FATTI E PAROLE

Foglio virtuale quotidiano di Brembio e del suo territorio

http://www.fattieparole.info

Si può leggere l'ultimo numero cliccando sopra, sull'immagine della testata o sul link diretto, oppure cliccando qui.
Ogni nuovo numero esce nelle ore serali, ma dopo le 12.00 puoi già leggerlo mentre viene costruito cliccando qui.

FATTI E PAROLE - ARCHIVIO
www.fattieparole.eu

La parola al lettore

Le tue idee, opinioni, suggerimenti e segnalazioni, i tuoi commenti, le tue proposte: aiutaci ad essere un servizio sempre migliore per il nostro paese.

Puoi collaborare attivamente con noi attraverso questo spazio appositamente predisposto - per accedere clicca qui - o anche puoi scriverci cliccando qui.

lunedì 16 novembre 2009

BlogNotte - L'affair Cesare Battisti

Blog Notte
L'affair Cesare Battisti

16 novembre 2009

Lo dico senza problemi. Quando Giuseppe Spagliardi mi ha mandato nella consueta rassegna di articoli pubblicati dal quotidiano Avvenire anche l'articolo di Michela Coricelli, di cui riporto più sotto la gran parte evitando soltanto ripetizioni con quanto dirò più avanti, "Un altro rinvio per Battisti. Brasile, giudici in pareggio. Deciderà il presidente", mi sono chiesto se la vicenda poteva interessare realmente qualche nostro lettore, così come del resto su un piano diverso la gran parte del pubblico italiano che si informa soprattutto attraverso la televisione, stante una vicenda rappresentata mediaticamente come una questione di vita o morte tra l'Italia berlusconiana e il Brasile di Lula - due populismi a confronto, destra contro sinistra, reazione contro rivoluzione, uno scontro condito anche da una sorta rivalsa per rifarsi delle frustrazioni calcistiche nazionali (non a caso qualcuno propose nell'occasione la sospensione della partita Italia-Brasile). Questo non per dire che una vicenda di giustizia come quella dell'espiazione della pena da parte di Battisti sia insignificante. Lungi da me un tale pensiero. La riflessione è altra, e cioè quanto il pensiero delle forze politiche e soprattutto di chi ci governa tiene conto dei nostri bisogni primari e quanto, incapaci di soddisfarli, ci distraggono con falsi problemi? Sarà un caso, ma sempre quando il governo è in difficoltà viene arrestato qualche latitante pericoloso, o su altro fronte viene creato ad arte qualche problema internazionale che solletica il nostro orgoglio di italiani a reagire, facendoci campioni del sentimento italico anche se stiamo tirando la cinghia o domani non sappiamo se andremo a lavorare. Insomma siamo bombardati da specchietti per allodole, da problemi fatti sentire come intimamente nostri, che in realtà riguardano la normale prassi delle istituzioni nazionali ed internazionali, e quello di Battisti è uno di questi. Comunque veniamo alla vicenda e cerchiamo di capirci qualcosa.



Scrive da Lima Michela Coricelli: «Quattro voti a favore dell’e­stradizione, quattro contra­ri. Pareggio tecnico fra ma­gistrati, udienza sospesa. Il caso Battisti resta aperto. Il Tribu­nale Supremo Federale di Brasilia ha deciso di rinviare la sentenza sul futuro dell’ex terrorista italiano. Ie­ri l’Alta Corte brasiliana ha ripreso il processo relativo all’estradizione di Cesare Battisti, interrotto lo scor­so settembre, dopo una lunga e spi­nosa seduta che si concluse con 4 voti a favore dell’estradizione e 3 per la conferma dell’asilo politico. L’astensione del nuovo magistrato della Corte Suprema Jose Antonio Dias Toffoli, insediatosi alla fine di ottobre, sembrava far pendere l’ago della bilancia a favore dell’estradi­zione in Italia. La nomina di Toffoli - ex avvocato del Partito dei Lavo­ratori del presidente Lula - aveva provocato non poche polemiche in Brasile. Ma ieri la spaccatura della Corte è stata netta: quattro giudici favore­voli ad estradare l’ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac) e quattro sostenitori della va­lidità dell’asilo politico concesso dal Brasile lo scorso gennaio».
E l'articolo continua raccontandoci la decisione interlocutoria della Corte Suprema: «L’udienza è stata sospesa e aggior­nata. Manca il voto del presidente della Corte, Gilmar Mendes, che po­trebbe astenersi come di rito. Se la decisione si concludesse con un pa­reggio, favorirebbe comunque l’im­putato, secondo la prassi giuridica brasiliana. Il magistrato Marco Aurelio Mello ­che a settembre aveva chiesto più tempo per l’esame del caso - ha vo­tato ieri contro l’estradizione: i cri­mini commessi da Battisti negli an­ni Settanta - sostiene - sarebbero già prescritti».
In breve questa la vicenda. Cesare Battisti, nato a Sermoneta (Lt) nel 1954, facente parte dei Proletari Armati per il Comunismo, che ha contribuito a costituire, viene nel 1979 arrestato e condannato per l'omicidio del gioielliere Torregiani. Nel 1985 è condannato all'ergastolo nel processo contro i Pac. La vicenda nasce dal fatto che nel 1981 Battisti evade dal carcere di Frosinone. Nel periodo della latitanza è in Francia, a Parigi, poi in Messico, poi ancora a Parigi, dove diventa scrittore e la Francia nega l'estradizione all'Italia. Nel 2004 viene arrestato in febbraio su richiesta dell'Italia e scarcerato due mesi dopo in attesa del giudizio francese. A giugno la Corte d'Appello di Parigi dà parere favorevole all'estradizione, ma ad agosto Battisti fa perdere le sue tracce. Vie­ne fermato nel 2007 a Rio de Janei­ro e da allora è in prigione a Brasi­lia. Il Comitato brasiliano per i rifugia­ti (Conare) gli negò subito l’asilo. Ma lo scorso gennaio il ministro della Giu­stizia brasiliano, Tarso Genro, ap­provò la richiesta di Battisti: una de­cisione che provocò una bufera diplomatica con il governo italiano, che ha sem­pre assicurato che i crimini attribuiti all’ex terrorista non erano di natu­ra politica. L’ultima parola sulla vicenda spet­terà comunque al presidente della Repubblica, Luiz Inacio Lula da Sil­va, che potrebbe rifiutarsi di conse­gnare Battisti, in nome di un rischio di presunta persecuzione politica. Una teoria - sostenuta dal­la difesa di Battisti - che viene riget­tata con forza dall'Italia, ma che è stata appoggiata dallo stesso mini­stro Genro.
Battisti è accusato di quattro omicidi negli anni 1978 e 1979, di Antonio Santoro, agente di custodia, a Udine; di Pierluigi Torregiani, gioielliere, a Milano; di Lino Sabbadin, macellaio militante Msi, a Mestre; Andrea Campagna, agente Digos a Milano.



Alberto Torregiani, 45 anni, è una delle vittime di Cesare Battisti. Il 16 febbraio 1979, a Milano, suo padre adottivo, il gioielliere Torreggiani, fu assassinato davanti ai suoi occhi da un commando dei Proletari Armati per il Comunismo (PAC), guidato da Cesare Battisti. Il suo "crimine" agli occhi dei PAC il coraggio di resistere, poche settimane prima, a un tentativo di rapina dei PAC. Alberto Torregiani, che aveva allora sedici anni, fu raggiunto da un proiettile, che lo ha costretto paraplegico sulla sedia a rotelle.
Di lui Battisti ha detto che "è triste quello che Alberto Torregiani sta facendo: lui sa che io non ho niente a che vedere con tutto questo. Perché ci siamo scambiati delle lettere. Una corrispondenza di amicizia, sincerità e rispetto. Ma lui soffre pressioni da parte del governo italiano... Loro stanno facendo pressioni, visto che possono togliergli la pensione".



"L'idea della mia fuga in Brasile è stata di un membro dei servizi segreti francesi", ha dichiarato Cesare Battisti in un'intervista alla rivista brasiliana "Istoe". Battisti, che ribadisce di non aver mai "ammazzato nessuno", ha definito "esagerata" la reazione dell'Italia alla decisione di Brasilia di riconoscergli lo status di rifugiato. "Il gesto del ministro Genro è stato coraggioso e umano".
Battisti ha raccontato di essere andato in auto dalla Francia alla Spagna e poi in Portogallo. Da Lisbona è andato all'Isola di Madeira e in nave ha raggiunto le Canarie, dove ha preso un aereo per Capo Verde e poi per Fortaleza. "Io sinceramente - ha detto, parlando della decisione italiana di ritirare l'ambasciatore e ricorrere alle vie legali - non credo che tutto questo stia succedendo per me. È enorme. È esagerato... Io non sono questa persona così importante. Sono uno delle migliaia di militanti italiani degli anni '70". "Io - ha assicurato - non ho mai ammazzato nessuno. Io mai sono stato un militante militare in nessuna organizzazione. Uscii dai Proletari Armati per il Comunismo nel maggio del 1978, dopo la morte di Aldo Moro".
"Io continuo ad essere un comunista vero - ha affermato ancora Battisti -. Non nel senso partitico. Le mie idee non sono cambiate", ma "la lotta armata è stata un'errore e io non ho mai sparato a nessuno sebbene abbia usato armi in operazioni per il finanziamento delle organizzazioni". "In Italia è esistita la guerra civile - prosegue Battisti nell'intervista - come abbiamo denunciato all'orchestratore della repressione all'epoca, l'ex presidente Francesco Cossiga. Lui ha mandato a me una lettera personale, riconoscendomi come militante politico. Parole di Cossiga. Sarà che Berlusconi, il grande mafioso, ha più credibilità di Cossiga?".
L'ex leader dei Proletari armati per il comunismo (Pac), condannato in Italia per quattro omicidi commessi alla fine degli anni '70, da un lato condanna il governo italiano di negargli il giusto processo e di aver architettato una campagna mediatica contro di lui. Dall'altro elogia invece il ministro brasiliano della Giustizia Genro di concedergli lo status di rifugiato impedendo così l'estradizione chiesta dall'Italia. Un gesto "molto importante non solo per me, Cesare Battisti, ma per l'umanità. È necessario che l'Italia rilegga la propria storia", la sua conclusione.
A parlare di un coinvolgimento francese nella concessione dello status di rifugiato da parte del Brasile è stato Eric Turcon, avvocato di Cesare Battisti, che il 14 gennaio 2009 ha detto che Nicolas Sarkozy e Carla Bruni hanno aiutato i sostenitori di Cesare Battisti per ottenere un appuntamento con il Segretario Nazionale della Giustizia del Brasile, e che "è attraverso questo incontro che è stato concesso l'asilo politico in Brasile" a Cesare Battisti.
Quella che segue è la smentita di Carla Bruni il 25 gennaio da Fazio.



Quello che sorprende, ma non dovrebbe, è come sia proprio la destra estrema soprattutto (sebbene come nel filmato con qualche eccezione) a protestare e a farne un caso non solo di stato ma di popolo. Nel video che segue il sit-in del "Movimento per l'Italia" di Daniela Santanché (sempre lei) sotto l'ambasciata brasiliana a P.zza Navona, a Roma. Si vede il coordinatore laziale Fabio Schiuma insieme ai fondatori romani del Movimento protestare per la mancata estradizione del terrorista comunista.



La questione, come si sa è ancora aperta, e il tormentone di sicuro continuerà fino alla decisione definitiva del Brasile. Interessanti i commenti che ho trovato in rete mentre cercavo i filmati da proporre. Commenti che mostrano come su tutta la questione vi sia molta disinformazione e confusione; e come la vicenda sia usata per un gioco di presunte rivalse tra gli ultras delle due nazionali o nazioni se preferite. Ma questo potrebbe essere argomento per un ulteriore post. Chiudo con una nota di buonumore.


Condividi su Facebook

Natura: un dono da conservare per il bene comune

Celebrata domenica la giornata del ringraziamento.



Due file di trattori allineati sul sagrato della Chiesa nella mattinata di domenica, giornata dedicata al ringraziamento per i frutti della terra; mentre la gente, dopo messa, sosta per la tradizionale benedizione. Se da un lato il lavoratore agricolo riconosce a Dio la supremazia nel creato, dall’altro, il lavoro dei campi, chiede all’uomo rispetto e dignità. Non vi è ancora all’orizzonte un modello di società che possa fare a meno della ruralità pur con le trasformazioni operate in questi ultimi tempi. L’agricoltura ha in se la forza educativa, con la terra e con la natura, che è dono di Dio; un dono da conservare, da tramandare alle future generazioni per il bene comune nel solco del progetto divino per l’uomo. Il concetto pronunciato dal parroco nell’omelia, viene ripreso nel suo breve discorso dal sindaco, nell’impegno amministrativo di salvaguardare il territorio e il lavoro agricolo, nelle sue diverse forme e espressioni; fonte di reddito per gli agricoltori, di salute e di benessere per la comunità.




Condividi su Facebook

Ritirare quelle norme

Processo breve, Bersani: no alla legge.
Sulle riforme: "Disponibili a discutere".

Rassegna stampa - La Stampa.it, 16 novembre 2009.

Conferenze programmatiche, forum, contatto diretto con le fondazioni e, soprattutto una festa di partito che torni ad essere «politica». Nel suo intervento alla direzione del Pd, Pierluigi Bersani ha disegnato in maniera chiara il suo partito introducendo una serie di novità nella struttura. Bersani ha parlato di una «conferenza programmatica ogni anno con gli amministratori del Pd» e di una «conferenza permanente dei segretari regionali». Poi, tra gli altri, saranno organizzati una serie di forum e verrà messa in piedi una «struttura per la formazione e per i rapporti con le fondazioni».
Il Pd è disponibile a discutere di riforme istituzionali ovviamente in Parlamento e a partire sostanzialmente da quella che è stata chiamata bozza Violante. Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, al termine della direzione del partito risponde così ai giornalisti che gli chiedono di commentare l’appello di Gianfranco Fini affinchè maggioranza e opposizione collaborino sulle riforme. «Io all’assemblea nazionale del Pd ho avanzato un pacchetto di misure che servono al paese», a cominciare dalla riduzione del numero dei parlamentari, dall’istituzione del Senato federale e da una legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di scegliere i parlamentari.
«L’invito è quello di ritirare quelle norme». Pier Luigi Bersani lo dice chiaramente, le disposizioni sul processo breve proposte dal Pdl devono sparire dal tavolo per ipotizzare un dialogo sulla giustizia. «Abbiamo proposto un pacchetto di riforme sul quale siamo pronti a dare il nostro voto domani mattina -ha detto il segretario del Pd a margine della Direzione del partito-. Abbiamo bisogno di fare alcune riforme, anche della giustizia. Se si potesse discutere, siamo a disposizione. Ma non su norme che sono inaccettabili. L’invito è a ritirare quelle norme. Partiamo dalle esigenze dei cittadini, da un afficientamento della giustizia. Su queste riforme, noi ci siamo».
L’uscita di Rutelli dal Pd è un fatto «doloroso» una defezione che non viene «sottovalutata» e il partito non cambierà il proprio «progetto originario». Pier Luigi Bersani, secondo quanto viene riferito da uno dei partecipanti alla direzione, avrebbe iniziato il proprio intervento dedicando alcune parole all’ex leader della Margherita che ha scelto di abbandonare il Pd. Bersani, inoltre, avrebbe sottolineato che per reagire all’abbandono di Rutelli di alcuni altri esponenti democratici è necessario «dare una risposta politica».



Riforme, Fini frena: la maggioranza non può riscrivere le regole da sola .
Appello del presidente della Camera a Pdl e Lega: "Le scelte siano condivise" .

Rassegna stampa - La Stampa.it, 16 novembre 2009.

Resta alta la temperatura sul tema delle riforme (soprattutto quella della giustizia) non soltanto tra maggioranza e opposizione, ma anche all’interno del Pdl, con Fini che chiede regole condivise ma si scontro con l'offensiva dei "falchi" del Pdl.
Le grandi riforme istituzionali devono essere condivise, e non scritte a piacimento della singola maggioranza che si trova a governare, afferma il presidente della Camera, intervenendo alla seduta straordinaria del consiglio comunale di Prato. «Sarebbe certamente un momento difficile, per il nostro Paese - ha spiegato - quello in cui dovesse affermarsi il principio che, in una democrazia dell’alternanza, ogni maggioranza modifica a proprio piacimento quelle che sono le regole del vivere civile, le regole che devono impegnare tutti gli italiani». Secondo Fini infatti «riscrivere le regole deve necessariamente comportare l’impegno ad una riscrittura che sia quanto più possibile condivisa, perché le regole riguardano tutti, e le istituzioni della Repubblica sono le istituzioni di ogni italiano».
Il presidente della Camera ha quindi sottolineato che «è proprio la nostra Costituzione a indicare con chiarezza le modalità attraverso le quali è possibile modificarla: è certamente possibile farlo avvalendosi di maggioranze ordinarie, ma in quel caso si è sottoposti all’esame dell’unico soggetto che in democrazia è sovrano, il corpo elettorale. L’esperienza recente deve insegnare a tutti che, se vogliamo riforme condivise in grado di gettare solide basi di credibilità delle istituzioni per il prossimo futuro, non ci si deve stancare di cercare il confronto ed evidenziare positivamente quello che può unire, mettendo da parte o in secondo piano tutto quello che può dividere». In un ambito più ampio, di riforme strutturali, il presidente della Camera ha comunque auspicato un sentimento di condivisione e confronto civile, perché «il Paese non può continuare a dilaniarsi come in una perenne campagna elettorale».
Quando si parla di immigrazione «non vi può essere integrazione senza legalità», ha poi ribadito Fini. «Ci si integra solo se si è disposti a vivere in condizioni di rispetto della legalità», ha aggiunto Fini: «Se è doveroso da parte dell’Italia - ha proseguito - rispettare la cultura di origine e l’identità delle donne e degli uomini che vengono a partecipare, con il loro lavoro, alla crescita della nostra società, dobbiamo anche chiedere loro di rispettare le nostre leggi, parlare la nostra lingua, mandare i loro figli nelle nostre scuole, fare proprio il valore della dignità della persona che è alla base della nostra cultura». Secondo il presidente della Camera infatti «non si possono reclamare solo diritti, senza essere pronti ad adempiere ad altrettanti precisi doveri. Integrazione non può significare chiudere gli occhi di fronte ad autentiche enclave dove non si rispettano le leggi e i diritti, non si parla la lingua italiana, e non si chiede l’integrazione. Serve quindi l’impegno delle istituzioni, della politica e dei cittadini - ha concluso Fini - per rendere possibile un nuovo patto di cittadinanza».



Da parte del governo il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, detta la linea: «Non è intendimento del governo procedere spontaneamente alla riproposizione del cosiddetto lodo Alfano con legge costituzionale. Coloro che hanno a cuore il bene del Paese possono farlo, noi non abbiamo nulla in contrario e lo valutiamo con favore. Dell’utilità di quella legge ci si accorge nuovamente oggi, era molto equilibrata». Sul fronte del Pdl un nuovo attacco al presidente della Camera viene però dal direttore del "Giornale", Vittorio Feltri: «La magistratura è un partito, ed è ovvio che Berlusconi se ne difenda con il suo partito, il Pdl. Peccato che alcuni alleati del Cavaliere non abbiano capito il concetto o facciano orecchie da mercante. I finiani si sono scoperti formalisti e adoratori delle norme, pur di non dare una mano al premier». Netta la replica di Italo Bocchino, vicepresidente vicario del gruppo Pdl alla Camera: «I falchi berlusconiani devono farla finita di parlare di complotto contro Berlusconi. Basta con le "ghedinate" da prendere o lasciare. Il premier deve guardarsi da quei suoi consiglieri che lo hanno portato in un vicolo cieco. Procediamo con la riforma costituzionale del lodo Alfano e del ripristino dell’immunità parlamentare; così come è oggi, il processo breve è destinato a sbattere contro il muro dell’incostituzionalità».



A Bocchino replica il coordinatore nazionale Pdl, Sandro Bondi: «Trovo quanto meno indelicato, nonchè inaccettabile, il neologismo che chiama in causa una persona di rare qualità morali e professionali, a cui tutti dovremmo essere grati per l’impegno che svolge». Dall’opposizione la presidente del Pd, Rosy Bindi, afferma: «Noi siamo disponibili a dialogare per una riforma della giustizia che interessi tutti gli italiani e tutti i cittadini». Sullo stesso concetto insiste Marina Sereni, vicepresidente del Pd: «Perchè non si fa una riforma della giustizia in Italia? Perchè quello che interessa a questa maggioranza e a questo governo non è rendere efficiente la macchina dei processi per tutti i cittadini, ma soltanto salvare Berlusconi». Per l’Italia dei valori, il capogruppo alla Camera, Massimo Donadi, sottolinea: «Diciamo no al lodo Alfano mascherato, fatto con legge costituzionale. Non passerà questo ennesimo tentativo di salvare Berlusconi, sempre sulla pelle dei più elementari principi di giustizia e uguaglianza davanti alla legge. Il governo sta costringendo il Parlamento e la politica a occuparsi solo dei processi del premier, mentre il Paese annaspa a causa di una crisi economica drammatica».
Condividi su Facebook

«Alla pari»

Lupus in pagina.
Rosso Malpelo
di Gianni Gennari
«Lo spirito di Zac» si fa radici? Servono coerenza e pluralismo...
Rassegna stampa - Avvenire, 15 novembre 2009.

Leggo ieri ('Sole 24Ore', p.14 e 'L’Unità' p.10) che commemorando a Ravenna Benigno Zaccagnini il neo segretario del Pd Pierluigi Bersani ha detto: «Voglio mettere il suo spirito nelle radici del nuovo partito». Ne sono felice, ricordando che Zaccagnini non nascose mai la sua coscienza libera di cattolico adulto e non rinunciò mai a proporre i giudizi morali conseguenti anche su divorzio e aborto. In Parlamento la sua Dc fu contro la legge Fortuna e la 194, approvate a maggioranza, ma accettò democraticamente l’esito del voto senza pretendere dagli alleati di governo e neppure da tutti i suoi parlamentari un voto unico, e poi nei referendum accettò l’esito del voto popolare, sapendo bene che soprattutto la 194 era legge di mediazione, non consacrava un diritto d’aborto, e da molti era giudicata opinabilmente «male minore» rispetto all’aborto di massa clandestino e selvaggio, un discorso allora duro e difficile, per il mondo cattolico. Andò così. Ecco: se il nuovo Pd avrà il coraggio di coerenza nel rispetto di tutti, e nei punti che impegnano la coscienza cristiana e cattolica non farà scelte univocamente e ufficialmente opposte, ma rispetterà fino in fondo lo spirito pluralista che ne ispira le radici, garantendo a credenti coerenti e incoerenti, atei, agnostici, in ricerca o meno libertà «alla pari» di seguire la loro coscienza, allora anche «lo spirito di Zac» potrà essere evocato tra «le radici del nuovo partito». Altrimenti le parole volano, e quello «spirito», utilizzato a sorpresa in una commemorazione, finisce lì e resta sotto terra: brutto segno, con inevitabili conseguenze per il futuro.
http://insiemeperbrembio.blogspot.com/2009/11/alla-pari.html

Un Meazza così non si era mai visto

Non ci hanno fatto neri.
Festa del rugby per gli All Blacks: l’Italia orgogliosa di perdere 20-6.

Rassegna stampa - Avvenire, Cesare Monetti, 15 novembre 2009.

Un Meazza così non si era mai visto, nero e azzurro in campo ma questa volta l’Inter poco c’entra.
Inedito è notare la totale assenza di poliziotti, l’inno nazionale cantato a viva voce dal tenore Dennis Dallan che vanta 42 presenze in nazionale e tanti scudetti vinti a Treviso, i pali a forma di 'acca' al posto delle porte, nessun insulto all’arbitro. Un seducente spettacolo, un bell’effetto, un sogno che si è avverato per i puristi del rugby abituati al massimo ai 20mila posti del Flaminio durante il Sei Nazioni. Il 20-6 finale non inganni, l’Italia ha giocato una grande partita, in particolare con la mischia dove non si è mai fatta sottomettere dai neozelandesi, quasi sorpresi da tanta determinazione.
San Siro esplode già al 4’ quando il nostro mediano d’apertura Gower piazza l’ovale tra i pali ed il sogno di battere gli All Blacks sembra possa divenire realtà. È tripudio, poco importa come finirà, noi abbiamo aperto lo spettacolo. Poi arrivano in partita loro, gli All Blacks, con i tatuaggi maori e la pelle ambrata. Con la palla in mano sembra suonino musica jazz, impasto di culture e ritmo, una base fissa e via ad inserire improvvisazioni individuali seguite da un collettivo. Così come nessun brano jazz è uguale, nessuna partita degli All Blacks ha una medesima ripetizione. A parte l’eccezionalità dell’evento, di questo match rimarrà il ricordo del nostro pacchetto di mischia che ha prevalso sia in mischia chiusa, nei raggruppamenti spontanei e anche nelle rimesse laterali.
Sublimi i nostri piloni, Martin Castrogiovanni ed il beneventano Totò Perugini che nulla hanno da invidiare ai colleghi maori. Giocare nei campionati inglesi e francesi, di qualità decisamente superiore al nostro, ha i suoi vantaggi.
Castrogiovanni esce tra gli applausi e con il diploma ufficiale di 'man of the match', il migliore della partita. Nessun errore o strafalcione particolare, è palese la sicurezza degli azzurri in ogni reparto, così alla fine incassiamo una sola meta, al 32’ del primo tempo, per opera del tallonatore Flynn sul filo della touche. Mai era accaduto contro i tutti neri nelle precedenti undici sfide di farli passare una sola volta. Avremmo potuto e meritato di segnare nel finale se l’arbitro avesse accordato per i nostri una meta tecnica. Allo stremo delle forze e chiusa in difesa la mischia neozelandese commette ripetuti falli 'tattici' facendo crollare la mischia. In genere dopo quattro o cinque di queste furbizie gli arbitri assegnano una 'meta tecnica' ma ieri il direttore di gara non ha preso questa decisione. Nel rugby l’operato dell’arbitro non viene mai criticato, ma il nostro ct Nick Mallett è duro nel commento: «Non abbiamo ancora considerazione internazionale, sono molto deluso per quanto accaduto.
L’arbitro ha i visto i falli, ha anche espulso il loro pilone e poi hanno continuato.
Fossero stati gli All Blacks in attacco e noi a commettere falli in difesa ci avrebbero penalizzato senza esitazione». Abbiamo prevalso con la Nuova Zelanda che ci ha rispettato: «Hanno rinunciato a giocare la palla e hanno calciato molto, questo perché ci temevano» ha continuato Nick Mallett. L’Italia finisce la partita dominando ed in attacco e questo rimarrà indelebile: «A giugno in Nuova Zelanda avevamo già fatto una gran partita, e oggi, con i brividi già nel riscaldamento per la magica atmosfera in questo stadio, fissiamo un vero punto di partenza per una nostra ulteriore crescita». Sabato prossimo ad Udine arrivano gli Springboks, i campioni del mondo sudafricani. Meno affascinanti degli All Blacks ma senza dubbio la squadra più forte del pianeta.
Condividi su Facebook

Parlaci ancora, Luna

Ciò che la Nasa ha scoperto e i poeti già sapevano.
Hai l’acqua addosso, Luna antichissima ragazza.

Rassegna stampa - Avvenire, Davide Rondoni, 14 novembre 2009.

Parlaci ancora, Luna. Di quel che sappiamo e che non sappiamo. Luna di Omero sospesa sui campi prima dei grandi scontri guerrieri, di Dante in viaggio, di Ariosto rapito. Luna di Leopardi che sa certo a « qual suo dolce amore rida la primavera » ... Parlaci ancora dai radar che ti analizzano e sondano. Parlaci dal tuo silenzio.
Mandaci ancora segnali dalle scoperte entusiasmanti: nei tuoi cunicoli serbi il segreto della vita, l’acqua. Luna evidente, sempre esibita nei cieli e però sempre segreta. Antichissima ragazza.
Parlaci ancora di quel che non sappiamo e che pure confidiamo a te da sempre, luna odiata e amata da Marinetti, da Majakovskij… Luna degli artisti, dei cuori solitari o innamorati. Luna dei viaggiatori sperduti nei boschi. Parlaci della vita. Del suo mistero e della sua biologica effusione. Parlaci di noi dai luoghi più lontani del nostro cielo. Da quel cielo che ti trattiene e ti offre a noi.
C’è acqua, ghiaccio, dicono dalla Nasa. La scienza progredisce. Svela.
E c’è chi pensava e ancora pensa che la scienza procedendo tra i segreti svelati, metta a tacere via via il mistero dell’esistenza. Invece no, solo i babbei lo pensano. Solo quelli che non hanno più occhi, né cuore, né ragione. Ancora lei, la Luna, da più di quarant’anni raggiunta, sondata, percorsa dalla febbrile curiosità umana, ci parla svelando e comunicando nuovo mistero. C’è l’acqua. Cambia tutto, dicono. E contemporaneamente aumenta il mistero. Non solo intorno ad altre cose possibili, ad altre notizie, alle nuove implicazioni. Cresce il senso del mistero intorno alla vita, alla sua presenza. Parlaci ancora, Luna.
Proprio ora, mentre siamo giustamente preoccupati di tante cose quaggiù. Ad esempio del fatto che l’acqua, sì proprio l’acqua che tu custodisci nei tuoi crateri, qua manca in troppi luoghi. Parlaci ancora, facci rialzare la testa, mentre ci preoccupiamo a volte ingiustamente di giardinetti di potere e orticelli di interessi personali. La notizia corre il mondo: c’è l’acqua sulla luna. Non è più una ragazza bella e sterile. Non è più la deserta e irraggiungibile, la fredda e impassibile ragazza dei cieli lontani.
No, ha acqua addosso, nelle pieghe delle mani, nelle rughe del sorriso degli occhi. Ha vita. anche lei ce ne parla. Non più solo con la lingua dei poeti. Ma anche con la lingua degli scienziati. Come sempre la poesia arriva prima. Da sempre ci si rivolgeva a lei come a una presenza viva, e ora la analisi degli scienziati confermano lo sguardo dei poeti. E quello che sembrava un miraggio o una cosa da mezzi matti, si rivela un punto precisissimo di svolta nello studio scientifico dell’universo.
Parlaci ancora, Luna. Parlaci della vita, del mistero stupefacente.
Poteva non esserci nell’universo. E invece c’è. Ci siamo, e la vita ci parla da altri luoghi. Così la mente si riempie di stupori, di domande. Ci saranno scienziati bravi e scrupolosi che ci spiegheranno le curiosità. Ma lo stupore resterà e sarà sempre più grande. Ancora una volta ci hai sorpresi, Luna. In un tempo in cui è perfino troppo facile guardare il mondo e avvilirsi, e sentire il peso del vivere, ancora una volta ci regali l’ammirazione, la vera benzina della ragione e del sentire. Perché senza ammirazione per la vita si vive male. E tu, ragazza dei cuori che ammirano, sei venuta, sei ancora una volta entrata in scena, passando per mille cannocchiali, mille video, mille radar. Ora di fronte ai nostri occhi che tremano, ci ricordi che punto sperduto siamo nell’universo, e però che punto privilegiato: visitato dalla vita, cosciente e commosso del proprio mistero.
Condividi su Facebook

Né reazioni né smentite alle accuse di «Report»

L'inchiesta di «Report» su Berlusconi: "60 milioni nella banca del riciclaggio". I risparmi della famiglia del premier depositati all'istituto svizzero "Arner" già nel mirino della Procura di Milano. Il Pd attacca: governo faccia chiarezza.
Rassegna stampa - La Stampa.it, 16 novembre 2009.

Sarebbe di circa 60 milioni di euro la somma complessiva depositata sui conti della famiglia Berlusconi in Banca Arner Italia, l’istituto al centro di un’indagine per riciclaggio della Procura di Milano. È quanto indica la ricostruzione andata in onda ieri sera durante la puntata di Report, in onda su Rai Tre, dedicata al caso, sulla filiale milanese della banca, fondata nel ’94, e che ha sede a Lugano.
Durante la trasmissione si è ritornati a parlare dei conti della Holding Italiana seconda, ottava e quinta, amministrate da Marina e Pier Silvio Berlusconi «con circa 50 milioni» e del conto numero 1, intestato al presidente del Consiglio, «con più di 10 milioni di euro». Oltre a ciò Report ha parlato, citando un’ispezione di Bankitalia, della «impossibilità di accertare i beneficiari economici di alcune società che hanno il conto alla Arner Italia». Tra queste la Flat Point Development Limited di Antigua, società che sta costruendo ville nell’isola caraibica. Tra gli acquirenti, secondo quanto ricostruito, ci sarebbe anche Silvio Berlusconi «che, a maggio 2008, trasferisce 3 milioni e 367 mila euro».
I futuri proprietari di queste ville avrebbero inviato i soldi all’ufficio di Torino della Flat Point la quale avrebbe depositato «ad Arner Milano che a sua volta invia i soldi ad Arner Lugano». Inoltre nella trasmissione condotta da Milena Gabanelli, l’inchiesta giornalistica di Paolo Mondani, ha legato, sempre citando il rapporto di Bankitalia, ad Arner Italia il nome di due società lussemburghesi, la "155 Sa" e "Karfira Holding Sa", società anonime che controllano due società italiane amministrate dalla famiglia dell’avvocato Giovanni Acampora, (condannato definitivamente per le vicende Imi-Sir e Lodo Mondadori) che hanno un immobile a Roma, il Grande Hotel Via Veneto aperto lo scorso aprile. Secondo Report «la Banca d’Italia avrebbe puntato l’attenzione su alcune operazioni finanziarie attorno all’albergo, non sarebbero chiari i reali proprietari dell’hotel e il perchè di alcuni bonifici milionari».
Mentre sul fronte-Berlusconi non arrivano reazioni né smentite alle accuse di "Report", scende in campo il Pd. «Il governo faccia chiarezza al più presto su quanto denunciato da organi di informazione sui presunti rapporti tra la famiglia Berlusconi e la Banca Arner in Svizzera», chiede la senatrice del Pd Maura Leddi annunciando un’interrogazione parlamentare al Ministro dell’Economia. «Chiediamo di sapere - dice la senatrice - se corrisponda al vero che la famiglia Berlusconi abbia quattro conti correnti per sessanta milioni di euro presso la Banca Arner; e se altri politici o membri del governo abbiano conti correnti aperti presso questo istituto bancario». «Se ciò fosse vero - osserva Maura Leddi - non solo saremmo di fronte ad una vicenda grave poiché la Banca Arner è stata commissariata dalla Banca d’Italia per gravi irregolarità, ma chiediamo al ministro se non ritenga opportuno aprire un’indagine per chiarire se e in quale misura questa vicenda possa coinvolgere esponenti del governo». «Se si tratta invece di notizie infondate il governo faccia al più presto una smentita pubblica» conclude la senatrice democratica.
Condividi su Facebook

Un fiume in piena

Il processo Dell'Utri è l'incubo di Berlusconi.
Il Cavaliere tentato dalle urne: «Vinco anche senza Gianfranco».

Rassegna stampa - La Stampa, Amedeo La Mattina, 16 novembre 2009.

Negli ultimi giorni Berlusconi parla poco, anzi niente, in pubblico, ma nelle conversazioni private è sempre un fiume in piena. E ieri a uno dei suoi interlocutori ha segnalato gli articoli dell’Unità dedicati a un pentito di mafia Gaspare Spatuzza, che accusa Dell’Utri e chiama in causa il premier come nuovi referenti politici di Cosa Nostra nel ‘93 al termine della sanguinosa campagna stragista a Roma, Firenze e Milano.
Il timore del Cavaliere è che da Palermo gli arrivi un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa. Il passaggio cruciale sarà la data della testimonianza di Spatuzza nel processo di secondo grado contro Dell’Utri, già condannato a nove anni in primo grado. Poi ci sono altri due fronti aperti: quello della procura di Caltanisetta, che indaga sugli attentati a Falcone e Borsellini nel ‘92: e l’inchiesta di Firenze sui mandanti esterni delle stragi del ‘93. A tutto questo si aggiunge l’inchiesta milanese sull’Arnerbank (oggetto della puntata di ieri sera di «Report») che i procuratori milanesi sospettano sia una sorta di lavanderia per il denaro sporco che arriva fino a Marina e Piersilvio Berlusconi. Sull’Arnerbank poi hanno messo gli occhi anche i pm di Palermo Scarpinato e Ingroia che si occupano di riciclaggio di soldi della mafia.
Insomma, altro che la continua guerriglia di Gianfranco Fini: oltre ai processo Mills e Mediaset, ad agitare veramente i sonni di Berlusconi sono le incredibili bombe atomiche giudiziarie, che potrebbero essere sganciate su Palazzo Chigi per devastare la credibilità del premier. Al quale, se arrivasse da una di queste procure un avviso di garanzia, non resterebbe che la strada delle elezioni anticipate per dire al Paese: ecco il «fango» che monta e che vuole destabilizzare un premier eletto dal popolo. «Così non si può governare: o mi legittimate o così non si può andare avanti».
Intanto, Berlusconi ha l’impellenza dei processi in corso (Mills e Mediaset, appunto) per i quali ha bisogno dell’approvazione del ddl sul processo breve. Ma il suo sospetto è che il provvedimento, una volta arrivato sul tavolo del capo dello Stato, possa finire sugli scogli dell’incostituzionalità. Basteranno le modifiche alle quali sta lavorando il ministro della Giustizia Angelino Alfano? Oppure si sta ripetendo il gioco al quale il premier ha assistito con il Lodo Alfano che è stato modificato per rispondere ai desiderata del Quirinale? Fini adesso suggerisce di affiancare al ddl sul processo breve la via costituzionale del Lodo Alfano, come ha suggerito Casini, e l’immunità di stampo europeo.
Ma come «precondizione» la terza carica dello Stato chiede lo stanziamento di risorse per gli operatori della giustizia, perché solo così si possono evitare i tempi biblici dei processi. Ma Berlusconi ha il sospetto che stia scattando una trappola ai suoi danni. Consapevole che si tratta di diversivi, perchè la strada del doppio binario di Fini è ostruita dall’opposizione del Pd a ogni forma di dialogo. Allora, basta chiacchiere. Il cavaliere vuole capire se alla fine, in Parlamento, a spingere veramente per approvare questo benedetto ddl è tutta la maggioranza o ci sarà chi rema contro. Il suo silenzio pubblico, dicono fonti berlusconiane, è dovuta all’attesa di capire come si dispongono le forze in campo già al Senato.
Inutile dire che le dichiarazioni fatte ieri da Fini «In mezz’ora» di Lucia Annunziata gli hanno fatto suonare tanti campanelli d’allarme. A cominciare da quella frase con la quale l’ex leader di An ha scongiurato le elezioni anticipate che sarebbero la fine non solo della legislatura, ma anche del Pdl. «E chi lo ha detto? Il Pdl può vivere e vincere le elezioni anche senza Fini». Ecco, il silenzio di Berlusconi promette tempesta nella maggioranza. Se poi dovesse arrivare una brutta notizia da Palermo la guerra sarà totale.

L'ex leader di An: Parlare di golpe è delirante.
"Nessun complotto anti-Berlusconi".
Fini dice "no" al voto anticipato: «Sarebbe un fallimento del Pdl»
Rassegna stampa - La Stampa.it, 15 novembre 2009.

«Le elezioni anticipate sarebbero il fallimento della legislatura, ma anche del Pdl» che rappresenta «il fatto nuovo di questa legislatura di cui Silvio Berlusconi può a buon diritto menar vanto». Il presidente della Camera Gianfranco Fini mette così fine alle voci, sempre più insistenti nei palazzi del potere, di un ritorno alle urne in tempi brevi. «Questa legislatura - spiega Fini alla trasmissione tv "In mezz’ora" condotta da Lucia Annunziata - è nata con una maggioranza molto ampia, insieme alla Lega, per Berlusconi. Si tratterebbe di spiegare agli italiani che con una maggioranza tanto alta non si riesce a governare; le spiegazioni a volte convincono, altre no. E poi questa legislatura nasce con un grande fatto politico di cui Berlusconi può menar vanto, la nascita del Pdl». Dunque, Fini non pensa che le elezioni anticipate «possano essere evocate, a meno che non ci si convinca della bizzarra teoria del complotto» che lui respinge con forza. «In ogni caso - aggiunge - a Costituzione vigente nessuno può sciogliere le Camere se non il Capo dello Stato». Il co-fondatore del Pdl, infatti, non ci sta a passare per un «complottista» («siamo al delirio...») per le sue posizioni anche sulla giustizia. «Se avessi voluto esercitare una leadership personale - avverte - mi sarei tenuto stretto un partito al 13%. Io invece credo nel Pdl», ribadisce, invitando a superare le vecchie logiche e ad accantonare il «clima parossistico» che si respira nel partito. Un’operazione per la quale, sostiene, un nuovo congresso «mi sembra una non soluzione. Un partito del 35-40% ha il dovere di guardare al di là del contingente. Dare fastidio se chiedo ciò, non toglie niente alla mia serenita». E allora, sottolinea, non si tratta «di formare un nuovo partito, archiviare il Pdl o avere in testa un complotto: chi lo pensa - afferma - non ha capito niente». Per questo, invita, Silvio Berlusconi a dire la sua: «Se ha qualcosa di rilevante da dire lo faccia; e magari lo faccia in Parlamento». Fini poi, dopo aver auspicato che un’eventuale ripristino dell’immunità di cui si parla in questi giorni non si trasformi in «immunità», chiede l’apertura di un confronto sul lodo costituzionale: anche con il Pd. E questo perchè, è il ragionamento di Fini, «se c’è la volontà di risolvere il cortocircuito attuale, senza garantire a Berlusconi l’impunità, nessuno può pensare di abbatterlo per via giudiziarià». E il lodo Alfano per via costituzionale? Per Fini può benissimo essere portato avanti dal Parlamento insieme al ddl per i processi brevi. «L’una cosa non esclude l’altra», sostiene, ricordando che il provvedimento che fissa in sei anni la durata dei processi «non deve destare scandalo» dal momento che l’Unione Europea ha condannato più volte l’Italia per i suoi ritardi. E dal momento che un conto è garantire alle più alte cariche dello Stato di poter governare affrontando eventuali processi alla fine del mandato. Altro è assicurare ai cittadini «il diritto di vedersi riconosciuto il torto o la ragione in tempi rapidi». Le due cose, assicura Fini, possono «marciare di pari passo». La «condizione preliminare» per un suo via libera al ddl per i processi brevi, comunque, è che «ci sia anche uno stanziamento in Finanziaria per il settore giustizia, affinchè gli uffici giudiziari possano celebrare davvero in tempi rapidi i processi. Senza fondi adeguati, insiste, il ddl sarà difficilmente applicabile».
Condividi su Facebook

Campestre: la corsa che affascina piccini e grandi

Al centro sportivo la 1ª prova (campestre) Campionato Lodigiano.



Organizzata dal CSI con la collaborazione del Comune di Brembio, la 1ª prova della campestre ha avuto il suo svolgimento questa domenica, 15 Novembre al Centro Sportivo di Brembio. Fin dalla prima mattina il Centro è stato preso d’assalto da gruppi sportivi provenienti da diverse parti come Milano, Melegnano, Tavazzano, Lodi, Castiglione d’Adda, Turano, Codogno, Capralba e da diversi altri paesi per partecipare a questa campestre di metà Novembre. Accompagnati dai genitori, primi tifosi, bambini, ragazzi e ragazze, rigorosamente in tenuta da corsa con i colori della società, che agli ordini dell’allenatore si riscaldavano provando il terreno e ascoltando gli ultimi suggerimenti per poi gareggiare un contro l’altro nelle diverse categorie. Voglia di correre, di arrivare tra i primi e di sentirsi dire: hai corso bene, sei stato bravo; anche se il piazzamento non è stato dei migliori. E all’arrivo, ansimanti, fare crocchio con gli amici per i tempi mentre un genitore dietro le spalle ti urla, copriti che fa freddo, mettiti la felpa. E il pensiero va già ai prossimi allenamenti e alla gara che verrà. Voglia di correre! Così è stato fino ai più grandi, i Seniores. Gente di una certa età che oramai non corre più per la medaglia, ma perché la passione è nell’animo e non ti lascia; se non siano le forze o gli acciacchi che te lo impediscono. Li vedi che corrono sul tracciato, sfiorano il percorso vita, delimitano il perimetro del campo percorrendolo e passano vicino alle case, dove gli amici urlano e incoraggiano: dai, dai, forza! Chi va spedito e chi trotterella al suo passo conscio delle proprie possibilità; una sola importante, quella di arrivare al traguardo. E nell’umidità di metà Novembre, una mattinata di vero sport con 175 partecipanti che rende felici gli organizzatori del CSI; che rende felici i vincitori, ragazzi e ragazze fino agli allievi.






Desiderio Lizzori.
Condividi su Facebook

Ciclista positivo al test dell'etilometro, bici sequestrata

Scontro fra auto e bici sulla provinciale 141: nei guai il ciclista che pedalava ubriaco.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 16 novembre 2009.

Auto e bici si urtano, i carabinieri denunciano il ciclista per guida in stato d’ebbrezza. Venerdì sera intorno alle 20 si è verificato un incidente di lieve entità lungo la strada provinciale 141 che collega Brembio alla frazione casalese Zorlesco. Secondo una prima ricostruzione dei fatti la Fiat Punto di un brembiese avrebbe sfiorato leggermente con uno specchietto il braccio del 65enne E.B. residente nella Bassa Lodigiana. Tutto è avvenuto mentre quest’ultimo transitava a zig zag per la stessa strada a bordo della sua bicicletta. Inutile l’intervento di un’ambulanza della Croce casalese dato che il ciclista ha rifiutato di essere visitato. Annullato anche il trasporto in ospedale per accertamenti. La centrale operativa dei carabinieri di Codogno ha inviato sul posto una pattuglia da Casalpusterlengo. All’arrivo delle forze dell’ordine e nonostante non fosse ferito, il 65enne si è dimostrato in evidente stato di alterazione psicofisica. Quindi i carabinieri di Casalpusterlengo hanno richiesto a entrambi conducenti di sottoporsi alla prova dell’etilometro. Eseguito l’alcol test il conducente dell’utilitaria è risultato sobrio. Poi la sorpresa: al contrario di ciò che accade generalmente questa volta è stato il ciclista a finire dei guai dato che risultava avere nel sangue 2,50 grammi litro di alcol e quindi un valore cinque volte superiore a quello consentito per i conducenti di un qualsiasi mezzo di trasporto. A quel punto i militari lo hanno denunciato per guida in stato d’ebbrezza sequestrandogli anche la bicicicletta. L’uomo non ha avuto alcun tipo di decurtazione sulla patente di guida semplicemente perché non la possiede.
Condividi su Facebook

Guerini verso il Pirellone

Martina rieletto segretario regionale davanti a 400 delegati; Rosy Bindi attacca Formigoni: «Governatore da 20 anni, è ora di cambiare». Il congresso Pd lancia la corsa di Guerini. «Lodi il punto di partenza per conquistare anche il Pirellone».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Matteo Brunello, 16 novembre 2009.

«La scelta di Lodi per questa assemblea è un messaggio d’incoraggiamento forte, in vista dell’appuntamento elettorale di primavera in città. E mi auguro che da qui il centro sinistra possa ripartire per tornare ad essere esperienza di governo anche in regione». Con queste parole il sindaco di Lodi, Lorenzo Guerini apre l’assemblea lombarda del Pd, che è stata celebrata sabato mattina nel capoluogo e lo ha incoronato presidente dell’assise. Un discorso che fa da preludio alla campagna per le comunali di marzo, sfida decisiva anche per gli equilibri politici lombardi, insieme al rinnovo amministrativo di Lecco e Mantova. E un sostegno diretto è arrivato dal segretario regionale, Maurizio Martina. «Lodi è l’emblema della buona cultura di governo», dice. Per questo ha auspicato uno sforzo di tutto il Partito democratico per le elezioni di primavera. Di fronte ai 400 delegati, riuniti al cinema Fanfulla di viale Pavia, che sono stati chiamati ad eleggere i nuovi organismi dirigenti (la direzione lombarda, i garanti, il tesoriere, commissione statuto e sindaci), è stato confermato segretario Martina. «Nel congresso ci siamo confrontati senza reticenze, non ci siamo chiusi ma arricchiti reciprocamente con una larga discussione - spiega - e abbiamo vinto la sfida della partecipazione con 350mila persone che hanno votato alle primarie in regione, per questo devo dire che da questo appuntamento usciamo più forti e determinati». E ha invitato ad una riscossa civile nel Paese, «per dare risposta ad una afasia civica e insofferenza sociale». Subito è entrato poi nel merito delle prossime elezioni regionali. «In Lombardia è tempo di cambiare», segnala. E ha attaccato la gestione del Pirellone sui temi del trasporto ferroviario, della lotta all’inquinamento, della mancanza di politiche per la famiglia e delle risposte alla crisi. Nel corso dell’assise è stato anche eletto presidente dell’assemblea regionale Pd, Lorenzo Guerini. Che ha criticato il governo Formigoni: «È un sistema di potere che mostra tutte le crepe che ha. Quella esperienza deve terminare, non sta facendo bene alla regione». Tra gli ospiti in sala anche il segretario provinciale Idv, Giambattista Pera, e il vice coordinatore regionale Udc, Rinaldo Pizzocri. Grande attesa infine per il discorso del presidente nazionale del Partito democratico, Rosy Bindi, che è stata accolta da un lungo applauso dai delegati. «Il congresso e le primarie sono state una straordinaria occasione di partecipazione vera - sostiene - non è stato un appuntamento organizzato per contarci, ma per raccogliere la sfida della destra che governa il Paese». Tutto questo - ha continuato - in una situazione di estrema «gravità» per l’Italia, con «una crisi democratica e un’emergenza economica e sociale». Infine anche attaccato sulle prossime elezioni regionali in Lombardia: «Abbiamo un solo precedente di ventennio in questo paese, quindi forse è arrivato il momento di riuscire a sfidare anche l’imperatore lombardo, non soltanto quello nazionale. La sfida è tutt’altro che impossibile».

Per la segreteria la sfida si gioca tra Ferrari e Soldati.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 16 novembre 2009.

Oggi si conosceranno i nomi dei candidati alla segreteria provinciale del Pd. Ormai la partita si gioca tutta tra Mauro Soldati, ex assessore provinciale e l’ex vicesindaco di Casale, Roberto Ferrari. Due “bersaniani” di ferro che a quanto pare godono del sostegno di una larga parte dei “franceschiniani” e anche di coloro che si sono schierati per la mozione Marino. I militanti che hanno fatto il tifo per Franceschini hanno evitato di proporre un proprio candidato poiché sul territorio lodigiano la maggioranza degli elettori si è espressa a favore dell’ex ministro piacentino. Allo stesso tempo, si tenta di raggiungere un’ “investitura” il più possibile unitaria. Nel caso in cui nessuno dei duellanti si ritirasse, allora si dovrebbero per forza indire le primarie.
Condividi su Facebook

Lodigiano provincia di serie B per colpa dei sindaci

I sindaci si sveglino, non basta difendere la “raspadura”.
Rassegna stampa - Il Cittadino, rubrica Lettere & Opinioni, 16 novembre 2009.

Caro direttore, leggo sul mensile «Tutto treno» di novembre, in un articolo che parla delle novità del prossimo orario che entrerà in vigore il prossimo 13 dicembre, che oltre al potenziamento dei treni Frecciarossa sulla tratta Milano - Roma - Napoli sulla linea ad Alta Velocità, verrà introdotto un treno Eurostar Milano - Roma, instradato fino a Bologna sulla linea tradizionale, con fermate a Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena, la mattina presto e uno che rientra a Milano la sera tardi con le stesse fermate.
Ancora una volta Lodi viene bellamente ignorata, per Trenitalia il Lodigiano non esiste.
In questo periodo molti parlano dell’entrata in vigore, finalmente, della linea Suburbana S1 Lodi - Saronno, anche se in ritardo di due anni e, comunque solo nelle ore di fascia morbida; si parla dei nuovi Regio Express Piacenza - Milano con fermate fino a Lodi e poi via diretti verso il capoluogo lombardo: tutto giusto, tutto bello. Ma siamo sempre lì, Lodi viene sempre considerata quasi un sobborgo di Milano: una piccola provincia che ruota solo ed esclusivamente attorno alla metropoli lombarda.
Possibile che non ci possa essere un treno, dico uno, che porti quotidianamente nella capitale senza dover per forza andare a Milano o a Piacenza? Non esiste solo il traffico dei passeggeri pendolari. Perché questo nuovo treno non ferma anche a Lodi? Trenitalia lo sa o no che Lodi è capoluogo di provincia dal 1992? Gli amministratori del capoluogo e quelli nuovi provinciali non hanno nulla da dire? Non è forse vero che il territorio acquista importanza anche attraverso un trasporto pubblico di qualità e quantità? Non sarebbe un valore aggiunto anche per l’economia? Vogliamo rimanere una provincia di serie B? Avanti di questo passo rischieremo anche la retrocessione!
A cosa è servita l’accettazione della perpetua ferita del passaggio dell’Alta Velocità sul territorio lodigiano? La metropolitana leggera per Milano? Tutto qui? Mi sembra francamente poco, il classico piatto di lenticchie. Se esiste l’Alta Velocità Milano - Bologna è anche grazie a quei sindaci e amministrazioni locali del territorio che hanno accettato, certo dopo lunghe trattative, il passaggio della ferrovia e non si sono messi di traverso come stanno facendo in altre parti d’Italia! Ogni tanto bisognerebbe ricordarlo ai dirigenti di Trenitalia!
Sarebbe ora che le istituzioni locali facessero sentire la propria voce, con forza e prepotenza, per garantire alla città di Lodi e a tutto il Lodigiano un trasporto ferroviario degno di questo nome: non bisogna accontentarsi delle briciole, bisogna puntare in alto. La linea suburbana va bene, e i treni a media e lunga percorrenza? Trenitalia si deve sedere ad un tavolo istituzionale e garantire per Lodi (e non solo: vedi Casale e Codogno) un certo numero di treni che non siano solo i soliti Regionali: l’Italia non finisce a Milano né a Piacenza o a Parma. Lodi e il Lodigiano meritano di più, ma i primi a crederci devono essere i nostri amministratori comunali e provinciali, o forse hanno in mente solo la valorizzazione della raspadura e delle mele cotogne?
Pierpaolo Anelli - Lodi
Condividi su Facebook