimarranno intatti i poteri del Procuratore antimafia, che in un primo momento si era pensato di modificare. Nel provvedimento, poi, e' stata reintrodotta la norma che esclude da appalti pubblici gli imprenditori, se non denunciano le estorsioni nei loro confronti. Per partecipare alle gare d'appalto, quindi, i costruttori dovranno denunciare ogni tentativo di estorsione ai propri danni.
Saranno intensificati i controlli sul trasferimento di valuta per contrastare il riciclaggio anche ai fini di finanziamento al terrorismo. Gli agenti di attività che si occupano dell'incasso e del trasferimento dei fondi dovranno conservare per 10 anni una copia del titolo di soggiorno se chi ordina l'operazione è cittadino extracomunitario. La cancellazione dall'elenco degli agenti è la sanzione per chi non ottempera a tale obbligo.
Infine è previsto anche l'albo dei “buttafuori”, di guardia fuori da pub e discoteche. Per svolgere questa attività saranno necessari precisi requisiti che saranno stabiliti dal ministero dell'Interno. Anche gli amministratori giudiziari avranno il loro albo professionale.
Così la sezione italiana di Amnesty International ha commentato l’approvazione del “pacchetto sicurezza” in un suo comunicato stampa emesso ieri: «Il Senato ha approvato oggi l’ultima consistente parte delle riforme legislative del “pacchetto sicurezza”, pianificate dal governo nel maggio 2008, durante il primo consiglio dei Ministri tenutosi dopo l’insediamento. Sin da quel momento, la Sezione Italiana di Amnesty International ha dichiarato la propria preoccupazione per l’impatto di tali proposte e dell’approccio che le ha accompagnate sui diritti umani di migranti e richiedenti asilo. Prevedere la natura penale dell’ingresso e della residenza irregolare in Italia rende obbligatoria la denuncia del migrante che si trovi in tale situazione da parte di ogni pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che ne venga a conoscenza. L’organizzazione per i diritti umani torna oggi a sottolineare che i migranti, per timore di essere denunciati con conseguenze di rilievo penale, saranno perciò indotti a sottrarsi al contatto con tutti gli uffici pubblici, in qualunque ambito, piombando così in un'allarmante situazione di mancato accesso ai servizi e di compromissione dei loro diritti umani. Questo stato di cose potrà colpire i migranti irregolari e i loro familiari - siano essi migranti regolari o irregolari, o cittadini italiani - in diversi campi, tra cui l’accesso alle cure mediche e all’istruzione, la possibilità di registrare i bambini e le bambine alla nascita, di contrarre matrimonio, di denunciare alla polizia i reati subiti. A queste norme, osserva con preoccupazione la Sezione Italiana di Amnesty International, si affiancano quelle che prolungano sino a sei mesi i tempi massimi di detenzione dei migranti nei Centri di identificazione ed espulsione, le quali confermano l’utilizzo della detenzione dei migranti come unica risposta e non come ultima risorsa, senza alcuna previsione di misure alternative, come invece richiesto dagli standard internazionali sui diritti umani.»

Le condanne per la rapina al Minimarket

Riprendiamo infine da Il Cittadino di oggi un articolo di Alberto Belloni che ci racconta delle vicende giudiziarie legate ad un fatto di cronaca del novembre 2007 che interessò il nostro paese. Tre malviventi dopo un furto al minimarket rapirono allora anche il figlio della titolare. La foto di repertorio a corredo è tratta dal quotidiano di Lodi.
Rapina con sequestro, tutti colpevoli.
Sei anni e otto mesi al pregiudicato che guidò il “raid” di Brembio.

Brembio - Dovrà scontare 6 anni e 8 mesi di carcere Maurizio Bozzola, il 49enne pluripregiudicato lodigiano che nel novembre del 2007, assieme alla figlia B.C. e al 34enne Rudi Bertuletti, rapinò e sequestrò il figlio della commerciante della quale stavano ripulendo il minimarket a Brembio. La condanna, comprensiva di una multa di 2mila euro, è stata emessa ieri dai tre giudici del collegiale di Lodi, che assolto l’imputato dall’accusa di detenzione d’arma e concesse le attenuanti generiche lo ha punito per rapina, furto, estorsione, sequestro e ricettazione. L’accusa aveva chiesto una pena pari a 9 anni: l’avvocato difensore di Bozzola, Monica Gnesi, aveva chiesto l’assoluzione per tutti i capi d’imputazione, fatta eccezione per il furto, chiedendo in subordine la derubricazione per i reati più gravi in rapina impropria.

Secondo quanto ricostruito all’epoca, Bozzola e i suoi due compagni erano arrivati a Brembio a bordo di una Lancia Thema, poi risultata provento di furto. Coperti dalla donna, dopo aver forzato l’ingresso del locale Bozzola e Bertuletti si erano introdotti in un minimarket con l’intento di saccheggiarlo: la loro razzia, però, era stata interrotta dall’arrivo del 22enne S.R., figlio della titolare del negozio. Il giovane, giunto sul posto assieme alla sua fidanzata, aveva provato a catturare i due ladri intrappolandoli all’interno del locale: vistesi abbassare le saracinesche, però, Bozzola e il complice erano riusciti a uscire dal retro del minimarket. Raggiunto dal terzetto, S.R. era stato così aggredito, minacciato con una pistola (in realtà mai rinvenuta) e costretto a salire sulla sua auto, dove tenuto in ostaggio per circa due ore era stato anche derubato. Il trio aveva liberato il ragazzo a Pieve Fissiraga, non prima di avergli chiesto la consegna, per il giorno successivo, di una cifra attorno ai 5mila euro. Già allertati, però, i carabinieri convinsero la vittima a raccontargli la vicenda e a fornire loro un’accurata descrizione degli aggressori; grazie a ciò, dopo poche ore i tre finirono ammanettati dai militari dell’Arma, che li avevano sorpresi per le vie di Lodi. «Bisognerà leggere la sentenza, ma faremo assolutamente appello - commenta l’avocato Gnesi -. Ho sempre sostenuto come non ci fossero il sequestro di persona e la presenza di un’arma, e anche sull’estorsione ci sono dei grossi dubbi: è emerso infatti che Bozzola aveva raccontato i suoi problemi e che S.R., per reggere il gioco, si fosse detto disponibile lui stesso ad aiutarlo. Ma non ci furono né violenze né minacce» .Per lo stesso episodio, nei mesi scorsi era stato condannato anche Bertuletti, il cui processo si era concluso davanti al giudice per le udienze preliminari con una sentenza a 6 anni, comprensiva dello sconto previsto dalla formula del rito abbreviato; la condanna più lieve degli 8 anni chiesti dall’accusa, è stata successivamente confermata anche dalla corte d’appello. La figlia di Bozzola, l’incensurata B.C., è stata invece condannata per il concorso nella vicenda a 2 anni e 2 mesi: la sentenza, però, è stata appellata.

Bertonico-Turano: tutto da rifare

Ancora un articolo di Greta Boni su Il Cittadino riporta le decisioni del neo-presidente provinciale sulla centrale Sorgenia: «Dobbiamo coinvolgere gli altri comuni, non è giusto che siano solo due a “fare cassa”». La convenzione sulla centrale per Foroni è da rifare. Il quotidiano riporta in un secondo articolo anche le ragioni dell’ex presidente Felissari che ha gestito sin qui la questione a livello provinciale.
La Provincia di Lodi revoca l’accordo siglato con Sorgenia.
L’ex presidente difende la “sua” giunta: «Abbiamo lavorato nella maniera giusta».
Rassegna stampa.

Bertonico-Turano - Tutto, o quasi, da rifare: la Provincia di Lodi “boccia” la bozza di convenzione sulla centrale di Bertonico-Turano e promette di lavorare a un documento capace di coinvolgere anche le altre realtà del territorio. Allo stesso tempo, si punta il dito contro i due comuni della Bassa che ospiteranno l’insediamento: per la nuova amministrazione provinciale non devono essere gli unici a “fare cassa”, soprattutto perché considerati responsabili dell’arrivo dell’impianto.
Nella giornata di ieri, il presidente Pietro Foroni ha annunciato la decisione della giunta di revocare l’accordo con Sorgenia, adottata lo scorso 4 giugno dall’amministrazione guidata da Lino Osvaldo Felissari, a pochi giorni dalle elezioni. «La convenzione relativa alla centrale di Bertonico - Turano è una questione riguardante un’intera area lodigiana - afferma la nuova guida di palazzo San Cristoforo -, e deve essere valutata con la massima attenzione, non con la fretta tipica della campagna elettorale. L’amministrazione uscente firmò la bozza due giorni prima del voto, non mi sembra che la materia rientri nella “normale amministrazione” cui sarebbe opportuno attenersi quando si è in scadenza di mandato. Non escludo - aggiunge Foroni - che il documento rischiasse l’illegittimità. Si riparte con il chiaro obiettivo di coinvolgere tutti i comuni del territorio interessati dall’impianto a turbogas, quand’anche questo non ricada entro i loro confini territoriali. È giusto che questa pluralità di enti partecipi attivamente a definire gli aspetti che contornano la vicenda della centrale». Alcune parti del testo saranno riproposte, altre stralciate o modificate, attraverso il confronto con le amministrazioni comunali, i sindacati, le organizzazioni di categoria degli artigiani e degli agricoltori e, naturalmente, Sorgenia.
Il presidente non usa il guanto di velluto con i due comuni che ospiteranno sul loro territorio l’impianto: «Per quanto riguarda la distribuzione dei fondi - sostiene Foroni - dovranno beneficiare anche i comuni limitrofi a Turano e Bertonico, altrimenti rischieremmo un paradosso inammissibile. Non esiste che i comuni responsabili per l’arrivo dell’impianto siano ora i soli a monetizzare». In questi giorni, si è saputo che Sorgenia ha fatto ricorso al Tar contro il comune di Turano, guidato da Umberto Ciampetti, invocando l’annullamento della nota con cui si chiedeva alla società di De Benedetti di sborsare 22 milioni di euro per opere di urbanizzazione. Il colosso dell’energia, infatti, si stava già impegnando per investire 25 milioni di euro sul territorio attraverso la convenzione, soldi che secondo l’accordo sarebbe serviti sia per le opere di compensazione che per la tutela ambientale.
«Il ruolo istituzionale che ricopro - conclude Foroni - mi impone di richiedere a tutte le parti un comportamento corretto verso il territorio e i cittadini. In questi giorni ho sentito alimentare speranze di un possibile ripensamento sulla costruzione della centrale. Si tratta di false illusioni, più dannose che altro. Ci si concentri piuttosto sulla disposizione di tutti gli accorgimenti occupazionali, ambientali e relativi alla salute che permettano di tramutare in risorsa la presenza dell’impianto».

Veniamo alla posizione dell’ex presidente che difende la sua giunta.

Difende a spada tratta il lavoro della sua squadra e la bozza della convenzione per la centrale di Bertonico-Turano. Lino Osvaldo Felissari, ex presidente della Provincia di Lodi e oggi fra i banchi del consiglio provinciale per guidare l’opposizione del Pd, risponde alle accuse mosse dal centrodestra. «La delibera approvata per la bozza della convenzione - afferma - è un’attestazione che la giunta ha voluto fare propria dopo un lavoro che è andato avanti mesi, grazie all’impegno dei tecnici e dell’assessore Antonio Bagnaschi. La convenzione non è firmata, è semplicemente la definizione del negoziato, a cui ha partecipato un gruppo di approfondimento tecnico che è riuscito a migliorare gli interventi su aria, acqua e mitigazione dei rumori. Si trattava del lavoro portato avanti con Sorgenia e non potevamo lasciarlo appeso al nulla». Felissari rivendica tutta la partita legata all’occupazione e alla sicurezza dei cantieri, una trattativa che ha visto schierati in prima fila i sindacati. «È stata una buona e corretta pratica amministrativa - sostiene l’ex presidente -, l’unica cosa di cui era carente riguardava gli aspetti della legge Marzano, cioè quanto era dovuto agli enti locali: 600mila euro all’anno per 70 anni, il 40 per cento ai due comuni interessati, un altro 40 ai comuni contermini e un 20 a regione e Provincia. Questa partita era già stata intrapresa, ma si è interrotta e non fa parte della convenzione, l’obiettivo era andare oltre, attraverso la richiesta dell’erogazione anticipata di risorse per investimenti di diverso tipo». L’ultimo affondo è per il suo successore, Pietro Foroni: «Bisogna ripartire dal lavoro che è stato fatto, anziché lanciarsi in dichiarazioni avventate, perché in questo modo si offendono i comuni con cui invece si dovrebbe collaborare. Mi sembra poi che certe affermazioni siano ingenerose rispetto ai mesi di lavoro che ci hanno visti impegnati, ormai la campagna elettorale è finita».

I pensionati lodigiani tirano sempre più la cinghia

Un secondo articolo che riprendiamo da Il Cittadino di oggi per la nostra rassegna stampa è di Greta Boni che ci illustra gli allarmanti dati diffusi dalla Cgil: nel territorio su 65mila sono ben in 32mila a faticare ad arrivare alla fine del mese. La povertà colpisce un anziano su due.
La metà dei pensionati lodigiani ha un reddito da 7500 euro.
Rassegna stampa.

Un pensionato lodigiano su due rischia di “fare la fame”. La maggior parte degli anziani deve fare i conti con un reddito da 7.500 euro lordi all’anno, una somma con cui è quasi impossibile riuscire a pagare le spese di tutti i giorni.
Nel 2007, secondo gli ultimi dati a disposizione dell’Inps e forniti dalla Cgil, il 49 per cento delle pensioni non supera la fatidica soglia: su oltre 65mila pensioni erogate, ben 32mila sono al di sotto delle 7.500 euro. Inoltre, 19mila persone si piazzano in una fascia compresa tra le 7.500 e le 15mila euro.
Eppure, con la crisi che avanza, gli anziani sono diventati un’ancora di salvezza per molte famiglie. Anzi, si sono trasformati in una specie di “cassa di mutuo soccorso” dei figli: «Anche nel Lodigiano - affermano Loris Manfredi e Piero Mazza, che seguono i problemi della categoria per la Cgil - il reciproco sostegno tra le generazioni è sempre più problematico».
Nel 2006 gli ultra 65enni rappresentavano il 19 per cento della popolazione, gli ultra 75enni l’8 e gli ultra 85enni il 2. Se si prova a immaginare cosa accadrà nel 2016, il sindacato ipotizza che i numeri saliranno al 22 per cento per gli over 65, l’11 per cento per gli over 75 e il 3 per cento per i più anziani. Le proiezioni, poi, mostrano che i residenti non autosufficienti nei prossimi dieci anni saranno tra i 5 e gli 8mila: numeri su cui riflettere per mettere in campo nuove politiche di sostegno.
A questo proposito, Cgil, Cisl e Uil avevano lavorato insieme a una piattaforma, che sebbene sia ancora valida sotto alcuni punti di vista, ora necessita di una revisione. «Certamente ci sono aspetti come i servizi e i contributi agli anziani che vanno ancora bene - aggiungono Manfredi e Mazza -, ma c’è anche una nuova partita da giocare, quella legata alla dimensione socio-assistenziale». Al suo interno ha un ruolo fondamentale la questione delle case di riposo, a questo proposito si devono per forza tenere in considerazione i dati a disposizione: su 626 strutture lombarde, 256 sono in perdita. «La nostra proposta - dicono i sindacalisti - è quella di mettere le Rsa in rete, sarebbe un modo per risparmiare. Il Consorzio per i servizi alla persona avrà un ruolo fondamentale per cercare di aiutare le persone in difficoltà e quelle non autosufficienti. Attualmente, il fondo destinato a quest’ultima categoria non c’è più, e non si sa se ci saranno prima o poi dei soldi a disposizione».
Nei prossimi mesi le diverse organizzazioni sindacali dovranno confrontarsi sulla questione. A settembre, infine, Cgil, Auser e Federazione lavoratori conoscenza faranno partire una raccolta firme per presentare una legge sulla “formazione permanente degli adulti”: «Gli enti locali devono mettere gli anziani nelle condizioni di sapere quali sono i loro diritti e come fare per risolvere i loro problemi».

I beni artistici lodigiani a rischio ozono

Ricca la rassegna stampa mattutina. Cominciamo con un articolo di Cristina Vercellone sul quotidiano Il Cittadino che presenta l’allarmante conclusione di uno studio della regione Lombardia: nel Lodigiano i beni artistici fortemente esposti sono 25.
Smog, ecco i monumenti in pericolo.
Duomo, San Francesco e castelli della Bassa esposti al rischio ozono.
Rassegna stampa.

L’inquinamento dell’aria un danno per i monumenti artistici. Anche quelli del Lodigiano. A dirlo sono i dati di una ricerca, l’unica disponibile, commissionata dalla regione Lombardia nel 2001 e realizzata da una equipe di ricercatori che fa capo a Tele rilevamento Europa srl. I beni artistici finiti sotto la lente degli esperti sono quelli del capoluogo, Duomo, chiesa delle Grazie e San Francesco, ma riguardano un totale di 25 monumenti del territorio. Si va dal castello Trecchi di Maleo a quello di Sant’Angelo, Fombio e Maccastorna, la Basilica di San Bassiano a Lodi Vecchio, il Cerreto e la chiesa di San Biagio a Codogno. «Gli inquinanti atmosferici di cui è dimostrata l’azione di danno al patrimonio artistico e culturale - spiegano i ricercatori nello studio - sono soprattutto lo smog fotochimico, miscela di ozono, idrocarburi e ossidi di azoto, il biossido di zolfo, l’ammoniaca e il particolato sedimentabile. Il traffico rende conto della maggior parte dell’inquinamento atmosferico. I danni provocati dalla forte azione dell’ozono sono di incommensurabile importanza culturale quando si verificano su affreschi, arazzi, bronzi e rami. Numerosi studi dimostrano l’azione decolorante sulle pitture. Consapevoli dei danni da ozono alcuni musei, come il British museum library e il Canadian conservation institute hanno fissato dei limiti. Il Royal Ontario Museum fa uso, invece, del carbonio attivo per rimuovere ogni traccia di ozono dalle sale». Nessuna norma, in Italia, fissa il valore limite di concentrazione rispetto alle opere d'arte. Quelli definiti per la salute e l’ecosistema, dicono gli esperti, sono inadeguati per i beni artistici.
Ai fini della ricerca gli studiosi hanno posto dei limiti che nel Lodigiano sono spesso superati, per quanto riguarda ossidi di azoto, No2 (30 microgrammi) e ozono (40). Quando è stata fatta la ricerca, la soglia calcolata per l’ozono è stata ampiamente oltrepassata in tutti i monumenti, quella dell’ossido di azoto, invece, in 10 beni su 25. Se gli inquinanti fossero stati raccolti ieri, secondo i dati dell’Arpa, i 3 monumenti del capoluogo avrebbero rischiato, non solo i danni dell’ozono, ma anche quelli degli ossidi di azoto, calcolati in 51 microgrammi rispetto ai 22,3 dello stesso mese del 2001. Secondo lo studio, invece, i monumenti a maggior rischio sarebbero quelli di Codogno, la chiesa di Ospedaletto, la chiesa di Santa Maria Incoronata, a Castiglione, palazzo Rho a Borghetto e il castello di Sant’Angelo. In tutti questi casi, l’ozono è stato misurato in oltre 100 microgrammi e gli No2 in più di 30. «A Lodi almeno - commenta l’assessore alla cultura Andrea Ferrari - non abbiamo segnalazioni di opere annerite dallo smog».
Secondo la studiosa Maria Emilia Maisano Moro, rappresentante lodigiana del Fai, «bisognerebbe spingere di più per l’allontanamento dei piccioni dai monumenti, così come è stato fatto in Broletto e a palazzo Mozzanica dopo il restauro. Secondo me, poi, bisognerebbe estendere il più possibile l’isola pedonale nel centro delle città. I bus urbani dovrebbero essere sempre più sostituiti con navette a basso impatto ambientale. La situazione a Lodi è nella media. A farmi infuriare è anche il degrado umano, quello è davvero devastante. Si va dai graffiti sui muri fatti con vernici indelebili, ai danni come quelli provocati al leone del Duomo spruzzato di verde pochi giorni fa. Una cosa che, invece, ho in mente di segnalare al comune, riguarda il selciato della piazza: vernici di tutti i colori vengono usate per delimitare le bancarelle del mercato. Basterebbe usare dei gessi bianchi. Tutti quei blu, rossi e verdi sui ciottoli del centro stanno davvero male».