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martedì 18 agosto 2009

Dalla morte di Mozart alle lacrime delle donne inglesi

Piluccando di qua e di là tra le notizie di oggi.

L'improvvisa morte a 35 anni di Wolfgang Amadeus Mozart fu dovuta a faringite. Sembra così risolversi uno dei più grandi misteri della musica classica. Alcuni studiosi inglesi e olandesi hanno infatti pubblicato, come le agenzie ci informano, uno studio sugli Annals of Internal Medicine con una nuova teoria sulla morte del giovane compositore viennese: un'infezione faringea da streptococco. Non si tratterebbe dunque né di un suicidio, né di un omicidio, ma di un'infezione virale diffusa da un vicino ospedale militare.
Per trovare conferme a questa ipotesi, i ricercatori hanno esaminato la documentazione relativa ai morti di Vienna nel 1791 come sottolinea Andrei Steptoe, epidemiologo dell'University College di Londra e dello studio: “Abbiamo analizzato per la prima volta le cause di morte più diffuse durante il periodo della malattia di Mozart e questo ci ha dato delle idee sui problemi medici che erano stati diffusi in quel momento. Siamo stati così in grado di creare un collegamento con i fatti che conoscevamo circa la morte del genio austriaco”.
E sempre in tema di studi, un altro lancio di agenzia ci informa che ad ammalarsi di più è il popolo di Facebook. Se il passatempo è virtuale, la malattia è reale. Le ore trascorse a “smanettare” con il videogioco preferito o sul social network possono mettere a dura prova nervi e girovita. Lo dimostra uno studio su 500 patiti di computer tra 19 e 90 anni di età di ambo i sessi.
La prima scoperta interessante della ricerca, che sarà pubblicata ad ottobre sull'American Journal of Preventive, è che i videogiochi non sono hobby da ragazzi: l'età media dei consumatori è di 35 anni. Meno giovani e anche meno sani dei coetanei: i ricercatori statunitensi del Centers for Disease Control and Prevention (CDC), dell'Emory University e dell'Andrews University hanno passato in rassegna lo stato di salute degli appassionati di console e Internet, dalla “bilancia” alla qualità di vita, nevrosi e stati emotivi compresi. Ben il 45% degli intervistati dichiara il suo amore per la Rete e i giochi virtuali. Le donne “videogiocatrici” sono quelle che se la passano peggio tra chili in più, depressione e altri acciacchi.
Ma anche chi trascura il pc non se la passa poi bene. Il disturbo si chiama “sport-dipendenza” ma non interessa quelli che guardano partite di calcio e gare di atletica dal divano di casa. Scienziati americani della Tufts University (Massachusetts, Usa) hanno infatti scoperto che l'esercizio fisico può diventare anche una droga. L'altra faccia dello sport, che fa bene quando è moderato ma non quando diventa una mania, è stata scoperta in laboratorio e lo studio pubblicato sulla rivista Behavioral Neuroscience. L'iperattività motoria ha avuto sui topi gli stessi effetti dei farmaci che curano la tossicodipendenza.
Un tipo di relazione già osservata in una nuova malattia, la cosiddetta anoressia atletica, che associa il disturbo alimentare di chi vuole dimagrire a tutti i costi a un bisogno continuo di allenarsi per perdere ancora più peso. “L'attività fisica, come l'abuso di droghe, porta all'attivazione di neurotrasmettitori come le endorfine e la dopamina, che sono coinvolti nel senso di ricompensa”, spiega uno degli autori dello studio, Robin Kanarek. Per i pigri, invece, nessuna giustificazione o alibi. “Lo sport, come qualsiasi altra attività, va fatta con moderazione”, avvertono gli scienziati. In quel caso non c'è pericolo di diventarne drogati.
Chiudo con questa di ieri. Che le donne siano portate di più al pianto degli uomini è luogo comune, ma adesso c’è chi ha quantificato la cosa. Un anno e mezzo lo passano a piangere, mese più mese meno. La conferma che le donne hanno la lacrima facile arriva da un sondaggio “estivo” lanciato da un sito web britannico. “Quante ore piangete ogni settimana?”, hanno chiesto gli autori del blog. Hanno risposto 3.000 signore inglesi di tutte l'età. Un paio di calcoli e la statistica è pronta: una donna trascorre in media 2 ore e 13 minuti a settimana in pianti inconsolabili. In tutto, fanno 16 mesi di vita passati tra kleenex e cedimenti di rimmel. La conferma della scienza non c'è, ma l'esperienza diretta delle intervistate non lascia dubbi in proposito. A far piangere le donne ci pensano soprattutto la fine di una storia d'amore, al secondo posto ci sono i film romantici “strappa-lacrime”, al terzo la perdita di una persona cara.
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Una leggenda metropolitana senza fondamento

Gli immigrati non tolgono lavoro agli italiani.
Dalle agenzie - Agi.

L'afflusso di immigrati non toglie lavoro agli italiani: lo afferma uno studio della Banca d'Italia. "Nell'ultimo decennio l'aumento dell'occupazione, soprattutto nel Centro Nord è stato sostenuto da rilevanti afflussi di immigrati dall'estero", si legge nello studio. Secondo Bankitalia, "gli stranieri hanno oggi un tasso di occupazione superiore a quello degli italiani e redditi da lavoro significativamente inferiori". Insomma, fanno quello che gli italiani non vogliono fare. "La crescente presenza straniera non si è però riflessa in minori opportunità occupazionali per gli italiani che, al contrario, sembrano accresciute per gli italiani più istruiti e per le donne, In particolare, l'offerta di lavoro femminile italiana si è giovata dei maggiori servizi per l'infanzia e per l'assistenza agli anziani". Nel 2008, secondo i dati della Rilevazione sulle forze di lavoro dell'Istat, i lavoratori stranieri residenti in Italia rappresentavano il 7,5% dell'occupazione complessiva; al Centro Nord l'incidenza era superiore al 9%, a fronte del 3 nel Mezzogiorno. "Il tasso di occupazione degli stranieri in età lavorativa era pari al 67%, 9 punti percentuali in più rispetto agli italiani. Il divario è in parte riconducibile a caratteristiche individuali, quali la minore età media degli stranieri e la necessità di avere un lavoro per ottenere il permesso di soggiorno, in parte alla loro concentrazione nelle aree più sviluppate del Paese, dove è più forte la domanda di lavoro". Il tasso di occupazione degli stranieri residenti nel Mezzogiorno era pari al 59%, circa 9 punti in meno rispetto a quello del Centro Nord. "È ragionevole ipotizzare che i più bassi tassi di occupazione nel meridione risentano della maggiore diffusione del lavoro sommerso e dei fenomeni di irregolarità". Elaborazioni sui dati dell'Ismu, disponibili per la sola Lombardia, "mostrano una notevole differenza nei tassi di occupazione femminili a seconda del paese di origine. L'incidenza delle donne occupate è particolarmente alta per quelle originarie dei paesi dell'Europa centro orientale (comunitarie o extracomunitarie) e dell'America centro meridionale; notevolmente più bassa per le donne del Nord Africa, del Medio e Vicino Oriente e dell'Asia centrale. Secondo elaborazioni sull'Indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d'Italia, i redditi da lavoro dipendente nel settore privato degli stranieri sono inferiori di circa l'11% a quelli degli italiani. Il differenziale salariale, oltre al minore livello di istruzione degli stranieri, è attribuibile anche a una maggiore concentrazione in settori di attività e mansioni meno qualificate e in imprese meno produttive. Le retribuzioni degli stranieri nel Mezzogiorno sono più basse di quelle al Centro Nord". Il livello di istruzione dei lavoratori stranieri è in media inferiore a quello degli italiani. Nel 2008, gli occupati con cittadinanza estera di età compresa tra i 25 e i 65 anni in possesso al più di un titolo di studio corrispondente alla scuola media inferiore erano il 44%, quasi 7 punti in più rispetto al corrispondente valore per gli italiani; quelli in possesso di una laurea erano circa il 13% a fronte del 18 per gli italiani. Il grado di istruzione degli stranieri è inferiore nelle regioni meridionali, dove la quota di lavoratori immigrati in possesso di una laurea è dell'8% (5 punti in meno del Centro Nord) e la quota di stranieri con al massimo l'obbligo scolastico è pari a circa il 65% (13 punti in più che nel Centro Nord). Tali differenze sono riconducibili sia alle caratteristiche del sistema produttivo nelle due aree, sia ai divari in termini di rendimento dell'istruzione.
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Già aperto il mercato delle alleanze

Regionali: Berlusconi già al lavoro per trovare la "quadra" delle alleanze.
Dalle agenzie - Asca.

È vero: sulla questione dell'Inno di Mameli Bossi ha dovuto frenare il suo - anche personale, oltre che politico - iperattivismo agostano. Ma naturalmente ciò non significherà una battuta d'arresto dell'offensiva a tutto campo che sta caratterizzando l'estate leghista.
Non senza risultati, peraltro. Se è vero che, sondaggi alla mano, su altri argomenti - dalla stessa valorizzazione di usi e dialetti locali alla battaglia sull'aumento dei salari e fino all'ultima proposta di dare ai giovani lotti di terreno agricolo pubblico inutilizzati - è possibile riscontrare un consenso popolare non trascurabile, e oltretutto trasversale.
Nel Pdl c'è chi accusa il Carroccio di danneggiare la maggioranza (che comunque, a detta del presidente del Consiglio, è solida) ed offuscare la credibilità dell'azione di governo, mentre altri parlano di nervosismo delle "camicie verdi" di fronte ad un avvio delle trattative, per costruire le alleanze in vista delle regionali del 2010, che sembra dare l'idea di un mercato senza regole.
Mercato dove il più gettonato in assoluto è l'Udc, sottoposto a ormai quotidiane "avances" quasi imbarazzanti da parte di esponenti di vario livello sia del Pdl che - sul fronte opposto, ma più timidamente, quanto meno fino a quando il congresso non stabilirà i nuovi assetti al vertice - del Pd. Per quest'ultimo, allearsi con i centristi non rappresenterebbe - a giudizio di molti - un'esperienza peggiore del già sperimentato e penalizzante accordo con la sinistra radicale o di quello sostanzialmente mai avviato con l'Italia dei Valori.
Per il Popolo della Libertà, invece, la questione è diversa, dal momento che un'eventuale intesa con l'Udc è vista con sospetto non solo dalla Lega ma anche da parte di molti ex forzisti ed ex aennini che ricordano ancora le intemperanze dei centristi durante gli anni di coabitazione. Senza contare che lo stesso Silvio Berlusconi, sia sul piano personale che su quello politico, ha sempre avuto con Umberto Bossi rapporto che mai potrà avere con Pier Ferdinando Casini.
Per il Pdl, quindi, il legame con la Lega - alleato talvolta turbolento, ma alla fine sempre affidabile da quindici anni a questa parte - resta un punto fermo e difficilmente sara' sacrificato sull'altare di una rinnovata alleanza con l'Unione di centro. Anche se, oggettivamente, in alcune Regioni del Sud come la Campania e la Puglia questo tipo d'accordo potrebbe fare la differenza in occasione dell'appuntamento elettorale del prossimo anno. Berlusconi, da politico pragmatico, lo sa bene. Sta a lui, in questo caso, trovare "la quadra".
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Un vero cavaliere il Cavaliere

Le dichiarazioni d'amore per Bossi e di Bossi.

Che il Milan vinca di questi tempi un trofeo è una notizia che può provocare euforia estrema. Così il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ieri sera al termine della partita Milan-Juventus azzarda: "Non ho alcuna preoccupazione sulla solidità di questa maggioranza", intendendo mettere a tacere ogni polemica su eventuali dissidi con la Lega, dopo le dichiarazioni agostane di Bossi sull'inno nazionale e i dialetti nelle scuole. Anzi, va più in là, manco Bossi fosse una escort di cui giustificare la presenza: "Per Bossi ho un amore fraterno. Ed è vero". Non ci sono dissidi, dunque, con il leader della Lega, nonostante le dichiarazioni che hanno suscitato non poche polemiche anche nella maggioranza. "Dobbiamo considerare queste cose come dei messaggi d'amore di Bossi per i suoi elettori", ha precisato il premier, e nel dettaglio: "Bossi fa delle carezze ai suoi elettori". Le parole di Bossi sull'inno nazionale per Berlusconi insomma non sono "atti di intolleranza" né di propaganda elettorale, a differenza del giudizio dato da parecchi esponenti della maggioranza e dell'opposizione. Tra i giornalisti c'è stato anche il buontempone che gli ha chiesto quale inno sarebbe stato opportuno cantare in occasione della vittoria dei rossoneri, ed il premier ha risposto sorridendo "l'Inno di Mameli, ci sta sempre bene".
Chi col Cavaliere ha il dente avvelenato è il leader dell'Italia dei valori Antonio Di Pietro che sul suo blog scrive: "L'ennesima previsione di crollo" per il Pil "denota l'incompetenza di chi effettua le stime o l'incapacità di chi è al governo e dispone delle leve per gestire le variabili. L'impressione è che si stiano tirando i dadi e che chi li ha in mano sia un baro". E aggiunge: "Chiuderemo nel 2009con un Pil reale vicino al -8: è questa la verità. L'Italia dicono abbia sentito meno la crisi rispetto agli altri Paesi occidentali. Pura illusione riconducibile a tre motivi principali: da una parte non sono stati diffusi i numeri della crisi e della disoccupazione, che continuano a essere trattati come un'estrazione del Lotto; dall'altra sono state salvate le banche, che però non hanno salvato le aziende; e infine l'amministrazione pubblica italiana ha riversato sul debito pubblico, sui servizi e su qualche migliaio di precari il costo della crisi". Per Di Pietro: "L'arresto dell'emorragia del debito pubblico, un Golem da 1,8 mld di euro fuori controllo, è la cartina tornasole della ripresa economica, oltre che condizione necessaria per restare in Europa", sottolineando che la resa dei conti sarà "in autunno, quando l'alchimia di governo non riuscirà a spiegare ai cittadini come mai le aziende continueranno a chiudere copiose e prive di ammortizzatori sociali per i propri dipendenti, o come mai i pensionati vedranno ritoccate a ribasso le pensioni, mentre loro, i governanti, a Palazzo Grazioli sorseggiano champagne serviti da escort vestite di nero e pensano ai dialetti, a Mediaset e a come fottere il tricolore".
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I Davide senza fionda

Luigi Albertini ritorna oggi su Il Giorno sulla questione E.On mettendo in risalto la battaglia personale del nostro sindaco contro il colosso europeo dell'energia.
«Ingiusto far pagare tutto in una volta».
Bollette da salasso: i sindaci protestano.
Rassegna stampa.

È la questione più «bollente» di queste torride giornate: le bollette del metano. Una querelle nata dalla scelta dell’azienda erogatrice del gas, E-On, delle emissioni periodiche, per lunghi periodi di utilizzo del contatore. Col risultato che si finisce di pagare in estate consumi effettuati in inverno, mesi nei quali i contatori scorrono veloci per via del riscaldamento. Somme dovute - si dirà -, ma che mal si adattano al ritmo dei bilanci familiari, specie dei nuclei di pensionati che stentano a tirare la fine del mese. Trovarsi a dover saldare bollette salate in piena estate, un vero tormentone. Inevitabili i mugugni, recepiti da alcuni sindaci. Il «centro operativo» della contestazione è il Comune di Brembio, ma risulta che Borghetto, Livraga e Secugnago si siano fatte sentire con E-On: secondo i politici, le somme da versare sono troppo elevate. Né è agevole, per ragioni pratiche, ricorrere alla rateizzazione del debito. Allora i sindaci hanno deciso di fare ricorso alle associazioni dei consumatori. Con quali margini di trattativa, è difficile da ipotizzare. Da una parte E-On sostiene che i consumi sono stati contabilizzati e, indipendentemente dalla periodicità delle fatture, vanno pagati e basta. Dall’altra parte, la stragrande maggioranza dei consumatori ritiene che bollette così care diventano difficili da saldare con i bilanci familiari come questi, che devono fare i conti con la crisi.
Il clima del confronto tra azienda erogatrice e delegazione di sindaci non sarebbe velenoso, ma le differenze restano inalterate, nella sostanza.
Intanto nelle sedi municipali sono state istituite procedure per cercare di aiutare i cittadini che intendono, al momento, rateizzare i pagamenti quel tanto che consenta il saldo degli arretrati, soprattutto per evitare «tagli» delle forniture di gas per i mancati versamenti. Giuseppe Sozzi, sindaco di Brembio, confida nel 2010 nell’entrata in vigore della procedura di contabilizzazione che deciderà la Comunità Europea, alla quale anche E-On dovrà adeguarsi. Procedura - ritiene Sozzi - che faciliterebbe il pagamento dei consumi da parte dei clienti, uniformando i vari periodi stagionali e mettendo in condizione gli utenti di mettere da parte i soldi per il regolare pagamento delle bollette, senza alti e bassi.
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La consolazione è che ci suicidiamo di meno

L’Istat: nel Lodigiano media inferiore a quella lombarda. L’esperto: «Qui la famiglia tiene».
Pochi suicidi in provincia, «merito della società».
Rassegna stampa, Laura De Benedetti, Il Giorno di oggi.

Secondo l’Istat Lodi ha registrato nel 2008 il tasso più basso di suicidi e di tentati suicidi in tutta la Lombardia, parecchio al di sotto della media regionale e nazionale.
Secondo il rapporto dell’ufficio statistico, infatti, sono stati “solo” tre ad essersi tolti la vita, dieci quelli che ci hanno provato. Ma solo nella confinante provincia di Pavia coloro che si sono uccisi risultano essere stati, lo scorso anno 29, contro 31 tentativi fortunatamente falliti. Dati analoghi alle altre realtà provinciali più simili a Lodi: a Cremona, ad esempio, nel 2008 30 i suicidi (e 30 tentativi di suicidio), a Mantova 26 (48), a Lecco 23 (27), a Como 19 (17), a Varese 31 (113). Si sale con i numeri a Brescia 38 (37 tentativi), Bergamo 33 (27), Milano 149 (253). A fare eccezione c’è Sondrio che, benché abbia una bassa densità abitativa, ha registrato 23 suicidi e 25 tentativi falliti. È la media statistica (il numero di suicidi per 100mila abitanti) a evidenziare il netto contrasto: Lodi ha registrato un tasso di suicidi dell’1,4 (per 100mila abitanti) contro una media lombarda del 4,1 e nazionale del 4,7. In base a questo indice Sondrio è appunto prima con 12,7 seguita da Cremona con l’8,4, Lecco (6,9), Mantova (6,4), Pavia (5,5), Milano (3,8), Varese (3,6), Como (3,3), Bergamo e Brescia entrambe a 3,1.
Ma i conti non tornano, come ci conferma Eligio Gatti, psichiatra, dirigente dell’Azienda Ospedaliera: «Questi numeri non appaiono realistici. In genere il nostro dato è omogeneo alle altre realtà limitrofe — spiega —. Inoltre solo i tentati suicidi che abbiamo ogni anno con ricoveri nei nostri reparti sono certamente più dei 10 riportati dall’Istat. In generale si può comunque dire che i suicidi sono più frequenti dove c’è isolamento: in zone di montagna, come a Sondrio, o nelle grandi città come Milano, dove l’isolamento non è fisico ma sociale, emotivo, esistenziale. In provincia c’è una maggiore rete di conoscenze, gli ambiti familiari sono allargati. Il Lodigiano, in particolare, è una realtà molto parcellizzata, fatta di piccoli comuni pressoché isolati ma all’interno del paese può reggere una rete di solidarietà». Quali sono le motivazioni che hanno spinto alcuni lodigiani a tentare il suicidio? «La causa più frequente è di tipo depressivo; poi c’è qualche caso legato a problemi esistenziali e sociali per abbandoni, cause di separazione. Non mancano i tentati suicidi di tipo dimostrativo, che sono poi i casi più appariscenti, legati ad ambiti relazionali problematici. Se gli altri casi sono recuperabili, questi ultimi sono più difficili, più imprevedibili: il soggetto tende a ripetere l’atto e c’è la volta che magari gli riesce».
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Una camionata di soldi per le strade colabrodo

Provincia: 7 milioni di euro per ripristinare gran parte della strade provinciali.
Rassegna stampa - Laura De Benedetti, Il Giorno di oggi.

La Provincia di Lodi dovrà investire oltre 7 milioni di euro per ripristinare gran parte della strade provinciali. Motivo? Le nevicate e il gelo dell’inverno scorso, il passaggio intenso dei tir ma anche la «mancata manutenzione degli anni scorsi», che secondo l’attuale amministrazione va in conto alla precedente Giunta. Ad affermarlo è l’assessore provinciale Nancy Capezzera che, pur essendo in villeggiatura, fornisce un quadro preciso.
Assessore, qual è la condizione generale delle provinciali?
«Dalla situazione delineata al mio insediamento mi risulta che sono necessari interventi di pavimentazione urgenti in tutte le principali arterie del territorio. I motivi del grave stato diffuso nelle nostre strade sono diversi: la mancata manutenzione negli anni scorsi, il passaggio dei mezzi pesanti a cui si sono aggiunte le avverse condizioni meterologiche dell’inverno scorso. Il ripetuto passaggio dei mezzi di spargimento di sale e rimozione neve ha caratterizzato un deterioramento del manto. Gli interventi minimi ammontano a 3 milioni e 730 mila euro oltre all’Iva al 20%; quelli inderogabili, da realizzare entro un anno, a 2,5 milioni più Iva».
Quali interventi sono già in corso?
«È già in fase avanzata un primo lotto di interventi straordinari, per 380 mila euro, che riguarda la zona di Castiglione, sulle provinciali 26 (verso Turano), 27 (verso Codogno) e 108 (verso Cavacurta), l’ex statale 591 (verso Montodine). Il 24 luglio scorso sono partiti, per un costo di 481 mila euro, i ripristini in un secondo lotto, partendo da Lodi, lungo le ex 235 (da Sant’Angelo ai confini con il Cremonese), 472 (Bergamina) e 415 (per Spino) e la provinciale 107 (Lodigiana). Sono già stati fatti interventi di manutenzione ordinaria su altre 4 strade per 126mila euro mentre è in programma un appalto, ancora da definire, per interventi su ben 30 diverse strade provinciali in tutto il territorio tra cui rientrano, ad esempio, la 412 (San Colombano), la 223 (Guardamiglio-Somaglia), la 213 (Terranova), la 25 (Boffalora) e via dicendo. Ma con i prossimi appalti vorremmo fare un ragionamento più lungimirante, approntando accorgimenti di prevenzione e sicurezza».
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Dare alle parti sociali ciò che è delle parti sociali

Greta Boni su Il Cittadino di oggi ci parla delle voci contrarie nel Lodigiano all’ipotesi di differenziare le buste paga fra nord e sud.
«Gabbie salariali? Una stupidata».
Rassegna stampa.

Nessun futuro per le gabbie salariali. Se dipendesse dagli operatori del territorio lodigiano, la proposta sarebbe subito bocciata senza il minimo tentennamento. In queste ultime settimane la Lega nord è tornata a chiedere a gran voce la differenziazione delle buste paga a seconda delle zone del Paese e del costo della vita. Nel week end, il ministro Umberto Bossi ha lanciato ancora una volta la proposta dal palco di Ponte di Legno, in occasione della festa leghista, scatenando l’ennesima ondata di polemiche e commenti.
I sindacati hanno fin da subito alzato gli scudi. Il leader nazionale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha bollato il progetto come «demenziale» e il segretario provinciale Domenico Campagnoli è della stessa opinione. «Quando si parla di contrattazione - afferma -, bisogna parlare dei meccanismi che la rendono fattibile. Le gabbie salariali potrebbero provocare una specie di “mostro contrattuale”, la differenziazione potrebbe essere non solo salariale ma normativa, creando una terribile confusione». Mario Uccellini della Cisl sostiene che il vero obiettivo da raggiungere debba essere un altro: «Siamo contrari a un intervento per legge su questa materia - dice -, semmai bisognerebbe incrementare la contrattazione di secondo livello e farla partire per tutti i lavoratori. È questa la grande scommessa».
Ad alzare le barricate non sono solo i sindacati, anche alcuni industriali e imprenditori del Lodigiano hanno “cassato” il progetto. Il commento di Maurizio Galli, direttore di Assolodi, è piuttosto secco: «Quella delle gabbie salariali è una stupidata - dichiara -, non esistono e per questo non ha senso parlarne. Ci sono già i contratti nazionali, sono già differenziati e chi parla di gabbie salariali non sa nemmeno come funziona il sistema. Ci sono già gli strumenti per valutare merito e produttività».
Tino Modesto Volpe, imprenditore informatico e vitivinicolo conosciuto sul territorio, ritiene che non abbia senso ripristinare un provvedimento del passato: «I tempi sono cambiati, ora le decisione da prendere sono altre. Deve essere ridotta la pressione fiscale sul salario per poter poi aumentare lo stipendio, attualmente è infatti troppo elevata. C’è poi la questione del lavoro sommerso, che crea problemi alle aziende che pagano i contributi, un fenomeno preoccupante». Volpe sottolinea poi la necessità di cambiare i criteri delle gare pubbliche e private, affinché si possa considerare non solo il prezzo ma anche la qualità del lavoro. Il criterio del prezzo al ribasso non sempre è quello più vantaggioso.
Diverso il ragionamento di Vittorio Boselli, segretario di Confartigianato: «In realtà, credo sia un falso problema - spiega - sulla questione non siamo di certo all’anno zero. Di recente è stata approvata la riforma dei contratti, che introduce la possibilità di tenere conto dei livelli di produttività locali. In base alla ricchezza prodotta - conclude Boselli -, le parti sociali potranno concordare la componente integrativa. Sappiamo che la Cgil non è favorevole all’accordo. In base a quanto stabilito, la responsabilità spetterà alle parti sociali nei territori, si dovrà essere bravi nel saper misurare la ricchezza prodotta, tenendo anche presente i costi sempre crescenti che le aziende devono sostenere».
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Il "nuovo mondo" dell'artigianato

Gli stranieri “spopolano” nel settore dell’edilizia, ma la crescita sta rallentando per colpa della crisi.
Rassegna stampa - Il Cittadino di oggi.

Gli stranieri che nel Lodigiano si “buttano” nel mondo dell’artigianato lavorano soprattutto nei cantieri edili. Un settore che negli ultimi tempi sta però attraversando una fase critica: «Il fatto che abbiano aperto due negozi di parrucchiere in via Lodino, a Lodi - commenta Vittorio Boselli, presidente di Confartigianato - mi sorprende, in ogni caso non è un fenomeno che indica un trend. Dopo l’incremento registrato negli anni scorsi nell’edilizia, un comparto oggi in crisi, non mi sembra che nel corso del 2009 ci sia stato un aumento nel numero di attività gestite da extracomunitari, non si è notato nessun fervore. Mi pare, piuttosto, che questo sia un anno di stabilizzazione». Secondo gli ultimi dati forniti dalla Camera di commercio di Lodi, il 51,29 per cento degli stranieri lavora nel settore delle costruzioni, il 15,7 per cento nel commercio, il 9,59 per cento nel manifatturiero e l’8,27 per cento nelle attività immobiliari, noleggio, informatica e ricerca; tutti comparti nei quali si registra anche una maggiore concentrazione di persone. «Negli ultimi anni - afferma Mauro Sangalli, segretario dell’Unione artigiani di Lodi - è cresciuta l’apertura di attività da parte di extracomunitari. La filiera dell’edilizia ha trainato questo fenomeno, non ci sono solamente stranieri imprenditori, ma anche moltissimi dipendenti. La maggior parte arriva dai paesi dell’Est, come la Romania e l’Albania, ma anche dall’Egitto; molti stranieri provengono da paesi che poi sono entrati nell’Unione europea. I cinesi gestiscono perlopiù attività legate al commercio». Tutti sottolineano l’importanza delle associazioni di categoria, non solo per chi arriva dall’estero, ma anche per gli italiani. Per i segretari è un modo di fare squadra, «allo stesso tempo si possono avere diversi servizi a disposizione». I “forestieri”, infine, possono trovare un aiuto per gli adempimenti burocratici, più difficili da comprendere per chi non è del posto e non conosce alla perfezione la lingua italiana. «Sicuramente le associazioni rappresentano un punto di riferimento importante per extracomunitari e italiani - conclude Sangalli -. Si possono avere informazioni, servizi e un aiuto nell’accesso al credito o sul fronte della sicurezza. Insomma, opportunità a 360 gradi».
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I cani svaniti al sole d'agosto

Laura Gozzini ci racconta su Il Cittadino di oggi che a Somaglia le esche posizionate nella riserva sono rimaste al loro posto: l’area verde potrebbe essere presto riaperta.
Non c’è più traccia di randagi nell’oasi.
Gabbie vuote e nessun avvistamento del branco alle Monticchie.
Rassegna stampa.

Somaglia - Volatilizzati. Dei randagi che il mese scorso erano stati avvistati all’interno del parco Monticchie disseminando la paura nei visitatori e quindi la rapida attivazione del primo cittadino del comune di Somaglia Giuseppe Medaglia, nonché di Asl e Provincia, da alcune settimane non vi è più alcuna traccia. Forse sarebbe meglio dire impronta.
I bocconi per acchiapparli in gabbia oppure anche solo rilevarne la presenza finiscono con il consumarsi sotto il sole agostano, invasi dagli insetti e ignorati, mentre di “code sospette” più neanche l’ombra.
Così se entro fine mese la situazione si manterrà invariata l’ordinanza comunale che dispone la chiusura della riserva verrà ritirata, per la gioia dei tanti affezionati rimasti orfani, proprio nel cuore della stagione deputata alle gite all’aria aperta, della più classica biciclettata nella frescura della piccola oasi della Bassa Lodigiana. «Il monitoraggio non si è mai interrotto e da giorni non evidenzia più alcun avvistamento - commenta il primo cittadino Medaglia - da parte nostra c’è l’intenzione di dissipare ogni dubbio perché la riapertura al pubblico possa avvenire in condizioni di massima sicurezza». Un imperativo cui presiedono gli operatori della sezione cremonese di Arpana e cui si aggiungono alcuni volontari lodigiani - una decina in tutto - impegnati in turni anche la notte per non lasciare mai il campo scoperto. «Ci siamo affidati a persone competenti che ci hanno consentito di dare una risposta adeguata, scrupolosa e celere. Da soli noi, Provincia e Asl non avremmo potuto garantire una presenza costante». Proprio il rientrato allarme ha reso superfluo il posizionamento di una nuova gabbia come era stato pronosticato alla fine di luglio, considerata tra l’altro la difficoltà di pervenire a una cattura con quell’ausilio. Poco male.
Ne sorridono gli ambientalisti e gli stessi responsabili della riserva somagliese, mentre resta il mistero di quale strada stiano adesso annusando i quattro zampe. «Secondo gli esperti si è trattato di un branco non stanziale, di cani che per qualche ragione si sono trovati nello stesso posto e hanno così fatto gruppo. Viceversa sarebbe impossibile non notarne la presenza fissa». Insomma, quello dei randagi alle Monticchie sembra davvero il classico giallo dell’estate.
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La fenice Lever

Andrea Bagatta su Il Cittadino di oggi ci dice dei piani della multinazionale per rilanciare lo stabilimento di Casale: in arrivo anche una mini-centrale.
Lever, investimenti dopo i tagli.
Presentato un progetto per quattro pozzi idrici.

Rassegna stampa.

Dopo aver tagliato, si punta adesso allo sviluppo dello stabilimento: nonostante l’apparente contraddizione, Unilever prosegue coerentemente per la propria strada ed entra nella seconda fase di ristrutturazione del sito di Casale con nuovi progetti sulle infrastrutture.
Due sono i fronti caldi su cui si muove la società. È già stato presentato al comune di Casale uno studio preliminare ambientale per l’utilizzo di acque sotterranee mediante lo scavo di quattro pozzi di trivellazione. Lo stesso studio sarà oggetto di valutazione d’impatto ambientale da parte della Regione Lombardia. Le acque sotterranee saranno utilizzati a fini produttivi. Il secondo progetto, per il quale invece si è ancora a una fase preliminare di contatti, riguarda la possibilità di installare nell’ex torre di lavorazione polveri una piccola centrale per la cogenerazione energetica. La centralina andrebbe a produrre l’energia per la parte restante delle attività produttive del sito. Alcuni contatti dei mesi scorsi non erano andati a buon fine, ma altri ne sarebbero in corso proprio a cavallo delle ferie estive. Delle novità potrebbero arrivare a settembre, anche se rimane in piedi l’ipotesi di fornitura energetica a basso costo da parte dell’impianto di Turano Bertonico di Sorgenia. Anche in caso di installazione di una centrale interna di cogenerazione, tuttavia, l’impatto sull’occupazione sarebbe molto limitato con al massimo quattro o cinque operai coinvolti.
Sui movimenti di sviluppo del sito si esprime quindi positivamente il sindaco di Casale Flavio Parmesani: «Nessuno ha certezze in questa fase, però qualche dato rincuorante c’è: a seguito delle ristrutturazioni il costo di produzione è sceso a livello degli altri stabilimenti Lever europei, e quindi è oggi pienamente competitivo - dice il primo cittadino -. La casa madre ha autorizzato investimenti significativi sullo stabilimento di Casale e il mercato dei liquidi sta andando oltre le previsioni di mercato di alcuni anni fa. La situazione non è più nera».
Poche certezze quindi, ma grande disponibilità da parte degli enti locali, comune e provincia, per valutare e soddisfare, nei limiti del possibile, le richieste dell’azienda. «Per quanto in potere degli enti locali, comune e provincia, ci siamo attivati per trasmettere alla casa madre Unilever l’interesse del territorio per l’insediamento, e la disponibilità a trovare un punto di incontro in caso di future necessità - continua il sindaco Parmesani -. Inoltre, anche se al giorno d’oggi non sembra essere ancora interessante dal punto di vista economico, per i prossimi anni rimane la potenziale risorsa dell’accesso diretto alla linea ferroviaria Milano-Bologna».
Più prudenti sono invece i sindacati, scottati dagli investimenti di poche stagioni fa che non hanno impedito la pesante ristrutturazione di quest’anno. «Meglio avere investimenti che non averli, e peraltro alcuni erano programmati e inseriti nell’accordo - dice Carlo Carelli della Rsu -. Tuttavia, di per sé non significano nulla, e da parte nostra dobbiamo mantenere sempre la guardia alta. Sono le prospettive dell’area, con quasi il 90 per cento del sito inattivo, a preoccupare: il territorio ragioni sulle possibili soluzioni».

Gli esuberi di aprile ridotti da 170 a 154: «Lavoriamo per salvare più posti possibili».

Dei 170 esuberi sui quali si era stretto ai primi di aprile l’accordo tra sindacati e azienda, a oggi sono meno di 160 le persone che non entrano più nei cancelli Lever, con 60 uscite volontarie. I dati ufficiali si riferiscono al 30 giugno scorso, quando scadevano i primi due mesi dall’entrata in vigore del procedimento di mobilità, termine entro il quale i lavoratori in esodo volontario avevano diritto a un incentivo di 47 mila euro lordi. Chi sceglie oggi la mobilità volontaria può avere un incentivo di 35 mila euro, destinato poi a scendere ulteriormente a 30 mila euro fino alla scadenza della procedura, in teoria dopo due anni dall’accordo.
Le persone poste in cassa integrazione sono state 157. Di queste, tre sono state riprese subito in azienda, mentre 60 sono le persone che hanno deciso di uscire volontariamente con l’esodo incentivante. Di queste 60, 8 stanno seguendo percorsi di prepensionamento. I lavoratori in cassa integrazione sono quindi 94. Rispetto alle previsioni iniziali di collocare in cassa 170 esuberi, il numero si è ridotto a 154 in virtù proprio dei rientri in azienda o delle non uscite per motivi organizzativi, e anche perché altre quattro persone hanno trovato ricollocamento in altri stabilimenti del gruppo, a Caivano e a Milano, e direttamente a Casale, ma nella holding, la parte direzionale staccata dal punto di vista organizzativo dalla fabbrica in cui invece sono avvenuti i tagli.
«A oggi i numeri sono ancora migliorati leggermente, perché sappiamo di altre situazioni di reintegro di lavoratori per questioni organizzative - dice Carlo Carelli della Rsu -. Come sindacato continuiamo a lavorare per il riassorbimento del maggior numero di operai e per la sistemazione delle situazioni più delicate. Vediamo se con settembre ci sarà maggior carico di lavoro e quindi la possibilità di riassorbire qualche altra unità». È smentita in ogni caso la voce, circolata nelle scorse settimane, del ricorso al lavoro straordinario da parte dell’azienda, che suonava come una vera beffa alle orecchie dei cassintegrati.
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