Il Pd verso il congresso.
Speciale, [14].
Franceschini sceglie il suo slogan: Liberiamo il futuro.
Dario Franceschini ha scelto il suo slogan per la campagna elettorale in vista del congresso. «Liberiamo il futuro» è la parola-chiave che, a quanto si apprende, il segretario ha scelto, dopo una consultazione tra fedelissimi e supporter, per i manifesti e le iniziative della sua mozione. Ce lo dice l'Unità.it. A differenza degli altri candidati Pier Luigi Bersani e Ignazio Marino, Franceschini si è preso la pausa estiva per decidere il suo slogan attraverso un sondaggio, via sms.
I dirigenti che lo sostengono al congresso dirigenti hanno così selezionato lo slogan, a loro parere, migliore in vista della ripresa del dibattito interno, che entrerà nel vivo domani con la presenza di Franceschini alla festa del Pd a Genova.
Dal quotidiano Liberazione riprendiamo invece un articolo di Ettore Colombo di qualche giorno fa.
Corteggiato da Bossi, Bondi ma anche Alemanno: pericoli e scivoloni del candidato segretario del Pd. Il Bersani che piace tanto a destra e che glissa sulle "gabbie salariali".
Rassegna stampa.
Hanno cominciato i cattolici, anche se di una specie particolare, quella che sa fiutare l'aria che tira, oltre che sa stare al mondo, invitandolo - e in tempi non sospetti - al Meeting dell'Amicizia dei Popoli di Rimini (alias, l'annuale "festa" di Cl, quella che - ogni seconda metà d'agosto che Domine Iddio manda sulla Terra - segna per tutti, politici e non, il ritorno all'opre, e cioè alla Politica), per giunta in qualità di ospite d'onore, o quasi, visto che dialogherà addirittura con il governatore di BankItalia Mario Draghi più molti altri illustri. Ma nessuna sorpresa, almeno in questo caso: "Piergigi" non perde un Meeting da quando rivestiva i panni di governatore (anche se ai tempi si chiamavano ancora Presidenti) dell'Emilia-Romagna, ha un feeling particolare, con i ciellini, al punto da essere stato da loro definito, sempre in tempi non sospetti, un "comunista ciellino" (e non, si badi, un "catto-comunista", categoria dello spirito che i ciellini medesimi aborrono in sommo grado). Senza dire del fatto che, il medesimo Pierluigi, si è laureato - temporibus illis - con tesi sul "Concetto di Grazia da Gregorio magno a San Tommaso d'Aquino", titolo che aveva (ed ha) il sapore del miele, al sensibile palato ciellino, e idea che è valsa al Pierluigi, un paio di Meeting fa, un invito davvero d'eccezione: commentare don Giussani, padre fondatore e indimenticata guida spirituale di Cl, nell'anniversario della morte - a cui funerali, peraltro, il medesimo sedeva ai primi banchi, assieme al suo vice, quell'Enrico Letta anca lù ospite fisso, del Meeting.
Poi, però, ci si è messo di mezzo il leader della Lega in persona, quell'Umberto Bossi che sarà anche un po' opaco, a causa del brutto coccolone subito, ma che ancora non s'è rincoglionito per niente, quando si tratta di "fiutare" la preda, o il cavallo vincente. Bossi che, papale papale, ha detto, con tono secco e grave: «Meglio vinca Bersani». Infine, buoni ultimi, si sono accodati i numeri due e tre del Popolo (ex Casa) delle Libertà, i vari Bondi, Cicchitto, Verdini - nomi che ogni buon democratico, al solo sentirli, mette mano alla fondina della pistola e, potendo, spara - per non dire dei cojones dell'An che fu, alla Gasparri: «E quant'è bravo Bersani, e com'è meglio se vince Bersani», e via salmodiando di questo passo. Nemmeno il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, se l'è sentita, di tirarsi indietro, sul punto, e - pur non richiesto - ha detto anche lui la sua: «Bersani sì che è un avversario leale».
Insomma, una panacea, una silloge, un'orgia (politicamente parlando, s'intende) di commenti, e tutti tendenti al bello e al positivo. "Ah, se fosse Bersani, il segretario del Pd, allora sì che si potrebbe davvero "dialogare", con l'opposizione". E, "macari", come direbbe un commissario Montalbano in vena di analisi, "aprire una bella stagione di riforme, quelle che ci vogliono davvero, per questo nostro, povero, Paese". Mandando definitivamente in soffitta, cioè, l'opposizione pregiudiziale e pregiudizievole, alla Di Pietro - contadino di Montenero di cui, peraltro, proprio Bersani ha criticato modi e toni, elogiando invece l'Udc. Un'altra forza politica che non vede l'ora, a stare agli annali estivi, di "misurarsi" con un Bersani segretario. Manca, in definitiva, solo la parola del leader maximo, e cioè di "Papi", e poi la frittata sarebbe fatta, e cioè il "bacio della morte" definitivamente dato. Ve lo immaginate, un Berlusconi che, un giorno qualunque, tra un'inchiesta - a scoppio sicuro - della Procura di Bari e un avviso di garanzia - pur se a scoppio ritardato - di quella di Milano , facesse cadere lì, con qualche giornalista "amico" (ce ne sono, Dio solo sa se ce ne sono), una frase del tipo "Meglio Bersani"? Ecco, quello sì che sarebbe il disastro assoluto, la tempesta perfetta. Ora, essendo che noi - come i nostri 25 lettori sanno - tifiamo, pur se dall'esterno, spudoratamente per lui, Bersani, ci permettiamo - se ci è concesso - di dargli un piccolo consiglio. "Pierluì, guardate da li amichi", suona, codesto consiglio, parafrasando un indimenticabile Corrado Guzzanti che, facendo il verso al Rutelli che fu, quello candidato a premier nel 2001, diceva "A' Berlusco', t'avemo portato l'acqua co' ‘e recchie, a Berlusco', ricordate de li amichi!". Ecco, sinceramente, non vorremmo che s'avverasse, una cosa simile, e cioè un endorsement in piena regola, dopo quelli pronunciati a mezza bocca, da parte del leader della Pdl, nei confronti del candidato della mozione numero 1 al primo (vero) congresso del Pd, Pierluigi Bersani.
Ecco perché ci permettiamo di formularlo, il "consiglio". Interessato, interessatissimo. Consiglio che ci permettiamo anche di condire con qualche esortazione di prammatica, su alcuni argomenti, come si usa, tra persone civili.
Potrebbe, ad esempio, il candidato Bersani dire una parola chiara che sia una sul tema politico-sindacal-economico più controverso dell'estate, quello che riguarda non le "gabbie salariali" (Bersani, come ogni persona dotata di senno, del resto, si è già detto contrario) agitate dalla Lega Nord ma il vero attacco ai diritti dei lavoratori e del sindacato che esse stesse contengono, e cioè lo svellamento - o svuotamento o come dir si voglia - della forza e della validità del contratto nazionale di lavoro? In fondo, quella stessa Cgil che - compattamente, tanto per cambiare e tranne poche, rare, eccezioni - tifa Bersani, lo difende a spada tratta. Né abbiamo sentito dire, da Bersani, una parola che fosse una sul caso della Innse e sulla lotta dura, durissima, che quei lavoratori hanno (con sapienza, intelligenza e acume) messo in campo.
Potrebbe, inoltre, lo stesso Bersani dirci una parola chiara su un tema che - lo capiamo - è frusto e vetusto, quello del conflitto d'interessi, ma che pure c'è, in campo, dato che il premier è quello che è (e cioè l'uomo che controlla, fervidamente ricambiato, tutti e sei i principali canali e tg nazionali, Rai o Mediaset che siano) e, purtroppo, ahinoi, i tg e i direttori di giornali sono quelli che sono (degni emuli, cioè, di quei loro antenati che, quando c'era Lui, Benito Mussolini, apparecchiavano commenti e servizi da cinegiornale Luce o Eiar)?
Potrebbe, infine, il medesimo Bersani dire una parola netta e chiara ("Il tuo sì sia sì e il tuo no sia no", gridava inascoltato un signore palestinese vestito di stracci e con la barba un paio di millenni orsono) anche su un tema caro a ogni commentatore politico che si rispetti, e cioè se la parola "sinistra" ha ancora dignità di onore e onere, in questo Paese, all'alba del III Millennio, con tutti gli annessi e connessi che comporta?Ecco, vorremmo tanto delle risposte, a queste domande. Altrimenti? Beh, Bersani seguirà la sua strada, certo, magari perdendo qualche simpatia e qualche consenso (e qualche voto anche, temiamo, alle Primarie) alla sua sinistra, ma forse ne guadagnerà altrove (al centro? A "destra"? Mah, staremo a vedere), però a noi toccherà restare alla finestra, un tantinello orfani. Costretti, per fare "a capisse", come si dice a Roma, volenti o nolenti, a dover commentare il Fassino (che sta stabilmente con Franceschini, lo si sappia) di turno. Quello che "invita" la Cgil ad abbandonare quel vecchio arnese del contratto nazionale di lavoro, che vuole allearsi con qualsiasi forzista, aennino o leghista - solo un po' deluso da Papi, ma neanche troppo - gli capiti a tiro, in Veneto come in Puglia, in Trentino come in Sicilia, insomma "dal Manzanarre al Reno", che - bontà sua, di Fassino, cioè - non ama la sinistra e neppure i suoi antipatici orpelli. Quel Fassino, sempre detto "pe' capisse", che sentenziò - impunito - in un suo libro che Bettino Craxi aveva visto giusto e capito tutto mentre Enrico Berlinguer era un povero retrogado e plantigrado rimasto legato al Comintern. Ecco, non vorremmo trovarci a dover fare i conti con un Pd permeato dai "valori" di un Fassino qualunque. È chiedere troppo, Pierluigi?
(14 - continua)