L’intervista rilasciata al «Cittadino» e gli stati generali tenuti dalla Lega Nord a Graffignana riscaldano il clima elettorale. «Gibelli, un po’ di pudore non guasta».
Manfredi del Pd attacca il parlamentare leghista dopo le recenti accuse.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 11 novembre 2009.
«Considero del tutto ingeneroso il giudizio espresso dall’onorele Gibelli nella intervista rilasciata al direttore del Cittadino giovedì 5 novembre. Ingeneroso perchè nel corpo dell’intervista, al fine di valorizzare il proprio ruolo, l’onorevole appare molto compiaciuto del fatto che il neo presidente della Provincia vada ad occupare la nuova prestigiosa sede di via Fanfulla, che sappiamo essere un’opera frutto delle scelte del centro sinistra. Fuorviante, in quanto basato su una analisi della realtà del nostro territorio, ed in modo particolare, della sua struttura produttiva del tutto datata e non rapportata alla situazione attuale della Provincia di Lodi». Parola di Alessandro Manfredi, esponente di spicco del Partito democratico lodigiano e storico componente dell’anima diessina del Pd.
L’intervista di Gibelli ha scatenato un putiferio. Apparsa sul Cittadino di giovedì scorso, ha fatto registrare le alzate di scudi di Gianpaolo Colizzi presidente del consiglio comunale di Lodi e dell’assessore alla cultura del Comune di Lodi, Andrea Ferrari. Adesso ci sono le risposte piccate di Manfredi. «Gibelli - afferma Manfredi - dichiara che in passato il Lodigiano “è stato territorio di conquista delle multinazionali che adesso delocalizzano, chiudono qui e aprono altrove. È quanto accaduto, ad esempio, alla Lever di Casalpusterlengo ed alla Akzo Nobel di Fombio”. Per chiunque conosca minimamente la realtà del nostro territorio e la storia delle fabbriche citate, ma se ne potrebbero aggiungere altre, non può sfuggire che questi insediamenti si sono realizzati fra gli anni 50 e 60 del secolo scorso, in un’epoca in cui il Lodigiano era considerato ancora area depressa». «Inoltre - è sempre Manfredi che parla - è alla metà degli anni 90, con l’avvento della Provincia di Lodi, che si decise di non ricorrere più a strumenti tipici delle aree sottosviluppate, ma, attraverso il Patto territoriale di puntare a “fare sistema” fra i soggetti economici e sociali per valorizzare un tessuto economico fatto prevalentemente di aziende di piccole e medie dimensioni, contribuendo in questo modo a costruire una nuova identità per il lodigiano». «Non so - riprende Manfredi - se l’onorevole Gibelli ha avuto la possibilità di leggere le “Linee programmatiche di mandato Amministrazione Provinciale 2009-2014 Presidente Pietro Foroni”, per accorgersi che buona parte dei contenuti di queste linee di mandato, per me non meno del 90%, rappresentano un dato di continuità con quanto è stato fatto dalle precedenti amministrazioni del centro sinistra. Ciò prescindendo, chiaramente, dal titolo riportato nel Sommario: “Il Lodigiano vera Provincia e non più succursale della Provincia di Milano”». Alessandro Manfredi rincara la dose: «C’è ancora qualcuno disposto a credere che se ciò fosse vero, la Provincia di Lodi avrebbe potuto spuntare l’insediamento dell’Università, del Parco Tecnologico, del Centro Polivalente per le Pmi, gli investimenti sulle infrastrutture, l’essere fra i soggetti promotori del Sistema Turistico “Po di Lombardia, quale primo sistema turistico lombardo” per cui “i finanziamenti ottenuti complessivamente dal sistema hanno determinato un significativo salto di qualità per il territorio e garantito l’attività promozionale...”(Linee di mandato pag. 24 di 31) non solo della raspadura, aggiungo io». «Certo la Lega Nord, ed i suoi esponenti - attacca Manfredi - vogliono dare la linea, e ne hanno facoltà, visto il peso che hanno nella nostra Provincia, in Regione e nel Governo di Roma, e tutti ci auguriamo che possano produrre ulteriori risultati positivi per il territorio. Inoltre vogliono attrezzarsi per nuove e importanti conquiste. Ma anche in questo caso un po’ di pudore non dovrebbe guastare». Infine, ecco la chiosa di Manfredi, questa volta indirizzata ai contenuti degli “stati generali” che la Lega ha tenuto nel fine settimana a Graffignana: «Che ci sia il segretario provinciale della stessa Lega Nord che si permette di giudicare i compagni di strada che si sceglie il sindaco di Lodi considerandosi “un cattolico più attento di un sindaco del capoluogo che ha intenzione di ricandidarsi sostenuto da alcuni atei comunisti”, al di la del rispetto che dovrebbe essere dato in uno stato laico anche a chi non intende fare professione di fede, lascia allibiti quando viene dal segretario di un partito che ancora qualche settimana fa ha celebrato il rito pagano del versamento dell’ampolla delle acque del Po».L’attacco a questo punto è ovviamente rivolto a Umberto Bossi, che, dichiara Manfredi, «ha propagandato per i suoi esponenti il rito del matrimonio celtico ed appellava i ministri della Chiesa cattolica con il dispregiativo appellativo di “vescovoni”».
Ma cosa aveva detto Gibelli nella sua intervista rilasciata a Ferruccio Pallavera? Ecco il testo di quell'articolo.
«Il moderno Polo tecnologico di Lodi non può essere ridotto al luogo delle gite delle delegazioni che vanno a visitarlo». Gibelli: «Cambiare rotta al Lodigiano». Il parlamentare: «Nessuno ha valorizzato le potenzialità del territorio».
Rassegna stampa, Il Cittadino, Ferruccio Pallavera, 5 novembre 2009.
Andrea Gibelli è nato a Codogno il 7 settembre 1967. Laureato in architettura, è stato eletto per la quarta volta deputato al Parlamento (legislature: XII, XIV, XV, XVI). Iscritto al gruppo parlamentare della Lega Nord Padania, dal 22 maggio 2008 è il presidente della X Commissione (attività produttive, commercio e turismo).
Onorevole Gibelli, da quando è in Parlamento?
«Dal marzo 1994».
Ininterrottamente?
«No. Da allora si sono succedute cinque legislature. Io ne ho fatte quattro».
Ne ha saltata una, quindi.
«Sì, la tredicesima. Sono mancato dal parlamento dal 1996 al 2001, ma questa interruzione è stata la mia fortuna».
Perché?
«Ho lavorato per la Lega Nord, prima come responsabile del settore urbanistica e poi degli enti locali. Ho vissuto da protagonista la costruzione dell’alleanza in Regione Lombardia tra Formigoni e la Lega, nell’anno 2000. Il programma elettorale che scandì quell’alleanza l’abbiamo scritto io e Raffaele Cattaneo, in soli 15 giorni».
E questo le è servito?
«Moltissimo. Quando sono tornato a Roma, nel 2001, mi portavo dietro il grande bagaglio culturale della conoscenza approfondita dell’intera Lombardia».
Hanno detto che lei non ha mai mosso un dito per favorire il nostro territorio. È vero?
«Lo chieda ad Ettore Albertoni. Quando era in Regione Lombardia lavorai al suo fianco per fare in modo che venisse stanziato un congruo finanziamento destinato a realizzare l’attuale sede della provincia di Lodi. Poi quel mio interessamento ci portò bene. La nuova sede della provincia adesso è utilizzata da Pietro Foroni e dalla sua giunta. Feci la stessa cosa quando Boni era presidente dell’Aipo, ottenendo un suo corposo intervento a favore delle difese spondali della città di Lodi. E non è tutto».
Perché?
«Sono intervenuto per il finanziamento della Lodi-Crema e per il ponte di Sant’Angelo Lodigiano. Gli ultimi due corposi interventi realizzati grazie al mio diretto interessamento sono stati il recupero dell’Ospedale Soave di Codogno e la ristrutturazione di Villa Trecchi a Maleo. Anche quest’ultima opera pubblica ha portato bene a Foroni, diventato appunto sindaco di Maleo».
Lei ha occupato posizioni rilevanti a livello parlamentare.
«Dal 2005 sono stato capogruppo della Lega alla Camera dei deputati. Nessun lodigiano ha mai ricoperto un ruolo così rilevante in un partito di governo. Oggi sono presidente di una commissione parlamentare, l’unico presidente di commissione espresso dal nostro territorio nel corso della sua storia».
Quale commissione?
«La commissione attività produttive della Camera dei deputati».
È vero che state lavorando sulla localizzazione delle future centrali nucleari?
«Sì».
Mi racconta qualche chicca in proposito?
«Sono andato in Francia per apprendere come sono stati individuati i siti che ospitano le centrali».
Cos’hanno fatto in Francia?
«In Francia c’è una legge sulla trasparenza, che regola i rapporti tra gli impianti e le ricadute di questi ultimi sulla popolazione locale».
C’è qualcosa che l’ha colpito?
«In Francia hanno istituito commissioni locali che hanno il compito di sorvegliare tutto il cammino che porta alla realizzazione delle centrali».
E da chi sono composte? Mi lasci indovinare: sindaci, politici, qualche tecnico e qualche scienziato… Giusto?
«Sbagliato».
Perché?
«Le commissioni sono composte da medici, da giornalisti e da sindacalisti. I rapporti con le istituzioni vengono dopo. Queste commissioni hanno libero accesso a tutti i dati che riguardano le centrali. I loro componenti sono messi in grado di poter valutare i vari gradi di rischio. Vengono messi al corrente dei contenuti delle singole procedure, e su come viene gestito l’impianto».
Cosa pensa di queste commissioni?
«La loro istituzione in Francia ha pagato moltissimo. Credo che possa avvenire la stessa cosa in Italia».
Posso farle una domanda bollente?
«Me la faccia pure, posso immaginare cosa sta per chiedermi».
L’impianto di Caorso sarà riattivato? Il Lodigiano tornerà ad avere una centrale nucleare sull’altra sponda rive del Po?
«È ancora presto per dirlo».
La sua è una risposta diplomatica.
«No, gliel’assicuro. Le centrali saranno individuate attraverso criteri che utilizzano standard internazionali».
E quali sono gli standard principali?
«Sono tre. La vicinanza alla rete elettrica. Devono sorgere in zone non sismiche. Deve esserci una forte disponibilità idrica».
Sono tre requisiti che Caorso possiede.
«Glielo ripeto: la decisione per il sì o per il no alla riattivazione di Caorso è ancora molto lontana. Lo scriva per favore».
Cosa state valutando?
«Ad esempio, se le centrali nucleari dovranno essere costruite lontano dal mare oppure no. E poi non saremo noi a individuare i siti».
Chi li deciderà?
«Nelle macroaree previste, a scegliere le localizzazioni saranno le aziende che si impegneranno a realizzare gli impianti. Saranno queste aziende a stabilire dove sarà più conveniente costruire le centrali nucleari, e lo faranno in base alla tecnologia in loro possesso».
E Caorso…
«Quando decisero di costruire una centrale a Caorso c’erano altri nove siti individuati come tali. Non posso ecludere che a Caorso possa essere insediata una centrale nucleare, ma non lo posso neppure confermare».
Cambiamo argomento. Parliamo del Lodigiano. Cosa la sta impegnando maggiormente in questo periodo?
«Mi sta impegnando la situazione occupazionale del nostro territorio».
Siamo messi meglio o peggio di altri territori?
«Il Lodigiano, nel panorama della crisi economica, qualche vantaggio ce l’ha».
Quale, ad esempio?
«Quello di essere al centro delle vie di comunicazione più importanti del Paese. Questo può favorire una ripresa economica dell’intero territorio».
E gli svantaggi? Ce ne sono?
«Il Lodigiano non ha una propria identità economica rilevante».
A cosa si riferisce?
«Al fatto che in passato è stato territorio di conquista delle multinazionali, che adesso delocalizzano, chiudono qui e aprono altrove. È quanto è accaduto, ad esempio, alla Lever di Casalpusterlengo o alla Akzo Nobel di Fombio».
Il nostro territorio cosa potrebbe fare per opporsi a queste dismissioni?
«Niente. Quando hai a che fare con l’amministratore delegato di una multinazionale che chiude e apre aziende muovendole come pedine sulle scenario del mondo, non riesci a fare nulla a livello locale. Sei considerato poco anche a livello regionale. L’unica voce in capitolo riesci ad averla solo a livello di governo».
Appunto. E lei, quale presidente della commissione attività produttive del governo…
«Quando mi sono recato al ministero per chiedere informazioni circa la vicenda della Akzo Nobel, mi hanno risposto che sui 183 tavoli che erano stati aperti circa le aziende italiane in crisi occupazionale, non c’era quello della Akzo. Né i sindacati né l’azienda avevano attivato le procedure necessarie. Nessuno, capisce? Aggiunga lei i commenti del caso».
E lei cosa ha fatto?
«Sono stati il prefetto e il presidente della Provincia di Lodi ad attivare le procedure ministeriali. Il prossimo 11 novembre a Roma, presso il ministero, si affronterà la vicenda dell’Akzo Nobel. Io li ci sarò. Non farò come Rosy Bindi, che si è limitata a fare un giro davanti all’azienda di Fombio. Il giro sono capaci tutti di farlo. Io non sono andato a Fombio, ma sarò presente all’incontro di Roma».
Prima ha detto che il Lodigiano non ha una propria identità economica rilevante. Cosa significa?
«Questo territorio necessita di “fare sistema”. Le aree che rispondono meglio alle crisi economiche sono quelle che hanno una vocazione economica specifica, il Lodigiano non ce l’ha».
Un esempio?
«Gliene faccio due. Il primo: è stato importante realizzare a Lodi il Polo tecnologico, a fianco dell’università. Ma quali vantaggi ne trae Lodi? Cosa sta facendo il Polo tecnologico? È chiaro che non può essere il luogo delle gite delle delegazioni che vanno a visitarlo».
Il secondo esempio?
«Lodi progress. È stata realizzato nel posto sbagliato. Perché uno dovrebbe costruire una fiera locale in un posto situato in mezzo ai capannoni, alla periferia di Lodi, in un posto irraggiungibile? E poi, cosa si sta facendo per interagire con le grandi fiere, facendo in modo che Lodi ospiti a ricadute quelle iniziative che altrove non trovano posto?».
E lei cosa farebbe?
«Un anno fa io, Pietro Foroni che non era ancora diventato presidente della Provincia e Guido Guidesi segretario provinciale della Lega, ci siamo trovati a chiacchierare sul futuro del territorio, constatando che nel Lodigiano nessuno aveva avviato iniziative rilevanti, in grado di accendere su di esso i riflettori del grande pubblico».
Si spieghi meglio.
«L’Umbria si è inventata Umbria Jazz. Mantova ha la fiera del libro. Siena e Legnano hanno il palio. E Lodi? E il Lodigiano? Niente. Il Lodigiano da quando c’è la Provincia di Lodi che idea ha dato di sé? Come ha promosso la sua immagine in Italia? Niente, non è stato fatto niente. Eppure il Lodigiano ha potenzialità enormi».
Del tipo?
«I nostri castelli. Le chiese. L’ambiente naturale. I prodotti della nostra terra. La rete dei piccoli musei. La presenza di alcune centinaia di ristoranti e di piccole trattorie sparse per il territorio. Nessuno ha mai sfruttato queste potenzialità».
Eppure ogni domenica c’è parecchia gente che lascia Milano per arrivare nel nostro territorio.
«Non è con il turismo domenicale fuoriporta che porteremo ricchezza al Lodigiano. Occorre sfruttare al meglio il turismo culturale e ambientale, ma per farlo abbiamo bisogno di servizi. Servizi che non abbiamo. Le faccio un esempio».
Dica.
«Quando nel mese di febbraio il Comune di Maleo è arrivato alla Camera dei deputati presentando ai parlamentari la qualità dei prodotti del nostro territorio, abbiamo registrato un successo inimmaginabile. Tutti i parlamentari sono rimasti impressionati dalla qualità dei nostri prodotti. Hanno gustato la raspadura, mi hanno chiesto in tanti dove avrebbero potuto acquistarla, in Roma. Ho risposto che la puoi comprare solo… nel Lodigiano».
Allora...
«Lodi è a 20 minuti dall’aeroporto di Linate, ha un casello dell’autosole, ha una stazione ferroviaria dove tra poco transiterà la metropolitana leggera. È raggiungibilissima, così come lo sono tutti gli altri centri del territorio. Ma perché mai dovrebbero venire a Lodi o nel Lodigiano, se non offriamo iniziative qualificate per attirare i turisti?».
Lei si aspettava un risultato così marcato alle elezioni provinciali di giugno? Era sicuro del successo riscontrato da Foroni?
«In politica devi rischiare sul tuo potenziale. Le scelte che abbiamo compiuto hanno pagato. E poi dicoamolo: abbiamo vinto per i nostri meriti, ma anche per i demeriti degli altri».
Quali sarebbero stati questi demeriti?
«Le rispondo con un esempio. Non serve a nulla inaugurare l’imbarcadero sulle rive del Po, ai Morti della Porchera, se non lo inserisci in un contesto più ampio, se non attivi un percorso turistico collegato a quell’imbarcadero. Altrimenti l’imbarcadero, che è un’iniziativa importante, non dà i frutti che dovrebbe fornire. Resta una cosa a sé stante».
Quindi chi ha amministrato prima ha compiuto scelte sbagliate.
«Io non contesto le singole scelte delle precedenti amministrazioni provinciali. Prese singolarmente, le posso anche condividere. Ma diventano scelte inutili se non vengono inserite in una visione d’insieme».
Tra cinque mesi Lodi avrà già votato per il futuro sindaco.
«Felissari in Provincia si è trovato a dover realizzare scelte decise da chi l’aveva preceduto. Ad esempio Lodi Progress. La provincia di Lodi dal 1995 a oggi non ha saputo caratterizzarsi, non ha saputo darsi un disegno che facesse parlare di sé. Quando a Roma parli di Lodi, non c’è nessuno che la collega a un grande evento di marketing».
Tipo?
«I tartufi in Piemonte, il torrone a Cremona. Uno a Perugia ci va perché c’è la fiera del cioccolato, poi si ferma non solo per il cioccolato, ma va a visitare i musei, i palazzi, si ferma a mangiare nei ristoranti. Se uno va a Rimini non trova solo il mare. Mi dice perché mai uno dovrebbe venire a Lodi o nel Lodigiano?».
E quindi?
«L’amministrazione comunale di Lodi non ha saputo caratterizzare la città con un grande evento».
Tipo il festival delle donne inventato da Giuseppe De Carli?
«Quello ha riscontrato un grande successo. È stata fatta la prima edizione. Poi più nulla. Era un’idea da portare avanti. Nessuno ha fatto nulla per promuovere l’immagine della città in un contesto più ampio».
Ne è sicuro?
«Uno della Germania non viene a Lodi appositamente per visitare la chiesa dell’Incoronata. Viene a Lodi se è attirato da qualcosa che fa parlare di sé, e poi quando è in città va anche a vedere l’Incoronata».
Per concludere?
«I territori di maggiore successo sono quelli che si sono caratterizzati in maniera originale. Qui non si è fatto niente. Né per la provincia né per la città di Lodi».
E allora?
«Serve un mutamento di rotta».
Avevamo pubblicato già una prima risposta all'intervista, quella di Andrea Ferrari, in "Gibelli necessita di un rinnovato bagno nell'Adda". Il Cittadino ha pubblicato il 6 novembre anche un altro articolo reltativamente alle reazioni all'intervista, che riportiamo sotto. Esplode in città il dibattito sul futuro di Lodi dopo l’intervista al parlamentare e alla vigilia delle elezioni comunali. «Gibelli? Nessuna proposta, solo critiche inutili». Colizzi e Ferrari replicano al deputato leghista: «Da lui neppure un’idea».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Matteo Brunello, 6 novembre 2009.
«Nessuna proposta per il territorio e solo critiche distribuite a pioggia. Crediamo che il Lodigiano abbia diritto a una migliore considerazione». Così il presidente del consiglio comunale di Lodi, Gianpaolo Colizzi, liquida le posizioni del deputato leghista, Andrea Gibelli. Il parlamentare in un’intervista al Cittadino aveva spronato il territorio a cambiare rotta, per valorizzare di più le sue potenzialità. E a stretto giro, arriva la replica di uno dei massimi esponenti del centro sinistra nel territorio e ai vertici di palazzo Broletto. «Ho letto con sorpresa l’intervista rilasciata dall’onorevole Gibelli, che mi ha fatto molto riflettere sull’irragionevole pessimismo che la stessa ha tentato di spandere. Noto che un parlamentare con quattro legislature alle spalle, al di fuori delle battute sulla raspadura e sulla torta di Maleo, che peraltro sono prodotti di ultranicchia anche nel Lodigiano, non pare puntare su altro». Il presidente del consiglio comunale ha poi preso in esame i vari temi esaminati dal parlamentare del Carroccio. In primo luogo il Polo tecnologico, che Colizzi ha ricordato essere stato fortemente sostenuto sopratutto dalla regione, «invece mi pare che Gibelli dica che sia soltanto un luogo dove ci passano le varie delegazioni». E ha attaccato: «Vuol forse dire che Formigoni ha speso male i soldi della regione? Vuol dire che crediamo nelle torte e nelle cultura e non nella valorizzazione tecnologica del territorio? Ricordo che Berlusconi dice che quando si parla male di lui si parla male dell’Italia. Parlando male del polo tecnologico si parla quindi male del Lodigiano. Faccio anche notare che le posizioni del parlamentare sono più vicine a quelle dell’estrema sinistra, che non a quelle del presidente della provincia Foroni». Altro argomento quello della possibile riattivazione della centrale a Caorso, che secondo l’esponente di centro sinistra è stato abilmente schivato da Gibelli. «Si è destreggiato nel non rispondere - esprime Colizzi -. Trovo peraltro singolare che si pensi che le localizzazioni e la tecnologia debbano essere decisi dai privati che fanno l’investimento, che è come dire che i sindaci e gli eletti del territorio vengano di fatto soppiantati dal capitale privato». E ancora il canale navigabile, che è una proposta della Lega, che secondo l’esponente di centro sinistra non è stata nemmeno citata dal presidente attività produttive della Camera e potrebbe avere l’effetto di tagliare in due il territorio. Infine la città di Lodi, che andrà al voto per il rinnovo dell’amministrazione comunale al prossimo marzo. «Sul tema non è fatto alcun accenno, evitando in maniera quasi religiosa di entrare nel merito di questi cinque anni di attività del sindaco Guerini e della giunta - commenta Colizzi -. Era troppo anche per Gibelli esprimere giudizi azzardati rispetto ad opere come l’argine della ex Sicc, recupero dei giardini, grandi investimenti sul verde e parchi».
È intervenuto anche l’assessore alla cultura del comune di Lodi e rappresentante Pd, Andrea Ferrari. «Dall’intervista dell’onorevole Gibelli ho tratto la sensazione che la sua perdurante assenza da Lodi per gli impegni parlamentari deve avergli fatto perdere un po’ il contatto con la realtà della città. In caso contrario, per esempio, non potrebbe ignorare che il Festival Internazionale di Letteratura e Creatività al Femminile “Da Donna a Donna” è una manifestazione biennale». Poi Ferrari ha continuato dicendo che «Lodi vuole porsi come “Città dei Festival” ritagliandosi un ruolo di originalità culturale e inedita nel quadro delle moltissime manifestazione analoghe che esistono in Italia».