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sabato 31 ottobre 2009

BlogNotte - Grillo e i giornalisti

Blog Notte
Grillo e i giornalisti

31 ottobre 2009

Questa notte di Halloween mi limito a riportare un post e un postino dal blog di Beppe Grillo pubblicati oggi e poco altro (cioè il video che segue e una foto d'un giovane allora velista).



Scuola Italiana di Giornalismo.

In Italia la Politkovskaja e le decine di giornalisti russi assassinati sarebbero ancora vivi. La Scuola Italiana di Giornalismo non prevede la morte di un portatore di verità se non in rari casi, come per Mauro de Mauro o Ilaria Alpi. Eccezioni che confermano la regola del giornalista servo. Servo per vocazione e, soprattutto, per stipendio. Nel 2009 sono stati uccisi nel mondo 33 giornalisti e 171 sono finiti in galera insieme a 91 blogger. Il giornalismo nostrano pagato dallo Stato con i contributi pubblici non corre questi rischi. È come se la Politkovskaja fosse stata retribuita da Putin per scrivere sulla Pravda. I dati dei finanziamenti all'editoria per il 2007 e pagati nel 2008 spiegano meglio di qualunque discorso il posizionamento al 49simo posto della libertà di informazione dell'Italia nel 2009 (35sima nel 2007) secondo Reporters Sans Frontières.
Alcuni dati: Libero (diventato una Onlus per i contributi) 7.794.367 euro, Il Riformista 2.530.638, Il Foglio 3.745.345, La Padania (serva di Roma Iddio la creò) 4.028.363, L'Unità 6.377.209, Europa (organo del rutellone) 3.599.203, Il Secolo d'Italia 2.959.948, Il Campanile (organo del mastellone) 1.150.919, Avvenire 6.174.758 (ma non gli basta l'otto per mille?), Il Denaro (il nostro?) 2.459.799. L'Avanti (i socialisti sono sempre presenti) 2.530.638. Non mancano neppure le elemosine folcloristiche elargite con le nostre tasse come: Il Granchio 88.444 euro, Motocross 506.660, Chitarre 273.126, Car Audio e FM 290.400, Italia Ornitologica 40.000 e il misterioso Adista 117.000 (*).
Mancano i soldi per la Scuola, per la Polizia, per le case antisismiche, per il sussidio di disoccupazione ai padri di famiglia disoccupati. Non mancano mai per i giornalisti di regime. Il Dipartimento per l'informazione e per l'editoria è presieduto da Paolo Bonaiuti del PDL. Senza la cortina fumogena dell'informazione a tassametro il regime Pdl-pdmenoelle non durerebbe un giorno, senza lo Stato la maggior parte dei giornali fallirebbe. Lo stipendio a Belpietro, Ferrara, Polito, Boriani lo decide lo psiconano e lo paghiamo noi. Gli editori sono i camerieri dei politici, i giornalisti scrivono il menu su ordinazione. I contributi pubblici all'editoria e gli sgravi fiscali di cui godono i grandi gruppi editoriali vanno aboliti. Se lettore compra, giornalista vive. Altrimenti faccia un altro mestiere.

(*) Il Fatto Quotidiano che ha dichiarato di non voler fruire di contributi pubblici rappresenta una controprova. Travaglio, Lillo, Gomez non avrebbero mai potuto diventare editorialisti o direttori del Corriere della Sera o della Repubblica. Hanno dovuto farsi un loro giornale per scrivere.



Il secondo pezzo riguarda uno dei fatti del giorno commentati dai giornali.

Meglio imbecille che D'Alema.

Massimo D'Alema sarà candidato dallo psiconano per la carica di ministro degli Esteri dell'Unione Europea. Lo scrittore della Mondadori si è premurato a dire: "Grato al governo per l'appoggio... Ma io con Berlusconi non ho fatto e non farò mai nessun inciucio... Una nomina italiana a ministro degli Esteri d'Europa è una questione di grande interesse nazionale, non un pastrocchio da piccolo interesse di bottega. Se qualche imbecille non lo capisce, peggio per lui". Ecco, io sono quell'imbecille. Facciamo un piccolo ripasso delle dichiarazioni dalemiane: "Con Berlusconi dobbiamo riscrivere le regole dello Stato democratico (3-6-96) - La Fininvest è una grande azienda e una grande risorsa per il Paese (29-3-96) - Berlusconi è un uomo che ha portato nella vita politica italiana una novità rilevantissima (22-4-96) - Io di Berlusconi mi fido: credo proprio che sia sincero quando dice di volere le riforme (23-1-96) - Forza Italia è un partito confinante con il Pds. Ma il nostro non è inciucio: è antagonismo collaborante (19-12-96)". Il governo D'Alema nel 1999 con la legge 488, articolo 27, comma 9, pagina 32 ha garantito allo psiconano la ricchezza a vita. Le concessioni per le frequenze televisive nazionali cedute (regalate?) per l'uno per cento del fatturato. Meglio imbecille che D'Alema.


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La scuola e il risparmio

Oggi si celebra la «Giornata mondiale del risparmio».
Rassegna stampa - Avvenire, 31 ottobre 2009.

Giovedì scorso a Roma è stata festeggiata ufficialmente l’edizione numero ottantacinque. A fare gli onori di casa è sempre l’Acri, l’Associazione che rappresenta le Casse di Risparmio, un tipo di banche nate nell’800 nell’Europa Centrale, e le Fondazioni di Origine Bancaria. L’Acri organizza questa manifestazione ripresa in molti Paesi del mondo dal 1924. Nell’ottobre di quell’anno, a Milano, si tenne il primo Congresso Internazionale del Risparmio. Le Casse di Risparmio di 26 Paesi decisero in quell’occasione di mettersi a tavolino e studiare il modo per aiutare le persone e gli Stati a risparmiare il proprio denaro. Con il termine «risparmio», in economia, vengono indicati i soldi che si riescono a mettere da parte per far fronte alle spese future. In generale lo scopo del risparmio è quello di poter disporre in un secondo momento di una riserva per far fronte a spese impreviste o per garantirsi un reddito futuro oltre a quello offerto dalla pensione.

La strategia del maialino.
La Giornata del risparmio ripropone la necessità di imparare a dare valore alle proprie risorse. Guardando al futuro.
Rassegna stampa - Avvenire, 31 ottobre 2009.

I ragazzi e l’economia s’incontrano tardi nella vita. Anche perché nelle nostre scuole dell’obbligo non ci sono programmi che avvicinino a questa materia.
Eppure, nella vita di ogni giorno, si devono fare i conti con le bollette da pagare, il mutuo per la casa, gli investimenti per assicurarsi un futuro sereno. Educazione economica significa anche imparare a dividere una parte delle proprie risorse con gli altri. Non solo pagando regolarmente le tasse, con cui lo Stato provvede ai servizi per tutti i cittadini. Si può destinare per esempio una quota dei propri risparmi alle donazioni e alla beneficenza. Moltiplicando in questo modo la solidarietà che ha sempre accompagnato le società degli uomini nel corso della storia.
Per riuscire a risparmiare bisogna in ogni caso saper gestire le proprie entrate. Ma la ricerca «I giovani e il denaro», realizzata qualche tempo fa dalle banche italiane, conferma che più della metà dei giovani non parla di denaro ed economia all’interno della propria famiglia. Anche perché in pochi hanno dimestichezza con l’argomento. La mancanza di dialogo e di educazione finanziaria a scuola e in famiglia determina così nei giovani la tendenza a non pianificare e progettare il proprio percorso economico, tanto che i ragazzi fra gli 11 e i 25 anni mostrano, rispetto ai loro genitori, un atteggiamento un po’ confuso nell’utilizzo del denaro: uno su cinque non cerca mai di risparmiare e spende il denaro di cui dispone. La metà dichiara addirittura di rimanere molto spesso «in bolletta», senza soldi a disposizione. Giovani e adulti sono però consapevoli della necessità di superare questo scoglio. E indicano nella scuola il luogo più adatto per l’educazione ai temi economici e al risparmio.
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A Secugnago ogni ora il «RegioExpress»

Gli inserimenti riguardano la fascia tra le 9 del mattino e le 16.30 ed entreranno in servizio a partire dal 13 dicembre. Metrò leggero, spuntano i primi orari. Inserite trentadue corse, per la metropoli un treno ogni mezz’ora.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Alberto Belloni, 31 ottobre 2009.

Trentadue nuove corse tra Lodi e Milano, con un piano orari per ora delineato solo per il... ritorno dalla metropoli verso le rive all’Adda. Sono queste le prime novità contenute nella bozza definitiva sul nuovo servizio di “metrò leggero” tra il capoluogo regionale e quello lodigiano, al debutto dal 13 dicembre prossimo nella cosiddetta “fascia morbida” compresa tra le 9 del mattino e le 16.30, con fermate anche a Tavazzano, San Zenone, Melegnano, San Giuliano, Borgolombardo e San Donato Milanese. In attesa dell’ufficializzazione da parte dell’assessore regionale Cattaneo, le caratteristiche della linea leggera S1 Lodi-Milano-Saronno sono state trasmesse ieri alla provincia direttamente dal Pirellone, che nelle trenta pagine di documento preliminare ha anche indicato i cambi di orario per i passeggeri in viaggio dalla “Madonnina” verso la città del Barbarossa. A tale proposito, regola del “treno ogni mezz’ora” alla mano (per i giorni feriali, mentre il sabato e la domenica i convogli saranno uno all’ora) le indicazioni fornite sono eloquenti: se a oggi da Milano Rogoredo tra le 8.23 e le 17.37 (orari confermati) sono in servizio solamente sette treni che fanno tutte le fermate, dal 13 dicembre i viaggiatori ne avranno a disposizione ben diciotto. Per semplificare l’utenza, il vademecum “ufficioso” dal lunedì al venerdì prevede che i due passaggi orari si ripetano fedelmente ogni sessanta minuti; così, al convoglio in partenza da Rogoredo alle 9.05 (la prima novità) seguiranno quelli delle 9.35, delle 10.05, delle 10.35, delle 11.05 e via discorrendo di mezz’ora in mezz’ora, fino alle 16.35, ultimo treno nuovo del rivoluzionato servizio di metrò leggero. La durata del viaggio? Sempre trentadue minuti, 4’ per ogni fermata, fatta eccezione per il tragitto Tavazzano-Lodi che continuerà a durare 7’. Il punto di riferimento per i viaggiatori provenienti da Lodi resterà la stazione di Milano Rogoredo, dove coloro che intenderanno raggiungere le stazioni di Lambrate, Greco Pirelli e Centrale dovranno scendere e cambiare treno, mentre Porta Garibaldi sarà la stazione di cambio per Bergamo, Chiasso e Lecco e Bovisa il crocevia per chi vorrà raggiungere Malpensa o la direzione Seveso-Paderno Dugnano; analogo capolinea-stazione di cambio, in senso opposto, sarà la stazione di Lodi. Gli orari per i viaggi verso Milano (sempre uno ogni mezz’ora nei feriali) non sono ancora stati comunicati, ma dovrebbero differire di una manciata di minuti da quelli in arrivo dalla metropoli: il tempo necessario, in sostanza, per consentire al “metrò leggero” di invertire la marcia e tornare verso il capoluogo lombardo.
Oltre alla S1, sull’asse Piacenza-Lodi-Milano viaggerà ogni ora anche il cosiddetto treno veloce “RegioExpress”, che dall’Emilia fermerà a Santo Stefano, Codogno, Casale e Secugnago ma che da Lodi in poi filerà senza soste fino a Rogoredo, guadagnando circa un quarto d’ora. Attraverso le tante fermate milanesi (Porta Vittoria, Dateo, Porta Venezia, Repubblica, Porta Garibaldi, Lancetti, Bovisa e Quarto Oggiaro), la S1 si integrerà anche con il sistema di passanti ferroviari e metropolitana tradizionale; e a quel punto, se tutto sarà andato bene, non resterà che attendere il giugno 2010, quando il servizio sarà esteso anche ai pendolari delle fasce di punta mattutine e serali.
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Le polveri sottili all'assalto nel Lodigiano

Pm10 alle stelle in tutta la provincia, il record spetta a Codogno: la centralina registra 115 microgrammi al metrocubo. Le polveri tornano ad assediare la città. Superata per tutta la settimana la soglia di attenzione dello smog.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Greta Boni, 31 ottobre 2009.

Le polveri sottili prendono d’assalto la città del Barbarossa. Ma non fanno sconti nemmeno alla campagna e al resto della provincia, dove i valori oltre a schizzare alle stelle hanno raggiunto un vero e proprio record. Niente di nuovo sotto il sole per i lodigiani: macchine in moto, caldaie in funzione e pioggia che latita costituiscono una sorta di cocktail micidiale. A Lodi, per tutta la settimana, il livello di Pm10 ha superato di gran lunga la soglia di attenzione, volando a quota 108 microgrammi per metro cubo nella giornata di giovedì, quando in teoria dovrebbe fermarsi a 50. La centralina situata in viale Vignati è in grado di monitorare, oltre all’inquinamento di fondo, quello prodotto da auto e bus. Secondo il bollettino dell’Arpa, le polveri sottili sono passate da 64 (lunedì) a 77 (martedì), per poi arrivare a 91 (mercoledì). C’è poi una seconda centralina, posizionata in via Vittime della Violenza, all’interno di un’area verde e lontana dal traffico intenso: anche in questo caso il Pm10 si è rivelato fuorilegge, schizzando da 54, valore registrato il lunedì, a 70, livello raggiunto il giovedì.
Nel mese di ottobre lo smog ha superato i limiti per otto volte. Come è noto, il periodo peggiore è proprio quello della stagione autunnale e invernale, mentre nel periodo estivo le polveri sottili spariscono. In base alle ultime informazioni diffuse da palazzo Broletto, nel corso degli ultimi tre anni il Pm10 ha allentato la morsa, diminuendo del 48 per cento. I giorni di “sforamento” del limite consentito per legge, infatti, sono passati dai 177 del 2005 ai 161 del 2006, per poi fermarsi a quota 134 nel 2007 e a quota 92 nel 2008. Per quanto riguarda il 2009, invece, a breve si potrà stilare un bilancio finale, anche se per il momento i numeri non fanno ben sperare: alla data del 1 ottobre, Lodi aveva superato la linea rossa 54 volte. Il record, però, non spetta al capoluogo. Questa settimana, infatti, tutte le centraline hanno registrato dati decisamente al di sopra la soglia di attenzione. La maglia nera spetta a Codogno, con 115 microgrammi per metro cubo, seguita da Lodi (viale Vignati) con 108, Montanaso con 106, Tavazzano con 95, Bertonico con 80, Turano con 72, Lodi Albarola con 70 e infine San Rocco al Porto con 53.
Ormai da qualche anno si cerca di mettere in campo provvedimenti che possano migliorare la qualità dell’aria in tutta la regione. L’ultimo in ordine di tempo riguarda lo stop ai diesel Euro 2 inquinanti, che da due settimane non possano più circolare. I veicoli devono essere sostituiti con un mezzo più recente o devono essere dotati di filtro antiparticolato. La decisione è stata presa da Regione Lombardia, che ha introdotto una serie di incentivi, attraverso un bando di 10 milioni di euro.
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La Casale del Grande Fratello

Casale. La giunta Parmesani porta a compimento il progetto che era stato avviato dalla precedente amministrazione comunale. Si accendono gli occhi del Grande fratello. Da oggi attive sedici telecamere nei punti più a rischio sicurezza.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 31 ottobre 2009.

Il “Grande fratello” veglia su Casale e la rende più sicura: sono 16 le telecamere in funzione per il nuovo servizio di videosorveglianza che entra in funzione a partire da oggi. Le telecamere sono installate agli ingressi della città e in centro: due in piazza del Popolo per coprire tutta l’area, una all’ingresso del municipio, due in piazza della Repubblica a coprire il centro e il Brembiolo, una al parcheggio basso del cimitero, una in piazza dei Cappuccini, due alla rotatoria del Conad per coprire ingresso e uscita sulla via Emilia, due all’incrocio sulla Mantovana con via Curiel e Mazza verso il centro sportivo, due ancora agli ingressi della strada per Borasca, una lato Casale e una lato Zorlesco, e infine una in via IV novembre a Zorlesco e altre due nella piazza della frazione.
Tutte le telecamere sono collegate in un sistema di trasmissione dati senza fili che sfrutta l’antenna posizionata sull’ospedale e la centrale di comando installata nell’edificio della polizia locale. La fornitura e l’installazione è stata curata dall’azienda F.G.S. che ha vinto la gara a cui hanno partecipato 12 aziende specializzate. L’intera operazione, che era stata avviata dalla precedente amministrazione, ha un costo di poco meno di 100 mila euro, coperti per metà dal comune e per metà da un contributo regionale. In fase di gara, l’offerta tecnica dell’azienda vincitrice dell’appalto ha consentito di aumentare considerevolmente il numero di videocamere previste inizialmente, che erano solo tre o quattro. Invece, ne sono state impiantate 13. Altre tre erano già installate e sono state inserite in rete con le nuove. Nel bando poi è stato compresa anche la fornitura di un armadio blindato e di un dissuasore elettronico di velocità, oltre alla realizzazione della rete di trasmissione digitale.
Il regolamento d’uso delle riprese da videocamere è stato modificato per dare una maggiore possibilità di controllo alle forze dell’ordine, e le immagini saranno così mantenute in archivio per cinque giorni prima di essere distrutte per motivi legati alla privacy. «Con questo sistema contiamo di dare un grosso impulso alla prevenzione e alla repressione della microcriminalità e di tutti quei comportamenti scorretti, tanto al volante quanto come atti di vandalismo o bullismo - afferma il sindaco Flavio Parmesani -. È uno dei tasselli importanti per la politica di sicurezza che vogliamo per Casale».
L’amministrazione ha già partecipato a un nuovo bando per un ulteriore finanziamento regionale di 50 mila euro, e prevede entro l’anno prossimo di implementare nel sistema esistente un’altra dozzina di videocamere.
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Una refurtiva molto speciale

Villanova. Gli animali non sono velenosi e stanno bene, erano stati rubati tre settimane fa in un negozio nel Pavese. Nei campi spunta un boa di due metri. La Forestale prosegue i controlli, trovati altri quattro serpenti.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Davide Cagnola, 31 ottobre 2009.

Villanova - Recuperati altri quattro serpenti nelle campagne di Bargano. Ieri sono proseguiti i controlli del corpo forestale dello stato e altri rettili che il giorno precedente si erano nascosti fra i rovi e sotto terra sono usciti allo scoperto. Un boa constrictor, in particolare, era lungo quasi due metri e aveva un diametro almeno quattro superiore a quelli ritrovati il primo giorno. Gli altri invece erano piccole vipere e serpenti (Elaphe guttata ghost e Lampropeltis i nomi scientifici) di circa venti o trenta centimetri.
Nel frattempo è stata scoperta anche la provenienza di quegli animali. Era quello che rimaneva infatti di un maxi furto di iguana e serpenti avvenuto alcune settimane prima, fra il 12 e il 13 ottobre, in un negozio specializzato di Monteleone, nel Pavese. I ladri avevano rubato complessivamente 106 animali per un valore di almeno 10mila euro, poi hanno abbandonato in campagna tutti quelli “mordaci” e quindi considerati più pericolosi e difficili da piazzare clandestinamente. Ieri il titolare del negozio è stato contattato dalla Forestale e, una volta arrivato a Lodi, ha riconosciuto i serpenti ritrovati come quelli rubati al suo negozio. Ora stanno bene e si trovano “al caldo” al circo Martini allestito alle porte di Lodi (visto che il loro domatore aveva dato un grosso aiuto nel recuperare i rettili) e in parte al Cras (centro recupero animali selvatici) del Wwf a Castelleone; poi verranno riconsegnati al proprietario.
Intanto proseguono le ricerche nella campagne di Bargano per scovare altri animali che potrebbero essere sopravvissuti alle temperature rigide di questi giorni. Quelli più piccoli, in particolare, si adattano molto facilmente e si infilano nei buchi della terra o sotto le sterpaglie, cercando così un po’ di caldo. Ieri mattina, quando è uscito il sole, sono usciti allo scoperto e sono stati visti. È stato l’ispettore capo della Forestale, Mario Costa (poi raggiunto dal collega Cesare Mulazzi e dall’appuntato scelto dei carabinieri di Sant’Angelo Massimo Missoni), ad effettuare un controllo in tarda mattinata e a vedere nel fosso il grosso boa di quasi due metri. Così ha contattato nuovamente il domatore del circo Martini per il recupero e lui ha scovato altri tre rettili. Ma evidentemente la loro presenza ha spaventato gli animali e li ha spinti a restare nascosti. I controlli proseguiranno comunque anche nei prossimi giorni, il sospetto infatti è che in quelle campagne si nascondano ancora altri serpenti.
Nessuno di questi comunque è velenoso. Inizialmente si era temuto che in circolazione ci fosse una vipera delle sabbie, visto che su una delle scatole ritrovata c’era l’etichetta con quel nome stampato. Ma il titolare del negozio derubato ha negato che fra i suoi animali ci fosse anche quella pericolosa vipera, così l’allarme è rientrato.
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B come Brembio, B come biogas

Un nuovo impianto si aggiungerà a quello già in fase di realizzazione grazie alla convenzione fra Provincia e Sorgenia. Brembio diventa la capitale del biogas. Entro il 2011 saranno due le centrali funzionanti con reflui suini.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 31 ottobre 2009.

Brembio - Brembio capitale del biogas: entro il 2011 saranno ben due gli impianti funzionanti con reflui suini e biomasse dislocati sul territorio comunale. La convenzione tra Sorgenia, Provincia di Lodi e comuni adiacenti alla prossima centrale di Bertonico-Turano porta infatti in dote a Brembio una nuova centrale a biogas, un impianto da un megawatt che sarà realizzato e gestito dalla società energetica. Questa nuova centrale si assomma a quella già in corso di realizzazione, sempre da un megawatt, al confine con Ossago e Livraga, promossa da agricoltori locali. «I colloqui sono in fase avanzata, abbiamo già visto alcuni progetti e ora dovremo andare a definire l’area dove sarà ubicata la nuova centrale e le adesioni degli allevatori ai consorzi di conferimento che dovremo creare», spiega il presidente di Coldiretti Carlo Franciosi, che si è seduto al tavolo con Sorgenia per capire il funzionamento dell’impianto e coordinare il conferimento da parte del mondo agricolo.
La previsione indica nei primi mesi dell’anno prossimo la definizione finale di questi passaggi e quindi una successiva realizzazione della centrale entro il 2011. «Il principio da cui ci si è mossi è che Sorgenia deve mitigare l’inquinamento ambientale - dice Franciosi -. La costruzione della centrale viene in soccorso proprio dell’inquinamento del suolo, così come viene imposto dalla Unione europea. Conferire i reflui suini alla centrale, infatti, permette di abbattere la quantità dell’azoto nel terreno. Brembio è già un territorio al limite, e se non si trovassero queste formule di abbattimento gli allevatori sarebbero costretti a ridimensionare le proprie stalle».
Sorgenia ha stanziato 10 milioni di euro per realizzare due impianti a biogas, uno a Brembio e uno a Turano. Ma a Brembio, c’è già anche un’altra centrale che dovrebbe vedere la luce nei primi mesi del 2010 per opera di Brembio Energie, l’apposita società partecipata da alcuni agricoltori del posto e dall’azienda specializzata Bioelettra e che ha avuto grande impulso anche dall’amministrazione comunale. Questi due impianti fanno di Brembio la piccola capitale del biogas. «Sono molto contento di questi impianti, perché aiutiamo l’ambiente e creiamo posti di lavoro, circa 30 nei prossimi mesi, forse 50 a regime - commenta il sindaco Giuseppe Sozzi -. L’amministrazione sosterrà queste imprese per quanto potrà, e vi guarda con interesse anche per ulteriori progetti futuri, come il teleriscaldamento o il conferimento della frazione umida dei rifiuti solidi urbani».
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Rutelli lascia e la Camera chiude




Francesco Rutelli rompe gli indugi e annuncia il suo immediato addio al Partito democratico. Ad attenderlo Pier Ferdinando Casini, che pronostica: "Con lui, possiamo raggiungere 5 milioni di voti". E i due leader politici oggi partecipano ad un convegno della Fondazione Liberal-Popolare. "Dobbiamo creare le condizioni perché l'Italia in termini di prospettiva politica esca dalla guerra di 15 anni che si sta trascinando senza vincitori e con un solo grande sconfitto: il nostro Paese", ha detto Rutelli nel suo intervento. (Sky Tg24)



Inutile cercare, per dieci giorni non ci sarà nessuno. L'Aula della Camera ha chiuso ieri e i deputati sono convocati per lunedì 9 novembre, nel primo pomeriggio. Uno stop prolungato, cha a voler spulciare bene il regolamento non è poi così eccezionale. Se non fosse stato lo stesso presidente Fini a parlare chiaro, spiegando la scelta del lungo sabbatico: "Se non è possibile calendarizzare progetti di legge di iniziativa parlamentare, ha detto Fini ieri, è anche perché non possono essere licenziati dalle commissioni per mancanza di copertura finanziaria. Il presidente della Camera si rivolgeva al ministro per i rapporti con il parlamento Vito, ma le orecchie saranno sicuramente fischiate a Giulio Tremonti. È il suo ministero infatti a bloccare ogni legge che prevede nuove spese. E Fini oggi torna a rivendicare il ruolo del parlamento a partire dalla definizione della politica economica, finanziaria in testa. L'opposizione protesta apertamente per i dieci giorni di stop ai lavori d'aula e chiede al governo di affrontare il problema. Ma a SKY TG24 il sottosegretario Bonaiuti minimizza: durante la sessione di bilancio è normale un rallentamento. Alla ripresa dei lavori. (Sky Tg24)


Il processo a carico del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per la corruzione in atti giudiziari dell'avvocato David Mills riprenderà il 27 novembre a Milano. Lo si apprende da fonti giudiziarie. Lo stesso premier, a Bruno Vespa per il suo libro 'Donne di cuori' in uscita da Rai Eri - Mondadori venerdì 6 novembre, ha ribadito che in caso di eventuale condanna nei processi ancora in corso a suo carico non si dimetterà da presidente del Consiglio ma si dice "certo" che la sentenza Mills sarà annullata dalla Corte di Cassazione. Secondo l'ipotesi accusatoria, Mills avrebbe ricevuto 600 mila dollari per fornire una falsa testimonianza in due processi (All Iberian e tangenti alla Guardia di Finanza - ndr) che vedevano imputato l'attuale premier Silvio Berlusconi. Il legale britannico è stato condannato in primo grado a quattro anni e sei mesi per corruzione in atti giudiziari. Con la bocciatura del Lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale, il processo potrà quindi riprendere da dove era stato interrotto a ottobre dello scorso anno (Asca).
Il superamento dell'Irap costerebbe l'8,4% delle entrate tributarie dello Stato: il gettito di tale imposta copre il 33,7% della spesa per la sanità nelle regioni. A lanciare l'allarme sulla tenuta dei conti pubblici, nell'ipotesi di abolizione dell'Irap, è la Uil, che ha "spulciato" i conti dei bilanci di previsione delle regioni per il 2009 e la bozza di bilancio dello stato per il 2010. Il gettito dell'Irap quest'anno sarà 36,8 miliardi di euro, spiega Guglielmo Loy segretario confederale della Uil, a fronte di 440 miliardi di euro di entrate tributarie previste dalla manovra di bilancio dello stato per il 2010, in discussione in questi giorni al senato. L'Irap - ricorda lo studio - è un tributo proprio regionale che, fino a quest'anno, è incassato dallo stato e poi trasferito alle regioni per finanziare la spesa sanitaria regionale. Il 33,7% della spesa della sanità nelle regioni, che per l'anno 2009 ammonta, secondo le previsioni ad oltre 109,3 miliardi di euro, è finanziata dal gettito dell'Irap. I restanti 72,5 miliardi di euro di spesa per la sanità sono, quindi, a carico della fiscalità generale sia nazionale, che regionale. Non sono, quindi, voci fuori dal coro, quelle di chi sostiene che l'eventuale abolizione dell'imposta metterebbe a rischio la tenuta del sistema sanitario pubblico, spiega la Uil. L'Irap, dati alla mano, rappresenta una voce importante per le casse delle regioni in quanto, da sola, rappresenta il 17% del totale delle entrate delle stesse (216 miliardi di euro) e il 72,3% del gettito derivante dai tributi propri delle regioni (50,9 miliardi di euro). Nel nord il tasso di copertura della spesa per la sanità (51,1 miliardi di euro), è garantito dal gettito dell'Irap per il 40%; al centro (23 miliardi di euro) per il 37,2%; mentre è molto basso nel mezzogiorno dove il gettito dell'Irap copre appena il 22,2% della spesa sanitaria (35,2 miliardi di euro). In Lombardia l'incidenza del gettito Irap sul totale della spesa della sanità è il 48,4%; mentre in Toscana è il 41,5%; in Veneto il 41,2%; nel Lazio il 37,8%; in Val d'Aosta il 37,2%. (Asca)
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Brembio come Hollywood



L'Halloween brembiese non avrà nulla da invidiare all'evento di Hollywood.



Come annunciato il "Gruppo Arcobaleno" in collaborazione con il Comune di Brembio organizza questa sera per grandi e piccini, ovviamente tutti in maschera, "Halloween" quello nostrano in piazza Matteotti con inizio alle ore 20.30.



Al termine del consueto giro del paese presso il Magazzino comunale di Piazza Europa "baby dance" per tutti, grandi e piccini.
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Halloween, la fine dell'estate

Halloween nella storia e nei cartoons.



Halloween o Hallowe'en (fatta corrispondere alla vigilia della festa cattolica di Ognissanti) è il nome di una festa popolare di origine pre-cristiana, ora tipicamente statunitense e canadese, che si celebra la sera del 31 ottobre. Tuttavia, le sue origini antichissime affondano nel più remoto passato delle tradizioni europee: viene fatta risalire a quando le popolazioni tribali usavano dividere l'anno in due parti in base alla transumanza del bestiame. Nel periodo fra ottobre e novembre, preparandosi la terra all'inverno, era necessario ricoverare il bestiame in luogo chiuso per garantirgli la sopravvivenza alla stagione fredda: è questo il periodo di Halloween.



In Europa la ricorrenza si diffuse con i Celti. Questo popolo festeggiava la fine dell'estate con Samhain, il loro Capodanno. In irlandese antico Samain significa infatti "fine dell'estate" (Sam, estate, e fuin, fine). A sera tutti i focolari domestici venivano spenti, e riaccesi dai druidi che passavano di casa in casa con torce avvivate presso il falò sacro situato a Tlachtga, vicino alla reale Collina di Tara.
Nella dimensione circolare-ciclica del tempo, caratteristica della cultura celtica, Samhain si trovava in un punto fuori dalla dimensione temporale che non apparteneva né all'anno vecchio e neppure al nuovo; in quel momento il velo che divideva dalla terra dei morti si assottigliava ed i vivi potevano accedervi.
I Celti non temevano i propri morti e lasciavano per loro del cibo sulla tavola in segno di accoglienza per quanti facessero visita ai vivi. Da qui l'usanza del trick-or-treat (in italiano "dolcetto o scherzetto?"). Oltre a non temere gli spiriti dei defunti, i Celti non credevano nei demoni quanto piuttosto nelle fate e negli elfi, entrambe creature considerate però pericolose: le prime per un supposto risentimento verso gli esseri umani; i secondi per le estreme differenze che intercorrevano appunto rispetto all'uomo. Secondo la leggenda, nella notte di Samhain questi esseri erano soliti fare scherzi anche pericolosi agli uomini e questo ha portato alla nascita e al perpetuarsi di molte altre storie terrificanti.
Si ricollega forse a questo la tradizione odierna e più recente per cui i bambini, travestiti da streghe, zombie, fantasmi e vampiri, bussano alla porta urlando con tono minaccioso: "Dolcetto o scherzetto?". Per allontanare la sfortuna, inoltre, è necessario bussare a 13 porte diverse. Il nome "Halloween" deriva da "All Hallows Eve", che vuole dire appunto "Vigilia di Tutti i Santi", perciò "Vigilia della festa di Tutti i Santi", festa che ricorre, appunto, il 1° novembre.
Il Cristianesimo tentò di eliminare le antiche festività pagane dando loro una connotazione diversa (integrandole o demonizzandole). Papa Bonifacio IV istituì la festa di Tutti i Santi (Ognissanti); in tale festività, istituita il 13 maggio 610 e celebrata ogni anno in quello stesso giorno, venivano onorati i cristiani uccisi in nome della fede. Per oltre due secoli le due festività procedettero affiancate, sino a che papa Gregorio III (731-741) ne fece coincidere le date.
Secondo altre fonti, fu invece Sant'Odilone di Cluny che nel 1048 decise di spostare la celebrazione cattolica all'inizio di novembre al fine di spodestare il culto di Samhain, ancora molto popolare. Quell'anno l'Ognissanti fu spostata dal 13 maggio al 1 novembre per dare ai cristiani l'opportunità di ricordare tutti i santi e, il giorno dopo, tutti i cristiani defunti (Commemorazione dei Defunti).
Per questo nei paesi di lingua inglese la festa divenne Hallowmas, che significa "messa in onore dei santi"; la vigilia divenne All Hallows Eve, il cui nome progressivamente si contrasse in Halloween. Dal 1630 al 1640 si ebbe una recrudescenza di proibizionismo, quando la Chiesa Cattolica fece in modo di far sopprimere ogni tradizione di tipo pagano rimasta legata a Ognissanti e alla sua vigilia.



È usanza ad Halloween intagliare zucche con volti minacciosi e porvi una candela accesa all'interno. Questa usanza nasce dall'idea che i defunti vaghino per la terra con dei fuochi in mano e cerchino di portare via con sé i vivi (in realtà questi fuochi sono i fuochi fatui, causati dalla materia in decomposizione sulle sponde delle paludi); è bene quindi che i vivi si muniscano di una faccia orripilante con un lume dentro per ingannare i morti. Queste credenze sono probabilmente reminescenze dell'antico culto druidico legato al fuoco sacro.



Questa usanza fa riferimento anche alle streghe, che venivano bruciate sui roghi o impiccate; infatti, si pensava che queste vagassero nell'oscurità della notte per rivendicare la loro morte (abbigliate in maniera più o meno orrenda) ed approfittassero del maggior potere loro conferito durante la notte di Halloween. L'usanza è tipicamente statunitense, ma probabilmente deriva da tradizioni importate da immigrati europei: l'uso di zucche o, più spesso in Europa, di fantocci rappresentanti streghe e di rape vuote illuminate, è documentato anche in alcune località del Piemonte, della Liguria, della Campania, del Friuli (dove si chiamano Crepis o Musons), dell'Emilia-Romagna, dell'alto Lazio e della Toscana, dove la zucca svuotata era nota nella cultura contadina con il nome di zozzo.
Anche in varie località della Sardegna la notte della Commemorazione dei Defunti si svolgono riti che hanno strette similitudini con la tipica festa di Halloween d'oltreoceano, in molti paesi si svolge il rito de "Is Animeddas" (Le Streghe), de "Su bene 'e is animas", o de “su mortu mortu”, dove i bambini travestiti bussano alle porte chiedendo doni. Questo rito in Molise viene chiamato "l'anim' de le murt".
Vi è anche una leggenda britannica che narra di un ragazzo, "Jack", che compiva atti malvagi sulla terra e più di una volta aveva fatto gli scherzi al Diavolo, così, quando morì, diventò un fantasma che vaga con una lanterna ricavata da una zucca illuminata (Jack o'lantern, "Jack della Lanterna"). [Fonte: Wikipedia]



E dopo un Mickey Mouse del 1929, ecco Betty Boop del 1933 con la sua festa di Halloween.



Non manca Popeye il marinaio, del 1954, con il suo eterno rivale Bluto e la filiforme Olive Oyl.



E chiudiamo con Qui, Quo e Qua alla caccia di dolcetti.


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La legge del contrappasso

Un’onda neopagana sulle ricorrenze cristiane che scandiscono l'anno. Halloween e i suoi fratelli ma il tempo dell’uomo non è moda.
Rassegna stampa - Avvenire, Mimmo Muolo, 30 ottobre 2009.

Da qualche anno assistiamo anche per la solennità di Tutti i Santi a un fenomeno che, sia pure con modalità e tempi diversi, si è già manifestato per le altre fondamentali feste cristiane. Una sorta di 'scippo' o, se si preferisce, una specie di ritorsione storico­culturale, rispetto al dinamismo liberante con cui le prime comunità dell’era apostolica e subapostolica avevano sovrapposto a festività pagane la celebrazione di eventi legati all’annuncio della Buona Novella (esemplare il caso del Natale, fissato al 25 dicembre in coincidenza anche simbolica con il solstizio d’inverno).
Duemila anni dopo accade invece che – talvolta sotto la spinta di esigenze commerciali – festeggiamenti ispirati a una mentalità vagamente neopagana rischiano di avere il sopravvento rispetto alle corrispondenti feste cristiane. Per fortuna, almeno finora, il fenomeno è limitato ai suoi riflessi mediatici e comunicativi. Ma si sa che certi media (e le corrispondenti élite economiche e culturali) tendono sempre più a costruire e modificare la realtà, piuttosto che a rappresentarla. E dunque, pur senza usare toni apocalittici, è bene prendere in seria considerazione ciò che sta accadendo.
Che cosa sta avvenendo, dunque?
Limitiamoci all’osservazione di quattro delle più importanti feste cristiane. Natale è talvolta – specie nel nostro mondo occidentale – una festa senza festeggiato. O meglio con un surrogato di festeggiato (Babbo Natale, di cui è evidente la matrice consumistica), messo al posto dell’originale, cioè Gesù Bambino. Pasqua rischia di diventare la festa della primavera, l’Assunta di essere assorbita nel solleone del Ferragosto e tutti i Santi, appunto, di passare in secondo piano rispetto alla carnevalata di Halloween.
Carnevalata, certo, con la sua grottesca rappresentazione dell’orrido e di un aldilà popolato da creature dannate e infelici.
Tuttavia, pur non sopravvalutando ciò che in effetti questo evento è (una moda le cui implicazioni commerciali sono quanto mai scoperte, dato l’indotto di gadget, maschere e travestimenti che si porta appresso), non è bene neanche farlo passare completamente sotto silenzio, dato l’impatto che una simile rappresentazione può avere soprattutto sulle giovani generazioni.
All’inizio del 'decennio dell’educazione' – la sfida che la Chiesa italiana propone a se stessa e all’intera società – è legittimo impegnarsi come e più che in passato per riaffermare la verità storica (oltre che i contenuti di fede) di tutte le feste cristiane a rischio di 'scippo'. Così come è legittimo, nel caso di Halloween, l’interrogativo sul segnale che questa moda soprattutto giovanile ci trasmette. Paura del futuro?
Sfida estrema a questa stessa paura, dato che per la mentalità dominante anche il semplice averla, la paura, sentimento umanissimo e naturale, è considerato un segnale di debolezza? Oppure incapacità di avere speranza, perdita del senso della vita e quindi anche della morte?
Come si vede, domande impegnative che rimandano a una fede pensata e a una vicinanza agli uomini e alle donne del nostro tempo, in qualunque situazione si trovino. Per limitarci al dualismo Halloween­Tutti i Santi, basti ricordare che proprio nella rappresentazione dell’aldilà esse sono agli antipodi. Con tutto il rispetto di chi la pensa diversamente, noi vorremmo tenerci stretta, e proporla senza costrizioni, la visione trascendente cristiana. Per cui, grazie al sacrificio salvifico di Cristo liberamente accolto nella nostra vita terrena, siamo attesi da un destino di beatitudine eterna. Per le carnevalate ci sono altri spazi. A Carnevale, appunto. Perché semel in anno licet insanire, come dicevano gli antichi Romani. Semel,
cioè una volta all’anno. Due o più rischiano di diventare troppe. Il tempo dell’umano non può essere scandito dalle mode.


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Mi consenta




Berlusconi: "Se condannato non mi dimetto". Lo afferma il presidente del Consiglio in una dichiarazione contenuta nell'ultimo libro di Bruno Vespa Donne di cuori, in riferimento ad alcuni processi in corso a suo carico. "Ho ancora fiducia nell'esistenza di magistrati seri che pronunciano sentenze serie, basate sui fatti. Se ci fosse una condanna in processi come questi, saremmo di fronte a un tale sovvertimento della verità che a maggior ragione sentirei il dovere di resistere al mio posto per difendere la democrazia e lo stato di diritto". Quanto alla condanna dell'avvocato Mills anche in appello, "è una sentenza - prosegue il premier - che certo sarà annullata dalla Corte di Cassazione". Vespa chiede a Berlusconi come spieghi la campagna internazionale che si è scatenata su di lui da maggio in poi. "È partita da Repubblica e l'Espresso - risponde il presidente del Consiglio - e su sollecitazioni di questo gruppo si è estesa ai giornali e ai giornalisti 'amici'. Per gettare fango su di me ha finito col gettare fango sul nostro Paese e sulla nostra democrazia" (Sky Tg24).



"Non è una questione tra me e Berlusconi, sarà una partita delicata e complessa". Così Massimo D'Alema ha commentato la sua candidatura a ministro degli Esteri dell'Ue. Secondo D'Alema è "normale" che un esponente di centrosinistra possa essere designato da un governo di centrodestra. "Non è una questione tra Berlusconi e D'Alema perché è una partita europea molto difficile, ci sono molti candidati anche molto autorevoli. Leggendo i giornali italiani sembra che si possa decidere qui. E invece no, ci sono 27 Paesi membri. Adesso vedremo, saranno giornate complicate", ha detto (Sky Tg24).

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A parlare di «informativa» su Boffo fu Il Giornale

Campagna diffamatoria contro Boffo.
Il Copasir: «Nessuno 007 coinvolto».
Arriva una nuova conferma: il linciaggio mediatico si basò su una lettera anonima spacciata per «informativa».

Rassegna stampa - Avvenire, 30 ottobre 2009.

Roma. Nessuno indagò su Dino Boffo, né compilò informative di alcun tipo. Si trattò, dunque, di un caso montato ad arte sulla base di una lettera anonima.
L’ennesima conferma è arrivata ieri dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), che ha comunicato di aver ricevuto la risposta scritta dei vertici dei servizi segreti sulla vicenda. Questi ultimi, interpellati lo scorso 17 settembre dall’organismo bicamerale presieduto da Francesco Rutelli sulla sussistenza di eventuali rapporti di collaborazione presente o passata con i servizi di sicurezza a qualsiasi titolo di persone che siano state messe dalla stampa in relazione alla vicenda Boffo, «hanno escluso, anche per il passato, qualsiasi forma di appartenenza o di collaborazione». Il Copasir, naturalmente, «ha preso atto della dettagliata ed esplicita dichiarazione» dei responsabili di Aisi e Aise. Fu «Il Giornale» di Vittorio Feltri, dopo aver pubblicato lo scritto anonimo affiancandolo alla notizia di una contravvenzione, a parlare di «informativa» sul conto di Boffo. Ma venne immediatamente smentito dal ministro dell’Interno Roberto Maroni e dal capo della Polizia Antonio Manganelli, nonché dai giudici del tribunale di Terni, che di quella contravvenzione si occupò cinque anni fa. Ora lo smentiscono anche i servizi di sicurezza.
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venerdì 30 ottobre 2009

BlogNotte - L'affair Cucchi

Blog Notte
L'affair Cucchi

30 ottobre 2009
La denuncia dei familiari del detenuto morto al repartino del Pertini.
«Chi ha ridotto così nostro figlio Stefano?».

Rassegna stampa - Liberazione, Checchino Antonini, 30 ottobre 2009.

«Ciao papà». L'ultimo abbraccio di Stefano suo padre se lo ricorderà per sempre. In tribunale, a piazzale Clodio. Il ragazzo in manette e quattro carabinieri intorno. Impossibile dirsi altro che un ciao. Però Stefano aveva già la faccia gonfia ma ancora si reggeva in piedi. Tanto che quando è stata pronunciata l'ultima parola sulla sua permanenza in carcere ha dato un calcio stizzito alla seggiola. Succedeva due settimane fa, sarebbe morto dopo cinque giorni al repartino del Pertini, il padiglione penitenziario. In galera per una ventina di grammi d'erba. Ma se perfino i carabinieri, la notte prima, avevano rassicurato sua madre che era poca roba e che magari tornava subito per i domiciliari! Anche quella notte camminava sulle sue gambe e il viso era pulito, senza i segni delle botte.
Il proibizionismo è il primo ingrediente della pozione mortale che ha ammazzato Stefano Cucchi, magrissimo trentunenne che faceva il geometra nello studio di famiglia, che soffriva d'epilessia e a cui hanno sequestrato, assieme alle sostanze, le pasticche salvavita di Rivotril.
Ieri i familiari e l'avvocato Fabio Anselmo, lo stesso del caso Aldrovandi, hanno preso parte a una conferenza stampa, promossa da Luigi Manconi, e affollata di parlamentari e cronisti a Palazzo Madama. Nel dossier consegnato ai giornalisti le foto choc scattate dopo l'autopsia perché alla famiglia è stato negato dal pm di riprendere il corpo durante il primo esame. L'ennesima porta in faccia dopo giorni passati in attesa di un permesso per visitare quel figlio sparito nell'ospedale-bunker. E senza mai poter parlare coi medici. Il direttore sanitario del Pertini trasecola. Spiega che non è mai accaduto che i familiari di un detenuto restassero così tanto tempo senza notizie. «Non c'è bisogno di alcuna autorizzazione». Da mezzogiorno alle 14 i parenti possono parlare con i dottori. A meno che gli agenti di custodia non abbiano fatto muro. I familiari confermano di aver chiesto ripetutamente di parlare con i medici. La polizia penitenziaria si lamenta dell'immagine negativa che gli deriverebbe da questo caso ma non fa nulla per scalfirla. Il dirigente di un sindacato, il sindacato Sappe, si limita a dire che la collega che ebbe a che fare con i Cucchi avrebbe detto loro che il repartino funzionava come un carcere. Ma perché negare un colloquio con i medici? Il dossier è preciso: la domenica, alla richiesta di sapere come stesse Cucchi, il piantone rinvia i genitori al giorno dopo. A mezzogiorno del lunedì stessa scena. Dopo una vana attesa viene negato l'incontro con i medici perché senza permesso del pm. Così pure ventiquattr'ore dopo. Il permesso per la visita a Stefano arriverà solo il mercoledì, sarà valido per il giorno successivo. Ma Stefano muore all'alba.
Da parte loro, i sanitari si dicono stupiti dal sopraggiungere della morte ma insistono sull'immagine di un detenuto che rifiutava le cure e che dicono di «non avere avuto modo di vederlo in viso in quanto si teneva costantemente il lenzuolo sulla faccia». Perché Stefano era invisibile?
L'opacità di certe istituzioni totali è un altro ingrediente del veleno che ha ucciso Stefano. Ma il più potente degli elementi del mix potrebbero essere state le botte, che gli hanno devastato la faccia, fatto uscire un occhio dall'orbita, fratturato una mascella, spezzato la schiena in due punti, ferito le gambe. Aveva sangue nella vescica e in un polmone. I genitori e la sorella Ilaria fanno una catena di telefonate ai parenti: «Non guardate i tg, ci sono le foto di Stefano morto». Anche la sorella Ilaria si rifiuta di prendere il dossier ma crede che quelle immagini servano a contrastare l'invisibilità a cui è stato condannato un ragazzo che pesava 43 chili prima di entrare in una caserma dei carabinieri della periferia est di Roma e 37 quando è morto cinque giorni dopo. «Non è un'inchiesta difficile - spiega Patrizio Gonnella di Antigone - ma la velocità sarà decisiva. Troppe volte le lungaggini hanno bruciato la giustizia. Facciamola subito quest'inchiesta e facciamola trasparente. E le forze dell'ordine non siano ostaggio dello spirito di corpo, per una volta». Da quel quadrante di Roma, intanto, giungono segnalazioni sui metodi "spregiudicati" delle squadre antidroga negli interrogatori e nelle perquisizioni. Si tratta di racconti piuttosto circostanziati che segnalano, in particolare, la pratica sistematica di far firmare verbali aggiustati.
Uno stuolo di parlamentari bipartisan fà passerella per annunciare missioni ispettive ma finora non l'ha fatte nessuno. Lucidamente Bonino e Perina dichiarano che è in gioco la credibilità delle istituzioni. Qualcuno tira in ballo il ministro della difesa La Russa. E' lui che potrebbe riferire sull'operato dei carabinieri, due in divisa e tre in borghese, che arrestarono Stefano e fermarono un suo amico in un parco di Cinecittà. Perché da Regina Coeli sono piuttosto netti: quel ragazzo era già malconcio quando è arrivato e fu spedito immediatamente al pronto soccorso. Ma al Fatebenefratelli, ed è un altro mistero, Stefano firmò verso mezzanotte del venerdì per tornare in cella anziché farsi i 25 giorni di ricovro che gli erano stati prescritti. L'avvocato Anselmo chiede di acquisire al più presto le foto ufficiali dell'autopsia e prevede tempi lunghi per gli esami che dovranno stabilire le cause della morte. Il pm non entra nei particolari ma gli preme far sapere che accertamenti sono scattati fin dal primo momento. E che avrebbe iniziato a indagare sulle modalità del fermo.

Parla Luigi Manconi.
«Un ragazzo, un corpo straziato e due zone d'ombra...»
Rassegna stampa - Liberazione, Paolo Persichetti, 30 ottobre 2009.

Non sapeva, Stefano Cucchi, che la sera del 16 ottobre ad attenderlo c'era un appuntamento fatale col destino. Non sapeva, Stefano Cucchi, che sulla sua strada avrebbe incontrato lo Stato, nella veste della squadretta di carabinieri che lo hanno arrestato. Non sapeva, Stefano Cucchi, che incontri del genere possono finire male, molto male, eppure sta scritto da qualche parte che non dovrebbe essere così. Negli ultimi anni si sono moltiplicati casi del genere, come quelli di Federico Aldovrandi e Aldo Bianzino, solo per citarne alcuni tra i più noti. «Quel giovane - spiega Luigi Manconi, ex sottosegretario alla Giustizia e presidente dell'associazione A buon diritto - ha attraversato ben quattro segmenti dell'apparato statale. Una stazione dei carabinieri, il tribunale, il carcere e il reparto clinico del penitenziario di Rebibbia, situato all'interno dell'ospedale Pertini di Roma. È entrato sano e integro, ne è uscito morto, col corpo straziato. All'ingresso pesava 43 kg, dopo otto giorni sul tavolo dell'obitorio era ridotto a soli 37».
I familiari di Stefano Cucchi hanno autorizzato la pubblicazione delle foto. Si vedono immagini strazianti di un corpo devastato.
Dopo averle viste, ho proposto io stesso la pubblicazione delle foto. I familiari hanno accettato dopo una lunga e sofferta discussione tra loro. Quelle immagini hanno un inequivocabile tragico accento di verità. Ci dicono che quel corpo ha subito uno strazio. Ma c'è anche un'altra circostanza inequivocabile. Dopo il fermo, all'1.30 del mattino di venerdì 16, Stefano è condotto a casa dei genitori per la perquisizione. In quel momento è ancora in condizioni integre. L'indomani, durante l'udienza per direttissima nell'aula di piazzale Clodio, ha il volto tumefatto, tanto che viene visitato alle 14 dal presidio medico del tribunale che dopo una cotrollo sommario rileva ecchimosi attorno agli occhi. Erano passate solo 12 ore. All'ingresso in carcere i medici fanno le stesse constatazioni, ma poiché l'apparecchio radiologico è rotto lo inviano al Fatebenefratelli. Lì diagnosticano le vertebre fratturate. Da quanto si è accertato fino ad ora, in questa vicenda ci sono due zone d'ombra: le ore di permanenza nella caserma dei carabinieri e il periodo di ricovero nel repartino penitenziario del Pertini. Aggiungo ancora una cosa: alle 21 di sabato 17, Cucchi è al Pertini. Alle 22 arriva la sua famiglia, che però non riesce a vederlo fino al giovedì successivo. Non riescono a parlare con lui, né tantomeno con i sanitari. Ora, in presenza di un detenuto che deperisce visibilmente, non si nutre e non beve, i medici non avvertono né familiari né autorità.
Possibile che un arresto, per giunta per il possesso di una modica quantità di stupefacente, finisca per trasformarsi in una condanna a morte?
Siamo di fronte ad un'ordinaria storia di devianza sociale. Tutti i giorni vengono arrestate persone che si trovano nelle condizioni di Stefano Cucchi. Queste persone in genere stanno in carcere per pochi giorni, addirittura molti sono rilasciati dopo la direttissima. Ora nel corso di questo doloroso e accidentato percorso accadono dei fatti sottratti al controllo pubblico. Si manifesta un'ordinaria violenza che si perpetua e riproduce all'infinito. Violenza che può dare luogo a tragedie oppure fermarsi un momento prima che queste avvengano. Queste tragedie sono il risultato di una gestione dell'ordine pubblico e di una legislazione antidroga che produce esiti di grande degenerazione sociale. Ormai gira a pieno regime una macchina che produce in continuazione fermi, celle di sicurezza, un fisiologico esercizio di violenza che tanto più si esercita se di fronte ci sono corpi inermi e indifesi, come quello di Stefano Cucchi. Colpisce la corporatura di questa persona. Penso che quel corpo così gracile abbia determinato un accanimento.

Caso Cucchi: Procura indaga per omicidio preterintenzionale.

(ASCA) - Roma, 30 ott - Il pm di Roma Vincenzo Barba ha avviato un'inchiesta per omicidio preterintenzionale in relazione alla morte di Stefano Cucchi, l'uomo di 31 anni morto dopo un fermo di polizia e la detenzione in carcere. Il magistrato ha ascoltato come persone informate sui fatti alcuni carabinieri della stazione Appio-Claudio in cui Cucchi passo' la notte tra il 15 e il 16 ottobre, subito dopo il fermo. Barba ha sentito anche alcuni agenti della penitenziaria che hanno ''seguito'' l'uomo dopo lo spostamento in carcere.

Caso Cucchi, indagine per omicidio preterintenzionale.
Dall'Unione camere penali a Ferefuturo, da don Ciotti all'unione studenti: è indignazione. La Russa: "Carabinieri corretti". Alfano: " Pieno sostegno alle indagini". Ma il caso Aldrovandi insegna che...
Sky Tg24, 30 ottobre 2009.


Omicidio preterintenzionale. È il reato ipotizzato dalla procura di Roma nell'ambito della morte del detenuto Stefano Cucchi, avvenuta il 22 ottobre scorso nel reparto penitenziario dell'ospedale Sandro Pertini. Il pm Vincenzo Barba, titolare degli accertamenti, procede per il momento contro ignoti. Alla base della configurazione dell'ipotesi di reato la tipologia delle lesioni riscontrate sulla salma.
Verificare se Cucchi abbia subito lesioni, chi gliele ha procurate e se queste abbiano provocato la morte del detenuto. Sono questi gli interrogativi ai quali il magistrato intende dare risposte. Per questo sono già stati sentiti come testimoni alcuni carabinieri della stazione Appio-Claudio in cui Cucchi passò, in una cella di sicurezza, la prima notte, quella tra il 15 ed il 16 ottobre scorsi, in seguito al fermo per detenzione di sostanze stupefacenti. Già sentiti anche alcuni agenti di polizia penitenziaria. Altri dovranno essere sentiti, compreso l'uomo al quale Cucchi cedette l'hashish prima di essere fermato. Il pm Barba attende inoltre l'esito dell'autopsia sull'uomo di 31 anni.
Il caso della morte in carcere del giovane Stefano Cucchi scuote le coscienze e la politica. Dall'esposto dell'Unione camere penali a Ferefuturo, da don Ciotti all'Unione degli studenti si leva un coro di indignazione. "Il corpo del cittadino nelle mani dello Stato è sacro, e non si può consentire che dubbi si addensino sulle istituzioni - dichiara Oreste Dominoni, presidente dell'Ucpi (unione camere penali italiane) - La vicenda Cucchi presenta ombre e sospetti che vanno chiariti. L'Unione delle camere penali italiane, chiede che sia fatta piena luce sui fatti, ma soprattutto invita gli organi istituzionali a effettuare le opportune indagini senza guardare in faccia nessuno, affinché non si ritorni agli anni bui in cui non si sapeva cosa accadesse in caserme e commissariati".
Chiede verità anche Ffwebmagazine, il periodico online della Fondazione Farefuturo presieduta da Gianfranco Fini: Uno Stato democratico non può nascondersi dietro la reticenza degli apparati burocratici. Perché verità e legalità devono essere 'uguali per tutti', come la legge. Non è possibile che, in uno Stato di diritto, ci sia qualcuno per cui questa regola non valga: fosse anche un poliziotto, un carabiniere, un militare, un agente carcerario o chiunque voi vogliate".
"La sua è una morte che non solo chiede verità, ma che impone a tutti una riflessione vera sulle implicazioni penali di certe norme di legge e sulle politiche carcerarie del nostro Paese". È quanto dichiara don Luigi Ciotti, presidente del Gruppo Abele, in merito al misterioso decesso di Stefano Cucchi, sottolineando che "in questi giorni difficili siamo vicini alla sua famiglia".
Sul caso è intervenuto anche il ministro della Difesa Ignazio la Russa: "Di una cosa sono certo - ha dichiarato a Radio Radicale - del comportamento corretto dei Carabinieri in questa occasione". E ha aggiunto: "Non c'è dubbio che chiunque, qualunque reato abbia commesso, ha diritto a un trattamento assolutamente adeguato alla dignità umana. Quello che però è successo io non sono minimamente in grado di riferirlo, perché si tratta di una competenza assolutamente estranea al ministero della Difesa, in quanto attiene da un lato ai Carabinieri in servizio per le forze dell'ordine e quindi in dipendenza del ministero dell'Interno, dall'altro del ministero della Giustizia. Non ho strumenti per accertare.
Secondo l'Osapp, sindacato della polizia penitenziaria, il giovane arrivò in carcere in pessime condizioni: "Stefano sarebbe arrivato a Regina Coeli direttamente dal tribunale già in quelle condizioni, e accompagnato da un certificato medico che ne autorizzava la detenzione, come di solito si fa in questi casi". Queste le parole Leo Beneduci, segretario generale dell'Osapp che chiede chiarezza e celerità d'indagine.

Un arresto e otto giorni per morire: le foto choc.
Stefano Cucchi, romano, 31 anni, era stato fermato dai carabinieri con pochi grammi di droga. Poi il carcere e l'ospedale, senza che la famiglia potesse visitarlo. La sua morte ricorda il caso Aldovrandi. Oggi la denuncia con le immagini del cadavere.
Sky Tg24, Cristina Bassi, 30 ottobre 2009.

L'hanno visto uscire di casa in buone condizioni, l'hanno riavuto morto, pochi giorno dopo. Nel frattempo un arresto per droga da parte dei carabinieri, la detenzione in carcere, l'ospedale. Senza che i familiari potessero mai vederlo. Il caso di Stefano Cucchi, 31 anni, romano, ricorda da vicino la vicenda di Federico Aldrovandi, il 18enne di Ferrara morto nel settembre del 2005 dopo una colluttazione con la polizia. Nel luglio scorso quattro agenti sono stati condannati a tre anni e sei mesi per omicidio colposo, dopo che la famiglia di Federico si era battuta per avere giustizia. La madre aveva sempre sostenuto che suo figlio era morto a causa del pestaggio dei poliziotti e aveva pubblicato sul suo blog foto e documenti, seguendo passo passo l’inchiesta ufficiale. E non è un caso che la famiglia Cucchi abbia scelto come legale Fabio Anselmo, lo stesso degli Aldrovandi. L’avvocato, i parenti di Stefano e l’associazione «A buon diritto» hanno convocato una conferenza stampa in Senato per chiedere che venga fuori la verità su quello che è successo al geometra 31enne con piccoli precedenti penali, fermato il 16 ottobre al parco degli Acquedotti a Roma: aveva addosso venti grammi di droga, è morto una settimana più tardi, il 22, nel reparto detentivo dell’ospedale Sandro Pertini, dopo essere stato a Regina Coeli e al Fatebenefratelli. «Mio figlio – dichiara Giovanni Cucchi – era sotto la tutela dello Stato e dato che è stato preso in consegna dai carabinieri, chiediamo chiarezza anche al ministro della Difesa Ignazio La Russa». La sorella Ilaria si rivolge al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che alla Camera ha parlato di una morte che «esige un approfondimento» e ha riferito l’ipotesi di una caduta del ragazzo in carcere. «Spero – ha detto la sorella di Stefano – che il ministro Alfano inizierà a interessarsi davvero, perché non mi sembra abbia risposto né abbia detto nulla di nuovo. Ora pretendiamo una risposta chiara, perché mio fratello è morto da solo». Per una settimana alla famiglia era stato negato il permesso di vedere il giovane detenuto e di parlare con i medici che l’avevano in cura. Alla conferenza stampa sono state distribuite le foto del corpo di Stefano, scattate dopo l’autopsia. «Immagini drammaticamente eloquenti – le definisce Luigi Manconi, presidente di “A buon diritto” –. Da sole dicono quanti traumi abbia patito quel corpo e danno una rappresentanza tragicamente efficace del calvario di Stefano». Le foto mostrano il corpo magro (il ragazzo, che soffriva di epilessia, era passato dai 43 chili del fermo ad appena 37), con il volto tumefatto, l’occhio destro rientrato nell’orbita, l’arcata sopraccigliare gonfia, una mascella che sembra fratturata. Sulla misteriosa morte è stata aperta un’inchiesta d’ufficio. «L’atto di morte è stato acquisito dal pm – spiega l’avvocato Anselmo –, per cui non abbiamo in mano nulla se non queste foto e un appunto del nostro medico legale». Che documenta come «sul corpo non sono stati riscontrati traumi lesivi che possano aver causato la morte, ma escoriazioni, ecchimosi e sangue nella vescica. Aspettiamo gli esiti dell’esame istologico. Noi non accusiamo nessuno – precisa il legale –. Stefano è uscito di casa in perfette condizioni di salute e non è più tornato. Chiediamo che non ci sia un valzer di spiegazioni frettolose e spesso in contraddizione tra loro e di risparmiare alla famiglia un processo su quello che è stato Stefano». Anche alcuni politici si sono mobilitati per chiedere chiarezza sulla vicenda. Alla conferenza stampa della famiglia Cucchi erano presenti Emma Bonino, Flavia Perina, Renato Farina e Marco Perduca. Mentre il Garante dei detenuti della Regione Lazio, Angiolo Marroni, ha presentato un esposto alla procura.


Caso Cucchi, il padre: "Deve rispondermi lo Stato".
"Lo Stato ci deve dire la verità su quanto è successo a mio figlio". Questo l'appello lanciato dal papà di Stefano Cucchi, il giovane trovato morto con varie lesioni sul corpo nel reparto detentivo dell'ospedale Pertini di Roma.
Sky Tg24, 30 ottobre 2009.


Cucchi, Alfano: subito verità, pieno sostegno alle indagini.
Sky Tg24, 30 ottobre 2009.

Verità. È questa la parola che riecheggia con forza nel mondo politico-istituzionale. Una richiesta forte e trasversale agli schieramenti. Al procuratore della Repubblica di Roma, Giovanni Ferrara, ha telefonato il ministro della Giustizia Alfano confermando "pieno sostegno alle indagini e celerità nell'accertamento della verità e dei colpevoli". Interviene con decisione anche il ministro della Difesa: "Non ho strumenti per dire come sono andate le cose ma sono certo del comportamento assolutamente corretto da parte dei carabinieri" dice La Russa.

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I quarant'anni di Internet




Era il 29 ottobre del 1969 quando due ricercatori californiani si scambiarono un messaggio tra due computer, sperimentando per la prima volta le possibilità della rete. Si chiamavano Charley Kline e Bill Duvall e fecero la prima connessione tra l'Università della California e lo Stanford research institute, senza probabilmente rendersi conto delle conseguenze che avrebbe avuto quello che stavano facendo.
Capo del loro team era il professore dell'UCLA Leonard Kleinrock, che ieri sera al campus dell'istituto si è unito alle celebrazioni per l'anniversario. "Internet è un elemento di democrazia, la voce di ognuno ha un peso equivalente. Non c'è modo di tornare indietro a questo punto, non si può fermare. L'era di Internet è qui", ha detto ricordando l'entusiasmo con cui accolse la novità.
Dodici anni dopo quel primo messaggio in rete c'erano ancora solo poco più di 200 computer, ma già nel 1995 con i primi browser e l'arrivo di Amazon gli internauti erano sei milioni. Oggi, nell'epoca di Wikipedia, del motore di ricerca Google e dei social network come Facebook e Twitter, si calcola che on-line ci siano ogni giorno oltre un miliardo e mezzo di persone. "La rete", ha ricordato l'ormai 75enne Kleinrock, "sta penetrando in ogni aspetto delle nostre vite".
Eppure l'idea nacque in piena guerra fredda e fu il frutto di un progetto militare che si chiamava Arpanet, sviluppato per condividere informazioni tra scienziati che erano in università molto distanti tra di loro negli Stati Uniti e per progettare nuove tecnologie militari. Nel 1957 l'Unione Sovietica aveva lanciato lo Sputnik, primo satellite della storia e l'allora presidente Eisenhower investì milioni di dollari nella ricerca scientifica e inaugurò l'Arpa, l'Agenzia per i progetti di ricerca avanzati, per vincere la competizione tecnologica con Mosca. Nessuno poteva immaginare che ne sarebbe nata una delle più grandi invenzioni civili di tutti i tempi (Asca).
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Nell'era di insicurezza globale

L'Onu: «Acquistati 30 milioni di ettari in tre anni».
Il club dei paesi ricchi sta divorando le terre del Terzo mondo.
Rassegna stampa - Liberazione, Mark Rice-Oxley, 30 ottobre 2009.

Entrati in un'era di insicurezza globale, i paesi ricchi e le loro imprese si affannano nel comprare le terre fertili nelle nazioni in via di sviluppo, in particolare nell'Africa. Secondo il relatore dell'Onu sul dititto all'alimentazione Olivier de Schutter, almeno trenta milioni di ettari (l'equivalente delle Filippine) sono stati acquistati dalle compagnie straniere negli ultimi tre anni. La Cina, la Corea del Sud e l'arabia Saudita sono la rampa di lancio di questo movimento, con la loro aspirazione a comprare le terre di Congo, Sudan e Tanzania, ma anche di paesi asiatici come la Cambogia. «È un fenomeno in crescita, molti paesi si sono accorti che i mercati internazionali sono deboli e instabili, quindi si premuniscono acquistando terreni all'estero», spiega de Schutter.
Jacques Diouf, direttore generale della Fao, parla di un «patto neocoloniale», mentre Duncan Green, portavoce dell'Ong Oxfam denuncia «la privatizzazione dell'Africa». L'idea è semplice: sfruttare la produzione agricola e poi riportarla a casa. In particolare per le coltivazioni di riso, soia, canna da zucchero e lenticchie.
Secondo i dati raccolti dall'International Food Policy Research Institute, i sauditi hanno recentemente concluso decine di contratti in Tanzania per 500mila ettari di terra coltivabile. Quanto alla Repubblica democratica del Congo sono pronti a comprare 10 milioni di ettari. Società indiane, sostenute dal governo, stanno preparando grandi spese in una mexzza dozzina di paesi africani; corporation agroalimentari britanniche e americane già lavorano a pieno regime in Angola, Mali, Malawi, Nigeria e Sudan: imprese cinesi trattano in Zambia, Congo e Tanzania, mentre la Corea del sud si è accaparrata 690mila ettari sempre in Sudan.
I primi segnali di dissenso contro questi accordi sono partiti dal Madagascar dove il progetto di un conglomerato della sudcoreana Daewoo per coltivare del mais su 1,3 milioni di ettari ha incontrato un'ostilità così forte che, lo scorso marzo, ha contribuito alla caduta del presidente Ravalomanana. il suo successore Andry Rajoelina, ha immediatamente sospeso l'accordo.
in teoria questo business dovrebbe accontentare tutti. Dopo tutto i nuovi proprietari potrebbero portare nuovi capitali nei Paesi in via di sviluppo; dei posti di lavoro potrebbero essere creati in queste zone; i contadini potrebbero usufruire di moderne tecnologie per migliorare i raccolti. Ma gli esperti ci spiegano che in realtà questi contratti sono ben poco trasparenti, quasi mai resi pubblici e vantaggiosi solo per gli acquirenti. «I rari contratti che abbiamo potuto vedere sono preoccupanti: lunghi 3, 4 pagine al massimo, stabiliscono pochissimi vincoli agli investitori. Infrastrutture e gestione durevole delle risorse naturale sono aspetti lasciati alla buona volontà di chi compra, il che è inquietante», si indigna de Schutter.
Questa fiera rappresenta una grave minaccia per delle regioni del mondo che vivono delle difficoltà croniche. i contadini locali rischiano di essere espulsi si i loro governi si lasciano tentare dais oldi facili. Privare gli abitanti delle loro terre fertili potrebbe aggravare il problema della fame. E la competizione si intensificherà intorno alla più rara delle risorse: l'acqua.
De Schutter propone una serie di principi e di provvedimenti che possono rendere più accettabile questo «accaparramento delle terre per l'agricoltura delocalizzata». Bisognerebbe in primo luogo rispettare i diritti dei contadini, negoziando i contratti a livello locale e non nazionale. Una quota di prodotti potrebbe essere venduta in loco privilegiando i bisogni dei residenti dell'Earth Policy Institute, spiega che, nonostante gli investitori sbarcano armati delle ultimissime tecnologie agricole, ciò non porterà nulla ai piccoli agricoltori locali: «Si tratterà essenzialmente di tecnologie destinate allo sfruttamento agricolo-commerciale su grande scala, ben poco adatte alle piccole parcelle famigliari che esistono nella gran parte di paesi presi in considerazione. Non credo affatto che questo modello possa servire al trasferimento e alla condivisione delle tecnologie. Ogni volta che un terreno in Africa e in Asia viene acquistato da un investitore straniero, viene sottratta della terra per nutrire gli abitanti».
"Straits Time" (Singapore)
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Regionali e piddì

Il segretario del pd dopo l'incontro con Vendola. Oggi il colloquio con Ferrero.
Bersani: «Alle regionali con larghissime alleanze».

Rassegna stampa - Liberazione, Stefano Bocconetti, 30 ottobre 2009.

Regionali e piddì. Il più forte partito d'opposizione in Parlamento ha intenzione di lavorare in questo modo: proporrà una sorta di «tavolo» - termine che sta ad indicare una mega-consultazione - con tutte le forze che si oppongono a Berlusconi. Immaginando alleanze larghissime. In questi incontri si vedrà se c'è la possibilità di «fare un programma comune» e solo a quel punto si comincerà a parlare di candidati. Fermo restando che le decisioni si prenderanno, poi, regione per regione.
«Alleanze larghissime», si diceva. «Alleanze che non possono prevedere nè veti, nè interdizioni». Così, usando quasi le stesse parole, s'è concluso il confronto fra Bersani e Nichi Vendola. La seconda tappa del giro di consultazione intrapreso dal neosegretario dei democratici. Che l'altro giorno ha incontrato Di Pietro, ieri Vendola, e stamane il segretario del Prc, Ferrero.
La riunione di ieri sembra essere andata bene, stando a ciò che hanno raccontato i due protagonisti. Il segretario del piddì ha sottolineato che la discussione è appena all'inizio e non ha come solo «traguardo» le prossime regionali. «Abbiamo interessi comuni sui temi della democrazia e delle questioni sociali. Sono due temi che vogliamo siano messi al centro del dibattito politico». Anche il Governatore della Puglia ha usato parole di stima nei confronti del «collega»: «Bersani ha parlato di alternativa, e questo ci ricorda che la destra va sfidata anche sul terreno culturale, sociale. I temi del lavoro e della democrazia sono quelli su cui la sinistra deve essere capace di riconnettersi al Paese».
Ma al di là dei commenti, che cosa è uscito dall'incontro? Del metodo con cui i democratici vogliono arrivare alle elezioni, s'è detto. Va anche aggiunto che Bersani ha ripetuto due volte lo stesso aggettivo: generoso. «Fra breve faremo una proposta generosa». Di più però non ha voluto spiegare.
Entrambi comunque si sono rifiutati di partecipare al gioco del toto-candidato. A chi chiedeva a Bersani se fosse di suo gradimento il nome che gira per sostituire Marrazzo, la radicale Emma Bonino ha risposto diplomaticamente: «Lasciate perdere. Quello è l'ultimo dei passaggi». Un po' meno diplomatiche le risposte di Vendola. A lui, i giornalisti hanno chiesto se era disponibile a fare un passo indietro. E ha risposto così: «Sono abituato a fare passo in avanti, non indietro». L'ultima battuta è ancora per Vendola: a lui i cronisti gli hanno chiesto se parteciperà alla manifestazione del 5 dicembre, indetta dal Prc e da Di Pietro. La risposta: «Una manifestazione non è un party. Lo si organizza e poi si invitano le persone. Una manifestazione la si progetta insieme, insieme si studiano le parole d'ordine. Non conosco altra strada».
Oggi, s'è detto, Bersani vedrà Ferrero. Come sarà il clima? Sicuramente ci sono tanti temi sul tappeto. E nessuno facile. Senza contare che proprio ieri, sempre Bersani, in un'intervista ha fatto alcune concessioni al governo sul taglio dell'Irap. Ipotesi che proprio non piace al segretario del Prc: «Mi sembra sbagliata. Visto che le risorse dello Stato italiano non sono infinite e che l'Irap ha semplicemente sostituito ben sette forme di tassazione ... l'unico atto che si può e si deve prendere da subito è il drastico taglio delle tasse ai lavoratori dipendenti, ai pensionati e alle famiglie».
Non sarà un incontro semplice, insomma. Ma se ne saprà di più fra breve. Così come fra poco - magari qualche settimana - se ne saprà di più su un altro argomento con cui Bersani deve fare i conti: le scelte di Rutelli. Ieri, l'ex sindaco di Roma ha avuto un incontro a due con D'Alema. Il neosegretario sperava molto in questo «faccia a faccia». Ma è andato male per lui: a D'Alema, Rutelli ha confermato la sua intenzione. Se ne andrà dal piddì. Ha promesso però che non lo farà in «modo traumatico». Cosa questo significhi nessuno è in grado di prevederlo.
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Le caratteristiche del gas naturale

Risposta a: Anonimo del 30 ottobre 2009 ore 10,04.

Ecco la risposta ai suoi quesiti.
Perché il gas naturale viene anche chiamato metano?
Risposta: Il gas naturale viene abitualmente chiamato metano perché questo gas ne costituisce più del 90%.
Sugli accessori degli impianti domestici, ma anche industriali è frequente trovare cartelli con scritto metano, ad esempio i portelli delle nicchie contatori portano normalmente stampata la scritta metano, sulle condotte colorate in giallo degli stabilimenti si trova spesso la scritta metano, in tutti questi casi sicuramente il gas che scorre all'interno è il gas naturale.
Domanda: Quali sono le caratteristiche del gas naturale?
Risposta: Il gas naturale è una miscela di gas combustibili, oltre al metano (CH4) che ne costituisce oltre il 90%, normalmente contiene anche altri idrocarburi gassosi più pesanti, come etano, propano e butano, e in piccole quantità, pentano.
Non è tossico, è praticamente inodore e deve pertanto essere odorizzato artificialmente per evidenti motivi di sicurezza.
Domanda: Che differenza c'è tra il gas metano ed il gas delle bombole?
Risposta: Il metano è un gas di origine naturale che si forma principalmente dalla decomposizione di materie organiche, generalmente si estrae da falde sotterranee sature di gas compresso formatosi nel corso dei millenni, in piccole quantità si forma anche dal ciclo biologico dell'organismo e dagli escrementi, specialmente nei ruminanti. Il gas delle "bombole" è invece GPL (gas di petrolio liquefatto).
I GPL normalmente in commercio provengono, per la maggior parte, dal recupero dei gas residui che si sviluppano durante i molteplici trattamenti del petrolio nelle raffinerie. sono composti quasi esclusivamente da idrocarburi saturi o paraffinici (propano C3H8 e butano C4H10).
La miscela normalmente in uso è quella definita "GPL commerciale" in quanto i valori dei due gas, propano e butano, devono rimanere entro limiti prefissati al fine di garantire valori energetici standard e idoneità di utilizzo negli apparecchi a gas previsti.
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Passa il piano rifiuti provinciale

Maggioranza e opposizione concordi: le risposte al Pirellone in linea con le integrazioni richieste. La provincia promuove il piano rifiuti. Ora il documento prende la strada della Regione Lombardia.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Alberto Belloni, 30 ottobre 2009.

Il piano rifiuti provinciale passa e torna in Regione Lombardia, che dopo averne bocciato la precedente bozza deciderà nei prossimi giorni se promuoverlo o meno. L’atto di palazzo San Cristoforo, già annunciato nei giorni scorsi dal presidente Pietro Foroni, è stato intanto ufficialmente varato ieri sera dal consiglio provinciale, all’unanimità, con maggioranza e opposizione concordi nel giudicare le risposte spedite al Pirellone in linea con le integrazioni chieste nella diffida estiva dall’assessore regionale all’ambiente Massimo Buscemi. «Tutte ed esattamente», ha voluto specificare in un breve emendamento il consiglio provinciale, riferendosi al riconoscimento in toto delle medesime richieste: una puntualizzazione, probabilmente, rispetto a una missiva giunta proprio dal Pirellone martedì, nella quale si consigliava di non aderire a una parte della diffida, ma che facendo riferimento a elementi estranei alle contestazioni ufficiali della regione palazzo San Cristoforo ha deciso di non seguire. Avanti così, dunque, fiduciosi che il chiarimento degli equivoci sugli inerti (2 milioni di tonnellate, sì, ma recuperate dalla provincia per oltre il 90 per cento), la ribadita autosufficienza degli impianti di gestione e smaltimento rifiuti esistenti, la confermata disponibilità ad ampliare la discarica di Cavenago e la minor rigidità su alcuni parametri (compresa l’eliminazione della distanza minima di 5 chilometri tra una cava e l’altra) possano bastare a raccogliere consensi anche negli uffici di Milano, con i quali il confronto sulla partita, negli ultimi tempi, è stato peraltro costante. Il tutto, è inteso, ricordando come il nuovo piano rifiuti, così simile a quello della giunta Felissari, possa contare su due confortanti premesse: la prima, pesante bocciatura da parte della Regione della discarica di Senna, autentica spada di Damocle sulla vicenda, e il nuovo Dgr sui rifiuti, che tra vincolo paesistico, fascia di rispetto del Pai e non retroattività del dispositivo ha allontanato ancora di più lo spettro di un nuovo impianto sulle sponde lodigiane del Po. «Teniamo comunque gli occhi aperti», ha chiosato soddisfatto ma cauto il presidente Foroni, promettendo comunque che, sulla questione rifiuti, «non ci faremo dettare la linea da nessuno, perché sappiamo come gestire il nostro territorio», e che qualora l’iter in regione dovesse culminare in sgradite sorprese (nuova bocciatura e conseguente commissariamento) «non mi tremerebbero le gambe», e che la provincia adotterà tutte le risposte necessarie. La coesione del Lodigiano, in tal senso, sembra assicurata, tanto che dopo le stilettate dei giorni scorsi i toni delle polemiche si smorzano lasciando spazio ad autoelogi e reciproci complimenti. «Siamo riusciti a fare sistema e lei è stato bravo a finalizzare», ha commentato l’ex presidente Lino Osvaldo Felissari complimentandosi con la vecchia giunta e con il suo predecessore per l’adozione di un piano a lungo condizionato da insidie e “sub judice” della giunta regionale; carezze restituite dallo stesso Foroni, che ringraziati gli uffici responsabili e l’assessore all’ambiente Elena Maiocchi ha lodato la coesione del consiglio come segno «di concretezza e maturità». Anche Luca Canova, consigliere Pd, ha limitato le critiche a qualche recente dichiarazione politica «un po’ sopra le righe» e al «traccheggiamento della regione, che ha tenuto in fricassea la questione per 7 mesi», senza però nascondere favore e apprezzamento per il lavoro fatto dalla giunta «riadottando un piano che era ottimo, e che era stato fatto nell’emergenza degli eventi ma con grande rigore». In attesa di risposte dal Pirellone (che salvo sorprese, come ha fatto intendere mercoledì l’assessore Buscemi, dovrebbero essere positive), il prossimo consiglio si terrà proprio a Senna, emblema dei timori del Lodigiano su nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti: l’appuntamento, in tal senso, è previsto per il 9 novembre.
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