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lunedì 21 settembre 2009

Blog Notte - Perché morire in Afghanistan?

Blog Notte
Perché morire in Afghanistan?

21 settembre 2009

"Ho votato anche io. Eravamo convinti che servisse non certo a farli morire". Lo dice il leader della Lega, Umberto Bossi, che, lasciando la basilica di San Paolo dopo le esequie dei militari uccisi a Kabul, torna su quanto affermato stamattina in merito al destino dei nostri militari. "Li abbiamo mandati noi e sono tornati morti", aveva detto infatti il ministro delle Riforme entrando nella basilica. "Sentivo il dovere di dirlo", ha precisato all'uscita.



A chi gli chiede se questo rinfocolerà le polemiche, Bossi ha detto: "Molti ora sono convinti diversamente rispetto al passato. Deve passare un po' di tempo". Quanto al rientro entro Natale, il senatùr ha proseguito: "Ci sono le piccole e le grandi cose, sarebbe un passettino portarne a casa a Natale almeno un po'. È un augurio, una speranza".
"Certo - ammette Bossi - c'è un problema americano, internazionale... Bisogna quindi chiedere a Berlusconi, che è l'uomo che si trova fra noi e l'America. Le cose, comunque - ha concluso - stanno migliorando".



Domani di questo articolo pubblicato oggi dal Washington Post se ne parlerà sui giornali. Quando si esaminano le cose è buona cosa sempre andare alle fonti originali, se possibile. Lo riporto pertanto nella sua versione inglese che traduco in toto. La traduzione è riportata in rosso nel testo del post.
McChrystal: More Forces or 'Mission Failure'.
Top U.S. Commander For Afghan War Calls Next 12 Months Decisive.
By Bob Woodward
Washington Post Staff Writer
Monday, September 21, 2009.

The top U.S. and NATO commander in Afghanistan warns in an urgent, confidential assessment of the war that he needs more forces within the next year and bluntly states that without them, the eight-year conflict "will likely result in failure," according to a copy of the 66-page document obtained by The Washington Post.
Il commandante in capo delle truppe americane e Nato in Afghanistan avverte in una valutazione urgente e confidenziale della guerra che ha la necessità di un maggior numero di truppe nel prossimo anno e afferma senza mezzi termini che senza di loro gli otto anni di conflitto "probabilmente si risolveranno in un fallimento", secondo una copia di un documento di 66 pagine ottenuto da The Washington Post.
Gen. Stanley A. McChrystal says emphatically: "Failure to gain the initiative and reverse insurgent momentum in the near-term (next 12 months) -- while Afghan security capacity matures -- risks an outcome where defeating the insurgency is no longer possible."
Il Gen. Stanley A. McChrystal dice enfaticamente: "Il fallimento nel prendere l'iniziativa e rovesciare l'impeto insurrezionale nel prossimo periodo (nei prossimi 12 mesi) - mentre la capacità delle forze di sicurezza afgane matura - rischia un esito tale che combattere la rivolta non sia più a lungo possibile".
His assessment was sent to Defense Secretary Robert M. Gates on Aug. 30 and is now being reviewed by President Obama and his national security team.
La sua valutazione è stata mandata al segretario della Difesa Robert M. Gates il 30 agosto ed ora è esaminata dal presidente Obama e dal suo team della sicurezza nazionale.
McChrystal concludes the document's five-page Commander's Summary on a note of muted optimism: "While the situation is serious, success is still achievable."
McChrystal conclude la relazione sommaria del Comandante, di cinque pagine, del documento con una nota di attenuato ottimismo: "Anche se la situazione è seria, il successo è tuttora conseguibile."
But he repeatedly warns that without more forces and the rapid implementation of a genuine counterinsurgency strategy, defeat is likely. McChrystal describes an Afghan government riddled with corruption and an international force undermined by tactics that alienate civilians.
Ma ripetutamente mette in guardia che senza maggiori forze e la rapida implementazione di una genuina strategia di controinsurrezione, la sconfitta è probabile. McChrystal descrive un governo afgano marcio di corruzione e una forza internazionale minata da una tattica che allontana i civili.
He provides extensive new details about the Taliban insurgency, which he calls a muscular and sophisticated enemy that uses modern propaganda and systematically reaches into Afghanistan's prisons to recruit members and even plan operations.
Fornisce nuovi ampi dettagli sull'insurrezione talebana, che definisce un nemico muscolare e sofisticato che usa la moderna propaganda e sistematicamente arriva nelle prigioni dell'Afghanistan per reclutare membri e anche pianificare operazioni.
McChrystal's assessment is one of several options the White House is considering. His plan could intensify a national debate in which leading Democratic lawmakers have expressed reluctance about committing more troops to an increasingly unpopular war. Obama said last week that he will not decide whether to send more troops until he has "absolute clarity about what the strategy is going to be."
La valutazione di McChrystal è una delle molte opzioni che la Casa Bianca sta considerando. Il suo piano potrebbe intensificare un dibattito nazionale nel quale i principali parlamentari democratici hanno espresso riluttanza ad impegnare più truppe per incrementare una guerra impopolare. Obama ha detto la settimana scorsa che non deciderà se mandare più truppe finché non abbia "una assoluta chiarezza su quale strategia si sta apprestando".
The commander has prepared a separate detailed request for additional troops and other resources, but defense officials have said he is awaiting instructions before sending it to the Pentagon.
Il comandante ha preparato una separata dettagliata richiesta per truppe aggiuntive e altre risorse, ma funzionari della difesa hanno detto che è in attesa di istruzioni prima di mandarlo al Pentagono.
Senior administration officials asked The Post over the weekend to withhold brief portions of the assessment that they said could compromise future operations. A declassified version of the document, with some deletions made at the government's request, appears at washingtonpost.com.
Ufficiali superiori dell'amministrazione hanno chiesto al Post nel weekend di non pubblicare brevi parti della valutazione che dicono potrebbero compromettere operaxioni future. Una versione declassificata del documento, con alcune cancellazioni fatte su richiesta del governo, appare nel sito washingtonpost.com.
McChrystal makes clear that his call for more forces is predicated on the adoption of a strategy in which troops emphasize protecting Afghans rather than killing insurgents or controlling territory. Most starkly, he says: "[I]nadequate resources will likely result in failure. However, without a new strategy, the mission should not be resourced."
McChrystal chiarisce che la sua richiesta di maggiori forze si basa sull'adozione di una strategia nella quale le truppe accentuano la protezione degli afgani piuttosto che l'uccisione di insorti o il controllo del territorio. Più crudamente dice: "Risorse inadeguate si tradurranno probabilmente in un fallimento. Tuttavia, senza una nuova strategia, la missione non dovrebbe essere sovvenzionata.

'Widespread Corruption'
'Una corruzione assai diffusa'

The assessment offers an unsparing critique of the failings of the Afghan government, contending that official corruption is as much of a threat as the insurgency to the mission of the International Security Assistance Force, or ISAF, as the U.S.-led NATO coalition is widely known.
La valutazione offre una dura critica dei difetti del governo afgano, sostenendo che la corruzione dei funzionari è una minaccia alla pari dell'insurrezione per la missione della Forza internazionale di assistenza per la sicurezza, o ISAF, come la coalizione Nato a guida americana è largamente conosciuta.
"The weakness of state institutions, malign actions of power-brokers, widespread corruption and abuse of power by various officials, and ISAF's own errors, have given Afghans little reason to support their government," McChrystal says.
"La debolezza delle istituzioni statali, le azioni maligne degli uomini di potere, la assai diffusa corruzione, e l'abuso di potere di vari funzionari e gli errori propri dell'ISAF, hanno dato agli afgani pochi motivi per sostenere il loro governo", dice McChrystal.
The result has been a "crisis of confidence among Afghans," he writes. "Further, a perception that our resolve is uncertain makes Afghans reluctant to align with us against the insurgents."
Il risultato è stato una "crisi di fiducia tra gli afgani", scrive. "Inoltre, una percezione che la nostra risoluzione sia dubbia fa rilutanti gli afgani nello schierarsi con noi contro i rivoltosi".
McChrystal is equally critical of the command he has led since June 15. The key weakness of ISAF, he says, is that it is not aggressively defending the Afghan population. "Pre-occupied with protection of our own forces, we have operated in a manner that distances us -- physically and psychologically -- from the people we seek to protect. . . . The insurgents cannot defeat us militarily; but we can defeat ourselves."
McChrystal è ugualmente critico del comando che guida dal 15 giugno. La debolezza chiave dell'ISAF, dice, è che non sta aggressivamente difendendo la popolazione afgana. "Preoccupati della protezione delle nostre proprie forze, abbiamo operato in una modalità che ci distanzia - fisicamente e psicologicamente - dalla popolazione che cerchiamo di proteggere... I rivoltosi non possono sconfiggerci militarmente; ma noi possiamo sconfiggerci da soli".
McChrystal continues: "Afghan social, political, economic, and cultural affairs are complex and poorly understood. ISAF does not sufficiently appreciate the dynamics in local communities, nor how the insurgency, corruption, incompetent officials, power-brokers, and criminality all combine to affect the Afghan population."
McChrystal continua: "Gli affari sociali, politici, economici e culturali afgani sono complessi e scarsamente compresi. ISAF non stima a sufficienza le dinamiche nelle comunità locali, né come la rivolta, la corruzione, i funzionari incompetenti, gli uomini di potere e la criminalità tutti si combinano nell'influenzare la popolazione afgana".
Coalition intelligence-gathering has focused on how to attack insurgents, hindering "ISAF's comprehension of the critical aspects of Afghan society."
L'insieme dell'intelligence della coalizione si è concentrato su come attaccare i rivoltosi, ostacolando "la comprensione dell'Isat degli aspetti critici della società afgana".
In a four-page annex on detainee operations, McChrystal warns that the Afghan prison system has become "a sanctuary and base to conduct lethal operations" against the government and coalition forces. He cites as examples an apparent prison connection to the 2008 bombing of the Serena Hotel in Kabul and other attacks. "Unchecked, Taliban/Al Qaeda leaders patiently coordinate and plan, unconcerned with interference from prison personnel or the military."
In un allegato di quattro pagine sulle operazioni riguardanti i detenuti politici, McChrystal avverte che il sistema di prigioni afgano è diventato "un santuario e una base per condurre operazioni letali" contro il governo e le forze della coalizione. Egli cita come esempi un'evidente connessione tra le prigioni e l'attentato del 2008 del Serena Hotel di Kabul e altri attacchi. "Incontrollati leader talebani/di Al Qaeda pazientemente coordinano e progettano, noncuranti dell'interferenza del personale carcerario o dei militari".
The assessment says that Taliban and al-Qaeda insurgents "represent more than 2,500 of the 14,500 inmates in the increasingly overcrowded Afghan Corrections System," in which "[h]ardened, committed Islamists are indiscriminately mixed with petty criminals and sex offenders, and they are using the opportunity to radicalize and indoctrinate them."
La valutazione dice che i rivoltosi talebani e di al-Qaeda "rappresentano più di 2.500 dei 14.500 carcerati nel sistema correzionale afgano sempre più sovraffollato," nel quale "incalliti impegnati islamisti sono mescolati indiscriminatamente con piccoli criminali e criminali sessuali, e loro usano l'opportunità per radicalizzarli e indottrinarli".
Noting that the United States "came to Afghanistan vowing to deny these same enemies safe haven in 2001," he says they now operate with relative impunity in the prisons. "There are more insurgents per square foot in corrections facilities than anywhere else in Afghanistan," his assessment says.
Notando che gli Stati Uniti "vennero in Afghanistan promettendo solennemente di negare ai nemici un rifugio sicuro nel 2001", dice che essi ora operano con relativa impunità nelle prigioni. "Ci sono più rivoltosi per piede quadrato nelle strutture di correzione che altrove in Afghanistan", dice il suo documento.
McChrystal outlines a plan to build up the Afghan government's ability to manage its detention facilities and eventually put all such operations under Afghan control, including the Bagram Theater Internment Facility, which the United States runs.
McChrystal traccia un piano per costruire la capacità del governo afgano di gestire le strutture carcerarie e d eventualmente mettere tutte tali operazioni sotto il controllo afgano, incluso il carcere di Bagram, gestito dagli Stati Uniti.
For now, because of a lack of capacity, "productive interrogations and detainee intelligence collection have been reduced" at Bagram. "As a result, hundreds are held without charge or without a defined way-ahead. This allows the enemy to radicalize them far beyond their pre-capture orientation. The problem can no longer be ignored."
Per ora , a causa di una carenza di capacità, "gli interrogatori produttivi e la raccolta di informazioni dai detenuti sono stati ridotti" a Bagram. "Col risultato che centinaia sono trattenuti senza accusa o senza un capo d'imputazione definito. Questo permette al nemico di radicalizzarli ben oltreil loro orientamento pre-prigionia. Il problema non può essere più a lungo ignorato".

McChrystal's Plan
Il piano di McChrystal

The general says his command is "not adequately executing the basics" of counterinsurgency by putting the Afghan people first. "ISAF personnel must be seen as guests of the Afghan people and their government, not an occupying army," he writes. "Key personnel in ISAF must receive training in local languages."
Il generale dice che il suo commando "non sta eseguendo adeguatamente i principi" della controinsurrezione ma mettendo il popolo afgano per primo. "Il personale ISAF deve essere visto come ospite del popolo afgano e del loro governo, non un esercito occupante", scrive. "Il personale chiave nell'ISAF deve ricevere formazione nei linguaggi locali".
He also says that coalition forces will change their operational culture, in part by spending "as little time as possible in armored vehicles or behind the walls of forward operating bases." Strengthening Afghans' sense of security will require troops to take greater risks, but the coalition "cannot succeed if it is unwilling to share risk, at least equally, with the people."
Dice anche che le forze di coalizione cambieranno la loro cultura operativa, in parte impiegando "poco tempo quanto possibile in veicoli blindati o dietro muri di postazioni avanzate". Consolidare il senso di sicurezza degli afgani richiederà truppe per prendere rischi più grandi, ma la coalizione "non può aver successo se è riluttante a condividere il rischio con la popolazione almeno allo stesso modo.
McChrystal warns that in the short run, it "is realistic to expect that Afghan and coalition casualties will increase."
McChrystalavverte che a breve, "è realistico aspettarsi che le perdite della coalizione e afgane aumenteranno".
He proposes speeding the growth of Afghan security forces. The existing goal is to expand the army from 92,000 to 134,000 by December 2011. McChrystal seeks to move that deadline to October 2010.
Egli propone di accelerare la crescita delle forze di sicurezza afgane. Il traguardo esistente è di espandere l'esercito da 92.000 a 134.000 da dicembre 2011. McChrystal cerca di spostare la scadenza a ottobre 2010.
Overall, McChrystal wants the Afghan army to grow to 240,000 and the police to 160,000 for a total security force of 400,000, but he does not specify when those numbers could be reached.
Complessivamente McChrystal wuole che l'esercito afgano cresca a 240.000 e la polizia a 160.000 per un totale di forze di sicurezza di 400.000, ma non specifica quando quei numeri potrebbero essere raggiunti.
He also calls for "radically more integrated and partnered" work with Afghan units.
Richiede anche "radicalmente un lavoro più integrato e partecipato" con le unità afgane.
McChrystal says the military must play an active role in reconciliation, winning over less committed insurgent fighters. The coalition "requires a credible program to offer eligible insurgents reasonable incentives to stop fighting and return to normalcy, possibly including the provision of employment and protection," he writes.
McChrystal dice che i militari devono giocare un ruolo attivo nella riconciliazione, vincendo su combattenti rivoltosi meno impegnati. La coalizione "richiede un programma credibile per offrire ai rivoltosi ragionevoli incentivi per cessare di combattere e ritornare alla normalità, possibilmente includendo clausole di impiego e protezione", scrive.
Coalition forces will have to learn that "there are now three outcomes instead of two" for enemy fighters: not only capture or death, but also "reintegration."
Le forze della coalizione devono imparare che "ci sono ora tre esiti invece di due" per i combattenti nemici: non soltanto la cattura o la morte, ma anche la "reintegrazione".
Again and again, McChrystal makes the case that his command must be bolstered if failure is to be averted. "ISAF requires more forces," he states, citing "previously validated, yet un-sourced, requirements" -- an apparent reference to a request for 10,000 more troops originally made by McChrystal's predecessor, Gen. David D. McKiernan.
Ripetutamente, McChrystal fa il caso che il suo comando deve essere sostenuto se il fallimento va evitato. "ISAF richiede più forze", afferma citando "richieste precedentemente ratificate, non ancora evase - un riferimento evidente ad una richiesta di 10.000 soldati in più originariamente fatta dal predecessore di McChrystal, Gen, David D. McKiernan.

A Three-Headed Insurgency
Un'insurrezione a tre teste

McChrystal identifies three main insurgent groups "in order of their threat to the mission" and provides significant details about their command structures and objectives.
McChrystal identifica tre principali gruppi di rivoltosi "in ordine della loro minaccia alla missione" e fornisce significativi dettagli sulle loro strutture di comando e sugli obiettivi.
The first is the Quetta Shura Taliban (QST) headed by Mullah Omar, who fled Afghanistan after the attacks of Sept. 11, 2001, and operates from the Pakistani city of Quetta.
Il primo è la Quetta Shura Taliban (QST) capeggiata dal Mullah Omar, che fuggì dall'Afghanistan dopo gli attacchi dell'11 settembre 2001, e opera dalla città pakistana di Quetta.
"At the operational level, the Quetta Shura conducts a formal campaign review each winter, after which Mullah Omar announces his guidance and intent for the coming year," according to the assessment.
"A livello operativo, la Quetta Shura conduce una formale revisione della campagna militare ciascun inverno, dopo di che il Mullah Omar annuncia la sua guida e gli scopi per l'anno a venire", secondo il documento.
Mullah Omar's insurgency has established an elaborate alternative government known as the Islamic Emirate of Afghanistan, McChrystal writes, which is capitalizing on the Afghan government's weaknesses. "They appoint shadow governors for most provinces, review their performance, and replace them periodically. They established a body to receive complaints against their own 'officials' and to act on them. They install 'shari'a' [Islamic law] courts to deliver swift and enforced justice in contested and controlled areas. They levy taxes and conscript fighters and laborers. They claim to provide security against a corrupt government, ISAF forces, criminality, and local power brokers. They also claim to protect Afghan and Muslim identity against foreign encroachment."
L'insurrezione del Mullah Omar ha istituito un accurato governo alternativo noto come l'Emirato islamico dell'Afghanistan, scrive McChrystal, che sta traendo profitto della debolezza del governo afgano. "Essi nominano governatori ombra per la maggior parte delle province, monitorao il loro risultati, e li rimpiazzano periodicamente. Hanno istituito un organo per ricevere lagnanze contro i propri 'funzionari' e per intervenire su di loro. Hanno istituito tribunali della 'sharia' [legge islamica] per mantenere una giustizia rapida e imposta nelle aree contese e controllate. Impongono tasse e combattenti e manovali coscritti. Rivendicano di fornire sicurezza contro un governo corrotto, le forze ISAF, la criminalità e gli uomini di potere locali. Essi anche rivendicano di proteggere l'identità afgana e musulmana contro l'intrusione straniera".
"The QST has been working to control Kandahar and its approaches for several years and there are indications that their influence over the city and neighboring districts is significant and growing," McChrystal writes.
"Il QST ha lavorato per controllare Kandahar e le sue vie d'accesso per parecchi anni e ci sono indicazioni che la loro influenza sulla città e i distretti vicini sia significativa e in crescita", scrive McChrystal.
The second main insurgency group is the Haqqani network (HQN), which is active in southeastern Afghanistan and draws money and manpower "principally from Pakistan, Gulf Arab networks, and from its close association with al Qaeda and other Pakistan-based insurgent groups." At another point in the assessment, McChrystal says, "Al Qaeda's links with HQN have grown, suggesting that expanded HQN control could create a favorable environment" for associated extremist movements "to re-establish safe-havens in Afghanistan."
Il secondo principale gruppo di rivoltosi è la rete Haqqani (HNQ), che è attiva nel sudest dell'Afghanistan e riceve denaro e manodopera "principalmente dal Pakistan, dalle reti del Golfo Arabo, e dalla sua stretta associazione con al Qaeda e gli altri gruppi rivoltosi che hanno base in Pakistan". In un altro punto della valutazione McChrystal dice, "I collegamenti di al Qaeda con l'HNQ sono cresciuti, facendo pensare che un controllo diffuso di HNQ potrebbe creare un ambiente favorevole" per movimenti estremisti associati "per ristabilire rifugi sicuri in Afghanistan".
The third is the Hezb-e-Islami Gulbuddin insurgency, which maintains bases in three Afghan provinces "as well as Pakistan," the assessment says. This network, led by the former mujaheddin commander Gulbuddin Hekmatyar, "aims to negotiate a major role in a future Taliban government. He does not currently have geographical objectives as is the case with the other groups," though he "seeks control of mineral wealth and smuggling routes in the east."
Il terzo è il gruppo insurezzionale Hezb-e-Islami Gulbuddin, che ha le sue basi in tre province afgane "così come in Pakistan", dice il documento. Questa rete, guidata dall'ex comandante mujaheddin Gulbuddin Hekmatyar, "punta a negoziare un significativo ruolo in un futuro governo talebano. Essi non hanno al momento obiettivi geografici come è il caso degli altri gruppi", sebbene cerchi il controllo delle ricchezze minerarie e delle vie di comunicazione nell'est".
Overall, McChrystal provides this conclusion about the enemy: "The insurgents control or contest a significant portion of the country, although it is difficult to assess precisely how much due to a lack of ISAF presence ..."
Nell'insieme, McChrystal fornisce questa conclusione sul nemico: "I rivoltosi controllano o contendono una porzione significativa del paese, benché sia difficile valutare precisamente quanto ciò sia dovuto a una carenza della presenza ISAF..."
The insurgents make money from the production and sale of opium and other narcotics, but the assessment says that "eliminating insurgent access to narco-profits -- even if possible, and while disruptive -- would not destroy their ability to operate so long as other funding sources remained intact."
I rivoltosi ricavano denaro dalla produzione e vendita dell'oppio e di altri narcotici, ma il documento dice che "eliminando l'accesso dei rivoltosi ai profitti del narcotraffico - anche se possibile e benché di disturbo - non si distruggerebbe la loro capacità di operare finché altre fonti di finanziamento rimanessero intatte".
While the insurgency is predominantly Afghan, McChrystal writes that it "is clearly supported from Pakistan. Senior leaders of the major Afghan insurgent groups are based in Pakistan, are linked with al Qaeda and other violent extremist groups, and are reportedly aided by some elements of Pakistan's ISI," which is its intelligence service. Al-Qaeda and other extremist movements "based in Pakistan channel foreign fighters, suicide bombers, and technical assistance into Afghanistan, and offer ideological motivation, training, and financial support."
Benché la rivolta sia in prevalenza afgana, McChrystal scrive che "è chiaramente sostenuta dal Pakistan. I capi anziani dei maggiori gruppi rivoltosi afgani sono in Pakistan, sono collegati con al Qaeda e altri gruppi estremisti violenti, e sono da quel che si dice aiutati da alcuni elementi dell'ISI pakistano", che è il suo servizio d'intelligence. Al-qaeda e altri movimenti estremisti "che hanno base in Pakistan inviano combattenti stranieri, attentatori suicidi e assistenza tecnica in Afghanista, e offrono motivazioni ideologiche, addestramento e sostegno finanziario".
Toward the end of his report, McChrystal revisits his central theme: "Failure to provide adequate resources also risks a longer conflict, greater casualties, higher overall costs, and ultimately, a critical loss of political support. Any of these risks, in turn, are likely to result in mission failure."
Verso la fine del suo rapporto, McChrystal rivisita il suo tema centrale: "Il fallimento nel fornire adeguate risorse rischia anche un conflitto più lungo, maggiori vittime, costi complessivamente più alti, e alla fine, una perdita critica di sostegno politico. Ciascuno di questi rischi, alternativamente, hanno come probabile conseguenza il fallimento della missione".
Josh Boak and Evelyn Duffy contributed to this report.
Josh Boak e Evelyn Duffy hanno contribuito a questo articolo.

Chi volesse leggere il rapporto originale nella versione declassificata del generale McChrystal può anche scaricarlo da qui.
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Cronache dal lago Gerundo

Pioggia e viabilità.
Quando il percorrere una via, è motivo di grande disagio.
FotoPost - Fotografie di questa mattina.



OGGI PIOVE ! Qui il governo, vi assicuro, non c'entra. Ho assistito, mio malgrado, e come succede da diverso tempo oramai, a degli episodi sconcertanti mentre a piedi percorrevo la strada, in via Gramsci, in via Monte Grappa, in via Roma… dove, per una cattiva pendenza, l’acqua piovana ristagna sul manto stradale senza trovare, nel più breve tempo possibile, la via per essere eliminata. Persone che (me compreso) transitando sul marciapiede, quando c'è, sono state letteralmente lavate inzuppando vestiti, piume e pelo dall’ acqua piovana sollevata dai mezzi in transito. Logicamente gratificandoli, in quel momento, da tanti titoli nobiliari. Dopo un breve scambio di opinioni alcune colorite, nonostante la giornata grigia, ci si domanda: ma è colpa dei mezzi in transito, dell’acqua piovana, delle persone sul marciapiede o di qualcosa d’altro? Questo è quanto, per oggi.










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Le Regioni protestano contro il governo

Finanziaria, le Regioni disertano incontro con governo.
La decisione sarebbe maturata per protesta nei riguardi dell'esecutivo al quale si contesta di rinviare da tempo ogni confronto con le Regioni.
VideoPost - Sky Tg24, 21 settembre 2009.



Le Regioni e il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, non parteciperanno all'incontro convocato dal governo a Palazzo Chigi per illustrare la Finanziaria alle parti sociali e agli enti locali. La decisione sarebbe stata presa per protestare contro l'atteggiamento dell'esecutivo, che, secondo le Regioni, rinvia da tempo ogni confronto in materia di politica economica. La manovra, che verrà illustrata oggi, dovrebbe essere di circa 4 miliardi di euro.
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Le moto Merlini rarità da collezionista

Un interessante articolo dal punto di vista delle testimonianze storiche del territorio cui Brembio appartiene, è apparso venerdì scorso su Il Cittadino.
L’officina attiva tra gli anni ’50 e ’60 e contribuì allo sviluppo dell’Italia.
Quando a Casale c’era una fabbrica di moto: l’avventura della Merlini.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Cristiano Brandazzi, 18 settembre 2009.

Negli anni del boom economico, quando l’Italia iniziava a muoversi sulle “due ruote”, anche il Lodigiano ha avuto una fabbrica di motociclette: si tratta della Moto Merlini di Casalpusterlengo, attiva dal 1951 fino ai primi anni ’60, quando poi la successiva motorizzazione di massa riempì le nostre strade di Fiat 600, la prima vera utilitaria che la famiglia media poteva permettersi.
La storia di questa officina ora viene riscoperta grazie al club Gavem (Gruppo amatori veicoli d’epoca Maleo) della Pro loco di Maleo che domenica prossima [ieri, ndr], nell’ambito della sesta edizione del raduno di veicoli d’epoca, proporrà una mostra con alcuni modelli di questo marchio e una serie di pannelli rievocativi e consegnerà nel contempo un ricoscimento alle signore Maria Rita e Luisa, rispettivamente figlia e moglie di uno dei fondatori, Giuseppe Merlini, classe 1925, scomparso nell’aprile del 2006.
Le origini. La moto Merlini nasce nel 1951 per volere dei due fratelli Giuseppe e Pietro Merlini, originari del Bresciano. «Mio padre - racconta la signora Maria Rita - lavorava a Milano con il fratello più giovane Pietro. Si occupava della produzione di telai per biciclette alla Gloria. Quindi passò alla Necchi, settore moto, dove realizzava telai per veicoli con motori Ducati e Sachs». Il settore, dunque, il signor Giuseppe Merlini lo conosceva molto bene. L’Italia aveva bisogno di muoversi, di andare e in fretta: erano gli anni della grande crescita economica. Da lì la decisione di mettersi in proprio e aprire l’Officina F.lli Merlini - ciclomotori e motocicli con sede in piazza Repubblica. Fu subito un successo. I modelli in produzione andavano dal 48 cc al 200, anche se qualcuno ora ricorda anche qualche 250 uscito dalla piccola catena di montaggio di Casale. I telai erano creati da zero dai Merlini, che avevano coinvolto nell’impresa anche il fratello Angelo: su di essi erano quindi montati motori Sachs, Villiers e Demm, che garantivano affidabilità e buone prestazioni.
La nascita del moto club. Ben presto la Merlini divenne anche un luogo di aggregazione per gli appassionati delle due ruote. All’epoca chi voleva differenziarsi acquistava un modello della casa di Casalpusterlengo, preferendola a nomi più diffusi come Gilera o Morini. Per questo all’interno del Motoclub Casalpusterlengo si decise di dare vita a un gruppo per i modelli Merlini. «Per legge ogni comune poteva ospitare un club con almeno 150 iscritti - racconta la signora Maria Rita -; con l’andare degli anni, in particolare tra il 1957 e il 1958, la Merlini conobbe la sua massima diffusione. Per questo, nel club finirono per crearsi delle naturali rivalità, che portano mio padre e altri a fondare un proprio sodalizio, la cui sede venne spostata per ragioni legislative a Terranova dei Passerini». Bastò poco per superare la quota dei 150 iscritti e tornare così a Casale con un Motoclub, che divenne punto di riferimento per tutti gli amanti delle due ruote. Il gruppo prese parte a numerose manifestazioni in diverse parti del Nord Italia, ottenendo anche importanti riconoscimenti in gare e gimkane.
La conclusione. La produzione continuò fino ai primi anni ’60 dunque. La sede venne spostata in via Cavour. E con l’avvento della Fiat 600, alla Merlini si decise di concentrare le proprie attenzioni sui modelli più piccoli, i “cinquantini”. Giuseppe Merlini, intuendo che i tempi stavano cambiando, decise di iniziare una nuova attività nel settore della produzione di mobili per uffici e comunità. «Un giorno un cliente della Liguria chiese a mio padre dei serramenti in alluminio per il proprio albergo a Ventimiglia - racconta la signora Maria Rita -; e lui non ci pensò due volte a soddisfarlo, fornendogli quello che cercava». Da qui nascque la Metal Legno, nome storico tra le aziende della Bassa, che Giuseppe Merlini tenne fino agli anni ’90 quando decise di andare in pensione.
I numeri. Dai documenti in possesso della famiglia Merlini sembra che l’officina di moto abbia sfornato almeno 300 pezzi in tutto; ma esperti e appassionati del settore sostengono invece che il numero totale dei veicoli prodotti a Casale sia almeno il doppio: forse, la modulistica ufficiale non teneva conto dei modelli più piccoli, i 48. Sta di fatto che adesso di Merlini ne sono rimaste ben poche: sono una rarità molto ricercata nel mondo del collezionismo. Tre modelli sono nelle mani di un appassionato di Casale, che sta pensando tra l’altro di allestire un museo con i modelli che hanno fatto la storia proprio come la Merlini.


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Per fortuna nessun ferito o peggio

Milano, deraglia treno: due carrozze in un cortile.
Un convoglio ferroviario senza passeggeri non rispetta un semaforo rosso e finisce fuori dalla massicciata: nessun ferito.
VideoPost - Sky Tg24, 21 settembre 2009.



Un treno passeggeri, senza alcuna persona a bordo, eccetto il macchinista, è deragliato ieri sera alle 22.45 a Milano nei pressi dello svincolo ferroviario di viale Monza. La motrice del convoglio uscita dalla sede dei binari finendo nella massicciata sottostante. Due carrozze sono finite nel cortile di un palazzo, senza travolgere né persone né strutture, a parte un muretto e degli alberi. Secondo le Ferrovie dello Stato, l'incidente è avvenuto perché non è stato rispettato un semaforo rosso.
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Sul chi vive

Gli ex socialisti rivedono il '92 «Sul golpe ha ragione Brunetta».
Il ministro non si pente delle bordate alla sinistra. Il Pdl lo appoggia.
Rassegna stampa - QN, Andrea Cangini, 21 settembre 2009.

C'è chi lo chiama «golpe» e chi «élitismo», ma il concetto è lo stesso: vogliono sovvertire il risultato elettorale. Poiché anche in politica la lingua batte dove il dente duole, non c'è da stupirsi che siano proprio gli ex socialisti al Governo a denunciare il rischio di oscure manovre volte a rovesciare Berlusconi.
«Nel '92 - dice Gianni De Michelis - pur avendo una maggioranza più ampia di quella attuale successe quel che successe e noi non fummo svelti nel capirlo, è dunque comprensibile che chi ha vissuto sulla propria pelle quella stagione abbia oggi antenne più sensibili degli altri». Renato Brunetta, ad esempio, che ieri si dichiarava nient'affatto pentito di aver denunciato un «golpe» strisciante e al quale è giunta la copertura politica del coordinatore del Pdl, Sandro Bondi: «Brunetta ha squarciato il velo di ipocrisia e ha dato voce alla maggioranza finora silenziosa degli italiani». E l'ex socialista Maurizio Sacconi, che in verità fu il primo. Era maggio quando il ministro del Welfare se la prese col «capitalismo di relazione parassitario» e con la «borghesia élitaria» che mal digerisce la presenza al Governo di un outsider come Berlusconi: «Se vogliono comandare, facciano un partito e si presentino alle elezioni», disse allora. Ieri, poi, ha avuto un sussulto. Gli è bastato leggere l'editoriale del Corriere con cui Tommaso Padoa-Schioppa, ex banchiere centrale europeo, ex ministro di Prodi e attuale tecnocrate in proprio, raccontava di un'Italia dove la democrazia è ormai «gravemente minacciata». Se la minaccia c'è, ha risposto Sacconi, «viene da coloro che pensano ricorrentemente di sovvertire i risultati elettorali, cioè quelli voluti dal popolo». I poteri forti, dunque, e più in generale i membri di un establishment autoreferenziale al quale Padoa-Schioppa non è certo estraneo. «È gente - ha recentemente osservato il ministro dell'Economia Tremonti, altro ex socialista - a cui della parola democrazia piace solo la seconda parte, il kratos, e considerano il demos come un optional». Nel '92, la Prima repubblica cascò sotto i colpi della magistratura e dei giornali.
Nel '94, magistratura e giornali acuirono la spaccatura con la Lega e portarono alla crisi il primo Governo Berlusconi. «E oggi - riflette De Michelis - sembra scattato il medesimo meccanismo». Gli attacchi di Repubblica al premier, le inchieste di Bari, il prossimo giudizio della Consulta sul lodo Alfano: secondo l'ex ministro craxiano «ancora una volta l'Italia si dimostra un Paese anomalo perché ancora una volta un Governo forte che poggia su una maggioranza ampia rischia di cadere per ragioni che nulla hanno a che vedere con il suo operato e con la politica».
Anche se gli assetti di Mediobanca sono diversi da allora e i giornali confindustriali non sembrano sul piede di guerra, la tesi del complotto ordito dai padroni del vapore è assai diffusa. Captata per prime dalle «antenne» degli ex socialisti, è stata poi rilanciata dal leghista Calderoli ed appartiene ormai alla retorica di buona parte dei dirigenti del Pdl. Sembra però un'alzata di scudi preventiva. C'è la consapevolezza che la storia delle escort, gli umori del premier e il suo rapporto con Fini offrano del Governo un'immagine di debolezza e, come dice il ministro Matteoli (mai stato socialista), «quando la politica si mostra debole entrano regolarmente in gioco altri e per nulla democratici 'poteri'».
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Malocchio di destra

L'intervento.
A dicembre l'offensiva finale.
Rassegna stampa - Il Tempo, Giancarlo Lehner, 21 settembre 2009.

Il ministro Brunetta ha, purtroppo, ragione. Berlusconi lo vogliono togliere di mezzo e chissenefrega degli interessi dell'Italia, che sta appena uscendo dalla crisi economica. L'odio è tale che il Cavaliere è già stato variamente assassinato sulla scena, nelle commedie musicali e nei film, per non dire di quanti esercitano la professione di berlusconicidi a mezzo stampa. Ci fu un giudice, ben al di sotto delle parti, non molti anni fa, che definì noi italiani sostenitori di Silvio con un epiteto chiaro e preciso: "rincoglioniti". Forse, per rieducarci e disincoglionizzarci, codesti fini dicitori non hanno mai smesso, per quindici anni, di attentare in tutti i modi ai governi di centrodestra e all'uomo Berlusconi.
Si ragiona sui poteri forti, sulle faune parassitarie, sui coni d'ombra del privilegio, tutto vero, ma le grandi manovre si estendono a tutto campo e necessitano di sinergie tra le varie postazioni. I poteri forti tessono le tele di ragno per il dopo, vedi l'esperimento riuscito dell'Esecutivo Dini nel 1995, ma il gioco sporco non tocca mai ai mandanti.
Insomma, il golpismo si avvale di vari livelli di guastatori. Comunque, la «scossa» vera pare che stia per arrivare e con tale violenza - si mormora - da costringere il Premier eletto dal popolo sovrano a dimettersi. Lo scacco matto, anzi l'atterramento, è previsto, come nel 1994, tra novembre e dicembre. Da varie parti, infatti, mi arrivano brusii e allusioni sulla prossima crisi di governo e sul marasma istituzionale, che seguirà. Alcuni mi suggeriscono già il nome del successore.
Mi dicono che il voyeurismo a mezzo stampa di Repubblica e dell'Espresso ha funzionato sin qui come lavoro ai fianchi, in attesa del gancio destro alla Monzon. Cerco di risalire alla fonte più attendibile, anche per capire se, per avventura, non si tratti di esagerazioni buone a far vendere i giornali. Riassumo gli spunti forniti dalla mia «gola profonda».
Le hanno provate tutte, poi hanno capito che il punto debole di Berlusconi sono i figli. E le attenzioni si sono concentrate orizzontalmente e verticalmente sugli eredi più esposti, Piersilvio e Marina. Non so quanto sia credibile tale soffiata, certo è, tuttavia, che Silvio farebbe di tutto, anche il sacrificio di dimettersi, per salvare i figli. Ammesso e non concesso che qualcuno stia passando al microscopio le carte ed i cassetti, ad esempio, di Piersilvio, non è affatto detto che possa trovare quello che, secondo il teorema investigativo, cerca; meglio, allora, limitarsi a rivisitare gli agguati ragionevolmente presumibili. Lo scoglio del «lodo Alfano» può essere superato senza danni, a meno che l'eventuale bocciatura non vada a coniugarsi subito con un altro colpo. Dopo la sventola sui figli proveniente sicuramente da Milano, l'uppercut fatale al mento potrebbe arrivare da Palermo.
Il feuilleton giudiziario scritto a più mani, con protagonisti Ciancimino junior e Totò Riina, elevati, da certa stampa, al rango di testimoni «credibili» e quasi sapienti registi delle indagini, potrebbe significare il preludio di un intreccio drammaturgico assai più complesso ed avvelenato, fondato, intanto, sulla conferma in Appello dei nove anni a Dell`Utri, per concorso esterno. A parte la bastonata in sé, la condanna - per un reato che, peraltro, sul codice non c'è, trattandosi di partenogenesi giurisprudenziale di dubbia costituzionalità - sarebbe immediatamente rielaborata, chiosata e declinata in forma di proprietà transitiva: da Dell'Utri colpevole a Berlusconi ancor più colpevole il passo è breve. Fra l'altro, anche con i tempi annunciati per l'échec ci siamo, visto che la sentenza di Palermo è attesa per dicembre.
Dicembre 1994, dicembre 2009, la storia si ripete? Sempre rimanendo nella narrativa sui colpi di Stato, il Cavaliere che cosa potrebbe fare, per sventare i nuovi attentati e battere una volta per sempre i golpisti? Dovrebbe non piegarsi e rimanere, comunque, in sella, avviando, magari con anni di ritardo, quelle riforme strutturali e quelle iniziative, tipo la commissione parlamentare d'inchiesta, sul funzionamento di certe Procure, che la maggioranza degli italiani, chiamati «rincoglioniti» sol perché gli vogliono bene, attendono, invano, dal 2001.

La provocazione. «Data voce alla maggioranza silenziosa».
«Le tesi di Brunetta sono realtà».
Gelmini e Bondi sposano l`attacco del ministro alle élite.

Il Tempo, 21 settembre 2009.

«Quanto affermato ieri (sabato ndr) dal ministro Renato Brunetta rispecchia perfettamente quello che sta accadendo in Italia. C'è un tentativo, neanche troppo celato, di sovvertire un governo eletto dal popolo attraverso operazioni di palazzo che nulla hanno a che fare con l'opinione degli italiani». «Il consenso per questo governo è stabile al 60%, ed è rimasto costante in tutti questi mesi nei quali lobby giornalistiche e finanziarie continua Gelmini - hanno tentato di oscurare l'immagine del Presidente del Consiglio». Gli italiani - conclude il ministro - apprezzano un governo che è poco radical chic e molto vicino ai problemi della gente, lontano dai salotti, concentrato sulle cose concrete che servono al Paese. Per questo il governo Berlusconi non si farà intimidire e continuerà la sua azione riformatrice». Sulla stessa linea, anche il ministro della Cultura, Sandro Bondi: «Brunetta ha il merito di aver dato voce ad una maggioranza finora silenziosa, ma ora consapevole della propria forza, delle proprie ragioni e delle proprie responsabilità».
«Brunetta - ha aggiunto Bondi - ha, compiuto un'opera culturale, nel senso che ha squarciato il velo di ipocrisia che divide la maggioranza dei cittadini italiani da una minoranza che disprezza il voto popolare, e che pretenderebbe di sostituirsi ad esso sulla base di un'aristocratica concezione della democrazia; una minoranza che spadroneggia nel campo dell'organizzazione della cultura grazie ai denari pubblici, senza volersi assoggettare al giudizio del pubblico anzi disprezzandolo; una minoranza che ha l'ardire di sbandierare ancora una pretesa diversità morale con il risultato di straziare ingiustamente gli avversari politici e di sfigurare il volto dell'Italia nel mondo».
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Creare democrazia nel partito di plastica

Nell'intervista a Il Tempo il ministro delle Infrastrutture Matteoli conferma la tesi di Brunetta: «Qualcuno complotta ai danni del Premier».
«Poteri forti contro governo».
Gelmini e Bondi: manovre di palazzo per sovvertire l'esito del voto alla faccia degli italiani.

Rassegna stampa - Il Tempo, Alessandro Bertasi, 21 settembre 2009.

«Colpo di Stato? Non credo che il ministro Renato Brunetta intendesse un vero e proprio golpe. Sicuramente però, analizzando i continui attacchi perpretrati contro il presidente del Consiglio, si capisce che sia in atto una campagna di destabilizzazione contro Silvio Berlusconi e tutto il suo governo». Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, non ha dubbi: «I continui attacchi al Premier sottolineano che qualcuno si sta impegnando moltissimo per creare scompiglio, e mi creda, sarebbe riduttivo pensare che dietro questa campagna ci sia solamente qualche quotidiano. Nessuno ha la forza di attaccare Berlusconi a meno che, la regìa dell'eventuale complotto, non sia in mano ai poteri forti».
Ministro Matteoli, non crede che i poteri forti attentino alla solidità del governo anche perché vedono spaccature all`interno del Pdl?
«Spaccature? Se si riferisce a Fini si sbaglia e mi darà ragione dopo l'incontro di domani pomeriggio a Montecitorio tra Berlusconi e il presidente della Camera. Un meeting che hanno voluto entrambi e che porterà ad un chiarimento».
Beh se parla di chiarimento allora qualche problemino c'era.
«Allora partiamo dall`inizio. Il Pdl è nato per espressa volontà sia di Forza Italia che Alleanza nazionale. Era inevitabile che mettendo assieme due grandi partiti - non dimentichiamo che An aveva il 13 per cento dei consensi - la strada non sarebbe stata delle più facili. Ora che ci siamo uniti, dobbiamo creare un confronto democratico al suo interno. Questo è quello che vuole Fini. Creare dibattito all'interno di un partito che ha unito culture molto diverse tra loro: cattolici, laici, riformisti e conservatori».
Ma i panni sporchi non sarebbe meglio lavarli a casa propria e non a suon di dichiarazioni alla stampa?
«Certo. La storia di come Fini gestiva An ne è un esempio. Noi siamo cresciuti nelle sezioni del partito e se dovevamo discutere per non dire litigare - lo facevamo in federazione. Questo è ciò che manca nel Pdl. Non c'è ancora il confronto e così abbiamo scelto i giornali per smuovere un po' le acque».
Crede che l`unica perplessità di Fini sia allora la mancanza di dialogo?
«Quella è la sua principale preoccupazione perché è convinto che se si arriverà al dialogo allora si stabilirà anche una democrazia all'interno del partito. Solo se ciò avverrà si potranno discutere anche quegli argomenti politici decisamente minoritari - e aggingerei problematici - dentro al partito come l'immigrazione o il testamento biologico. Ci si confronta e poi si mette tutto ai voti come siamo sempre stati abituati a fare».
Riusciranno Fini e Berlusconi a trovare un accordo?
«Certamente. E ciò accadrà se Fini riuscirà a non volere un Pdl rigido come erano i partiti di ottocentesca memoria e se Berlusconi sarà disposto a promuovere una maggiore colleggialità nelle decisioni».
Colleggialità che diventerà utile nel il momento in cui si decideranno i nomi dei candidati alle Regionali.
«Questo personalmente non mi spaventa. Dal 1994 ad oggi tra An e Fi abbiamo sempre deciso tutto assieme; perché non dovremmo farlo ora che siamo tutti nello stesso partito? Mi piacerebbe però che prima di parlare di candidati pensassimo a cercare nuovi alleati».
Cercarne di nuovi o convincere i vecchi amici dell'Udc a tornare?
«Questo mi piacerebbe. Però non con accordi a macchia di leopardo, ma correndo assieme in tutte e tredici le Regioni. Un'alleanza senza ricatti e senza mediazioni al ribasso, anche perché il 95 per cento degli elettori dell'Udc preferisce il centrodestra al centrosinistra»
E poi?
«Una volta stabilite le alleanze, pensiamo ai candidati. E, spero non si voglia ricorrere al manuale Cencelli o alla spartizione delle poltrone secondo la percentuale del 70 per cento a Forza Italia e 30 per cento ad Alleanza Nazionale. Pensiamo invece a candidare le migliori personalità che abbiamo a disposizione indipendentemente dalla corrente di provenienza».
E la Lega come si inserirà in questa spartizione delle Regioni?
«Con il buon senso, come dovremmo fare tutti. Partiamo dal presupposto che anche negli altri partiti ci sono ottimi candidati. Il nostro compito però è quello di anteporre sempre e comunque l'interesse dell'Italia o delle Regioni».
Quindi il Veneto dovrebbe rimanere a Galan?
«Sarei rimasto sorpreso se la Lega non ne avesse chiesto la presidenza. La domanda però è: "Perché spodestare Galan che ha ben governato fino ad oggi?"».
Cambiando area politica, tra Bersani, Franceschini o Marini chi vedrebbe bene come leader del Pd?
«Un quarto non c'è? Bersani è un comunista che va in cerca di voti tra i cattolici, Franceschini è un cattolico che si è spinto all`estremismo rinnegando il suo essere democristiano e Marino ha solo voglia di apparire. Con questi nomi è difficile scegliere».
E se il quarto nome fosse quello di Di Pietro?
«Sarebbe il miglior alleato di Berlusconi. Fino a quando ci sarà lui Berlusconi guadagnerà sempre più voti».
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Aspettarsi una critica del fascismo una utopia

Venerdì scorso, 18 settembre, Il Cittadino pubblicava la risposta del presidente della Provincia ad una lettera della direzione provinciale del Pd con la quale si chiedeva a Foroni di schierarsi: con o contro il fascismo. Ecco il testo.
A loro le chiacchiere, a me l’eredità dei problemi irrisolti.

Egregio Direttore, nella pagina delle lettere dell’edizione del 14 settembre 2009 del quotidiano da Lei diretto ho rinvenuto una missiva scritta dalla direzione provinciale del PD, che chiede al sottoscritto cosa pensi del fascismo, quasi sottintendendo una certa indulgenza. Mi permetto due brevi considerazioni:
1) Nessuno ha il diritto di porre interrogativi sui valori antifascisti e democratici del sottoscritto. Lo dimostrano la mia storia, il mio comportamento, la mia condotta sia come cittadino privato che come amministratore, nonché la storia della mia famiglia in cui sono stati presenti attivisti antifascisti (di cultura ed impostazione “bianca”) nonché semplici uomini di campagna, come il mio bisnonno, di professione mungitore, regolarmente manganellato nel ventennio perché aveva il difetto di dire quello che pensava.
2) Riscontro ancora una volta l’atteggiamento di appartenenti al Partito Democratico (soprattutto gli esponenti dal passato PCI-PDS-DS) teso a dare patenti e licenze di democraticità, come se loro fossero per diritto naturale su uno scranno più alto rispetto agli altri comuni mortali e fossero titolari di un principio di supremazia morale che gli conferisce l’autorità di conclamare chi è bravo o meno, meritevole o meno, democratico o meno. Stiamo parlando di persone che hanno militato nel Partito Comunista filosovietico: da che pulpito.
Comunque lascio ai predetti ogni ulteriore lezione di democrazia e antifascismo. Non perché non sia interessato. Semplicemente in questi giorni sono impegnato più concretamente a risolvere qualche problema che proprio la precedente gestione, anche del Partito Democratico, mi ha lasciato in eredità in provincia: il piano rifiuti, Eal Compost, Sorgenia e la discarica di Senna, i lavori di manutenzione nelle scuole, il patto di stabilità, per accennare solo alle questioni principali. Come vede, a ciascuno il suo: a loro le chiacchiere sui dubbi dell’eredità fascista di qualcuno, a me l’eredità dei gravosi problemi lasciati irrisolti, ai quali, in silenzio e senza proclami, sto cercando di porre rimedio.
Pietro Foroni
Presidente della Provincia di Lodi

Oggi sempre su Il Cittadino, il consigliere provinciale Luca Canova ritorna alla carica con un'altra lettera. Ecco il testo.
Mi attendo una critica al fascismo.

Travolto dal dolore nel sapermi bocciato e sinceramente preoccupato per la «colossale figuraccia» rimediata nella mia replica alla strombazzatissima pubblicazione degli stipendi della Giunta Provinciale, ribadisco:
1. che 20.000 euro mensili per una giunta provinciale sono una cifra adeguata;
2. che bisogna meritarseli, lavorando duro senza confondere slogan con delibere;
3. che si può sempre cambiare lavoro, per scelta propria (e ahimé degli elettori).
Desideroso di non voler incrementare la polemica in atto, certo che i gruppi di maggioranza converranno con me sul fatto che ben altri sono i problemi del Lodigiano (per esempio il lavoro) ricordo agli eventuali interessati che non sono mai stato filosovietico e che considero il regime comunista sovietico, crollato da 20 anni, uno dei grandi fallimenti della storia.
Attendo, per par condicio, analoga presa di distanza dei capigruppo di maggioranza in merito alle dichiarazioni filofasciste recentemente espresse da taluni importanti rappresentanti della Giunta Provinciale in occasione della commemorazione dei Martiri del Poligono di Lodi.
Sono certo che i lettori di questo quotidiano leggeranno una severa critica al regime fascista di Mussolini e alle alleanze repubblichine senza, se e senza ma, entro 8 giorni da oggi. E che la lettera, firmata dai capigruppo di An, FI liste civiche e Lega nord sarà controfirmata anche dalla Giunta Provinciale.
Luca Canova
Heidelberg (Germania) Davanti ai resti della sinagoga ebraica distrutta dai nazisti nella Kristallnacht del 1938

Postilla. Il presidente della Provincia, sicuramente senza volerlo, con il suo atteggiamento del fare che non ha cinque minuti per discutere la questione, dà una chiara risposta: non posso farlo. Il che significa evidentemente che i sospetti avanzati dal Pd possono ritenersi fondati e l'ironia finale di Canova ne dà testimonianza. Il non esporsi nel dire apertamente il proprio pensiero, piuttosto che affidarsi al giudizio altrui sulla propria storia, indica a chiare lettere che un po' di nostalgia repubblichina aleggia in taluno dalle parti del palazzo provinciale e per amor di patria è meglio glissare. A noi interessa poco la questione. L'errore dei lodigiani di portare in Provincia azzurri verdi e neri, se di errore si tratta, non è venuto per caso. Su questo si dovrebbe riflettere non sviando la questione con falsi problemi - anche se dopo le dichiarazioni dell'assessore Capezzera appaiono non trascurabili. E poiché il Pd è in fase di discussione congressuale, almeno nel Lodigiano una disamina vera dei motivi che hanno "cambiato il mondo" locale dovrebbe essere fatta ed un dibattito ampio.
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La Allogel precisa le circostanze del controllo Nas

La cooperativa aveva garantito la regolarità dei dipendenti.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 21 settembre 2009.

Egregio Direttore,
nella mia qualità di legale rappresentante dell’azienda Allogel intendo contestare e chiedere formale rettifica di alcune fondamentali circostanze in merito all’articolo pubblicato sul Vostro quotidiano in data sabato 19 e domenica 20 settembre a pag. 43. La Allogel, ditta certificata Ifs per la qualità, che subisce periodicamente rigide verifiche ed audit che hanno puntualmente riconfermato la certificazione in possesso, vanta da oltre 25 anni il primato, più volte riconosciuto pubblicamente ed anche riportato sulle pagine de Il «Cittadino», nel settore in cui svolge la propria attività.
Alla luce di tali affermazioni debbo smentire integralmente il titolo del citato articolo: non si è, infatti, trattato di blitz, bensì di un normale controllo di routine da parte delle forze dell’ordine, intervenute alle ore 9 del giorno 17/09/09. Intendo precisare che Allogel formula sin d’ora la più ampia riserva di tutela della propria posizione ed immagine, avanti le sedi competenti, nei confronti della cooperativa con sede in Sesto San Giovanni, che aveva inviato i tre dipendenti con ogni garanzia in merito alla loro regolarità, fornendo all’uopo apposita documentazione. A miglior precisazione della verità dei fatti, segnalo inoltre che le citate “anomalie” dei prodotti riguardavano solo alcune confezioni giacenti nello spaccio e prive della dicitura “prodotto confezionato nello stabilimento di Brembio IT 488 CE”, comportante di conseguenza il sequestro dell’intero lotto.
Chiedo infine formale rettifica del contenuto dell’articolo laddove, in conclusione, cita non ben precisate “irregolarità igienico sanitarie”, in quanto la contestazione riguarda la mancata formazione del personale di suddetta cooperativa.
Rosa Meazza
Legale rappresentante Allogel
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In edicola oggi

21 settembre 2009.
Le prime pagine dei giornali.







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Secugnago alla bancarotta

“Buco” confermato.
Il comune di Secugnago è in rosso di 853mila euro.

Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 21 settembre 2009.

Secugnago - Lo squilibrio di bilancio rispetto al rendiconto 2008 del comune di Secugnago è stimato in 853mila euro. Negli anni passati, cioè il paese ha vissuto al di sopra delle proprie capacità, spendendo circa 425 euro di troppo per ogni abitante residente. E ora, toccherà alla nuova amministrazione eletta a giugno rientrare dal deficit, prima che scattino provvedimenti drastici. La legge concede due anni d’esercizio per recuperare il passivo. Il dato, che era nell’aria da giorni e nelle chiacchiere da bar, è stato confermato ufficialmente nel corso di un’accesa, ma serena assemblea pubblica tenutasi sabato sera, alla quale hanno partecipato almeno trecento persone. La nuova giunta, con il sindaco Mauro Salvalaglio e l’assessore Giuseppe Paglia in testa, ha scelto la strada della massima trasparenza. «Nella fase della verifica per la salvaguardia degli equilibri di bilancio, che deve passare in consiglio comunale entro fine mese, l’attuale amministrazione ha evidenziato uno squilibrio di bilancio su rendiconto 2008 che prudenzialmente stimiamo in euro 853.674,00 - spiega l’assessore Paglia -. Il disavanzo è da far risalire alla mancanza di titoli giuridici nella parte relativa ai residui attivi». Dietro la nota tecnica, ciò significa che sono stati iscritti a bilancio dei soldi che non sono entrati e che non potranno più entrare nelle casse comunali.
«Non c’è una voce scoperta, ma tante cifre sono insussistenti, rispetto all’Ici, all’Irpef, ai trasferimenti dallo stato e ad altri - continua Paglia -. Ora non ci interessa tanto capire la causa del perché questo sia accaduto e di chi sia la colpa, quanto piuttosto come venirne fuori. La legge ci concede due anni, e stiamo studiando i percorsi opportuni per avere delle entrate extra. Le possibilità per uscirne ci sono, anche senza pesare sui cittadini, e faremo di tutto per uscirne. Certo che è un peccato perché questi percorsi potevano portare risorse per la crescita del paese, e invece andranno a coprire il deficit».
Nei prossimi due anni, tutte le entrate del comune, esclusi i mutui, i prestiti e pochi altri strumenti indicati dalla legge, potranno andare a copertura del buco. Ma ogni passo ufficiale, comprese eventuali comunicazioni alla Corte dei conti, avverranno solo in fase di rendiconto di bilancio, a marzo dell’anno prossimo.«Il paese di Brembio [sic! da leggere Secugnago - non ci risulta che Salvalaglio almeno per il momento sia sindaco di Brembio; un lapsus freudiano del giornalista a continuo contatto con il nostro sindaco? Mah - ndr] ha bisogno oggi più che mai di chiarezza e di un rapporto sincero e trasparente con i propri amministratori - conclude il sindaco Mauro Salvalaglio -. Questa è la cifra della nostra politica amministrativa, oggi come nel futuro».
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Doppia seduta di consiglio provinciale

Gli “incubi” di Senna e di un inceneritore nel dibattito al via in consiglio provinciale.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Alberto Belloni, 21 settembre 2009.

Bilancio, soldi e rifiuti. Sono questi i tre capitoli principali della doppia seduta di consiglio provinciale in programma a palazzo San Cristoforo tra oggi (alle 15) e martedì 29 (dalle 17). Ben 11 i punti all’ordine del giorno del consiglio di lunedì, nel quale tra un’interrogazione del Pd sulle possibile compensazioni economiche ai comuni lodigiani confinanti con la centrale nucleare di Caorso (ancora in attesa di conferma definitiva dal governo) e una sempre del Pd sulle linee di trasporto San Rocco-San Donato-Milano M3 e Valera Fratta-San Donato-Milano M3 dovrebbe trovare molto spazio la questione dei rifiuti; in agenda, infatti, ci sono la riadozione del piano provinciale bocciato dalla Regione (che rischia di far commissariare la Provincia e che potrebbe indirettamente spalancare le porte all’apertura della maxi discarica di Senna) e un’interrogazione del consigliere Pd Luca Canova sulla possibile realizzazione di impianti per la termovalorizzazione di rifiuti speciali. Il bilancio, oggetto martedì 29 della più ampia ricognizione dello stato di attuazione dei programmi, della salvaguardia degli equilibri e della variazione di bilancio, farà capolino lunedì con la ratifica della delibera di giunta di inizio mese su una variazione del bilancio stesso; completano il menù un’interrogazione di Mauro Soldati (Pd) sull’oscuramento del sito dell’osservatorio delle politiche sociali della Provincia, una del capogruppo Idv Vincenzo Romaniello sulla pubblicità delle sedute di consiglio, la nomina dei rappresentanti nell’Unione province lombarde, una mozione del Pd sulle convenzioni tra Provincia, comuni e gestori di energia e un ordine del giorno del Pd sul ripristino del fondo unico dello spettacolo e di quant’altro per prevenire una crisi nel settore.
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Teste rasate braccia tatuate 50 ragazzi in strada

Solidarietà da Forza Nuova e dalla Fiamma milanese.
«Questo circolo a Lodi è solamente il primo».

Rassegna stampa - Il Cittadino, Rossella Mungiello, 21 settembre 2009.

Facce scure, nessuna voglia di parlare. A farlo per loro è uno striscione: «Le vostre fiamme non ci fanno paura; Verde Bianco e Rosso va avanti». Manifestazione di solidarietà e protesta, sabato pomeriggio, davanti alla sede semidistrutta dell’associazione culturale di destra in via San Fereolo. Alle 16 sono circa 50 i ragazzi in strada: teste rasate, braccia tatuate. Sono solo una parte dei 140 iscritti dell’associazione «Verde, Bianco, Rosso». Ma anche una decina di “simpatizzanti” arrivati da Milano. «Ora dobbiamo ricominciare tutto da zero - spiega Cinzia Fasoli, presidente del circolo - ; raccogliendo fondi». I locali sono in affitto e devono essere rimessi a nuovo. I soldi per le spese arrivano dagli stessi soci. La tessera base è di 5 euro. Una rondine bianca su fondo nero senza scadenza: sei dentro tutta la vita se vuoi. Poi ci sono i soci sostenitori che si sono tassati con una quota mensile per sostenere le spese. Entrando, sulla parete di sinistra è ben visibile un’enorme aquila, simile in tutto e per tutto al simbolo del Reich. «Per noi è simbolo di forza e di coraggio - racconta Emanuele Savini - ; quel significato storico non lo riconosciamo. La nostra è un’attività nazionalpopolare tradizionalista». Che cosa ci sia dietro quest’espressione, lo spiegano con qualche esempio degli eventi in programma: una mostra sulla seconda guerra mondiale e un ciclo di convegni sull’idealismo tedesco. «Non siamo legati a nessuna sigla, la nostra associazione è la matrice - spiega meglio Savini - : dopo un anno di attività possiamo registrarci in prefettura e fondare altri circoli in tutta Italia».
Molti dei ragazzi gravitano attorno a Forza Nuova e alla Fiamma Tricolore. Poco prima delle 16 arriva anche Gianmario Invernizzi, leader storico di Forza Nuova, a portare solidarietà a ragazzi che «nonostante l’aspetto esteriore molto duro, sono tranquilli». Fa un giro all’interno e li incoraggia a continuare. «Ho 53 anni, queste cose le ho già vissute e avrei preferito non vederle mai più - commenta - ; ogni idea ha diritto d’asilo. Mi auguro che il loro impegno sia finalizzato alla politica, oltre che alla cultura. Le mie porte per loro sono aperte». E non risparmia qualche stoccata agli «ex amici del centro destra che non hanno manifestato solidarietà perché hanno paura di sporcarsi le mani». Altrettanto duro è Maurizio Gargallo, commissario provinciale di Milano della Fiamma. «Questi metodi criminali non ci fermeranno - attacca - ; siamo qui a manifestare tutto il nostro sdegno per un atto che sicuramente alza i toni e la nostra vigilanza».

«Secondo noi è stato un gruppo di “skin” di sinistra»

«Se vuoi fare qualche domanda, vai dentro e chiedi ai responsabili. Non chiedere nulla a nessuno di loro». Insomma gli autorizzati a parlare sono solo la presidente Cinzia Fasoli, Francesco Noli, Emanuele Savini. Chiedere un commento agli oltre 50 ragazzi che intorno alle 17 affollano sia San Fereolo è un terno al lotto. Pochi tra loro disposti a parlare ma mischiandosi ai gruppetti di ragazzi i commenti si colgono. «Codardi», «Vigliacchi» e ancora la convinzione che «se ne poteva discutere». «L’avvenimento di per sé è triste - commenta Stefano di Lodi - ; dimostra che non esiste un confronto, ma certo quest’episodio non ci ferma». Sui colpevoli dicono di avere le loro idee, ma non si esprimono. Qualcuno accenna a un gruppo di «antagonisti»: una cellula di «skin» di estrema sinistra, attiva anche nel territorio. «È assurdo che si parli solo di noi, che ci abbiano classificato in modo negativo solo perché abbiamo deciso di uscire allo scoperto, di manifestare il nostro pensiero in un luogo deputato al confronto e allo scambio - racconta Luca di Lodi, sotto lo sguardo vigile di un altro socio che controlla ogni parola - : qui si veniva a vedere una partita, ma anche a condividere lo stesso ideale di vita». Per qualcuno, «il disastro è iniziato dalla definizione di «circolo di estrema destra» della stampa»; per qualcun’altro tutto questo non parte da Lodi. E anche sabato c’erano ragazzi arrivati da Milano per manifestare solidarietà, ma su questo punto non è possibile approfondire. La situazione si fa più tesa: le domande dei giornalisti non sono bene accette. «Se vuoi sapere qualcosa vai dentro, non gironzolare qua fuori, non chiedere a nessun’altro». Ma alla fine chi parla viene richiamato con toni da imperativo categorico. E obbedisce.
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L’affollata festa di fine Ramadan

I musulmani sono arrivati anche da Sant’Angelo e Casale dopo i divieti dei comuni, oltre che dal Cremasco e da altre province. In 1.500 a Lodi per le preghiere ad Allah. Mai così elevata l’affluenza alla festa per la fine del Ramadan.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Matteo Brunello, 21 settembre 2009.

Una lunga distesa di tappetini, coperti dei fedeli riuniti in preghiera, e a riempire la sala il ritmo cadenzato delle invocazioni. È l’affollata festa di fine Ramadan, che si è tenuta ieri mattina a Lodi. Quasi «1.500» le persone, secondo le stime della comunità islamica del capoluogo: mai così tanti, famiglie, donne e bambini che sono arrivati da tutto il territorio. Sant’Angelo Lodigiano e Casalpusterlengo in testa, e anche da fuori provincia, a partire da Crema. Tutti insieme per celebrare la conclusione del mese sacro per i musulmani, periodo segnato dal sacrificio del digiuno e del raccoglimento per i credenti di Allah. «È andata davvero molto bene, siamo soddisfatti, anche per la grande affluenza della cerimonia - spiega il responsabile degli islamici di Lodi, Sabri Sashouk - hanno partecipato gruppi da San’Angelo, sono arrivate persone da Casale e persino da Crema. Un momento guidato dai due imam, provenienti dall’Egitto, che hanno aperto i riti».
Il ritrovo era fissato per le 9 del mattino, all’interno del PalaCastellotti. E il parcheggio, di fronte all’impianto sportivo è stato subito invaso da una massa di auto che hanno cominciato a confluire lungo via Piermarini. Poi hanno avuto inizio le celebrazioni, con le prime invocazioni corali che sono durate per circa mezz’ora, a seguire sono intervenuti i capi spirituali della comunità per gli attesi discorsi, recitati in arabo. «Nei loro interventi sono stati affrontati diversi temi: dal significato della festa di fine Ramadan, il senso di comunità e il discorso della fratellanza - continua Sabri Sashouk - gli imam (Moamhed Anwr e Moammhed El Gamal) hanno preso la parola in momenti diversi, e si sono rivolti a tutta l’assemblea lì riunita». Intanto all’interno del palazzetto dello sport erano stati posti moltissimi tappetini per la preghiera: sia sul quadrilatero di gioco, che sulle corsie laterali e persino sulle tribune. Una grande partecipazione testimoniata dalla quantità di veicoli posteggiati sul piazzale e su via Piermarini, oltre che dalla montagna di scarpe lasciate fuori dalla struttura, come per ogni luogo di culto islamico. Divise da un separé, hanno recitato le loro preghiere anche le donne musulmane («circa 300 in tutto», stando agli organizzatori); per loro è stato predisposto uno spazio apposito sempre nell’ampio impianto sportivo. Dopo gli interventi degli imam, diversi momenti sono stati dedicati inoltre alla continua ripetizione delle invocazioni di Allah, fino verso le 11 del mattino, quando l’assemblea è stata sciolta e una lunga colonna di veicoli si è formata lungo il collegamento verso il palazzetto. «In piccoli gruppi, ognuno si è diretto per festeggiare e poter liberamente mangiare durante il giorno, dopo il termine del mese sacro», informa il responsabile del centro di cultura islamico “Al Fath” della moschea di Lodi, Sabri Sashouk che per l’occasione del termine del Ramadan ha ottenuto dall’amministrazione comunale l’autorizzazione a utilizzare lo spazio del PalaCastellotti.

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«Un’iniziativa cupa e inopportuna (e non autorizzata)»

Bagarre con striscioni e polemiche all’inaugurazione in via Grandi. Uggetti: «Non finisce qui». Ecco il parco dov’era attesa la moschea. La Lega Nord rivendica il risultato, Guerini: «Non c'entra nulla».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Matteo Brunello, 21 settembre 2009.

Non mancano i bambini e le famiglie, che riempiono la “nuova” area verde, nel giorno atteso dell’inaugurazione. Ma nella cerimonia di “battesimo” del parco di via Grandi, un tempo luogo indicato per la grande moschea di Lodi, è lo scontro politico a destare la grande attenzione. La bufera si accende dopo l’esposizione di uno striscione dei militanti del Carroccio. «Grazie Lega Nord, dalla moschea al parco giochi», si legge nel cartello. E il testo non passa inosservato. «Non sporchiamo la manifestazione, con altre iniziative che con questo nulla hanno a che vedere», attacca il sindaco Lorenzo Guerini. E l’assessore Simone Uggetti, a margine, non risparmia critiche alla Lega: «Trovo che sia stata un’iniziativa cupa e inopportuna. Mi risulta anche che non sia stata autorizzata. E comunque la vicenda non finisce qui». Intanto, un largo drappello di esponenti della Lega, tra cui hanno partecipato anche il parlamentare Andrea Gibelli e il segretario provinciale Guido Guidesi, sul lato del parco ha allungato uno striscione e alzato le bandiere con “sole delle Alpi”.
La festa per la riqualificazione del parco di via Grandi, in zona San Fereolo (circa 8mila metri quadri tra il parcheggio del My Lodi e la tangenziale sud) è avvenuta nel pomeriggio di ieri. Previsti i discorsi del primo cittadino e altri amministratori, una serie di attività tra giochi ed esibizioni con una dimostrazione di hockey pista, con i bambini della scuola hockey dell’Amatori sporting Lodi. Durante la giornata sono stati ricordati con un minuto di silenzio anche i militari morti in Afghanistan. Fuori programma invece (una comunicazione era stata inviata dalla Lega in Questura), il presidio dei rappresentanti del Carroccio. «I cittadini non si dimenticano, qui il centro sinistra voleva realizzare la seconda moschea più grande d’Italia. E noi come Lega ci siamo opposti. Coloro che avevano sostenuto quel progetto, che sono parte della maggioranza in carica dovrebbero chiedere scusa ai cittadini», dice il capogruppo “lumbard” in comune, Mauro Rossi. E il parlamentare leghista Andrea Gibelli: «Basta ipocrisie. Esponenti di questa maggioranza, come Uggetti e Ferrari, volevano la moschea proprio qui». Infine la festa è andata avanti con gli interventi di rito, che hanno illustrato gli elementi del progetto del parco, realizzato dopo un percorso di partecipazione. E, nonostante la minaccia di pioggia, largo spazio a spettacoli per i più piccoli.

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