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giovedì 28 gennaio 2010
I canti della merla lungo l’Adda
Fedeli alla tradizione ritornano nella Bassa sulle sponde dell’Adda, a Crotta d’Adda (Cr), Maccastorna (Lo) e Meleti i «canti della merla» che nella cultura contadina padana servivano a salvaguardare dal gelo gli ultimi giorni di gennaio, propiziando fertilità alla terra e salute alle famiglie. In queste sere, al chiarore dei falò, si alternano i cori da una riva all’altra del fiume con canti e balli con assaggio di leccornie e sventolio di colombe bianche di cartapesta, a ricordo della leggenda di una merla bianca infreddolita ricoveratasi con i piccoli nel camino di un cascinale e uscita nera per la fuliggine.
SEQUESTRI DI BENI E SUPERFATTURATO DEI CLAN
L’intelligenza «civile» contro quella mafiosa
È davvero uno "strano" Paese quello in cui, nello stesso giorno, si scopre che la "mafia spa" è la prima azienda italiana con i suoi 135 miliardi di euro di fatturato e contemporaneamente vengono sequestrati beni per 550 milioni di euro al "cassiere" del boss siciliano Matteo Messina Denaro. Sì, uno "strano" Paese, colmo di contraddizioni e di sorprese, sempre difficile da catalogare, ma che non merita di essere definito "mafioso".
Le due notizie, entrambe importantissime, ci restituiscono la consapevolezza di un Paese vivo che conosce i suoi mali e forse ha trovato la strada giusta per guarirli, senza mai perdere di vista la complessità dell’impresa. Proviamo a leggere i fatti. Innanzitutto la rinnovata capacità di decifrare il fenomeno mafioso e di metterlo a nudo.
Lo sforzo messo in campo dalla Confesercenti con il rapporto Sos Impresa dal titolo "Le mani della criminalità sulle imprese" è la testimonianza tangibile che le intelligenze positive sono all’opera e che la mafia non può pensare di operare nell’ombra. Quando agli inizi degli anni Novanta, Mario Centorrino, Enzo Fantò e altri intellettuali meridionali posero il problema della cosiddetta "mafia imprenditrice", molti analisti furono colti di sorpresa. Poi l’evidenza dei fatti, la manifesta capacità mafiosa di allocare le "sue" risorse, il costante lambire e corteggiare il mondo della finanza, la crescita esponenziale delle inchieste di mafia in tutti i territori (compresi quelli non "canonicamente" sotto ricatto) hanno offerto elementi di certezza.
Ora, l’intelligenza mafiosa, che è sempre bene non associare semplicisticamente al volto e alle dita nodose del vecchio capomafia, sa di dover fare i conti con un’altra intelligenza. Quella "civile" di chi sa fare i conti in tasca alla criminalità, sino al punto di valutare l’utile della "mafia spa" attorno ai 70 miliardi di euro, al netto di investimenti e accantonamenti. Una cifra sconvolgente: non c’è alcuna attività legale e pulita che possa garantire un margine di quelle dimensioni, pari cioè al 50% del fatturato. Un dato davvero allarmante che testimonia l’efficacia del sistema economico mafioso, nel quale la prima voce è costituita ovviamente dalle droghe, con 60 miliardi di fatturato.
Ma poi ci sono la filiera agroalimentare, gli appalti pubblici, i settori immobiliare e finanziario, con un posto di rilievo per il "pizzo" e l’usura. Questa straordinaria capacità di analisi e di descrizione rafforza il secondo polo del nostro ragionamento: non bisogna fare neanche un mezzo passo indietro nella scelta di colpire i capitali mafiosi. Il colpaccio portato a segno in Sicilia e che ha oggettivamente indebolito il superboss latitante Matteo Messina Denaro è solo l’ultimo dei maxisequestri. La strada è giusta, anche se bisogna essere ben consapevoli che la reazione mafiosa non tarderà e che dunque lo Stato non può permettersi di abbassare la guardia.
Non sappiamo quale sarà la goccia che farà traboccare il vaso per i capimafia, ma questo è il momento di far capire che si è aperta una stagione nuova. E che lo Stato vuole giocarsi la partita senza paura e sino in fondo. Del resto, basta considerare come la mafia stia risalendo inesorabilmente lo Stivale per capire che non le si può cedere il passo. I sequestri di beni mafiosi sono concentrati al 90 per cento al Centro-Sud, ma la Borsa è a Milano. Italia avvisata, mezza salvata.
(Avvenire -Domenico Delle Foglie)
L’intelligenza «civile» contro quella mafiosa
È davvero uno "strano" Paese quello in cui, nello stesso giorno, si scopre che la "mafia spa" è la prima azienda italiana con i suoi 135 miliardi di euro di fatturato e contemporaneamente vengono sequestrati beni per 550 milioni di euro al "cassiere" del boss siciliano Matteo Messina Denaro. Sì, uno "strano" Paese, colmo di contraddizioni e di sorprese, sempre difficile da catalogare, ma che non merita di essere definito "mafioso".
Le due notizie, entrambe importantissime, ci restituiscono la consapevolezza di un Paese vivo che conosce i suoi mali e forse ha trovato la strada giusta per guarirli, senza mai perdere di vista la complessità dell’impresa. Proviamo a leggere i fatti. Innanzitutto la rinnovata capacità di decifrare il fenomeno mafioso e di metterlo a nudo.
Lo sforzo messo in campo dalla Confesercenti con il rapporto Sos Impresa dal titolo "Le mani della criminalità sulle imprese" è la testimonianza tangibile che le intelligenze positive sono all’opera e che la mafia non può pensare di operare nell’ombra. Quando agli inizi degli anni Novanta, Mario Centorrino, Enzo Fantò e altri intellettuali meridionali posero il problema della cosiddetta "mafia imprenditrice", molti analisti furono colti di sorpresa. Poi l’evidenza dei fatti, la manifesta capacità mafiosa di allocare le "sue" risorse, il costante lambire e corteggiare il mondo della finanza, la crescita esponenziale delle inchieste di mafia in tutti i territori (compresi quelli non "canonicamente" sotto ricatto) hanno offerto elementi di certezza.
Ora, l’intelligenza mafiosa, che è sempre bene non associare semplicisticamente al volto e alle dita nodose del vecchio capomafia, sa di dover fare i conti con un’altra intelligenza. Quella "civile" di chi sa fare i conti in tasca alla criminalità, sino al punto di valutare l’utile della "mafia spa" attorno ai 70 miliardi di euro, al netto di investimenti e accantonamenti. Una cifra sconvolgente: non c’è alcuna attività legale e pulita che possa garantire un margine di quelle dimensioni, pari cioè al 50% del fatturato. Un dato davvero allarmante che testimonia l’efficacia del sistema economico mafioso, nel quale la prima voce è costituita ovviamente dalle droghe, con 60 miliardi di fatturato.
Ma poi ci sono la filiera agroalimentare, gli appalti pubblici, i settori immobiliare e finanziario, con un posto di rilievo per il "pizzo" e l’usura. Questa straordinaria capacità di analisi e di descrizione rafforza il secondo polo del nostro ragionamento: non bisogna fare neanche un mezzo passo indietro nella scelta di colpire i capitali mafiosi. Il colpaccio portato a segno in Sicilia e che ha oggettivamente indebolito il superboss latitante Matteo Messina Denaro è solo l’ultimo dei maxisequestri. La strada è giusta, anche se bisogna essere ben consapevoli che la reazione mafiosa non tarderà e che dunque lo Stato non può permettersi di abbassare la guardia.
Non sappiamo quale sarà la goccia che farà traboccare il vaso per i capimafia, ma questo è il momento di far capire che si è aperta una stagione nuova. E che lo Stato vuole giocarsi la partita senza paura e sino in fondo. Del resto, basta considerare come la mafia stia risalendo inesorabilmente lo Stivale per capire che non le si può cedere il passo. I sequestri di beni mafiosi sono concentrati al 90 per cento al Centro-Sud, ma la Borsa è a Milano. Italia avvisata, mezza salvata.
(Avvenire -Domenico Delle Foglie)
Bettino, Nichi, Emma e un illogico legame
Coalizioni e legittimità democratica
C’ è qualcosa in comune fra Bettino Craxi, Nichi Vendola ed Emma Bonino, a parte l’appartenenza al genere umano e lo svolgimento per professione dell’attività politica? La domanda può apparire paradossale, incrociando l’attualità delle faide interne al centrosinistra con un noto personaggio del recente passato italiano, oggi in via di dibattuta riabilitazione. Ma a essa vi è una risposta positiva che sottolinea una anomalia italiana che ha le sue radici negli anni Ottanta e che si è sorprendentemente trasmessa alla cosiddetta Seconda Repubblica.
Contrariamente a quanto molti credono, il bipartitismo non è la regola dei sistemi politici contemporanei. Esso è, anzi, in crisi proprio in quei
sistemi Westminster
(Gran Bretagna, Canada, Australia, Nuova Zelanda) di cui è stato un tratto caratterizzante per buona parte del Novecento. È invece un dato comune la formazione di coalizioni fra partiti che aspirano a governare assieme, sia che tali coalizioni si formino prima sia che nascano dopo le elezioni. E in una coalizione, si pone, fra gli altri, il problema di individuare chi dovrà guidarla. Al riguardo vi è una regola che trova applicazione quasi universale: quella secondo cui il leader della coalizione di governo è espresso dal partito principale di essa. Cosí, in Germania, Angela Merkel guida una coalizione con i liberali perché il suo partito ha ottenuto il 33% contro il 15 della Fdp, così come guidava la precedente 'Grande coalizione' perché nel 2005 i due partiti democristiani avevano preceduto di mezzo punto la Spd di Schröder.
Esempi simili si possono trovare nei Paesi scandinavi, in Ungheria, in Scozia e in Catalogna, per citare esempi tanto di Stati sovrani che di enti simili alle nostre Regioni.
A lungo questa è stata la regola anche in Italia: dal 1945 al 1981 i presidenti del Consiglio furono democristiani nonostante che la Dc non avesse (salvo che nella I legislatura) i numeri per governare da sola. Ma era il 'partito di maggioranza relativa' e gli alleati – che pure utilizzavano il potere di veto su questo o quel leader democristiano – non contestavano che la presidenza andasse alla Dc. La regola saltò negli anni Ottanta, dapprima con Spadolini (1981-82), poi con Craxi (1983-87) e con Giuliano Amato (1992-93). Fu il leader socialista a teorizzare l’«alternanza» alla guida del governo fra dc e socialisti, in base all’idea che essa avrebbe dovuto surrogare l’alternativa fra moderati e sinistre, ritenuta impraticabile per il ruolo del Pci.
Ma con l’alternanza craxiana si incrinava il nesso fra consenso, potere e responsabilità che caratterizza le democrazie rappresentative: i socialisti acquisivano un potere politico sproporzionato al consenso e forse sta qui una delle ragioni dell’impopolaritá che li travolse all’inizio dello scorso decennio. Il loro potere non era percepito come democraticamente fondato e quindi come revocabile in forme democratiche.
Dalla Prima Repubblica il costume di attribuire la guida del governo a un esponente di un partito minore si è trasferito alla seconda. Il caso di Romano Prodi, leader vittorioso nel 1996 e nel 2006, nonostante non fosse espressione del principale partito della coalizione (Pds poi Ds), può in fondo essere inquadrato in questa logica, così come le ragioni di questo fenomeno vanno individuate nei residui problemi di legittimazione del partito erede della tradizione comunista. Al tempo stesso, però, vi era una differenza con gli anni Ottanta: la coalizione da mero «accordo» era divenuta un «soggetto», con un proprio leader e un programma, distinto dai partiti, anche se debole.
Oggi Bonino e Vendola impongono – in modi diversi – dall’esterno al Pd le loro ambizioni di leadership in due grandi regioni italiane, in una fase in cui non esistono piú le coalizioni-soggetto degli anni 1994¬2008. La legittimità democratica – e la plausibilità logica – di questo tipo di operazioni si prestano a forti dubbi. Al tempo stesso tutto ciò è la punta dell’iceberg di una crisi. Quella del Pd, che appare ormai un personaggio in cerca d’autore.
(Avvenire - Marco Olivetti)
Coalizioni e legittimità democratica
C’ è qualcosa in comune fra Bettino Craxi, Nichi Vendola ed Emma Bonino, a parte l’appartenenza al genere umano e lo svolgimento per professione dell’attività politica? La domanda può apparire paradossale, incrociando l’attualità delle faide interne al centrosinistra con un noto personaggio del recente passato italiano, oggi in via di dibattuta riabilitazione. Ma a essa vi è una risposta positiva che sottolinea una anomalia italiana che ha le sue radici negli anni Ottanta e che si è sorprendentemente trasmessa alla cosiddetta Seconda Repubblica.
Contrariamente a quanto molti credono, il bipartitismo non è la regola dei sistemi politici contemporanei. Esso è, anzi, in crisi proprio in quei
sistemi Westminster
(Gran Bretagna, Canada, Australia, Nuova Zelanda) di cui è stato un tratto caratterizzante per buona parte del Novecento. È invece un dato comune la formazione di coalizioni fra partiti che aspirano a governare assieme, sia che tali coalizioni si formino prima sia che nascano dopo le elezioni. E in una coalizione, si pone, fra gli altri, il problema di individuare chi dovrà guidarla. Al riguardo vi è una regola che trova applicazione quasi universale: quella secondo cui il leader della coalizione di governo è espresso dal partito principale di essa. Cosí, in Germania, Angela Merkel guida una coalizione con i liberali perché il suo partito ha ottenuto il 33% contro il 15 della Fdp, così come guidava la precedente 'Grande coalizione' perché nel 2005 i due partiti democristiani avevano preceduto di mezzo punto la Spd di Schröder.
Esempi simili si possono trovare nei Paesi scandinavi, in Ungheria, in Scozia e in Catalogna, per citare esempi tanto di Stati sovrani che di enti simili alle nostre Regioni.
A lungo questa è stata la regola anche in Italia: dal 1945 al 1981 i presidenti del Consiglio furono democristiani nonostante che la Dc non avesse (salvo che nella I legislatura) i numeri per governare da sola. Ma era il 'partito di maggioranza relativa' e gli alleati – che pure utilizzavano il potere di veto su questo o quel leader democristiano – non contestavano che la presidenza andasse alla Dc. La regola saltò negli anni Ottanta, dapprima con Spadolini (1981-82), poi con Craxi (1983-87) e con Giuliano Amato (1992-93). Fu il leader socialista a teorizzare l’«alternanza» alla guida del governo fra dc e socialisti, in base all’idea che essa avrebbe dovuto surrogare l’alternativa fra moderati e sinistre, ritenuta impraticabile per il ruolo del Pci.
Ma con l’alternanza craxiana si incrinava il nesso fra consenso, potere e responsabilità che caratterizza le democrazie rappresentative: i socialisti acquisivano un potere politico sproporzionato al consenso e forse sta qui una delle ragioni dell’impopolaritá che li travolse all’inizio dello scorso decennio. Il loro potere non era percepito come democraticamente fondato e quindi come revocabile in forme democratiche.
Dalla Prima Repubblica il costume di attribuire la guida del governo a un esponente di un partito minore si è trasferito alla seconda. Il caso di Romano Prodi, leader vittorioso nel 1996 e nel 2006, nonostante non fosse espressione del principale partito della coalizione (Pds poi Ds), può in fondo essere inquadrato in questa logica, così come le ragioni di questo fenomeno vanno individuate nei residui problemi di legittimazione del partito erede della tradizione comunista. Al tempo stesso, però, vi era una differenza con gli anni Ottanta: la coalizione da mero «accordo» era divenuta un «soggetto», con un proprio leader e un programma, distinto dai partiti, anche se debole.
Oggi Bonino e Vendola impongono – in modi diversi – dall’esterno al Pd le loro ambizioni di leadership in due grandi regioni italiane, in una fase in cui non esistono piú le coalizioni-soggetto degli anni 1994¬2008. La legittimità democratica – e la plausibilità logica – di questo tipo di operazioni si prestano a forti dubbi. Al tempo stesso tutto ciò è la punta dell’iceberg di una crisi. Quella del Pd, che appare ormai un personaggio in cerca d’autore.
(Avvenire - Marco Olivetti)
Consiglio regionale
Problema dislessia, arriva norma ad hoc
Dislessia, nuova ricetta dal Consiglio regionale, che ieri ha votato un provvedimento che con¬tiene disposizioni in favore dei soggetti affetti da disturbi di apprendimento. Il testo, sintesi di tre di¬stinte proposte formulate sia da maggioranza sia dal¬l’opposizione, è stato approvato all’unanimità. Obietti¬vo del provvedimento è garantire la presenza di sogget¬ti affetti da dislessia, disortografia e discalculia nella scuola, nel lavoro, nella forma¬zione professionale «e in ogni altro contesto nel quale si svi¬luppi e si realizzi la persona». Insomma l’idea è di dare un’oc¬casione in più. Il testo prevede infatti che per i soggetti affetti da disturbi specifici di appren¬dimento la Regione garantisca pari opportunità sia nei bandi di concorso che durante le pro¬ve, anche attraverso appositi strumenti tecnologici. «Nelle classi elementari – ha sottoli¬neato il consigliere del Pd, Francesco Prina, tra i pro-motori dell’iniziativa – si registrano almeno un caso o due ogni anno di soggetti affetti da dislessia. È quindi importante diagnosticare in modo precoce e tempesti¬vo questa patologia, permettendo a chi ne è affetto di fare passi avanti verso il miglioramento o la guarigione totale». Soddisfatti anche il presidente della commis¬sione Sanità Pietro Macconi (Pdl) e Maria Grazia Fabri¬zio (Centro-sinistra per la Lombardia). «Con questa leg¬ge – ha detto Fabrizio –, da una parte, non si derubrica la dislessia come handicap e dall’altra si persegue la stra¬da delle pari opportunità permettendo ai bambini e ra¬gazzi che ne sono affetti di avere le stesse possibilità di tutti gli altri». Anche il consigliere Alessandro Cè (Cri¬stiani e Federalisti), ex assessore leghista alla Sanità, ha giudicato «positiva» la legge, anche se ha considerato troppo scarse le risorse contenute nella norma finan¬ziaria del provvedimento.
Interventi per l’inserimento Voto bipartisan dell’Aula, ma l’ex assessore alla Sanità Cè avvisa: Poche le risorse»
(Avvenire- Davide Re)
Problema dislessia, arriva norma ad hoc
Dislessia, nuova ricetta dal Consiglio regionale, che ieri ha votato un provvedimento che con¬tiene disposizioni in favore dei soggetti affetti da disturbi di apprendimento. Il testo, sintesi di tre di¬stinte proposte formulate sia da maggioranza sia dal¬l’opposizione, è stato approvato all’unanimità. Obietti¬vo del provvedimento è garantire la presenza di sogget¬ti affetti da dislessia, disortografia e discalculia nella scuola, nel lavoro, nella forma¬zione professionale «e in ogni altro contesto nel quale si svi¬luppi e si realizzi la persona». Insomma l’idea è di dare un’oc¬casione in più. Il testo prevede infatti che per i soggetti affetti da disturbi specifici di appren¬dimento la Regione garantisca pari opportunità sia nei bandi di concorso che durante le pro¬ve, anche attraverso appositi strumenti tecnologici. «Nelle classi elementari – ha sottoli¬neato il consigliere del Pd, Francesco Prina, tra i pro-motori dell’iniziativa – si registrano almeno un caso o due ogni anno di soggetti affetti da dislessia. È quindi importante diagnosticare in modo precoce e tempesti¬vo questa patologia, permettendo a chi ne è affetto di fare passi avanti verso il miglioramento o la guarigione totale». Soddisfatti anche il presidente della commis¬sione Sanità Pietro Macconi (Pdl) e Maria Grazia Fabri¬zio (Centro-sinistra per la Lombardia). «Con questa leg¬ge – ha detto Fabrizio –, da una parte, non si derubrica la dislessia come handicap e dall’altra si persegue la stra¬da delle pari opportunità permettendo ai bambini e ra¬gazzi che ne sono affetti di avere le stesse possibilità di tutti gli altri». Anche il consigliere Alessandro Cè (Cri¬stiani e Federalisti), ex assessore leghista alla Sanità, ha giudicato «positiva» la legge, anche se ha considerato troppo scarse le risorse contenute nella norma finan¬ziaria del provvedimento.
Interventi per l’inserimento Voto bipartisan dell’Aula, ma l’ex assessore alla Sanità Cè avvisa: Poche le risorse»
(Avvenire- Davide Re)
Cani pericolosi, ora ci vuole il patentino
A spasso con il proprio cane con patentino contro le aggressioni e le morsicature, a volte leta¬li. È infatti entrato in vigore, con la pubblicazione in Gaz¬zetta Ufficiale, il decreto che istituisce i corsi di formazio¬ne obbligatori per chi possie¬de un cane “problematico” o a “rischio elevato”, e facolta¬tivi, ma consigliati, per tutti gli altri proprietari. « Una straordinaria occasione - ha detto il sottosegretario alla Sa¬lute, Francesca Martini, arte¬fice del provvedimento - di acquisire informazioni sul proprio animale e giungere ad un effettivo possesso respon¬sabile » . Il decreto sul patentino per i possessori di cani, stabilisce in particolare i criteri e le linee guida per la programmazione dei percorsi formativi volti a fornire nozioni sulla normati¬va vigente e sulle caratteristiche fi¬siologiche ed eto¬logiche del cane in modo da indi¬rizzare il proprie¬tario verso il pos¬sesso responsabi-le. I corsi saranno organizzati dai comuni a li¬vello locale. Il provvedimento dispone che i Comuni, con¬giuntamente con le aziende sanitarie locali, per l’organiz¬zazione di questi corsi possa¬no avvalersi, oltre che della collaborazione degli ordini professionali dei medici vete¬rinari, delle facoltà di medici¬na veterinaria, delle associa¬zioni veterinarie e di prote¬zione degli animali, anche della collabora¬zione di educato¬ri cinofili di com¬provata espe¬rienza.
«Considero fon¬damentale il fat¬to che finalmente i percorsi forma¬tivi per i proprietari di cani ¬ha sottolineato ancora Marti¬ni - possano entrare a regime. Costituiscono una straordi¬naria occasione per acquisire informazioni sul proprio ani¬male e giungere ad un pos¬sesso cosciente. La cono¬scenza delle leggi in vigore e il principio della responsabi¬lità rappresentano un pilastro fondamentale per migliorare la civile convivenza nel nostro Paese » .
Per la presidente dell’Ente na¬zionale protezione animali ( Enpa), Carla Rocchi, « i pro-prietari di cani avranno un aiuto fondamentale per im¬postare nel migliore dei modi il rapporto con i loro animali evitando allo stesso modo la demonizzazione di alcune razze » .
Negativo il giudizio del Coda¬cons: « Patentino obbligatorio solo dopo che il cane ha già sbranato » .
Per i padroni di alcune razze, resi obbligatori percorsi formativi
A spasso con il proprio cane con patentino contro le aggressioni e le morsicature, a volte leta¬li. È infatti entrato in vigore, con la pubblicazione in Gaz¬zetta Ufficiale, il decreto che istituisce i corsi di formazio¬ne obbligatori per chi possie¬de un cane “problematico” o a “rischio elevato”, e facolta¬tivi, ma consigliati, per tutti gli altri proprietari. « Una straordinaria occasione - ha detto il sottosegretario alla Sa¬lute, Francesca Martini, arte¬fice del provvedimento - di acquisire informazioni sul proprio animale e giungere ad un effettivo possesso respon¬sabile » . Il decreto sul patentino per i possessori di cani, stabilisce in particolare i criteri e le linee guida per la programmazione dei percorsi formativi volti a fornire nozioni sulla normati¬va vigente e sulle caratteristiche fi¬siologiche ed eto¬logiche del cane in modo da indi¬rizzare il proprie¬tario verso il pos¬sesso responsabi-le. I corsi saranno organizzati dai comuni a li¬vello locale. Il provvedimento dispone che i Comuni, con¬giuntamente con le aziende sanitarie locali, per l’organiz¬zazione di questi corsi possa¬no avvalersi, oltre che della collaborazione degli ordini professionali dei medici vete¬rinari, delle facoltà di medici¬na veterinaria, delle associa¬zioni veterinarie e di prote¬zione degli animali, anche della collabora¬zione di educato¬ri cinofili di com¬provata espe¬rienza.
«Considero fon¬damentale il fat¬to che finalmente i percorsi forma¬tivi per i proprietari di cani ¬ha sottolineato ancora Marti¬ni - possano entrare a regime. Costituiscono una straordi¬naria occasione per acquisire informazioni sul proprio ani¬male e giungere ad un pos¬sesso cosciente. La cono¬scenza delle leggi in vigore e il principio della responsabi¬lità rappresentano un pilastro fondamentale per migliorare la civile convivenza nel nostro Paese » .
Per la presidente dell’Ente na¬zionale protezione animali ( Enpa), Carla Rocchi, « i pro-prietari di cani avranno un aiuto fondamentale per im¬postare nel migliore dei modi il rapporto con i loro animali evitando allo stesso modo la demonizzazione di alcune razze » .
Negativo il giudizio del Coda¬cons: « Patentino obbligatorio solo dopo che il cane ha già sbranato » .
Per i padroni di alcune razze, resi obbligatori percorsi formativi
«Sei stato candidato» Racconti e consigli per chi cerca lavoro
InfoJobs.it, società di recruitment online , lancia una nuova iniziativa tramite il sito Sei Stato Candidato, un progetto rivolto agli utenti che hanno sostenuto un colloquio di lavoro. All’indirizzo www.seistatocandidato.it si potranno descrivere le proprie esperienze vissute durante la ricerca di un lavoro, raccontando le domande più strane o le situazioni più insolite affrontate durante il colloquio di selezione. Obiettivo del progetto lanciato da InfoJobs.it è quello di aprire un dialogo con i candidati. Sul sito gli utenti potranno pubblicare anche le 'domande più strane' a cui hanno dovuto rispondere e consigli utili basati sulla propria esperienza personale. I contenuti migliori verranno selezionati e pubblicati in un libro-guida, che sarà poi disponibile gratuitamente sul sito.
InfoJobs.it, società di recruitment online , lancia una nuova iniziativa tramite il sito Sei Stato Candidato, un progetto rivolto agli utenti che hanno sostenuto un colloquio di lavoro. All’indirizzo www.seistatocandidato.it si potranno descrivere le proprie esperienze vissute durante la ricerca di un lavoro, raccontando le domande più strane o le situazioni più insolite affrontate durante il colloquio di selezione. Obiettivo del progetto lanciato da InfoJobs.it è quello di aprire un dialogo con i candidati. Sul sito gli utenti potranno pubblicare anche le 'domande più strane' a cui hanno dovuto rispondere e consigli utili basati sulla propria esperienza personale. I contenuti migliori verranno selezionati e pubblicati in un libro-guida, che sarà poi disponibile gratuitamente sul sito.
Milano si ferma causa smog.
Formigoni: “Non siamo baluba”
Domenica prossima circolano solo auto a impatto zero (gpl, metano elettriche)
Milano “ferma” causa inquinamento. Dalle 10.00 alle 18.00 di domenica prossima sarà vietata infatti la circolazione delle auto private, salvo quelle a impatto zero (gpl, metano, elettriche). Questa la decisione emersa dal vertice contro l'emergenza inquinamento a cui hanno partecipato il presidente di Regione Lombardia, Roberto Formigoni, il sindaco Letizia Moratti e l'assessore provinciale ai Trasporti, Giovanni De Nicola.
Ci si augura che l’iniziativa sia sufficiente. Se però l'emergenza smog dovesse continuare, il piano messo a punto da Regione, Provincia e Comune, prevede altre iniziative tra le quali un ampliamento dell'Ecopass nel centro cittadino per i veicoli diesel Euro 4 senza filtro antiparticolato (oggi esentati dal pagamento). Il provvedimento scatterà nel caso in cui i limiti di Pm10 dovessero essere sforati per 20 giorni consecutivi e verrà ritirato dopo tre giorni di rientro dei valori inquinanti.
“Milano e la Lombardia non sono la maglia nera dell'inquinamento, né in Italia né in Europa", ha commentato il governatore Roberto Formigoni, il quale ha voluto ricordare le "azioni strutturali" adottate in questi anni, che hanno favorito il miglioramento della qualità dell'aria e il ricambio del parco auto. "Non siamo i baluba (cioè sprovveduti) - ha detto con una espressione molto colorita - che non hanno incentivato il cambio delle auto". E al riguardo ha ricordato i 104 milioni di euro stanziati per la sostituzione delle auto private, a cui si aggiungono i 30 per il rinnovo delle caldaie.
(QE)
Formigoni: “Non siamo baluba”
Domenica prossima circolano solo auto a impatto zero (gpl, metano elettriche)
Milano “ferma” causa inquinamento. Dalle 10.00 alle 18.00 di domenica prossima sarà vietata infatti la circolazione delle auto private, salvo quelle a impatto zero (gpl, metano, elettriche). Questa la decisione emersa dal vertice contro l'emergenza inquinamento a cui hanno partecipato il presidente di Regione Lombardia, Roberto Formigoni, il sindaco Letizia Moratti e l'assessore provinciale ai Trasporti, Giovanni De Nicola.
Ci si augura che l’iniziativa sia sufficiente. Se però l'emergenza smog dovesse continuare, il piano messo a punto da Regione, Provincia e Comune, prevede altre iniziative tra le quali un ampliamento dell'Ecopass nel centro cittadino per i veicoli diesel Euro 4 senza filtro antiparticolato (oggi esentati dal pagamento). Il provvedimento scatterà nel caso in cui i limiti di Pm10 dovessero essere sforati per 20 giorni consecutivi e verrà ritirato dopo tre giorni di rientro dei valori inquinanti.
“Milano e la Lombardia non sono la maglia nera dell'inquinamento, né in Italia né in Europa", ha commentato il governatore Roberto Formigoni, il quale ha voluto ricordare le "azioni strutturali" adottate in questi anni, che hanno favorito il miglioramento della qualità dell'aria e il ricambio del parco auto. "Non siamo i baluba (cioè sprovveduti) - ha detto con una espressione molto colorita - che non hanno incentivato il cambio delle auto". E al riguardo ha ricordato i 104 milioni di euro stanziati per la sostituzione delle auto private, a cui si aggiungono i 30 per il rinnovo delle caldaie.
(QE)
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