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lunedì 13 luglio 2009

“Anche Obama ne ha avviate 4”

Usare Obama come le barzellette del premier sembra essere diventata l’arma dialettica preferita del governo di centrodestra, qui Scajola: è il messia d’oggi per la sinistra, o no?, e, dunque, come contestare un ipse dixit o un ipse fecit? Per favore… Con l’approvazione del ddl “Sviluppo” è tornato centrale il dibattito sul nucleare. Se ne parla sui media, parliamone anche qui, nel nostro piccolo di paese denuclearizzato per Statuto comunale. In questo primo post sono ripresi alcuni articoli di stampa che focalizzano il problema.


Molti Comuni hanno dato la disponibilità a ospitare nuove centrali.
Il piano. L’avvio dei lavori entro la fine della legislatura. Il centrosinistra: follia. il governo: un affare per il Paese.
L’Italia tornerà all’energia nucleare.
Il voto al Senato.
Rassegna stampa – Articolo di Giovanna Cavalli sul Corriere della Sera di venerdì 10 luglio.

L’Italia si riaccende di energia nucleare. Torneranno le centrali, questo prevede il ddl sviluppo che giovedì scorso il Senato ha convertito in legge con 154 voti a favore, uno contrario e un astenuto. L’opposizione è uscita dall’aula.
(…)
Il rilancio del nucleare, assicura il ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola «sarà un affare per il Paese e uno ancora più grosso per i territori». L’opposizione lo accusa di «ritorno alla preistoria» (Legambiente) e di «follia ambientale ed economica» (Francescato, SI), ma il rappresentante del governo tira dritto: «Non possiamo farci influenzare dalle paure. Finalmente passiamo da misure di emergenza anti-crisi a riforme strutturali».
Il piano è questo: «Classificheremo i siti per sicurezza e collocazione ideale. Poi su questa mappatura sarà il mercato a decidere, l’approccio sarà di confronto e condivisione». I candidati, assicura, non mancheranno. «Abbiamo la disponibilità di enti locali ad accogliere le centrali». Posa della prima pietra entro fine legislatura. «Nel mondo sono 500, una trentina a 150 km dai nostri confini, anche Obama ne ha avviate 4, non credo che il popolo italiano sia più fesso del resto del mondo». il Paese approderà dunque a questo mix elettrico: 50% fonti fossili (oggi 83%), 25 rinnovabili (sono 18), più un 25 di nucleare. «Finora abbiamo pagato l’energia elettrica il 30% in più degli altri europei», calcola Scajola. Contento l’ad dell’Enel, Fulvio Conti: «Scelta storica, è un’opportunità strategica, faremo la nostra parte».
«È una legge di svolta, contro la politica dei no che ci ha reso dipendenti dalle importazioni di gas e petrolio», commenta Maurizio Gasparri. «Guardiamo al futuro», aggiunge Federico Bricolo, Lega Nord. «Facciamo un salto all’indietro di 20 anni con il nucleare insicuro, antieconomico e inquinante» ribatte Roberto della Seta del Pd. Negativo anche Antonio Di Pietro: «Questa è una bomba ad orologeria per la salute dei cittadini». Una «strada sbagliata» per Vasco Errani, presidente della conferenza delle Regioni. «Scelta autoritaria, la Puglia resterà verde», promette il governatore Nichi Vendola.
(…)

Da La Repubblica di sabato 11 luglio.
Si allarga la disponibilità alle centrali. Il Pirellone: ma non è un sì preventivo.
Nucleare, la Lombardia apre, le Regioni vogliono garanzie.

Il giorno dopo l’approvazione del ddl Sviluppo è quello delle conferme. Con i governatori di Veneto e Sicilia che hanno espresso la disponibilità (e le condizioni) a discutere con il governo sulla possibile costruzione di centrali nucleari sul proprio territorio. Ma anche la Lombardia potrebbe aprire un confronto con l’esecutivo sul tema senza, però, un sì preventivo.
(…)
Sul fronte Lombardia, dalla Regione ricordano come il presidente Roberto Formigoni abbia approvato la scelta di governo di riaprire il dossier sul nucleare. La posizione, ribadita nelle ultime settimane, è di disponibilità a sedersi al tavolo per discuterne ma con la necessità di valutare insieme eventualità, tempi e luoghi in cui procedere. Ma va considerato che in Regione è stato raggiunto l’equilibrio tra domanda e offerta di energia.

Da Il Sole 24 Ore di sabato 11 luglio, articolo di Federico Rendina.
Nucleare subito al test scorie.
Entro l’anno il governo dovrà risolvere la gestione dei rifiuti accumulati.

Occhio ai siti dove piazzare le nuove centrali atomiche italiane. Con tutti i problemi del caso. Amplificati, come da molti temuto, dalla marcia indietro delle due sole amministrazioni regionali che avevano espresso la disponibilità a favorire il rinascimento dell’atomo elettrico italiano. Sia Giancarlo Galan (Veneto) che Raffaele Lombardo (Sicilia) confermano la nuova e più prudente linea strategica. Il Veneto ne parlerà solo dopo una dettagliata anamnesi tecnico-scientifica e la Sicilia si appellerà in ogni caso ad un referendum popolare. Come a dire: tempi lunghissimi anche nelle due regioni disponibili semplicemente a parlarne.
Ma ecco emergere un ostacolo ancora più duro per l’esito del rinascimento atomico promesso con la legge “sviluppo” varata giovedì 9: la gestione delle scorie già prodotte dalla nostra attività nucleare. Anche questo tema dovrebbe essere chiarito – dispone la legge delega appena approvata – entri i sei mesi nei quali il governo dovrà definire i criteri per costruire le centrali sul territorio e possibilmente anche le prime bandierine da piazzare sulla carta geografica.
Le scorie imbarazzano davvero. Anche perché ne abbiamo in proporzioni tutt’altro che trascurabili: quelle ereditate dall’attività nucleare sospesa dopo il referendum del 1987, quale frutto dello smantellamento delle nostre quattro vecchie centrali atomiche di Trino, Caorso, Latina e Garigliano e quelle (che da sole non costituirebbero un gran problema) prodotte dalla normale attività medica e scientifica del paese.
Bene. Anzi male. Perché l’Italia, come stranoto, non riesce neanche a gestire le scorie che comunque ha. Ci dovrebbe pensare innanzitutto la Sogin, creata nel 1999 e paralizzata per lunghi anni da un doppio problema, interno ed esterno. Quello interno riguardava la sua gestione, considerata sciagurata da tutti gli osservatori ufficiali e ufficiosi: gli analisti, le commissioni parlamentari, la Corte dei Conti, l’Authority per l’energia.
Sulla macchina inefficiente, clientelare e mangiasoldi della Sogin si è detto, negli anni, di tutto. Per sintetizzare: fino al 2006 la Sogin ha speso il 38% del suo budget di gestione per svolgere solo il 6% delle sue attività programmate e imposte. Piccola, ma largamente insufficiente giustificazione: il paese, inteso come classe politica che il paese lo amministra, non è riuscito a risolvere il problema principale, ovvero l’individuazione dei criteri tecnici e logistici per immagazzinare, trattare e possibilmente “disattivare” le scorie nucleari.
Ed ecco che l’Italia, paese che rinunciato al nucleare 22 anni fa e vorrebbe ricominciare ad usarlo, si ritrova tutt’oggi con la bellezza di 55mila metri cubi di scorie radioattive prodotte dalle sue vecchie centrali, a cui si aggiungono 25mila metri cubi di detriti parimenti pericolosi prodotti dal loro smantellamento. Ci sono poi 500 tonnellate l’anno di rifiuti prodotti dall’attività medica e scientifica. Per non parlare di qualche tonnellata di scorie tra le più pericolose, parcheggiate (a caro prezzo) in Francia e in Inghilterra per un loro parziale riprocessamento ma con l’impegno di riprendercele entro una decina di anni.
Un’eredità imbarazzante, vecchia e nuova. A gestirla un po’ meglio ci abbiamo provato più volte, con clamorosi passi falsi, come quello dell’individuazione, era il 2003, del sito geologico di Scanzano Ionico: invece di seppellire in eterno le scorie il progetto è stato prontamente seppellito dalle critiche dei molti esperti e dal no a furor di popolo. Ora ci si riproverà – dice il Governo – con uno o più siti di superficie. Intanto le nostre scorie galleggiano alla bene e meglio nei siti dove erano prodotte quando eravamo nucleari: nelle vecchie centrali e nei centri di ricerca e stoccaggio ad esse collegate.
Nel frattempo, dal 2007, la sgangherata macchina della Sogin ha preso improvvisamente vigore, sotto la guida dell’ex dirigente dell’Enel Massimo Romano, nonostante la mancanza di una vera rotta sulla gestione definitiva dei rifiuti. il rapporto tra spesa e attività svolta si è invertito: l’anno scorso si è chiuso con attività di decommissioning per 46,6 milioni di euro a fronte di spese di funzionamento ridotte a 31,8 milioni.
Peccato che la Sogin abbia proprio ora il destino segnato. Il Ddl “sviluppo” ne decreta lo smembramento e dunque la scomparsa, per conferire la crema delle attività ad una nuova società pubblico-privata che in nome del rinascimento nucleare dovrebbe mettere insieme i suoi migliori operatori con le imprese nucleari italiane capeggiate, si dice, da Ansaldo Energia. Se questa sia effettivamente la soluzione migliore il dibattito è aperto. Sta di fatto che lo smantellamento di quel che aveva cominciato finalmente a funzionare rappresenta un’ulteriore incognita in una sfida già difficilissima.

La campagna e la sua storia sono il nostro patrimonio

Riporto una lettera di Osvaldo Folli, tratta dalla rubrica “Lettere & Opinioni” del quotidiano Il Cittadino di venerdì scorso, perché la ritengo un utile contributo alla nostra riflessione sul territorio che ci circonda, in cui viviamo la nostra quotidianità. E forse è proprio la banalizzazione della nostra quotidianità a non farci scorgere il patrimonio naturale che stiamo pian piano distruggendo, nel tentativo di recuperare risorse che, certo, fanno comodo in tempi di vacche magre, ma hanno comunque un prezzo.
Anche una strada è un’opera d’arte da difendere con i denti.

La massima ambizione di molti amministratori locali sembra essere quella di raddrizzare le strade. Sognano un Lodigiano attraversato da superstrade e vie di comunicazione a tre corsie, diritte come fusi, ove le macchine e i tir possano lanciarsi a folle velocità. Poi, ma soltanto poi, nascerà l’esigenza di fare le rotatorie per rallentarle. L’ultima “folle” proposta riguarda la strada provinciale 124, quel ramo d’asfalto che parte da Cadilana, attraversa Corte Palasio e termina ad Abbadia Cerreto. Così, per l’ennesima volta, una fascinosa stradina che si dipana fra distese di mais e mute testimonianze storiche di rara bellezza, seguendo ondulazioni naturali del terreno e i tortuosi giri dei corsi d’acqua, è destinata presto a mutare la sua fisionomia. In nome della modernità e di una pretesa maggiore sicurezza, questo antico percorso ove si respira una magica atmosfera, sarà presto cancellato e sostituito da un anonimo stradone con tanto di orribile guard-rail metallico. Dicono che così si eviteranno incidenti. A nessuno è venuto in mente che, forse, la colpa di questi non sta nella conformazione della strada ma nelle (in)capacità di molti piloti della domenica, emuli di Schumacher, che hanno sempre fretta.
La storia recente di questo nostro martoriato Lodigiano sembra non aver insegnato nulla. Impedire questo nuovo scempio, allora, non significa rifiutare la modernità, ma riconoscere che anche una strada può essere un’opera d’arte che vale la pena di difendere con i denti. Questo nastro d’asfalto sottile e poetico, che solo percorrendolo a piedi o in bici riesci pienamente a gustare, non ha solo il compito di collegare alcuni minuscoli borghi, ma anche quello di dare un senso ai luoghi che unisce. Non è un caso che i nostri avi abbiano costruito questa strada proprio in questo modo serpeggiante perché sono lungo strade come queste, ricche di fascino e storia, che crescevano i luoghi di attrazione culturale e religiosa di un tempo, che ora si sono trasformati in mete turistiche di sorprendente interesse. Non facciamo lo stesso errore del tratto provinciale fra Borghetto Lodigiano e i Casoni con curve raddrizzate solo per permettere di correre più velocemente. Fortunatamente, il confermato sindaco di Abbadia Cerreto, Adriano Cucchi, sembra avere le idee chiare in proposito e chiede solo una riqualificazione della strada, con allargamenti limitati in alcuni punti critici e piazzole d’interscambio ben intervallate. Un po’ come fatto, molto saggiamente, nel comune di Livraga per il tratto stradale che collega il capoluogo alla frazione Ca’ de’ Mazzi, salvando un altro percorso storico da sicura rovina. È pacifico, allora, che al sindaco Cucchi, vada tutto il nostro appoggio affinché tenga duro e non ceda ai ricatti.

Fin qui la lettera. Noi abbiamo almeno tre strade di un certo interesse cui si dovrebbe prestare maggiore attenzione. La prima è la provinciale che da Ossago porta a Brembio, la cosiddetta “strada panoramica”, per fortuna protetta dalla provincia, che andrebbe valorizzata anche dal Comune come ambito paesaggistico, incentivando gli agricoltori a seguire l’esempio nella piantumazione di Italo Ceruti della Cascina Dossi. Anche il traffico andrebbe in qualche modo limitato, ma dovrebbe pensarci la Provincia. Quando nel 1970 sono venuti a stabilirmi a Brembio, la strada aveva un fascino particolare, sia verso Ossago con la presenza della Cascina Palazzo, sia verso Brembio, che tuttavia nel tempo ha in parte perso.

Delle altre due strade una è quella che porta a Mairago, oltrepassando il Brembiolo e passando vicino alla Cascina Bellaria e al Polenzone. Una strada forse salvata dal PGT se l’estensione del Plis del Brembiolo sarà attuata, ma che comunque è destinata a perdere subito fuori l’abitato parte della sua attuale caratteristica.



La terza è la strada che porta a Ca’ de Folli, che un tempo (anni Settanta) godeva di una roggia Filippa alberata fino quasi a Ca’ de Tacchini. La strada oggi è vissuta da molti brembiesi che la usano come luogo di passeggiata a piedi o in bicicletta fino alla chiesetta, dove ci si può riposare all’ombra, o di jogging, sfruttando il fatto che il traffico automobilistico è insignificante. La strada come si sa si biforca dopo la cascina e porta a Livraga. È uno dei percorsi che dovrebbero essere di particolare attenzione da parte del Comune e che andrebbe valorizzato proprio in funzione del tempo libero.


Le foto dell'articolo sono state scattate nell'agosto del 2005.

I beneficiati dalla Provincia nel 2008

Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 118 del 7 aprile 2000 riporta il Regolamento per la semplificazione del procedimento per la disciplina degli albi dei beneficiari di provvidenze di natura economica, redatto a norma dell’art. 20, comma 8, della legge 15 marzo, n. 59. La normativa prevede che anche le Amministrazioni provinciali italiane redigano l'Albo dei soggetti beneficiari di contributi, sovvenzioni, crediti, sussidi e benefici di natura economica relativi ad ogni esercizio finanziario.
Nel caso della nostra Provincia, l'Albo dei Beneficiari dei contributi viene esposto per 30 giorni all'Albo pretorio dell'Ente (sede di Via Fanfulla 14, Lodi), e poi conservato a disposizione di chiunque lo voglia consultare presso l'U.R.P. (sede di Via Fanfulla 14) per tutto l'anno in corso. L'Albo viene spedito, come richiesto dalle disposizioni legislative, all'apposito Ufficio costituito presso il Dipartimento per la Funzione Pubblica a Roma. Inoltre, i dati riportati nell'Albo, relativi all'esercizio finanziario appena concluso, si possono consultare anche per via telematica presso il sito della Provincia.
Oggi, su Il Cittadino, Greta Boni e Carlo Catena fanno una rapida carrellata sull'Albo in un articolo, citando le cifre più importanti o interessanti, dai 69mila euro alla Provincia di Cremona ai 55mila per il Wwf e ai 29mila per il Comune di Santo Stefano, fino agli aiuti ai disabili. In coda all'articolo una nostra aggiunta riguardante i contributi stanziati in favore di Brembio.
Dalla Provincia “piove” più di un milione.
Ecco i contributi a 400 tra privati, scuole e associazioni nel 2008.
Rassegna stampa.

Più di un milione di euro di contributi sparsi sul territorio. La Provincia di Lodi, nel corso del 2008, ha sborsato 1.279.578,94 euro per finanziare circa quattrocento tra associazioni, scuole, enti o singole persone. Il file con l’elenco di tutte le cifre è stato pubblicato sul sito ufficiale, all’indirizzo www.provincia.lodi.it, sotto la voce “Albo contributi 2008”. La legge, infatti, prevede che ogni amministrazione compili l’elenco delle sovvenzioni e dei sussidi distribuiti, per poi inviare il documento negli uffici del ministro per la Funzione pubblica, Renato Brunetta.
I numeri fanno ancora riferimento alla giunta guidata da Lino Osvaldo Felissari e sono suddivisi in base alle disposizioni di legge o ai regolamenti che hanno portato all’erogazione dell’importo. Le sovvenzioni più “pesanti” sono tre: 55mila euro che sulla base di una delibera di giunta regionale sono finite al Wwf Italia, 20mila euro destinati con delibera di giunta provinciale all’Associazione di riferimento per l’educazione ambientale (Area), a cui poi si sono sommati altri 42mila per Area-Crea (Centro regionale di educazione ambientale), e infine 69.750 euro per la Provincia di Cremona.
Sotto la voce “regolamento provinciale” si trovano sovvenzioni e crediti per un totale di 222mila e 290 euro; in questo caso, i contributi sono fra i più disparati, perché distribuiti fra enti locali e associazioni. Il comune che ha ottenuto i maggiori benefici è Santo Stefano Lodigiano, le casse del municipio hanno ricevuto prima 11 e poi 18mila euro. Più basso l’importo arrivato alle altre amministrazioni, per esempio a Sant’Angelo sono arrivati 7mila euro, a Lodi Vecchio e Castiraga Vidardo 5mila, mentre per alcuni paesi la cifra si aggirava sui 2mila.
Inoltre, 10mila euro sono stati destinati alla diocesi di Lodi, 6mila alla Cattedrale, 5mila alla Fondazione comunitaria della provincia di Lodi e 8mila all’Istituto tecnico Volta. Difficilmente le spese superano i 5mila euro di contributo, una somma andata alla Nuova atletica Fanfulla lodigiana, Ciclodi-Fiab e Lega italiana per la lotta ai tumori hanno ottenuto 2mila euro, così come la Federazione italiana ricetrasmissioni; l’associazione Africa chiama ne ha invece “spuntati” 4mila.
Una pioggia di sovvenzioni fa parte poi del “regolamento provinciale ai sensi della legge 241/90”, dove spiccano i 25mila euro all’associazione Donne&Donne di Sant’Angelo e i 10mila euro per Musicarte.
Per quanto riguarda il bando provinciale sui contributi internazionali 2008, sono stati stanziati quasi 60mila euro. La somma più cospicua, pari a 8mila euro, è stata destinata all’associazione Agape onlus, al gruppo Africa chiama e all’associazione Lavoratori credenti. Il capitolo dedicato alla convenzione per gli istituti scolastici ammonta a circa 158mila euro, il Bassi e il Maffeo Vegio di Lodi hanno avuto la meglio, con cifre pari a 28 e 25mila euro. Una serie di voci, all’interno del file, fanno riferimento ad alcune leggi regionali. Nel caso della legge regionale 11/98 sono stati spesi 17.200 euro. La fetta più importante è finita alla Strada dei vini di San Colombano e dei sapori lodigiani (9mila euro), 2.500 euro sono invece andati al settore agricolo, 2.700 all’Istituto della Resistenza e 2mila alla Cisl di Lodi. Nel caso della legge regionale 26/93, invece, si tratta di 62.876 euro che hanno finanziato gli ambiti territoriali di caccia e i piani faunistici del territorio. C’è poi la legge regionale 9/93, 75.471 euro distribuiti fra comuni, associazioni, musei e pro loco, a cui se ne aggiungono altre due (la norma 81/85 e la 1/08), ovvero fondi destinati ai comuni oppure, ancora una volta, alle associazioni.
Infine, nel 2008 sono stati utilizzati 74.875 euro per finanziare persone fisiche attraverso dei bandi, spesso per aiutare chi è in difficoltà; si tratta di 74 persone, fra cui 20 disabili.

I contributi provinciali per Brembio sono stati i seguenti.
Il Comune di Brembio ha beneficiato dei seguenti importi: 1.800,00 + 10.000,00 + 5.000,00 sulla base del Regolamento provinciale, più ancora 795.00 sulla base della L.R. 81/85, per un totale di 17.595,00 euro.
L'U.S. Acli Brembio ha beneficiato di 300,00 euro.
Tra le persone fisiche la sola brembiese a beneficiarne sulla base di un bando provinciale è stata Bignamini Giulia per un importo di 517,00 euro.