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venerdì 16 ottobre 2009

Il Consiglio porta alla ragione il piano casa

Approvata la delibera sugli adempimenti relativi alla legge 13.
Rafforzati i vincoli e le limitazioni previste dal PGT.
La risposta di Brembio è il disincentivo al suo utilizzo.


Dopo aver espresso nell’articolo precedente cosa veniva posto in votazione in Consiglio comunale, relativamente agli adempimenti richiesti dal “piano casa regionale”, veniamo alle motivazioni e dichiarazioni che hanno portato ad un voto che – come si è detto – da solo “fa notizia”. Cominciamo con l’intervento del capogruppo di Rifondazione per Brembio Rosaria Russo, che riportiamo qui per intero.



«Ritengo importante diffondere l’informazione su una legge indecente approvata dal Consiglio regionale della Lombardia, contro la cui promulgazione Sinistra-Unaltralombardia ha condotto in aula una battaglia articolo per articolo, emendamento per emendamento. Un confronto puntiglioso, senza sconti, reso vano però dal contingentamento dei tempi e dall’impermeabilità a qualsiasi modifica del testo imposti dalla maggioranza Lega-PDL.
In Lombardia lo scempio di territorio e di bene pubblico è perpetrato purtroppo con scarsissima opposizione sociale e una disattenzione colpevole dell’opinione pubblica
Alla volontà espressa da Berlusconi di affrontare le difficoltà indotte dalla crisi economico-produttiva mondiale promuovendo in Italia un incremento dell’attività edificatoria minuta attraverso la sospensione in via eccezionale dei limiti posti dalle regole urbanistiche in tema di rapporto tra quantità edificatorie e dotazioni di attrezzature pubbliche, la Conferenza Unificata delle Regioni ha risposto approvando un’Intesa che, mentre propone di adeguarsi, rivendica almeno margini di autonomia decisionale nel come farlo.
La Giunta Formigoni è andata oltre l’adeguamento, allargando le maglie di sfondamento delle regole. Ha di conseguenza formulato il “piano casa” e ne ha imposto l’approvazione, con il proposito “di un rilancio dell’economia e di una risposta ai bisogni abitativi delle famiglie”
Eppure, la Regione Lombardia aveva già da tempo autonomamente ottemperato ad una pesante deregolamentazione a tempo indeterminato, sia con la cessione di minori aree pubbliche rispetto a quelle prescritte dagli strumenti urbanistici, sia con la possibilità di trasformare ad uso abitativo tanto i sottotetti preesistenti che quelli delle nuove edificazioni.
Evidentemente, con l’approvazione della nuova legge la strada della messa a profitto del suolo pubblico continua ad essere la via maestra per questa Giunta.
Il “piano casa” della Lombardia, che per un anno e mezzo consentirà di aumentare di un quinto le volumetrie degli edifici costruiti, è passato con un colpo di mano dell’assessore al Territorio, il leghista Davide Boni, che ha presentato in aula una ventina di emendamenti al testo uscito dalla Commissione. Mossa tattica, per far decadere gli oltre 200 emendamenti presentati dall’opposizione e riuscita solo in parte, perché un centinaio sono stati ri-presentati come sub-emendamenti alle modifiche introdotte dall’assessore.
Da oggi anche nei parchi si potrà demolire e ricostruire in deroga ai piani di coordinamento degli stessi. Anche nei centri storici, come pressoché ovunque nel territorio lombardo, si potrà ampliare e ricostruire (+20% o 30% di volumetria) sostituendo gli edifici esistenti che non si adattano al contesto storico e architettonico. Fuori dai centri storici si potrà incrementare la volumetria esistente perfino del 30%, se si useranno tecniche e materiali in grado diminuire di un terzo i consumi per il riscaldamento. Ma l’interessato che costruisce in più dovrà solo «dotarsi» della certificazione energetica, non sarà più obbligato a presentarla in Comune.
Ancora, in caso di «congruo equipaggiamento arboreo» pari almeno a un quarto del lotto interessato, L’incremento di volumetria ammesso sarà del 35%. Si potranno convertire in residenza i capannoni industriali e artigianali - non commerciali e terziari - per una quota pari alle volumetrie definite dagli indici residenziali del luogo.
Infine, i quartieri di edilizia pubblica. Qui l’incremento massimo arriva al 40%. Potrà riguardare un complesso di edifici e non uno solo e potrà concretizzarsi in un palazzo nuovo di zecca. La volumetria potrà essere ceduta a operatori privati e la durata di applicazione della legge sarà di 24 mesi.
Ma difficilmente si finirà lì: l’assessore Boni, infatti, già anticipa la possibilità di una nuova legge dicendo che «potremmo essere interessati a far diventare fissa la norma sui centri storici perché, purtroppo, ci troviamo davanti a delle situazioni legate agli anni Cinquanta e Sessanta che non hanno nulla a che vedere con l’uniformità dei centri storici».
Questa legge viene propagandata come la risposta lombarda alla crisi e alla domanda abitativa. Ma il suo contenuto nulla ha a che vedere con questi obiettivi.
Si tratta infatti di un provvedimento che non fa i conti coi problemi strutturali del settore e che non si pone il problema dell’utilizzo del patrimonio immobiliare già esistente ed inutilizzato, a partire dall’enorme numero di case sfitte.
Per di più, si tratta di una legge che non riguarda la difficile situazione di quanti vivono sulla loro pelle la crisi: quelli che fanno già fatica ad arrivare a fine mese, pagare l’affitto o il mutuo e che, molto probabilmente, non sono nelle condizioni di accedere ai benefici di questa legge.
Essere proprietari di immobile è la prima condizione, avere disponibilità economiche sufficienti è la seconda. Ma proprio in questa crisi inedita occorre ricordare che la bolla finanziaria è nata dall’eccesso di consumi individuali sostenuto dall’indebitamento a cui le banche hanno spinto i cittadini. Ebbene, è quanto spinge a fare la legge in discussione, frutto di un accordo instabile Lega-PDL, che distrugge il concetto di casa come bene sociale e ne fa l’ennesima fonte di rendita, in particolare per quegli interessi immobiliari che si getteranno alla caccia dell’affare esteso a tutte le tipologie costruttive possibili ed immaginabili.
Fino all’edilizia residenziale pubblica, contemplata nel provvedimento forse per ingraziarsi il favore delle cooperative di ogni colore.
Dietro la risposta alla crisi e al fabbisogno abitativo si nasconde (malamente) l’ennesimo favore alla rendita e ai costruttori e l’attacco al territorio e all’ambiente.
Un attacco che non ha precedenti e che cancella, anche se per “soli” 24 mesi, le prerogative di comuni, province, parchi e comunità montane e che fa tabula rasa di tutti gli strumenti urbanistici.
Siamo abituati all’uso delle leggi in Lombardia per andare fuori legge…
Come se l’aumento del 20% o del 30%, a seconda dei casi, non avvenisse sottraendo altrettanto volume agli spazi comuni, caricando gli acquedotti, le fogne, i servizi comunali oltre misura, rompendo l’armonia di agglomerati frutto di una convivenza e di una storia comune. E’ il trionfo del “fai da te”, della prevalenza del privato sul pubblico, dell’uniformità dell’interesse economico usurante, che distrugge le diversità delle comunità.
I Comuni sono messi fuori gioco: verrebbe da ridere, se non ci fosse invece da piangere, di fronte al termine perentorio del 15 Ottobre posto agli enti locali per individuare e comunicare le zone nelle quali la legge non andrà applicata, per la presenza di eccezionali vincoli storici, ambientali, culturali. Senza contare sul danno erariale che deriverà con la riduzione del 30% degli oneri di urbanizzazione con cui verranno premiati i costruttori.
Si tratta di incrementi volumetrici che si concentreranno in particolare nelle zone urbane più fittamente utilizzate, soprattutto in ambito metropolitano: basti pensare alle cosiddette “coree” costituitesi nelle grandi periferie urbane del triangolo industriale negli anni Cinquanta inglobate nella successiva e più massiccia espansione metropolitana.
Si tratta, nel complesso, di una tendenza - precocemente praticata dalla Lombardia, ma poi generalizzatasi a livello di legislazioni nazionali e regionali - che alimenta una sostanziale sfiducia negli esiti prodotti dall’applicazione delle norme sui rapporti tra densità edificatorie e spazi pubblici.
La riduzione dello spazio pubblico per abitante (realmente “inedificato”, cioè non pertinenziale ad un edificio), si risolve in un’accresciuta pressione antropica, che peggiora la qualità della vita, anche se aumenta la rendita monetaria dei proprietari.
In conclusione, una vera cuccagna per chi vuole costruire in barba ai piani regolatori: una vera disgrazia per quanti il diritto alla casa non l’hanno visto mai!».



Il sindaco Sozzi ha commentato alcuni punti dell’intervento della consigliera Russo, sottolineando come la legge sia sbagliata dal punto di vista metodologico e come in Conferenza Stato-Regioni si fosse riusciti a mettere un freno al governo centralista qual è quello di Berlusconi, nonostante – aggiungo io – i proclami federalisti della Lega. Ha ricordato, poi, come anche forze politiche, oltre a quella citata dal capogruppo di Rifondazione, abbiano lavorato per limitarne gli effetti negativi. Vi è stata insomma una sinergia delle opposizioni nel contrastare la giunta Formigoni. Ha ricordato anche la scelta lungimirante effettuata nella stesura del PGT riguardante le limitazioni che con il provvedimento che il Consiglio andava a votare sarebbero state ulteriormente estese. E ha spiegato i motivi dell’introduzione di quell’1% attraverso un emendamento (il testo agli atti non prevedeva alcuna riduzione degli oneri e del contributo del costo di produzione), quale atto cautelativo perché si voleva essere maggiormente sicuri così facendo che non vi fossero nelle pieghe della normativa possibilità di stravolgimento di una azione comunale che dichiaratamente non vuole incentivare interventi selvaggi sul patrimonio edilizio. Concludeva invitando le minoranze a votare a favore della delibera.
In sede di dichiarazioni di voto il capogruppo di maggioranza De Lazzari esprimeva sinteticamente la motivazione del voto favorevole rifacendosi alla piena condivisione di quanto espresso dal sindaco, mentre la consigliera Rosaria Russo, favorevole alla prima formulazione del testo – che non prevedeva la riduzione seppur minima dell’1% - dichiarava che pur avendo approvato alcuni degli emendamenti proposti dalla maggioranza il suo voto finale sarebbe stato a malincuore contrario perché a suo parere quel simbolico 1% era comunque un compromesso verso una legge regionale che la vedeva assolutamente contraria e che, dunque, riteneva di non sottoscrivere. Ribadiva, perché fosse ben inteso, che la sua, comunque, era una opposizione alla legge 13, e non alla delibera proposta dalla giunta comunale.
La minoranza Brembio che Cambia, per voce del capogruppo Giampietro Tonani sottolineava che secondo il centrodestra la legge 13 “realizza il duplice obiettivo della limitazione del consumo del suolo e della riqualificazione urbana, quindi … costituisce un importante occasione per migliorare la qualità architettonica del nostro paese”. Secondo la minoranza di centrodestra con la sua attuazione “l'Amministrazione locale in primis e poi successivamente i professionisti e gli operatori del settore, dovranno, dunque impegnarsi a realizzare interventi di elevato livello qualitativo mediante una progettazione dettagliata a livello edilizio e paesaggistico”. E aggiungeva: “Partendo dalle origini, i principi ispiratori sono la semplificazione, la sussidiarietà, il rispetto del suolo e, per ultimo, ma non meno importante, si parla di sicurezza degli edifici. Se ben notate, il comune denominatore di questi principi è il rispetto per l'ambiente”, che per il consigliere Tonani “dovrebbe essere il punto focale per concepire il futuro del nostro territorio”. Per Tonani, frase importante, questa legge “ci fa ben sperare in una leggera ripresa della nostra economia locale, attraverso il rilancio dell'edilizia”. La conclusione: “come ben notate, la nostra non è sempre un'opposizione a prescindere, un'opposizione gratuita senza fondamento, ma quando si parla di migliorare la qualità della vita di tutti i nostri cittadini non possiamo far altro che esprimere il nostro voto favorevole".
Insomma a conclusione del dibattimento un voto che, politicamente parlando, doveva presumibilmente essere 9 favorevoli e 3 contrari si è ribaltato in 11 favorevoli ed 1 contrario (Rosaria Russo per la motivazione detta).
Il commento non può che essere questo: il voto rappresenta un successo del sindaco che è riuscito a portare su posizioni del Pd in Regione la minoranza di centrodestra. Se non vi fossero stati quei dubbi che hanno portato - come è stato detto - dopo aver sentito autorevoli pareri, scegliendo – parole del sindaco – il male minore, all’introduzione di quell’1% simbolico, la sinistra si sarebbe unita al centrosinistra nel sostenere una delibera pensata per “limitare gli effetti” della legge 13.
Ogni provvedimento che punta alla salvaguardia del territorio e della struttura urbanistica di vecchia formazione del paese ed i suoi beni architettonici, troverà sempre anche il nostro sostegno.
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Il dramma degli sfollati continua

Ultimatum agli sfollati: chi rifiuta la destinazione verrà abbandonato come già successo a Piazza D'Armi. Drammatica lettera da un campo. «Non deportateci dall'Aquila!».
Rassegna stampa - Liberazione, 16 ottobre 2009.

Questo articolo è stato scritto dalla popolazione del campo Globo, una delle 60 tendopoli ancora aperte, per richiamare l'attenzione di tutti voi lettori per far conoscere una situazione emersa dopo sei mesi trascorsi in tenda. Dopo questo lungo periodo, ci è pervenuta una lettera scritta dal Sindaco e dalla Protezione Civile in cui ci viene comunicata l'imminente chiusura delle tendopoli. Non c'è una data precisa, nei campi le voci girano velocemente, aumentando la nostra insicurezza. Si parla del 20 ottobre come giorno dello smantellamento ma la maggior parte delle voci è certa che avverrà poco più tardi, a fine mese.A seguire, ogni famiglia ospitata ha ricevuto la proposta di una destinazione provvisoria fino alla successiva consegna dei moduli abitativi (le famose case delle "new town", ndr). La graduatoria per l'assegnazione di questi è stata comunicata già da tempo ma molte persone, soprattutto le persone sole, i single, sono state «provvisoriamente» escluse per la carenza di alloggi. Qualche settimana fa la Protezione Civile ha ascoltato ogni residente delle tendopoli per conoscere le necessità, lavorative o altre, di ciascuno per poter valutare le problematiche prima di poter decidere la nostra destinazione, come se fossimo degli oggetti da poter spostare da una parte all'altra a loro piacimento.
Dopo il danno, la beffa. Infatti la Protezione Civile ci ha comunicato le destinazioni. Per le persone che avevano avuto la fortuna di rimanere a L'Aquila, la struttura che li avrebbe accolti era dislocata a Campo Felice a ad Ovindoli, ossia zone sciistiche, lontane dai 30 ai 40 km dalla città, dove già ieri notte è comparsa la prima neve. Altre destinazioni proposte sono state: Sulmona, Avezzano, Rocca di Mezzo, Tagliacozzo, tutte nel raggio di oltre 50 km, Giulianova, Silvi Marina e altre zone di mare ancora più distanti e collegate con difficoltà al capoluogo.
Le persone ospitate nelle varie tendopoli non sono d'accordo perché dopo aver sopportato tanti disagi, le autorità hanno deciso di far tornare in città le persone che dal 6 aprile hanno trascorso mesi in albergo fuori L'Aquila, vivendo una vita certamente diversa dalla nostra, assegnando loro case o alberghi in città e ora vogliono spostare noi sulla Costa.
La scelta di rimanere a L'Aquila, anche in una tenda, è stata dettata da esigenze lavorative, di studio ma anche dal desiderio di non abbandonare la nostra città, già duramente colpita, oltre che dal terremoto e dalle vittime, anche dalla distruzione della città universitaria e la conseguente drastica riduzione di studenti (e quindi dalla perdita economica che ne consegue). A fronte delle proposte fatte, la nostra richiesta è stata quella di lasciare le tendopoli aperte fino alla consegna delle case. La risposta è stata che se non accettiamo le destinazioni, entro fine mese, ci concederanno la possibilità di rimanere nelle tende ma verremo privati dei servizi igienici, di acqua, luce e mensa. La motivazione che ci è stata data per la chiusura delle tendopoli è quella del maltempo che oramai è alle porte, ma noi questa situazione l'abbiamo già vissuta nei mesi di aprile, maggio e giugno in cui a causa delle grandi piogge e grandinate molte tende si sono allagate e crollate eppure nonostante ciò abbiamo resistito.
La nostra richiesta, in definitiva, è concederci la possibilità di rimanere a L'Aquila, in albergo o in tenda, in modo da evitare che le persone che dal 7 aprile hanno ripreso il lavoro - spesso al nero, in condizioni di scarsa sicurezza e malpagate, senza la possibilità di dimostrarlo e perciò senza ottenere punteggio in graduatoria - per cercare comunque di ritrovare la normalità della vita dopo questo disastro, non debbano affrontare con questo spostamento altri disagi, come ad esempio ore di viaggio con le strade gelate o con la neve.
Non dimentichiamo che alcuni nostri concittadini, precedentemente ospitati e degnamente assistiti nella tendopoli di Piazza d'Armi, sono ormai da diverso tempo in condizioni precarie in seguito alla chiusura del campo e abbandonati a loro stessi per aver rifiutato le destinazioni che li avrebbero portati fuori L'Aquila. Vogliamo evitare che tutto questo accada anche a noi.
Ringraziamo il nostro sindaco per non aver mai visitato le varie tendopoli, ad eccezione di quelle di Paganica e Onna, non tenendo conto che altre persone rimaste in vita e chiamate ad affrontare una situazione più grande di loro, vorrebbero tornare a vivere. Speriamo con questa lettera di far comprendere a chi ha il potere di decidere del nostro futuro, anche se breve, che il popolo aquilano ha bisogno di rimanere unito e non di essere diviso.
Ringraziamo il direttore di Liberazione per aver accettato di pubblicare il nostro articolo. Per ultimo vogliamo ringraziare tutte le persone che hanno reso questo periodo della nostra vita meno tragico alleviando le sofferenze intorno a noi. Ringraziamo il Reggimento San Marco, la Marina Militare, l'Esercito Italiano, gli Alpini, i Volontari, l'Avis e anche tutti coloro che hanno contribuito con una donazione economica alla ricostruzione dell'Aquila e del nostro futuro.
T.P., studentessa, 26 anni


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Il Comune fa resistenza

Limitati a Brembio i potenziali danni del "piano casa" del centrodestra.




Il consiglio comunale di ieri sera si incentrava sostanzialmente su un punto, gli adempimenti comunali relativi alla legge regionale 13/2009, meglio nota come “piano casa regionale”. L’articolo è dedicato a questo argomento. In altri articoli daremo conto del dibattito e dello svolgimento della serata consiliare.
Come è noto, la Regione Lombardia, in seguito agli accordi della conferenza Stato-Regioni, ha emanato in luglio la legge 13 “Azioni straordinarie per lo sviluppo e la qualificazione del patrimonio edilizio ed urbanistico della Lombardia”. La norma regionale detta disposizioni che riguardano unicamente edifici già esistenti al 31 marzo 2005. La tipologia di interventi sul patrimonio edilizio che la legge contempla e permette, per quanto riguarda il patrimonio esistente, è definita da due articoli: nell’articolo 2, riguardo l’utilizzo del patrimonio esistente, consente il recupero di volumi inutilizzati ai fini residenziali distinguendo tra edifici esterni al centro storico e alle aree agricole ed edifici nelle aree agricole; all’articolo 5, concede la possibilità di ampliamento e sostituzione di edifici esistenti. In quest’ultimo caso permette l’ampliamento di edifici residenziali minori, distinguendo tra edifici uni-bifamiliari ed edifici plurifamiliari fino a 1.200 mc; e la sostituzione integrale, anche con maggiori volumi, di edifici esistenti, distinta tra edifici esterni al centro storico residenziali e non residenziali interni al centro storico e in zone produttive secondarie. La legge fissa comunque dei vincoli temporali: gli interventi possono essere attivati dopo il 16 ottobre 2009 e fino al 14 aprile 2011.
La legge affida ai Comuni i compiti di individuare le aree a specifica destinazione produttiva secondaria; di determinare l’eventuale riduzione degli oneri di urbanizzazione e dei costi di costruzione, caratterizzando tali riduzioni eventualmente in base alle tipologie, alle modalità o al soggetto che beneficia della legge; di individuare le parti del territorio da escludere dall’applicazione della legge.
Per quanto riguarda l’individuazione delle aree contemplate dalla legge, l’ufficio tecnico aveva messo agli atti una cartina del centro abitato che evidenziava sia le aree residenziali del centro antico che quelle a destinazione produttiva secondaria. Nella relazione a corredo della delibera il responsabile dell’area Gestione del Territorio geom. Spagliardi evidenziava come le aree produttive nel nostro comune siano limitate e ben delimitate, essendo concentrate in zona Garibaldino e in Via della Crocetta. L’area del Garibaldino per dimensione e tipologia è esclusa dalla definizione stabilita dalla legge di “area produttiva secondaria”, non così quella di Via della Crocetta. Inoltre nella relazione viene evidenziato che sul territorio comunale esistono altre piccole realtà che rientrano nella definizione della legge.
La relazione evidenzia come il PGT, il Piano di Governo del Territorio adottato dal Comune abbia individuato e delimitato il centro storico di Brembio, costituito da costruzioni che hanno caratteristiche costruttive tipiche della nostra zona piuttosto che elementi architettonici di rilievo, e determinato le tipologie di intervento possibili. Il Piano individua specificatamente una serie di edifici all’interno del centro storico che hanno peculiarità di spicco e li evidenzia per una loro salvaguardia. Inoltre esistono alcune costruzioni, che pur non facendo parte del centro storico, per una serie di motivazioni specifiche, hanno caratteristiche di pregio e come tali degne di salvaguardia. A questi edifici la relazione propone di estendere il vincolo di salvaguardia già previsto per quelli che il PGT ha indicato come facenti parte del centro storico.
Per quanto riguarda infine la possibilità di riduzione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e del contributo sul costo di costruzione per gli interventi, come previsto dalla legge 13, la relazione tecnica propone, stante la loro contenuta quantificazione, di non apportare nessuna variazione in nessuna delle tipologie permesse e qualora al contrario il Consiglio propendesse comunque per una riduzione, il documento suggerisce una percentuale “simbolica”.
La giunta comunale aveva predisposto in atti originariamente una prima bozza di deliberazione, alla quale sono stati portati in consiglio alcuni emendamenti, frutto secondo quanto ha detto il sindaco, responsabile anche della delega all’Urbanistica, di un successivo ulteriore approfondimento del dettato della legge regionale. A parte una correzione dettata dal buon senso relativa alla garanzia di un adeguato standard per parcheggi pubblici nel caso si proceda alla completa sostituzione di edifici esistenti, la delibera finale prevede in conseguenza delle modifiche che le disposizioni speciali introdotte dalla legge non si applichino nella porzione di territorio che il PGT individua come “nucleo di antica formazione”, precisando che in tale nucleo sono compresi anche i “nuclei rurali di antica formazione” e i singoli edifici che non sono inseriti dal PGT nel centro storico, ma che per le loro caratteristiche storico-architettoniche sono stati assoggettati a particolare tipologia di intervento. Inoltre tra le altre disposizioni la delibera demanda al Responsabile dell’area Gestione del Territorio il monitoraggio dei provvedimenti in attuazione della legge. Infine la questione controversa della riduzione di oneri e costi: in delibera viene prevista una riduzione simbolica dell’1%.
In sostanza la maggioranza ha inteso dimostrare la propria coerenza con l’azione messa in atto dalle opposizioni in Regione di contrasto e di limitazione degli effetti urbanisticamente negativi insiti nella legge che il centrodestra regionale ha voluto e che va in negativo ben oltre quanto concordato in positivo in sede di Conferenza Stato-Regioni. Ha voluto inoltre salvaguardare le scelte contenute nel PGT adottato ma non ancora approvato di conservazione del tessuto storico del centro abitato e del suo territorio. Lasciamo ad altro articolo di riportare alcuni aspetti del dibattito. Qui diciamo che la delibera è stata approvata con undici voti favorevoli ed uno contrario. Un voto che di per sé “fa notizia”.
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Quella telefonata malandrina

Fra i telespettatori alcuni parlano di 'bufala' ma tutto sarebbe nato da un fraintendimento.
Ad 'Annozero' il giallo della telefonata di Berlusconi. Il premier smentisce.
Il conduttore durante la puntata di ieri sera annuncia l'intervento di Berlusconi da Sofia che poi però non arriva.
Dalle Agenzie - Adnkronos/Ign, 16 ottobre 2009.

"Colpo di scena, indovinate chi ha chiamato? Chi è che chiede di intervenire... naturalmente al telefono?" Attimi di grande suspance ieri sera durante la puntata di 'Annozero': il conduttore Michele Santoro infatti verso la fine del programma ha annunciato una telefonata in diretta del premier Silvio Berlusconi. Una telefonata che però non è mai arrivata. E ora fra i telespettatori c'è chi grida alla 'bufala' per far crescere l'audience, anche se in realtà potrebbe trattarsi semplicemente di un fraintendimento. Certamente molto 'utile' comunque a mantenere alta fino alla fine l'attenzione del pubblico da casa.
Da Sofia arriva intanto la smentita dello stesso premier. "Non ho fatto nessuna telefonata, mi spendo in telefonate piu' divertenti" ha detto Berlusconi dalla Bulgaria. Ambienti vicini al premier confermano però che l'intenzione di intervenire c'era.
Il vicedirettore di RaiDue Massimo Lavatore spiega che tutto sarebbe nato da un fraintendimento da parte del conduttore. "C'era la possibilità di un intervento, e ho fatto allertare Santoro ma il 'Berlusconi potrebbe intervenire' è diventato, in assoluta buona fede da parte di Michele, 'Berlusconi vorrebbe intervenire'".
Santoro dal canto suo dà la sua ricostruzioni dei fatti. "Mentre ero in diretta mi è arrivato un biglietto con scritto 'Liofredi (direttore di Raidue, ndr.) fa sapere che Berlusconi vorrebbe intervenire'. Visto che in passato mi sono espresso spesso contro le telefonate improvvise in diretta, l'ho interpretata un po' come una richiesta di ok. E quindi ho detto simpaticamente che ci avrebbe fatto molto piacere e che eravamo pronti. Poi abbiamo dovuto far parlare Stefania Ariosto, il cui intervento in collegamento era molto in ritardo sulla scaletta. E fra l'altro - assicura Santoro - volevo evitare sovrapposizioni che avrebbero potuto mettere in imbarazzo l'una o l'altro''.
''Poi, quando mi sono accorto che eravamo al finale e nessuno mi diceva che Berlusconi era in linea, ho detto scherzosamente che eravamo pronti anche a riuscire dai camerini se fosse arrivata la telefonata sui titoli di coda. In seguito mi è stato spiegato che in realtà quel 'vorrebbe' intervenire scritto dalla mia redazione, nella comunicazione giunta dal direttore di RaiDue era un 'potrebbe' intervenire. Ma non mi sembra un cosa molto diversa. Comunque - conclude Santoro - noi speriamo sempre di averlo ospite in studio".

Il mito del bagnasciuga

Se la Nato ci dichiara guerra.
Rassegna stampa - Europa, Editoriale della direzione, 16 ottobre 2009.

Dell’ultima brutta storia afgana (fonti militari Nato che raccontano al Times come gli italiani pagassero le milizie talebane per tenerle buone, e come questa circostanza tenuta segreta abbia causato, al passaggio di consegne, un’imboscata ai danni dei francesi costata dieci morti) siamo disposti ad accettare la versione indignata offerta dal ministro La Russa: nessuna autorità italiana ha mai fatto una cosa del genere, il Times ne risponderà in tribunale.
In alternativa siamo anche disposti ad accettare – più verosimilmente – che una pratica del genere faccia parte dell’approccio di tutte le forze d’occupazione o di interposizione, laddove si alternano operazioni puramente militari, intelligence di vario tipo e collaborazione con le popolazioni civili o con alcuni fra i gruppi ostili.
Come hanno fatto gli inglesi a Bassora, o i francesi in Libano e in Africa. E va messo nel conto che possa capitare che i beneficiari di simili trattamenti tradiscano i patti, o cerchino di imporli con la forza o con il ricatto ad altri interlocutori.
Infine, ci sono sicuramente autorità francesi interessate a sminuire la responsabilità di chi mandò i paracadutisti di marina di Castres in missione a Saroubi dotati solo di armi leggere.
Detto questo, il danno che l’inchiesta di Times arreca all’Italia (meglio: vuole arrecare all’Italia) rimane enorme, qualsiasi cosa La Russa dica e faccia. I media francesi riprendono massicciamente la notizia. L’effetto, a Londra e a Parigi, è quello che ci si può aspettare da chi già storicamente disprezza le virtù militari italiane, e ora può sommare quest’ultimo discredito al devastante giudizio morale e politico sull’Italia di Berlusconi (senza stare a sottilizzare che l’eventuale appeasement coi talebani sarebbe avvenuto già sotto Prodi).
Gli italiani in Afghanistan non meritano questo, senza discussione.
Ma la generosità delle fonti del Times ci avverte di un salto di qualità: chi ce l’ha con Berlusconi non è più Rupert Murdoch. Non solo lui, non solo gli editori come lui, e non solo i corrispondenti che copiano Repubblica. A forza di trescare con russi e libici, davvero ci siamo messi contro i governi del mondo libero. Anche stavolta li fermeremo sul bagnasciuga?
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In visita alla centrale a biogas

Con questo resoconto di Angelo Bergomi della visita effettuata ieri mattina al cantiere dove è in costruzione la centrale a biogas realizzata dalla partnership BremBio Energie, la società fondata da alcuni nostri agricoltori guidata dai fratelli Andena, e la società trevigiana Bioelettra, iniziamo la pubblicazione di alcuni articoli sull'argomento che mette Brembio all'avanguardia nella Regione sul problema del trattamento dei reflui da allevamenti. La visita è stata utilissima per ricavare una conoscenza sul campo della consistenza, entità e validità del progetto che si sta sviluppando, che cercheremo di divulgare attraverso questo strumento, anche per offrire alla nostra cittadinanza dati concreti e non "dei si dice".
La Redazione

Visita guidata all’impianto di Brembio.

Bucando la polvere alzata da un camion che ci precede, giungiamo con la nostra autovettura percorrendo una strada sterrata resa piena di buche dal continuo passaggio di questi mezzi, all’ingresso della costruenda centrale a biogas. L’impatto è notevole! Percorrendo la provinciale che da Brembio porta a Ossago, non si riesce a percepire la vastità di questo insediamento. Ad attenderci il sig. Paolo Andena, che gentilmente aveva accettato la nostra richiesta di alcuni giorni fa, di una visita a quel luogo nella convinzione di scambiare quattro chiacchiere esplicative e la possibilità di eseguire qualche foto. Invece, oltre al sig. Paolo Andena, abbiamo incontrato due tecnici che ci aspettavano e ci hanno accolto e accompagnandoci nella visita, presentando l’opera e rispondendo alle nostre domande. Va premesso che il luogo è tutto un cantiere dove, grossomodo stanno lavorando una quindicina di persone con diverse turnazioni tra muratori, carpentieri, saldatori, operai di macchine di movimento terra, tubisti, ecc, ecc.



La nostra attenzione è stata catalizzata da alcune costruzioni di ferro a base tonda, di diverse altezze e dimensioni. Queste sono le vasche di miscelazione delle deiezioni degli animali con il foraggio per essere trattati, purificati e per produrre biogas e compost maturo. Saranno collegate tra loro da grandi tubazioni atte a favorire il passaggio di queste sostanze. Alcune decine di metri più in là sono posate le trincee per la raccolta del foraggio in cemento armato. Lunghe, grandi, alte, da perderci l’occhio. Tutte allineate tali da sembrare un corpo unico. Alcune già con il foraggio già stivato e compresso, trinciato di mais e mais, che si sta approntando per il prossimo utilizzo dell’entrata in funzione dell’impianto; le altre in attesa di quello nuovo della prossima stagione primaverile, e le ultime per la raccolta del compost maturo. Altre fondamenta daranno il via a breve, tempo permettendo,a nuove costruzioni per completare la catena di gestione dei reflui.


Mentre proseguiamo, sono elencate alcune forme di sicurezza che saranno messe in atto, come l’assenza di cavi elettrici nelle immediate vicinanze della produzione di gas, materiali che non generano scintille in caso di sfregamento, valvole per evitare un aumento di pressione del gas, ecc, ecc, per la garanzia dell’impianto e delle maestranze; curando anche la non pericolosità delle emissioni da combustione e il ricupero e il trattamento delle acque piovane. Un fagiano, che corre via da una catasta di pali di legno per nascondersi, attira la nostra attenzione. Ci è illustrato che sono pali di castagno trattati in autoclave per resistere nel tempo e alle intemperie che serviranno per la recinzione; per attutire l’impatto ambientale e uniformarsi alla campagna circostante. È prevista anche una piantumazione autoctona di arbusti e piante. Con alcuni dati relativi anche ad altre esperienze sulla produzione di energia e sulla possibilità di un teleriscaldamento, di un ricupero e utilizzo di una parte dei rifiuti urbani, giungiamo al punto di partenza; mentre una pala gommata, spiana il campo dall’altro lato del complesso. È l’inizio della costruzione della serra che produrrà ortaggi. La diversità della colorazione del terreno, e la posizione più rialzata rispetto alla zona serra, ci induce a chiedere spiegazioni. Trattandosi di terreno alluvionale composto maggiormente di argilla, con le piogge si è verificato un problema di affondamento di mezzi per il trasporto dei materiali; per cui è stato necessario, per proseguire i lavori, portale del materiale ghiaioso per transitare. Certo, ci è spiegato, che quello che abbiamo visto è solo l’intelaiatura di una struttura che sta prendendo forma e che sarà approntata, tempo permettendo, per la prossima primavera. Ovviamente cambierà completamente aspetto.


Un piccolo accenno è stato fatto sul perché di questo insediamento: la direttiva sui nitrati. Da qui, la necessità per le aziende agricole, di adeguarsi alla normativa, procedendo per diverse linee; una delle quali è questa. La scelta di procedere in un investimento a carattere ecologico, che risolvesse il problema nitrati, durasse nel tempo, e produttivo; in modo da contenere le spese e diversificare gli interessi imprenditoriali.
È il momento dei ringraziamenti e dei saluti. Ci è stato formulato l’invito di un ritorno tra qualche tempo, quando il cantiere sarà più avanti nei lavori per avere un quadro d’insieme più completo. Proposta che accettiamo volentieri. Un sentito grazie lo rivolgiamo ai tecnici che con le loro spiegazioni ci hanno cortesemente accompagnato e illustrato il complesso; e al sig. Paolo Andena che gentilmente ci ha permesso e concesso di compiere questa visita.


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Si vogliono riportare i lavoratori al medioevo

Un golpe sindacale.
Rassegna stampa - Liberazione, Giorgio Cremaschi, 16 ottobre 2009.

Tecnicamente è un golpe. Come definire diversamente, infatti, la violazione brutale delle più elementari regole di democrazia con la sopraffazione della maggioranza da parte della minoranza? Fim e Uilm da sole rappresentano a malapena un terzo dei metalmeccanici. La Fiom da sola ha raccolto, tra iscritti e voti, un consenso tra il 55 e il 60% della categoria. Nel 2008 è stato firmato un contratto nazionale che prevedeva la durata della parte normativa fino alla fine del 2010. Eppure Fim e Uilm hanno unilateralmente disdettato il contratto in vigore, per applicare il nuovo sistema derivante dall'accordo, anch'esso separato, del 15 aprile. Nella sostanza Fim e Uilm hanno preteso di cambiare le regole del gioco nel corso della partita, senza il consenso dei giocatori più importanti e senza verificare con tutti se si era d'accordo. La Fiom ha semplicemente rivendicato il proprio buon diritto a rinnovare il contratto sulla base delle regole ancora in vigore.
Ma nessun golpe riesce da parte di una minoranza, se dietro di essa non c'è un potere forte che la adopera e sostiene per i propri fini. Non sono i sindacati che fanno gli accordi separati, ma i padroni. La Federmeccanica, dopo due rinnovi separati, aveva deciso per due volte di seguito di fare intese unitarie. Ora ha di nuovo cambiato idea. Perché? Sono gli stessi contenuti dell'accordo che lo chiariscono.
Fim e Uilm hanno infatti accettato di svalutare il valore del lavoro dei metalmeccanici attraverso la riduzione del salario del nazionale. L'aumento è ridicolo e offensivo, 15 euro netti per un operaio di terzo livello per tutto il 2010. La durata triennale non è accompagnata da alcuna garanzia rispetto all'inflazione, mentre si abbandona una conquista storica dei vecchi contratti, la rivalutazione del valore punto. Tale conquista, che aveva migliorato il sistema del 23 luglio, faceva sì che ad ogni rinnovo contrattuale si trattasse su una base più alta del rinnovo precedente. Ora, cancellato questo meccanismo, ci si predispone ad un andamento opposto: cioè che ogni contratto dia meno soldi di quello prima. A tutto questo si aggiunge la piena accettazione dell'intesa confederale separata del 15 aprile 2009. Quella che dà il via alle deroghe al contratto nazionale, che riduce le libertà di contrattazione e i diritti individuali.
Già ora il testo firmato parla di conciliazione e arbitrato e limita l'autonomia di contrattazione in fabbrica.
A lla faccia di chi sosteneva che bisognava fare meno contratto nazionale per avere più accordi aziendali. Fim, Uilm e Federmeccanica, per non sbagliarsi, limitano tutti e due.
La Fiom ha chiesto il blocco dei licenziamenti e della chiusura delle fabbriche. Fim, Uilm e Federmeccanica hanno trovato una soluzione della crisi più lungimirante: l'istituzione di un ente bilaterale che raccoglierà fondi con la promessa di dare, tra tre anni, qualche contributo a qualche lavoratore particolarmente disagiato. Una risposta diffusa e tempestiva, quando centinaia di migliaia di lavoratori rischiano ora il salario e il posto. Ma l'importante è istituire un nuovo carrozzone, con il quale alimentare la collaborazione tra sindacato e imprese.
Potremmo andare avanti nello scoprire piccole e grandi porcherie nell'accordo, dal part-time selvaggio al peggioramento dei diritti per i contratti a termine, ma la sostanza è sempre quella. La Federmeccanica e la Confindustria hanno deciso di svalutare il lavoro passando per la complicità - direbbe il ministro Sacconi - di Fim e Uilm. Pensano di farcela, anche se sanno benissimo che in un referendum normale la grande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori travolgerebbe il loro accordo sotto una valanga di no. Pensano di farcela perché danno per scontato che nella società e nella politica italiana sia oramai un luogo comune accettato da tutti che i lavoratori siano cittadini di serie B, per i quali non valgono le regole della democrazia. Si può fare un golpe contro un contratto e la democrazia sindacale e presentare il tutto come un'evoluzione delle relazioni industriali.
La rivoluzione francese cominciò perché il sovrano faceva votare per "stati" e non per persone. Così aristocrazia e clero, pur essendo una ristretta minoranza, vincevano sempre contro il popolo, che aveva un solo voto contro i loro due. Oggi si vorrebbe far votare i contratti per sindacati. Si conta la somma delle sigle e si dice "qui c'è la maggioranza". Anche se la grande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori sta da un'altra parte. I francesi fecero la rivoluzione perché non accettavano quel sistema medievale di decisioni. Oggi è al medioevo che si vogliono riportare i lavoratori. E non solo loro.
La determinazione della Fiom e una sacrosanta ribellione dei lavoratori e dell'opinione pubblica fermerà questa deriva.
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«Vivere il parco del Brembiolo»

Parco del Brembiolo, via libera alla seconda fase.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 16 ottobre 2009.

Prenderà il via a giorni la seconda fase del progetto per valorizzare ulteriormente il Parco locale di interesse sovracomunale del Brembiolo. Il progetto, denominato “Vivere il parco Brembiolo” è stato presentato dal comune di Casalpusterlengo, ente capofila che con i comuni di Brembio, Somaglia e Fombio forma il comitato di gestione del parco bassaiolo. Un parco che ha ottenuto il riconoscimento regionale e che si sviluppa lungo il percorso territoriale bagnato dalle acque del Brembiolo che si forma ad Ossago e dopo aver attraversato i centri abitati di Brembio, Zorlesco e Casalpusterlengo, tocca i territori comunali di Codogno e Somaglia, ed in comune di Fombio sfocia nella Mortizza, antico alveo del Lambro. La seconda fase prevede il collegamento con le attuali piste ciclabili lungo le sponde da viale Scotti al centro città partendo da via Quartieri a servizio quindi del nuovo ampio quartiere residenziale che stà nascendo in direzione di Borasca per un importo di 35mila euro. Il progetto prevedeva anche la edificazione di quattro punti di sosta, ognuno di circa 24 metri quadrati, dotati di panchine in legno per il riposo e bacheche informative, e la realizzazione di due aree per la pesca sportiva realizzando due veri e propri pontili, con assi e pali di sostegno in legno, sfruttando le alte rive del Brembiolo nel tratto comunale casalese, ma con ogni probabilità a causa dei costi sarà rinviato e sostituito con l’installazione di panchine e bacheche informative. Il primo intervento effettuato invece riguardava la piantumazione della zona naturalizzata boschiva a Zorlesco, limitrofa al centro sportivo municipale di via Vistarini. Sempre per restare in tema del Plis segnaliamo che il comune di Casale ha assegnato l’incarico alla ditta Francesco Bignami di Zorlesco per la sostituzione di circa 20 metri di staccionata in legno lungo la pista ciclabile nel centro urbano per un importo di 1300 euro. Nel contempo desta qualche perplessità la scelta del comune di Casalpusterlengo di farsi rappresentare nel consiglio direttivo del Plis del Brembiolo dall’architetto Stefano Bernardelli di Codogno, considerando sia i molti candidati casalesi al ruolo che il fatto che il comune di Codogno non sia mai entrato ufficialmente a far parte del Parco.
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