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mercoledì 16 settembre 2009

L'attesa

Il caso.
«No al Lodo Alfano? Così il premier sarebbe a rischio».

Rassegna stampa, Avvenire, Massimo Chiari, 17 settembre 2009.

Se la Corte Costituzionale dovesse bocciare il "lodo Alfano" «ci sarebbero danni a funzioni elettive, che non potrebbero essere esercitate con l’impegno dovuto, quando non si arrivi addirittura alle dimissioni. In ogni caso con danni in gran parte irreparabili». È netto il parere dell’Avvocatura generale dello Stato che, per conto della Presidenza del Consiglio, difende la "ratio" della legge che sospende i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato. La memoria di 21 pagine è stata depositata presso la cancelleria della Corte Costituzionale in vista dell’udienza del 6 ottobre. Il legale difende la «ragionevolezza» del "lodo Alfano" perché in grado di coordinare due interessi: quello «personale dell’imputato a difendersi in giudizio»; e «quello generale, oltre che personale, all’esercizio efficiente delle funzioni pubbliche» svolte dal premier.
Se invece la legge («non solo legittima, ma addirittura dovuta») venisse bocciata dai giudici della Consulta, c’è il pericolo che si ripeta quanto accadde a Giovanni Leone, afferma l’avvocato Nori senza mai citare apertamente l’ex presidente della Repubblica, che lasciò anzitempo il Quirinale perché travolto dalle polemiche sullo scandalo Lockheed: «Talvolta - scrive l’avvocato - la sola minaccia di un procedimento penale può costringere alle dimissioni prima che intervenga una sentenza ed anche quando i sospetti diffusi presso la pubblica opinione si sono dimostrati infondati». Ma non basta. Per l’Avvocato i tempi lunghi della giustizia in Italia trasformerebbero di fatto un procedimento a mandato in corso in una sorta di «spada di Damocle» destinata a restare sospesa per l’intera durata dello stesso.
Il mondo politico per due ore resta in silenzio e l’unico commento arriva dal Pd. «La legittimità del lodo Alfano non può essere guardata solo con la lente dell’opportunità politica e della contingenza, altrimenti si avalla la teoria delle leggi ad personam», attacca la capogruppo in commissione Giustizia alla Camera, Donatella Ferranti. Intanto per il 6 ottobre si prevede scontro. Perché la memoria depositata due giorni fa presso la Corte Costituzionale, dalla procura di Milano, rappresentata dal presidente dei costituzionalisti italiani Alessandro Pace, parla di «privilegio illegittimo» per una legge «criptopersonale».
Dunque – è il ragionamento – il lodo Alfano sarebbe «incostituzionale» come il lodo Schifani che venne bocciato dalla Consulta il 20 gennaio 2004. Si cerca di leggere i numeri e di capire come andrà a finire nell’aula delle udienze della Consulta: alcune indiscrezioni parlano di otto giudici per la bocciatura, cinque contrari, due incerti. Da quello che deciderà la Corte dipenderà del resto la ripresa o meno dei processi milanesi in cui il premier è imputato (per corruzione dell’avvocato inglese Mills e per irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi Mediaset), oltre che il procedimento fermo al gip di Roma dove Berlusconi è indagato per istigazione alla corruzione di alcuni senatori eletti all’estero nella scorsa legislatura.
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L'arma impropria

Il «caso Giornale», le campagne, i silenzi.
Se la stampa diventa spietata arma impropria.
Rassegna stampa, Avvenire, Marina Corradi, 16 settembre 2009.

«Noi giornalisti dovremmo meditare amaramente, con approfondito esame di coscienza, sulle parole di Giorgio Montini (giornalista e padre del futuro papa Paolo VI) che considerava il giornalismo una splendida missione a servizio della verità, della democrazia, del progresso e del bene pubblico». Lo ha detto ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Eccellenti parole, e dette proprio nel momento giusto. Perché si sta a guardare quello che succede nella informazione in Italia con un crescendo di apprensione. Persino il premier Berlusconi ieri sera ha denunciato la presenza di "farabutti" nel sistema dell’informazione. Basta intendersi.
Due settimane fa la feroce campagna contro Dino Boffo: carte false e di oscura provenienza pubblicate in prima pagina, in un odore di squadrismo mediatico. Ma, il Giornale lo aveva annunciato, era solo l’inizio. Due giorni fa, l’editoriale di Vittorio Feltri era dedicato a Fini: una «ultima chiamata» perché «cambi rotta».
Legittima la critica politica; ma sono le ultime dieci righe che raggelano. Le riportiamo testualmente: «(Fini) ricordi che bocciato un lodo Alfano se ne approva un altro, e lo si manda immediatamente in vigore. Ricordi anche che delegare i magistrati a far giustizia politica è un rischio. Specialmente se le inchieste giudiziarie si basano su teoremi. Perché oggi tocca al premier, domani potrebbe toccare al presidente della Camera. È sufficiente – per dire – ripescare un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse riguardanti personaggi di Alleanza nazionale per montare uno scandalo. Meglio non svegliare il can che dorme».
Questo non è più politica. E non è nemmeno informazione. Informazione è pubblicare i documenti che si hanno, dopo aver rigorosamente verificato che siano autentici e aver sentito le parti interessate. Inventare una insultante vita parallela per uccidere mediaticamente un giornalista galantuomo non è informazione, è deliberata aggressione. Alludere a un "certo" fascicolo, avvertire che è «meglio non svegliare il can che dorme», non è informazione, è pura e semplice intimidazione. Non dubitiamo che, nella storia di questa Repubblica come in quella di molti altri Stati, di avvertimenti così, sottobanco, a mezza bocca, indiretti, ce ne siano stati.
E magari non pochi. Quello che ci impressiona è veder dispiegato un simile apparato di guerra e leggere ripetutamente, nero su bianco, accuse e frasi di tale tenore su un grande e già glorioso quotidiano nazionale, che per di più appartiene alla famiglia del presidente del Consiglio. Impressiona, che tutto questo venga fatto ostentatamente.
Come se fosse cosa normale. Come pensando che, in questa Italia, si può ormai tranquillamente fare ciò che in altri tempi sarebbe stato considerato da tutti deontologicamente inammissibile. E forse Feltri ha ragione: nemmeno l’Ordine dei giornalisti, almeno fino al momento in cui scriviamo, ha ritenuto di dover dire o fare niente. Speriamo di essere troppo pessimisti.
Ma il dubbio è che qualcosa stia vacillando nella informazione in Italia – e in questo senso la manifestazione di sabato prossimo non è un appuntamento retorico, né formale. Ieri sera, un altro episodio, meno eclatante, più benigno: la consegna delle case in Abruzzo da parte del premier in onda a Porta a Porta in prima serata, di fatto "spente" le vere alternative sui palinsesti delle altre reti. La celebrazione dell’operato del governo – in questo caso più che apprezzabile da tutti – mandata in onda, ha scritto il Corriere, «in un clima da reti unificate». In bilico fra informazione e propaganda. Come se il clima velenoso degli ultimi mesi, e la aggressiva campagna sulla moralità del premier condotta dai quotidiani vicini all’opposizione, avessero generato una controreazione nervosa, incontrollabile e ora del tutto straripante.
C’è ormai un clima di veleni trasversali, in cui pare normale cercare di distruggere un avversario, vero o presunto, con ogni mezzo. In cui non si prova alcun imbarazzo a colpire e avvertire pubblicamente chi fa mostra di autonomia di giudizio (e se è lucida eppure appassionata la nostra difesa della dignità di uomo e di giornalista di Dino Boffo, non siamo certo noi a dover essere sospettati di nutrire simpatie per certe mosse iperlaiciste di Gianfranco Fini). Mentre alle famiglie italiane si mostra con gran rilievo in prima serata tv il puntuale operato del governo in Abruzzo, si tace sull’uso crescente e "normale" della stampa come di una spietata arma impropria.
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Italia Politica, n. 2 - 16 settembre 2009

Italia Politica
Numero 2, 16 settembre 2009

Casini, forse alleanze locali con il Pdl
La mattinata politica l’ha aperta Pierferdinando Casini non escludendo alleanze locali con il Pdl per le prossime elezioni regionali, a patto che ci siano affermazioni, impegni chiari e scritti che “contraddicano gli insulti di ieri all'Udc” arrivati dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi durante la trasmissione Porta a Porta. Casini, intervenendo alla 'Telefonata' su Canale 5 ribadiva comunque che con Pd e con Pdl non ci sarà un'alleanza di carattere nazionale, ma si valuterà caso per caso. Nessuna possibilità di intesa politica dell'Udc invece con l'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro e con il presidente della Camera, Gianfranco Fini, anche se per motivi diversi.
Per quanto riguarda l'ex presidente di An, ha spiegato Casini, “è impossibile un'alleanza con l'Udc, è uno dei fondatori del Pdl”. Però tra l'Udc e Fini va sottolineata, sostiene Casini, “la profonda assonanza sulla libertà e sull'autonomia dei vertici istituzionali, che non sono i lustrascarpe di nessuno”. Altrettanto netta, e senza alcuna concessione, la posizione sull'Italia dei Valori, formazione nei confronti della quale Casini ha detto di avere “allergia politica”. Di Pietro poi, spiega l'ex presidente della Camera, rappresenta “l'avversario di comodo di Berlusconi, che non si contrasta con il livore e l'odio ma con un'idea alternativa del Paese”. Anche con la Lega eventuali alleanze sono “impossibili”, soprattutto perché fra Carroccio e Udc “'penso ci sia una concezione diversa della politica”, ha spiegato Casini. “Nessuna intesa con Rutelli, solo grande rispetto e condivisione profonda su alcuni grandi temi come il testamento biologico. Una legge che abbiamo contribuito a fare e che intendiamo difendere”.
Infine, riguardo al Grande Centro Casini ha ribadito di non volerne parlare in questi termini: “Chiamiamolo Andrea. Non lo abbiamo fatto – ha assicurato - e non aspettiamo uomini della provvidenza. Cerchiamo con chi allargarci e se son rose fioriranno”.

La disfatta mediatica del Caimano
Poco prima di mezzogiorno le agenzie diffondono i dati degli ascolti: Gabriel Garko meglio di Silvio Berlusconi. La fiction “L'onore e il rispetto”, su Canale 5 batte, infatti, nettamente in ascolti “Porta a porta”. La trasmissione di Mediaset ha avuto il 22,61% di share con 5.750.000 spettatori contro il 13,47% e 3.219.000 spettatori della puntata di Vespa su Raiuno con il presidente del consiglio. I due programmi si sono sostanzialmente sovrapposti: la fiction è andata in onda dalle 21.16 alle 23.20, mentre “Porta a porta” dalle 21.12 alle 23.45.
Il primo commento che si registra, ai dati di ascolto delle trasmissioni televisive di ieri sera, è quello di Anna Finocchiaro, presidente del gruppo PD a Palazzo Madama: “Ho appena letto i dati di ascolto e gli indici di share delle trasmissioni di ieri sera. E mi ha colpito che l'onore e il rispetto (“L'Onore e il Rispetto” è il titolo della fiction andata in onda ieri sera su Canale 5) si siano imposti sulla propaganda di Berlusconi. Curioso, no?”.
A ruota, il senatore dell'Italia dei Valori Stefano Pedica sostiene che: “Il flop degli ascolti della puntata di ieri di Porta a Porta dimostra che gli italiani sono ormai nauseati da Bruno Vespa e dalle sue sviolinate a Berlusconi”. E aggiunge: “La prossima volta non basterà nemmeno trasmettere gli spot governativi a reti unificate, perché la gente farà prima a spegnere il televisore. L'Italia dei Valori continuerà a invitare il suo elettorato a cambiare canale ogni qual volta appariranno sullo schermo il videocrate e il suo maggiordomo. Il nostro sit-in di ieri a via Teulada è stato una vittoria: vedere Berlusconi entrare dalla porta di servizio nella tv che ha occupato è l'inizio del suo triste declino”.
Il Pd si scatena, Roberto Cuillo, componente della direzione afferma: “Come dimostrano i dati Auditel la puntata di ieri sera di Porta a Porta fa scendere la rete sotto la media. La dimostrazione che i telespettatori e i cittadini italiani rifiutano l'informazione a senso unico e l'abbattimento degli spazi di pluralismo e di informazione in Rai. Una lezione per il Presidente del Consiglio e per coloro che lo hanno 'servito' in questi giorni”. Così il senatore del Pd Fabrizio Morri, capogruppo nella commissione parlamentare di vigilanza Rai: “La notizia che la fiction 'L'onore e il Rispetto' ha surclassato gli ascolti di Porta a Porta con il premier spiega l'ansia del Presidente Berlusconi e del Direttore generale Masi. Ansia che li ha portati a cancellare Ballarò e che ha portato Mediaset a cancellare Matrix. Il 13% di ascolti di Porta a Porta in prima serata equivale alla performance del più scadente dei varietà”. E aggiunge: “Alla luce dei dati appare chiaro che se ci fosse stata la normale concorrenza e non fossero stati stravolti i palinsesti il dispiacere di Berlusconi questa mattina sarebbe stato ancora più grande”. Vincenzo Vita, senatore del Pd esperto di politiche di comunicazione, afferma: “La trasmissione di Vespa con Berlusconi sarà ricordata come la più plateale forma di comunicazione di regime e di appiattimento a un capo di governo, nonché come l'inizio della crisi di un certo modello di talk show televisivo. Quello, per l'appunto, fondato sulla mera propaganda e sulla ingiallita tecnica manipolatoria della 'cerimonia mediatica'”. E aggiunge: “È un clamoroso crollo di audience, di cui chi ha avuto la bella pensata, dovrà rispondere agli organi competenti. Infine la vicenda dello spostamento di 'Ballarò' e del cambiamento improvviso di palinsesti richiederà verosimilmente l'intervento dell'Agcom visto che lo stesso contratto di servizio, al suo articolo 3, è stato evidentemente aggirato”.
Intervenendo stamani a Radio Città Futura , il Presidente della Provincia dell'Aquila, Stefania Pezzopane, ha espresso severe critiche alla lunga trasmissione che ha avuto ospite il Presidente del Consiglio Berlusconi nel giorno della consegna delle prime case ai terremotati di Onna: “Con la puntata di ieri di 'Porta a Porta', abbiamo davvero toccato il fondo”. E ha affermato: “Quella di ieri è stata una giornata importante, di gioia , guastata in parte dall'indecorosa enfasi data all'evento. Ho sentito dire che nella sostanza era tutto risolto, ma così non è. Ancora questa mattina sono passata in una tendopoli dove era in atto una protesta. Ci sarebbe voluta decisamente più sobrietà, per rispetto soprattutto di quelle tante migliaia di abruzzesi che una casa ancora non ce l'hanno. Dopo quello che ho visto - ha aggiunto - parteciperò con maggiore passione e determinazione alla manifestazione di sabato a Roma per un'informazione libera”.
Il consigliere Rai Giorgio Van Straaten ha affermato: “Solo il 13,5% degli spettatori italiani ha guardato lo show di Silvio Berlusconi presentato da Bruno Vespa: un flop clamoroso, forse la peggiore performance di Rai Uno nell'anno”. Così la scelta del direttore generale Mauro Masi si è rivelata non solo inaccettabile sotto il profilo del pluralismo informativo e del buon giornalismo, ma anche completamente sbagliata rispetto agli interessi dell'azienda, come era facilmente prevedibile e anche io avevo previsto”. E ha aggiunto: “Mi auguro che questa vicenda sia di insegnamento e che da oggi, nell'interesse del paese e della Rai, i giornalisti tornino a fare i giornalisti e i dirigenti a dirigere l'azienda con autonomia ed efficienza”.
Sempre dal fronte dell’opposizione arrivano altri autorevoli commenti. Giorgio Merlo, Pd, vicepresidente della commissione parlamentare di vigilanza Rai afferma: “Gli italiani non hanno gradito lo show mediatico del presidente del Consiglio. Questo testimoniano i dati Auditel della puntata speciale di ieri sera di Porta a Porta, che ha registrato un risicato 13% di share, percentuale molto al di sotto della media della prima rete. Spero che questo risultato sia da monito per i dirigenti Rai che, nel salvaguardare la mission della televisione pubblica, devono garantire ai cittadini un'informazione completa e plurale”.
“Ma che razza di servizio pubblico è quello che organizza un'orgia del potere?”. Lo dice il senatore Francesco 'Pancho' Pardi, membro Idv della Commissione di vigilanza Rai. “Premetto che ho guardato Porta a Porta in qualità di membro della commissione di vigilanza, infatti noi dell'Italia dei Valori abbiamo chiesto a tutti i cittadini di boicottare la prevedibile propaganda della trasmissione. E la risposta - aggiunge Pardi - è sotto gli occhi di tutti: un fallimentare e vergognoso 13 per cento di share. Comunque, ho assistito a una delle pagine più brutte nella storia dell'informazione e della democrazia: un monologo di menzogne degno del peggior regime mediatico. Le case costruite con i soldi della Croce Rossa e l'impegno della Provincia di Trento spacciate per regalo di Berlusconi. Ci vorrebbe l'impeachment per chi mente, ma soprattutto per chi ha ridotto il servizio pubblico radiotelevisivo a portavoce del Governo e a cassa di risonanza delle ridicole vanterie di Berlusconi”.
“Oggi sappiamo qual è la popolarità del premier: si ferma al 13 per cento di gradimento degli italiani. Vittima del suo conflitto d'interesse, il Berlusconi proprietario delle reti Mediaset batte il Berlusconi controllore politico del servizio pubblico. Non è bastato militarizzare la Rai, imporre lo spostamento di Ballarò, chiedere a Matrix di farsi più in là”. Ad affermarlo è Rosy Bindi, Pd, vicepresidente della Camera che aggiunge: “Il flop a Porta a Porta è una doppia umiliazione: per Viale Mazzini che non ha salvaguardato l'autonomia del servizio pubblico e per Berlusconi che ha usato uno spazio privilegiato per fare propaganda di regime e attaccare la stampa indipendente e gli avversari politici”.

Le solite filastrocche dei poveracci Berluscones
“Ancora una volta la sinistra si contraddistingue per il suo odio e la sua faziosità verso il Presidente del Consiglio”. Lo affermava il deputato Giovanni Mottola (Pdl), membro della Commissione di vigilanza Rai, a proposito dei dati sugli ascolti tv, secondo i quali la finction su Canale5 ha battuto Porta a Porta di Bruno Vespa con Silvio Berlusconi. “La trasmissione sul terremoto in Abruzzo non doveva e non poteva essere uno show mediatico ma solo una doverosa e completa informazione sugli eccezionali risultati ottenuti dal Governo per i terremotati dell'Abruzzo. Il resto sono solo chiacchiere inutili dei soliti cattocomunisti”.
“I dati d'ascolto crescono e diminuiscono. Invece cresce il consenso per il governo e l'azione di Berlusconi”. Lo afferma il capogruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, commentando gli ascolti tv di ieri sera. “Fare case per i terremotati, affrontare la crisi economica: il governo dei fatti gode di un crescente consenso nel paese ed è questo il vero dato di gradimento che conta di più”.
E il ministro Gianfranco Rotondi, commentando le polemiche sui dati della puntata di ieri di Vespa: “Vedo tanti 'esperti' in giro di auditel, percentuali di ascolto e così via: mi complimento con loro, evidentemente Berlusconi è stato innovativo anche in questo”. “Gli 'esperti' di cui sopra - continua Rotondi - parlano di scarso successo del premier a 'Porta a Porta' dimenticando gli alti indici di gradimento alle elezioni e nei sondaggi che incassano questa maggioranza, il governo e il presidente del Consiglio. Ora far passare i dati televisivi come i risultati dell'urna mi sembra davvero fantasioso...”.
Pippo Fallica, deputato del Pdl, sostiene: ''La sinistra, incapace di produrre idee e proposte per il Paese, cerca di dimostrarsi ancora vitale inventandosi una polemica al giorno. Oggi è la volta dell'Auditel, domani chissà a cosa si attaccheranno. Per fortuna ci sono un governo e un presidente del Consiglio che guardano agli interessi del Paese e non si perdono dietro le farneticazioni di un'opposizione allo sbando”.
“Lo share lo abbiamo registrato alle europee e lo registreremo ancora alle prossime elezioni regionali”. È con questa battuta che il capogruppo della Lega e segretario di presidenza in Commissione di vigilanza Rai, Davide Caparini, commenta, interpellato dai giornalisti prima dell'avvio dell'Ufficio di presidenza della Commissione, liquidando la questione.

L’Unione Stampa Cattolica aderisce alla manifestazione del 19/9
L'Unione Cattolica Stampa Italiana (Ucsi) aderisce alla manifestazione indetta dal Fnsi per la libertà di stampa. Lo ha annunciato la stessa associazione, dopo la riunione della Giunta Nazionale che si è tenuta a Roma ieri. La libertà di stampa, si legge in un comunicato dell'Ucsi, “ancora esiste” ma “è minacciata da alcuni poteri forti presenti sia nell'informazione radiotelevisiva - dove si fatica a trovare voci che non rispondano agli ordini di una scuderia politica - sia nella carta stampata, dove le intenzioni di schieramento e di lobby prevalgono ormai sulla autonomia delle imprese editoriali. L'Ucsi segnala il pericolo che anche nel mondo cattolico, dopo la squallida aggressione che ha portato alle dimissioni il direttore di Avvenire, possano trovare forza le voci di chi preferirebbe una stampa asservita e normalizzata. Sarebbe davvero insensato che, mentre i giovani spostano progressivamente su fonti incontrollate i propri bisogni di informazione, le imprese istituzionali si arroccassero sempre più in una informazione governata dalle veline, da qualunque parte provengano; una informazione, questa sì, davvero farabutta”.

Garimberti, Solidarietà a Ballarò, Report, Annozero, Raitre
“Il Servizio Pubblico, come dice la parola stessa, è al servizio di tutti i telespettatori, quali che siano le loro opinioni. Completezza e pluralismo dell'informazione - afferma in un comunicato il presidente della Rai, Paolo Garimberti - ne sono i principi fondanti e non possono non essere il metodo di lavoro delle nostre redazioni. Il diritto di critica al nostro operato è legittimo, la delegittimazione sistematica e l'insulto no. In tutte le democrazie occidentali le tv pubbliche sovvenzionate dal canone criticano governi, coalizioni, partiti e singoli politici senza che nessuno gridi allo scandalo. Gli uomini pubblici e di governo che pensano che la Rai debba astenersi dal riportare critiche alla loro parte scambiano il Servizio Pubblico con le televisioni di Stato che operano in regimi non democratici. Per questo gli attacchi a singole trasmissioni della Rai e gli insulti ai suoi giornalisti vanno respinti con la massima fermezza: come ieri l'ho espressa a Vespa per le offese che gli erano state rivolte, oggi - conclude Garimberti - la mia solidarietà va a RaiTre, a Ballarò, a Report, ad AnnoZero e a tutti i lavoratori del Servizio Pubblico attaccati ieri proprio nella trasmissione di Vespa”.
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Bisogna saper governare le difficoltà

Dalla rubrica "Lettere & Opinioni" de Il Cittadino di oggi riprendiamo questa lettera di Antonio Betti, sindaco emerito del Comune di Secugnago e assessore nell'ultimo mandato amministrativo.
Secugnago. Non ditemi che la colpa è del debito.
Rassegna stampa, Il Cittadino, 16 settembre 2009.

Caro direttore, qualcuno dell’amministrazione di centrodestra che governa Secugnago, che per inciso non ha mai presentato un programma alla cittadinanza e neppure le linee programmatiche nel primo Consiglio Comunale, ha pensato bene di mandare qualche “velina” a un giornale sulla situazione economica del Comune, ipotizzando addirittura una assemblea pubblica per far decidere ai cittadini se chiedere o meno il dissesto finanziario.
Per la verità qualche famigliare dei nuovi amministratori e qualche “disinteressato” avevano già fatto circolare in paese la voce che a settembre ci sarebbe stata “la resa dei conti”. Quando con atti ufficiali saranno rese note le “loro verità” si potrà entrare nel merito, oggi con questa mia voglio soffermarmi sulle considerazioni ” che sulla base del si dice e non si dice il mio amico Angelo Rota, Vi ha inviato. Mi soffermo sulle proposte fatte “per superare il dissesto” perché denotano una superficialità e una non conoscenza della macchina amministrativa che lascia perplessi, in particolare se fatte da una persona che ha svolto, seppur brevemente l’incarico di assessore.
Come si fa a proporre di accorpare la funzione di Segretario con il tecnico comunale quando il segretario comunale è una figura fondamentale in un Comune, con funzioni proprie che la Legge le assegna; con un contratto nazionale che ne disciplina il ruolo e con una agenzia Regionale dei segretari che assegna incarichi, mentre il tecnico comunale ha il compito di progettare e tradurre in atti gli indirizzi di politica urbanistica chela giunta o il consiglio comunale approvano?
Non so se con la proposta del “segretario amministrativo” intenda far riferimento al responsabile della ragioneria. Se così fosse: si rende conto il Rota cos’è il lavoro che svolge un lavoratore che occupa questa posizione? Si può avere anche un assessore al bilancio che sappia “leggere il bilancio di una pubblica amministrazione”, ma non potrà mai sostituire il lavoro che il ragioniere svolge quotidianamente. L’accorpamento con altre amministrazioni richiedere investimenti informatici tali che nessun Comune riesce a supportare.Rota insiste per eliminare la nuova variante stradale per recuperare risorse. Sa Rota cosa significa? A titolo esemplificativo cito: modifica del PGTP (piano di governo del territorio provinciale non ancora approvato definitivamente); modifica del PGT di Secugnago, non ancora approvato definitivamente; modifica del Piano della viabilità condiviso sottoscritto tra Provincia il nostro Comune e quello di Brembio, Livraga, Orio Litta e Ospedaletto; modifica della convenzione con le aziende titolari del PL industriale. Sa il Rota quali sono i tempi per queste varianti considerando che potranno comunque iniziare l’iter non appena saranno approvati definitivamente il PGTP e PGT? La non realizzazione della nuova strada, inoltre, andrebbe a vanificare la sottoscrizione di accordi sottoscritti tra due delle aziende proprietarie del PL. Chieda Rota a chi abita in via Vittorio Veneto oppure via Mattei o parte della via Gramsci l’utilità di questo nuovo tratto che eliminerebbe il rumore dei TIR e relativo inquinamento. Spero che il nuovo assessore all’urbanistica abbia già preso visione della relativa documentazione e si esprima in merito.
Sono passati ormai mesi e non si sa nulla dell’approvazione definitiva della variante al PL industriale per la vendita dell’area alla Roveco e Unionlog, condizione indispensabile per introitare i 303.000 euro: il Sindaco, l’assessore ritengono opportuna proseguire su questa strada? Hanno ripensamenti? Mi sembra che siano passati ormai troppi mesi e il rischio è che se entro il 31 dicembre 2009 non si perfeziona l’atto tutto viene annullato. Considerato che le trance di pagamento delle ditte doveva iniziare non appena gli atti amministrativi venivano approvati, c’è il rischio che se non si rimodula il programma di pagamento anche questo intervento si vanifica.
Il mio sospetto amici del centrodestra: vi state rendendo conto delle difficoltà di amministrare un piccolo Comune, incompatibili con le promesse fatte. Non ditemi che la colpa è del “debito”. No! Sono le difficoltà di tutti i Comuni che purtroppo non hanno entrate certe, come il nostro.
Antonio Betti
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Borse di studio per i «nove e dieci»

La consegna delle borse di studio ad allievi meritevoli.

Ieri sera, in apertura della seduta del Consiglio comunale, si è svolta la consegna da parte della giunta delle borse di studio agli alunni residenti a Brembio che nello scorso anno scolastico 2008/2009 hanno conseguito la licenza media con valutazione di "nove e dieci".
L'assessore all'Istruzione Giusy Ciserani ha consegnato i premi a tre alunni: Marovic Luljeta, Kraiem Nestrine e Negri Giulia.





La beffa

Porta a Porta con Berlusconi battuto da Canale 5.
Per Vespa un ascolto del 13,47%, la fiction "L'Onore e il Rispetto" sulla rete Mediaset oltre il 22%. La decisione di spostare la prima puntata di Ballarò approderà sul tavolo della Commissione di vigilanza Rai.
VideoPost - SkyTg24, 16 settembre 2009.



L'Onore e il Rispetto con Gabriel Garko batte Porta a porta con Berlusconi. Nello speciale di Vespa con il presidente del Consiglio sulla consegna delle case ai terremotati, ha avuto un ascolto del 13,47%, (3.219.000 spettatori). Di solito il programma di Vespa ha un ascolto del 18,30% per le prime serate e del 17,50% per le seconde (dati ufficio stampa Rai 2008-2009). Martedì sera Vespa è stato quindi stato battuto dalla "corrazzata" di Canale 5 che ha mandato in onda L'Onore e il rispetto. La fiction della rete Mediaset con Gabriel Garko ha raggiunto il 22,61% con 5.750.000spettatori.
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L'«orribile segreto»

Quei misteri d’Italia sotto gli occhi di tutti.
Rassegna stampa - l'Unità, Simone Collini, 16 settembre 2009.

La cosa va avanti ormai da settimane. Enrico Deaglio legge sui giornali estivi che Cosa nostra chiese una delle reti di Berlusconi, legge che l’arresto di Riina avvenne dopo una trattativa tra Stato e mafia, poi che la latitanza di Provenzano fu permessa dal comportamento dei vertici dei carabinieri. Legge e sorride, perché di queste «inchieste dimenticate» ne ha parlato nel libro che ha pubblicato a giugno, «Patria 1978-2008». Poi legge di Berlusconi che attacca la procura di Palermo per la «follia» di occuparsi di fatti del ‘92 e ‘93, del fido alleato Bossi che dice che lo scandalo delle escort «è stato messo in piedi dalla mafia, che ha in mano le prostitute», e dell’irrequieto Fini che invece dice: «Se ci sono fatti nuovi le indagini vanno riaperte, anche dopo 15 anni, soprattutto se non c’è nulla da nascondere, come sono sicuro, su Fi e Berlusconi». E allora il sorriso si trasforma in qualcosa di più.
I filoni di Falcone e Borsellino
Perché, spiega Deaglio, «gli anni ‘92, ‘93 e ‘94 sono quelli che mi hanno impegnato di più nelle ricerche, ma anche quelli che hanno determinato la storia d’Italia»: «C’è il crollo del sistema politico, ufficialmente dovuto a Tangentopoli, avvengono i più grandi attentati, Falcone, Borsellino, poi Firenze, Milano, Roma, dopodiché ci sono delle elezioni che ci consegnano un’Italia solo qualche mese prima incredibile, con un partito inesistente, aziendale che conquista la maggioranza. Una situazione mai vista in Europa, sia per il livello di violenza che per i risvolti politici». I singoli fatti sono più o meno noti. Ma a metterli uno accanto all’altro viene fuori quello che Deaglio definisce «l’orribile segreto». Questo. «Sicuramente sia Falcone che Borsellino si stavano occupando di due filoni d’indagine. Un canale di riciclaggio di denaro tra la Sicilia e Milano, tramite il gruppo Ferruzzi, cioè Raul Gardini, che era entrato in Borsa a metà degli anni ‘80 con la Calcestruzzi Spa, al 50% di proprietà di Cosa nostra attraverso i fratelli Buscemi di Palermo, alleati con Riina. E, secondo filone di cui parla apertamente Borsellino nella famosa intervista del maggio ‘92, del rapporto tra Berlusconi, Dell’Utri e Mangano». Nel libro Deaglio scrive dell’incontro a Milano, nel ‘79, tra il capo della mafia di Palermo Stefano Bontate, il palazzinaro Mimmo Teresi e «questo Silvio Berlusconi di cui gli aveva parlato così bene il loro contatto milanese, Marcello Dell’Utri». Il quale convenne insieme agli altri due che «Vittorio Mangano era stata la persona giusta per proteggere Silvio Berlusconi ».Unsalto in avanti, fino al febbraio 83 e alla maxi retata nella notte di San Valentino.«Uno sconosciuto Vittorio Mangano è in mezzo alla lista» degli arrestati per traffico di droga e riciclaggio. «Il forziere sta in alcune banche milanesi (la Banca Rasini è la più esposta), dove hanno depositato i loro risparmi i prestanome dei bossi di Palermo Salvatore Riina e Bernardo Provenzano». Nota oggi Deaglio che «nessuno lo ricorda più ma quella era la banca in cui era impiegato il padre di Berlusconi ». Nessuno si ricorda più di molte altre cose, aggiunge.
La nascita di FI
Come le motivazioni, formali e non, che hanno portato le procure di Firenze e Caltanissetta all’archiviazione dell’accusa a Berlusconi e Dell’Utri di essere i mandanti delle stragi del ‘93, quella «friabilità del quadro indiziario» a cui danno vita le deposizioni dei pentiti ma anche il fatto, scrive Deaglio, che ambedue le procure, tra il ‘98 e il 2000, erano «intimorite dal nome degli indagati ». Un ex premier e ora leader dell’opposizione e «l’artefice della nascita di un nuovo partito in Italia, in soli tre mesi». «Marcello il mediatore », è infatti il titolo del paragrafo in cui Deaglio racconta di come l’allora dirigente di Publitalia abbia mandato «messaggi rassicuranti anche per la cerchia che ruota intorno a Bernardo Provenzano e a Leoluca Bagarella: sta nascendo un nuovo partito in Italia, anche avrà a cuore le giuste richieste siciliane». Dell’Utri è stato condannato in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa. «Se ora dovesse essere condannato in appello - ragiona a voce Deaglio - a Dell’Utri non dovrà fare molto piacere pensare che il suo business e political partner può invece contare sulla protezione del Lodo Alfano».

Magistratura, il piano Gelli è già tra noi.
Rassegna stampa - l'Unità, Luigi De Magistris, 16 settembre 2009.

Il potere politico in Italia, soprattutto dopo Tangentopoli, ha tentato in ogni modo - con leggi, provvedimenti amministrativi e condotte varie - di limitare fortemente l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. La ragione è evidente: impedire il controllo di legalità in un Paese in cui il tasso di collusione e corruzione nella politica e nella pubblica amministrazione è assai elevato. La Costituzione - nata dalla dittatura nazi-fascista - sancisce la piena indipendenza della magistratura quale garanzia dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Fu la P2 nel suo disegno eversivo di sovvertimento delle istituzioni repubblicane a prevedere - nel cosiddetto piano di rinascita democratica - la sottoposizione del Pubblico Ministero al potere esecutivo.
Oggi il Governo, guidato da un piduista, tenta di portare a compimento quel disegno autoritario, cominciando ad introdurre la "dipendenza" del Pubblico Ministero dalla Polizia Giudiziaria (che dipende dal Governo). La Costituzione prevede, invece, che il pm dispone della Polizia Giudiziaria ed il Codice di Procedura Penale statuisce - così comevoluto dai magistrati più impegnati nel contrasto al crimine organizzato, a cominciare da Giovanni Falcone - che la direzione delle indagini sia affidata al pm, proprio perché la Costituzione ne garantisce l’autonomia e, quindi, la possibilità di investigare in tutte le direzioni senza subire direttive di tipo politico. La maggioranza vuole, invece, approvare una legge che stabilisca che il pmnonpossa prendere notizie di reato di propria iniziativa ma agire solo su segnalazioni della Polizia Giudiziaria: anche un bimbo comprende come il contrasto alla mafia ed alla corruzione non saranno certo le priorità dettate dall’agenda politica. Si deve anche evidenziare, con la medesima forza, che l’indipendenza della magistratura non è minacciata solo dall’esterno,maanche dall’interno dello stesso ordine giudiziario. In questi anni i poteri forti (quello politico, ma anche economico- finanziario e quelli occulti) - nella difficoltà di approvare impunementeleggi che attentando all’autonomia dei magistrati violano la Costituzione - hanno tentato, riuscendoci anche bene, di penetrare la magistratura dall’interno, avvicinandola semprepiù ai centri di potere ed isolando i magistrati liberi. Questo è avvenuto distribuendo incarichi extragiudiziari di lusso, affidando loro ruoli apicali nei ministeri, attribuendogli posti in enti pubblici vari. Spesso accade che vi è una carriera parallela interna alla magistratura: aver ricoperto incarichi apicali nella magistratura associata, aver avuto ruoli di vertice nelle stanze del Ministero della Giustizia, aver svolto un ruolo nel Csm: diventano spesso elementi decisivi per incarichi direttivi.
Una parte della magistratura è attraversata da tratti tipici della partitocrazia,come dimostrano le degenerazioni delle cosiddette correnti. Il Consiglio Superiore della Magistratura è condizionato non solo dalla politica dei membri nominati dal Parlamento,maanche dalle correnti che influenzano la progressione in carriera dei magistrati, i procedimenti disciplinari, le nomine degli incarichi direttivi, le scelte dei formatori professionali, le individuazioni dei relatori ai corsi: in breve, la professione dei magistrati. È un sistema di potere che non ha nulla a che vedere con l’indipendenza della magistratura - anzi la corrode dall’interno - tanto da divenire il Csmpiù che l’autogoverno,un organoche pretende di governare i magistrati (anche con l’ausilio del potere disciplinare che ha consolidato il ruolo gerarchico della Procura Generale della Cassazione, sempre di più, come negli anni dal 1950 al 1980, gendarme della deontologia della magistratura con l’ambizione di conformare condotte ed orientamenti dell’intero ordine giudiziario, con un assetto verticistico della magistratura che è in contrasto con la concezione del potere diffuso dei giudici come voluto dai costituenti). La magistratura deve godere di assoluta indipendenza nell’esercizio delle funzioni; non deve mai svolgere valutazioni di opportunità sino a quando vigerà il principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale; non deve subire pressioni di nessun tipo, né politiche, né mediatiche, né dell’opinione pubblica; è illegittimo, ad esempio, che un pm dia informazione a mezzo stampa circa la posizione di indagati, salvo poi dire, se si tratta di politici e non di cittadini qualsiasi, che si tratta di un atto dovuto; così come un Procuratore della Repubblica non può nel corso di indagini preliminari aventi ad oggetto anche politici - quasicomese questi avessero uno status speciale rispetto agli altri esseri umani - dire pubblicamente chi risulta coinvolto e chi no: altrimenti le indagini a che servono? Proprio a verificare eventuali responsabilità penali.
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Pestaggio mediatico

Berlusconi a "Porta a porta" torna all'attacco della stampa.
Tre ore di spot governativo senza alcun contraddittorio. Monologo con insulti e menzogne nel salotto del servizio pubblico.
Rassegna stampa - La Repubblica, Curzio Maltese, 16 settembre 2009.

C'è poco da commentare sulla puntata di "Porta a Porta" di ieri sera. Bisogna passare ai fatti. Registrare tutto e inviarlo al resto del mondo, via Internet, con una sola parola d'accompagnamento: "aiuto!". Tre ore di spot governativo, con il miglior presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni, autoproclamatosi "superiore a De Gasperi", senza alcun contraddittorio, non soltanto in studio, ma nell'etere intero. Che ne penseranno nei paesi democratici?
Il Presidente Ingegnere, come scriveva Augusto Minzolini prima d'essere premiato con la direzione del Tg1, che consegna le prime case ai terremotati abruzzesi, è l'ultima versione dell'Uomo della Provvidenza. Bruno Vespa lo prende sottobraccio, da vecchio amico, fin dalla prima scena. A spasso fra le macerie dell'Aquila e della democrazia italiana. I commenti del conduttore spaziano fra "ma questo è un record!" a "un altro record!", fino a sfociare "è un miracolo!". Ma Onna, i terremotati e il loro dolore, la ricostruzione dell'Aquila, ancora di là da venire, sono soltanto pretesti.
Dopo mezzora si capisce qual è il vero scopo della trasmissione a reti unificate. Un attacco frontale alla stampa, anzi per dirla tutta a Repubblica. Noi giornalisti di Repubblica siamo "delinquenti", "farabutti" che ci ostiniamo a fargli domande alle quali il premier non risponde da mesi. Se non con questo impasto di minacce e menzogne, come la favola della "perdita di lettori e copie": un'affermazione smentita dalle vendite del giornale in edicola che sono in costante ascesa.
Ecco lo scopo di non avere un Ballarò e neppure un Matrix fra i piedi. Non tanto e non solo per disturbare il "vi piace il presepe?" allestito sulla tragedia del terremoto. Quanto per non rischiare un contraddittorio durante la fase di pestaggio.
Vespa non ci ha neppure provato, a parte il minimo sindacale ("Nessuno di Repubblica è presente"). Lasciamo perdere gli altri figuranti. Nessuno, nell'affrontare il problema dei rapporti con Fini, ha chiesto al Cavaliere un giudizio sui dossier a luci rosse contro il presidente della Camera sventolati come arma di ricatto da Vittorio Feltri, direttore del giornale di famiglia.
Già una volta il presidente del Consiglio era andato nel cosiddetto "salotto principe" della televisione, a "chiarire le vicende di Noemi e il resto", senza chiarire un bel nulla e con i giornalisti presenti, fra i quali il solito Sansonetti, il quale non poteva mancare neppure ieri sera, tutti ben contenti di non rivolgergli mezza domanda sul caso specifico. Stavolta però si è polverizzato davvero ogni primato d'inciviltà. Ma che razza di servizio pubblico è quello che organizza simili agguati? E' un'altra domanda che probabilmente non avrà mai risposta. Non da Berlusconi e tanto meno dai sottostanti vertici della Rai.
Il meno che si possa dire è che la puntata di "Porta a Porta" ha dato ragione a tutte le critiche della vigilia. Anzi, è andata molto oltre le peggiori aspettative. Ed è tuttavia interessante notare l'evoluzione del caso Berlusconi. Che senso ha attaccare la stampa indipendente al cospetto di una platea televisiva che poco o nulla sa delle inchieste di Repubblica e degli scandali del premier, dello stesso discredito internazionale che circonda ormai la figura di Berlusconi in tutto il mondo libero? E' davvero singolare che sia proprio Berlusconi a parlarne. Da solo, visto che i prudenti giornalisti chiamati a fargli ogni volta da corte, astutamente si guardano bene dal citare questi fatti. Per capirlo, ci vorrebbe uno psicoanalista, di quelli bravi.
Alla fine, a parte lo scempio d'informazione, cui ormai si è quasi abituati, indigna più di tutto la strumentalizzazione del dolore della gente abruzzese. La diretta in prima serata e l'oscuramento della concorrenza era stato giustificato dalla Rai con l'urgenza dell'evento, la consegna dei primi novantaquattro appartamenti agli sfollati del terremoto. Chiunque abbia seguito la serata ha potuto constatare come questo fosse appena un miserabile espediente, liquidato in pochi minuti, con qualche frase di circostanza e commozione da attori. Per poi passare al regolamento di conti con chiunque osi criticare il presidente del Consiglio. Ce la potevano risparmiare, questa serata di veleni e sciacalli.



Silvio Berlusconi a Porta a Porta ieri: "È un'accusa infondata e comica e dire in giro per il mondo, così come fa l'internazionale della sinistra, che in Italia c'è un pericolo per la libertà di stampa, significa diffamare l'Italia. È un atteggiamento delinquenziale".

Nuovo sondaggio Ipr Marketing per Repubblica.it
Si affievolisce il gradimento del premier: ad ottobre 2008 era il 62%. Le liti interne minano il governo. In calo la fiducia in Berlusconi.
Repubblica.it
, Matteo Tonelli, 16 settembre 2009

Roma - Cala ancora. Somma al meno 4 registrato a luglio, un altro meno due. Che lo porta al 47%. Ben lontano da quel 62% che aveva fatto segnare, mesi fa, il picco del suo gradimento. È questa la fotografia che ci consegna il sondaggio fiducia realizzato da Ipr marketing per Repubblica.it. Una serie di quesiti che passano dal gradimento del premier a quello dell'esecutivo e dei suoi singoli componenti.
Quello che balza agli occhi è che, dando per fisiologico un calo del gradimento dopo l'entusiasmo iniziale, il governo paga le troppe frizioni interne. E Berlusconi il non saperle gestire. In pratica quella poca coesione che costò carissima al governo Prodi e di cui, anche se in maniera meno marcata, anche l'esecutivo in carica sembra colpito. È palese, infatti, che una delle caratteristiche dell'iniziale boom di fiducia del governo Berlusconi fu proprio quella sensazione di compattezza granitica data dall'esecutivo. Poi, con il passare dei mesi le cose sono cambiate.
A partire dalle tensioni con il Pdl del Sud, dalla crisi continua tra Fini e Berlusconi, dai contrasti tra Lega e una parte del Pdl (in particolare la componente di aennina), dalla grana delle candidature in alcune regioni del nord che il Carroccio rivendica. Tutte cose che hanno danneggiato l'immagine di un blocco granitico e che hanno fatto scivolare la fiducia nell'esecutivo dal 54% dell'ottobre 2008 al 44% di oggi. Un calo, ad onore del vero, che dall'inizio dell'anno si è fermato, oscillando tra il 46% e il 44%. Stazionaria la percentuale di chi dice non avere poco o nessuna fiducia nell'esecutivo (52%).
A questo si sommano le vicende personali del premier, a partire dalla vicenda delle escort. Non a caso la fiducia in Berlusconi scende di due punti percentuali: dal 49% di luglio al 47% odierno. 50% la percentuale di chi non ha fiducia nel Cavaliere (ad ottobre 2008 era il 36%).
Ministri. Sacconi, Brunetta, Alfano, Tremonti e Maroni. Sono questi gli uomini più graditi dell'esecutivo. Ministri che hanno dato vita a riforme, alcune contestate, e che presidiano saldamente le prime 5 posizioni. Davanti a tutti ci sono Maroni e Sacconi (61%), che staccando di una lunghezza Alfano, Tremonti e Brunetta. Sopra il 50% (ma sotto il 60) si piazzano Bossi, Carfagna e Scajola (55%). Perde posizioni, invece, Maria Stella Gelmini, protagonista di una contestatissima riforma della scuola. Per lei gradimenti in calo dal 42 al 40%.
Partiti. Su questo fronte pochi i cambiamenti. Rispetto a luglio il Pdl resta in testa con il 46%, seguito dall'Idv di Di Pietro che cresce (dal 41 al 43%) e dall'Udc di Casini (dal 34 al 36%). Calano il Pd (dal 33 al 32%) e la Lega (dal 32 al 31%).
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La buca di via Chiosazzo in evidenza sul Cittadino

Il Cittadino oggi pubblica una lettera di Tiziana Grossi su un problema che abbiamo più volte sollevato nel blog: i cedimenti del manto stradale in Via Chiosazzo angolo Via Togliatti in prossimità dell'attraversamento della roggia Casala e della diramazione della fognatura. Non basta più mettere periodicamente una pezza, bisogna affrontare il problema e risolverlo in maniera definitiva.
Quanto chiuderanno la buca che si è aperta sulla strada?

Egregio direttore, sono una cittadina di Brembio che si sente molto preoccupata per lo stato in cui versa il manto stradale nella via in cui abita, infatti da alcune settimane si è aperta una buca nell’asfalto larga 14 centimetri e profonda sempre 14 centimetri, proprio al di sopra di un fosso coperto qualche anno fa. Spero sia sistemata al più presto in quanto io ci passo tutti i giorni sia in bici che in macchina e non vorrei sprofondarci dentro; ma sia sistemata in modo migliore rispetto alla buca che si è aperta lì vicino un tre mesi fa, in quanto l’asfalto in quel punto si sta abbasando di nuovo. Cordiali saluti.
Tiziana Grossi


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Strade in dissesto ma non c'è personale

L’assessore Nancy Capezzera lancia l’allarme manutenzioni, ma palazzo San Cristoforo non può assumere nuovo personale. Provincia, il settore strade chiede aiuto.
«L’organico è insufficiente, l’ente deve pensare a riorganizzarsi».

Rassegna stampa - Il Cittadino, Alberto Belloni, 16 settembre 2009.

Il settore viabilità è carente e la provincia pensa a come riorganizzarsi. A sollevare la questione è l’assessore ai trasporti e all’urbanistica, Nancy Capezzera, che preso atto dell’organico a disposizione (23 unità), delle esigenze operative (la cura di circa 500 chilometri di strade) e delle legittime aspirazioni dei cittadini chiede una ristrutturazione in grado di garantirle una squadra sufficientemente ampia per lavorare adeguatamente. Tra asfalti dissestati, erbacce nelle rotonde e altre problematiche, le richieste di manutenzione ricevute dal settore in questi primi mesi di amministrazione sono state tantissime. Troppe, secondo Capezzera, per le forze che la provincia può mettere in campo: «Auspico che i cittadini, così come segnalano inadempienze effettivamente palesi, capiscano che siamo qui da soli tre mesi - introduce l’assessore, sottolineando come tra problemi di salute e altro gli effettivi in servizio costante siano solo una decina -. Nessuno ha la bacchetta magica e dobbiamo fare i conti con un ente che in passato ha investito tanto in altri settori. La volontà di intervenire, cui vogliamo fare seguire i fatti, c’è tutta: ma per lavorare adeguatamente su strade, aiuole e illuminazione deve esserci anche la volontà di aumentare il personale». L’assessore è pronta a chiedere una mano anche ai sindaci, magari per il solo monitoraggio e la segnalazione dei disservizi; ma è dalla provincia stessa, spiega, che spera possa arrivare una soluzione: «L’ente deve essere ripensato e ristrutturato, la provincia è fatta di 61 comuni e devono essere tutti coperti dai nostri servizi - ripete convinta -. Ci sono anche opere inserite nel piano triennale che non sono ancora partite, si dovrebbe poter ripensare anche il programma; ma servirebbero comunque almeno un paio di tecnici e qualche cantoniere in più».
Il problema, però, è che palazzo San Cristoforo non può assumere, né oggi né probabilmente in futuro, quando il probabile sforamento del patto di stabilità rischia di portare al blocco delle assunzioni. Quindi? «La riorganizzazione è una delle soluzioni che stiamo studiando, penso sia la più percorribile e non solo per questo settore», anticipa il presidente Pietro Foroni senza però svelare la possibile “rivoluzione” da adottare. Un’altra ipotesi, secondo l’assessore al bilancio Cristiano Devecchi, potrebbe però essere rappresentata dall’appaltare alcuni servizi a società esterne alla provincia: «Capisco le preoccupazioni della collega ma al momento, di fronte a un bilancio nel quale non abbiamo alcun margine di movimento, possiamo ragionare in linea teorica. Se fossi un manager penserei all’esternalizzazione del servizio manutenzioni. Una riorganizzazione interna in un settore come questo è difficile, e comunque ci permetterebbe di incrementare di poco il numero degli addetti ai lavori stradali».
L’idea è di trasformare i cantonieri in una sorta di “ranger”, «addetti alla perlustrazione delle strade e alla segnalazione dei problemi, mentre gli interventi verrebbero realizzati da ditte esterne – spiega Devecchi -. Questo consentirebbe da una parte una maggior agilità sugli interventi e dall’altra la possibilità, con un’efficace programmazione, di risparmiare soldi pubblici non andando a rimpiazzare i cantonieri che termineranno l’attività lavorativa per raggiunti limiti di età».
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In edicola oggi

16 settembre 2009
Le prime pagine dei giornali.









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Arma letale 2

L'editoriale. La libertà di stampa che piace a D'Alema è quella di Pol Pot.
Rassegna stampa - Libero, Giampaolo Pansa, 15 settembre 2009.

Riprendiamo questo editoriale di Libero di ieri che aiuta a completare il puzzle dell'armageddon mediatico in corso, finalizzato alla sopravvivenza politica del premier. Da leggere.

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Berlusconi convince solo Berlusconi

Porta a porta fa bene solo a Vespa. Berlusconi non convince.
Dai blog - ClandestinoWeb, Luigi Crespi, 16 settembre 2009.

La consegna della case ai primi sfollati di Onna sarà anche un’ operazione propagandistica ma si basa su una realizzazione che realmente ha dello straordinario, un fatto unico che stride per differenza con vicende italiche finite in modo meno trionfale. Bastava questo, le facce commosse e sorprese di chi ha vissuto 5 mesi in tenda, le donne e i bimbi felici, erano la più grande promozione per Berlusconi e il suo governo, ma di tutto questo si è visto poco, veramente poco.
Infatti il protagonista di questa serata è stato Bruno Vespa che ha offuscato il Presidente del Consiglio. Berlusconi faceva il simpatico e come un “piacione” cercava di prendersi degli spazi, Vespa lo incalzava, fino a ridicolizzarlo a volte non a torto, e tutto teso a mostrarsi ruvido con il potente di turno. Era lui l’uomo di potere, così potente da modificare le agende politiche e di far stravolgere i palinsesti televisivi, trascinando Berlusconi in una polemica velenosa che ha l’aggravante di averlo tenuto lontano dal suo Milan. Una comica, una messa in scena mal riuscita.
Sul conflitto d’interessi e libertà di informazione abbiamo toccato la farsa dove le domande erano ancor peggio delle risposte, su Gianfranco Fini laconico il Premier ha detto che non ci sono problemi se non quelli dello stesso Fini!
Sui temi dell’economia abbiamo assistito all’ossessivo copione che Berlusconi va ripetendo ormai da settimane. A Milano settimana scorsa, dalla Meloni qualche giorno fa, stesse metafore, stesse battute, stesse parole, stesse barzellette, come quella che la crisi è responsabilità dei media e non delle 400 banche che gli stati nazionali hanno contribuito a salvare. Ho letto il terrore, poi sui volti degli astanti quando ha preso in mano i suoi immancabili fogli pinzati, quelli che contengono le attività svolte dal governo, meno male che non ha ripetuto la lettura pedissequa come ha fatto nell’incontro con la Meloni e si è fermato ai titoli.
Vespa ha dovuto tirargli le orecchie molte volte, sulla sinistra catto-comunista, sul “campionato del miglior presidente della storia” con un aria insofferente gli ha ricordato che i meriti di De Gasperi erano relativi alle vicende fondative del nostro Paese, ma Berlusconi forte del suo 68.4% che de Gasperi si sognava, ha insistito sulla sua auto definizione del più grande di tutti, ha intimato il cambio generazionale nel PD e quando Mannheimer timidamente gli ha detto “guardi che tra i cattolici lei perde consensi” ha puntato il dito sulle calunnie di cui è stato vittima dimenticandosi che invece le cose forse non stanno cosi.
Non sono mancati i colpi di scena: la mancata telefonata di Floris che ha avvisato di avere fatto un’agenzia dove precisava che la sua trasmissione non era del PD, bene ha fatto perché non me ne ero mai accorto e poi la telefonata di Casini lucido e tagliente a cui il Premier ha risposto con “auguri” quando il leader dell’Udc gli ha ricordato che non ci si può alleare con chi si disprezza e che il suo partito non fa la politica dei due forni perche è l’unico all’opposizione da due legislature.
Sui temi della sicurezza e dei clandestini Berlusconi è apparso poco convinto come se portasse avanti idee che neanche a lui piacciono particolarmente.
Potrei andare avanti ma tutto va in una direzione: la performance di Berlusconi è stata pessima, incomprensibilmente pessima visto che ha consentito che si occultasse l’unica grande indiscussa e clamorosa notizia, la consegna delle prime case in Abruzzo, per parlare di facezie senza costrutto, per imporre banalità legate a quel teatrino della politica che lui ha sempre disprezzato e di cui oggi è diventato prima ballerina.
Incomprensibile come un genio della comunicazione, non solo politica, possa farsi imbrigliare in uno schema ossessivo, ripetitivo e auto-celebrativo e non cerchi di ottenere lo stesso risultato dipanando i fatti.
Mi viene un dubbio vuoi vedere che i fatti non sono come sembrano?
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Un appuntamento del dopo sagra

La visita al Crocefisso del Monasterolo.

Un appuntamento, oramai, che fa parte della tradizione della nostra sagra, è la visita al Crocefisso della Monasterolo per la recita della Via Crucis. Quest’anno, stante il cattivo tempo della mattinata, l’appuntamento sembrava dover essere rimandato; poi, nel primo pomeriggio, tra una nuvola scura e un raggio di sole, ha potuto avere regolare svolgimento. Diversi brembiesi, i più coraggiosi in bicicletta capitanati da don Elia e con le vetture gli altri, partendo da via Foscolo si sono congiunti con un gruppo di Zorlesco alla chiesetta per la recita della Via Crucis. Va ricordato che il 14 di Settembre è la festa dell’Esaltazione della Croce; e per ogni cristiano è una data significativa del calendario liturgico. Inatteso ma gradito è stato un gruppetto di bambini di Cernobil, ospiti per quel giorno di una famiglia di un agricoltore del Monasterolo, in visita alla cascina per scoprire una parte del mondo agricolo lodigiano che, con il loro allegro vociare, ha fatto visita alla chiesetta. Scoprendo così una spiritualità a loro sconosciuta; ma che ha radici nell’unica divinità che ci accomuna. Questo, pochi istanti prima dell’inizio della funzione religiosa. Una celebrazione semplice, raccolta, nel solco della fede e della tradizione cristiana; che, nello stesso tempo permette, visitando la chiesetta, di far memoria di un’antica fede tramandata nei secoli che non si è stemperata, ma rimane viva com’è la chiesetta immersa nella campagna con tutti i suoi ex voto. E a margine della celebrazione il ricordo di chi, da bambino, ha vissuto in quei luoghi il tempo della gioventù fisica e spirituale; e in bicicletta li condivideva ai presenti, pedalando per il rientro.


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L’offerta dei ceri votivi

Sagra: l’incontro tra la comunità civile e la comunità cristiana.

Nella cornice dei festeggiamenti della sagra, l’incontro della comunità civile con la comunità cristiana è uno dei momenti importanti della festa patronale; e avviene con l’offerta dei ceri votivi da parte dell’autorità civile alla Patrona Santa Maria Nascete. Gremita di fedeli per la celebrazione della Santa Messa, con esposta la culla con Maria Bambina nel candore delle sue vesti e con gli addobbi propri della liturgia, la parrocchiale accoglieva nel suo splendore la comunità per la Santa Messa celebrativa. Nell’omelia che il parroco don Elia Croce rivolge all’autorità civile, al consiglio pastorale e agli astanti, è rilevata la logica del DIO CON NOI immerso nella storia del vivere civile. Cristiani-Cittadini e Cittadini-Cristiani che vivono nella comunità per il bene della comunità. Cristiani impegnati cui è chiesta qualche cosa di più, come: sintonia evangelica, senso comunitario e orientamento di vita. Cristiani che sanno fare la differenza nella società con i doni ricevuti dallo Spirito in un impegno di comunione. Suggerimenti, questi, contenuti in un opuscolo donato dal parroco alle autorità civili e al consiglio parrocchiale con l’augurio di una vita, di un lavoro carichi di autentico umanesimo e di principi condivisi e fecondi di senso.





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La filosofia dell'oggi a me domani a te

Feltri: "L'annuncio di querela di Fini è un messaggio mafioso".
Il direttore: una cosa è farla, un'altra è vincerla. E sarà dura.

Rassegna stampa - La Stampa, Paolo Colonnello, 15 settembre 2009.

Vittorio Feltri, direttore de il Giornale, non si pente ma rilancia: «Messaggi a Fini? Ma le pare che un bergamasco come me possa mai sognarsi di mandare messaggi mafiosi? Se devo mandare un messaggio a Fini alzo il telefono e lo chiamo come ho fatto mille altre volte».
Eppure l’avvocato Giulia Bongiorno ha dato fuoco alle polveri annunciando una querela nei suoi confronti, direttore.
«Ecco, semmai quello sì è un messaggio mafioso, perché le querele si fanno, non si annunciano. Ma come, scrivo quello che la stragrande maggioranza della gente pensa su Gianfranco Fini e tutti lì a telefonarmi a chiedermi cosa sto facendo... Lui pochi giorni fa mi ha dato del "killer" e nessuno ha mosso un dito».
E comunque come si comporterà davanti a una querela del Presidente della Camera?
«Ho già risposto con due righe sul mio giornale: l’importante non è fare querele, importante è vincerle. E in questo caso sarà molto dura per lui».
Diciamo che lei non è andato per il sottile, finisce il suo pezzo rispolverando un fascicolo a luci rossi del 2000 «su personaggi di Alleanza Nazionale». È un avvertimento?
«Ma quale avvertimento. Le cose sono semplici: se si accetta che la magistratura possa andare avanti a fare inchieste e processi bisogna stare attenti a quel che succede: oggi a me, domani a te e magari anche a lei. Io ho fatto un esempio su quel dossier del 2000. Un giornalista curioso cosa dovrebbe fare?».
Lo dica lei.
«Prende, va in tribunale, tira fuori il fascicolo e lo pubblica. Poi vediamo cosa succede».
In che senso?
«Che un processo ormai celebrato non dovrebbe far paura. Invece se si applica il teorema di prima, le cose si complicano».
Mescolare giustizia e politica non è mai saggio.
«Appunto. Secondo il ragionamento della Bongiorno che è corsa al capezzale di qualcuno allora non si può più pubblicare un fascicolo, nemmeno dire che c’è perché se no è un avvertimento? Ma noi facciamo i giornalisti...».
La accusano di fare politica.
«Io ho parlato di politica nel mio pezzo. Ho esaminato la situazione scrivendo quello che pensano tutti nel Pdl».
Ovvero?
«Che Fini fa una politica diversa da quel del Pdl, che va esattamente in senso opposto. Cos’è, un delitto? Non si può più scrivere in questo Paese? Lo dicono tutti che lui è fuori dalla linea politica del partito».
Anche Berlusconi, il suo editore.
«Se permette il mio editore è Paolo Berlusconi. E comunque quelli che scrivo io sono discorsi sentiti alla trattoria Falconi di Panteranica. Li si parla di questo. Si dice: ma dove vuole andare questo Fini?».
E a cena ad Arcore non ci va mai?
«Questa è un’illazione. Io faccio il direttore del Giornale da 3 settimane ma prima non è che facessi il postino. Comunque, dato che vivo con la scorta chieda a loro quando mi sono recato ad Arcore negli ultimi tempi. E l’autorizzo persino a controllare le telefonate del mio cellulare: se ne trova una con Berlusconi, mi dimetto domani».
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Difficile andare in autostrada con la bicicletta

Il caso. Gabanelli: "Report in onda anche senza copertura legale".
La conduttrice: «Siamo pronti a rischiare anche in proprio».
Rassegna stampa - La Stampa.it, 15 settembre 2009.

«Spero che l’intenzione di togliere la tutela legale a quelli che lavorano sul programma, quindi a tutti i miei collaboratori, rientri, perchè è difficile andare in autostrada con la bicicletta». È quanto afferma Milena Gabanelli, conduttrice di Report, in un’intervista su Corriere tv. «La trasmissione non salterà - replica la conduttrice - noi andiamo in onda comunque, siamo anche pronti a rischiarla in proprio».
«Da parte del servizio pubblico, inserire nel palinsesto in prima serata un programma d’inchiesta e non tutelare gli autori dicendo loro che se si apre un contenzioso "sono fatti vostri", mi sembra crudele e ingiusto, non ne vedo il senso».
Ritiene poi che siano situazioni «molto diverse - commentando il caso di Report, quello di Ballarò e quello di Boffo - se è da leggere sotto la faccia di un’unica medaglia lo interpreti chi studia questi fenomeni, io posso limitatamente parlare per quel che mi compete e conosco bene e quindi so cosa dico». Il clima in questi giorni è particolarmente pesante fa notare il giornalista del Corriere, «lo è sempre - ribadisce la Gabanelli - quando sono costretta a frequentare i corridoi ho sempre l’impressione che non si possa fare niente, ed è il motivo per il quale che io frequento soltanto la mia redazione di via Teulada, lavoro e alla fine vado in onda».
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Le scuse per i disagi dovuti alla Festa dell'Unità

Sul quotidiano di Lodi Il Cittadino di ieri, 15 settembre, con una lettera il segretario organizzativo del Partito democratico si scusa con chi ha dovuto sopportare dei disagi durante lo svolgimento della festa provinciale dell'Unità a causa del volume alto delle emissioni sonore delle band e delle orchestre che si sono esibite. Poiché disagi simili si sono registrati anche qui a Brembio durante la locale festa e le lamentele di cittadini, che hanno trovato eco anche su questo blog, sono rimaste senza risposta, riteniamo che le parole di Manfredi, vista la carica che ricopre all'interno del partito, possano essere estese anche alle altre manifestazioni del Lodigiano, Brembio compresa. Quanto segue è la lettera al direttore del giornale di Lodi.

Festa dell’Unità. Musica alta, comprendiamo le lamentele.

Gentile direttore, le lamentele di cui il suo giornale si è fatto portatore nei confronti dei disagi che la Festa Provinciale del Partito Democratico ha comportato a molte famiglie che abitano nei pressi dell’area in cui si è svolta questa manifestazione, non possono che trovare la nostra piena comprensione e condivisione. Già negli anni scorsi abbiamo avuto occasione di rivolgerci a tutti coloro che si sono sentiti coinvolti da questo disagio chiedendo la loro comprensione e, per venire loro incontro, dallo scorso anno abbiamo sensibilmente ridotto i tempi di svolgimento della Festa. Inoltre, anche in questa occasione, abbiamo chiesto alle orchestre ed ai gruppi presenti di rispettare le normative in essere sui tempi e sulla intensità dei suoni emessi, ciò che riteniamo sia stato fatto, anche se siamo convinti che non abbia del tutto prodotto gli effetti sperati. In ogni caso, una manifestazione che ha coinvolto migliaia di persone dando loro la possibilità di godere di buona musica, spazi di ristoro, occasioni di divertimento e anche momenti significativi di confronto politico disagi ne crea sempre. Per questo non possiamo che scusarci nuovamente, augurandoci che anche quest’anno troveremo la comprensione che abbiamo sempre avuto. La ringrazio dell’ospitalità
Alessandro Manfredi
segretario organizzativo Partito Democratico
Lodi
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