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domenica 19 luglio 2009

Critiche al codice Calderoli

Sempre su ItaliaOggi di venerdì 17 un articolo di Francesco Cerisano riporta le prime critiche al Codice delle autonomie, comprese quelle di Legautonomie di cui si parla nell’intervista a Calderoli pubblicata in un precedente post.
Da Uncem e Legautonomie prime critiche al ddl Calderoli.
Rassegna stampa.

Dalle comunità montane si alza, com’era prevedibile, la levata di scudi sul codice delle autonomie. Il presidente dell’Uncem, Enrico Borghi, non usa mezzi termini e definisce il ddl Calderoli «un disegno di legge giacobino e mercatista, che espropria la sovranità dei piccoli comuni e svuota i luoghi della democrazia rappresentativa». Borghi contesta non solo l’eliminazione tout court delle comunità montane e dei bacini imbriferi montani, ma soprattutto le norme del disegno di legge che, a suo dire, «minano l’autonomia e la rappresentanza democratica dei piccoli comuni». «Come si può pensare di trasferire alla burocrazia di un ente intermedio precario come l’Unione dei comuni materie che oggi sono il cuore dell’azione di una municipalità democraticamente eletta?», si domanda il presidente dell’Uncem. «Urbanistica, edilizia pubblica e privata, viabilità, istruzione, non risponderanno più ai sindaci e ai consigli comunali eletti dai cittadini, ma a una fantomatica Unione dei comuni priva di autonomia statutaria e addirittura con un presidente a rotazione». L’Uncem boccia anche la misura che elimina le giunte nei comuni sotto i 1.000 abitanti e dimezza i consigli comunali sotto i 3.000 abitanti. «Questo testo», prosegue il presidente dell’Uncem, «è la chiara espressione di una concezione della democrazia sempre meno partecipata e sempre più concentrata nelle mani di pochi».
La riduzione di giunte e consigli non piace neppure a Legautonomie. «Non è così che si affronta il tema dell’abbattimento dei costi della politica, su cui in altre parti invece il disegno di legge Calderoli è alquanto timido», ha dichiarato il presidente di Legautonomie, Oriano Giovanelli. «Allo stesso modo», prosegue, «non è condivisibile la soppressione degli organi di decentramento comunale che andrebbero invece riformati e valorizzati in funzione della partecipazione». Legautonomie boccia anche l’abolizione delle funzioni catastali, tra quelle fondamentali dei comuni. Secondo l’associazione questa sarebbe una contraddizione con la legge delega sul federalismo fiscale che individua negli immobili la base imponibile principale dei comuni.

Carta delle autonomie. Il ruolo delle regioni

Rassegna stampa domenicale. Un articolo di Giuseppe Rambaudi su ItaliaOggi di venerdì 17 luglio sottolinea come, dai consorzi alla razionalizzazione delle province, i governatori avranno voce in capitolo su tutto.
Carta delle autonomie, regioni in campo.
Dovranno assegnare le funzioni degli organismi soppressi.

Una delle novità di maggiore rilievo della proposta di semplificazione e razionalizzazione dell’ordinamento locale e di redazione della carta delle autonomie è l’assegnazione alle regioni di compiti importantissimi nell’assetto dei poteri locali. Tali poteri spaziano dalla regolamentazione concreta delle forme di gestione associata e di ripartizione delle funzioni tra i comuni e le province, allo svolgimento di un ruolo essenziale nella eliminazione e/o razionalizzazione delle strutture intermedie, quali comunità montane, consorzi, ecc. Occorre ricordare che, sulla base delle disposizioni contenute nella legge sul federalismo fiscale, alle regioni sono inoltre attribuiti compiti non meno importanti in materia di finanziamento della attività dei comuni e delle province. Il legislatore ipotizza che tutti questi compiti siano di programmazione e di legislazione, ma l’esperienza concreta ci dice che fino ad oggi le regioni hanno esercitato soprattutto poteri gestionali e amministrativi; il che è più che sufficiente per ritenere ampiamente giustificata la forte preoccupazione che serpeggia tra gli amministratori dei comuni e delle province.
Le regioni sono chiamate a individuare le dimensioni ottimali per l’esercizio da parte dei comuni di quelle funzioni fondamentali che non possono essere esercitate singolarmente dai municipi che hanno meno di 3.000 abitanti. Viene inoltre previsto che le regioni possano decidere di assegnare ai comuni funzioni che la legge attribuisce alle province e viceversa. L’esercizio concreto di tale compito è subordinato alla preventiva concertazione con gli enti locali ed è accompagnato dall’obbligo di soppressione di tutti gli strumenti, ivi comprese le eventuali società, precedentemente utilizzati dall’ente titolare della funzione sulla base della previsione legislativa. Lo spostamento della competenza alla gestione diventerà efficace, disposizione di salvaguardia quanto mai opportuna, a partire dal momento in cui saranno trasferite anche le risorse umane e quelle finanziarie necessarie. Come si vede, siamo dinanzi ad un compito assai rilevante ed importante, che consegna alle regioni un effettivo e concreto potere per ciò che riguarda l’assetto dei poteri e delle competenze della autonomie locali.
La legislazione regionale dovrà inoltre, ma in questo caso non sono assegnati specifici termini, allocare le funzioni amministrative tra gli enti locali. Il che, fermo restando il ricorso al metodo della concertazione con i comuni e le province, andrà fatto sia per quelle attribuite dallo Stato che per quelle trasferite dalla stessa regione. In tale ambito le regioni dovranno realizzare le forme di razionalizzazione, semplificazione e contenimento dei costi possibili ed a tal fine potranno prevedere ulteriori misure per l’associazionismo tra gli enti locali, ivi comprese quello tra province.
Le regioni dovranno razionalizzare, anche attraverso fusioni e soppressioni, gli enti parco naturali, eventualmente trasferendo ai comuni ed alle province i compiti che tali organismi attualmente svolgono e regolando i rapporti giuridici, ivi compresi quelli relativi al personale, in caso di soppressione. il mancato esercizio entro 1 anno di tale potere da parte delle regioni determinerà come conseguenza automatica la soppressione degli enti parco. Analogamente le regioni sono chiamate alla razionalizzazione dei consorzi di bonifica e si stabilisce, anche in questo caso, che il mancato esercizio di questa attribuzione entro 1 anno determini la soppressione degli stessi e l’assegnazione da parte delle regioni delle competenze attualmente svolte da tali organismi agli enti locali. Ed ancora si dispone la chiusura degli ambiti territoriali ottimali, prevedendo anche in questo caso l’assegnazione agli enti locali delle funzioni dagli stessi svolte e dei relativi rapporti giuridici.
Da ricordare, e siamo in un ambito strettamente collegato, che le regioni saranno destinatarie delle risorse per la montagna oggi trasferite alle comunità montane, nonché della assegnazione agli altri enti locali delle funzioni attualmente gestite da tale livello istituzionale: la proposta prevede infatti la soppressione delle comunità montane e di quelle isolane. Analogamente, a seguito della chiusura di tutti i consorzi tra gli enti locali, tranne quelli che esercitano compiti gestionali sulla base del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, e dei bacini imbriferi montani, le regioni sono chiamate a ripartire i loro compiti tra i comuni e le province e diventano destinatarie dei sovracanoni dovuti per gli impianti idroelettrici. Il mancato esercizio da parte delle regioni di tutti i poteri ad esse attribuite in tema di razionalizzazione e soppressione di organismi pubblici è sanzionato con l’esercizio del potere sostitutivo da parte dello stato. Ed infine il testo prevede che le regioni sono chiamate ad esprimere il proprio parere sulle proposte di riduzione del numero delle province.

Calderoli e la “riforma delle riforme”

Rassegna stampa domenicale. Da QN di ieri, 18 luglio, riprendiamo un’intervista di Flavia Baldi al ministro Roberto Calderoli.
Autonomie, pronti alla battaglia
«Le lobby non passeranno»

La legge sulla sicurezza è stata promulgata. Il Codice delle autonomie ha avuto il primo sì del consiglio dei ministri. Umberto Bossi però tace, Roberto Maroni ringrazia Napolitano. Dalla Lega non si levano proclami di vittoria. Eppure il Codice è, spiega Roberto Calderoli. «la seconda faccia del federalismo fiscale», «la riforma delle riforme». Il ministro della Semplificazione normativa è contento, ma il tono è quello che ormai il Carroccio si è scelto: basso, come per non suscitare reazioni nelle file amiche contro questo movimento che si è fatto partito riformista.
Ministro Calderoli, avete cambiato pelle?
«Una cosa è parlare nelle piazze, alle manifestazioni. Un’altra è lavorare per mantenere le promesse fatte agli elettori. E se lavori tenendo i toni bassi, magari trovi più collaborazione, anche dove forse non speravi».
Magari nell’opposizione?
«Beh, stendere il Codice delle autonomie è stato un lavoro molto lungo e complesso. Era atteso da tre legislature, cioè dalla riforma del titolo V della Costituzione. Serve a fissare le funzioni delle Autonomie locali, a stabilire chi fa che cosa».
Chi ha avuto tra i suoi interlocutori?
«Prima di mettermi a scrivere qualunque cosa, affrontando un argomento così complesso, ho avuto molti interlocutori. Il governatore della Regione Lombardia, ma anche Vasco Errani, Leonardo Domenici che era presidente dell’Anci, Sergio Chiamparino. I loro segretari generali».
Un lavoro complicato che però ha già suscitato proteste, come quella delle comunità montane.
«Sarà una battaglia enorme, lo sappiamo. Per applicare il Codice, che farà fare grandi risparmi allo Stato e aumenterà la funzionalità degli Enti per i cittadini, dovremo lottare contro grandi interessi, rappresentati da lobbies e associazioni. Lì vedremo davvero il nostro coraggio, la forza del nostro governo».
La Legautonomie parla di «demolizione della democrazia partecipativa».
«Guardi, dopo avere definito le funzioni di Comuni, Province e Regioni, abbiamo censito tutti gli enti intermedi, che sono oltre 30mila, tutti con un presidente e un consiglio di amministrazione e i relativi costi. Le comunità montane? Toccherà alle Regioni, non più allo Stato, decidere dove ci saranno comunità montane. Magari è strano che ci siano a livello del mare. E che in Regioni come la Campania abbiano il problema di come pagare il personale».
Quali sono i tempi previsti perché il Codice compia tutto il suo iter?
«All’inizio dell’anno prossimo, spero».
Il Capo dello Stato ha promulgato la legge sulla sicurezza, esprimendo però delle riserve. Siete seccati?
«L’importante, per noi, è che la legge sia stata promulgata. Il presidente ha dato dei segnali che esprimono la sua sensibilità. Ne terremo conto».
Alla ripresa d’autunno si prevedono grandi difficoltà per le piccole imprese, vostro bacino elettorale.
«Il decreto anticrisi interviene proprio per dare risposte anche a questo importante settore dell’economia. Se poi lei allude ai problemi dati dalla restrizione del credito, beh, penso che presto le banche “spintaneamente”, per usare un neologismo caro a Tremonti, cambieranno atteggiamento».

Corte Tibet

I nostri beni culturali.
Brembio da salvare.

Nel nostro viaggio tra i beni architettonici di Brembio che la Regione Lombardia ha inserito nel suo catalogo dei beni culturali presenti nel territorio regionale, una attività di documentazione e di catalogazione quella regionale avviata da oltre due decenni e che è confluita nel Sistema Informativo Regionale dei Beni Culturali, abbiamo finora evidenziato la Cascina Via Monte Grappa 1, la Casa Giuseppina ed il complesso dell'ex Convento delle Orsoline. La Regione Lombardia ha affidato all'Università degli Studi di Pavia, Dipartimento di Scienze storiche e geografiche "Carlo M. Cipolla", lo studio e lo sviluppo del portale unico regionale dei beni culturali dal quale sono tratti tutti i dati che compaiono in questo post.
La scheda di oggi riguarda la Corte Tibet.

Il complesso della Corte Tibet, un tempo fuori da centro abitato ed isolato (l'indirizzo era Strada Comunale del Palazzo, 51), oggi è integrata nel centro urbano in Via XX Settembre, dopo la costruzione di una palazzina e villette in prossimità. La Corte Tibet è classificata nella tipologia generale "architettura rurale", nello specifico "cascina".
La sua configurazione strutturale è così descritta: edificio organizzato attorno ad una corte quadrata perfetta, con due emergenze attestate sul fronte nord in cui si apre il passo carraio principale; solai a struttura portante a putrelle di ferro, composizione mista in latero-cemento, murature in elevazione in laterizio, copertura a falde su capriate lignee e manto in coppi.
Epoca di costruzione: post 1723 - ante 1887.
L'uso attuale e quello storico dell'intero bene è sempre stato abitazione. Condizione giuridica: proprietà privata.

La scheda da cui sono tratti i dati è stata compilata da Daniele Garnerone (2001), il funzionario responsabile è Elisabetta Susani.