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mercoledì 9 dicembre 2009

Università? Senza soldi nisba

L’istituto veronese aveva garantito cospicui fondi a Felissari e Guerini, la giunta di Pietro Foroni adesso vuole vederci chiaro. I 18 milioni per l’università, un mistero. La Provincia: «Dove sono i finanziamenti promessi dal Banco?».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Alberto Belloni, 9 dicembre 2009.

L’università a Lodi nel 2012? Bellissimo: ma servono i soldi del Banco Popolare, altrimenti si rischia seriamente di non farne più nulla. A fare emergere l’allarme sono stati Pietro Foroni e Cristiano Devecchi, presidente e assessore al bilancio della Provincia di Lodi, che nell’ultima seduta di consiglio hanno ricordato come a carico di palazzo San Cristoforo e del comune di Lodi, in ossequio agli impegni sottoscritti a suo tempo da Lino Osvaldo Felissari e dal sindaco Lorenzo Guerini, gravino parecchi degli 80 milioni di euro necessari al completamento del polo universitario e della ricerca di cascina Codazza. Quanti milioni? Circa 18, secondo Foroni, che ha sottolineato come delle fonti di finanziamento promesse prima del terzo accordo di programma «a oggi non si sia visto nulla». Il riferimento è al “memorandum” con il quale, all’epoca della fusione tra Lodi e Verona, il nuovo Banco aveva assicurato come la neonata Fondazione della Banca Popolare di Lodi avrebbe accompagnato economicamente la nascita del polo; senza fare cifre, per inciso, ma promettendo agli enti locali “una frazione significativa” delle risorse disponibili. Subentrata alla guida della provincia a terzo accordo di programma già definito, però, la giunta Foroni, adesso vuole garanzie. Stante le precarie condizioni finanziarie in cui versano tutti gli enti locali, infatti, senza copertura da parte della Fondazione difficilmente palazzo San Cristoforo potrà contribuire al trasferimento completo della facoltà di Medicina veterinaria e dei dipartimenti biotecnologici della facoltà di agraria a Lodi; mentre impegnarsi in un mutuo, come ipotizzato in un recente incontro “esplorativo” con il vice presidente del Banco Popolare, Dino Piero Giarda, rischierebbe di paralizzare qualsiasi altro investimento, costringendo palazzo San Cristoforo a tirarsi fuori a malincuore. Duccio Castellotti, presidente della Fondazione della Banca Popolare di Lodi, tranquillizza però le istituzioni lodigiane: «Gli impegni sottoscritti non sono mai stati messi in discussione - spiega -. Occorre solo definire le modalità tecnico-finanziarie, nonché la sostenibilità dell’impegno da parte della Fondazione. Abbiamo già avuto un incontro con la provincia, il comune e la banca e ci siamo lasciati chiedendo agli enti di illustrarci le loro necessità: per noi è uno sforzo importantissimo, di portata innovativa, ma anche un impegno che per statuto non può che essere pianificato anno per anno, al massimo su base biennale». Anche l’ex presidente della provincia, Lino Osvaldo Felissari, ha espresso al consiglio il proprio auspicio affinché i vertici della nuova banca rispettino gli impegni assunti; un’eventualità che Lorenzo Guerini considera scontata: «Non è in discussione il “se”, ma il “come” - conferma il primo cittadino di Lodi -. Per dare concretezza all’impegno siamo in fase di definizione degli strumenti di finanziamento, analizzati sulla base di approfondimenti sulle nostre esigenze e limiti, per il bilancio, e su quelli della Fondazione per lo statuto. Ma i patti convenuti sono quelli». Al piano di finanziamento, ricorda Guerini, provvederà la costituenda Società di trasformazione urbana; ma l’impressione è che anche a palazzo Broletto, sui soldi, si aspetti una copertura molto vicina al 100 per cento.

Caorso papabile per una nuova centrale nucleare

I nuovi impianti avranno una potenza minima di 1.600 megawatt. L’onorevole Gibelli: «È terrorismo, i siti li sceglierà il governo».
«Nucleare, Caorso nei piani dell’Enel». Rivelazione dei Verdi, l’azienda smentisce, il sindaco è furioso.

Rassegna stampa - Il Cittadino, Carlo Catena, 9 dicembre 2009.



C’è anche Caorso nell’elenco dei siti idonei a ospitare le nuove centrali nucleari diffuso ieri dal presidente della Federazione dei Verdi, l'ex parlamentare romano Angelo Bonelli, che assicura di aver preso la lista da un dossier recentemente consegnato da Enel al ministro delle Attività produttive Claudio Scajola. Caorso, che ospita una centrale nucleare spenta dal referendum del 1986 e attualmente in fase di “decommissioning“ (smantellamento), è in buona compagnia con Montalto di Castro (Viterbo), Borgo Sabotino (Latina), Garigliano (Caserta), Trino Vercellese (Vercelli), Oristano, Palma (Agrigento) e Monfalcone (Gorizia). Enel però dopo alcune ore ha smentito di aver inviato alcun dossier al governo e ha precisato in una nota: «I siti saranno individuati solo successivamente all'individuazione da parte dell’esecutivo e dell'Agenzia per la sicurezza nucleare dei criteri per la localizzazione». Bonelli però ha subito replicato ricordando che domenica sera in tv su La 7 l’ad di Enel Fulvio Conti aveva affermato «personalmente i siti li ho già in testa».
«Sono i giochetti di certi ambientalisti - commenta il parlamentare lodigiano Andrea Gibelli (Lega nord, ndr), presidente della commissione Attività produttive della Camera -, i criteri per l’individuazione delle centrali seguono un iter che non stabilisce localizzazioni puntuali ma macroaree ad esclusione: a una centrale nucleare servono approvvigionamento idrico e rete di distribuzione, perché sono impianti che non possono essere spenti in breve tempo e devono poter distribuire la loro energia. E proprio per questa loro caratteristica di continuità servono al fabbisogno di base delle Nazioni. Utilizzando uranio, disponibile in 100 Paesi, svincolano anche dalla dipendenza dai combustibili fossili. Tornando ai criteri, il governo, per una questione di costi, e non tecnica, ha inserito anche la sismicità. Non prestiamoci a chi vuole fare terrorismo dimenticando tutte le centrali di seconda generazione che circondano l’Italia e dalle quali acquistiamo elettricità. Le nostre centrali saranno di terza, un milione di volte più sicure, e su questi impianti vigilano organismi sovranazionali».
Sorpreso dall’elenco anche il sindaco di Caorso Fabio Callori: «La mappatura era attesa per febbraio, apprenderla dalla stampa, e in questo modo, è grave. Scriverò direttamente al ministro Scajola per chiarire se si tratta di un atto ufficiale o meno». Il sindaco, che è nato e cresciuto a Caorso e sostiene che la sua amministrazione comunale «a oggi è sulla linea del no a una nuova centrale», e che comunque «l’iter governativo prevede referendum tra la popolazione locale», ritiene che un impianto in Pianura padana possa essere escluso «sia per la densità di popolazione, sia per la diminuzione di portata del Po, che è anche molto vicino al sito di Caorso, a favore di altre localizzazioni, ad esempio vicino al mare. Anche perché per le nuove centrali si parla di gruppi da 1.600 megawatt l’uno». Il vecchio “Arturo” ne produceva appena la metà, cioè la stessa potenza della centrale in costruzione a Turano-Bertonico. Enel nel suo sito ufficiale ricorda che le centrali nucleari non producono gas serra.

Caorso. Un altro treno radioattivo partito per la Francia

Da trasferire 190 tonnellate di combustibile e 270 di materiali contaminati: dopo i trattamenti, torneranno in Italia. Altri due treni di scorie sono andati in Francia. Il trasporto, il quattordicesimo, nel cuore della notte tra domenica e lunedì.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 9 dicembre 2009.

Nella notte tra domenica e lunedì altri due treni carichi di barre di combustibile nucleare (uranio arricchito) hanno lasciato la centrale di Caorso in direzione della Francia. Destinazione, Le Hague, in Normandia, dove dovrebbe essere effettuato il riprocessamento del combustibile, in totale 1.032 barre che secondo i piani di Sogin entro il 2010 dovrebbero essere rimosse dalla centrale piacentina, separata dal Lodigiano solamente dal Po. Si tratta del quattordicesimo carico di combustibile partito da Caorso. I convogli non sono transitati per il Lodigiano ma per Piacenza e l’Oltrepò Pavese.
A occuparsi delle barre di combustibile, per le quali in Italia, a causa delle proteste della popolazione, non è mai stato individuato un sito di stoccaggio finale, è la società francese Areva, sulla base di un contratto firmato nel 2007, pochi mesi prima della partenza del primo carico da Caorso, che prevede il trasporto, il trattamento e il condizionamento del combustibile nucleare esaurito delle ex centrali di Caorso (190 tonnellate), Trino (32) e Garigliano (13). Il trattamento punta a separare quella parte del combustibile già irraggiato che abbia ancora un valore commerciale, che rimarrà in carico ad Areva, mentre la restante parte (definita “rifiuto finale” nel contratto) dovrà rientrare in Italia non oltre il 31 dicembre 2025. A Le Hague esiste anche un sito di stoccaggio delle scorie delle centrali nucleari francesi, circa 50, che nel 2006 aveva suscitato le polemiche di Greenpeace per la contaminazione delle acque di falda, con un livello medio di radioattività di 750 bequerels/litro contro i 100 previsti dalla normativa europea per l’acqua potabile. Sempre da Caorso, altre 270 tonnellate di rifiuti “a bassa attività” sono in partenza per la Svezia, in base a un contratto da 6,6 milioni di euro siglato in estate tra Sogin e Studsvik. Anche questo materiale, dopo il trattamento, dovrà tornare in Italia.

Il numero zero di Fatti e Parole

Un esperimento di informazione online.




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Sarà un giornale serale, nel senso che sarà messo online dopo le diciotto.
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