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mercoledì 7 ottobre 2009

Identità e manipolazione della storia

Vincenzo Dossena ha scritto a Il Cittadino una lettera, pubblicata oggi, che può essere un'utile lettura per una riflessione sull'uso politico del passato e della storia.
Onestà e trasparenza intellettuale nel recupero delle radici.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Vincenzo Dossena, 7 ottobre 2009.

Gentilissimo Direttore, ho rilevato l’enfasi e lo sfondo retorico con il quale è stato presentato in anteprima venerdì 2 Ottobre il kolossal Barbarossa e respingo al mittente, il regista Martinelli, la dedica del film «alla nostra gente padana»: in primis come cittadino lodigiano. A prescindere della qualità dell’opera prodotta con larghi mezzi finanziari pubblici, non sfugge l’alone propagandistico che, fatti tutti i debiti scongiuri denota parallelismi con episodi di politica cinematografica del ventennio fascista che esaltavano Roma imperiale. Non mi stupirei che alla prossima Mostra di Venezia dopo la premiazione di “Scipione l’africano” con la coppa Mussolini non si istituisse una apposita onorificenza, tipo Nastro Lumbard, per esaltare il capolavoro fortemente voluto dalla nomenclatura leghista.
Detto dell’aspetto promozionale, il maggior disappunto nasce dal fatto di come la manipolazione della Storia possa essere asservita impropriamente a ricerca di identità: nel caso dell’attuale Lega ad uso dichiaratamente ideologico.Qui riprendo una delle conferenze d’autore su temi storici - promossa lo scorso aprile dalla Casa editrice Laterza, dall’Amministrazione comunale di Milano e Fondazione Corsera: nello splendido scenario della Basilica di Santa Maria delle Grazie dove il Prof. Alessandro Barbero tenne una “lezione” sul tema “Barbarossa sconfitto a Legnano”. La ricostruzione storica, che qui sintetizzo per ragioni di spazio, sviluppa un’analisi su come la battaglia di Legnano ritardò per sette secoli il processo di costituzione di uno Stato nazionale in Italia: processo che iniziava a manifestarsi nei paesi cristiani contemporanei (vedi Francia ed Inghilterra) e del quale Federico I ne aveva colto il significato: quello di una “res publica” superiore agli interessi individuali. Quali allora le ragioni della sfida dei comuni “padani”: in fondo la sovranità imperiale era esercitata in termini tutt’altro che invasivi. Entrando nel merito della conferenza del prof. Barbero si rileva come nel XII secolo le città lombarde erano così ricche, così sicure di sé che si erano abituate a governarsi come potenze autonome, facendosi la guerra a vicenda, mentre la debolezza degli imperatori ne aveva autorizzato qualcuna addirittura a battersi moneta. I lombardi erano fieri della loro libertà e di non riconoscere più l’autorità imperiale e le sue leggi. Qualcuno di loro, a dire il vero, aveva già cominciato ad accorgersi delle conseguenze catastrofiche di quella troppa libertà: erano gli abitanti delle piccole città come Como, Lodi, che rischiavano d’essere divorate dalle grandi, vedi Milano. Qui inserisco un breve break di attualità politica: provare a ragionare in termini di autonomia federativa ma saldamente agganciata ad un sistema di Istituzioni centralizzate con funzioni di garanzia e salvaguardia dal “prepotente” di turno: allora era Milano, oggi potrebbe essere la stessa Lodi per Maccastorna. Tornando all’analisi storica, molti lombardi in cuor loro, non erano poi così turbati dall’idea che l’imperatore rientrasse per imporre un po’ di ordine centralizzato nella pianura padana. Ma non i milanesi: loro sentivano di avere da guadagnare più di tutti dalla assenza di limiti e di leggi. Con la propaganda, con il denaro, con la forza convinsero molte altre città, alcune entusiaste ed altre riluttanti, a unirsi con loro in una Lega per tenere testa all’imperatore e far fallire il suo progetto accentratore. L’esito dello scontro a Legnano lo conosciamo: resta da chiedersi se sia stato un bene o un male per l’Italia che la costruzione di uno Stato nazionale avviata, in altri Paesi, dai colleghi del Barbarossa abbia dovuto attendere per realizzarsi fino al XIX secolo, cioè, con quel Risorgimento che avrebbe additato nell’imperatore tedesco come il peggiore dei tiranni.
Ironia della sorte vedi le “Istruzioni” allegate al testo delle Legge Casati su come terminare il secondo ciclo di studi della scuola elementare (dopo il 1861): ... l’origine della Real Casa di Savoia e N.B.! la proposizione della Lega Lombarda come mito fondatore della unità nazionale!! Concludo convinto che sopperire al rischio di uno sbandamento per mancanza di identità collettive, per i giovani e per alcune generazioni precedenti, rappresenta la sfida più importante che l’insegnamento e l’uso della ricostruzione storica deve e soprattutto dovrà affrontare nel prossimo futuro. Abbiamo sicuramente bisogno del nostro passato e di identità nelle quali affondare le nostre radici: facciamolo senza demagogia, ma con onestà e trasparenza intellettuale.
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Giustizia è fatta

Pronuncia a maggioranza dei giudici della Corte costituzionale sulla legge che sospende i processi per le prime quattro cariche dello Stato. "È in conflitto col principio di uguaglianza dei cittadini".
Consulta: lodo Alfano illegittimo.
"Non basta una legge ordinaria". Bonaiuti: "Sentenza politica, il premier continuerà a governare". Prima del verdetto minaccia di Bossi: "Non sfidare l'ira dei popoli".
Rassegna stampa - Repubblica.it, 7 ottobre 2009.

Roma - Il lodo Alfano è illegittimo, perché viola ben due norme della nostra Carta costituzionale: l'articolo 3, che stabilisce l'uguaglianza di tutti i cittadini (anche di fronte alla legge); e l'articolo 138, che impone l'obbligo, in casi del genere, di far ricorso a una legge costituzionale e non ordinaria. Lo hanno deciso, a maggioranza, i giudici della Consulta, riuniti in seduta plenaria dalla mattinata di ieri, a proposito del provvedimento che sospende i processi per le prime quattro cariche dello Stato.

Le reazioni del mondo politico

Palazzo Grazioli: "Sentenza politica". La bocciatura a tutto campo, da parte della Corte costituzionale, colpisce un provvedimento fortemente voluto dal premier Silvio Berlusconi. Che lascia commentare l'esito della vicenda al sottosegretario Paolo Bonaiuti: "Una sentenza politica, ma il presidente, il governo e la maggioranza continueranno a governare come, in tutte le occasioni dall'aprile del 2008, hanno richiesto gli italiani con il loro voto".
Berlusconi ritorna imputato. Ma quella presa della Corte resta una decisione di enorme importanza; forse la più delicata, tra quelle degli ultimi anni. Anche perché, sul piano pratico, sblocca i due processi milanesi a carico del premier (per corruzione in atti giudiziari dell'avvocato Mills, e per reati societari nella compravendita dei diritti tv Mediaset), congelati proprio a causa del lodo. La Corte ha quindi accolto i dubbi di legittimità sollevati dai magistrati del capoluogo lombardo. La Consulta ha invece dichiarato inammissibile il terzo ricorso, proposto dal gip di Roma chiamato a decidere se archiviare (come chiesto dalla procura) la posizione di Berlusconi - indagato per istigazione alla corruzione di alcuni senatori, eletti all'estero durante la scorsa legislatura.
Corte divisa. I giudici costituzionali sono entrati in camera di consiglio ieri, ma la giornata si è conclusa con una fumata nera. Da qui la seconda riunione, quella odierna: mattinata ancora con un nulla di fatto, e poi, nel pomeriggio, la pronuncia è arrivata. Una scelta non facile, quella dei giudici. Anche perché tra i membri della Corte si è consumato uno scontro tra i favorevoli e i contrari. Fino alla decisione finale: a quanto sembra nove dei quindici membri si sono espressi per l'illegittimità, sei erano di parere diverso.
Il caso Bossi. Prima della pronuncia della Consulta, le parole più forti le ha pronunciate Umberto Bossi: "Non sarà bocciato, speriamo bene: ma non si può sfidare l'ira dei popoli. Se il lodo sarà bocciato la Lega trasformerà le elezioni regionali in un referendum sul premier". Parole, le sue, che hanno provocato reazioni forti di condanna, da parte di tutti i partiti di opposizione.
Le motivazioni della sentenza. Si conosceranno solo tra qualche settimana, quando il giudice relatore, Franco Gallo, le avrà messe nero su bianco, per poi sottoporle nuovamente al voto dei giudici in camera di consiglio.

Con la bocciatura per illegittimità costituzionale, il premier perde la temporanea immunità e deve affrontare i due procedimenti (Mills e diritti Mediaset) ancora aperti contro di lui.
Due processi ancora aperti. Berlusconi torna imputato normale.
Diventa quasi impossibile sanare il provvedimento perché ora occorrerebbe una legge costituzionale e circa un anno di tempo.
Rassegna stampa - Repubblica.it, 7 ottobre 2009.

Roma - Con la bocciatura per incostituzionalità del Lodo Alfano, le quattro più alte cariche dello Stato perdono quella sorta di "immunità temporanea" stabilita dal provvedimento legato al nome del Guardasigilli e Silvio Berlusconi torna ad essere un normale imputato nei processi che lo riguardano e che ora possono ripartire. Segnatamente quelli denominati "Mills" per corruzione in atti giudiziari e "Mediaset sui diritti tv" (reati societari nella compravendita di diritti tv). Un terzo procedimento, quello cosiddetto Mediatrade è ancora in fase di indagini preliminari e il pm Fabio De Pasquale starebbe lavorando per redigere l'avviso di chiusura delle indagini che, di norma, prelude alla richeista di rinvio a giudizio. Il no della Consulta per violazione dell'art. 138 (sulla revisione della Costituzione e sulle leggi costituzionali) era la pronuncia più temuta dai legali di Berlusconi: comporta infatti una bocciatura totale del 'lodo' (considerandolo una vera e propria immunità) e afferma che la materia andava trattata con legge costituzionale e non ordinaria.
La Consulta ha citato anche l'art. 3 (principio di uguaglianza) stabilendo, dunque, che la questione, al di là del suo trattamento "costituzionale" configura anche una violazione a una parte della Carta fondamentale che non può essere facilmente modificata. Il premier torna dunque sotto processo. E il governo, per sanare l'incostituzionalità, dovrà ricorrere a un ddl costituzionale richiede una doppia lettura da parte di ciascuna Camera e una maggioranza qualificata se si vuole evitare il referendum confermativo. In sostanza: quasi un anno di lavoro facendo correre il Parlamento a rotta di collo. I giudici di Milano potrebbero essere più veloci nell'arrivare a sentenza.

Di Pietro: "Berlusconi vada a a casa". Pd: "Tutti uguali davanti alla legge".
Rassegna stampa - Repubblica.it, 7 ottobre 2009.

Roma - Antonio Di Pietro non lascia spazio a mezze misure: "Berlusconi vada a casa". Dario Franceschini è sodisfatto perché la sentenza dimostra che anche il presidente del Consiglio "è un cittadino come gli altri", mentre Umberto Bossi si stringe attorno al premier: "Escludo il ricorso ad elezioni. Andiamo avanti, noi non ci pieghiamo". Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il Lodo Alfano, dalla maggioranza e dall'opposizione si alzano reazioni contrastanti. Dure le parole dell'Italia dei Valori che rivendica la lunga battaglia sostenuta dal partito contro la legge: "Lo abbiamo detto subito anche al capo dello Stato", ripete Antonio Di Pietro. "La legge era uno scempio di incostituzionalità e immoralità. Spero che alla luce della decisione della Consulta - conclude il leader Idv - il presidente del Consiglio la smetta di fare leggi a proprio uso e consumo, e si dimetta". Dario Franceschini, segretario del Pd, sostiene che la sentenza della Corte non fa che ribadire "il principio dell'uguaglianza. Non ci possono essere eccezioni", spiega. "Tutti sono uguali davanti alla legge, anche i potenti". E il compagno di partito Pierluigi Bersani, candidato alla segretaria del Pd, avverte: "Che adesso il premier rispetti la sentenza". Il centrodestra si stringe attorno a Silvio Berlusconi. A cominciare dall'alleato Umberto Bossi convinto che il presidente del Consiglio non mollerà: "È forte e deciso a combattere". E a chi gli domanda se la sentenza preannuncia elezioni anticipate, Bossi risponde deciso: "Ho parlato con Berlusconi. Neppure lui vuole le elezioni anticipate. Andiamo avanti, non ci piegano".
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Sozzi accetta le critiche ma chiede sostegno

Il sindaco accetta le critiche degli edili: «Ma loro devono sostenere gli enti locali».
Rassegna stampa - Il Cittadino, 7 ottobre 2009.

«Accetto la critica di Confartigianato e degli edili, ma mi impegno fin da ora a sostenere le attività del territorio con i fatti. A patto che anche gli edili siano poi al nostro fianco per reclamare che anche il governo faccia la sua parte e ci permetta di investire». Giuseppe Sozzi non rinnega la critica forte arrivata dagli edili del Lodigiano che accusano i comuni della provincia di fare troppo poco per affidare i lavori delle opere pubbliche a ditte lodigiane sostenendo così il lavoro del territorio. «Rispetto al caso di Brembio citato, il rifacimento del tetto della scuola, la ditta che vinse fu l’unica non del Lodigiano invitata alla procedura negoziata perché già stava facendo i lavori sulla scuola - spiega Sozzi -. Ma aldilà del caso singolo, accetto la critica perché tutti dobbiamo fare di più per sostenere il lavoro nel nostro territorio. Anzi, farò presto un ordine di servizio per invitare i responsabili a privilegiare negli inviti alle trattative negoziate le aziende lodigiane: non temo di passare per protezionista, perché il territorio deve essere sostenuto anche con questi mezzi». L’ammissione di responsabilità va di pari passo però a una richiesta altrettanto importante rivolta da Sozzi agli edili lodigiani. «Le associazioni di categoria fanno il loro lavoro richiamando gli enti locali a questo tipo di azioni - dice Sozzi -. Al tempo stesso, però devono essere al fianco degli enti locali in un’opera di pressione forte sul governo nazionale perché sblocchi le possibilità di investimento dei comuni, oggi legate dal rispetto dei vincoli di patto di stabilità e di fatto bloccate. Anche come membro del direttivo regionale dell’Associazione nazionale dei comuni d’Italia chiederò ai colleghi sindaci di lavorare per il territorio e alle associazioni di stare al nostro fianco per avere la possibilità di dare loro lavoro».
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Record di classi a tempo pieno in provincia

Il dato supera la media lombarda: il top delle frequenze alle elementari, alle superiori si preferisce l’istruzione professionale. Stranieri, un boom di iscrizioni a scuola. Dal 2001 a oggi nel Lodigiano sono aumentate del 330 per cento.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Cristina Vercellone, 7 ottobre 2009.

Dal 2001 gli stranieri tra i banchi delle classi lodigiane sono saliti del 330,7 per cento. Sono quadruplicati, passando dai 910 del 2001 a 3.919. I dati sono quelli desunti dall’ufficio scolastico regionale, rielaborati dalla fondazione Ismu, l’osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità.
La crescita del 330,7 per cento supera la media lombarda, ferma al 237,7. Lodi, infatti, a parte la provincia di Pavia dove la lievitazione è stata del 390,8 e quella di Sondrio dove l’aumento è stato del 360,8, è la provincia dove l’aumento è stato più considerevole. A Milano, per esempio, l’incremento si è fermato al 202,6 per cento. Più basso anche a Brescia (242,6) e a Bergamo (295,7). La percentuale degli alunni con cittadinanza diversa da quella italiana è attualmente, nel Lodigiano, il 12,4 per cento di quella scolastica generale. Nell’anno 2004-2005 la percentuale era del 7,3. Il valore è diventato 8,6 l’anno successivo, poi 10,2 e 11,3 nel 2007-2008. Il lodigiano conta il record di alunni immigrati nella scuola elementare. Qui la presenza è del 14,7. Alta anche alla scuola dell’infanzia, dove la presenza è del 14,5 per cento. Alle medie di primo grado è del 13,7, mentre alle superiori si abbassa al 7,4. Dopo Pavia, la provincia di Lodi è quella con la presenza più alta di bambini romeni. Questi ultimi sono 896, il 20,6 per cento, a fronte di una media lombarda del 10,6. Alta è anche la presenza di quelli provenienti dall’Albania (598) e dal Marocco (493). Più di 230 sono gli ecuadoregni e 253 gli indiani. Subito dopo, come numero di presenza, ci sono gli egiziani (231) e i peruviani (139). Bassa la presenza di alunni della comunità filippina (30), cinese (62) e pachistana (6). Per quanto riguarda le superiori, la presenza nei licei scientifici e classici è salita negli anni. Nel 2002 la provincia di Lodi era quella con la percentuale più alta, in Lombardia, di alunni in questo tipo di scuole (1,7 per cento). Tra 2007 e 2008 la percentuale, nei soli licei, è salita al 2,1, ma Mantova ha raggiunto il 3,8, Brescia il 2,6 e Milano il 2,4. A fare la parte del leone sono gli istituti professionali: questi ultimi collezionano il 13,3 per cento degli alunni. Il 7,9 frequenta gli istituti tecnici, il 5,6 gli istituti magistrali e il 4,0 si butta nell’istruzione artistica. Se prendiamo la media italiana, il tasso di istruzione degli stranieri si abbassa: la frequenza ai licei, infatti, a livello nazionale, è dello 0,7 e negli istituti professionali è ferma all’8,7. Se scorporiamo gli istituti non statali, i dati del ministero parlano di una popolazione scolastica immigrata, nella provincia di Lodi, del 6,6 per cento, cioè 286 unità. Sempre in questi istituti, nell’ambito delle scuole primarie la percentuale è pari a zero. Si contano 4 alunni su 804. Alle medie sale all’1 per cento con 2 ragazzini su 341, mentre ritorna a zero nelle superiori. Nessuno dei 248 alunni che frequentano le superiori in scuole non statali parla una lingua diversa dall’italiano. «La differenza per quanto riguarda le difficoltà che possono incontrare gli studenti in classe - annota la referente degli stranieri per il Lodigiano Laura Coci - va fatta tra italofoni e non italofoni. Un conto è chi non ha padronanza del vocabolario, un conto chi è scolarizzato in Italia».

Tiene bene il tempo pieno: in provincia classi da record
Rassegna stampa - Il Cittadino, Cristina Vercellone, 7 ottobre 2009.

Record di classi a tempo pieno in provincia di Lodi. Secondo i dati diffusi dall’ufficio scolastico regionale, il Lodigiano è un territorio virtuoso. Qui le classi a tempo pieno, nell’anno in corso, sono 369, cioè il 75,46 per cento. A fare meglio è solo la provincia di Milano con il 91,94 per cento delle classi. A Pavia la percentuale è ferma al 27,61, a Varese è del 21,32 e a Mantova del 19,89. Una bella differenza.
Per quanto riguarda gli insegnanti, il Lodigiano può contare su un altro record. Nella scuola dell’infanzia, infatti, mentre in Lombardia, il confronto tra 2008 e 2009 segna un taglio di posti dello 0,35 per cento, a fronte di un aumento dello 0,17 per cento di bambini, in provincia di Lodi, la crescita è dell’1,56 per cento. Nessuna provincia riesce a fare meglio: quasi tutte sono con il segno meno davanti e se il segno è positivo, la crescita è ferma all’1,09 per cento. Se i bambini lodigiani delle materne, dunque, stanno abbastanza bene (e anche i loro insegnanti), va peggio per quelli delle elementari. Qui il taglio è dell’1,95 per cento. A realizzare un taglio inferiore è solo la provincia di Mantova (-1,69). La situazione peggiore è in provincia di Como: lì la mannaia della riforma ha tagliato il 5,70 per cento dei posti. Riduzione massiccia anche alle scuole medie. Qui la riduzione è stata dell’11,88 per cento, rispetto a un taglio medio regionale dell’11,05. Nelle scuole superiori, invece, il taglio quest’anno ha riguardato l’1,21 per cento dei docenti, a fronte di una diminuzione regionale del 3,51 per cento. Il Lodigiano, però, è la provincia dove la copertura dei posti con personale a tempo indeterminato è la più bassa della regione, insieme a Mantova. Siamo all’89,90 per cento, mentre la media lombarda è del 91,44.
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Si può produrre anche senza padrone

Lunedì la firma dell’assunzione: alla Innse si riprende a lavorare.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 7 ottobre 2009.

Lunedì 12 ottobre, alle 11, i 49 operai della Innse di Milano Lambrate firmano l’assunzione. Undici di loro iniziano a lavorare subito, per gli altri sarà stabilito un calendario di rientro. La battaglia però non è ancora finita per Massimo Merlo, l’operaio lodigiano salito sul carroponte della fabbrica, lo scorso agosto, insieme a Vincenzo, Luigi, Fabio e Roberto. «Fino a quando l’assunzione non è firmata - dice Merlo - la guardia resta alta. Quello che ci eravamo prefissati però, non far chiudere la fabbrica e impedire lo smantellamento dei macchinari, è stato raggiunto». Una ricetta per gli altri operai delle ditte del Lodigiano in crisi non c’è. «Non si salvano le fabbriche salendo sulle gru o da altre parti - ammette l’operaio -. Ognuno trova i suoi strumenti. Sicuramente posso dire che anche in mobilità gli operai non devono starsene a casa. Dobbiamo sempre impedire che vengano portati via i mezzi di produzione. Alla Innse abbiamo dimostrato che si può produrre anche senza padrone, l’abbiamo fatto per 3 mesi e mezzo e quando la fabbrica è stata sequestrata abbiamo continuato a presidiare. Se si firmano accordi solo per i soldi, la fabbrica è destinata a chiudere. Bisogna guardare avanti». Anche in questi mesi, dopo essere scesi dalla gru perché era stato siglato il protocollo d’intesa in prefettura, Merlo e i suoi compagni non hanno mai smesso di presidiare la fabbrica, giorno e notte. Secondo il lodigiano bisogna riuscire a riunire tutti gli operai, aldilà delle ideologie. «In questi mesi - dice - abbiamo cercato di tenere i contatti con gli operai delle altre fabbriche, anche all’estero. Abbiamo manifestato a Lodi per la Lever. Sabato c’è stato, a Milano, un incontro tra gli operai di alcune fabbriche. Anche quelli del Lodigiano potrebbero unirsi». Per informazioni contattare Gino, referente degli operai Innse, al numero 333-2277438.
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Meno lavoratori meno infortuni

Codogno. Morti bianche e sicurezza nei cantieri: gli invalidi del lavoro domenica in piazza.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 7 ottobre 2009.

Sicurezza sul posto di lavoro: a Codogno la manifestazione provinciale che l’Anmil (Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro) ha messo in campo per celebrare la 59esima Giornata nazionale dedicata alle vittime del lavoro. L’appuntamento è per questa domenica 11 ottobre, quando le delegazioni dei 65 comuni del Lodigiano si ritroveranno proprio a Codogno per ridare attenzione al tema dei rischi legati ad ogni attività lavorativa, dalle cosiddette «morti bianche» agli infortuni di diversa gravità. Il programma della manifestazione è stato presentato sabato mattina presso la sede Anmil di Codogno, alla presenza del presidente provinciale Natale Virtuani, del suo vice Marco Orlandi (che è anche responsabile della sezione Anmil di Codogno) e di alcuni consiglieri ed iscritti impegnati nella preparazione dell’appuntamento. Durante l’incontro i presenti hanno posto l’accento sui rischi e sui pericoli che ancora oggi l’attività lavorativa può nascondere. E non si canti troppo vittoria se il Lodigiano sta facendo registrare dati di infortunio sul lavoro leggermente in calo rispetto al passato. In merito, Virtuali è stato chiaro: «Questo dato non dipende da una maggiore sicurezza - ha sottolineato-, bensì da una forte contrazione della forza lavoro legata a licenziamenti e cassa integrazione». Come dire: meno lavoratori, meno infortuni. Diversificate le riflessioni emerse poi durante l’incontro. Due su tutte: l’esigenza di ampliare il coinvolgimento dell’opinione pubblica sul tema attualissimo della sicurezza sul lavoro e la necessità di una maggiore partecipazione delle istituzioni a sostegno dei reinserimenti di quanti hanno subito infortuni e menomazioni. L’incontro ha poi illustrato il programma di domenica. Il ritrovo è alle 9 in viale Albino per la deposizione di una corona di alloro al monumento situato al centro dei giardini pubblici. A seguire il corteo con la banda musicale si recherà alla chiesa della Trinità per la messa delle 10. Gli incontri ufficiali di autorità provinciali e locali si svolgeranno a seguire presso l’oratorio di via Cabrini.
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Anche il territorio faccia la propria parte

Lever, appello degli operai: «Ora la provincia ci ascolti».
Rassegna stampa - Il Cittadino, 7 ottobre 2009.

Un'audizione «tempestiva» con la giunta provinciale, alla presenza congiunta del presidente della provincia Pietro Foroni e del suo predecessore Osvaldo Felissari: la chiede la Rsu della Lever per fare chiarezza sulle ipotesi di reindustrializzazione del sito.
Questo è quanto si legge in un comunicato affisso all'albo dello stabilimento da parte della Rsu Lever.
Riprendendo la questione del mancato ricollocamento di lavoratori Lever in cassa integrazione nel supermercato Famila aperto di recente a Casale, i sindacalisti guardano avanti e si rendono disponibili a colloqui formali con tutti gli enti coinvolti. «Nel rispondere positivamente all'appello lanciato dal sindaco di Casalpusterlengo, Flavio Parmesani, finalizzato a convocare una riunione con la Rsu della Unilever per formalizzare il contributo della amministrazione comunale, vorremmo evitare di replicare le incomprensioni in eventuali prossime esperienze», si legge nella nota.
I sindacati fanno riferimento alla notizia di un possibile insediamento nell'area ex Gulf di Turano e Bertonico di un'azienda proveniente dal comasco e operante nell'ambito delle tecnologie avanzate.Inoltre ricordano che Felissari «disse alla Rsu che un'azienda proveniente dal comasco poteva essere interessata a subentrare nell'area resa disponibile dalla dismissione della fabbrica polveri, nel sito di Casalpusterlengo».
Mettendo insieme le due notizie, la Rsu chiede con urgenza un'audizione alla giunta provinciale, magari alla presenza anche dell'ex presidente Felissari, per avere chiarezza sull'impegno della politica a favorire nuove opportunità lavorative.
Inizialmente i cassintegrati erano 170, ma 90 di questi hanno trovato una strada alternativa verso la mobilità con incentivi o verso il prepensionamento o ancora verso altri posti di lavoro. Per gli ultimi 80 la richiesta è che anche il territorio faccia la propria parte.
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Un progetto di ottanta anni fa

«Canale navigabile, progetto inutile»: il Pd all’attacco del sogno del Senatur.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Greta Boni, 7 ottobre 2009.

All’indomani del sopralluogo del Senatur lungo il tragitto del tanto discusso canale navigabile, esplodono le critiche del centrosinistra. Per molti il collegamento via acqua tra Cremona e Milano è solo propaganda politica: «Il canale navigabile sta a Bossi come il ponte di Messina sta a Berlusconi - dichiara l’ex presidente della Provincia di Lodi, Fabrizio Santantonio -, due opere emblematiche ma inutili, utilizzate per la campagna elettorale. Ma è mai possibile che con tutta la rete infrastrutturale creata negli ultimi anni in Pianura padana si rispolveri un progetto di ottanta anni fa? Inoltre, l’impatto si rivelerà in realtà una ferita, nel tessuto più urbanizzato d’Italia. La Muzza, invece, dovrà sostenere la navigabilità anche se si verificano situazioni di siccità prolungata, non si è considerato l’effetto che il canale avrà sulla rete idraulica».
Un’opinione condivisa anche dal consigliere regionale Pd Gianfranco Concordati: «Il canale navigabile era un progetto avveniristico nei primi del Novecento. Ora è un’opera faraonica, un’enorme ferita nel territorio, su cui peraltro non è stato messo nemmeno un soldo». Senza contare che, per il consigliere lodigiano, il progetto avrebbe conseguenze disastrose per il territorio. «Il progetto è stato ripreso nel dopoguerra - sottolinea Concordati -, poi negli anni Sessanta e più volte negli anni successivi. Ma il territorio non è più lo stesso e gli studi di fattibilità e di compatibilità ambientale potrebbero dimostrarlo. Ma il problema vero è l’utilità, che rimane molto dubbia. Per spostare le merci in modo meno inquinante rispetto ai camion sarebbe molto meglio potenziare il trasporto ferroviario. Comunque, se davvero avessero intenzione di realizzarlo, avrebbero messo a bilancio le risorse necessarie, ma così non è. Diciamo la verità - conclude Concordati -, se Berlusconi ha il pallino del ponte sullo stretto, Bossi ha quello del canale navigabile da Milano all’Adriatico e Formigoni, che pure sa che l’opera è irrealizzabile, non è nelle condizioni di contraddirlo».
I dubbi e le critiche sul progetto arrivano anche dal Wwf, l’associazione sostiene da tempo che un simile intervento potrebbe dare il colpo di grazie al fiume Po.
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