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mercoledì 26 agosto 2009

Quanta fretta nell'adozione del PGT

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Ai lettori del blog.

Tra luglio e agosto sono stata un po' assente dalle problematiche Brembiesi sia a causa delle vacanze ma anche perché impegnata in attività di volontariato in Abruzzo ai campi dei terremotati nello specifico a Campo San Biagio.
Avevo intenzione di scrivere una sorta di diario giornaliero dell'esperienza al campo ma in realtà non l'ho fatto perché i momenti liberi dalla mansione assegnatami (purtroppo la cucina) li trascorrevo a sostenere psicologicamente anziani, donne, uomini, bambini, distrutti emotivamente, materialmente, psicologicamente.
Essendo di formazione e professione psicopedagogista avevo dato la disponibilità anche per questo tipo di supporto.
Esperienza durissima emotivamente e fisicamente (non sono più una giovincella) che come tutte le esperienze di volontariato forse ha dato a me più di quanto io abbia dato alla comunità di San Biagio.
Mi ha aiutata a relativizzare tutte le problematiche della mia vita e purtroppo anche quelle brembiese.
Anche se al rientro non ho mancato di leggere dal blog tutto quanto mi sono persa. Ancora grazie!
Scusate questa piccola premessa e veniamo alla seduta del 31 luglio.
Rifondazione, che mi pregio di rappresentare in Consiglio Comunale, non era alla seduta di adozione del PGT semplicemente perché la sottoscritta era in vacanza già prenotata da tempo.
Nella seduta dei capigruppo ho fatto presente al Sindaco l'opportunità di stabilire un data diversa da quella da lui definita per due motivi:
1. Credo che l'adozione del PGT sia una questione troppo importante per il futuro assetto del nostro territorio e riguarda da vicino vicino (come d'altronde tutto ciò che fa un amministrazione comunale) tutti per svolgere un Consiglio Comunale in pieno periodo vacanziero;
2. La sottoscritta era in ferie programmate da tempo e non potevo perdere soldi (ne ho già pochi!) per un capriccio del Sindaco il quale mi ha praticamente espropriato del mio diritto di fare opposizione.
Si sa la data e l'odg del Consiglio Comunale lo stabilisce lui e quindi non ammette interferenze anzi mi chiedo allora a che serve la Capigruppo.
Alle rimostranze, di cui sopra, ha risposto che i tempi tecnici per l’iter di adozione sono lunghi e che c’era necessità di avviare il percorso. In realtà non cambiava assolutamente nulla se avessimo adottato il PGT a fine agosto o settembre ma la sua fretta è spiegabile solo con la frenesia di vendere il territorio per intascar soldi.
Come d'altronde stanno facendo tutti i Comuni a fronte dei tagli dello Stato (non ultimo quello dell'ICI grande sostentamento per i Comuni) vendono i gioielli di famiglia. Eh sì perché credo che il territorio brembiese con i suoi spazi, la possibilità di guardare il cielo che si congiunge con le distese dei campi rappresenta veramente "il gioiello" della comunità.
È proprio questo lo sviluppo che vogliamo? Rinunciare a tanta bellezza? Costruire la Brembio city? Sic!
Vogliamo parlare delle tante decantate opportunità?
Un’opportunità doveva essere anche l’insediamento logistico, è stato cosi? Oltre che problemi non ha portato. Problemi non ancora risolti. Quanti anni son trascorsi? quante raccolte di firme e arrabbiature per i camion che attraversano il paese?
Certo qualcuno dirà che sono stata anch'io nella scorsa legislatura in amministrazione e potevo risolvere il problema. Dovrei, allora, parlare dell'ostruzionismo che è stato fatto nei miei confronti, di tutte le volte che proponevo strade e percorsi da intraprendere ma che l'intera Giunta non solo non prendeva in considerazione ma era un atto di lesa maestà a Sua Signoria.
Non ho avuto la possibilità di svolgere appieno e in perfetta autonomia la mia delega ma manco di contribuire sulle questioni che il Sindaco decideva fossero di stretta competenza sua e della sua cricca (che lui si rigira come vuole).
C'erano sempre invasioni di campo da parte del Sindaco, faceva e disfaceva a suo piacimento. Oltre, spesso, a tenermi all'oscuro delle questioni.
Contrapposizione ideologica, maschilismo, competizione? Direi che c’è un po’ di tutto.
Credete che sulla stesura del PGT ci sia stato confronto, discussione, ragionamenti collettivi su “dove e come” andava a finire il nostro territorio? Assolutamente no.
Avrò visto i tecnici forse due volte e in quelle riunioni mi sono peritata di esprimere i “desiderata” ma un analisi seria e collettiva del PGT che nel mentre elaboravano non è mai stata possibile farla. Quando chiedevo approfondimenti o esprimevo perplessità era sempre un atto di lesa maestà a Sua Signoria. Quindi prendere o lasciare ciò che decideva Sozzi.
Ho chiesto e abbiamo fatte tante volte riunioni politiche ove si chiedeva rispetto delle deleghe e degli accordi politici che ci hanno portato all’alleanza ma siccome “i suoi” sono dalla sua parte indipendentemente dal merito delle questioni per loro era una questione di contrapposizione personale tra me e Sozzi.
Mai cosa più falsa, a me sta pure simpatico quando non fa il Sindaco ma l’uomo qualunque.
Il merito di quelle riunioni non l’hanno mai afferrato. E mi dispiace.
Ancora un ultima considerazione in risposta ai post che ho letto nel blog.
Credo che nella passata amministrazione la minoranza abbia fatto un ottimo lavoro, hanno saputo svolgere il loro ruolo. Anzi non so se riuscirò ad essere al loro livello e lo dico per davvero.
Non hanno mai avuto e dico MAI un atteggiamento di contrapposizione ideologica, erano preparati politicamente e tecnicamente. Hanno sempre studiato tutti gli atti, espresso perplessità e critiche ma nello stesso tempo hanno fatto proposte alternative, dato suggerimenti, e hanno votato favorevolmente su questioni fondamentali per tutti i cittadini della Provincia di Lodi e non solo per i brembiesi.
Parlare senza conoscere non è mai buona cosa. Mai visto pubblico alle sedute del Consiglio Comunale.
A me interessa sempre e comunque il merito delle questioni, la pratica delle persone.
Grazie per l’attenzione
M. Rosaria Russo
Consigliera di minoranza
Rifondazione per Brembio
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La risposta non può essere solamente di ordine pubbli­co

L'editoriale di oggi del quotidiano Avvenire a firma Andrea Lavazza.
Parole non vere.
Un’ampia convergenza sul dovere di soccorso.

Rassegna stampa.

Che i migranti debbano godere di un diritto al soccorso e all’accoglienza costituisce uno dei presupposti perché u­na società possa dirsi pienamente civile. Si tratta di un portato della cultura cri­stiana della piena e paritaria dignità di o­gni essere umano, una convinzione diffu­sa e condivisa anche da chi, oggi, non fa professione di fede. E – pensiamo – non messa in discussione, almeno in questi termini generali, neppure da chi nel go­verno di centro-destra propugna una li­nea di legalità e fermezza nei confronti de­gli sbarchi sulle nostre coste.
Perché allora l’animosità gratuita di alcu­ni rappresentanti della Lega verso prelati vaticani che, dopo la tragedia dei 73 eritrei orrendamente periti durante la traversa­ta verso l’Europa, hanno richiamato l’ele­mentare obbligo di soccorrere i naufraghi quando li si incontri in mare aperto?
Se si rileggono con obiettività le parole pronunciate da monsignor Antonio Maria Vegliò a poche ore dalla notizia della ter­ribile sciagura non si può non notare per primo il rimando all’analisi del Papa sul fe­nomeno delle migrazioni contenuto nel­l’enciclica Caritas in veritate. E il succes­sivo riconoscimento che «è legittimo il di­ritto degli Stati a gestire e regolare le mi­grazioni». Il presidente del Pontificio con­siglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti esprimeva il dolore per il conti­nuo ripetersi di queste tragedie (si stima­no in 15mila le vittime dei tentativi di rag­giungere le coste del Vecchio Continente negli ultimi vent’anni) e non puntava il di­to contro alcuno. Che il ministro Calderoli abbia reagito con grotteschi attacchi personali può forse se­gnalare che una frase di monsignor Vegliò, pur non riferita direttamente all’Italia, ab­bia colpito nel segno. «Le nostre società cosiddette civili, in realtà hanno svilup­pato sentimenti di rifiuto dello straniero – aveva detto sabato scorso – originati non solo da una non conoscenza dell’altro, ma anche da un senso di egoismo per cui non si vuole condividere con lo straniero ciò che si ha. Poi si raggiungono estremi, ove la condivisione dei beni viene fatta prov­vedendo piuttosto al benessere degli ani­mali domestici». Di qui i tentativi di far passare come un e­stremismo eterodosso, magari venato di simpatie per l’opposizione, la doverosa difesa dei più deboli e dei più poveri, di­fesa sovversiva soltanto per i cuori aridi. Ma la strategia di far risaltare presunte di­vergenze o contraddizioni nel campo cul­turalmente avverso, di provare a gettare discredito prendendo di mira qualche e­sponente cui si imputano posizioni sopra le righe o incoerenti può funzionare in ambito politico-partitico. Sembra invece controproducente come un boomerang avvelenato quando usata contro un’isti­tuzione compatta e millenaria come la Chiesa.
Perché da Benedetto XVI al cardinale Ba­gnasco, dai responsabili dei dicasteri va­ticani ai giovani del Meeting di Rimini (che hanno applaudito Calderoli per le argo­mentazioni ragionevoli che ha usato in quella sede) non ci può essere divisione o esitazione nel sostenere «il valore incom­primibile di ogni vita umana», come ha sottolineato nella sua ultima prolusione il presidente della Conferenza episcopale i­taliana, ribadendo che «l’immigrazione è una realtà magmatica: se non la si gover­na, si finisce per subirla. E la risposta non può essere solamente di ordine pubbli­co ». Ecco allora che un ripensamento sul rea­to di clandestinità, per le conseguenze ne­gative e paradossali che pone in essere per tanti stranieri e le loro famiglie, e una mag­giore attenzione al destino di chi è respinto in Libia (se abbia cioè diritto a chiedere a­silo e che non sia imprigionato o maltrat­tato) sarebbero una prima risposta, sen­sata e concreta, alle sollecitazioni che ven­gono da molte parti e anche dalla Chiesa tutta, all’impegno umanitario della quale gli improvvisati critici dell’ultima ora – do­po aver distinto a proprio genio 'buoni' e 'cattivi' all’interno di essa – dichiarano infine di inchinarsi.
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Nessuno nel governo disconosce la Chiesa

Riportiamo l'intervista di Ignazio La Russa rilasciata a La Stampa e raccolta da Giacomo Galeazzi.
La Russa: "La Chiesa ha diritto di manifestare proprio dissenso".
Rassegna stampa.

Ministro Ignazio La Russa, dopo la tragedia di Lampedusa il governo e la Chiesa sono ai ferri corti sui respingimenti?
«Non ho mai avuto la presunzione di pacificare le situazioni o le relazioni con la Santa Sede, però, al di là di parole sopra le righe, sono convinto che in fondo nessuno nel governo disconosca l'alta funzione morale svolta dalla Chiesa in ogni sua espressione. Anzi, il riconoscimento dell'azione della Chiesa è insito nel modo di essere del nostro esecutivo. Personalmente ho un immenso rispetto per la Chiesa e mi inchino alla sua missione che è quella della carità da esercitare nei confronti di tutti. Poi, però c'é una missione diversa, che è quella di chi ha il dovere di far rispettare le leggi. Una missione che appartiene alla politica e alle istituzioni».
Le critiche di Cei e Vaticano al pacchetto sicurezza sono state dure. Cosa replica?
«Come governanti abbiamo compiti differenti rispetto ai vescovi. La loro impostazione caritatevole nei confronti dei poveri è doverosa, ma d'altra parte lo è anche far rispettare la legge. E' un fardello pesante. Sia chiaro e tondo a tutti, però, anche agli amici della Lega che io questa responsabilità, questa attenzione nei confronti della Chiesa la sento fortissima».
Perché?
«Provengo da una famiglia molto cattolica. Se provassi a mancare di rispetto alla Chiesa dal cielo mia madre mi manderebbe un fulmine. La Chiesa ha pieno diritto di esprimere il proprio dissenso. Semmai mi sembra fuori luogo la polemica sollevata dal segretario del Pd, Franceschini che sbaglia ad attaccarci perché il decreto sull'immigrazione proposto dal ministro dell'Interno Maroni sta dando ottimi frutti. E lo dimostra il gran numero di immigrati clandestini che sbarcavano sulle nostre coste e andavano a costituire anche un problema di ordine pubblico. Una vera e propria emergenza in confronto alle poche decine che sono sbarcate in questa estate. La gente vuole sicurezza, si sente da tanti indicatori».
Quali, per esempio?
«Ovunque vada incontro cittadini entusiasti dei militari impegnati, insieme a polizia e carabinieri, nei pattugliamenti delle strade e dei parchi. Un esperimento che ha ottenuto risultati lusinghieri sia nel contrasto della criminalità sia nel gradimento dei cittadini. Hanno percepito una sicurezza maggiore e sono contenti della presenza, anche nelle ore notturne, delle pattuglie miste fra forze dell'ordine e forze armate. Ci sono pattuglie, anche a piedi che danno ai cittadini la sicurezza di un controllo del territorio continuativo. A volte l'accoglienza è anche imbarazzante, ho visto gente che applaudiva dalle finestre, la gente ama la presenza dei militari, della polizia e dei carabinieri, sa che ad avere paura di loro sono solo i ladri, gli stupratori, i rapinatori, e forse anche qualche estremista di sinistra che non ha ancora rinunciato a certi pregiudizi ideologici».
È giusto schierare i militari persino contro l'abusivismo, contro i venditori stranieri di marchi contraffatti?
«Può darsi che a qualcuno piaccia di più comprare a metà prezzo, ma se la legge lo vieta, i nostri devono intervenire ed è quello che ci chiede una parte non marginale dell'economia».
A proposito di militari, è preoccupato per la situazione in Afghanistan?
«La natura della missione in Afghanistan non è cambiata minimamente, difficile era e difficile rimane, perché loro sono in guerra contro di noi, mentre noi abbiamo una missione di pace e di ricostruzione. In questi giorni che ci sono state le elezioni. Sono aumentate a dismisura le ostilità. Seguiamo quotidianamente l'evoluzione della situazione. Devo sottolineare la grande capacità operativa dei nostri soldati, perché nella zona a comando italiano ha votato oltre il 50% della popolazione e ci sono stati pochissimi incidenti. Le occasioni di pericolo però sono aumentate e io tutte le mattine mi sveglio con grande apprensione aspettando la prima telefonata della giornata».
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La Lega in pieno marasma politico

Immigrati: la Lega incalza il Vaticano, “Se insiste potremmo rivedere i Patti Lateranensi”.
Dalle agenzie – Asca.

“I confini e le sfere di ingerenza reciproca fra Stato e Chiesa sono precisi. Ed è anche vero che la Chiesa rappresenta uno dei cosiddetti 'poteri forti'. Tuttavia se i rapporti fra lo Stato e la Chiesa andranno avanti lungo questa deriva, ossia le gerarchie ecclesiastiche proseguiranno in questa politica marcatamente interventista nei confronti delle decisioni e degli orientamenti della politica e delle istituzioni al di là di ogni ragionevole confine di neutralità delle rispettive sfere di intervento, bisognerà inserire nell'agenda delle riforme anche una revisione di Concordato e Patti Lateranensi. Non ci pare il caso”'. Così, il quotidiano leghista La Padania, in un editoriale in prima pagina, torna sulle polemiche con il Vaticano sugli immigrati che sbarcano sulle coste del nostro paese.
Secondo La Padania le parole di monsignor Vegliò, che si difeso ieri dall'accusa del ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli di aver favorito in qualche modo la morte dei clandestini in mare con le sue parole concilianti, sono solo “l'ultimo episodio di una lunga serie di ingerenze ideologiche e squisitamente politiche da parte di uomini delle gerarchie ecclesiastiche nelle faccende di uno Stato che, fino a prova contraria, è laico”.
Più tardi, il dietrofront: “La Lega non ha alcuna intenzione di modificare il Concordato che così com'è va bene”, affermano, in una nota congiunta, i capigruppo del Carroccio al Senato ed alla Camera, Federico Bricolo e Roberto Cota.
“Con riferimento all'articolo pubblicato oggi dalla 'Padania' a firma di Stefano Galli - sottolineano - viste le strumentalizzazioni che sono seguite, intendiamo affermare quanto segue: l'articolo è stato scritto da un editorialista esterno ed esprime le sue opinioni personali. Lo diciamo chiaramente: la Lega non ha alcuna intenzione di modificare il Concordato che così com'è va bene”.
Bricolo e Cota così proseguono: “Ricordiamo che per quanto ci riguarda non c'è alcuno scontro con la Chiesa Cattolica, anche se alcune personalità come monsignor Marchetto hanno fatto dichiarazioni contro l'operato di questo governo che noi non condividiamo”.
I capigruppo parlamentari del Carroccio così concludono: “Alle opposizioni rispondiamo che i problemi con la Chiesa li hanno loro, visto che sono i primi nel Parlamento a battersi per la pillola abortiva, i matrimoni gay e l'eutanasia”.
Ma il mondo cattolico non sembra affatto intenzionato a passi indietro: “La strategia di far risaltare presunte divergenze o contraddizioni nel campo culturalmente avverso, di provare a gettare discredito prendendo di mira qualche esponente a cui si imputano posizioni sopra le righe o incoerenti può funzionare in ambito politico-partitico. Sembra invece controproducente come un boomerang avvelenato quando usata contro un'istituzione compatta e millenaria come la Chiesa”, scrive oggi Avvenire, il quotidiano della Cei, in un editoriale firmato da Andrea Lavazza, dal titolo: “Un'ampia convergenza sul dovere di soccorso” e il sottotitolo: “Parole non vere”, editoriale che riprendiamo in un post successivo.
Il riferimento è alla Lega e agli attacchi del ministro Calderoli a mons. Antonio Maria Vegliò: il fatto che il primo “abbia reagito con grotteschi attacchi personali può forse segnalare che una frase di monsignor Vegliò, pur non riferita direttamente all'Italia, abbia colpito nel segno. «Le nostre società cosiddette civili, in realtà hanno sviluppato sentimenti di rifiuto dello straniero originati non solo da una non conoscenza dell'altro, ma anche da un senso di egoismo per cui non si vuole condividere con lo straniero ciò che si ha. Poi si raggiungono estremi, ove la condivisione dei beni viene fatta provvedendo piuttosto al benessere degli animali domestici»”. “Di qui - prosegue Lavazza - i tentativi di far passare come un estremismo eterodosso, magari venato di simpatie per per l'opposizione, la doverosa difesa dei piu' deboli e dei piu' poveri, difesa sovversiva solo per i cuori aridi”.
L'articolo si conclude con un appello a “un ripensamento sul reato di clandestinità, per le conseguenze negative e paradossali che pone in essere per tanti stranieri e per le loro famiglie, e una maggiore attenzione per chi e' respinto in Libia”.
Inoltre, quella lanciata oggi sul quotidiano della Lega, la Padania, è una “provocazione che non va sottovalutata, come d'altra parte non mi sembra che stia facendo il Vaticano”, anche se toni di questo genere “fanno parte un po' del loro stile” dice all'ASCA mons. Carlo Ghidelli, arcivescovo di Lanciano-Ortona e membro del Consiglio permanente della Cei.
“Da anni siamo abituati a questo modo di provocare”, spiega il presule; oggi, però, lui, come molti suoi confratelli, ha “molte remore, molte riserve sulle ispirazioni ideali della Lega”: “È un movimento che ha fatto leva sullo scontento della gente nei confronti dell'altro. Hanno cavalcato il malcontento, e forse hanno anche approfittato della caduta delle evidenze etiche, della crisi morale del nostro Paese”. Ma quel che preoccupa mons. Ghidelli è che tutta l'azione della Lega “tradisce una non volontà di educare la gente attraverso la politica”.
Quanto alla questione se esista una questione-Lega per la Chiesa, l'arcivescovo chiarisce che il problema non è certo quello dei rapporti con il partito politico, ma con i valori che esso esprime: “Nella misura in cui la Lega incarna ed esprime valori nuovi ed inediti, tali da sembrare inconciliabili con la morale cristiana - ad esempio sulla questione delle migrazioni - penso che problema ci sia: non in quanto partito, ma in quanto gruppo di persone che innalza una bandiera che a noi fa problema, perché va contro i principi del Vangelo e diritto naturale”.
Le reazioni nella maggioranza di governo, cominciamo con Ignazio La Russa: “La Chiesa ha pieno diritto di esprimere il proprio dissenso”. Lo dice il ministro della Difesa in un'intervista alla Stampa, riferendosi allo scontro tra Vaticano e Lega Nord sullo sbarco di clandestini eritrei a Lampedusa, giorni fa. “Semmai - sottolinea La Russa - mi sembra fuori luogo la polemica sollevata dal segretario del Pd, Franceschini che sbaglia ad attaccarci perché il decreto sull'immigrazione proposto dal ministro dell'Interno Maroni sta dando ottimi frutti. E lo dimostra il gran numero di immigrati clandestini che sbarcavano sulle nostre coste e andavano a costituire anche un problema di ordine pubblico. Una vera e propria emergenza in confronto alle poche decine che sono sbarcate in questa estate. La gente vuole sicurezza”.
Invece di “abbassare i toni” ed “'evitare polemiche inutili”, Lo chiede il vicepresidente della Camera e cattolico area Cl, Maurizio Lupi (Pdl) alla Lega Nord protagonista di uno scontro col Vaticano sulla vicenda degli immigrati eritrei sbarcati a Lampedusa. “Sono convinto - dice Lupi - che all'origine delle parole di Calderoli contro monsignor Vegliò ci sia un enorme fraintendimento. L'intervento della Santa Sede era un richiamo doveroso e importante a tutta la classe politica, ai governi, agli Stati, alle Nazioni: quello di non essere indifferenti di fronte alla tragedia che è avvenuta”. Per il vicepresidente della Camera “non c'è nessuna critica a una legge che il centrodestra ha condiviso e sostenuto, ma un forte richiamo perché tragedie come quelle del Canale di Sicilia non si ripetano più”. E i toni della Lega “sono assolutamente fuori luogo” perché “non ci fanno comprendere la questione in gioco e ciò a cui la Santa Sede ci vuole richiamare: È giusto che ognuno svolga il proprio compito. Noi di governare e la Chiesa di richiamare le istituzioni alla dignità della persona e ai diritti dell'uomo. La nostra sfida, come movimento politico, è proprio quella di mettere insieme il diritto alla sicurezza con il rispetto della dignità della vita umana e dell'accoglienza. Le due cose non sono in contraddizione”.
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Commento all'appello del sindaco reloaded

Galeotto il computer che si imballa, la lettera di Rosaria Russo, consigliere comunale di Rifondazione, è stata inviata solo questa mattina al quotidiano Il Cittadino di Lodi e nel frattempo come gentilmente ci viene comunicato ha subìto qualche modifica. Riportiamo qui la versione aggiornata del testo che dovrebbe comparire sul quotidiano di Lodi.
Applicare le buone pratiche prima a casa propria.

Non c’è che dire viviamo in un momento di schizzofrenia collettiva.
Una guerra può mai essere umanitaria?
Politiche disumane possono generare comportamenti sociali umani?
Questa cultura del disumano ha solo il colore del centro-destra? Purtroppo non è così.
Ce lo dice la strage di 108 profughi albanesi della Kater I Rades, provocata nel 1997 dalla pretesa di un governo di centrosinistra di bloccare manu militari l'esodo albanese.
Ce lo ricorda un'altra strage del proibizionismo, quella del 25 dicembre 1996, in cui annegarono 233 migranti a lungo ignorata dai media, e fu solo grazie all'ostinazione di qualche giornalista e di antirazzisti come Dino Frisullo che il silenzio fu spezzato.
Semi avvelenati che altri hanno provveduto a spargere hanno prodotto i frutti marci coltivati dal governo in carica.
La coerenza non è più un concetto che appartiene alla politica.
Si parla in un modo e si opera in un altro.
E siamo talmente assuefatti a tali costumi che abbiamo perso la capacità di indignarci.
Così capita di leggere sul Cittadino la lettera del mio Sindaco, Sozzi Giuseppe, che invita il neo Presidente della Provincia Foroni a pratiche di condivisione con i Sindaci del territorio in riferimento alle future politiche.
Senz’altro questa modalità di governo è da preferire e diamo il merito al Presidente Felissari e alla sua Giunta di aver portato avanti con tenacia e determinazione questa modalità ma Sozzi nel governare la comunità Brembiese opera in tal modo?
Racconto l’ultima per ordine cronologico, e mi limito a questa per non tediare i lettori.
Sono consigliera di minoranza a Brembio e nell’ultimo consiglio comunale al quale ho partecipato quel metodo, che lui denuncia come pericoloso, della decisione a maggioranza o del fai da te ampiamente testato, l’ha messo in atto senza nessuna reticenza.
La seduta del Consiglio Comunale portava all’odg la modifica del Regolamento del Nido Comunale. La modifica che proponeva la maggioranza consisteva nel ritenere valide le sedute della Commissione del nido anche solo con la presenza di due componenti.
Essendo il nido di Brembio in gestione associata, ad esso afferiscono altri 3 Comuni che hanno di diritto una presenza all’interno della Commissione oltre ad altre figure, alla minoranza sembrava una forzatura una tal modifica e anche un pochino anti-democratica e soprattutto non ne ravvedeva la necessità.
Il paradosso è che oltre a non essere presente l’assessore competente, (la giunta di Brembio ha tutti assessori esterni, sic!) che ha proposto tal irragionevole modifica, in Consiglio era presente quella figura così ibrida del delegato dell’assessore il quale né ha presentato l’argomento né ha motivato la necessità di siffatta modifica.
Durante il dibattito alle pertinenti argomentazioni di contrarietà a tal modifica esposte dalla minoranza tutta il Sindaco risponde:
1. che non c’è l’assessore competente. Ma nella seduta pubblica di insediamento della sua amministrazione non aveva detto che il delegato dell’assessore rappresentava l’assessore stesso? Che imbroglio! Si chiede il voto ai cittadini con una lista civica (tutti del PD!) di giovani eppoi si da la delega ad assessori esterni persone meritevoli di pensione di anzianità per il tempo in cui siedono su quelle poltrone.
Cambiare tutto per non cambiare niente, diceva Sciascia.
2. che la maggioranza è sua e quindi fa ciò che vuole. E magari fosse la prima volta che pronuncia tal pensiero!
La minoranza tutta resta basita, nonostante le proteste la maggioranza non ha avuto orecchie per ascoltare.
Allora Sig. Sindaco che ben vengano i consigli di buone pratiche ma non crede che sia il caso di praticarli in casa propria?
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Guerini e i musulmani

Ramadan. Guido Bandera intervista il sindaco di Lodi su Il Giorno di oggi.
Il sindaco Guerini incontra i musulmani: «Frasi infelici da Parmesani».
«Ramadan a Lodi solo per chi ci vive».
Rassegna stampa.

Fra gli impegni trovati in arretrato dopo le ferie, il sindaco Lorenzo Guerini ha dovuto occuparsi anche del caso legato alla comunità islamica. Non quella di Lodi, ma quella di Casale, dopo l’invito del collega Flavio Parmesani ai musulmani della sua città, con la moschea chiusa per decisione del Comune, a trasferirsi a Lodi. Un’ipotesi che ha indotto Guerini ha incontrare i vertici della comunità del capoluogo, ricevuti ieri a Palazzo Broletto.
Sindaco Guerini, cosa è emerso dall’incontro?
«Ho incontrato l’imam...»
Quello che non parla italiano?
«Sì, insieme al responsabile della moschea, Shakshouk Sabri. Gli ho chiesto notizie in merito alle conseguenze della chiusura della moschea di Casale e della eventuale frequentazione dei fedeli di Casale alla muschea di Lodi, così come era emersa dall’infelice dichiarazione di Flavio Parmesani, anche se l’ipotesi sembra essere tramontata. Loro si sono trovati perfettamente concordi con me nel riconoscere che la struttura di Lodi è concepita rispetto alle esigenze di libertà di culto, che va sempre garantita, della comunità della città».
Nessuna trasferta a Lodi per i fedeli di Casale, dunque?
«No. Sono d’accordo con noi sul fatto che debba essere tentua valida la situazione emersa sette anni fa, dopo che l’ipotesi di una moschea con un bacino vasto, più grande della provincia, era stata scartata. Perché quella soluzione era stata ritenuta da me non idonea. Voglio quindi essere coerente con quella scelta e ho detto loro che non si tollererà l’invasione di spazi fuori dalla moschea, come i cortili. Ma loro condividono e hanno assicurato che continuerà l’assetto attuale, che non ha mai creato problemi di rilievo con la comunità e con i residenti, se non l’aspetto circoscritto di quella manifestazione in piazza per la Palestina».
E sulla questione di Casale?
«Ho chiesto loro di farsi interpreti presso la comunità di Casale dell’invito a trovare altre soluzioni con l’Amministrazione comunale».
Come considera i rapporti fra la comunità islamica di Lodi e la cittadinanza?
«A Lodi, con impegno e con fatica, in questi anni si è costruita una esperienza costruttiva, di collaborazione. Con la moschea problemi non ce ne sono stati. I Lodigiani mi sembra di poter dire che sperimentano una coesistenza assolutamente serena e tranquilla. Ora dovranno continuare a conoscersi. Ci vuole però la consapevolezza che serve un passo ulteriore».
Quale?
«Finora il dibattito si è fondato sul concetto di diritti concessi in cambio dell’osservanza di regole. Questo vale però per gli ospiti. Ma ci sono persone che qui vivono, hanno la famiglia, il lavoro e i figli. E si deve fare il passo in avanti, sia fra i lodigiani, sia fra gli stranieri, soprattutto quelli di religione islamica, di considerarsi cittadini di una comunità. In questo caso, oltre ai diritti e ai doveri, c’è anche la partecipazione. Il sentirsi responsabili di quanto accade e delle scelte della comunità. Bisogna evitare l’isolamento, che è foriero di situazioni non positive».

Dopo la chiusura del locale di Via Fugazza negoziato con il comune.
L’islam cerca una sede provvisoria a Casale.
Mario Borra, Guido bandera - Il Giorno di oggi.

«C’è una soluzione concordata sul tavolo che rispetta le leggi e che va incontro alle esigenze dei fedeli islamici». Dopo le polemiche dei giorni scorsi con il responsabile della moschea di Lodi che invitava i fedeli a pregare in piazza del Popolo qualora non si fosse trovata una soluzione alternativa alla chiusura del centro culturale islamico di via Fugazza, prevista per oggi, ieri la situazione era molto più distesa. Anzi, il sindaco Flavio Parmesani sta lavorando alacremente per trovare uno spazio pubblico provvisorio permettendo così ai cittadini mussulmani di poter terminare senza problemi il Ramadan. Per evitare alzate di scudi da parte di qualche Comune vicino, però, acqua in bocca su possibili soluzioni, anche se è certo che Parmesani ha incontrato il sindaco di Somaglia, Piergiuseppe Medaglia per chiedergli se avesse la disponibilità di un luogo pubblico provvisorio. Contatti ci sarebbero stati anche a San Fiorano.
«Non li lasceremo comunque a piedi. Noi abbiamo due o tre soluzioni interne, anche se loro stanno attendendo risposte da alcuni Comuni che hanno contattato», ha spiegato il primo cittadino. Dunque oggi dovrebbe arrivare la forma dell’ordinanza di chiusura, mentre nei prossimi si saprà dove andranno i mussulmani a pregare fino al prossimo 21 settembre. Intanto, resta in piedi per ora come ipotesi di lungo periodo quella di trovare un capannone nell’area produttiva della Mirandolina di Codogno. La comunità islamica di Casale vorrebbe comprare. A disposizione avrebbe una cifra intorno ai 60mila euro. Il resto dovrebbe arrivare da un mutuo bancario. Che stanno cercando.
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Fermi i prezzi dei terreni agricoli

Nel 2009 prezzi fermi dopo anni di boom.
La crisi blocca il valore dei terreni.

Rassegna stampa – Il Giorno di oggi, Liliana Marchesi.

Stallo totale dei prezzi dei terreni agricoli. La crisi economica non si ferma e a metterlo nero su bianco ci pensa la Regione Lombardia: il valore dei campi della pianura di Lodi e Codogno non hanno subito alcun aumento rispetto all’anno scorso, in pratica sono stati rilevati “dati fotocopia” tra il 2008 e il 2009. Il prezzo al metro quadro dei terreni agricoli varia in relazione al tipo di coltura esistente: si passa da un minimo di 1,89 euro per il terreno incolto, arrivando ad un massimo di 9,09 per l’orto irriguo. Si considerano a parte vigneti (5,78), pioppeti (3,53) e boschi (1,91) perché in questi casi il soprassuolo deve essere valutato a parte. Dal Duemila a oggi è battuta d’arresto nel business dei campi. Nel 2008 l’aumento del valore rispetto all’anno precedente c’è stato, anche se marginale: il costo al metro quadro di una risaia è passato da 4,18 euro a 4,26 mentre per un prato a marcita da 4,81 è aumentato a 4,91.
Insomma i segnali di crisi erano già presenti, ma nel 2009 la situazione è peggiorata. «La produzione — spiega Luigi Tomasi, direttore di Confagricoltura di Milano e Lodi — ha risentito fortemente della crisi di questi anni, minando il potere d’acquisto degli agricoltori. Manca la liquidità che permette d’investire». La questione non è circoscritta al settore agricoltura: lo stallo è strettamente correlato anche alla crisi del mercato edilizio.
«Negli anni scorsi — puntualizza Carlo Franciosi, presidente della Coldiretti di Milano e Lodi — gli agricoltori vendevano porzioni di terreno ad agenzie immobiliari che investivano in previsione dei cambi di destinazione (passando da terreno agricolo a terreno edificabile), dei vari piani regolatori. Il contadino con il ricavo di queste vendita poteva permettersi l’acquisto di una porzione ben più ampia di terreno. Non essendoci più richieste dal mondo immobiliare, è ovvio che si ferma anche la compravendita del mondo agricolo». Le previsioni non sono confortanti, ma c’è sempre la speranza che qualcosa si stia muovendo. «Abbiamo toccato il fondo, possiamo solo riemergere», conclude Franciosi.
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In aumento le aspiranti matricole al Politecnico

Boom di iscritti ai test del Politecnico di Milano.
Record storico di aspiranti matricole.
Sono 13.649 gli studenti che affronteranno i test la prossima settimana. Le domande di ammissione provengono da tutte le Regioni d’Italia, dai Paesi dell'Unione Europea, ma anche dall’Oriente, dalle Americhe e dall’Africa.
Rassegna stampa - Il Giorno di oggi.

Aumentano le aspiranti matricole al Politecnico di Milano: in 13.649 si sono iscritti ai test d’ingresso che cominceranno la prossima settimana.
Vengono da tutte le Regioni d’Italia, dai Paesi dell’Unione Europea relativamente vicini a noi, ma anche dall’Oriente, dalle Americhe e dall’Africa. Le domande di iscrizione sono quest’anno aumentate del 13% rispetto al 2008.
Soddisfatto il rettore Giulio Ballio, che ha dovuto aggiungere tre date per i test. Le iscrizioni di studenti italiani residenti in regioni diverse dalla Lombardia rappresentano quasi il 30% del totale, in crescita del 20% rispetto al 2008 e del 25% rispetto al 2007, mentre gli stranieri sono aumentati del 14%.
Aumentano gli studenti che affrontano il test d’ingresso di Ingegneria al IV anno delle superiori, una novità introdotta nel 2005 che riscuote sempre più successo: quest’anno sono stati 1171, il 31% in più dello scorso anno gli studenti che l’hanno superato, prenotando un posto al Politecnico con un anno di anticipo.
Tra le scelte 'di campo' di coloro che inizieranno gli studi quest’anno, come da tradizione, prevale Ingegneria con 7213 iscrizioni, +15% rispetto allo scorso anno (le ragazze sono il 25%, un dato in costante crescita). Il test di Architettura, valido anche per la Facoltà del Design, segna 6436 candidati (+10% rispetto al 2008, + 15% del 2007) con una predominanza femminile (56%) in linea con gli anni precedenti.
Tra i corsi 'emergenti' di quest’anno, ci sono Urbanistica, Ingegneria dei Materiali e delle Nanotecnologie, Ingegneria Civile e Ingegneria Edile-Architettura. Seguono a ruota Architettura Ambientale, Ingegneria Aerospaziale, Scienze dell’Architettura e Ingegneria Chimica.
In crescita anche alcune 'vecchie conoscenze' caratterizzate da grandi numeri già nel 2008, come Ingegneria Meccanica, Ingegneria Informatica, Ingegneria Energetica, Ingegneria Biomedica, Ingegneria Gestionale e Design della Moda.
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Pregare in pubblico? Non lo facciamo anche noi col Rosario?

Immigrazione ed intolleranza religiosa sono i temi di dibattito di questo agosto. E dunque anche le pagine di "Lettere & Opinioni" de Il Cittadino rispecchiano le vicende. Dal giornale riprendiamo tre lettere.
La prima è di Mario Ruffin, profugo dall’Eritrea.
Immigrazione. Poveri eritrei, abbandonati dall’Italia.
Rassegna stampa.

Egregio Direttore, per chi come me considera l’Eritrea una patria, la terribile tragedia sul canale di Sicilia ha risvegliato un bruciante antico dolore, mai sopito, sulla sorte di quel gentile, fiero, popolo fratello, che non ha mai conosciuto pace. La loro antica civiltà, di derivazione egizia copto ortodossa, ed in buona parte anche tribale musulmana, ha saputo sopportare con saggezza la colonizzazione italiana, iniziatasi appena dopo il compimento del nostro Risorgimento.
Malgrado alcuni aspetti ributtanti, come l’apartheid, il quotidiano disprezzo razzista (da me bambino vissuto con segreta angoscia) e l’affronto delle leggi razziali fasciste del 1938 ispirate dai nazisti (per cui un “bianco” non poteva sposare una delle dolci e bellissime donne eritree “nere”, ed i figli venivano perciò abbandonati), hanno saputo con antica saggezza valutare in positivo l’amore che molti italiani, i più civili, avevano portato per quella terra. Hanno combattuto con il più alto valore, come nostri soldati, con dedizione e fedeltà incredibili, per un ingenuo rispetto al giuramento, in tutte le vergognose avventure coloniali, in Etiopia ed in Libia lasciando sul terreno moltissimi caduti.
Dopo la nostra sconfitta del 1806 ad Adua, 8500 Ascari sopravissuti, furono amputati della mano destra e del piede sinistro ed i monconi immersi nell’olio bollente per la loro fedeltà all’Italia. In battaglia venivano mandati avanti per primi “all’arma bianca” (avendo solo 8 pallottole). A Cheren, pur privati del misero soldo ed adescati perciò da agenti nemici, stupirono il Gen. Britannico William Platt per la loro irriducibile fedeltà. Le loro tombe a Cheren portano la scritta: «Ascaro ignoto», cioè: niente soldi alle poverissime famiglie!
Vidi all’Asmara con i miei occhi di bambino la P.A.I. fascista sparare mitragliate contro gli ultimi ascari che erano arrivati a piedi, prima degli inglesi, a chiedere i soldi da mesi non pagati. Mentre gli italiani si imboscavano, molti di loro continuarono a battersi strenuamente alla macchia “per l’onore” con le bande di Amedeo Guillet. I pochi ascari viventi oggi prendono dall’Italia pensioni del peso di euro 140! Malgrado tutto ciò ancora oggi, noi siamo per loro dei fratelli irriconoscenti.
Molti di noi sono nati, sono vissuti, ed hanno parenti nelle belle città eritree (Asmara è “Tesoro dell’Umanità” per l’Unesco). La minaccia etiopica, sobillata dagli Americani che vogliono i porti strategici sul Mar Rosso, costringe il Governo Eritreo ad una dittatura da “stato di guerra” per il lunghissimo fronte. Ciò spinge i giovani a fuggire. Ma vili leggi barbariche italiote hanno impaurito gli eventuali soccorritori nel canale di Sicilia. Come osano i nostri reggenti vantarsi paladini di una civiltà che fu faro di cultura in Europa e nel mondo? 73 nostri fratelli sono stati uccisi dalla antiumana noncuranza della sottocultura liberista nel nostro grasso mare pieno di grossi yacht battenti bandiere da evasori fiscali! Erano poveri e dimenticati nostri fratelli! Vergogna!
Il loro sacrificio salvi l’Italia ormai priva di anima!

La seconda lettera è di Roberto Ferrari del Partito Democratico di Casalpusterlengo, che precisa le cifre sulla immigrazione a Casale.
Casale. Gli immigrati in due mesi sono aumentati.

Ho letto con interesse l’articolo pubblicato ieri su il Cittadino intitolato “I controlli a tappeto fanno fuggire gli extraCee”. Nell’articolo il giornalista Dionigi afferma: “Gli extracomunitari sono in fuga da Casalpusterlengo”; e aggiunge: “Sembra che molti immigrati si stiano riversando sui paesi limitrofi”. Incuriosito dalla notizia ho scoperto che in questi due mesi gli immigrati sono aumentati molto più di prima.
Dati alla mano: nei mesi di giugno e luglio gli immigrati sono passati da 1782 a 1838. 56 immigrati in più nell’arco di 2 mesi. Invece da gennaio a maggio, ultimi mesi della Giunta Pagani, gli immigrati sono passati da 1752 a 1782: solo 30 immigrati in 5 mesi. Una media di 6 al mese contro gli attuali 28!
Sono convinto che questi numeri (ai quali corrispondono persone, bisognerebbe sempre ricordarselo) dipendano in piccola parte dalle scelte e dal colore della giunta politica in carica. Non voglio quindi trarne alcuna speculazione politica. D’altronde, inciderà certamente di più sul numero degli immigrati la sanatoria delle badanti proposta dal Governo Bossi/Berlusconi (700.000 persone) piuttosto che 3 ordinanze che hanno lo scopo di disciplinare i comportamenti dei residenti e non di limitare l’accesso in città agli immigrati extracomunitari.

La terza lettera è dei Giovani Democratici del Santangiolino e dei Giovani Democratici del Lodigiano.
Sant’Angelo. Crespi sordo rispetto all’integrazione.

Il fermento che si è creato intorno alla questione “Ramadan” nel Santangiolino ha risvegliato la politica dopo il periodo di ferie di agosto. Siamo un po’ perplessi su come la vicenda sta procedendo. In prima battuta ci riferiamo al “no” categorico del sindaco di Sant’Angelo Lodigiano Domenico Crespi, riguardante gli spazi per la preghiera dei fedeli musulmani durante questa loro importante festività religiosa; leggere delle persistenti difficoltà di comunicazione tra l’associazione culturale musulmana Zamzam e l’amministrazione comunale ci dispiace e molto.
Crediamo che chiudersi al dialogo alimenti i pregiudizi e di certo non favorisca l’integrazione di questi cittadini che a Sant’Angelo vivono, lavorano e stanno in famiglia. Per questo esprimiamo tutta la nostra solidarietà ad Hamdy Yousef e a tutti i membri di Zamzam e auspichiamo che in futuro l’amministrazione Crespi possa essere meno “sorda” rispetto a certe richieste e alla volontà di integrazione di queste persone.
In secondo luogo leggiamo del gentilissimo atto di carità fraterna offerto dalla Comunità “Il Pellicano” di Castiraga Vidardo e dal responsabile Peppo Castelvecchio. Siamo ovviamente a conoscenza delle difficoltà incontrate dalla Comunità con l’Amministrazione Comunale Vidardese (e in parte comprendiamo la reazione dell’amministrazione Fondi) e, dato che queste sono state generate probabilmente da un malinteso tra gli organizzatori, auspichiamo un atto di apertura e tolleranza anche da parte del Sindaco Oscar Fondi e di tutta l’amministrazione verso queste persone che chiedono solamente uno spazio per pregare insieme; non facciamo forse la stessa cosa anche noi cattolici, durante il mese di Maggio, quando ci riuniamo in trenta, quaranta, cinquanta o più persone (e senza particolari permessi) in posti diversi nei nostri paesi, per la preghiera del Rosario? Tra l’altro “Il Pellicano” è una struttura esterna al centro del paese e non sembra che il Ramadan stia creando problemi viabilistici o logistici insormontabili. Speriamo vivamente che questa vicenda possa concludersi serenamente per tutte le parti coinvolte.
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Chiamiamoli per quel che sono: razzisti

Non dobbiamo credere che solo i leghisti lodigiani abbiano dato la stura alla propria intolleranza razzista accentuata dall'evento religioso musulmano del Ramadan. L'attuale leghismo dovunque significa razzismo che cerca di trovare nel movimento globale anti-musulmano il proprio fondamento, la propria giustificazione, ma è razzismo e basta. Così anche i musulmani di Bergamo non hanno più un luogo per celebrare il Ramadan e lo hanno saputo solo all'ultimo momento. A sbarrare loro la strada è stato il nuovo presidente della Provincia, il leghista Ettore Pirovano. Negli ultimi anni centinaia di musulmani erano soliti celebrare le proprio preghiere del mese sacro nella palestra dell'Istituto scolastico "Marconi" di Dalmine. E anche quest'anno avevano presentato la relativa richiesta per iniziare a usare la palestra dal 28 agosto. Ma, solo lunedì, hanno ricevuto il no dalla Provincia, titolare degli edifici scolastici. Il motivo? L'intervento diretto di Pirovano, che insieme al preside della scuola ha analizzato leggi e regolamenti per l'utilizzo della palestra per fini diversi dal consueto, scoprendo che ogni persona che entra dovrebbe essere dotata di polizza assicurativa di responsabilità civile e polizza assicurativa infortuni, e poi che la richiesta non era stata presentata entro i termini di legge. "Sono amareggiato per quanto accade - ha detto il vice presidente del Centro culturale Mohamed Saleh - Si stanno adducendo motivazioni per dirci di no che secondo me non sono realistiche. Non è vero, ad esempio, che non abbiamo un'assicurazione e davvero facciamo fatica a capire quale sia il vero motivo per il quale ci è stata vietata la palestra. Anche il preside, per telefono, nel dirci di no era molto a disagio. Abbiamo fatto tutto come negli ultimi anni. Ma stavolta la domanda e le pratiche presentate non vanno bene. Aspettiamo la spiegazione ufficiale. E intanto prendiamo atto, apprezzando moltissimo, della disponibilità del sindaco di Bergamo, Franco Tentorio, a trovare una soluzione".
La Curia bergamasca è venuta in soccorso della comunità islamica di Bergamo che, su richiesta del Comune di Bergamo, ha offerto la Casa del Giovane di via Gavazzeni.
E veniamo alle questioni locali.
Andrea Bagatta su Il Cittadino di oggi ci dice che si è fatta più dura la posizione del Pcl, che invoca il diritto alla preghiera e punta il dito contro il razzismo «ispirato dalla Lega».
«La moschea chiusa per una scelta politica».
Opposizione perplessa anche se per il Pd non ci sono obiezioni sull’ordinanza.

Rassegna stampa.

Rispetto delle regole sì, ma che questo principio non sia piegato a fini politici, e comunque critica forte al metodo “urlato” di arrivare alle decisioni: è questa la posizione delle minoranze rispetto all’annunciata chiusura della moschea di Casale da parte dell’amministrazione comunale.
Lunedì sera è arrivata la conferma da parte del sindaco Flavio Parmesani che oggi scatterà l’ordinanza per il ripristino della destinazione d’uso originaria per i locali di via Fugazza, da anni usati dalla comunità islamica come sede del centro culturale e luogo di preghiera. Lo stabile dovrà tornare a un uso artigianale, di fatto è l’allontanamento dei musulmani da quello spazio. Contestualmente però l’amministrazione si è resa disponibile a trovare una sede alternativa, ma solo temporanea, fino alla fine di settembre, per permettere agli islamici di concludere il Ramadan, il mese di preghiera e digiuno. Ieri sono avvenuti alcuni sopralluoghi in alcune possibili sedi, ma pare che i primi riscontri non siano stati positivi. Difficilmente si riuscirà a trovare in breve tempo una nuova sede sufficientemente capiente per i 150 o 200 fedeli musulmani, spesso con famiglie al seguito, attesi ogni venerdì per la preghiera. I tempi così si annunciano lunghi. E comunque dopo la fine di settembre la comunità musulmana dovrà guardare altrove, probabilmente con l’ipotesi d’acquisto di un nuovo spazio in qualche paese della Bassa, dove magari i prezzi sono più abbordabili.
«Il rispetto delle regole deve valere per tutti, stranieri e italiani indistintamente, e pertanto non ci sono obiezioni da fare alle decisioni dell’amministrazione - commenta Federico Moro, segretario del Partito democratico -. Ha lasciato perplessi piuttosto come nei giorni scorsi questo tema sia stato utilizzato dall’amministrazione di Casale per scaricare la questione della preghiera musulmana e del diritto di culto sulla città di Lodi, dimostrando incapacità istituzionale a gestire situazioni delicate per la città. Noi auspichiamo che alla fine si possa trovare una sede temporanea almeno per la conclusione del Ramadan, una soluzione di buon senso che stride con la politica degli annunci a effetto fatta finora».
Più netta la contrarietà del Partito comunista dei lavoratori, che non accetta la chiusura della moschea. «Stanno usando strumentalmente questioni di carattere tecnico, piegando il rispetto delle norme ai propri fini politici: non c’è alcun problema di sicurezza, ma solo una questione burocratica, il cambio di destinazione d’uso. Che male fanno i musulmani a pregare lì dentro? Li si poteva lasciare in quella sede almeno fino al Ramadan, e invece si è voluto mandarli via per un gesto politico come testimonia adesso la scenetta della ricerca di una sede alternativa temporanea - dice Leopoldo Cattaneo -. Il problema non è nel rispetto della norma, ma nella volontà di colpire una comunità e di nascondere i problemi veri dietro questa ondata di razzismo ispirato dalla Lega. Mi chiedo dove sono il Pdl e l’Udc in questa coalizione, e che cosa ne pensano i loro elettori moderati».

Sara Gambarini invece ci dice delle reazioni a Codogno alle dichiarazioni dei leghisti locali sugli immigrati.
Il consigliere Zafferri all’attacco della Lega: «Pensi a lavorare e lasci stare gli immigrati».

Non ci sta Mario Zafferri, consigliere di minoranza, che replica duramente alle dichiarazioni del leghista Andrea Negri riguardo alla questione stranieri. «Le idee presentate da Negri non le posso accettare», afferma Zafferri. In particolare il consigliere di minoranza non condivide l’idea di consentire l’accesso ai contributi comunali soltanto agli stranieri residenti a Codogno da almeno cinque anni.«In effeti si tratta di un provvedimento votato alla discriminazione», precisa Zafferri, sottolineando come la Lega di Codogno si preoccupi di problemi che attualmente non sussistono. «A Codogno non c’è nessuna ondata di stranieri - sottolinea convinto Zafferri - e la Lega farebbe meglio ad occuparsi dei problemi reali della città e tuttora non risolti».
L’affondo dell’esponente di centrosinistra si riferisce ai lavori pubblici non ancora conclusi né all’istituto Anna Vertua Gentile né per quanto concerne l’ex asilo nido situato all’ingresso della città. «L’amministrazione Dossena è allo sbando - annuncia sicuro Zafferri - e in tre anni nessuna delle grandi opere è stata realizzata; le preoccupazioni della Lega, a capo dell’assessorato ai lavori pubblici, devono essere ben altre piuttosto che preoccuparsi di vicende che riguardano Casale». Per Zafferri infatti la decisione del sindaco casalese Flavio Parmesani di chiudere il centro culturale islamico della sua città, localizzato in via Fugazza, riguarda il suo territorio e nell’ipotesi di ripercussioni su Codogno l’atteggiamento della Lega non può e non deve essere quello di «un muro contro muro». Zafferri sottolinea che la preclusione allo straniero non può essere totale: «Se lo straniero è regolare e paga le tasse, qual è il problema?!».

Matteo Brunello ci parla degli sviluppi a Lodi.
Chiarimento tra le parti: è stato ribadito che in via Lodivecchio non arriveranno i musulmani “sfrattati” da Casale.
Moschea, no alle preghiere nel cortile.
Lo ha ribadito ieri il sindaco in un incontro con i vertici islamici.


«Ci opporremo a tappetini e altoparlanti nel cortile della moschea». L’alt arriva direttamente dal sindaco del capoluogo, Lorenzo Guerini, che nella mattinata di ieri ha convocato i rappresentanti locali della comunità musulmana. In un confronto con il responsabile Sabri Sashouk e l’imam Mohamed Anwr, è stata discussa la situazione del luogo adibito alla preghiera in zona Fanfani. Un chiarimento, dopo il dibattito sviluppato negli ultimi giorni e in vista dell’annunciata chiusura del luogo di culto islamico di Casale, con la possibilità che i fedeli si riversino sul capoluogo. «La moschea di Lodi è il luogo di culto degli islamici della città. Non può pertanto accogliere i fedeli di tutto il territorio», avverte Guerini.
Da parte di palazzo Broletto è stata richiesta una collaborazione ai musulmani, per evitare un’affluenza fuori dalle possibilità di capienza del centro culturale intitolato “Al Fath” di Lodi. «Ho invitato i responsabili della comunità lodigiana a mettersi in contatto con Casale, per chiedere a quei fedeli di non arrivare tutti nel capoluogo, che non potrebbe accogliere per la preghiera persone da tutta la provincia. Ribadisco che la moschea di Lodi è stata pensata per un utilizzo limitato all’ambito cittadino - ha sottolineato Guerini -. Comunque mi è stata espressa dai referenti della comunità musulmana di Lodi la volontà di collaborare, e anche loro hanno di fatto condiviso la mia lettura. Mi auguro in più che si arrivi a una soluzione per Casale, soprattutto per il mese del Ramadan, nel rispetto delle regole e per garantire il diritto al culto». Poi, sempre dal sindaco di Lodi, è arrivato uno stop all’eventualità di fare una preghiera, nel mese sacro per gli islamici, negli spazi esterni di via Lodivecchio: «È chiaro che gli spazi a disposizione per la preghiera sono quelli allestiti per la moschea, sono quindi esclusi all’utilizzo del culto anche i cortili. Altrimenti saremo costretti ad intervenire». Su questi temi, il referente della comunità musulmana, Sabri Sashouk ha affermato che la situazione è sotto controllo, e anche l’imminente chiusura di Casale o la difficoltà a trovare un’area per la preghiera islamica nei pressi di Sant’Angelo non dovrebbero avere conseguenze su Lodi. «Non succederà che i fedeli di Casale vengano nel capoluogo. Ne sono convinto. Devono trovare una soluzione in quella zona. Anche con l’apporto dell’amministrazione comunale. - ha osservato -. Altrimenti che vadano a pregare in piazza. Poi vediamo cosa succede». E nel corso dell’incontro avvenuto in municipio, verso le 12 di ieri, si anche parlato dello spazio di via Po (nella zona dell’Oltreadda) che era stato adibito al culto. Un locale che presto potrebbe essere riaperto, dai referenti dell’associazione “Il Cedro”. «Ho fatto presente che quelle stanze non possono essere utilizzate come una moschea, ma deve essere usato come semplice ritrovo per attività e iniziative», ha affermato Guerini. E lo stesso Sabri Sashouk ha detto che «in città la moschea rimane una sola, quella di via Lodivecchio, mentre quello di via Po è un semplice centro culturale».
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Fascismo, tempi da anticristo

Riprendiamo da Il Cittadino di oggi una lettera di Crem (Dino Cremascoli).
In questa situazione come può riscattarsi la nostra Italia?
Rassegna stampa.

Giro per Lodi in questi giorni di gran caldo e di città deserta e mi accordo che, in centro, ormai sono rarissimi i manifesti che si vedono sui muri. La pubblicità ha le sue esigenze, ma, forse, le soddisfa solo attraverso la tv e lascia i muri cittadini solo per annunci funebri.
Tre manifesti, però, mi hanno colpito in questo periodo in giro per Lodi, sono pochi, ma ci sono. Il manifesto delle Acli che parla dell’inaugurazione della sua nuova sede sul viale delle Rimembranze, in un’ala dell’edificio della Casa della Gioventù: bene per la nuova sede e buona fortuna per le Acli che con i sindacati aumentano i lavoratori.
Altri due manifesti si trovano attualmente sui nostri muri, due manifesti per me molto significativi e che, forse, ai giovani non dicono niente o quasi. Per quelli della mia generazione, sono invece il ricordo di un passato di cui oggi si ignora tutto, o, se non tutto, il 98 per cento. Il restante 2 per cento, non lo si ignora, perché chi l’ha vissuto, l’ha vissuto sulla sua pelle su cui ha lasciato lividi o ferite o cicatrici incancellabili. Parlo dei due manifesti che ricordano, uno l’eccidio di Villa Pompeiana, del luglio 1944 e l’altro i sei lodigiani fucilati al Poligono di tiro di Lodi il 22 agosto dello stesso anno.
I due manifesti ci parlano di un sacco di giovani o giovanissimi uccisi dai fascisti, mentre infuriava la repressione contro i movimenti partigiani in lotta per la libertà. Erano tempi buissimi, quando il mondo era sconvolto dalla guerra, dalla fame, dagli attentati, dalla lotta fratricida, da conflitti di ogni genere, da odio, vendette, distruzioni e il peggio del peggio. Non è che tutto questo avvenisse in capo al mondo, al di là dei mari, in paesi sconosciuti: questo avveniva anche nel piccolo mondo di Lodi e del Lodigiano dove, ucciso senza pietà un gerarca fascista, si prendevano ancor più senza pietà sei ragazzi di Lodi, li si sbatteva contro un muro, e altri ragazzi, armati fino ai denti, li facevano fuori, colpevoli o no, giovani o adulti non importa, perché su tutto regnava lo spirito di parte, il rancore, l’ingiustizia più nera, la ferocia: tempi da anticristo! Che sanno i giovani di oggi di quei giovani dei miei tempi che si sono sacrificati per la mia povera Patria che in questi anni è ancora alla ricerca di basi su cui costruire un avvenire?
I manifesti che leggo sui muri di Lodi mi ricordano i giorni dolorosissimi di oltre 60 anni fa e la pena si rinnova perché furono giorni difficili per tutti e continuano ad esserlo ancora. Si pensi infatti che quelli che hanno fucilato i sei del tiro a segno e gli altri dell’eccidio, oggi sono al potere in Italia o sono simpatizzanti di quanti sono al potere e dettano legge e si fanno passare per i salvatori della Patria che, allora, hanno portato al baratro. Ricordi, i miei, angoscianti anche perché l’attualità me li rende ancor più amari e dolorosi al pensiero che tra quelli che oggi hanno il potere e pontificano e fanno i padreterni ci sono dei “signori“ (per esempio un ministro della Repubblica) i quali non hanno vergogna ad affermare pubblicamente che con la bandiera italiana, per la quale sono morti quelli del tiro a segno e di Villa Pompeiana, loro si puliscono il culo. Un ministro del mio Paese si pulisce il culo con la bandiera? Come può riscattarsi la nostra Italia?
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Reagire da «lanzichenecchi al potere»

Matteo Brunello su Il Cittadino di oggi, ricordando che al Poligono il presidente dell'Anpi aveva parlato di «nuovi lanzichenecchi al potere», ci informa che la Provincia insorge con proprie dichiarazioni.
«L’Anpi usa parole fuori dal tempo».
Il Pdl e Lega insorgono dopo il discorso di Alboni di sabato.
Rassegna stampa.

«Parole faziose e fuori dal tempo»: coro di polemiche da Pdl e Lega nord dopo le dichiarazioni del presidente Anpi, Edgardo Alboni. Nel corso della cerimonia, in ricordo dei martiri del Poligono, l’ex capo partigiano aveva parlato con un riferimento all’attualità di «rozzi cultori di un’assurda politica di discriminazione razziale» e di «nuovi lanzichenecchi al potere». E le frasi hanno scatenato una vera e propria bufera politica. «Non trovo corretto quanto è stato detto. Sono state esternazioni faziosissime, quelle di Alboni - ha attaccato l’assessore provinciale, Nancy Capezzera -. E poi il fascismo non è il male assoluto. Ha fatto anche cose positive per il Paese, in particolare sul fronte del sociale. Vanno bene queste cerimonie commemorative, ma si ricordino, insieme ai partigiani, anche tutti coloro che si sono battuti per il tricolore: da coloro che si sono schierati con la Repubblica sociale italiana, fino a tanti italiani che sono caduti in difesa della nostra patria. Basta con queste visioni ideologiche. Cerchiamo di andare oltre». Sempre la responsabile della viabilità e trasporti a palazzo San Cristoforo, Capezzera (esponente di spicco del Popolo della libertà e proveniente da An) ha continuato dicendo che nel corso della manifestazione di sabato pomeriggio, è stato commesso anche «uno sgarbo istituzionale» nei confronti della provincia: «Eravamo stati richiesti e siamo stati presenti con i simboli dell’ente e con l’assessore Elena Maiocchi - ha sostenuto Capezzera - ma nel corso della manifestazione non siamo stati nemmeno invitati ad esprimere un indirizzo di saluto. Ritengo che questo sia stata una grave mancanza da parte del comune di Lodi. Non bisogna dimenticare che siamo stati eletti dai cittadini e rappresentiamo il territorio». Sul tema del discorso di Alboni, è intervenuto anche un altro esponente della giunta provinciale, l’assessore Cristiano Devecchi (Lega nord): «Vorrei ricordare a chi ha parlato di lanzichenecchi, che ora, quelli che così sono stati definiti, governano, e con la loro azione rispettosa di tutti smentiranno questi giudizi. E poi con il nostro movimento abbiamo dato prova di non essere né razzisti né antidemocratici». Sul tema ha inoltre preso la parola il capogruppo del Carroccio a palazzo Broletto, Mauro Rossi, che ha bollato il discorso di Alboni come «profondamente e moralmente ingiusto». «Non ero presente alla cerimonia, ma mi sono informato su quanto è stato letto dal presidente provinciale Anpi Alboni - ha riferito Rossi -. Ritengo che si debba evitare di trasformare queste commemorazioni in tribune politiche. Rispetto i combattenti dell’Anpi e la Resistenza, però credo che il compito di coloro che guidano tale associazione sia quello di preservare la memoria, altrimenti invito Alboni a scendere nell’agone politico. Faccia i nomi e i cognomi di quelli che, stando a lui, non passeranno».
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Pregis, capannoni in affitto

Lorenzo Rinaldi su Il Cittadino di oggi ci racconta che la decisione arriva dalla casa madre di Deerfield, nell’Illinios, a cui serve liquidità: ieri l’assemblea con i novanta dipendenti.
Ordine Usa: Pregis cede gli immobili.
Ma l’azienda di Ossago non chiude: prenderà in affitto i capannoni.
Rassegna stampa.

Ossago - La Pregis, multinazionale americana dell’imballaggio, cerca di “fare cassa” cedendo i propri immobili in Europa. Così anche lo stabilimento di Ossago, nel quale lavorano novanta persone, sarà messo sul mercato. L’azienda però non cesserà l’attività: semplicemente prenderà in affitto gli attuali capannoni, con un contratto di almeno sei anni, rinnovabile per altri sei. Lo hanno confermato ieri i sindacati del settore chimico, a margine dell’assemblea che si è svolta in fabbrica con i lavoratori. La cessione degli immobili non è però l’unico tema forte di questi giorni: permane infatti il calo degli ordini e dunque la cassa integrazione ordinaria, prevista fino al prossimo 30 novembre, dovrebbe essere portata a termine. Questo almeno è il quadro fornito dai vertici dell’azienda ai rappresentanti di categoria, che comunque preferiscono attendere di avere ulteriori elementi prima di esprimersi compiutamente sulle prospettive occupazionali.
In attesa di conoscere se la ripresa ci sarà e se gli ordini torneranno a salire, la multinazionale di Deerfield, nell’Illinois, ha dunque dato ordine di dismettere parte del proprio patrimonio immobiliare. L’obiettivo è aumentare la liquidità. «La vendita dello stabilimento di Ossago - precisa Francesco Cisarri, segretario provinciale Filcem Cgil - deve ancora essere finalizzata e infatti il confronto con l’azienda è stato aggiornato alla fine di settembre, quando potranno fornirci elementi più precisi. La multinazionale sta cedendo parte dei propri immobili, ma non dismette l’attività e infatti prevede di cedere lo stabilimento di Ossago con un vincolo all’affitto di sei anni più altri sei». Anche Giampiero Bernazzani, segretario provinciale Femca Cisl, fornisce un quadro rassicurante: «I responsabili aziendali ci hanno confermato che l’operazione di dismissione degli immobili è finalizzata ad aumentare la liquidità - dice -: si tratta di una politica che ha adottato la multinazionale e che peraltro viene perseguita anche da altre grandi aziende. L’attività a Ossago quindi non terminerà. Il mese di settembre sarà comunque un banco di prova per verificare se ci sarà la ripresa».
Oltre al nodo immobiliare, resta dunque da chiarire anche l’aspetto dei livelli produttivi. «Al momento permane il calo dei volumi prodotti e in cassa integrazione ordinaria ci sono 8-10 persone al giorno - dice Cisarri -, abbiamo però notizia che dagli stabilimenti del Belgio è arrivata ad Ossago una macchina per il reparto finitura, che ora dovrebbe essere montata. Se sarà utilizzata su tre turni, potrebbe garantire sei posti di lavoro aggiuntivi al giorno». Nulla di eccezionale, quindi, ma un “brodino” in tempi di magra per una realtà, la Pregis, che è tra le principali multinazionali dell’imballaggio, con aziende in tutto il mondo. In Europa il colosso del packaging è presente in Italia (Ossago e Matera), ma anche in Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna. «Nello stabilimento lodigiano di Ossago fino a qualche anno fa lavoravano circa 130 persone - chiosa Cisarri della Cgil -, attualmente gli addetti sono scesi a una novantina».
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Un altro esempio di legge che non tiene conto della realtà

Ne avevamo parlato ieri, oggi un nuovo articolo su Il Cittadino di Carlo Catena precisa la situazione.
Clandestini, tutte le udienze rinviate alla metà di settembre.
Rassegna stampa.

Sono state fissate tutte per il 15 e il 16 settembre le udienze innanzi ai giudici di pace di Lodi e di Codogno per il nuovo reato di “ingresso clandestino nel territorio dello Stato”. Una ventina, dal 10 agosto a ieri, gli extracomunitari irregolari denunciati dalle forze dell’ordine nel Lodigiano e nel Sudmilano, tutti immediatamente destinatari anche di un decreto di espulsione dei questori di competenza. Entro cinque giorni dal provvedimento dovrebbero quindi lasciare il Paese, anche se il “pacchetto sicurezza” dispone che invece l’udienza per il reato di clandestinità vada fissata entro 15 giorni. Il termine non è stato rispettato, nel Lodigiano come in tutta Italia, semplicemente perché fino all’entrata in vigore di questa norma gli uffici del giudice di pace non si dovevano occupare di giudizi immediati, a differenza dei tribunali che invece sono organizzati per tenere udienze tutto l’anno per i casi di arresti in flagranza di reato e conseguente giudizio con rito direttissimo. Per il reato di clandestinità si è quindi deciso di applicare la “sospensione feriale”, cioè il blocco estivo dell’attività giudiziaria ordinaria, e di fissare le udienze nelle prime due giornate disponibili.
Mentre i legali, che in alcuni casi anche nel Lodigiano hanno anche fatto ricorsi al Tar per cercare di far rimanere loro assistiti in Italia, stanno preparando le strategie di difesa, i pubblici ministeri hanno intenzione di chiedere un incontro al procuratore capo Giovanni Pescarzoli per concordare linee unanimi riguardo le richieste di condanna e l’interpretazione della norma. Già passata, invece, la linea delle udienze ravvicinate, una dietro l’altra, cui dovranno partecipare, come per le direttissime, gli agenti e i militari che avevano contestato il reato: un’incombenza “burocratica” in più per le forze dell’ordine.
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Le diverse iniziative regionali per studenti bisognosi

Una “dote” per gli studenti più bisognosi.
La domanda si può compilare in Internet.
Rassegna stampa - Il Cittadino di oggi.

Forse non tutti sanno che Regione Lombardia ha creato una “dote” per gli studenti. L’iniziativa è rivolta agli alunni iscritti alle scuole statali, paritarie (elementari, medie e superiori) o ai corsi di istruzione e formazione professionale regionali. Il progetto, in realtà, presenta opportunità diverse: dal buono scuola, introdotto per permettere la libertà di scelta educativa, all’integrazione al buono scuola, un sostegno aggiuntivo per le famiglie più bisognose; dal contributo per la disabilità, un aiuto per favorire la formazione dei portatori di handicap, al sostegno al reddito, pensato per la permanenza dei ragazzi meno abbienti nel sistema dell’istruzione statale. C’è poi la componente relativa al merito, creata per premiare gli allievi più brillanti. Ogni famiglia può compilare un’unica domanda di dote, anche se ha figli iscritti a percorsi scolastici e formativi diversi. La procedura è molto più semplice per coloro che possiedono la Carta regionale dei servizi, basta compilare la domanda on line, sul sito di Regione Lombardia. Per tutte le altre famiglie, invece, è necessario compilare la richiesta on line e stamparla, per poi consegnarla presso l’istituto scolastico, spetterà poi al Pirellone comunicare l’esito e assegnare i buoni. In ogni caso, le informazioni sono disponibili in internet, all’indirizzo www.regione.lombardia.it. Inoltre, gli utenti possono calcolare lo sconto a cui avrebbero diritto nel caso in cui dovessero ottenere il contributo. Il sistema informativo “Dote Scuola” 2009/2010 sarà aperto dal 1 al 30 settembre 2009 per la presentazione delle domande che riguardano la componente Merito, per i risultati conseguiti nell’anno scolastico 2008/2009. Coloro che hanno effettuato iscrizioni tardive, e quindi non hanno potuto presentare alcuna domanda nel periodo febbraio-aprile 2009, potranno presentare la domanda “Dote scuola” per l’anno scolastico 2009/2010 dal primo al 30 settembre 2009, sempre attraverso le procedure on line.
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