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mercoledì 29 luglio 2009

Sorgenia realizzerà il secondo biodigestore di Brembio

Sempre Cristina Vercellone su Il Cittadino di oggi ci dice che entro marzo 2010 sarà terminato l’impianto da 800 megawatt di Bertonico.
Sorgenia: «Una delle tre turbine è già arrivata, nell’accordo con Coldiretti due biodigestori per i liquami».
Centrale, prime prove di accensione.
Rassegna stampa.

Bertonico - Entro marzo del 2010 le prime prove di accensione. La centrale di Bertonico e Turano, contestata nei mesi scorsi dal territorio, è in dirittura d’arrivo. Sono terminate, infatti, le opere civili, è già arrivata una delle tre turbine e sono in fase di completamento anche le opere di urbanizzazione collaterali sull’area dell’ex Gulf, svolte per la maggior parte dalla Geos di Casale. Il momento di massima attività del cantiere sarà tra ottobre e dicembre: in quei mesi lavoreranno contemporaneamente 700 persone, contro le 400 attuali. È ormai completato anche il metanodotto da circa 6 chilometri e mezzo di lunghezza che porterà il gas alla centrale, mentre è in fase di realizzazione la stazione elettrica da parte di Terna per evacuare la potenza elettrica dall’impianto. L’avvio commerciale è previsto per agosto del prossimo anno. Intanto, però, Sorgenia ha stretto un accordo con la Coldiretti, già prevista nella convenzione deliberata con la giunta Felissari, per la realizzazione di due impianti che effettueranno biodigestione dei liquami da un megawatt ciascuno, da realizzare a Bertonico e Brembio. Gli agricoltori potranno conferire le deiezioni animali attualmente in eccesso rispetto alla legge regionale che limita lo spargimento di nitrati nei campi. I liquami, circa 70 mila metri cubi all’anno per ciascun impianto, verranno trasformati in energia e restituiti agli agricoltori, privi di nitrati per essere sparsi sulle coltivazioni. Il direttore della produzione Alberto Bigi è soddisfatto: «Intorno ad agosto del 2010 ci sarà l’avvio commerciale dell’impianto - spiega il dirigente di Sorgenia -, ma le prime prove di accensione saranno già nei primi mesi del 2010, credo entro marzo. Attualmente sono state terminate la gran parte delle opere civili, in pratica le fondazioni in cemento delle strutture principali. È in corso il montaggio meccanico, compreso quello delle due caldaie a recupero e del condensatore ad aria. Sono quasi pronti anche gli edifici principali, come la sala macchine per la collocazione delle due turbine a gas e della turbina a vapore da circa 270 megawatt ciascuna. Una di queste ultime è già posizionata, mentre le altre due saranno collocate entro settembre». Attualmente lavorano, contemporaneamente, nell’area dell’ex raffineria 400 lavoratori. «Una buona parte, poco meno della metà - annota Bigi - provengono dal Lodigiano e lodigiane sono in buona parte anche le imprese impegnate nel cantiere». Per costruire una centrale di questa portata occorrono circa 2 milioni di ore di lavoro. «Abbiamo appaltato, intanto, per 10 milioni, tutte le opere di urbanizzazione collaterale sull’area di oltre un milione di metri quadri dell’ex Gulf - spiega ancora il dirigente -: infrastrutture stradali, fognature, impianti di depurazione. In pratica saremo in grado di offrire calore ed energia a costi competitivi, molla per l’insediamento di attività produttive. Questi elementi sono stati menzionati anche nella convenzione firmata con la giunta provinciale precedente e che andrà rivista con l’amministrazione attuale».
Per quanto riguarda il monitoraggio della qualità dell’aria, il primo luglio Sorgenia ha firmato una convenzione con Arpa che si prenderà in carico il monitoraggio della qualità dell’aria attraverso la rete di centraline installate dalla società e in funzione dalla fine di febbraio. «A essere monitorati - spiega Bigi - saranno gli ossidi di azoto e di carbonio, oltre alle polveri sottili: pm 10 e 2,5. Una centrale a gas naturale come la nostra, però non produce polveri. Si ipotizza, invece, una produzione inferiore ai 30 milligrammi al metro cubo di Nox e Co decisamente bassa grazie alla migliore tecnologia disponibile che consente, già in fase di combustione, di mantenere minimi i livelli di emissione. In ogni caso avremo un anno di monitoraggio degli inquinanti, a centrale spenta, per fare la differenza, come prevede la normativa, su quanto prodotto durante l’attività effettiva. Avviato l’impianto, in modo assolutamente trasparente, chiunque potrà valutare le eventuali differenze nella qualità dell’aria».

Trovarsi lo zerbino di Milano

Foroni: «Un no alla discarica, ma anche a un inceneritore»
Rassegna stampa - Cristina Vercellone su Il Cittadino di oggi.

L’ombra di un inceneritore nel Lodigiano. A provocarla è Massimo Buscemi, assessore regionale allo sviluppo sostenibile, nella lettera di contestazione del piano rifiuti provinciale. «Si rileva - commenta l’assessore nel fax inviato il 17 luglio all’amministrazione provinciale e protocollato il 22 dello stesso mese - la totale assenza di pianificazione di impianti di recupero energetico da rifiuti speciali». L’ipotesi però, al neoeletto presidente provinciale Pietro Foroni non è piaciuta, anche se nelle controdeduzioni inviate allo stesso assessore non se ne fa cenno. «Non l’abbiamo citato - precisa il presidente - perché per noi un inceneritore è fuori discussione. Sarebbe assolutamente antieconomico per la provincia di Lodi. L’abbiamo fatto presente anche venerdì quando siamo andati in Regione. Noi siamo autosufficienti per quanto riguarda i rifiuti. Se avessimo bisogno di più spazio, per i rifiuti urbani è previsto l’ampliamento della discarica di Cavenago, mentre per la frazione umida, quello che abbiamo in mente e che era già previsto dalla precedente amministrazione provinciale, è la trasformazione dell’impianto di compostaggio di Terranova in un biodigestore. L’abbiamo già detto. Il Lodigiano non esporta rifiuti, ma li importa, l’inceneritore è assolutamente antieconomico, impensabile. E poi le due tecnologie, il biodigestore e il termovalorizzatore, si escludono. Quindi, oltre a ribadire la nostra contrarietà alla discarica di Senna diciamo no anche a questo impianto. Anzi, non abbiamo aspettato la diffida che è l’atto successivo al commissariamento, abbiamo voluto mandare subito le nostre controdeduzioni. L’ottica è di collaborazione, ma non ci facciamo mettere i piedi in testa da nessuno».
Critico anche l’ex assessore all’ambiente Antonio Bagnaschi: «Si fa la pianificazione dei rifiuti - commenta - a seconda delle proprie necessità. Quando noi l’abbiamo fatta, non abbiamo pensato a Expo 2015, per intenderci. Se il problema è recuperare energia non se ne parla. L’Ato stava ragionando, insieme ai sindaci, su un impianto di essicazione dei fanghi. Buscemi dice che non è previsto dalla Provincia, non è assolutamente vero».

Assunzioni elettriche

Cristina Vercellone su Il Cittadino di oggi ci dice che le aziende elettriche nel Lodigiano assumono.
Trenta occupati nel settore dell’energia La Cisl: «Bene, la Provincia deve vigilare».
Rassegna stampa.

Una novantina di nuovi lavoratori per il Lodigiano. Almeno una trentina entro l’anno. A esprimere soddisfazione è la Cisl provinciale. «In questi giorni - spiegano il segretario generale Mario Uccellini e il rappresentante della Flaei Cisl nazionale Carlo Meazzi - si sono aperti una serie di confronti che hanno viste protagoniste le aziende elettriche presenti nel Lodigiano. Dopo una determinata pressione effettuata dalla Cisl e dalla Flaei si sono raggiunti importanti intese che dovranno essere formalizzate nei prossimi mesi».
Per quanto riguarda Sorgenia si avvieranno le assunzioni di almeno 20 lavoratori che opereranno all’interno della centrale di Bertonico. «Gli operatori - spiegano i rappresentanti sindacali - saranno formati per poter condurre l’impianto termoelettrico. Saranno selezionati, in particolare, periti meccanici, elettrici ed elettronici. Per candidarsi, occorre presentare domanda di assunzione tramite internet (www.sorgenia.it), entro settembre. Nei prossimi giorni si aprirà il confronto sindacale per determinare l’organico di riferimento. Abbiamo chiesto al presidente della Provincia di portare il nostro contributo alla nuova stesura dell’accordo territoriale. La realizzazione di confronti congiunti (politici, imprenditori e sindacati) è l’occasione per impostare un metodo condiviso e proiettato alla massima trasparenza, nella difesa degli interessi della collettività». A centrale conclusa, Sorgenia parla anche di assunzioni nell’area servizi: «Oltre ai 20 operatori che lavoreranno a tempo indeterminato all’interno dell’impianto, saranno selezionati prioritariamente tra i lodigiani e avranno l’applicazione del contratto degli elettrici - spiega il direttore del settore produzione di Sorgenia Alberto Bigi -, ci sarà anche un indotto di circa 30 persone esterne per l’area manutenzione e servizi, dalla pulizia alla guardiania. Anche in questo caso sarà data priorità alle imprese locali. Abbiamo un accordo con le organizzazioni sindacali. Queste ultime, infatti, sono fisicamente presenti in cantiere. Esiste un’area dedicata, che consente loro di presenziare alle attività, dare assistenza a chi è impegnato nel cantiere e monitorare gli aspetti relativi alla sicurezza».
Notizie positive sul fronte occupazionale arrivano anche dalla centrale di Tavazzano. «Dopo varie sollecitazioni - spiega la Cisl - E.On ha iniziato finalmente ad avviare una politica di turn over prevedendo l’inserimento di almeno 5 nuove unità entro l’anno e almeno 40 nei prossimi 3 o 4 anni. Anche in questo caso si ricercano periti meccanici, elettrici ed elettronici. Occorre presentare la domanda di assunzione tramite internet (www.eon.com) entro settembre. L’azienda ha formalizzato l’intenzione di aderire alla richiesta del presidente della Provincia di aprire un tavolo territoriale per comprendere gli sviluppi industriali legati all’impianto di Tavazzano e Montanaso». Sempre nell’ambito del settore energetico i sindacati hanno ottenuto l’assunzione da parte di Enel entro i prossimi 12 mesi di 600 lavoratori, 40 di questi in Lombardia e alcuni nel Lodigiano. «L’importante - commenta Uccellini - è che, poco o tanto, nel Lodigiano si torni ad assumere. Si tratta di opportunità che vanno colte. Per quanto riguarda la centrale di Bertonico e l’area ex Gulf da urbanizzare diamoci da fare perché le industrie che arriveranno portino occupazione e non si tratti di logistica, per intenderci. Anche per quanto riguarda l’autorizzazione ministeriale per il gruppo 9 di Tavazzano, non aspettiamo che E.On decida da sola cosa fare, facciamolo insieme. Il mondo politico e amministrativo devono diventare protagonisti di quello che accade. Non dobbiamo arrivare in ritardo o aspettare che facciano scelte che poi non condividiamo come hanno fatto a Brescia con l’inceneritore».

Mangia sano mangia italiano

Matteo Brunello, dopo la scoperta dei Nas di ieri, ci informa su Il Cittadino di oggi che la Coldiretti rilancia l’allarme e chiede a gran voce al ministro Zaia di introdurre subito l’etichettatura di origine.
Formaggio avariato destinato al Lodigiano.
Operazione “Cibo sicuro”: maxi sequestro dei carabinieri del Nas.
Rassegna stampa.

Prodotti avariati e formaggi realizzati con sostanze non ammesse che potevano finire sulle nostre tavole. È quanto scoperto dai Carabinieri del Nas (Nucleo antisofisticazioni), che hanno sequestrato una gran quantità di merce nell’ambito dell’operazione “Cibo sicuro”, fra le province di Milano, Cremona, Brescia, Genova, Treviso e Udine, sulla scorta delle proteste partite anche dalla provincia di Lodi. Al centro dei controlli anche due caseifici ubicati a nord della provincia di Milano, dove sono state trovate tre tonnellate e mezzo di mozzarelle in cattivo stato di conservazione, oltre a 2,7 tonnellate di sostante illegali da usare nella lavorazione del formaggio. In particolare la cellulosa microcristallina, il biossido di titanio che è un colorante e il latte in polvere. Come confermato dagli stessi Nas del gruppo tutela salute di Milano, «è verosimile che tali prodotti fossero destinati anche al Lodigiano». L’intervento ha portato complessivamente al sequestro di 900 tonnellate di prodotti alimentari e alla denuncia di decine di persone tra Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli, Liguria ed Emilia Romagna. Tra i casi scoperti nel Milanese, parecchi riguardano l’adulterazione di formaggi a pasta filata. In particolare, una grande quantità di grana dall’origine sconosciuta, marcia e lavata dalla muffa con le pulitrici industriali per pavimenti, oppure dai prodotti lattiero caseari scaduti che stavano per essere riciclati per fare altri formaggi.
«Quanto scoperto dai Nas - commenta la Coldiretti di Milano e Lodi - conferma la necessità di avere l’indicazione d’origine dei prodotti e la completa tracciabilità delle materie prime utilizzate, come abbiamo detto anche la settimana scorsa durante la mobilitazione che ha visto migliaia di allevatori al Brennero e davanti ad alcune aziende di trasformazione». Nel corso del blitz i militari dell’Arma, oltre ad aver posto sotto sequestro i prodotti, hanno anche denunciato diverse persone. E la scoperta ha riaperto il discorso sulla genuinità dei nostri prodotti. «Siamo di fronte a un quadro desolante - spiega Carlo Franciosi, presidente della Coldiretti di Milano e Lodi - peggiore anche di quello che immaginavamo. Non si può più aspettare. L’annunciato provvedimento del ministro sull’etichettatura d’origine è più urgente che mai per salvate la salute dei consumatori e per difendere le aziende agricole che puntano su qualità e controlli igienico sanitari ma che devono poi affrontare la concorrenza sleale di chi specula con sottoprodotti e sostanze chimiche».
E sullo stesso fronte, gli fa eco Enzo Pagliano, direttore Coldiretti di Milano e Lodi: «Noi abbiamo denunciato che una mozzarella su due è straniera e una su quattro viene fatta con cagliate estere, ma qui viene fuori che addirittura si usano sostanze chimiche per uno dei prodotti di punta del nostro Made in Italy. È un danno per i nostri allevatori, oltre a una truffa e un rischio per la salute dei consumatori».

Il complesso della Cascina Morona

I nostri beni culturali.
Brembio da salvare.

Tra i beni storico-architettonici di Brembio che la Regione Lombardia ha inserito nel suo catalogo dei beni culturali presenti nel territorio regionale, abbiamo finora evidenziato la Cascina di Via Monte Grappa 1, la Casa Giuseppina, il complesso dell'ex Convento delle Orsoline, la Corte Tibet, il complesso della Cascina Castello ed il complesso della Cascina Eustacca. Tutti questi beni e quelli che presenteremo in seguito sono inclusi nel Repertorio dei beni storico – architettonici dei comuni della Provincia di Lodi, allegato al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, approvato con delibera di Consiglio Provinciale n. 30 del 18 luglio 2005.
Oggi è la volta del complesso della Cascina Morona.


La cascina è sita in Via Vittorio Veneto, 27. È catalogata, come le altre cascine , nella tipologia generale "architettura rurale" e in quella specifica "cascina".
La sua configurazione strutturale è così descritta: aggregazione complessa e seriale di edifici a destinazione diversa, distribuiti ortogonalmente attorno ad una corte maggiore, centrale, e a corti minori, destinate alle attività aziendali ed alla vita di corte. Strutture portanti in elevazione e tamponamenti a muratura di laterizio, solai a struttura mista latero-cemento con travature in ferro e componenti in legno (queste ultime esclusive per gli edifici più vecchi), coperture su capriate lignee e manto di finitura in coppi sulla maggior parte dei corpi di fabbrica. Silos cremaschi in cemento armato.
Epoca di costruzione: ante 1723.
Uso attuale: casa padronale: abitazione; case dei salariati: abitazione; caseificio, granaio, deposito e laboratori: deposito; intero bene: abitazione/ corte rurale dismessa; stalla delle lattifere: fienile/ rimessa. L'uso storico: casa padronale: abitazione; case dei salariati: abitazione; caseificio, granaio, deposito e laboratori: attività agricola; intero bene: abitazione/ attività agricola-zootecnica; stalla delle lattifere: stalla dei bovini.
La sua condizione giuridica è proprietà privata.


La scheda da cui sono tratti i dati è stata compilata da Daniele Garnerone (2001), il funzionario responsabile è Elisabetta Susani.

Ma Milano vuol crescere

La panacea mattone.
Speciale [8].

Per i sindaci cementificio lodigiani Milano rappresenta la bengodi, nel senso che pensano a Milano quando danno il via all’espansionismo edilizio locale. Perché è vero che trasformare terreno agricolo in edificabile porta immediatamente entrate Ici, e se poi su quei terreni si costruisce, la manna degli oneri di urbanizzazione; ma è anche vero che poi quelle case bisogna riempirle, bisogna trovare chi ci va a vivere. Cioè si conta sull’immigrazione da altri luoghi e nei sogni sindacali Milano è il serbatoio dove si spera di poter attingere contando sugli alti affitti e su una metropoli che in periferia non è la Milano da bere. Ma la mania cementizia pervade anche la Moratti e la sua giunta, che prevede nel proprio PGT non una fuga da Milano, ma un enorme incremento dei residenti.
Ce lo racconta Oriana Liso su Repubblica Milano del 15 luglio. Queste le cifre: 1.000 nuove palazzi per 11 milioni di metri cubi di edificato; 301.303 nuovi abitanti; 12 milioni di mq la superficie delle aree trasformate in nuovi quartieri.

Il Comune mette online il Piano di governo del territorio. Masseroli: stiamo immaginando una città “per scelta”.
Palazzi per 300mila milanesi in più ma per i servizi mancano 8 miliardi.

Nuove case per 300mila nuovi abitanti. Con infrastrutture, aree verdi, servizi sufficienti a servire la popolazione che verrà. Perché l’obiettivo è arrivare a oltre due milioni di presenze in città nel 2030, quando Milano – questo è il progetto – avrà cambiato faccia ben oltre i padiglioni di Expo. A disegnare il futuro è il Piano di governo del territorio, il Pgt, che il 14 luglio è approdato in commissione Sviluppo del territorio, prima tappa di un lungo iter. Ogni suo calcolo, ogni idea, è basata sui numeri, su quante persone Milano sarà in grado di attrarre invertendo il trend degli ultimi trent’anni, nei quali oltre 400mila persone hanno scelto di andare a vivere altrove, pur continuando, in larga parte, a “usare” la città. Con enfasi, del resto, il piano recita: «Milano diventa grande quanto vuole e può essere grande».
Le stime sulla popolazione fatte dall’assessorato allo Sviluppo del territorio (più generose di quelle dell’ufficio Statistica del Comune grazie a una diversa valutazione delle migrazioni) parlano di una città che fra cinque anni, nel 2014, avrà oltre un milione e 600mila presenze ogni notte. Una domanda di casa in crescita che il piano di oggi già soddisferebbe. Ma non ci si potrà fermare ai progetti di oggi: le presenza, nel 2030, saliranno a oltre due milioni tra residenti, stranieri non residenti, studenti fuori sede e lavoratori. Un numero che, solo di giorno, sfiorerebbe i due milioni e mezzo, aggiungendoci anche pendolari e turisti (in crescita, nelle stime, visto che Milano viene pensata dai suoi amministratori sempre più come una meta per i visitatori).
Per arrivare a queste cifre, si è detto, il fenomeno più importante è quello delle migrazioni: secondo i calcoli di Palazzo Marino, nel 2014 si vedranno i primi effetti dei piani abitativi del Pgt, che in totale prevede mille nuovi condomini, pari a 11 milioni di metri cubi. Di conseguenza nel 2030 si dimezzerà il numero di persone che lasciano Milano per cercare casa altrove. E nelle stime del Pgt si prevede, quota per quota, quanti abitanti si insedieranno nei quartieri costruiti ex novo, in zone in parte recuperate, in zone della cintura urbana.
Per costruire case e servizi, però, servono soldi. E qui il Pgt lascia aperti ampi margini di calcoli, suggerendo di «assumere con cautela le elaborazioni finalizzate a restituire un quadro di massima della sostenibilità finanziaria del Pgt». Perché, conti alla mano, il Piano è “sostenibile” per meno della metà: le entrate previste (tra finanziamenti delle infrastrutture, oneri di urbanizzazione, contributi ai costi di costruzione e diritti edificatori) sono circa 6 miliardi e mezzo di euro, mentre i costi di realizzazione superano i 14 miliardi (una cifra che non comprende alcuni interventi che pure vengono inclusi nel Pgt, come i Raggi verdi, perché previsti in un diverso piano di investimenti). Soldi che devono coprire i costi dei progetti del verde (quasi 700 milioni), delle infrastrutture di progetto (oltre 13 miliardi, compesi i 6 per quelle di Expo e i quasi 5 per le metropolitane) e della fase di progettazione.
Per trovare i sette miliardi e 700 milioni che mancano, il piano dà solo indicazioni generali: dalla promozione delle partnership alla cartolarizzazione, all’indebitamento della stessa pubblica amministrazione. Ma se la copertura finanziaria è argomento rimandato al futuro, quel che preme all’assessore allo Sviluppo del territorio Carlo Masseroli è l’idea di città che verrà. «Stiamo immaginando una “Milano per scelta” (così si chiama anche il sito che racconta il Pgt, ndr), un posto in cui la gente potrà scegliere di vivere perché avrà come attrattiva reale servizi, verde, infrastrutture». L’assessore il 14 luglio ha illustrato i primi passi del Pgt in commissione, ma l’opposizione resta scettica: «C’è un’ovvia condivisione su alcuni temi – spiega Pierfrancesco Majorino del Pd – ma temiamo che nella pratica le scelte vadano in un’altra direzione, quella degli affari e del cemento».
(8 - continua)