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giovedì 27 agosto 2009

Il rispetto dei diritti umani sempre e comunque

Solidarietà e integrazione, nessuno può tirarsi indietro.
Il presidente di Caritas Italiana Merisi chiama in causa l’Europa «Fenomeno da affrontare in maniera condivisa e cooperativa».

Dopo la tragedia dei 73 migranti eritrei ed etiopi annegati nel Canale di Sicilia, si riaccende il dibattito sulla necessità di una politica europea condivisa per governare il complesso fenomeno dell’immigrazione. Una politica capace di superare i particolarismi nazionali che, invece, hanno ancora il sopravvento, soprattutto di fronte a dramma attuale.
Emergenza immigrazione.
Rassegna stampa - Avvenire, intervista di Paolo Ferrario.

Affrontare in maniera condivisa il fenomeno dell’immigrazione, per poterlo governare secondo i principi di solidarietà e di collaborazione tra i Paesi. Questo l’auspicio del vescovo di Lodi e presidente di Caritas Italiana, Giuseppe Merisi, di fronte alla nuova ondata di sbarchi di migranti sulle coste italiane, che, oltre al nostro governo, interpella direttamente anche le istituzioni dell’Unione Europea. Due i principi cardine messi a fuoco da Merisi, le « attenzioni prioritarie » che dovranno caratterizzare ogni politica in questo campo: il rispetto dei diritti umani «sempre e comunque», oltre a decise azioni nei confronti dei Paesi di origine degli immigrati «per affrontare il problema alle radici».
I fatti drammatici di questi giorni riportano d’attualità il ruolo della comunità internazionale e, in particolare dell’Unione Europea. Che atteggiamento dovrebbe avere per governare un fenomeno tanto complesso?
Conosciamo tutti le difficoltà dell’Unione Europea nell’affrontare in maniera condivisa il vasto tema dell’immigrazione, in quanto materia ancora fortemente caratterizzata da un approccio nazionale. Di fronte all’emergenza le difficoltà crescono ancor di più, sia per le differenti tipologie dei Paesi da cui provengono gli immigrati, sia per l’esigenza di mettere in rapporto corretto le legislazioni nazionali con quella comunitaria, peraltro in gran parte ancora da costruire. I temi in discussione riguardano, per ciò che concerne l’immigrazione da Sud, il monitoraggio, con i cosiddetti “respingimenti”, sia l’identificazione e il rapporto con il diritto d’asilo, sia la permanenza e la presa in carico delle presenze in rapporto con le disposizioni di ciascun Paese.
Con quali strumenti si possono affrontare tutte queste difficoltà?
Noi auspichiamo che questi problemi vengano affrontati e risolti con spirito di solidarietà e di collaborazione fra i diversi Paesi, con due attenzioni prioritarie: il rispetto dei diritti umani fondamentali, sempre e comunque, facendo chiarezza sulle responsabilità della tragedia dei giorni scorsi ( i 73 migranti eritrei ed etiopi annegati nel Canale di Sicilia mentre cercavano di raggiungere l’Italia ndr.); l’impegno ad agire sul Paese di origine per affrontare, se non immediatamente per risolvere, il problema alle radici. Su questo secondo aspetto non dimenticando l’indicazione dell’Onu per la lotta alla povertà, con il contributo generoso di tutti i Paesi sviluppati.
A questo riguardo, la cooperazione internazionale come potrebbe intervenire per prevenire il dramma dei viaggi della speranza?
Come dicevamo, si tratta di affrontare insieme, in particolare a livello di Unione Europea, problemi che chiedono la collaborazione di tutti con l’attenzione dovuta ai rifugiati e ai richiedenti asilo. Tenendo sempre presente che nel breve periodo questi drammi sono destinati a ripetersi, la cooperazione internazionale non deve limitarsi ad azioni disarticolate o di puro valore testimoniale, ma può risultare uno strumento efficace anche a livello preventivo, purché si inserisca dentro una chiara strategia dell’Unione in particolare nei confronti del continente africano.
In concreto, come si dovrebbero aiutare queste popolazioni?
Quando si parla di solidarietà e di sussidiarietà, ascoltando la lezione del Papa anche nell’ultima enciclica, occorre poi trarne conseguenze impegnative con la partecipazione di tutti. Per l’area mediterranea l’Unione Europea ha iniziato qualche nuova riflessione che speriamo possa consentire qualche più spedita decisione nella logica dei principi del Trattato di Lisbona.
La Caritas come sta intervenendo? Che tipo di strutture ha attivato?
Come si sa il compito della Caritas è di richiamo e di testimonianza dei principi del Vangelo che parlano di amore, di accoglienza e di solidarietà per la promozione del Bene comune. Il rapporto corretto fra accoglienza e legalità e il rispetto dei diritti fondamentali, nella responsabilità delle istituzioni pubbliche, non è sempre facile da determinare. Sarà meno difficile se anche per l’opera della Chiesa e della Caritas, le comunità saranno aiutate a sentire la responsabilità della solidarietà e dell’integrazione. Sul piano operativo Chiesa e Caritas sono sempre a disposizione per ogni collaborazione possibile, a partire da questi principi, nella distinzione dei ruoli e delle responsabilità.
Quali sono gli attuali fronti di impegno di Caritas Italiana, sul versante dell’immigrazione?
Accanto all’impegno di animazione e a quello culturale, è sotto gli occhi di tutti la diffusa opera di accoglienza, tutela dei diritti e di integrazione che le Caritas presenti sul nostro territorio nazionale garantiscono da anni ai migranti, con particolare attenzione alle categorie più vulnerabili, quali i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta.
Due le attenzioni prioritarie che ogni politica in questo campo dovrà tenere ben presenti: il rispetto dei diritti umani «sempre e comunque» e decise azioni verso i Paesi di origine dei migranti, per cercare di risolvere il problema alla radice.
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Può essere che l'Italia è davvero cambiata

Maria Pia Fusco su Repubblica.it ci dice oggi di una sorta di censura mediatica.
Anche da Mediaset no allo spot del film che racconta l'ascesa delle tv di Berlusconi. La tv di Stato esigeva un contraddittorio per rispettare il pluralismo. La Rai rifiuta il trailer di Videocracy.
"È un film che critica il governo".

Rassegna stampa.

Nelle televisioni italiane è vietato parlare di tv, vietato dire che c'è una connessione tra il capo del governo e quello che si vede sul piccolo schermo. La Rai ha rifiutato il trailer di Videocracy il film di Erik Gandini che ricostruisce i trent'anni di crescita dei canali Mediaset e del nostro sistema televisivo.
"Come sempre abbiamo mandato i trailer all'AnicaAgis che gestisce gli spazi che la Rai dedica alla promozione del cinema. La risposta è stata che la Rai non avrebbe mai trasmesso i nostri spot perché secondo loro, parrà surreale, si tratta di un messaggio politico, non di un film", dice Domenico Procacci della Fandango che distribuisce il film. Netto rifiuto anche da parte di Mediaset, in questo caso con una comunicazione verbale da Publitalia. "Ci hanno detto che secondo loro film e trailer sono un attacco al sistema tv commerciale, quindi non ritenevano opportuno mandarlo in onda proprio sulle reti Mediaset".
A lasciare perplessi i distributori di Fandango e il regista sono infatti proprio le motivazioni della Rai. Con una lettera in stile legal-burocratese, la tv di Stato spiega che, anche se non siamo in periodo di campagna elettorale, il pluralismo alla Rai è sacro e se nello spot di un film si ravvisa un critica ad una parte politica ci vuole un immediato contraddittorio e dunque deve essere seguito dal messaggio di un film di segno opposto.
"Una delle motivazioni che mi ha colpito di più è quella in cui si dice che lo spot veicola un "inequivocabile messaggio politico di critica al governo" perché proietta alcune scritte con i dati che riguardano il paese alternate ad immagini di Berlusconi", prosegue Procacci "ma quei dati sono statistiche ufficiali, che sò "l'Italia è al 67mo posto nelle pari opportunità"".
A preoccupare la Rai sembra essere questo dato mostrato nel film: "L'80% degli italiani utilizza la tv come principale fonte di informazione". Dice la lettera di censura dello spot: "Attraverso il collegamento tra la titolarità del capo del governo rispetto alla principale società radiotelevisiva privata", non solo viene riproposta la questione del conflitto di interessi, ma, guarda caso, si potrebbe pensare che "attraverso la tv il governo potrebbe orientare subliminalmente le convinzioni dei cittadini influenzandole a proprio favore ed assicurandosene il consenso". "Mi pare chiaro che in Rai Videocracy è visto come un attacco a Berlusconi. In realtà è il racconto di come il nostro paese sia cambiato in questi ultimi trent'anni e del ruolo delle tv commerciali nel cambiamento. Quello che Nanni Moretti definisce "la creazione di un sistema di disvalori"".
Le riprese del film, se pure Villa Certosa si vede, è stato completato prima dei casi "Noemi o D'Addario" e non c'è un collegamento con l'attualità. Ma per assurdo, sottolinea Procacci, il collegamento lo trova la Rai. Nella lettera di rifiuto si scrive che dato il proprietario delle reti e alcuni dei programmi "caratterizzati da immagini di donne prive di abiti e dal contenuto latamente voyeuristico delle medesime si determina un inequivocabile richiamo alle problematiche attualmente all'ordine del giorno riguardo alle attitudini morali dello stesso e al suo rapporto con il sesso femminile formulando illazioni sul fatto che tali caratteristiche personali sarebbero emerse già in passato nel corso dell'attività di imprenditore televisivo".
"Siamo in uno di quei casi in cui si è più realisti del re - dice Procacci - Ci sono stati film assai più duri nei confronti di Berlusconi come "Viva Zapatero" o a "Il caimano", che però hanno avuto i loro spot sulle reti Rai. E il governo era dello stesso segno di oggi. Penso che se questo film è ritenuto così esplosivo vuol dire che davvero l'Italia è cambiata".
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Il lato oscuro della rete

Riprendiamo da Avvenire di ieri questo editoriale sul social network Facebook di Gabriele Gabrielli.
Esame di maturità per le reti sociali che proliferano su Internet.
Terre d’incontro o piazze senza regole: i «social network» al bivio decisivo.

Rassegna stampa.

Se non sai usare i social network, come Facebook e Twitter, o non hai confidenza con un motore di ricerca, corri un grosso rischio: essere tagliato fuori dalla società.
Questa opinione, che si va sempre più diffondendo, è ora accreditata anche dalle preoccupazioni espresse da Viviane Reding, Commissario per i Media e la Società dell’informazione dell’Unione Europea, che invita gli Stati membri e l’industria a sensibilizzare maggiormente il pubblico educandolo sul funzionamento e sull’utilità di tali nuovi strumenti di comunicazione. Tutto vero. Il fascino del social networking è forte; con la sua facilità d’uso ti consente di creare relazioni, gestire e 'respingere' amicizie, partecipare a discussioni, promuovere idee e prodotti, sostenere campagne elettorali e movimenti di opinione; insomma, di «rimanere in contatto con le persone della tua vita» , come si legge nella pagina di apertura di Facebook. Ma anche di perdere tanto tempo.
È stata questa la valutazione che ha portato Bill Gates, uno che di innovazione se ne intende, a cancellarsi da Facebook, dando così una mano autorevole a quanti rifiutano di pensare che la vita possa essere monopolizzata dai social network.
Ben vengano allora tutti quei programmi che hanno la finalità di educare a un uso accorto e consapevole di questo straordinario strumento. Anche perché non passa giorno che la cronaca non ci mostri i molteplici rischi e i danni connessi a un suo uso superficiale o irresponsabile.
Soltanto negli ultimi giorni registriamo almeno questi tre fatti. Leggiamo che il ministero tedesco per la difesa dei consumatori ha anticipato alcuni contenuti di una ricerca dalla quale emerge che sono sempre più numerose le imprese (sino al 50% di quelle con oltre mille dipendenti) che ricercano su Internet informazioni su gusti e preferenze dei candidati a un posto di lavoro. E quattro volte su cinque queste informazioni vengono prese prima di chiamare il candidato a un colloquio.
Qualche volta le aziende, assunte le opportune informazioni curiosando tra interessi, hobby e opinioni personali sui social network, decidono di soprassedere. Occorre fare attenzione allora a cosa pubblicare in rete, perché ci può andare di mezzo anche la nostra carriera.
Altra notizia. Alcuni studenti, appena ottenuta la licenza media, hanno deciso di aprire un gruppo di discussione su Facebook dove sembra si siano lanciati in commenti poco edificanti su una loro insegnante che, informata da una amica, li ha denunciati per diffamazione. «Non pensavamo di fare qualcosa di illegale, tutti parlano male dei loro insegnanti» , hanno commentato i ragazzi. Perché non crederci?
Questa visione mette in luce, del resto, uno dei rischi più gravi che si vanno diffondendo; considerare quello del social network come un mondo a sé, un luogo virtuale dove regnano diritti di 'extraterritorialità' che mettono in ibernazione le regole del vivere civile e del rispetto delle persone. Sulla rete così ci si può permettere di tutto; le sue piazze diventano territorio del 'tutto è possibile', una specie di «teatro di maschere» , come l’ha chiamato il sociologo Ilvo Diamanti, dove il confine tra comunicazione ed esperienza svanisce in « un mondo di relazioni senza empatia». Ma la rete non può essere luogo di 'immunità'. Intanto però i social network diventano anche strumento per offendere e luogo per ospitare iniziative che rinforzano sentimenti e atteggiamenti 'contro' il rispetto dei più elementari diritti umani.
Come si fa allora a non condividere l’invito del Commissario europeo a lavorare in modo tale da mettere i cittadini «in condizioni di utilizzare i media con competenza e creatività»? È fuori dubbio che questo «sarebbe un passo avanti verso una nuova generazione di partecipazione democratica» , purché non si dimentichi che i social network vanno utilizzati, prima di tutto, «con responsabilità».
Dalla Ue l’appello a Stati e imprenditori per sensibilizzare gli utenti e renderli più responsabili Ma chi l’ascolterà?
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Signore e Signori, questa è la Lega

Slogan shock sul social network. Compare in una pagina chiamata "Lega nord Mirano". Tra le oltre 400 persone in amicizia molti nomi illustri del Carroccio.
Su Facebook: "Legittimo torturare i clandestini".
Tra gli amici Bossi, suo figlio e Roberto Cota. Il capogruppo alla Camera si cancella: "Avevo aderito in buona fede. Anche il Senatur si toglierà".

Rassegna stampa - La Repubblica.it


Roma - "Immigrati clandestini: torturali! È legittima difesa". Lo sostiene una pagina Facebook chiamata "Lega Nord Mirano" a cui sono legati da "amicizia" oltre 400 persone. Accanto a nomi tradizionali della mitologia del Carroccio come "Attila flagello di Dio" e "padano guerriero", troviamo nomi eccellenti come Umberto Bossi e suo figlio Renzo, ideatore del gioco "Rimbalza il clandestino" (poi tolto da Fb dopo la denuncia di Repubblica.it).
Tra i nomi che si fanno notare anche Enzo Erminio Boso, già parlamentare leghista, e Roberto Cota, capogruppo alla Camera. Che dopo il divampare delle polemiche si è cancellato: "L'amicizia su Facebook si dà in buona fede a centinaia di soggetti ogni giorno e non si può in alcun modo essere responsabili delle condotte altrui". Cota minimizza dunque la sua "amicizia" alla pagina xenofoba e invece se la prende con "il circuito mediatico impazzito" e con chi avrebbe utilizzato per questa pagina "un manifesto ritoccato graficamente" e che "la Lega non ha mai ideato". "Ho ovviamente fatto rimuovere subito l'amicizia a questa fantomatica pagina - conclude il capogruppo - e lo stesso farà Umberto Bossi".
La notizia ha comunque suscitato un vespaio di polemiche. Il primo a intervenire è stato Walter Veltroni: "Stamattina aprendo Facebook ho visto un'email inviatami da un'amica di Brescia: è la foto che la sezione di Mirano della Lega Nord usa come immagine di profilo. È un manifesto con il simbolo della Lega e sotto la scritta Immigrati clandestini, torturarli è legittima difesa". L'ex segretario del Partito democratico ha poi aggiunto: "Io credo che questo sia inaccettabile. È contrario a ogni forma di civiltà, prima ancora che alla nostra storia e alla nostra tradizione di emigranti". Veltroni ha perciò annunciato: "Chiederò al ministro degli Interni Maroni di adoperarsi perchè venga immediatamente cancellato".
In campo è sceso anche l'Osservatorio antiplagio chiedendo ai politici di prendere le distanze e alle autorità d'intervenire perché la pagina venga cancellata". Risposta anche dalla comunità di Facebook dov'è nato il gruppo "Cancelliamo la pagina della Lega Nord di Mirano" che in poche ore ha già centinaia di iscritti.

Riportiamo anche il seguente articolo di ieri sempre da Repubblica.it, a firma Marco Pasqua.
Attacchi al Vaticano sul forum ufficiale del movimento dei giovani padani. "I preti sono gentaglia che pensa solo a fare soldi sulle spalle di chi lavora". I giovani leghisti insultano la Chiesa.
"Vescovi ipocriti, devono tacere".

"I vescovi dovrebbero tacere, perché sono una razza in via d'estinzione. Forse un giorno capiranno che sono fuori dal mondo". Sul forum ufficiale del movimento dei giovani padani gli attacchi nei confronti del Vaticano sono ancora più duri, non mediati dalla diplomazia di quanti, nel partito del Carroccio, cercano in queste ultime ore di ricomporre la frattura con la Chiesa. In alcuni casi, veri e propri insulti verso i prelati che hanno criticato, in questi giorni, il partito guidato da Umberto Bossi. Sul forum del movimento politico giovanile della Lega Nord, nella sezione "politica e cultura", è un susseguirsi di invettive verso i preti e i vescovi che, a detta dei commentatori, dovrebbero "tacere" rispetto a temi come il dramma dei migranti morti in mare e le politiche sull'immigrazione del governo. Mentre diversi internauti ricordano il fenomeno dei sacerdoti pedofili, altri dicono che è necessario "sbattere in faccia" ai preti "la loro ipocrisia e la loro avidità. Dire pubblicamente che sono gentaglia che mira solo a far soldi sulle spalle di chi lavora e di chi soffre. Sempre mantenendo una ferrea correttezza verbale, senza mai fargliene passare liscia una. Anche perché sono cose che pensa la maggior parte delle persone, compresi i cattolici. E che sono, degli intoccabili superiori al resto del mondo?". La Chiesa, per i giovani leghisti, è formata da "un branco di ipocriti": "I vescovi dovrebbero tacere, perché sono una razza in via d'estinzione", scrive un utente che si firma "Picinet", e fa parte del movimento dei giovani padani Lombardia. Qualcuno scherza: "L'età media dei preti e dei vescovi è dalla nostra parte, non dalla loro, per fortuna". L'immigrazione, per il Vaticano, sarebbe un "business", come scrive un altro: "Per loro l'immigrazione è un affare miliardario, in altre parole campano sulla disperazione della gente mentre loro si fanno fare i baciamano con le mani coperte d'anelloni con rubino".
Ma a finire nel mirino dei leghisti è anche monsignor Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti, protagonista di una dura critica nei confronti del ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli: "Solito falso pretaccio. Sai dall'alto di tutti i quattrini che ha nelle tasche quanto gliene frega della morte di tanti poveri esseri umani inghiottiti dalle acque del Mediterraneo?", scrive "RL11". "Il Vaticano e i suoi adepti stanno veramente rompendo le noci ultimamente", commenta nel forum un altro utente, mentre qualcuno propone addirittura di "annettere il territorio Vaticano e sbattere a calci nel culo i preti e il Papa ad Avignone". Per "nerd^n", la cosa che preoccupa di più "è la deriva immigrazionista della Chiesa": "Molti preti purtroppo stanno dimenticando la trave nel loro occhio e continuano a sentenziare contro il popolo, in nome della tolleranza e della pace, tacciandolo di intolleranza, razzismo. Un giorno però il popolo potrebbe anche diventare davvero intollerante e razzista, ma nei confronti della Chiesa che lo insulta". Tra un insulto e l'altro verso il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, qualcuno sostiene che la "pretaglia cattocomunista" dovrebbe fare un passo indietro: "Forse un giorno questi vescovi capiranno che sono fuori dal mondo e non è accusando, ma proponendo, che si fa la volontà del Signore". Non viene risparmiato neanche Famiglia Cristiana, che proprio oggi ha criticato il figlio di Umberto Bossi, Renzo, per aver ideato su Facebook il gioco "Rimbalza il Clandestino". In una discussione, il settimanale viene bollato come l'organo dei "cattocomunisti" oppure "famiglia musulmana" perché, viene scritto nel forum, "ha abbandonato da tempo il Cristianesimo".
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Anci Lombardia in settembre si rinnova

Convocata l'Assemblea Regionale per il rinnovo degli Organi di ANCI Lombardia e Precongressuale per il livello Nazionale.

In preparazione della convocazione della XIV Assemblea Congressuale Nazionale deliberata dal Consiglio Nazionale dell’Anci, ed ai sensi degli Statuti Nazionale e Regionale nonché del Regolamento Nazionale, Anci Lombardia ha convocato l’Assemblea regionale per il rinnovo degli Organi di Anci Lombardia e precongressuale per il livello nazionale, presso il Centro Congressi Provinciale di via Corridoni, 16 a Milano, sabato 26 settembre, ore 9.00. Scrive Lorenzo Guerini ai sindaci: “In questi anni, processi di riforma legislativi, spesso in contraddizione tra loro, hanno investito i Comuni. Si sta discutendo di federalismo istituzionale in cui ridefinire compiti e funzioni dei diversi livelli di governo. Il patto di stabilità ha creato grandi difficoltà ai Comuni, provocando il blocco degli investimenti e dei pagamenti proprio mentre viene approvato il federalismo fiscale che vuole unire autonomia e responsabilità degli amministratori. Nel contempo sempre più centrale diventa l’interlocuzione con la Regione nel definire funzioni e ricadute sui Comuni dei vari processi legislativi. Ciò comporta la necessità di rafforzare l’iniziativa della nostra Associazione e definirne il ruolo come rappresentanza e supporto dei Comuni lombardi. L’assemblea congressuale servirà dunque a fare un bilancio e a progettare obiettivi e strumenti di Anci Lombardia per i prossimi anni”.
Nel corso dell’Assemblea, si procederà inoltre sia all’elezione dei delegati lombardi che parteciperanno al Congresso Nazionale, cui di diritto si aggiungono i Sindaci delle Città Capoluogo di Provincia associate (art. 12 dello statuto Anci Nazionale), sia alla nomina dei Consiglieri Nazionali di competenza Regionale (art. 15 dello statuto Anci Nazionale), sia infine al rinnovo degli Organi Statutari Regionali con l’elezione del Presidente di Anci Lombardia e del Consiglio Direttivo Regionale, determinandone il numero dei componenti (art. 10 dello Statuto Anci Lombardia).
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La favola delle emissioni vicine allo zero

Antonio Proni, chimico industriale docente di tecnologie industriali all'Università di Castellanza, interviene oggi su Il Giorno sulla centrale di Bertonico-Turano.
«Per dare alla centrale di Bertonico la migliore tecnologia la strada è lunga».
Rassegna stampa.

Secondo la “letteratura politica” di penultima e ultima generazione, deducibile da interviste ai giornali del territorio di questi ultimi mesi, è possibile fare sì che la centrale a turbogas di Bertonico abbia emissioni vicine allo zero. Come? Applicando — ci dicono — filtri di ultimissima generazione. Vediamo prima quanto produrrebbe la centrale di Bertonico senza questi filtri.
Secondo la letteratura scientifica sull’argomento, la centrale che sta sorgendo nella Bassa Lodigiana brucerà a regime circa un miliardo di metri cubi di gas naturale per anno e produrrà intorno a 700 tonnellate di ossidi di azoto, poco meno di 2 milioni di tonnellate di gas serra, circa 96 tonnellate di polveri totali, 50 tonnellate di anidride solforosa, alcune centinaia di tonnellate di incombusti e composti organici vari, 800 tonnellate di ossidi di carbonio, qualche decina di chilogrammi di metalli pesanti.
Leggendo la bozza di convenzione con Sorgenia dell’Amministrazione provinciale uscente, come risulta dal sito della Provincia di Lodi, l’unico filtro che verrebbe applicato è quello per l’abbattimento degli ossidi di carbonio che passerebbero da 800 a 100 tonnellate all’anno circa. Per il resto non ci sono impegni concreti se non quelli di valutare entro tre anni la possibilità di adottare le migliori tecnologia per l’abbattimento degli ossidi di azoto, precursori, come è noto, delle polveri secondarie.
Risultano quindi molto coraggiose le affermazioni secondo le quali sono stati chiesti dei filtri che porterebbero la centrale di Bertonico ad emissioni vicine allo zero e soprattutto dall’esame della bozza di convenzione si vede che non sono neppure state adottate le migliori tecnologie disponibili sul mercato dell’energia, che altre centrali stanno adottando attualmente per ridurre le emissioni in atmosfera.
C’è quindi spazio per Amministrazioni volenterose e rispettose dell’ambiente di chiedere investimenti (ad esempio filtri catalitici per abbattimento al novanta per cento degli ossidi di azoto, sistemi sequestranti per il gas serra e altre cose ancora) tali da portare la centrale termoelettrica di Bertonico alla migliore tecnologia disponibile al momento. Sempre che lo si voglia, naturalmente.
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Inesistente la politica lodigiana nel web

Gli ex di FI e An «separati in casa»: il Pdl di Lodi ha due indirizzi Internet, ecco i siti dei partiti: trascurati e poco aggiornati.
Rassegna stampa - Guido Bandera, Il Giorno di oggi.

Le elezioni non si vincono su Internet. Almeno a Lodi. Ma qualcuno di tanto in tanto, nelle polverose segreterie provinciali del territorio, rilancia il dibattito. Parola d’ordine: rinnovarsi e aprire alla modernità. Così, specie in vista di qualche tornata elettorale, si svecchiano i siti web, si aggiunge qualche foto, qualche intervento o un file allegato con il programma che, rigorosamente, nessuno legge. Per capire come stanno le cose, basta dare un’occhiata allo schermo del computer. Sul sito www.pdlodigiano.it, sfondo bianco, dettagli in verde, svanita nel nulla la figura del segretario provinciale Giuseppe Russo, diventato sindaco a Tavazzano, compare solo Sandro Manfredi. Ancora in bella vista, la lettera di ringraziamento a Osvaldo Felissari, dopo la sconfitta alle provinciali. Ma c’è anche un richiamo alle iniziative della festa democratica (la vecchia festa dell’Unità), in corso in questi giorni.
Caso curiosissimo quello del Pdl, nel quale i siti Internet (perché sono due) ricalcano le relazioni tutt’altro che amichevoli fra la componente An e quella targata Forza Italia. Entrambe continuano a gestire un proprio indirizzo, sebbene entrambi legati al Pdl. Così si scopre che digitando www.popolodellalibertalodi.com (il sito di An) l’ultimo comunicato è la formazione della giunta provinciale. Dove l’unico nome evidenziato in grassetto è quello di Nancy Capezzera. La musica cambia invece sul sito www.popolodellalibertalodi.it, che è in realtà quello di Forza Italia. Qui spicca il volto sorridente di Claudio Pedrazzini, vicepresidente della Provincia, segretario del Pdl e già segretario di Forza Italia. Anche lui parla nel suo intervento di elezioni provinciali.
La Lega Nord, invece, non poteva cedere la sua vocazione all’autonomia e quindi non ha un sito con il suffisso «it». Il sito web del Carroccio è infatti www.leganordlodi.org. Lo sfondo è rigorosamente verde, i contenuti, tutti dedicati ai leader e alle associazioni del territorio lodigiano. C’è anche un link al sito dei volontari verdi. Quelli dell’hovercraft di Borghezio, per intendersi.
Rifondazione comunista, invece, sembra in apparenza la meglio organizzata: la divisione rigida in dipartimenti, i dibattiti, le iniziative e i documenti su cui i «compagni» aprono «la discussione». L’Udc ci ha provato a fare un sito Internet. Si tratta di www.udcprovincialelodi.it. Dentro però c’è poco. Qualche foto di dibattiti interni e il programma delle Provinciali. Non che ci sia di più in www.democraziacristianalombardia.org, in cui c’è una sezione di Lodi. C’è la scheda del segretario, quella con i candidati alle provinciali. Che non sono stati eletti. Sorprende invece l’attivismo del Pri, che non ha presentato liste alle provinciali e che certo non ha numerosi elettori. Ma ha un blog: utenti.lycos.it/prilodi/.
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La Regione in aiuto dei lavoratori colpiti dalla crisi

Il presidente Formigoni: "Tre proposte per i lavoratori in difficoltà".

Tre proposte per aiutare i lavoratori messi in difficoltà dalla crisi economica le ha formulate il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, in occasione dell'incontro avvenuto a Rimini con il ministro del welfare Maurizio Sacconi. Riguardano la sperimentazione di una diversa modalità di erogazione degli ammortizzatori sociali con l'introduzione del quoziente familiare, il sostegno a tutti i precari della scuola che quest'anno non si sono visti riconfermare la cattedra in Lombardia e l'introduzione di una "Dote Impresa" che si affianca alle altre "Doti" introdotte da Regione Lombardia per Scuola, Formazione e Lavoro.
Per quanto riguarda gli ammortizzatori legati a quoziente familiare "L'idea è quella di corrispondere qualche risorsa in più ai lavoratori che hanno diritto agli ammortizzatori sociali e che sono a capo di una famiglia di cui sono il sostegno unico. Intendiamo migliorare ulteriormente la nostra vicinanza alle persone in difficoltà incrementando gli aiuti a cui hanno diritto. Ovviamente nulla sarà tolto agli altri lavoratori, per esempio i single - ha precisato Formigoni - ma vogliamo dare un segno fortissimo di questo principio: l'ingresso della numerosità della famiglia nella remunerazione. Con la prima settimana di settembre convocherò un confronto con tutte le parti sociali, per sottoporre questa proposta di cui ho già parlato con il ministro Sacconi,in quanto sarà necessaria un'integrazione del nostro accordo nazionale sugli ammortizzatori. Questa quota in più di risorse può essere data sotto diverse forme, denaro voucher o buoni".
"La seconda proposta - ha proseguito Formigoni - riguarda una categoria che oggi non gode di alcuna protezione: i precari della scuola. Anche a loro, che oggi ne sono esclusi, intendo estendere la protezione degli ammortizzatori sociali. Ne parlerò con il ministro Gelmini, in quanto anche in questo caso è necessario un accordo con il governo nazionale".
La terza proposta: "Mi farò promotore di un incontro tra le parti sociali (sindacati) e datoriali (imprenditori) - ha aggiunto Formigoni - per l'avvio di percorsi di contrattazione decentrata a livello territoriale, introducendo i criteri di premialità". "Quindi - ha puntualizzato - più soldi ai lavoratori in funzione della produttività e del merito". Un'esperienza che è stata introdotta in Lombardia per la prima volta due anni fa, con il contratto degli infermieri delle aziende sanitarie ospedaliere e l'accordo unanime dei sindacati. È stato messo a disposizione un incentivo differenziato per livelli di responsabilità atti a premiare un aumento di produttività. Un bonus che varia da 580 a 1290 euro l'anno.
"Forti di questa positiva esperienza, tenendo conto della crisi economica e dei diversi livelli del costo della vita che penalizzano i lavoratori lombardi e considerando che non vogliamo fare saltare, ma anzi rispettare la contrattazione collettiva nazionale - ha affermato il presidente Formigoni - Regione Lombardia vuole accompagnare e assistere le parti nella loro libera contrattazione territoriale e aziendale, in modo che ciascuna azienda sia aiutata ad andare incontro alle esigenze dei propri lavoratori con flessibilità e mettendo in campo strumenti di sostegno al reddito".
Regione Lombardia potrà, a sua volta, mettere in campo strumenti per la valorizzazione del capitale umano quindi dare più risorse per la formazione, per la riqualificazione, per il conseguimento del diploma regionale.
"In altri termini - ha concluso il presidente Formigoni - noi possiamo ulteriormente arricchire il nostro strumento della dote dando vita alla dote impresa, che si affianca alla dote scuola, alla dote formazione e alla dote lavoro. La dote impresa coordinerà le diverse risorse a disposizione dal versante europeo, nazionale, regionale e camerale, premiando le realtà più innovative, flessibili e competitive".
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Il Lodigiano ha bisogno di governo non di polemiche

Matteo Brunello su Il Cittadino di oggi ci informa che il centrosinistra replica agli affondi di Capezzera su Alboni dopo il contributo ai martiri del Poligono.
Resistenza, non si placa la polemica.
Rassegna stampa.

«La competizione interna spinge gli assessori provinciali a spararle sempre più grosse. Ma il Lodigiano ha bisogno di governo, non di polemiche estive». Non si placa la bufera politica sulla cerimonia dei martiri del Poligono. Questa volta a passare all’attacco è l’opposizione a palazzo San Cristoforo, in risposta alle prese di posizione di alcuni esponenti della giunta Foroni, che avevano accusato il presidente Anpi, Edgardo Alboni. Nel corso della commemorazione di sabato, l’ex partigiano aveva criticato pesantemente alcune forze politiche di governo. E a stretto giro di posta, l’assessore provinciale Nancy Capezzera aveva giudicato quei passaggi del tutto faziosi e invitato a ricordare tutti i martiri della patria, anche quella della Repubblica sociale italiana. Così ieri è arrivata la replica del centrosinistra, che con il vice capogruppo del Pd in provincia, Luca Canova ha puntualizzato: «La destra lodigiana ha vinto, governi e rispetti la memoria di chi è caduto per la libertà di tutti gli italiani». E poi in riferimento alle parole di Capezzera sul ventennio: «Quanto alle sue dichiarazioni un po’ disinvolte, sul fatto che il fascismo non fu il male assoluto, e che dovremmo ricordare anche i repubblichini, la ricostruzione di un minimo di verità storica può aiutare». Sempre sull’argomento Canova ha precisato, che «a sessant’anni da quei fatti dobbiamo ricordare, a mio parere, soprattutto chi fu fucilato e torturato, e consegnare nella discarica della storia chi fucilò e torturò gli italiani che insorsero contro il regime. Quanto poi alle cose buone del fascismo anche Hitler fece le autostrade, ma il ricordo dell’Europa è soprattutto Auschwitz e i 50 milioni di vittime di guerra».
È poi intervenuto anche l’assessore comunale, Simone Uggetti (Pd) che ha esordito con ironia: «Regalerò volentieri alla Capezzera il libro di Ongaro, che riporta i fatti eroici della Resistenza nel Lodigiano. Spero che possa essere una lettura utile e illuminante». E poi ha osservato: «La cultura democratica e antifascista in Italia e nel Lodigiano è viva. Non saranno certo queste iniziative agostane dell’assessore Capezzera a metterle in dubbio. E ci vuole inoltre rispetto per la figura di Alboni, per la sua storia personale e quanto ha fatto per il territorio. Dovrebbe essere considerato maestro di tutti noi».
A difesa del presidente Anpi di Lodi è sceso in campo anche il presidente del consiglio comunale di Lodi, Gianpaolo Colizzi: «Parlo come figlio di un partigiano, e in casa mia di fascismo si è sempre parlato molto male. Poi devo dire che trovo poco corretto che si chieda ad Alboni, esempio politico vivente di dignità personale e ideale, di scendere in lizza elettorale». E poi rivolgendosi all’assessore provinciale Capezzera: «Ho notato che lei, come me, sta dalla parte del tricolore. Un tema, vorrei però precisare, che non è molto caro ai suoi alleati del Carroccio. Quindi forse la stessa Capezzera dovrebbe rivedere la linea delle sue alleanze». Infine il responsabile organizzativo del Pd, Alessandro Manfredi ha invitato alla riflessione: «Invece di rispondere ad Alboni, le forze politiche di destra dovrebbero fermarsi a riflettere di fronte a quegli avvertimenti, che arrivano da uno dei padri nobili del Lodigiano».

Sulla questione Il Cittadino pubblica anche una lettera del sindaco di Lodi Lorenzo Guerini.
Nessuna volontà di esclusione.

Egregio Direttore, leggo oggi sul quotidiano da Lei diretto, all’interno di un articolo sulla manifestazione del 22 agosto sull’eccidio dei Martiri del Poligono, un’affermazione dell’Assessore provinciale Elena Maiocchi che necessita di una precisazione. Secondo l’Assessore, il Comune di Lodi avrebbe compiuto «una grave dimenticanza» perché nel corso della manifestazione l’Assessore stesso non è stato invitato «ad esprimere nemmeno un indirizzo di saluto».
Al proposito vorrei precisare che non si tratta di una «dimenticanza » ma di quanto si è sempre fatto nel corso degli anni in questa manifestazione che, dopo la celebrazione della S. Messa, prevede due discorsi celebrativi da parte del Sindaco di Lodi (o in sua sostituzione di un Assessore) e di un rappresentante dell’Anpi, anche per non sottoporre i tanti che partecipano alla manifestazione alla “fatica” di ascoltare troppi discorsi in un mese particolarmente caldo...
Così si fa da anni (da Presidente della Provincia dal 1995 al 2003 ho partecipato a queste celebrazioni senza mai prendere la parola, così come ha fatto il presidente Felissari dal 2004 al 2008) senza che questo abbia mai destato alcuna rimostranza. Nessuna volontà politica, quindi, di escludere nessuno: anzi chi mi conosce sa che a tali questioni sono molto attento perché ritengo che la collaborazione tra le Istituzioni sia un valore importante da far vivere nella quotidianità della vita civile del nostro territorio che non deve mai essere messo in discussione per difformità di appartenenze politiche.
Spero di aver chiarito all’Assessore Maiocchi, a cui vanno i miei migliori auguri di buon lavoro, la posizione dell’Amministrazione Comunale di Lodi.
Grazie, caro Direttore, dell’ospitalità che ancora una volta mi viene concessa sul Suo giornale.
Con viva cordialità.

Sulla questione Il Cittadino ospita anche una lettera di Annamaria Cecchi.
Luoghi comuni su una tragica fase storica.

Ancora una volta esponenti di una Giunta democraticamente eletta, quella Provinciale, danno giudizi positivi sul Fascismo, fenomeno storico sicuramente complesso e pieno di luci ed ombre, ma inevitabilmente negativo sotto ogni punto di vista!
L’affermazione di Nancy Capezzera sul fatto che «il Fascismo non è il male assoluto. Ha fatto anche cose positive per il Paese, in particolare sul fronte sociale» risente di un clima falsamente revisiononistico molto in voga in questi ultimi anni, tendente a riscrivere la storia a proprio uso e consumo. Dopo anni nei quali la storiografia ufficiale è stata egemonizzata da una parte della Sinistra, che ha proposto una visione unicamente positiva della Resistenza, negli ultimi vent’anni storici come Renzo De Felice, Antonio Caracciolo o giornalisti come Gianpaolo Pansa hanno analizzato fenomeni come il Fascismo e la Resistenza, mettendone in luce la complessità e l’articolarità.
In particolare, lo storico Renzo De Felice, a torto accusato di revisionismo, fin dai tempi del suo contributo alla monumentale Storia d’Italia, edita da Einaudi, ha analizzato il Fascismo nei suoi molteplici aspetti, politico, economico e sociale dalle sue origini dalle origini al periodo del suo massimo sviluppo fino al disastroso tramonto. Dai suoi scritti si evince che il Fascismo, nato principalmente dalla spinta di gruppi economici del Nord, sviluppò la sua dottrina sociale come una sorta di prezzo da pagare per la sua accettazione in larghi strati della popolazione.
L’enorme apparato assistenzialistico sociale messo in piedi dal Fascismo tendeva, almeno nei primi tempi, a creare quella sorta di consenso sociale che ha caratterizzato le dittature nazifasciste in Europa negli anni Venti e Trenta. Anche il Nazismo di Hitler creò un formidabile
apparato di consenso, costruito sulla rinascita industriale della Germania, sulla creazione di ospedali, asili e scuole per i ceti popolari, colonie estive per garantire a tutti un periodo di vacanza e la diffusione di una automobile accessibile a tutti.
Ritornando alla storia italiana, la ricerca del consenso sociale non riuscì comunque a far penetrare l’idea del Fascismo nei ceti operai nonostante i tentativi intimidatori operati dalle Corporazioni sindacali fasciste, ceti operai da cui proverranno in gran parte gli uomini della Resistenza.
Come sappiamo, gli anni della guerra, della caduta del Fascismo e della Repubblica di Salò sono stati caratterizzati, oltre che dal crollo dell’ideologia fascista e del suo cosiddetto consenso sociale, dal crollo di tutti i valori morali dell’Italia, che si è trovata a fine conflitto un Paese distrutto e lacerato. A chi va imputato ciò? A quella «banda di criminali che per vent’anni ha governato il Paese» (Pasolini). Se il Fascismo non è stato il male assoluto, il Presidente della Camera, onorevole Fini, ha torto marcio!
Saranno pure fuori tempo le parole di Alboni, che ha parlato in riferimento all’attualità di «rozzi cultori di una assurda politica di discriminazione razziale» e di «nuovi lanzichenecchi al potere», ma mi pare che riflettano bene lo stato d’animo di molti Italiani, compresa parte della Chiesa cattolica, nei confronti di un Governo che mostra tratti autoritari, discriminatori e razzisti.
Per concludere, assessore Capezzera si rilegga la storiografia in merito e rifletta maggiormente sugli «anni bui» che stiamo vivendo noi Italiani, nauseati dal populismo berlusconiano al potere in Italia, e in futuro eviti le solite affermazioni banali e piene di luoghi comuni su quel tragico periodo storico.
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Casale, messa la pezza

Andrea Bagatta su Il Cittadino di oggi ci racconta che il luogo di culto temporaneo è ricavato in un magazzino all’interno di un complesso residenziale, ma che per ora i fedeli restano al loro posto. Il comune ha deciso insomma di sopportare la loro presenza fino alle 24 del 21 settembre.
Il comune trova una nuova moschea [temporanea].
Chiusa la sede di via Fugazza: gli islamici andranno in via Adda.
Rassegna stampa.

È stata emanata ieri l’ordinanza di chiusura della moschea di via Fugazza: i musulmani saranno ospitati temporaneamente, fino alla fine del Ramadan, nel locale comunale di via Adda, ma in attesa che sia pronto resteranno ancora in via Fugazza. Gli uffici comunali ieri mattina hanno provveduto a emanare l’ordinanza, immediatamente esecutiva, per il ripristino della destinazione d’uso originaria dei locali di via Fugazza, utilizzati dai musulmani come sede del loro centro culturale e luogo di preghiera ma ancora registrati per un uso artigianale. Di fatto, è la chiusura della piccola moschea. Come da impegni, però, l’amministrazione comunale ha già individuato la sede temporanea da assegnare ai musulmani fino alla fine del Ramadan, il loro mese sacro iniziato una settimana fa. Si tratta del capannone pubblico situato in via Adda, tra il distretto sanitario dell’Asl e le abitazioni private, raggiungibile con due accessi, uno dalla piazzetta davanti il distretto stesso, l’altro dal retro, al numero 19 di via Adda stessa. Si tratta di un locale comunale ricavato a scomputo oneri del piano edilizio Mi.Ga. di qualche anno fa, con il quale si era sviluppato l’ambito residenziale di via Adda. Circa 120, forse 150 metri quadrati dislocati tra gli uffici pubblici dell’Asl e le abitazioni private. Il capannone, dopo essere stato a lungo inutilizzato, proprio quest’anno è stato utilizzato come deposito, e oggi contiene cartelloni elettorali, transenne e altro materiale comunale.
Gli uffici hanno già avuto incarico di provvedere alla sistemazione del deposito secondo le richieste dei musulmani: saranno posizionate nei prossimi giorni delle luci supplementari, dei bagni chimici e alcuni lavandini. Sarà concesso in uso alla comunità islamica fino alle ore 24 del 21 settembre, anche se i residenti sono già in subbuglio per il prossimo arrivo dei musulmani.
«Entro qualche giorno sarà a disposizione il locale pubblico come sede temporanea, come avevamo promesso e come abbiamo concordato con la comunità musulmana - dice l’assessore Marzio Rossetti, che ha seguito insieme al consigliere Giuseppe Carelli le ultime fasi della vicenda -. Stiamo operando nella massima trasparenza, facendo rispettare le regole e al tempo stesso aiutando i musulmani a trovare una sede adeguata e a norma, scendendo anche a qualche compromesso necessario per governare una situazione così delicata».
Il compromesso è la decisione di concedere una proroga di pochi giorni ai musulmani per restare nei locali di via Fugazza fino a quando non sarà pronta la nuova sede di via Adda, forse venerdì 4 settembre. «Stiamo risolvendo una situazione difficile in piena condivisione con la comunità musulmana - commenta il sindaco Flavio Parmesani -. Sistemiamo le irregolarità, forniamo ai musulmani una sede temporanea adeguata e li stiamo aiutando a trovare una sede definitiva, fuori Casale. Mi sembra che tutti possiamo essere soddisfatti».
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