FATTI E PAROLE

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giovedì 6 agosto 2009

Chiasso e fracasso

L’attenzione delle forze politiche codognesi nei confronti dei cittadini.

Il Comune di Codogno, con molto senso civico, accoglie il desiderio di tranquillità dei cittadini e regola i livelli sonori di ogni festa. È di questi giorni la notizia, accolta con soddisfazione dalla popolazione, che esecutivo e opposizione di comune accordo, hanno accolto le istanze dei Codognesi di regolamentare il volume sonoro di ogni manifestazione, nell’ambito cittadino, nel rispetto di una civile convivenza; a fronte d’intemperanze verificatesi per musica ad alto volume e quant’altro, fino a notte inoltrata.
Nella stesura della normativa, le forze politiche, hanno tenuto in considerazione la voglia di tranquillità della cittadina, pur considerando legittimo il divertimento, ponendo limiti, vincoli e sanzioni quali: il volume sonoro, l’orario della manifestazione, la posizione della festa in seno alla cittadina, la possibilità di revoca, e la possibilità di non concedere l’autorizzazione a soggetti già sanzionati. Tutto questo nell’ottica preventiva. Onde evitare interventi sanzionatori e salvaguardare la tranquilla vivibilità della comunità. Non c’è che dire! Un bell’atto politico d’attenzione condivisa, dalle forze consiliari, nei confronti dei cittadini.
Questo mi riporta a due miei interventi, passati senza essere osservati, sul blog “Insieme per Brembio” dove evidenziavo il desiderio di una parte dei cittadini ad un po’ d’attenzione, ad un volume acustico più consono, nello svolgimento di una festa da poco conclusa. Il mio invito, forte di quest’atto di democrazia condivisa dai rappresentanti consiliari di Codogno, si rivolge ora più che mai all’esecutivo Brembiese e alle due componenti dell’opposizione, perché si facciano carico di un atto di civiltà regolamentando, nel prossimo futuro, ogni manifestazione anche dal lato acustico.

Ferrovie di Lombardia. Così si aumenterà l'inefficienza

L’Ufficio stampa di Legambiente Lombardia interviene oggi con un comunicato stampa nelle pagine di “Lettere & Opinioni” de Il Cittadino.
Pendolari. Non serve una nuova società.
Rassegna stampa.

“Chi va con lo zoppo in genere impara a zoppicare”. Così Legambiente alla notizia che Trenitalia e Fnm formeranno un’unica società. E il precedente c’è già: le Ferrovie Nord Milano e Trenitalia già da alcuni anni hanno costituito una Società Temporanea d’Impresa per gestire insieme la linea più importante della Lombardia: la Varese Gallarate Milano Pioltello (S5). E nonostante su questa linea vengano utilizzati i nuovissimi e costosi treni Tsr, i pendolari continuano ad essere scontenti per i disservizi dovuti alle soppressioni, alle riduzioni della lunghezza dei treni e ai ritardi. Inoltre, nel mese di luglio, le Ferrovie dello Stato, sui 1500 km di rete lombarda che gestisce, hanno soppresso oltre 900 treni pendolari (una media di 30 treni al giorno), e per ben 200 volte i convogli, per completare la loro corsa, hanno dovuto essere soccorsi da un locomotore di riserva.
“Questi sono dati da precollasso gestionale dichiara Damiano Di Simine, presidente di Legambiente
Lombardia , per rilanciare il servizio non serve una nuova società, occorrono nuovi treni pendolari, e quindi le risorse e il personale, necessari a farli circolare e ad assicurarne la manutenzione.
Con i soli soldi stanziati per la inutile Brebemi, 1,6 miliardi, si potrebbero infatti comprare 540 nuovi treni pendolari. Formigoni e Tremonti conclude Di Simine sperano di risolvere i gravi problemi di un settore inefficiente e monopolista come quello ferroviario aumentando la concentrazione monopolista invece che facilitando l’accesso alla rete di nuovi operatori.
Abolire la concorrenza per 12 anni e suddividere le competenze tra Regione e Stato porterà a nuova conflittualità e inefficienza”.

Il rischio di diventare terra di nessuno

Ma il comune decide di andare avanti lo stesso.
Telecamere private dopo lo stop alle pattuglie.
Rassegna stampa - Il Cittadino di oggi.

Brembio - Brembio rimane senza i soldi per il pattugliamento, ma è a buon punto il progetto per la videosorveglianza nei luoghi pubblici condotto insieme a una società di vigilanza privata. Potrebbe diventare realtà in autunno un complesso sistema di videosorveglianza e controllo in remoto che permetterà di tenere sempre gli occhi aperti sui principali luoghi pubblici, le piazze cittadine, il centro sportivo, la piazzola ecologica. Al sistema di videosorveglianza sarà collegato un allarme diretto con la società privata e con le forze dell’ordine.
«È un progetto al quale stiamo lavorando da tempo, e che potrebbe concretizzarsi in autunno - spiegano il sindaco Giuseppe Sozzi e il consigliere delegato alla sicurezza Francesco Marazzi -. Insieme ai pattugliamenti serali avrebbe costituito un pacchetto per la sicurezza completo, capace di rispondere a tutti i bisogni».
Il piano condotto insieme al privato, infatti, prevede anche il servizio di sorveglianza degli edifici pubblici e l’istituzione di un’assicurazione, pagata dal comune, per gli over 65 contro i danni da effrazione e furto.
«In pratica, si tratta di un’assicurazione che permetterà agli anziani oltre i 65 anni di ripagarsi delle spese di sistemazione per i danni causati da eventuali furti o comunque per le effrazioni - spiegano gli amministratori -. Stiamo cercando di costruire un piano che faccia prevenzione, che sia deterrente nei confronti dei malintenzionati e che possa alleviare almeno le conseguenze sgradevoli dal punto di vista umano per le eventuali vittime».
Il progetto punta a rendere Brembio sempre più sicura, ma l’amministrazione lancia anche un appello ai livelli sovracomunali del territorio. «C’è il pericolo di una trasmigrazione di malintenzionati e criminali, che girano al largo dai paesi che prendono provvedimenti più forti e magari si buttano sulle realtà più piccole e che fanno più fatica a difendersi. I comuni più piccoli devono ragionare insieme sulla sicurezza, proprio per evitare che la salvezza di uno sia la rovina di un altro».

Il "progetto sicurezza" finisce nel cestino

Andrea Bagatta su Il Cittadino di oggi ci informa che il Comitato provinciale ha deciso di non finanziare i pattugliamenti e che il sindaco Sozzi ora chiede nuovi criteri di scelta.
Brembio rinuncia al “progetto sicurezza”.
Polemica dopo che la prefettura ha bocciato gli straordinari dei vigili.
Rassegna stampa.

Brembio - «Non c’è nessuna volontà di contrapposizione con altre istituzioni, ma è chiaro che per il futuro bisogna registrare il sistema dei finanziamenti sulle reali esigenze territoriali»: è questa la ferma presa di posizione del sindaco di Brembio Giuseppe Sozzi dopo che il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica ha bocciato il progetto per i pattugliamenti serali. Il progetto “Brembio sicura” prevedeva di ottenere 6.400 euro di finanziamento ministeriale a copertura delle spese per i pattugliamenti serali da compiersi insieme a comandi di polizia locale di altri paesi, come già fatto in passato. Il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, di cui fanno parte il prefetto, i vertici provinciali delle forze di polizia e dei carabinieri e l’assessore provinciale delegato, aveva però contestato il progetto, ritenendo che potessero accedere ai finanziamenti solo piani per il potenziamento della videosorveglianza. E così l’amministrazione di Brembio, per cortesia istituzionale e per evitare di andare a uno scontro diretto con la prefettura, ha preferito ritirare la candidatura del proprio progetto. «È stata data un’interpretazione restrittiva del bando, mentre il parere dei nostri uffici è che sia possibile estendere il finanziamento ad altri progetti di sicurezza, tra cui anche i pattugliamenti serali. Ma alla fine non è questo il punto, e non voglio fare alcuna polemica - dice il sindaco di Brembio -. Il problema è che tutti dicono di volere la sicurezza e tutti si riempiono la bocca di autonomia territoriale e federalismo, ma poi si costruiscono percorsi di finanziamento che non tengono conto delle reali esigenze dei territori e sono fatti a tavolino, spesso a Roma».
Per il futuro, dunque, la richiesta del sindaco è quella che tutti facciano il possibile per costruire una sicurezza condivisa sul territorio e rispettosa delle esigenze periferiche. «Spero che in futuro si faccia uno sforzo ancora maggiore da parte di tutti - spiega Sozzi -. Ogni paese ha caratteristiche diverse e costruisce piani per la sicurezza sulla base delle proprie esigenze. Noi per la videosorveglianza abbiamo già preso altre strade, e il finanziamento ci sarebbe servito per fare arrivare agenti per pattugliare il territorio. Abbiamo un solo vigile, e non possiamo aumentare l’organico perché questo governo, come i precedenti, ce lo impedisce per il patto di stabilità: senza quei fondi, probabilmente quest’anno i pattugliamenti non si faranno e dovremo rivedere l’intera strategia di controllo. Se i bisogni territoriali fossero vagliati prima dell’indizione dei bandi, probabilmente si farebbe una politica per la sicurezza più vicina alla gente».

Anche i manager ospedalieri non scherzano

Il direttore generale sfonda il muro dei 155mila euro lordi all’anno, domani pubblicheremo l’elenco di tutti i 361 dirigenti.
Stipendi d’oro per i manager ospedalieri.
Resi noti anche i compensi di capi dipartimento, primari e medici.

Rassegna stampa - Cristina Vercellone, Il Cittadino di oggi.

Sfiora i 155 mila euro lo stipendio annuo lordo del direttore generale dell’Azienda ospedaliera Giuseppe Rossi. Alla cifra, ora dichiarata, secondo il decreto sulla trasparenza, anche sul sito della stessa azienda, però, si aggiunge la retribuzione di risultato. Cioè l‘incentivo che la regione Lombardia assegna ai suoi manager a seconda del grado di soddisfazione raggiunto e del “voto” finale aggiudicato. Stipendi alti anche per il direttore sanitario Franco Pavesi e quello amministrativo Agostino Cardana: la cifra si avvicina ai 124 mila euro. Anche in questo caso, allo stipendio base, al termine dell’anno viene quantificato un incentivo economico determinato in base agli obiettivi aziendali di interesse regionale e comunque fino a un massimo del 20 per cento del trattamento economico annuale lordo omnicomprensivo. Subito sotto i tre big si collocano i direttori sanitari di presidio; quello di Lodi è Angela Bocconi: il suo stipendio è di oltre 94 mila 756 euro. Per Bernocchi Paolo, invece, che oltre ad essere direttore del presidio di Casale è responsabile della fisiatria di Codogno la retribuzione sale a 101 mila 221 euro. È di 109 mila 548 euro, invece, la retribuzione di Ettore Cunietti, direttore sanitario del presidio di Sant’Angelo e responsabile del nuovo dipartimento di cure intermedie. Per quanto riguarda proprio i capidipartimento, tra i più retribuiti c’è Mario Orlandi (127 mila 927 euro), responsabile dell’area medica, da una vita all’ospedale di Lodi e che ha quasi raggiunto l’età della pensione. Stesso stipendio (127 mila 949 euro) anche per Giuseppe Rivolta, responsabile del dipartimento di urgenza ed emergenza e risk manager; Eligio Gatti, invece, che oltre a essere responsabile della salute mentale è in forza alla direzione strategica, guadagna 123 mila 374 euro; di 119 mila 800 euro è lo stipendio di Carlo Galli, responsabile del dipartimento dei servizi, di 119 mila 100 euro quello di Mario Di Mario, responsabile del dipartimento materno infantile e di 115 mila e 55 euro quello di Giovanni Ucci, responsabile del dipartimento oncologico, nel Lodigiano da circa un anno. Non pubblicata, invece, la retribuzione di Angelo Argenteri, docente universitario, responsabile del dipartimento chirurgico e primario della chirurgia vascolare, in quanto assunto dall’Azienda ospedaliera in convenzione con l’ateneo pavese. Molti anche gli stipendi dell’ospedale che, in base all’anzianità dei medici, superano gli 80 mila euro anche se non si tratta di primari o capidipartimento.

Una fabbrica che ha dato lavoro a tanti lodigiani

Un altro giorno di duri scontri.
Rassegna stampa - Il Cittadino di oggi.

“Giù le mani dalla Innse” recita lo striscione sul muro della fabbrica che ha dato lavoro a tanti lodigiani. Giù le mani dalla storica officina madrina della Lambretta che adesso vogliono smantellare. Quella di ieri è stata un’altra giornata di lotta davanti ai cancelli di via Rubattino. I quattro operai che sono saliti sul carro ponte restano lì. Il proprietario della fabbrica Silvano Genta, ieri ha detto di essere «vittima dei lavoratori delle Rsu e delle istituzioni». «Noi non scherziamo - hanno replicato i lavoratori dall’interno della fabbrica -, andiamo avanti». Dalla loro parte si è schierato anche il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti: «Diamogli la fabbrica - ha detto -. Se non si trova un imprenditore che se ne faccia carico, non mi sembra male l'idea di dare la Innse agli operai». «Io sono una vittima della Rsu e delle istituzioni, in particolare della provincia», ha spiegato, invece, Genta nel corso di una conferenza stampa in un albergo, presidiato dalle forze dell'ordine all'esterno e da un servizio di security privata all'interno. Genta, assistito dal suo legale, l'avvocato Giambattista Lomartire, ha raccontato la sua versione: «Ad acquistare l'azienda nel 2006 mi convinse la promessa di tutti che era un sito produttivo e funzionante». Non era così, a detta dell'imprenditore, perché alcune macchine non erano funzionanti e una parte degli operai non era qualificata e andava riconvertita. Secondo Genta, «la provincia e la Rsu si impegnarono per iscritto a delocalizzare la fabbrica, a trasferirla in un altro sito nella stessa area, ma poi tradirono quell'impegno. In particolare, la Rsu pronunciò solo no e niet e la provincia non diede sostegno e io ho perso in due anni 5 milioni di euro». Il legale dell'imprenditore ha bollato poi come «bufale» le notizie che parlano di imprenditori disposti a rilevare l'azienda. Genta ha detto «no alla sospensione dei lavori di smontaggio dei 7 macchinari venduti, perché c'é un decreto del tribunale da eseguire».
L’imprenditore ha infine affermato di essere «disponibile all'apertura di un tavolo tecnico, con persone serie, tecnici del sindacato e non con le Rsu». Sul piatto ha messo la discussione su un eventuale compratore che acquisti i restanti macchinari e la posizione dei 49 operai: «25 potrebbero andare in pensione, 13 essere collocati in aziende di miei conoscenti e 11 ricollocati in altre società, grazie all'intervento dell'amministrazione provinciale». Di «dichiarazioni farneticanti» da parte di Genta ha parlato il segretario nazionale della Fiom Giorgio Cremaschi. «Le commesse di lavoro c’erano, anche dall’estero», dicono gli operai. Smantellare la Innse significa dire addio al simbolo della Milano produttiva.

«Uno Stato dei padroni difeso dai politici»

Ivana Castagnone su Il Cittadino di oggi ci parla del gruppo di operai è asserragliato per protesta all’interno dell’azienda di Lambrate: Non si dorme e le zanzare ci massacrano».
Lodigiano guida la protesta della Innse.
Massimo Merlo è da tre giorni sulla gru: «Difendo il mio lavoro».
Rassegna stampa.

Stanco, accaldato e preso d’assalto dalle zanzare. Da due giorni vive arrampicato su una gru, all’interno dell’officina, a 20 metri di altezza, per difendere il posto di lavoro. Suo e degli altri 48 compagni della Innse, la ex Innocenti di Milano Lambrate. Massimo Merlo, 53 anni, di Lodi, insieme a Vincenzo, Luigi, Fabio e Roberto, rappresentante della Fiom, è salito sul carro ponte nella fabbrica di via Rubattino, per fermare lo smantellamento delle macchine avviato dal torinese Silvano Genta. Quest’ultimo, che ha acquistato la fabbrica per 700 mila euro, due anni fa, quando era in amministrazione controllata, impegnandosi a mantenere l’attività produttiva, ora ha già venduto 7 delle 30 macchine utensili per 2 milioni e mezzo. «Entrare dentro era l’unico mezzo che avevamo a disposizione - racconta al telefono Massimo, che è anche rappresentante delle Rsu, insieme a Vincenzo e da 32 anni lavora alla Innse -. Se Genta avesse continuato a smontare nessuno avrebbe più potuto comprare la fabbrica. Sarebbe stata una scatola vuota. Abbiamo deciso martedì mattina, alle 11. Non potevamo più restare fuori sapendo che dentro smantellavano tutto. Nello stesso tempo non avevamo la forza per sfondare i 450 uomini delle forze dell’ordine, così abbiamo deciso che sarebbe entrato solo un gruppetto. Era anche un modo per dimostrare che in qualsiasi momento possiamo fare ingresso nella nostra fabbrica e poi dare uno scossone a quelli che dovrebbero difenderci. In questo momento non possono essere i sindacati che risolvono la situazione, sono i politici che devono farlo».
Ma non avevate paura che vi succedesse qualcosa?
«Lo fai sapendo i rischi che corri, se no sei un matto».
Come avete fatto a dormire lì stanotte, sulla gru?
«Abbiamo dormicchiato, seduti, con le gambe allungate».
Non avevate paura di cadere?
«Ci sono le protezioni»
Avete mangiato?
«Sì, ci hanno portato da bere e da mangiare. La Digos ci conosce e sa che manteniamo le promesse. Abbiamo detto agli agenti che di notte gli altri non sarebbero entrati dentro. Così anche loro stavano più tranquilli. I nostri compagni del presidio ci hanno preparato i sacchetti con il cibo e poi lo abbiamo tirato su con le corde. Non ci hanno fatto mancare niente».
E quando dovete andare in bagno?
«Usiamo le bottiglie dell’acqua. Facciamo come facevano i gruisti che non scendevano mai, per il resto non so come faremo...».
Cosa avete provato quando siete entrati in fabbrica?
«Abbiamo visto che ci stavano smontando le macchine e abbiamo provato tanta rabbia. Abbiamo chiesto che quelle persone uscissero se no sarebbe successo di tutto e la Digos li ha fatti uscire».
Ora siete stanchi?
«Un po’ sì, e anche nervosi».
Cosa spiegherà lei ai suoi figli, che ha dovuto compiere un gesto così perché lei e gli altri volete solo lavorare?
«Gli spiegherò come funziona questo Stato, che non è uno Stato di diritto, ma uno Stato dei padroni difeso dai politici. La nostra dovrebbe essere una Repubblica fondata sul lavoro, ma non sembra proprio. Il diritto al lavoro non esiste».
Volete essere di esempio agli altri operai?
«No assolutamente. Se poi qualcuno, può prendere qualcosa dalla nostra esperienza per migliorare la sua lotta, tanto meglio. Anche noi commettiamo degli sbagli».
Si sente un eroe?
«Proprio no. Io e i miei compagni stiamo difendendo il nostro posto di lavoro».
Il vostro gesto ha anche un altro significato?
«La Innse non è figlia della crisi. Con la nostra lotta vogliamo far capire che senza produzione il mercato chiuderà».
Secondo te le crisi delle aziende lodigiane, dalla Polenghi in giù, avrebbero potuto essere gestite diversamente?
«Certo, difendendo i mezzi produttivi e non lasciandoseli portare via e sottoscrivendo accordi come quelli firmati alla Unilever. Lo smantellamento inizia con un reparto e poi normalmente continua con gli altri. Guardi noi, eravamo in 2000, siamo rimasti in 50».
In questi mesi, oltre a presidiare l’azienda avete coltivato la cultura della lotta operaia.
«Quando abbiamo iniziato l’autogestione, i primi ad arrivare sono stati quelli dei centri sociali di Milano, la Panetteria occupata e il Baraonda. Hanno chiesto se avevamo bisogno di aiuto. Poi si è creato un collegamento con le officine di Bellinzona che ci hanno invitato al festival di Locarno alla presentazione di un documentario sulla loro occupazione. Abbiamo girato la Germania, la Francia e la Svizzera tedesca e francese a raccontare la storia della Innse. All’inizio eravamo più conosciuti all’estero che in Italia. Anche in questi giorni stanno manifestando a Zurigo e a Basilea dove hanno tentato di entrare nel consolato italiano per difenderci. E qua fuori, oggi, ci sono tante persone a sostenerci».
L’area fa gola all’Expo?
«C’era un progetto immobiliare con la vecchia proprietà dell’area; ora la nuova Aedes è disposta ad affittare o a vendere i capannoni. C’è un’agenzia che conosce bene la Innse e sta trattando la vendita. In 15 giorni ha già trovato un possibile acquirente disponibile a iniziare la trattativa per comprarla, oltre alla Ormis che è sempre in gioco. Magari tra 2 o 3 giorni possono farsi avanti altri interessati».
Perché non comprate voi la fabbrica e l’autogestite?
«Non ci interessa, noi vogliamo un padrone, anche se in tre mesi e mezzo di autogestione, lo scorso anno, abbiamo fatto guadagnare a Genta 180 mila euro. Io non mi metterei mai a controllare il lavoro di un altro».
Avete prodotto presse, laminatoi e tubifici per tutto il mondo.
«Abbiamo fatto anche i pezzi per il ponte di Copenaghen e l’acceleratore del Cern di Ginevra».
Genta ha detto che voi avete firmato un accordo che prevedeva di dismettere in parte l’azienda, costruire un capannone più piccolo, utilizzare parte delle macchine presenti nell’azienda e continuare la produzione.
«Non c’era nessun accordo sullo spostamento delle macchine e sullo spostamento dell’area. Nel momento in cui Genta avesse voluto sostituire una macchina avrebbe dovuto farlo in accordo con le Rsu e comunque sostituirla con un’altra della stessa capacità».
E adesso cosa farete?
«Rimarremo ancora qua su, anche stanotte, fino a quando non si arriva ad un accordo accettabile, non ci assicurano che le macchine non si smantellano, ma si proseguono le trattative di vendita».

La centrale è già una realtà

Greta Boni su Il Cittadino di oggi ci racconta che a Bertonico è già iniziato il monitoraggio della qualità dell’aria: il rapporto nelle mani dell’Arpa.
Centrale, avanti a passo spedito.
Sorgenia consegna ai comuni la relazione sull’attività del cantiere.

Rassegna stampa.

Bertonico - La progettazione della centrale è arrivata al 90 per cento, tutti i materiali e i componenti sono arrivati a destinazione e il cantiere sta portando avanti sia le opere civili, giunte ormai al 55 per cento, e ai montaggi elettromeccanici, arrivati invece al 12 per cento.
Le informazioni sono contenute nella relazione sullo stato di realizzazione dell’opera che Sorgenia ha inviato ai comuni interessati. Ancora una volta, il colosso dell’energia che sta costruendo l’impianto nell’area ex Gulf ha sottolineato che la centrale entrerà in funzione nel secondo semestre del 2010.
I lavori per la costruzione del metanodotto sono partiti nel novembre dello scorso anno, entro settembre dovrebbe essere completato per poi passare al collaudo. Per quanto riguarda, invece, i lavori per la realizzazione della stazione elettrica e dei raccordi, Terna si è messa all’opera a marzo, l’intervento si concluderà nei primi mesi del 2010.
La società Romana Costruzioni Spa si sta occupando della costruzione del gasdotto di collegamento alla rete di distribuzione Snam rete Gas, nel tratto Cortemaggiore-Ripalta. Il gasdotto avrà una lunghezza di circa 6,4 chilometri.Nel documento si legge che Sorgenia ha già concordato con gli enti competenti - Arpa, Provincia di Lodi e comuni di Bertoni e Turano - il piano di monitoraggio per la qualità dell’aria, uno degli aspetto che maggiormente preoccupa il territorio lodigiano. Alla fine dell’anno scorso, Sorgenia ha poi concordato la posizione esatta delle cabine, necessarie per effettuare le rilevazioni. La rete di monitoraggio è già entrata in funzione a febbraio, regolata da un’apposita convenzione che è stata sottoscritta dalle parti lo scorso primo luglio.
La società di De Benedetti dovrà tenere sotto controllo le polveri sottili, che nella Pianura padana sono solite schizzare alle stelle. Lodi è uno dei capoluoghi che nelle statistiche riesce quasi sempre ad aggiudicarsi la maglia nera, a causa dello sforamento del limite consentito per legge. Le rilevazioni, però, sono già iniziate da un anno, più precisamente dal 15 luglio 2008, allo scopo di provare la nuova strumentazione. Un “test” che si concluderà alla fine dell’anno, il 15 dicembre 2009. Con cadenza bisettimanale, Sorgenia fornisce i dati rilevati, oltre a un report dettagliato sulle attività che producono polveri. Inoltre, con cadenza bimestrale, l’Arpa redige un riassunto che viene poi inviato agli enti locali.

Usare l'immigrazione per occultare i propri problemi

Andrea Bagatta su Il Cittadino di oggi ci informa che a Casalpusterlengo il sindaco Flavio Parmesani ha dato agli uffici comunali disposizioni restrittive riguardo alle condizioni di iscrizione all'anagrafe.
Anagrafe più difficile per gli stranieri.
Inaspriti i requisiti per la residenza ai cittadini dei paesi Ue.
Rassegna stampa.

Giro di vite sulle residenze anagrafiche agli stranieri: con un atto d'indirizzo trasmesso agli uffici comunali, il sindaco Flavio Parmesani ha dato disposizioni interpretative restrittive riguardo le condizioni minime necessarie per l'iscrizione in anagrafe a Casale.
Se per gli italiani non ci sono particolari problemi e per gli extracomunitari le condizioni sono facilmente individuabili, a partire dal possesso della carta di soggiorno o della richiesta di rinnovo, l'indirizzo diventa importante per i cittadini stranieri dell'Unione europea, in particolare per i flussi di cittadini dell'est di quei paesi entrati di recente nell'Unione, come Romania o Bulgaria. Il soggiorno per motivi di lavoro comporta per i cittadini dell'Unione l'obbligo di documentare l'attività lavorativa subordinata o autonoma attraverso apposita documentazione, la busta paga o il contratto di lavoro o comunicazioni ufficiali con il centro per l'impiego provinciale o con l'Inps. Inoltre, per alcuni settori lavorativi, i cittadini della Romania e della Bulgaria, arrivati dopo gennaio 2007, devono esibire il nulla osta rilasciato dallo Sportello Unico per l'Immigrazione.
Qualsiasi cittadino dell'Unione che soggiorni in Italia senza svolgere un lavoro, poi, deve dimostrare la disponibilità di risorse economiche sufficienti al soggiorno, per sé e per i propri familiari, eventualmente anche con un'autocertificazione. Per il soggiorno del richiedente e di un familiare è necessario dimostrare di avere risorse per 5.061,68 euro annui, il valore dell'assegno sociale, importo che raddoppia a 10.123,36 euro nel caso di uno o due familiari conviventi e triplica fino a 15.185,04 euro nel caso i familiari siano quattro o più. Sotto questi valori, gli uffici possono negare l'iscrizione all'anagrafe. Inoltre, agli stessi uffici viene chiesto di convalidare o meno la disponibilità di tali cifre dopo un'apposita indagine tesa a verificare anche la provenienza e la liceità della fonte da cui derivano le risorse. Tutti, infine, sono tenuti a dimostrare di possedere un'assicurazione sanitaria o un altro titolo analogo idoneo a coprire le spese sanitarie nel territorio nazionale.
Tutto questo, naturalmente, non vanifica l'accertamento della dimora abituale dove gli stranieri soggiornano e del rispetto delle condizioni igienico-sanitarie minime delle condizioni abitative, compresa la rispondenza con la normativa regionale e comunale del rapporto tra i componenti del nucleo familiare e la superficie dell'immobile.
«Si tratta soltanto di un indirizzo agli uffici che chiarisce quali controlli attivare per concedere l'iscrizione in anagrafe, e risponde ai criteri di legge e al binomio casa e capacità di sostentamento economico - commenta il sindaco Flavio Parmesani -. Con questo atto facilitiamo il lavoro degli uffici mettendo un altro tassello importante per il pieno rispetto delle regole in città».

Contro la dispersione scolastica

Da Palazzo San Cristoforo soldi e progetti per arginare l’addio ai libri.
Guerra all’abbandono della scuola.

Rassegna stampa - Il Giorno di oggi.

Il progetto era nato ai tempi in cui all’assessorato all’Istruzione sedeva Isa Veluti, quando la giunta Provinciale era guidata da Osvaldo Felissari. La Provincia, raccolti i fondi avanzati da diversi progetti finanziati dalla Regione sulla scuola, anziché renderli aveva proposto al Pirellone di farseli ulteriormente assegnare per un nuovo progetto, tutto votato alla riduzione della dispersione scolastica. Oggi, che da quei circa 200mila euro sono avanzati circa 120mila euro, i soldi non andranno sprecati, ma saranno utilizzati per migliorare l’offerta formativa per le scuole e i centri di formazione professionale. La Provincia ha deciso di impiegare questi soldi per rifinanziare l’operazione anti dispersione. Arriva una sorta di «bigino», come lo chiamano a Palazzo San Cristoforo, un catalogo con tutte le offerte per materia e iniziativa, con un bando per tutte le scuole che potranno approfittarne per portare avanti progetti per limitare l’abbandono scolastico. «Una notizia doppiamente importante — commenta l’assessore Claudio Pedrazzini — da una parte perché è sempre spiacevole non approfittare di fondi a disposizione. In questo caso, i contributi sembravano persi e invece la prontezza del Servizio di Formazione Professionale della Provincia ha permesso di recuperarli». In secondo luogo, «gli abbandoni scolastici rivelano una loro incidenza anche a livello sociale e costituiscono un problema. Poter disporre di strumenti in grado di limitare il fenomeno, va a vantaggio dei giovani, ma in seconda battuta di tutta la società».
Il catalogo sarà sul sito della Provincia (www.provincia.lodi.it) da oggi. Che il tema sia di rilievo lo dimostrano i dati del Ministero sugli studenti non ammessi alla classe successiva. Al primo anno delle superiori sono il 21,9% e dal secondo scendono al 15,6%. Un numero che, fra l’altro, si mostra più elevato rispetto alla media registrata nelle altre province lombarde.

Finanziarie "opache" e tassi salati

A caccia di prestiti, fra omissioni sugli interessi reali da pagare e conti appena sotto il livello di usura.
Finanziarie, scarsa trasparenza e tassi alti.

Rassegna stampa - Il Giorno di oggi.

I dati dell’Osservatorio mensile Credito al consumo parlano chiaro: le famiglie italiane continuano a indebitarsi. E il problema riguarda anche Lodi. La gente continua a chiedere prestiti e sono cambiate le tipologie d’indebitamento. Sono diminuiti infatti i prestiti personali e quelli finalizzati all’acquisto di beni di consumo, ma sono in aumento le cessioni del quinto dello stipendio e della pensione, effettuati principalmente dalle finanziare. Le società di questo tipo, che solo a Lodi sono dieci, hanno un ruolo centrale nel business dei prestiti. Ma attenzione. È bastato entrare in tre finanziarie e fingersi a caccia di un prestito per capire come alcune società approfittino della situazione, garantendo sì prestiti, ma a tassi di interesse che superano le medie rilevate dalla Banca d’Italia, o che addirittura sfiorano le soglie dell’usura.
Nella prima finanziaria dove il cronista de «Il Giorno» ha chiesto un prestito da 5mila euro — da rimborsare in 60 mesi — l’agente ha preteso un rimborso mensile di 110 euro, corrispondente a un «Tan» (tasso annuo nominale) dell’11,5%. Ma il tasso medio di Bankitalia è fissato al 9,53%. E non finisce qui. L’agente si è ben guardato dallo specificare a quanto ammontasse il Taeg (tasso annuo effettivo globale), che è il parametro di riferimento che comprende tutte le voci di costo da rimborsare. Perché non è il Tan, bensì il Taeg, che bisogna sempre conoscere e tenere in considerazione. È la cifra che consente di sapere a quanto ammontano tutte le condizioni previste dal contratto: tasso applicato, commissioni di mediazione, assicurazione, spese di notifica, istruttoria e commissioni postali.
Nella seconda finanziaria, alla richiesta di un prestito da 16.000, il mediatore creditizio ha offerto 72 rate mensili da 331,25 euro l’una. Al cliente tocca sborsare 23.850 euro, cioè 7.850 euro in più rispetto ai soldi richiesti. Perché il Tan è dell’11,5% mentre il Taeg sale al 12,62%, superiore di ben tre punti rispetto al tasso medio di Bankitalia. È nell’ultima finanziaria interpellata, però, che è stato chiesto il tasso più alto. Per un prestito di 10.250 euro rimborsabile in 72 mesi, rate da 205,30 euro per un totale di 14.781 euro. Tan al 11,96%, ben più preoccupante il Taeg: 13,68%, sfiorando la soglia d’usura stabilita da Bankitalia del 14,295%.
Ricapitolando, su tre casi, tutti e tre superavano il tasso medio stabilito: nel primo caso non è stato comunicato a quanto ammontava il Taeg e nel terzo, il tasso annuo effettivo globale era appena sotto la soglia dell’usura. Quella soglia sopra la quale i tassi d’interesse con cui sono forniti i prestiti vengono considerati illegali, perché il rimborso è molto difficile se non impossibile.

Anziano prende 12mila euro, ne deve restituire 30.

Lodi — Un caso di usura da parte di una finanziaria è avvenuto nel marzo dell’anno scorso a spese di un pensionato lodigiano che, con la concessione di un quinto della pensione, aveva chiesto un finanziamento di 12.357,46 euro. La rata mensile concessa da una finanziaria era di 252 euro per 120 mesi, il rimborso complessivo era di 30240 euro. Il Tan applicato risultava del 5,60 per cento. Fin qui, tutto bene. Peccato che il Taeg (che è il tasso da guardare, perché comprende tutte le voci di costo, anche quelle “occulte”) imposto dalla finanziaria al povero pensionato fosse del 23,862 per cento. Ben oltre la soglia dell’usura, fissata dalla Banca d’Italia al 15,51 per cento.
La prima regola, quando si chiede un prestito, è quindi quella di chiedere subito il Taeg, e per una maggiore tutela dei propri interessi si può far riferimento al sito dell’Assofin (www.assofin.it), l’associazione delle imprese del credito al consumo, dove è disponibile un calcolatore che stabilisce il Taeg una volta che è stata inserita la somma presa a prestito e il numero e l’importo delle rate da rimborsare.
Un altro caso grave avvenuto a Lodi è quello di un cliente che ha chiesto un finanziamento di 16.342 euro rimborsabili in 120 rate mensili da 250 euro l’una, per un totale di 30.000 euro. Quasi il doppio della cifra richiesta. Anche in questo caso il Tan era basso (4,75%) ma il Taeg era ben più corposo: 10,23%. È da osservare quindi come il Taeg, nonostante fosse al di sotto del tasso medio stabilito da Bankitalia del 12,47%, superasse però di molto il valore del Tan. Ennesima dimostrazione che il tasso annuo effettivo globale è l’unico parametro reale da prendere in considerazione e su cui confrontare le offerte.

Il vincolo? ancora un pio desiderio

Rodolfo Verpelli (Cre): al momento niente stop all’impianto.
«Il vincolo su Senna? Non c’è».
Rassegna stampa - Guido Bandera, Il Giorno di oggi.

«Il vincolo ambientale su Senna Lodigiana e Somaglia? Non esiste ancora». Rodolfo Verpelli, amministratore della Cre, azienda che ha presentato la richiesta per una discarica di inerti sulle sponde del Po, mette i puntini sulle «i» sulla speranza che la Provincia e i Comuni attribuiscono all’ipotesi di sbarrare la strada alla discarica attraverso l’introduzione di un vincolo paesaggistico sul territorio di Senna e Somaglia. La prima cosa che Verpelli chiarisce è che quella approvata nella riunione del 21 luglio, con la firma dell’assessore regionale leghista Davide Boni, non è altro che una proposta. Come dire: c’è un iter amministrativo che tutto è all’inizio. «Certo, nell’allegato al vincolo c’è come criterio escludente quello dell’insediamento di discariche, mentre nel testo regionale che si occupa dell’insediamento di discariche si prevede il no alle discariche, tranne a quelle di inerti. Sono due binari paralleli, che non c’entrano fra loro. Il primo riguarda criteri paesaggistici, il secondo la gestione dei rifiuti. Io non mi occupo specificamente di paesaggio, sono un tecnico della gestione dei rifiuti. È chiaro che se il vincolo dovesse restare quello dell’inizio, la discarica lì non si potrebbe fare». Però la partita è tutt’altro che chiusa. «Il vincolo non c’è ancora — prosegue Verpelli — siamo solo al livello di una proposta da esporre all’albo dei Comuni. Poi, ci saranno i tempi delle osservazioni, 120 giorni, e poi si dovrebbe arrivare a una decisione». E alla fine sceglierà la Regione. Sembra quindi di capire che il testo approvato nella commissione paesaggistica presieduta da Davide Boni, che ha sollevato il tripudio dei leghisti, principali sponsor dell’iniziativa, appoggiata anche da tutte le forze politiche, già durante il precedente mandato.
Ma nel ragionamento di Verpelli, che ovviamente lavora per il via libera al suo impianto di smaltimento rifiuti, c’è anche qualche obiezione nel merito. «C’è qualche contraddizione nella richiesta di vincolo e nelle obiezioni alla nascita della discarica — spiega — da un lato dicono che la discarica non si può fare perché la cava è ancora attiva, come prevede il piano provinciale sulle attività estrattive, dall’altra l’avvio del vincolo impedirebbe alla cava di proseguire l’attività». Verpelli poi non sembra affatto convinto che sull’ipotesi di vincolo, aperta alle osservazioni dei cittadini, non piova qualche critica da parte dei residenti di Senna e Somaglia, titolari di attività in zona. «I limiti non riguarderebbero solo il nostro impianto, ma tutte le attività produttive». Come dire: siamo sicuri che nessuno dirà nulla? L’unica cosa certa è che la partita sulla discarica è stata tutt’altro che chiusa dal primo via libera all’ipotesi di vincolo ambientale.

Sistemi verdi di Lombardia

Nuovi boschi e foreste, 1,7 milioni di Euro alle province.

Su proposta dell'assessore all'Agricoltura, Luca Daniel Ferrazzi, la Giunta regionale ha approvato le disposizioni e i criteri di un nuovo riparto di fondi per il progetto "10.000 ettari di boschi e sistemi verdi multifunzionali": vengono destinati alle Province 1,7 milioni di euro, che si aggiungono ai 12 finora trasferiti dal 2006.
"Si tratta di un ulteriore impulso a questo grande progetto che si sta dimostrando uno degli strumenti più concreti per creare nuovo verde in Lombardia e che si integra perfettamente nello scenario che ci porterà al 2015 con l'Expo", ha detto l'assessore. Il progetto si avvale di precedenti esperienze sviluppate già a partire dagli anni '80 (Parco Nord e Bosco in Città a Milano, Bosco delle Querce a Seveso) che hanno dimostrato la possibilità di avviare nuovi ecosistemi agro-forestali in contesti fortemente antropizzati, anche a valenza ricreativa, permettendo un notevole incremento della biodiversità, la tutela e riqualificazione del paesaggio e l'incremento della qualità della vita.
Il piano prevede la trasformazione di vaste aree di territorio in un nuovo sistema di infrastrutture agroforestali e multifunzionali con valenze ambientali, paesistiche, produttive e culturali, fruibili dalla collettività. I "Sistemi Verdi di Lombardia" prevedono la realizzazione di boschi di pianura, zone umide, siepi e filari, forestazione urbana, coltivazioni arboree, percorsi ciclabili, pedonali ed equestri.
Lo sviluppo della multifunzionalità del territorio rurale apre la strada a nuove opportunità di reddito e occupazione, oltre a una crescita culturale e un sensibile miglioramento della qualità della vita per tutti i cittadini lombardi. Tra i benefici previsti, anche l'assorbimento annuo di 60.000 tonnellate di CO2 e un miglioramento del microclima.
"Lo sviluppo dei sistemi verdi territoriali prosegue con un coinvolgimento sempre più mirato e diretto di privati e agricoltori al fine di stimolare la loro partecipazione all'esecuzione degli interventi e alla relativa gestione, in sintonia con le linee guida della politica agricola comunitaria che chiedono all'imprenditore agricolo anche un ruolo di «custode del territorio» e una maggiore offerta di servizi ambientali", ha detto Ferrazzi. A riguardo entro la fine dell'anno è
prevista l'apertura di un bando regionale.
Il finanziamento ammissibile è di 20.000 euro/ha, aumentato a 30.000 euro/ha, nelle aree peri-urbane con un cofinanziamento minimo del 25%. La superficie minima finanziabile per progetto è pari a 5 ettari mentre quella impermeabilizzata (creazione di strutture e infrastrutture) dovrà essere al massimo del 10% e il relativo finanziamento non potrà superare il 20% dell'importo totale di spesa. La copertura arborea dovrà essere di almeno il 70% dell'area interessata per le tipologie di bosco e sistemi lineari. La densità minima arborea dell'impianto di 1.500 piante per ettaro con utilizzo esclusivo di specie autoctone e con le aree attrezzate con strutture e infrastrutture leggere fruibili al pubblico. A tutela dell'agricoltura, gli interventi non dovranno diminuire la produttività e prevedere un piano di gestione pluriennale garantendo il mantenimento per almeno 30 anni.
Questi i "Sistemi verdi di Lombardia" in numeri: 10.000 ettari, 10 milioni di alberi, 10 metri quadrati di verde in più per ogni cittadino lombardo, 60.000 tonnellate in meno di CO2 per anno, 20% in più di biodiversità.

Un montagna di rifiuti per Cavenago

Discarica di Cavenago: arriva un ampliamento da 1 milione di tonnellate.
Rassegna stampa - Guido Bandera, Il Giorno di ieri.

Il vertice è di ieri. Si tratta della prima conferenza di servizi per la richiesta di allargamento della discarica di Cavenago d’Adda. Un ampliamento inizialmente previsto in 300mila metri cubi, che però potrebbe crescere ulteriormente, consentendo a questo punto di dare più spazio ai rifiuti, anche agli inerti, venendo incontro alle esigenze sollevate dalla Regione, che ha bocciato il piano rifiuti provinciale. Alla riunione, oltre ai tecnici dei settori viabilità e ambiente della Provincia, c’era anche la Regione, con il Parco Adda, il consorzio irriguo della Muzza, il Comune di Cavenago, intervenuti a esaminare la richiesta della Ecoadda, azienda che gestisce il sito di Cavenago.
Problemi grossi non ne sono emersi e Ecoadda si è detta disposta a presentare una richiesta di ampliamento ulteriore di un milione di tonnellate. Nessun problema segnalato da parte dell’ente irriguo, per quanto riguarda la gestione delle acque superficiali. Unico tema da approfondire nello specifico, la gestione delle terre di scavo, legate all’ampliamento del sito di smaltimento rifiuti. Ora, in programma nelle prossime settimane, una ulteriore riunione, con un esame più preciso della proposta della Ecoadda. Non sono emerse comunque grandi obiezioni al piano: tutti sono consapevoli che l’allargamento di Cavenago potrebbe essere una via di mediazione fra la richiesta regionale di nuovi spazi per rifiuti e il no all’impianto di Senna Lodigiana.

Tangenziale di Casale, se ne riparla in autunno

Ne abbiamo già parlato con un articolo tratto da Il Cittadino di ieri; riprendiamo ora sempre di ieri un articolo di Mario Borra su Il Giorno.
Casalpusterlengo, la Provincia fa pressioni sull’Anas: «Entro novembre vertice decisivo». Tangenziale, lotta con la burocrazia.
Rassegna stampa.

Una conferenza di servizi in preparazione di un’altra conferenza di servizi che si terrà presumibilmente in autunno. Quindi il bando di gara con le risorse, si spera, adeguate e soprattutto certe (oltre 90 milioni di euro, stanziati nel piano di investimenti dell’Anas 2007-2011). Ieri pomeriggio si è tenuto un tavolo di confronto sul progetto della variante della via Emilia tra Zorlesco e Casalpusterlengo. Dall’incontro, al quale hanno partecipato Nancy Capezzera, assessore all’urbanistica della Provincia di Lodi, i dirigenti di settore Maurizio Pozzi e Savino Garilli e l’assessore all’urbanistica del comune di Casalpusterlengo, Luca Peviani, è emerso che l’iter del documento progettuale è avanzato, anche se Anas ha fatto le pulci per quanto riguarda le opere di mitigazione e sulla possibilità di insediarle nelle aree da espropriare. Gli interlocutori locali però hanno fatto intendere di avere fretta. «Abbiamo insistito affinché l’ente strade chiarisse subito quali elementi fossero necessari affinché si procedesse con immediatezza ai passi successivi — ha spiegato l’assessore Capezzera — e ci siamo accollati l’impegno di fornire materiale, tra cui gli elaborati grafici, per velocizzare i tempi». In questo modo, già a settembre l’Anas riceverà la documentazione aggiornata ed il progetto potrà essere inoltrato al Ministero delle infrastrutture: quest’ultimo potrà quindi indire la conferenza di servizi che coinvolgerà tutti gli enti preposti e che porterà all’indizione del bando di gara. Si sceglierà la formula dell’appalto integrato cioè l’elaborazione del progetto esecutivo e l’appalto saranno contestuali con ulteriore risparmio di tempo. Nessuno si è sbilanciato sulla data di inizio dei lavori, mentre l’assessore Capezzera ha ribadito che per la prossima conferenza di servizi «non si dovrebbe andare oltre il mese di novembre». Sarà così? Il territorio incrocia le dita sperando che i tempi non si allunghino a dismisura. Infatti per gli amministratori locali, che attendono l’intervento da circa vent’anni, la bretella diventa una sorta di scommessa per il futuro.
«L’opera è assolutamente necessaria. Prima ancora della politica lo dicono i cittadini, quelli che tutti i giorni utilizzano un’arteria ormai insufficiente. La nuova via Emilia sarà a quattro corsie, e quindi da Zorlesco al casello di Piacenza Nord i tempi di percorrenza saranno dimezzati». Per Capezzera però «ci sarà particolare cura dal punto di vista acustico, con la posa di barriere fono-assorbenti lungo tutto il tratto che costeggia le zone abitate. Inoltre, si provvederà alla ricostruzione del verde, alla posa di filari d’alberi e, cosa più importante, si opererà in modo che nuovi insediamenti produttivi vengano individuati a nord di Casalpusterlengo». E l’attuale via Emilia? L’assessore ha un’idea. «Occorrerà ripensarla: una pista ciclabile e la posa di arredo urbano potrebbero farla vivere in maniera diversa».