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domenica 30 agosto 2009

Il più devastante disegno autoritario dal dopoguerra

De Magistris: "Si prepara il colpo di Stato d'autunno".
Rassegna stampa - l'Unità.it, Luigi De Magistris.

Credo che il popolo italiano debba essere consapevole che la maggioranza politica - di ispirazione piduista - tenterà di utilizzare le Istituzioni per portare a compimento - nei prossimi mesi - il più devastante disegno autoritario mai concepito dal dopoguerra in poi. Un vero golpe d’autunno. Da un punto di vista istituzionale si cercherà di rafforzare il progetto presidenzialista - di tipo peronista - disegnato su misura dell’attuale Premier. Poteri assoluti al Capo dello Stato eletto dal popolo. Elezioni supportate dalla propaganda di regime costruita attraverso il controllo quasi totale dei mezzi di comunicazione. Il Parlamento - coerentemente ad un assetto autoritario e verticistico del potere - ridotto ad organo di ratifica dei desiderata dell’esecutivo con le opposizioni democratiche messe in condizione di esercitare mera testimonianza. La distruzione dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura attraverso la sottoposizione del pubblico ministero al potere esecutivo con modifiche costituzionali realizzate illegittimamente con legge ordinaria (quale quella che subordina il Pm all’iniziativa della polizia giudiziaria e, quindi, del governo), nonché attraverso la mortificazione del suo ruolo attraverso leggi quale quella che elimina di fatto le intercettazioni (rafforzando quindi la cosiddetta microcriminalità in modo, poi, da invocare poteri straordinari per combatterla).
La revisione della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura – non però nella direzione di liberare tali fondamentali organi dalle influenze partitiche e di poteri che pure sono presenti – ma attraverso il rafforzamento della componente politica e partitocratica. La soppressione della libertà di stampa e del pluralismo dell’informazione formalizzando normativamente la scomparsa dei fatti. La disintegrazione della scuola pubblica, dell’università e della ricerca, in modo da favorire il consolidamento della sub-cultura di regime, quella per intenderci che ha realizzato il mito del «papi», ossia del padrone che dispensa posti e prebende. Il prossimo Presidente della Repubblica – il desiderio dei nuovi peronisti è ovviamente quello che Berlusconi diventi il Capo, il Capo di tutto e di tutti - dovrà avere ampi poteri e con questi anche il comando delle forze armate (dopo aver già ottenuto la gestione della sicurezza attraverso la sua privatizzazione con l’utilizzo delle ronde da lanciare magari a caccia di immigrati e omosessuali) in modo da poter governare anche eventuali conflitti sociali con la forza.
Sul piano economico e del lavoro la maggioranza prepara la repressione al dissenso ed al conflitto sociale causato da un disegno che punta a rafforzare le disuguaglianze attraverso una politica economica che consolida sempre più i poteri forti e squilibra fortemente il Paese come nei regimi (chi ha già tanto deve avere di più, mentre sempre di più saranno quelli che non riescono ad arrivare alla fine del mese), con l’assenza del contrasto all’evasione fiscale e l’approvazione di norme che rafforzano il riciclaggio del denaro sporco. Il furto delle risorse pubbliche che vanno a finire nelle tasche dei soliti comitati d’affari. Il mancato adeguamento dei salari al costo della vita. L’incapacità di favorire l’iniziativa economica privata fondata sulla libera concorrenza supportando, invece, la rapacità dei soliti prenditori. L’assenza di strategia che possa rilanciare il lavoro - pubblico e privato - fondandolo sulla meritocrazia e non sul privilegio e sull’occupazione della cosa pubblica (come, per fare un esempio, nella sanità). Assenza di politiche economiche fondate su sviluppo e lavoro, tutela delle risorse e rispetto della natura e della vita. Il saccheggio, in definitiva, della nostra «Storia».
Un progetto contro il nostro futuro. Il colpo di Stato - apparentemente indolore ed a tratti invisibile - reso possibile dall’istituzionalizzazione delle mafie, dalla loro penetrazione nelle articolazioni economiche e pubbliche del Paese, dal loro controllo del territorio, dalla capacità di neutralizzare la resistenza costituzionale. Un golpe senza armi - ma intriso di violenza morale - con l’utilizzo del diritto illegittimo,della creazione di norme in violazione della Costituzione. L’eversione attraverso l’uso di uno schermo legale. L’uccisione della democrazia dal suo interno. È necessario, quindi, che si realizzino subito le condizioni per una grande mobilitazione civile, sociale e politica che si opponga a questo disegno autoritario che stravolge gli equilibri costituzionali e l’assetto democratico del nostro Paese.
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Armageddon mediatico, trincee in montagna

Da l'Unità.it riprendiamo due commenti apparsi su due dei blog dei giornalisti del giornale: il primo tratto da "Invece" del direttore Concita De Gregorio, il secondo da "Nemici" di Giovanni Maria Bellu, entrambi datati ieri.

La guerra lercia.

Un assaggio della guerra che ci aspetta in autunno. Non sporca, lercia. La battaglia finale di un uomo malato, barricato nel delirio senile di onnipotenza che sta trascinando al collasso della democrazia un paese incapace di reagire: un uomo che ha comprato col denaro, nei decenni, cose e persone, magistrati, politici e giornalisti, che ha visto fiorire la sua impunità e i suoi affari dispensando come oppio l'illusione di un benessere collettivo mai realizzato. Dall'estero guardano all'Italia come un esempio di declino della democrazia, una dittatura plutocratica costruita a colpi di leggi su misura e di cavalli eletti senatori. Vent'anni di incultura televisiva - l'unico pane per milioni - hanno preparato il terreno. Demolita la scuola, la ricerca, il sapere. Distrutte l'etica e le regole. Alimentata la paura. Aggrediti i deboli.
È una povera Italia, un piccolo paese quello che assiste impotente all'assalto finale alle voci del dissenso condotto da un manipolo di body guard del premier armate di ministeri, di aziende e di giornali. L'ultimo assunto ha avuto il mandato di distruggere la reputazione del "nemico". Scovare tra le carte gentilmente messe a disposizione dei servizi segreti, controllati dal premier medesimo, dossier personali che raccontino di figli illegittimi e di amanti, di relazioni omosessuali, come se fosse interessante per qualcuno sapere cosa accade nella vita di un imprenditore, di un direttore di giornale, di un libero cittadino. Come se non ci fosse differenza tra il ruolo di un uomo pubblico, presidente del Consiglio, un uomo che del suo "romanzo popolare" di buon padre di famiglia ha fatto bandiera elettorale gabbando milioni di italiani e chi, finito di svolgere il suo lavoro, va a letto con chi vuole - maggiorenne, sì - in vacanza con chi crede. La battaglia d'autunno sarà questa: indurre gli italiani a pensare che non c'è differenza tra il sultano e i suoi sudditi, tra il caudillo e i suoi oppositori. Non è così: la parte sana di questo paese lo sa benissimo.
Un anno fa arrivavo in questo giornale scrivendo che avrei voluto diventasse "il nostro posto". Non immaginavo sarebbe stata una trincea di montagna. Mentre cresceva, l'Unità è stata oggetto di una campagna denigratoria portata avanti dal presidente del Consiglio e dai suoi alleati, da giornali compiacenti non solo - purtroppo - nel centrodestra. Anziché difendersi e reagire compatto il fronte dell'opposizione si è diviso in guerre fratricide. Mentre si alimentano i veleni e le calunnie su di noi i nostri lettori sono cresciuti, negli ultimi mesi, del 25 per cento, caso unico nel panorama editoriale. I cittadini ci sono: leggono, capiscono. Mentre l'aggressione diventava personale (scritte intimidatorie sotto casa, telefonate notturne, le nostre vite sotto scorta) ci venivano offerte da emissari dei poteri opachi videocassette e carte contenenti "le prove" di gesta erotiche dei nostri aggressori. Materiale schifoso, alcove filmate all'insaputa dei protagonisti. Naturalmente le abbiamo respinte. Il sesso tra adulti, di chi non lo baratti con seggi e presidenze, non ci interessa. Questo è quello che ci aspetta, però. Sappiatelo. Una guerra lercia.

Miserabile "scoop".

Una domanda ha tenuto impegnato il mondo politico e giornalistico per tutta la giornata di ieri: Vittorio Feltri ha eseguito un mandato o è andato oltre? Gli effetti del suo attacco a Dino Boffo, direttore di Avvenire, il quotidiano dei vescovi, farebbero propendere per la seconda ipotesi. La tela che Gianni Letta aveva pazientemente tessuto per settimane è stata lacerata nello spazio di un mattino. Silvio Berlusconi, che ne aveva estremo bisogno, non ha potuto avere la Perdonanza. La sua cena col cardinale Bertone è stata cancellata e, unica nota lieta, i soldi risparmiati sono stati destinati alle vittime del terremoto.
Fino alle 13,20 di ieri - quando una nota della sala stampa vaticana ne ha annunciato l'annullamento - la Cena della Perdonanza era considerata il punto d'arrivo di una trattativa nemmeno tanto segreta tra Berlusconi e le gerarchie vaticane. Queste ultime avrebbero messo definitivamente una pietra sopra le imbarazzanti gesta erotiche del premier che, in cambio, avrebbe dato ampie garanzie sulla conferma alla Camera dell'inutile legge sul testamento biologico approvata dal Senato prima dell'estate.
Il fatto che per suggellare l'accordo fosse stata scelta una ricorrenza piena di significati per la Chiesa aveva suscitato qualche perplessità negli ambienti cattolici. Ma proprio il cardinale Bertone aveva provveduto a edificare un argine invalicabile contro questa o qualunque altra obiezione chiarendo che le affermazioni di singoli uomini di Chiesa non vanno necessariamente attribuite al Papa.
Insomma, tutto sembrava andare per il meglio. E invece, ieri mattina, il quotidiano più vicino al premier, diretto da pochi giorni da un direttore scelto dal premier, tira fuori una notizia apparsa un anno fa su un settimanale di proprietà del premier, la rimpolpa con «informative» di fonte poliziesca oltre che giudiziaria, e accusa il direttore del quotidiano dei vescovi di essere un omosessuale e un molestatore.
Feltri è dunque andato oltre il mandato ricevuto? Non è detto. Nell'editoriale di presentazione del miserabile «scoop» ha tenuto a chiarire di aver pubblicato la notizia con «dispiacere». E di averlo fatto solo per dimostrare cosa può accadere quando la politica «si svilisce scadendo nel gossip». Che è, esattamente, quanto ha detto ieri il presidente del Consiglio.
L'ha fatto (mentre anche nella maggioranza si levavano voci indignate) con una dichiarazione di apparente «dissociazione» dove ha messo sullo stesso piano i suoi guai personali (e cioè la frequentazione di minorenni e le notti con le escort) e la storia raccontata dal Giornale. Trascurando, al pari di Feltri, che la vicenda attribuita al direttore di Avvenire è totalmente diversa. Si è trattato di un contrasto aspro tra persone adulte che si è concluso con un patteggiamento e con una multa. L'unico elemento di «scandalo» è l'attribuita omosessualità.
Negli anni Sessanta un servizio segreto, il Sifar, agiva più o meno allo stesso modo. Solo che, fortunatamente, non disponeva di organi di stampa.
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Berlusconi come le tre scimmiette

Il Giornale all'assalto parla di assalto al Giornale. E nello stile Berlusconi che fa? utilizza naturalmente un sondaggio "usa e getta" e strilla: L’assalto contro «il Giornale» dei moralisti smascherati, e il coro di solidarietà che si è levato da sinistra a destra a favore di Dino Boffo, non hanno convinto gli italiani. È il risultato di un sondaggio lanciato da Sky Tg 24. La domanda rivolta ieri al pubblico è secca: «Il Giornale attacca la vita privata del direttore di Avvenire. I vescovi: «Fatto disgustoso. Con chi stai?». Ebbene, all’ora di cena il risultato è schiacciante: il 65 per cento risponde che sta dalla parte del quotidiano, quasi i due terzi del totale. Solo il 35 per cento si schiera a difesa del direttore moralista. La domanda, va sottolineato, non è rivolta soltanto ai lettori del Giornale, ma a tutti i telespettatori del popolare canale televisivo «all news» di proprietà di mister Rupert Murdoch alias «lo Squalo», magnate dell’editoria internazionale.
Ma intanto Berlusconi che ben conosce la valenza dei sondaggi e annusa l'umore del popolo vero si affretta a smentire alcune ricostruzioni giornalistiche che definisce, nel caso specifico, "falsità": "In questi giorni - sostiene il presidente del Consiglio - non ho mai avuto alcuna conversazione telefonica con il direttore del Giornale né con altri suoi collaboratori". Non c'entro dice insomma e chissà se Feltri, come Leonardo, arriverà a mangiare il panettone. E per fortuna per il Cavaliere che c'è Gheddafi, si può "rifuggiare" in Libia per togliersi di torno.Un lancio di agenzia delle 16:37 diceva "Silvio Berlusconi è atterrato a Tripoli. Il premier parteciperà ai festeggiamenti in occasione del primo anniversario della firma del Trattato di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia. Il presidente del Consiglio è stato ricevuto dal primo ministro libico Baghdadi Mahmudi e dal ministro degli esteri Mussa Kussa. Berlusconi avrà un incontro con il leader libico Muammar Gheddafi". Un posto, forse l'unico insomma, dove nascondere la faccia, perché altrove i giornali sono impietosi, come ci dicono queste corrispondenze a Repubblica.it.
Grande evidenza sul principale quotidiano finanziario americano.
"Il primo ministro italiano ha ricevuto uno sgarbo pubblico inusuale".
Affondo del Wall Street Journal: "La Santa Sede umilia Berlusconi".

Federico Rampini.

New York - "Il Vaticano umilia Berlusconi dopo l'attacco del suo giornale". Il titolo è a sei colonne sul Wall Street Journal, un'evidenza insolita per il principale quotidiano finanziario degli Stati Uniti. L'articolo esordisce così: "Il primo ministro italiano Silvio Berlusconi ha ricevuto uno sgarbo pubblico inusuale da parte del Vaticano, dopo che un quotidiano controllato da suo fratello aveva attaccato il direttore di un influente giornale cattolico per le critiche alla vita privata del premier".
Considerato "la Bibbia" dell'establishment capitalistico americano, primo quotidiano economico al mondo per diffusione, The Wall Street Journal è solidamente conservatore. Non aveva ancora dato un tale rilievo alle vicende di Berlusconi. L'articolo osserva che "l'incidente con il Vaticano accade in un momento delicato per il primo ministro". Ricorda che le rivelazioni sulla sua vita privata negli ultimi mesi "hanno fatto sì che le sue relazioni con la Chiesa cattolica sono diventate sempre più tese". Il lungo servizio da Roma conclude: "L'intenzione di Berlusconi di partecipare alla Perdonanza era vista come un gesto nel senso del pentimento. La Santa Sede non ha voluto che fosse strumentalizzata come una benedizione alle sue posizioni politiche e alla sua vita personale".
Lo spazio dedicato a questa vicenda dal Wall Street Journal, che fa parte del gruppo Dow Jones di proprietà di Rupert Murdoch, segnala un salto di visibilità nei mass media americani, finora meno attenti rispetto a quelli inglesi, tedeschi, francesi e spagnoli. Sulla causa per diffamazione contro i giornali, il Wall Street Journal riprende la tesi dell'editoriale di Repubblica sul tentativo del premier di dirottare l'attenzione dalle sue difficoltà personali.

Sì, avete letto bene il padrone del Wall Street Journal è il Rupert Murdoch di Sky TG 24. Tirate voi le conclusioni di peso e di misura.

Il Telegraph sulla denuncia di Berlusconi.
"L'Italia è indignata, avrà ripercussioni".
Enrico Franceschini.

Londra - "Gli italiani arrabbiati dopo che Berlusconi dichiara guerra ai giornali". Questo il titolo con cui il Sunday Telegraph di Londra continua a seguire l'evoluzione della vicenda italiana, dopo la denuncia per diffamazione contro Repubblica e altri giornali europei da parte del presidente del Consiglio e dopo la nuova crisi nella relazioni tra il premier e il Vaticano per l'articolo del Giornale contro il direttore dell'Avvenire. Il caso ha ricevuto e riceve l'attenzione dei maggiori giornali e delle principali reti televisive in gran parte del mondo, non solo in Europa ma anche in America e in Russia, dove i tg hanno dato ampio rilievo agli ultimi sviluppi.
"Silvio Berlusconi dovrà confrontarsi con le ripercussioni" delle sue azioni legali contro i giornali che hanno riportato gli scandali della sua vita privata, scrive il Telegraph, notando che la decisione di chiedere un risarcimento danni per un milione di euro a "Repubblica" ha suscitato "indignazione" in Italia e potrebbe dunque rivelarsi un contraccolpo per il premier. Il quotidiano londinese nota che le associazioni della stampa e i giornalisti italiani hanno condannato l'iniziativa del leader del Pdl contro "Repubblica" e riferisce di denunce analoghe lanciate dall'avvocato Ghedini, a nome di Berlusconi, contro El Pais in Spagna, contro il settimanale Novel Observateur in Francia e la minaccia di cause per diffamazione anche contro giornali britannici, la cui copertura della vicenda è stata giudicata particolarmente "aggressiva" da Ghedini, scrive il Telegraph.
Sempre sul Sunday Telegraph, edizione domenicale del Telegraph, una testata conservatrice, c'è stamane un'intera pagina di inchiesta su un aspetto dello scandalo: l'esistenza di un "open marriage", un matrimonio aperto, ossia in cui ognuno poteva condurre la propria vita privata, tra Berlusconi e la moglie Veronica Lario, secondo quanto emerso dal libro "Tendenza Veronica" di Maria Latella, uscito nei giorni scorsi in una nuova edizione aggiornata in Italia, o perlomeno secondo quanto riportato in merito al libro dalla stampa britannica, che ha interpellato anche l'autrice. "Oh, Silvio, hai violato i patti", s'intitola l'ampio servizio, che cerca di spiegare perché Veronica Lario ha sopportato così a lungo l'infedeltà del coniuge e in quali circostanza possa funzionare il concetto di "coppia aperta".
"Veronica sapeva che il marito conduceva una vita indipendente, ma a un certo punto lui ha violato gli accordi", dice al Telegraph Maria Princeton, una businesswoman che ha avuto a sua volta un "matrimonio aperto" col proprio marito. "Ma con una regola strettamente osservata", precisa, "non fare niente in pubblico che possa umiliare mio marito o i nostri figli". Un libro intitolato "Open marriage", uscito in Inghilterra nel 1972, diventò un best-seller, vendendo un milione e mezzo di copie, scrive il giornale londinese e non mancano esempi recenti, come quello dell'attrice Tilda Swinton, che vive con lo scrittore John Byrne, padre dei suoi due figli, ma l'anno scorso si è presentata a ritirare un premio con il suo "boyfriend", Sandro Kopp. Ma per lo più simili coppie restano insieme per il bene dei figli, commenta sulle colonne del medesimo quotidiano lo psicologo Philip Hodson della British Association of Psychoteraphy: "Quando si apre il vaso di Pandora, ciascuno deve cercare di controllare la propria sventatezza e sforzarsi di capire quello che sta provando il suo partner".
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La nona domanda

Chi ha dato a Feltri la falsa "nota informativa"?
Su Boffo una velina che non viene dal Tribunale.

Rassegna stampa - Repubblica.it, Giuseppe D'Avanzo.

La "nota informativa", agitata dal Giornale di Silvio Berlusconi per avviare un rito di degradazione del direttore dell'Avvenire, Dino Boffo, non è nel fascicolo giudiziario del tribunale di Terni. Non c'è e non c'è mai stata. Come, in quel processo, non c'è alcun riferimento - né esplicito né implicito - alla presunta "omosessualità" di Dino Boffo. L'informazione potrebbe diventare ufficiale già domani, quando il procuratore della Repubblica di Terni, Fausto Cardella, rientrerà in ufficio e verificherà direttamente gli atti.
Bisogna ricordare che il Giornale, deciso a infliggere un castigo al giornalista che ha dato voce alle inquietudini del mondo cattolico per lo stile di vita di Silvio Berlusconi, titola il 28 agosto a tutta pagina: "Il supermoralista condannato per molestie/ Dino Boffo, alla guida del giornale dei vescovi italiani e impegnato nell'accesa campagna stampa contro i peccati del premier, intimidiva la moglie dell'uomo con il quale aveva una relazione". Il lungo articolo, a pagina 3, dà conto di "una nota informativa che accompagna e spiega il rinvio a giudizio del grande moralizzatore disposto dal Gip del tribunale di Terni il 9 agosto del 2004". La "nota" è l'esclusivo perno delle "rivelazioni" del quotidiano del capo del governo. L'"informativa" subito appare tanto bizzarra da essere farlocca. Nessuna ordinanza del giudice per le indagini preliminari è mai "accompagnata" da una "nota informativa". E soprattutto nessuna informativa di polizia giudiziaria ricorda il fatto su cui si indaga come di un evento del passato già concluso in Tribunale.
Scrive il Giornale: "Il Boffo - si legge nell'informativa - è stato a suo tempo querelato da una signora di Terni destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla onde lasciasse libero il marito con il quale Boffo, noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni, aveva una relazione. Rinviato a giudizio, il Boffo chiedeva il patteggiamento e, in data 7 settembre del 2004, pagava un'ammenda di 516 euro, alternativa ai sei mesi di reclusione. Precedentemente il Boffo aveva tacitato con un notevole risarcimento finanziario la parte offesa che, per questo motivo, aveva ritirato la querela...".
È lo stralcio chiave dell'articolo punitivo. È falso che quella "nota" accompagni l'ordinanza del giudice, come riferisce il Giornale. L'«informativa» riepiloga l'esito del procedimento. Non è stata scritta, quindi, durante le indagini preliminari, ma dopo che tutto l'affare era già stato risolto con il pagamento dell'ammenda. Dunque, non è un atto del fascicolo giudiziario. Per mero scrupolo, lo accerterà anche il procuratore di Terni Cardella che avrà modo di verificare, con i crismi dell'ufficialità, che la nota informativa non è agli atti e che in nessun documento del processo si fa riferimento alla presunta "omosessualità" di Boffo. La "nota informativa", pubblicata dal Giornale del presidente del Consiglio, è dunque soltanto una "velina" che qualcuno manda a qualche altro per informarlo di che cosa è accaduto a Terni, anni addietro, in un "caso" che ha visto coinvolto il direttore dell'Avvenire.
L'evidenza sollecita qualche domanda preliminare: è vero o falso che Dino Boffo sia "un noto omosessuale attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni"? È vero o falso che la polizia di Stato schedi gli omosessuali?
Sono interrogativi che si pone anche Roberto Maroni, la mattina del 28 agosto. Il ministro chiede al capo della polizia, Antonio Manganelli, di accertare se esista un "fascicolo" che dia conto delle abitudini sessuali di Dino Boffo. Dopo qualche ora, il capo della polizia è in grado di riferire al ministro che "né presso la questura di Terni (luogo dell'inchiesta) né presso la questura di Treviso (luogo di nascita di Boffo) esiste un documento di quel genere" e peraltro, sostiene Manganelli con i suoi collaboratori, "è inutile aggiungere che la polizia non scheda gli omosessuali: tra di noi abbiamo poliziotti diventati poliziotte e poliziotte diventate poliziotti". "Da galantuomo", come dice ora il direttore dell'Avvenire, Maroni può così telefonare a Dino Boffo e assicurargli che mai la polizia di Stato lo ha "attenzionato" né esiste alcun fascicolo nelle questure in cui lo si definisce "noto omosessuale".
Risolte le domande preliminari, bisogna ora affrontare il secondo aspetto della questione: chi è quel qualcuno che redige la "velina"? Per quale motivo o sollecitazione? Chi ne è il destinatario?
C'è un secondo stralcio della cronaca del Giornale che aiuta a orientarsi. Scrive il quotidiano del capo del governo: "Nell'informativa si legge ancora che (...) delle debolezze ricorrenti di cui soffre e ha sofferto il direttore Boffo «sono a conoscenza il cardinale Camillo Ruini, il cardinale Dionigi Tettamanzi e monsignor Giuseppe Betori»". C'è qui come un'impronta. Nessuna polizia giudiziaria, incaricata di accertare se ci siano state o meno molestie in una piccola città di provincia (deve soltanto scrutinare i tabulati telefonici), si dà da fare per accertare chi sia o meno a conoscenza nella gerarchia della Chiesa delle presunte "debolezze" di un indagato. Che c'azzecca? E infatti è una "bufala" che il documento del Giornale sia un atto giudiziario. È una "velina" e dietro la "velina" ci sono i miasmi infetti di un lavoro sporco che vuole offrire al potere strumenti di pressione, di influenza, di coercizione verso l'alto (Ruini, Tettamanzi, Betori) e verso il basso (Boffo). È questo il lavoro sporco peculiare di servizi segreti o burocrazie della sicurezza spregiudicate indirizzate o messe sotto pressione da un'autorità politica spregiudicatissima e violenta. È il cuore di questa storia. Dovrebbe inquietare chiunque. Dovrebbe sollecitare l'allarme dell'opinione pubblica, l'intervento del Parlamento, le indagini del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), ammesso che questo comitato abbia davvero la volontà, la capacità e soprattutto il coraggio civile, prima che istituzionale, di controllare la correttezza delle mosse dell'intelligence.
Quel che abbiamo sotto gli occhi è il quadro peggiore che Repubblica ha immaginato da mesi. Con la nona delle dieci domande, chiedevamo (e chiediamo) a Silvio Berlusconi: "Lei ha parlato di un «progetto eversivo» che la minaccia. Può garantire di non aver usato né di voler usare intelligence e polizie contro testimoni, magistrati, giornalisti?".
Se si guarda e si comprende quel che capita al direttore dell'Avvenire, è proprio quel che accade: il potere che ci governa raccoglie dalla burocrazia della sicurezza dossier velenosi che possano alimentare campagne di denigrazione degli avversari politici. Stiamo al "caso Boffo". La scena è questa. C'è un giornalista che, rispettando le ragioni del suo mestiere, dà conto - con prudenza e misura - del disagio che nelle parrocchie, nei ceti più popolari del cattolicesimo italiano, provoca la vita disordinata del capo del governo, il suo modello culturale, il suo esempio di vita. È un grave smacco per il presidente del Consiglio che vede compromessa credibilità e affidabilità in un mondo che pretende elettoralmente, indiscutibilmente suo. È un inciampo che può deteriorare anche i buoni rapporti con la Santa Sede o addirittura pregiudicare il sostegno del Vaticano al suo governo. Lo sappiamo, con la fine dell'estate Berlusconi decide di cambiare passo: dal muto imbarazzo all'aggressione brutale di chi dissente. Chiede o fa chiedere (o spontaneamente gli vengono offerte da burocrati genuflessi e ambiziosissimi) "notizie riservate" che, manipolate con perizia, arrangiate e distorte per l'occasione, possono distruggere la reputazione dei non-conformi e intimidire di riflesso i poteri - in questo caso, la gerarchia della Chiesa - con cui Berlusconi deve fare i conti. Quelle notizie vengono poi passate - magari nella forma della "lettera anonima" redatta da collaboratori dei servizi - ai giornali direttamente o indirettamente controllati dal capo del governo. In redazione se ne trucca la cornice, l'attendibilità, la provenienza. Quei dossier taroccati diventano così l'arma di una bastonatura brutale che deve eliminare gli scomodi, spaventare chi dissente, "educare" i perplessi. A chi altro toccherà dopo Dino Boffo? Quanti sono i dossier che il potere che ci governa ha ordinato di raccogliere? E contro chi? E, concluso il lavoro sporco con i giornalisti che hanno rispetto di se stessi, a chi altro toccherà nel mondo della politica, dell'impresa, della cultura, della società?
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Armageddon mediatico, Boffo affonda Feltri

Rassegna stampa - Avvenire.
Il direttore risponde.
Non un’«informativa», ma un’emerita patacca.

Il mitico Feltri sventola il giorno dopo un foglio e dice che lui ha in mano i documenti. E, perdinci, cosa fa un giornalista quando gli arriva in mano un documento? Nell'Italia della sprovvedutezza e dell'ignavia, almeno lui agisce e pubblica, punto e chiuso. Già, ma perché prima che sia troppo tardi, non c'è qualcuno che si prende la briga di informarlo che quella che sventaglia come la provvida sciabola della giustizia è solo una traccia contorta e oscura che qualcuno ha confezionato e fatto girare in attesa che un allocco si presti al gioco?
È sorprendente che proprio il Mourinho dei direttori, il più mediatico dei mediatici, il più elegantone degli eleganti, il principe dei furboni, non si sia peritato di sottoporre previamente a qualche conoscitore di cose giuridico-giudiziarie quel cosiddetto documento - e se si trattasse di una banale lettera anonima, degna di ritornare tra quella spazzatura da cui proviene? - per smascherarne eventuali aporie, incongruenze, o addirittura strafalcioni. Nella congerie di insinuazioni di cui si raccontava sul Giornale di venerdì, non avevo neppure fatto troppo caso a dove si diceva che sarei stato da tempo «già attenzionato dalla Polizia di Stato per le mie frequentazioni» (ora, a scriverla, mi manca il fiato).
Le cose assurde erano talmente tante, che onestamente questa non mi aveva colpito più di altre. Fino a quando non mi ci ha fatto tornare Roberto Maroni allorché, con una telefonata per me assolutamente inattesa, ha voluto manifestarmi la sua solidarietà e il senso di schifo che gli nasceva dalle cose lette. Ma il ministro dell'Interno teneva anche ad assicurarmi di aver ordinato un'immediata verifica nell'apparato di pubblica sicurezza che da lui dipende, e che nulla, assolutamente nulla di nulla era emerso.
È solo un esempio, appunto. Ma si potrebbe spulciare riga per riga di quel fantomatico documento (vera «sòla») e controbattere, e far emergere di quel testo anzitutto l'implausibilità tecnica, poi magari quella sostanziale. Lo faremo, se necessario. Fin d'ora però, a me non interessa polemizzare istericamente con Feltri, per allertare invece l'opinione pubblica su qualche altra porcata che puntualmente verrà fuori, e che magari Feltri stesso ha «prudentemente» tenuto per un eventuale secondo tempo. Poi, si sa, una perla cattiva attira l'altra, come le ciliegie.
Rimane però il mistero iniziale: come avrà mai fatto il primo degli astuti a non porsi una domandina elementare prima di dare il via libera alla danza (infernale): questo testo che ho in mano è realmente un'«informativa» che proviene da un fascicolo giudiziario oppure è una patacca che, con un minimo appiglio, monta una situazione fantasiosa, fantastica, criminale? Perché, collega Feltri, questa domandina facile facile non te la sei posta? Ma se te la fossi fatta, sei proprio sicuro di avere vicino a te le persone e le competenze giuste per compiere i passi a seconda della gamba? Non sei corso troppo precipitosamente a inaugurare la tua nuova stagione al timone di quello che non è più un foglio corsaro ma il quotidiano della famiglia del presidente del Consiglio, che ti paga credo lautamente? Ad un certo punto, nella giornata di venerdì, nel sito del Giornale è comparso il testo di un lettore non certo mio amico (alfo.m., che ha trovato spazio anche sul sito dell'Uaar).
Spulciando i vostri articoli, costui annotava «l'incredibile quantità di strafalcioni ed inesattezze giuridiche», e didatticamente li elencava (riproduciamo questa lettera, riquadrata, qui sotto). Peccato che quel contributo sia prontamente sparito dall'online, avrebbe potuto far aprire gli occhi a quelli ancora ingenui che in buona fede credono a quello che scriviamo, e non sanno invece con quanta leggerezza talora impegniamo le nostre truppe in campagne tanto veementi quanto malaccorte.
Un divertissement, per noi lo scrivere, come per qualche volpone o volpina lo era - non più tardi di giovedì sera - aggirarsi per gli stand dell'ignaro Meeting menando vanto per l'imminente cannoneggiamento del tuo giornale. Non importa se il divertissment ammazza moralmente una persona, l'importante è il sollazzo. Una scuola di giornalismo anche questa. Già, ma attento, tu naturalmente sai più cose di me, e tuttavia potresti non esserti accorto che si sta restringendo l'area dei lettori che a noi credono sempre e comunque. L'area di quelli che scorgono, dentro la nostra sciagurata categoria, gli intemerati cavalieri senza macchia e senza paura. Quando anche costoro si desteranno, per quelli di una certa scuola sarà la fine. Peccato che nel frattempo - temo - avranno definitivamente ammazzato la professione. Per ora sappi che hai pestato una cacca ciclopica. Auguri.

Post scriptum:
1) Ho visto che i tuoi amici (Sgarbi, Capezzone, Renato Farina...) sono preoccupati per un'aggressione ai tuoi danni che vedono profilarsi all'orizzonte: essi hanno la mia stima, li condivido e li ringrazio, dobbiamo infatti riuscire a vivere in modo che non ci siano aggressori proprio perché non ci sono aggrediti, nello spirito di quella Perdonanza cui ci richiama Giuliano Ferrara. Non c'è bisogno infatti del conflitto violento neppure nella contesa più aspra, e da parte mia ti prometto che quanto di fondamentale non farà spontaneamente capolino davanti all'opinione pubblica, emergerà civilmente e pacatamente in un tribunale della Repubblica, cui i miei avvocati già lunedì si presenteranno per la querela.
2) Tu e, molto più modestamente io, siamo ormai direttori di lungo corso. Non so tu, ma io ho passato gran parte dei miei quindici anni da direttore a incontrare persone che volevano fare il giornalista, a verificare i loro percorsi, a ragionare sulle loro ipotesi interpretative. Non tutti i contatti sono finiti bene e, non so a te, ma a me è capitato che qualcuno di essi sia tecnicamente finito male, nel senso che alla fine io abbia ritenuto (indovinando, sbagliando? non lo so) che quel dato giovane collega, magari abile, non fosse tuttavia adeguato ad Avvenire. Ecco, permettimi un suggerimento: cerca in questi giorni di non fare del male al tuo giornale e ai tuoi lettori concedendo la ribalta a chi forse appare molto informato (si spiegherà anche lui in tribunale), ma potrebbe mirare soltanto a saldare qualche vecchio conto.
Grazie.

Qui sotto il testo della lettera a Il Giornale online cui si fa riferimento nel testo.
«Il Giornale» online.
Intervento prima pubblicato e poi cancellato dal sito.
Sul Forum de 'Il Giornale' il 28.08.09 alle ore 13: 13 il lettore alfo. m ha scritto:

«È incredibile la quantità di strafalcioni ed inesattezze giuridiche di questo artico­lo.
a) La molestia ( 660 C. P.) è una contrav­venzione e non è previsto il rinvio a giudi­zio del Gip, semmai la citazione diretta da parte del Pm.
b) La molestia è reato procedibile d’ufficio, quindi è impossibile che sia stata ritirata la querela dalla persona offesa.
c) La molestia è contravvenzione oblazio­nabile, ma forse il giornalista nemmeno sa cosa sia questa procedura.
d) Secondo il giornalista, Boffo avrebbe pa­gato 516 € per il patteggiamento, ossia la cifra massima prevista per la pena pecu­niaria alternativa all’arresto: impossibile! Cosa fa? Patteggia per ricevere il massimo della pena? Da sbellicarsi dalle risate... Per non tacer del fatto che per la scelta del rito si ha diritto ad uno sconto di pena fino ad 1/ 3, per non parlare poi di tutte le atte­nuanti. Complimenti davvero, mi fate mol­to, molto ma molto riflettere! »
L’intervento è stato rimosso poco dopo.
E noi con alfo. m riflettiamo, riflettiamo molto anche tenendo presente chi qui a Brembio di quel foglio si fa campione nei suoi strilli spesso a vanvera.
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Pgt e biogas, altrove fanno discutere

San Rocco al Porto.
Scintille in Consiglio su piano regolatore e avvio dei lavori dell’impianto a biogas.
Rassegna stampa - Il Giorno di oggi.

Via libera del Consiglio comunale all’accordo con il comune di Guardamiglio per la stesura del Piano di Governo del Territorio. Venerdì sera l’assemblea ha votato a favore dell’iniziativa. Contrari gli esponenti di opposizione della lista «Guidesi sindaco», che non hanno contestato il patto in sé, quanto piuttosto alcune scelte effettuate e messe nero su bianco in esso. Ad illustrare in aula l’accordo è stato l’assessore all’urbanistica e ai lavori pubblici Claudio Spelta.
«Unendo le forze con Guardamiglio — ha precisato Spelta — otterremo un risparmio». Guido Guidesi, leader dell’opposizione, ha definito una «scorrettezza» aver pubblicato l’avvio del procedimento in forma associata prima che il Consiglio di San Rocco si esprimesse, e ha espresso perplessità sulla scelta di individuare Guardamiglio, comune più piccolo, come capofila. In aula animi agitati anche per i lavori di realizzazione di un impianto di biogas avviati nella frazione Mezzana Casati e di cui la minoranza ha chiesto informazioni perchè pare che in paese nessuno sapesse nulla.

Lodi. Il nuovo piano regolatore arriverà in Consiglio sotto elezioni.
Urbanistica, l’ultimo nodo aperto.

Guido Bandera.

L’ultima grande scelta prima delle elezioni comunali sarà il nuovo piano urbanistico della città. Una corsa contro il tempo: il piano di governo del territorio, nel programma amministrativo dell’attuale giunta di centrosinistra, deve essere approvato prima della fine del mandato. I tempi stringono e le scelte da compiere sono molte. Si tratta infatti di una svolta nello sviluppo della città, dai tempi dell’ultima variante al piano regolatore, che risale a molti anni fa. Poco prima delle ferie, la Giunta di Lorenzo Guerini ha varato uno dei documenti che compongono il complesso mosaico del piano: la Valutazione ambientale strategica.
In queste 79 pagine, come previsto dalle norme regionali, tutta l’analisi della situazione ambientale della città: rifiuti, inquinamento, traffico, consumo del suolo, ma anche l’uso dell’acqua, dei trasporti pubblici. La fotografia che emerge dalle pagine dello studio, affidato all’architetto Angelo Bugatti, dell’università di Pavia, racconta di problemi vecchi di anni. In primo luogo, un uso intenso dell’automobile. Oltre l’80 per cento dei pendolari di Lodi si muove sulla propria vettura. Poi, emerge una situazione difficile per quanto riguarda le polveri sottili, sempre ampiamente sopra la media prevista come limite dall’unione europea. Come questa situazione può essere modificata però dalle scelte urbanistiche, è difficile dire. Certo, il Comune punta, stando al piano, a un miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, a un minor consumo delle risorse idriche, a una riduzione del consumo del suolo. In prospettiva, secondo il futuro piano di governo del territorio, Lodi dovrà crescere, ma solo in zone predefinite. Il grande ampliamento dell’edificazione in zona oltre Adda è statato fortemente ridimensionato. L’obiettivo massimo di crescita in abitanti è fissato a quota 55mila. Ma questo se avverrà avverrà solamente nell’arco di diversi anni. Per il resto le linee guida restano quelle già previste. Sviluppo edilizio, in linea di massima, solo nelle zone interne alla tangenziale, moderna «cinta muraria» della città. Anche se a «macchiare» la purezza del progetto ci hanno già pensato i comuni limitrofi che nelle zone di confine hanno già dato vita a una fortissima espansione, soprattutto commerciale. Il documento che la Giunta si appresta a completare e a sottoporre (non si sa ancora quando) all’attenzione del Consiglio comunale dovrà però attraversare le acque tempestose dell’ultimo scorcio di mandato, quello che prelude alla campagna elettorale di marzo.
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Per il sindaco di Casale non ci sono proteste

Casalpusterlengo. Il sindaco Parmesani interviene sulla questione moschea.
«I residenti con me non hanno protestato».
Rassegna stampa - Il Giorno di oggi.

L’esecutivo locale rimane intenzionato ad indirizzare la comunità locale islamica, in modo provvisorio fino alla fine del mese sacro del Ramadan, sul magazzino comunale di via Adda. E sceglie di non replicare agli attacchi avanzati dalla minoranza, che aveva parlato di «stretta sulla sicurezza trasformatasi in una bolla di sapone».
«Vogliamo sapere quanto costerà l’operazione - aveva tuonato l’ex assessore Ferdinando Fanchiotti -. La zona non è idonea e il magazzino di via Adda non è a norma di legge. Tanto valeva lasciare i fedeli islamici in via Fugazza fino alla fine del Ramadan». «Lunedì (domani per chi legge, ndr) ci ritroveremo per fare il punto della situazione e prendere nuove decisioni anche alla luce di nuovi elementi che dovrebbero esserci forniti - spiega il sindaco Flavio Parmesani -. L’amministrazione comunale sta lavorando per gestire al meglio la situazione e per creare i minori disagi a tutti. In questo momento non vogliamo rispondere alle accuse dell’opposizione». «Devo dire che in realtà finora nessun residente di via Adda è venuto in Municipio o ha telefonato per avanzare le proprie lamentele - aggiunge -. A telefonare sono stati invece i responsabili del centro culturale islamico che ci hanno chiesto la possibilità di consentire l’accesso anche in questi giorni all’edificio di via Fugazza. Gli abbiamo concesso questa deroga momentanea all’ordinanza (valida finché non sarà agibile la struttura alternativa) proprio perché abbiamo capito che il provvedimento è giunto in pieno Ramadan».
«Da parte nostra - prosegue il sindaco Parmesani - non c’è assolutamente la volontà di creare tensioni. Per quanto riguarda il magazzino di via Adda, stiamo prendendo in considerazione la possibilità di effettuare interventi, dal costo contenuto, come la sistemazione dell’impianto elettrico o la predisposizione di un punto acqua, che poi potranno risultare utili anche in futuro».
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La resa dei conti

La Cgil, per il segretario la cabina di regia ha funzionato, ma mancano progetti.
Campagnoli: «L’autunno sarà nero e preoccupante».
Rassegna stampa - Il Giorno di oggi.

L’ottimismo gli sembra proprio fuori luogo. Domenico Campagnoli (nella foto), segretario della Camera del Lavoro di Lodi, non crede alle sirene che parlano di ripresa.
Come sarà il rientro dalle ferie per l’economia del Lodigiano?
«Prevedo un autunno nero e preoccupante. Al di là della riconferma della cassa integrazione per alcune aziende, la selsazione, che spero venga smentita, è che arriveranno nuove difficoltà. Le piccole aziende che hanno già fatto ricorso alla cassa, che hanno subito un calo di commesse, ma hanno cercato di tenere l’occupazione in attesa della ripresa, potrebbero ricorrere ad altri strumenti».
Mobilità e licenziamenti?
«Sì. Ci sono aziende che hanno tenuto la posizione con pazienza. E questa pazienza potrebbe esaurirsi. Del resto non è un caso che il nostro centro studi parla di 800 mila posti a rischio in Italia per il 2010».
Come pensa abbia lavorato il tavolo sulla crisi del Lodigiano?
«Posto che ultimamente non è stato convocato molto, devo dire che tutte le parti in causa hanno fatto la loro parte nel rispondere all’emergenza del breve periodo: difesa dei posti, un minimo di reddito. Ma siamo completamente scoperti per quanto riguarda i progetti strategici per il rilancio del futuro. Manca un settore trainante, che possa prendere il posto della logistica, della grande distribuzione, delle banche. Manca investimenti su ricerca e nuovi prodotti, che possono garantire il futuro produttivo».

Ma c'è chi non la vede nera.
Gli artigiani lodigiani sperano nel «Piano casa» varato dal Governo e dal traino dell’Expo 2015. Da lunedì le attività riprendono a pieno ritmo e ci si aspetta di vedere arrivare finalmente segnali positivi. «La situazione è preoccupante — sostiene il segretario dell’Unione Artigiani di Lodi Mauro Sangalli — perché a differenza degli anni passati diverse aziende hanno posticipato la riapertura dopo le vacanze estive e molte di queste si stanno addirittura interrogando se sia il caso di cessare l’attività. Non sarà un settembre facile. Tutto dipenderà dalla ripresa industriale. Gli artigiani lodigiani finora hanno resistito tirando il più possibile la cinghia e ricorrendo a contratti di solidarietà e riduzione di orari di lavoro, ben consapevoli che il licenziamento di un dipendente, in imprese micro come le loro (in genere da 2 o 3 addetti), è una perdita enorme in termini di patrimonio di know-how».
C’è però anche un problema di natura fiscale. «Questo è il momento poi in cui tutti gli artigiani hanno appena pagato le tasse relative al fatturato 2008 — aggiunge — e quindi hanno dovuto affrontare spese. Se non ci sarà la ripresa non prevedo momenti rosei. Di certo però chi supererà questo scoglio sarà più forte di prima. Il 50 per cento delle imprese lodigiane è legato all’edilizia. Ecco perchè ci si aspetta molto dal “Piano case”. Dipenderà da quanto i privati potranno e vorranno investire. Finora i segnali non sono incoraggianti». Non a caso, anche nelle indagini presentate a luglio dalla Camera di commercio, che fotografavano la fiducia delle imprese, risultavano evidenti le difficoltà e il clima pessimistico che regnavano all’interno del settore costruzioni e edilizia.

Intanto una nuova iniziativa a favore delle piccole imprese della zona si appresta a decollare dalla prossima settimana. A darne anticipazione è il presidente della Camera di Commercio Enrico Perotti. «Nei prossimi giorni — spiega — sarà sottoscritto un nuovo accordo tra noi della Camera di Commercio, la Provincia, Assolodi e le banche Centropadana e Popolare di Lodi. In base a questo patto, nel caso ci fossero ritardi nei pagamenti delle casse integrazioni da parte dell’Inps, gli istituti di credito potranno anticipare le somme destinate ai lavoratori. L’esperimento prende il via in collaborazione con queste due banche, ma anche gli altri istituti potranno aderire».
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