Speciale - Parte seconda.
Signora Boaretto, perché un giudizio tanto positivo sul piano?
«Ricordo che, sempre il Governo Berlusconi, aveva introdotto alcuni anni fa la Dia (Denuncia di inizio attività, ndr), che sostituì la concessione edilizia: un provvedimento che di fatto ha smaltito tante carte. Mi auguro che anche il Piano casa sblocchi il mercato edilizio. Sono in tanti a beneficiarne. Non solo i muratori ma anche i falegnami, gli idraulici: la filiera è ampia».
Teme però che i Comuni non rispondano con prontezza. Perché?
«Come Confartigianato abbiamo lavorato un anno con la Provincia di Lodi per redigere le linee-guida riguardanti le nuove costruzioni. Oggi, a un anno dalla pubblicazione di tali linee, non c’è ancora un Comune che le abbia adottate. Venivano proposti, anticipando un po’ quello che è oggi il piano casa, incentivi sulle nuove costruzioni rivolte al risparmio energetico, con bonus negli oneri o nella riduzione dell’Ici: spettava al Comune scegliere la formula che riteneva più idonea, e applicarla. Ci sarebbero stati benefici per l’economia del territorio e per l’ambiente. Ma nessuno lo ha fatto, nemmeno Lodi».
Eppure il capoluogo ha disposto un nuovo regolamento improntato alla bioedilizia. Non è così?
«Sì. Ma ha introdotto solo obblighi, senza alcun incentivo. Non appena gli tocchi le casse, i comuni cominciano a piangere».
Appunto, c’è il problema dei soldi, sia per i comuni che per i privati. Ritiene che ce ne siano da investire?
«Sono convinta che di liquidità ce n’è. Il Piano casa riconosce anche aumenti di volumetria che premiano chi investe nell’ambiente. È molto positivo».
Quali invece gli elementi potenzialmente negativi?
«La nostra preoccupazione è che il piano non porti a degli obbrobri. Inoltre ha un validità limitata, la deroga è per soli 18 mesi. In Lombardia entrerà in vigore il 16 settembre, con una Denuncia di inizio attività dopo 30 giorni si può iniziare subito a lavorare. Tanto più che si tratta di ristrutturazioni interne alle abitazioni, che si possono avviare anche col freddo. Il vero limite è quello dato alle imprese. L’agenzia delle entrate finora non ha mai riconosciuto il risparmio del 55 per cento sulle ristrutturazione di immobili di proprietà delle imprese, anche se poi gli effetti positivi ricadrebbero sull’utenza. È una grave limitazione. Ci auguriamo che almeno gli enti locali intervengano sulle case sociali. Non serve costruirne di nuove, basta che ristrutturino quelle fatiscenti, dando il buon esempio. Cosa che invece di norma non fanno. Ancora oggi costruiscono case con la vecchia concezione “popolare”, al massimo risparmio. Mentre anche per un capannone industriale viene richiesto, come minimo, l’isolamento dei muri».