FATTI E PAROLE

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mercoledì 18 novembre 2009

Il nostro crocefisso quotidiano

Speriamo non venga tolto anche il Cristo del Lazzaretto.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Lettere & Opinioni, 18 novembre 2009.

Esattamente vent’anni fa,nel mio libro di poesie santangioline “Sonetti e Rime dal Loggione”, con il sonetto “El Crucefis del diretur” avevo denunciato un fatto increscioso: dalla direzione della scuola di via Morzenti il direttore didattico di allora aveva tolto il Crocifisso. Una poesia che fece scalpore. Ora, in questi tempi di Crocifissi, cerchiamo almeno di valorizzare quelli che abbiamo, soprattutto se sono delle opere di pregevole fattura. Uno di questi si trova nella chiesetta del Lazzaretto “che 'l gh'ha el campanén cuna pèna dù mùri, 'sto por picinén”. Si tratta di uno storico e grande Crocefisso di legno scuro, forse del 1600 - 1700, proveniente dall’antico convento dei frati domenicani che sorgeva alla periferia del borgo Santa Maria, in località Cogozzo, sulle cui rovine sorse l’elegante villa Cortese, ora sede dell’Azienda Ospedaliera della Provincia. Chiuso quel convento, il Crocifisso venne concesso alla mia nonna materna, Luigia Buscaglia Mascheroni, dimorante nelle vicinanze. Come mi raccontarono le zie, sorelle di mio padre, la nonna lo portò a casa avvolto nel suo grembiule e collocato all’inizio della scala che portava alla “desura”, cioè alle stanze di sopra, al primo piano. Custodito con grande venerazione, divenne il protettore di casa Mascheroni. Quando monsignor Antonio Gaboardi procedette all’adattamento del presbiterio secondo i dettami del Concilio Vaticano II, richiese quel Crocifisso alle zie, che, pur a malincuore, non lo concedettero ma offrirono centomila lire per l’acquisto di quello attuale in Basilica. Defunte le zie oltre trent’anni fa, noi nipoti decidemmo di donarlo alla casa natale di Madre Cabrini, in quel momento in fase di un ennesimo restauro. Con una targhetta che ne ricordava la provenienza e l’omaggio degli eredi Mascheroni, fu collocato nella camera dove nacque la Santa e trasformata in cappella. Vi rimase in venerazione fino ad un ulteriore (e non ultimo) restauro, e perciò fu tolto di là e confinato dalle suore in un ripostiglio, dove tempo dopo fu scovato dal parroco che decise di destinargli degna sede al Lazzaretto (scomparsa la targhetta). In questi tempi di diatriba sul Crocifisso, credo sarebbe buona cosa cercare di valorizzarlo sempre di più. Già ultimamente in Basilica ne fu esposto uno antico (senza croce), di pregevole fattura, restaurato a dovere e destinato al museo allestito nei matronei. Il Crocifisso del Lazzaretto, con oltre due secoli di storia, penso sia veramente degno di attenzione da parte di chi di dovere. Anche per stabilirne il valore artistico e storico. Ne avevo accennato tempo fa al parroco, che mi rispose avrebbe interpellato il suo predecessore. Invece purtroppo questa ultima opera d’arte non ha ancora trovato la sua valorizzazione. Sperando che - di questi tempi - non venga pure Lui tolto dal muro sopra l’altare del Lazzaretto.
Achille Mascheroni



Abbiamo aggiunto nel titolo alla parola crocefisso l'aggettivo «quotidiano» per riassumere un fatto evidente, che cioè il crocefisso è un simbolo presente dovunque nella quotidianità della nostra civiltà occidentale, al punto che non ci facciamo più - senza quasi - caso. E ci troviamo a meravigliarci del clamore che suscitano dispute se toglierlo o lasciarlo dov'è, spesso non capendo il perché di tanto accanimendo dialettico e dell'uso delle vicende in tutta evidenza strumentale da parte di forze politiche che si rifanno ad una assoluta, senza se e senza ma, laicità dello stato da una parte e dall'altra in tanta loro religiosità confusa addiritura all'adorazione pagana, seppur simbolica, di un fiume. Le une e le altre esasperazioni fanno male soprattutto all'intelligenza dei credenti e dei non credenti. Trovarsi a misurare se stessi, i propri sentimenti, laici o religiosi che siano, con intransigenti che proprio con la loro intransigenza ti offendono, non è cosa piacevole e non aiuta ad una serena convivenza nel rispetto dell'altro.
Può essere stata anche una legge fascista a imporre il crocefisso nelle aule scolastiche e nei luoghi pubblici. Ma dove sta il senso di toglierlo ora? A sessanta anni e passa dalla caduta del fascismo invocare su un simile gesto una pretesa di ripristo delle cose "ante" non è "antifascismo", è idiozia. C'è chi dice che la presenza del crocefisso a scuola sia una costrizione deleteria a seguire il credo cristiano. Non so quanti hanno inteso correttamente le parole della mamma finnica di origine che mostravano la sua difficoltà ad educare il figlio per la presenza di un pezzo di legno a scuola. Parole che finiscono, pur lei nolente, per esaltare la potenza di quel pezzo di legno se basta la sua presenza a "deviare" dal cammino tracciato in famiglia. C'è chi si preoccupa di non creare difficoltà ad immigrati di religione diversa... ma quante cose dovremmo noi allora cambiare! Pensiamo alla Croce Rossa, che nei paesi musulmani è sostituita dalla Mezzaluna, pensiamo a tutti i simboli presenti in ambito sanitario, a cominciare dalle farmacie. E chi più ne ha, più ne metta. Il crocefisso, la croce è dovunque e non è necessario che sindaci leghisti facciano ronde o ordinanze. Ci sono e rimarranno dove sono, perché è un simbolo, volenti o nolenti, della nostra cultura, così come molti modi di dire, molte parole del vocabolario. Ci metteremo con lo sbianchetto a cancellare anche quelle? Dire "povero cristo" o "poveri cristi" sarà vietato per legge, perché richiama la condizione del crocefisso?
Per questo motivo abbiamo deciso per un po' di tempo di fare del crocefisso un appuntamento quotidiano che mostri come quel simbolo faccia parte della nostra giornata dovunque, e che di conseguenza mettere in discussione la sua presenza anche in un solo luogo sia, comunque la si pensi, semplicemente vuota cosa o mera strumentalizzazione.

Cominciamo con un crocefisso un po' scontato.



A seguire il crocefisso della sala del Consiglio comunale che fa buona guardia sulle decisioni prese, come pure il presidente Napolitano.



L'immancabile simbolo d'un presidio sanitario.



Sull'uscio di una casa privata.



E domani un nuovo fotopost di testimonianza.
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Sotto TIRo

Tir, il brivido quotidiano.
Fotopost - Foto scattate questa mattina.





Un ottimo collaudo per la recente tombinatura della roggia. Resistere resistere resistere! E adesso chi tira giù il balcone (qualcuno ci ha già provato) vince una bambolina!





Il tir, con una curva impeccabile (grazie al passaggio sul marciapiede), passerà ad una spanna (o due) dal balcone con un sospiro di sollievo di chi ci stava sopra. E poi vai, verso la meta del Garibaldino alla garibaldina.
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Il 2x1 del curioso

Non c'è limite alla pigrizia e alla sperimentazione statica.
Fotopost. Fotografia scattata questa mattina in un intorno di mezzogiorno in vicolo Vistarina.



Per la cronaca la campana non era né stracolma né piena. Forse svuotare i sacchetti nel contenitore non era operazione poi così difficile.
La seconda annotazione riguarda il luogo dove la campana è posizionata. Una soluzione estetica, un po' di dadaismo nell'arredo urbano che non guasta mai? Certo un luogo insolito, tenendo conto che è adiacente ad uno spiazzo che ospita un parcheggio per automobili. Forse ritagliare da tale spiazzo uno spazio per collocare la campana non era poi, in fin dei conti, un'operazione così impossibile e difficile, almeno non più difficile dello svuotare i sacchetti nel raccoglitore della differenziata.
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Un'altra vittima del gps

Brembio. Camionista bulgaro segue il navigatore, finisce nei campi e si ribalta in un fosso.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 18 novembre 2009.

Un tir si è rovesciato lunedì sera a Brembio, su una strada di campagna che porta ad alcune cascine in direzione di Mairago. L’autista, un cittadino bulgaro, era arrivato lì seguendo le indicazioni (sbagliate) del navigatore satellitare e alla fine, complice le continue curve e la strada stretta, era finito con il rimorchio in un fosso che corre parallelo alla carreggiata. Il mezzo, che sembra fosse diretto a una ditta di logistica di Brembio per scaricare la merce che trasportava, è rimasto in quella posizione tutta la notte, fino a ieri mattina, quando una gru di Baggi ha agganciato il tir e lo ha riportato sulla strada, sollevandolo in aria per alcuni minuti. Un’operazione spettacolare che ha costretto la polizia locale di Brembio, che ha diretto l’intervento e ha effettuato i rilievi dell’incidente, a chiudere la strada per almeno mezz’ora. Limitati comunque i disagi per la viabilità, visto che lo schianto si è verificato in una strada di campagna che collega Brembio e Mairago e che successivamente diventa la provinciale 190, un’arteria quindi poco trafficata e che porta ad alcune aziende agricole. L’allarme era scattato il giorno precedente, lunedì intorno alle 16, quando il camionista si era perso nelle campagne del Lodigiano e alla fine era finito fuori strada. Lui è uscito dalla cabina di guida praticamente illeso. Le operazioni di recupero sono state rinviate al giorno successivo, visto che in quel momento stava già sopraggiungendo l’oscurità e la visibilità era già ridotta.

Nota all'articolo. Le indicazioni fornite dal navigatore purtroppo non sono sbagliate. Molti navigatori mostrano la strada per il Polenzone come la via più breve per raggiungere Lodi senza dare indicazioni sulla qualità della strada. Quello raccontato nell'articolo non è il primo inconveniente del genere. La logistica è ovviamente la Fiege. Ed il passaggio di tir su strade dove vi è il divieto di passaggio dei mezzi pesanti è all'ordine del giorno. Anche questa mattina l'ennesimo tir ha compiuto un passaggio pericoloso e spericolato che documenteremo con fotografie. Il problema è serio e dovrebbe essere messo una volta per tutte come prioritario in agenda comunale.
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La direttiva nitrati mette in difficoltà l’agricoltura lodigiana

Troppi nitrati nell’acqua, il Lodigiano area “critica”.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Greta Boni, 18 novembre 2009.

La direttiva nitrati mette in difficoltà l’agricoltura del territorio. Il limite previsto per legge (170 chilogrammi di azoto per ettaro) è superato anche in provincia di Lodi, oltrepassando in molti casi persino la soglia dei 340 chilogrammi per ettaro. Nella stessa situazione si trovano Bergamo, Brescia, le campagne di Mantova e parte del Cremonese, un’area che può vantare un patrimonio zootecnico di circa un milione e mezzo di bovini e quasi 5 milioni di suini, ai quali si aggiungono oltre 29 milioni di capi allevati nel settore avicolo. Lo stato di attuazione della direttiva nitrati in Lombardia è stato il tema al centro del convegno promosso dalla commissione regionale Attività produttive, presieduta da Carlo Saffioti, un incontro che si è tenuto alla presenza di numerosi operatori di settore.
Per l’occasione è stata presentata una ricerca realizzata dall’Ersaf, che ha contribuito a fare il punto sulle problematiche che la direttiva comunitaria in materia di nitrati ha introdotto in Lombardia, in particolare nel settore agricolo. Infatti, il limite di 170 chilogrammi di azoto per ettaro, imposto per legge in materia di utilizzazione agronomica dei reflui da allevamento, costringe una parte rilevante di aziende a ricercare terreni “extra-aziendali” dove distribuire i reflui. Allo stesso tempo, gli agricoltori sono costretti ad adottare soluzioni impiantistiche e tecnologiche per abbattere l’azoto, così da rendere più gestibile la situazione. Oltre la metà dei 10mila allevamenti lombardi ha oggi un carico d’azoto superiore al limite normativo.
«L’applicazione della direttiva nitrati - afferma Saffioti - rischia di mettere in crisi l’agricoltura lombarda, quella più avanzata e moderna del Paese. Obiettivo della Regione è ottenere in tempi brevi la proroga, così da avere la possibilità di mettere in atto le azioni capaci di trasformare questi vincoli in opportunità. Certo, ci dovrà essere una maggiore consapevolezza da parte degli operatori, che devono però essere aiutati e supportati».
Saffioti non è l’unico a sostenere la necessità di una deroga. «Siamo tutti d’accordo aggiunge il consigliere Gianfranco Concordati - sulla necessità di una deroga, ma dobbiamo valutare con attenzione le modalità e i tempi. L’agricoltura lombarda è una agricoltura compatibile con la tutela e la qualità ambientale, e in questa direzione negli ultimi anni i nostri agricoltori hanno fatto investimenti e interventi significativi. Semmai - conclude Concordati -, oggi paghiamo su questo tema i ritardi e le inefficienze passate dei governi regionali e nazionali».
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L'Arpa chiede la bonifica della cava di Orio

Orio. L’Arpa chiede controlli su falda e suolo dove erano stati scaricati bitume e spazzamento stradale. «Maxi bonifica per la cava di Rifiutopoli».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Carlo Catena, 18 novembre 2009.

Orio. Monitoraggio della falda acquifera, con almeno tre linee di pozzi di controllo, ricerca di eventuali ulteriori tipologie di rifiuti sepolti e provvedimenti riguardanti la sicurezza alimentare del mais coltivato da circa due anni ai margini della cava della Forca di Orio Litta: sono le prescrizioni che l'Arpa di Lodi ha dato all’amministrazione comunale del sindaco Pierluigi Cappelletti ritenendo che, al di là di quelle che saranno le conclusioni processuali di “Rifiutopoli”, le aree di ripristino ambientale della cava del gruppo Burlini siano da considerare a tutti gli effetti una discarica e una potenziale fonte di inquinamento.
Le analisi utilizzate dall’Arpa per stendere le sue linee guida, attualmente al vaglio di tecnico e segretario del comune di Orio, sono le stesse effettuate per conto del pm Paolo Filippini nell'indagine che ha visto rinviate a giudizio 18 persone e due imprese. Carotaggi su circa un sesto dell’intera superficie interessata, con l’ok della Provincia di Lodi, dallo smaltimento di terre di spazzamento stradale provenienti dall’intera Lombardia e, secondo l’accusa, non adeguatamente ripulite dagli idrocarburi. Contenuti nel materiale oltre la soglia di legge di un grammo per chilo, sostengono gli esperti della procura, e smaltibili qui al ritmo di 50mila tonnellate all’anno. Inoltre atti repertati dai carabinieri del Noe indicano che qui sarebbero finite anche 90mila tonnellate di miscele bituminose, scaricate al posto di sabbia e ghiaia asportate dalla cava della Forca tra il 2003 e il 2007. I prelievi erano stati effettuati dall'Arpa di Lodi all’indomani degli arresti, nell’autunno del 2007, le analisi di laboratorio effettuate dall'Arpa di Como nel marzo del 2008 e le conclusioni, ritenute allarmanti sotto il profilo ambientale dal'Arpa di Lodi e notizia di reato dalla procura, rese note agli inquirenti nel luglio del 2008. «Ma i dati sono arrivati in comune solo in questi giorni - spiega il sindaco di Orio, Cappelletti - e all’Arpa sostengono che è necessaria una bonifica. Che spetterebbe alla società proprietaria del terreno e che, in caso di diniego, dovrebbe essere effettuata con i poteri sostitutivi dal comune di Orio». Per questo il sindaco intende prima di tutto incontrare l’assessore provinciale all’ambiente Elena Maiocchi, anche se poi i soldi, come finora avvenuto per decine di vicende analoghe, li dovrebbe anticipare la Regione Lombardia.
Solamente scenari, per ora, visto che il comune non ha ancora formalizzato alcuna ordinanza di bonifica, ma si preannuncia un’annosa battaglia. «Purtroppo ci siamo ritrovati anche questa eredità ingombrante - conclude il sindaco Cappelletti - alla luce della quale ritengo che i 60mila euro di danni ipotizzati nella costituzione di parte civile nel processo “Rifiutopoli”, alla vigilia delle elezioni, rischino di essere una goccia nel mare. A meno che il privato non affronti con coraggio da imprenditore le sue eventuali responsabilità».
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Dieci anni di occupazione stabile

Ospedaletto. Sono tre le cooperative attive nello stabilimento con un indotto che coinvolge almeno 1600 persone. Un macello che “taglia” anche la crisi. In dieci anni gli occupati all’Inalca sono passati da 492 a 524.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Lorenzo Rinaldi, 18 novembre 2009.

Ospedaletto - Il Consorzio Euro2000, attivo all’interno del grande macello Inalca di Ospedaletto Lodigiano (il più ampio d’Europa), compie dieci anni. Dieci anni nei quali è stata assicurata un’occupazione stabile (partiti da 492 dipendenti, si è arrivati agli attuali 524 e per il “piccolo” Lodigiano non è poco) e soprattutto sono stati creati posti di lavoro per il territorio, visto che la maggior parte dei lavoratori abita in un raggio di trenta chilometri da Ospedaletto. «Considerato l’attuale livello dei dipendenti - osserva Pasquale D’Alterio, presidente Consorzio Euro 2000 - possiamo dire che generiamo un indotto per circa 1500-1600 persone». Il Consorzio, nato da un accordo del 1999, è composto da tre cooperative: Iride, che si occupa di macellazione, Universal, che si occupa di disosso, e King Service, i cui lavoratori sono attivi nel settore carico-scarico e movimentazione merci. Nel tempo la realtà del Consorzio Euro2000 è andata rafforzandosi e ha saputo superare, a soli due anni dall’apertura dello stabilimento di Ospedaletto, la crisi della “mucca pazza” (2001). Una crisi a cui è seguito un anno di elevata improduttività, a cui il Consorzio è riuscito comunque a far fronte. Nel 2006 è arrivata poi la certificazione di qualità del sistema aziendale Iso 9001 e, nel luglio 2007, il Consorzio ha aderito all’associazione di categoria Assocarni, che consente un costante aggiornamento mediante newsletter e notiziari di settore. A partire dal 2009, infine, è stato concesso dall’Inail uno sconto del 10 per cento sul premio annuale per la riduzione del numero degli infortuni del 52 per cento dal 2002 al 2009.
Nel 2002 Iride aveva 177 occupati, Universal 278 e King Service 37, per un totale di 492 lavoratori in forza al Consorzio Euro2000. Nel 2009 i lavoratori sono 524: 142 per Iride, 307 per Universal e 75 per King Service. Il 73 per cento del personale in forza al Consorzio risiede in un raggio di 30 chilometri da Ospedaletto. Il 57 per cento è composto da cittadini extracomunitari (e qui bisognerebbe verificare perché gli italiani non fanno questi lavori) e il 75 per cento dei lavoratori è stato assunto da più di tre anni, «segno di una certa stabilità occupazionale, al contrario di altre cooperative in cui regna il precariato», dice D’Alterio. Dal 7 luglio 2009 al 6 gennaio 2010 è stata però avviata una procedura di cassa integrazione in deroga straordinaria, per far fronte all’andamento del mercato. Tra luglio e ottobre Iride ha utilizzato il 55 per cento della cassa richiesta, Universal il 27 per cento, King Service il 38 per cento.«I lavoratori attualmente sono 524 - conferma D’Alterio - e avere questi numeri in questo particolare momento economico è significativo. Il dato importante è che i nostri numeri sono cresciuti negli anni, a partire dal 1999. Da quando siamo nati, parallelamente allo sviluppo delle tre cooperative che fanno riferimento al Consorzio, l’obiettivo è stato quello di tutelare la forza lavoro e favorire la crescita professionale e l’integrazione sociale, visto che parte dei nostri lavoratori è composta da cittadini stranieri. La forte presenza degli extracomunitari nelle nostre coop è dettata dal fatto che per alcune mansioni, ad esempio la macellazione, i lavoratori italiani scarseggiano».
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Un disavanzo che cresce di anno in anno

Casalpusterlengo. Il comune alle prese con il bilancio, tra un buco strutturale di un milione e mezzo e i vincoli del patto di stabilità. Tirare la cinghia per far quadrare i conti. Le strategie di fine anno illustrate dall’assessore Antonio Spelta.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 18 novembre 2009.

Attenzione, razionalizzazione, risparmio: è questa la ricetta con cui si metteranno in equilibrio i conti del comune. E magari ne deriveranno maggiore efficienza nei servizi e capacità progettuale. Si avvicinano le scadenze di fine anno e comincia a delinearsi la strategia economica della nuova amministrazione di centrodestra, oggi stretta tra un disavanzo strutturale di un milione e mezzo di euro circa e il rispetto del patto di stabilità, per cui mancano ancora 870mila euro.
«Il disavanzo tra entrate e uscite tende a crescere di anno in anno, e per il 2010 dovremo far fronte a tante incognite. Una per tutte: la crisi del lavoro quanto peserà in termini di mancati incassi Irpef e di maggiori spese sociali? - si chiede l’assessore al bilancio Antonio Spelta -. Per il patto di stabilità, invece, la situazione è difficile, ma ancora in movimento, e proveremo fino in fondo a evitare di sforare. Nelle prossime due settimane ne sapremo di più».
Una situazione che necessita di una cura drastica. «Tutti gli assessori e i responsabili di servizio devono capire quale momento stiamo vivendo, e assumere atteggiamenti responsabili: rinviare le spese non necessarie, fare attenzione ai risparmi su tutto, supplire con nuove idee alla mancanza di risorse - dice Spelta -. Il tempo del tutto è dovuto è finito, l’ente deve andare verso una migliore sostenibilità economica».
Operazione non sempre facile da far digerire alla macchina amministrativa e ai colleghi di giunta. «Abbiamo avviato la pratica del bilancio per assessorati proprio per responsabilizzare tutti rispetto alla questione - va avanti Spelta -. È indispensabile che il progetto sia condiviso dalla giunta intera e dalle segreterie politiche, ed è per questo che ho chiesto di avere un incontro a breve. Non si può sempre rattoppare il bilancio vendendo un immobile o un terreno o aspettando l’arrivo di qualche finanziamento superiore. Alcune operazioni saranno da farsi, ma dobbiamo invertire la rotta sulla gestione normale dell’ente. Anche perché questo può portare a maggiore efficienza nei servizi».
I fronti su cui si trova a lavorare l’assessorato al bilancio sono stati finora molteplici. «Abbiamo già esaminato 120 domande per il rimborso Ici e le altre 30 saranno visionate nei prossimi giorni. A oggi abbiamo già individuato circa 22mila euro di rimborsi per i cittadini - spiega Spelta -. Stiamo preparando il bando per il servizio di trasporto disabili, valutando nel dettaglio le esigenze degli utenti. Abbiamo avviato una verifica del servizio di raccolta rifiuti, per capire se ci sono zone d’ombra dove si spende inutilmente e se si possono introdurre migliorie gestionali. Abbiamo portato avanti tra mille difficoltà e con l’esito molto dubbioso la partita con Italgas per la cessione della Metanina, per cui non era stato fatto nemmeno il rinnovo della convenzione. E poi ci sono le richieste degli assessorati, che sono spesso le richieste dei cittadini da soddisfare. Il tutto in meno di cinque mesi, e lavorando sempre in affanno a causa del disavanzo».
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Le prime critiche al metrò leggero

Pendolari sulle barricate: «La linea Lodi-Saronno trascura le nostre esigenze». Metrò leggero, una “cantonata”: passeggeri scontenti per gli orari.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Greta Boni, 18 novembre 2009.

Pendolari scontenti e pure rassegnati. Ancora una volta hanno scoperto all’ultimo momento che i loro viaggi tra Lodi e Milano non cambieranno di una virgola, nemmeno con l’entrata in vigore di quella che doveva essere la loro “ancora di salvezza”: il metrò leggero Lodi-Saronno.
«Come al solito ai diretti interessati non hanno fatto sapere niente - dice Lucia Scacchi del Comitato pendolari di Lodi -, per noi non c’è nulla di nuovo, nessuno si è fatto più sentire. Abbiamo appreso dalla stampa la novità sugli orari della linea S1, anche se si specifica che si tratta di una fase sperimentale noi abbiamo sollevato tutti i nostri dubbi. I convogli non si concentrano nelle nostre ore di punta e in ogni caso ci sembrano un po’ pochi».
In base alle informazioni diffuse in questi giorni, a partire dal 13 dicembre sono previste 32 nuove corse tra Lodi e Milano, ma il piano orari delineato riguarda solo il rientro dalla metropoli verso il Lodigiano. I treni si concentreranno nella “fascia morbida” compresa tra le 9 del mattino e le 16.30, con fermate anche a Tavazzano, San Zenone, Melegnano, San Giuliano, Borgolombardo e San Donato Milanese. Ci sarà un treno ogni mezz’ora durante i giorni feriali, mentre il sabato e la domenica i convogli saranno uno all’ora. Oggi a partire da Milano Rogoredo sono in servizio - tra le 8.23 e le 17.37 - sette treni che fanno tutte le fermate, con la S1 i viaggiatori ne avranno a disposizione diciotto. «Speriamo di poter incontrare a breve la nuova amministrazione provinciale - afferma Giulio Anelli, pendolare della Bassa che ieri sera si trovava a Lambrate a bordo di un treno con 30 minuti di ritardo -, sia perché non abbiamo ancora avuto il piacere sia perché è ora di fare il punto della situazione. Sappiamo che saremo convocati, la data non è stata ancora fissata, ma ci auguriamo di non dover aspettare molto. La maggior parte dei pendolari non utilizzerà i nuovi treni in circolazione, tra le persone con cui ho avuto modo di parlare solo una ragazza che lavora part-time potrà usufruire della S1. Per quanto mi riguarda, preferisco che la Lodi-Saronno sia inaugurata durante la fascia debole, per non correre il rischio di avere ulteriori problemi, in quel caso saremmo davvero spacciati. Dal momento che è un test quello che stanno facendo, provare per provare che lo facciano evitando l’ora di punta». Anche Anelli sottolinea l’assenza di comunicazione fra le “alte sfere” e i viaggiatori. «Inoltre - conclude il passeggero lodigiano -, nelle ultime due settimane è stato davvero un inferno: non sono ancora arrivato al lavoro puntuale».
Il Comitato pendolari di San Zenone, al pari delle altre associazioni del territorio, ha espresso un’opinione negativa sul tabellone degli orari della S1. «Gli orari da potenziare - sottolinea Alessandro Grecchi, pendolare della Bassa - sarebbero quelli dei pendolari, più convogli ci sono al mattino e alla sera e meglio è per tutti noi. Se nel corso del pomeriggio un treno è in ritardo o la linea è più carente si può anche sopportare, ma le ore di punta sono quelle più importanti. Si dovrebbero tenere maggiormente in considerazione la fascia che va dalle 7 alle 9, dalle 12 alle 13 e quella dalle 18 in poi. Se un servizio ai pendolari non serve - si chiede infine il viaggiatore -, che cosa ne facciamo?».
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Non ci resta che tapparci il naso

La settimana parte in salita: nel capoluogo il Pm10 si ferma a quota 77, ma a Codogno si sale a 93 microgrammi a metro cubo. Smog, polveri sottili ancora alle stelle. In provincia superata da venerdì scorso la soglia di attenzione.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Greta Boni, 18 novembre 2009.

Meglio tapparsi il naso o girare con la mascherina, perché in questi giorni lo smog è salito alle stelle per l’ennesima volta. Colpa delle polveri sottili, pronte a “scatenarsi” ogni volta che arriva l’autunno. Traffico, riscaldamenti accesi e assenza di pioggia rendono tutto più complicato, soprattutto in questo periodo.
La settimana è iniziata male: i lodigiani hanno dovuto scontrarsi con un Pm10 che solo a Lodi città ha raggiunto quota 77 microgrammi al metro cubo, almeno per quanto riguarda la centralina posizionata in viale Vignati, se si considera invece la centralina di via Sant’Alberto il livello scende di qualche punto, fermandosi a 64. Per legge l’inquinamento non dovrebbe superare la soglia dei 50 microgrammi al metro cubo, un risultato che la pianura Padana riesce sempre a conquistare con difficoltà. Quasi tutte le province lombarde sono tristemente famose per il numero elevato di “sforamenti”. Lo smog ha preso d’assalto la città di Lodi ormai da diversi giorni, venerdì scorso il Pm10 si è fermato a 68, sabato è salito a 72 e domenica ha raggiunto la “vetta” degli 80 microgrammi al metro cubo. Questi dati sono stati segnalati dalla centralina di via Vignati, uno strumento che prende in considerazione anche le emissioni del traffico veicolare.
Nel capoluogo, però, i cittadini hanno potuto godere di un piccolo “sconto”, perché in alcuni paesi della provincia le polveri sottili sono schizzate addirittura oltre i 90 microgrammi per metro cubo. La “maglia nera” per la qualità dell’aria spetta ancora una volta a Codogno, che ha toccato quota 93 microgrammi per metro cubo, seguita - anche se con un certo distacco - da Montanaso (78), Bertonico (77) e Tavazzano (73). Il Pm10 è solo uno dei “nemici” da tenere sotto controllo, la qualità dell’aria dipende anche dal biossido di azoto e dall’ozono. Anche sotto questo punto di vista gli ultimi dati registrati dalla regione Lombardia lasciano a desiderare, non solo nel caso della provincia di Lodi, bensì in tutta la pianura Padana. Purtroppo le previsioni del tempo non fanno ben sperare, così come foschia e nebbie non aiutano i polmoni dei lodigiani. Le previsioni meteo di Arpa Lombardia segnalano che almeno per tutta la settimana i cittadini dovranno fare i conti con un cielo grigio che non lascerà spazio a pioggia.
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La strada per il federalismo è ancora lunga

«Date più risorse ai comuni»: Guerini batte cassa a Maroni.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Matteo Brunello, 18 novembre 2009.

«In questo periodo di crisi diffusa l’impegno per la tenuta della coesione sociale è in gran parte svolto dai comuni. Per questo è necessario che si mettano a disposizione strumenti adeguati. Si deve individuare un tributo proprio che consenta ai comuni di superare i meccanismi di finanza derivata in cui sono imbrigliati». Così il sindaco di Lodi, Lorenzo Guerini, è intervenuto ieri all’ottava edizione della fiera “Risorse comuni”, cui ha preso parte anche il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Un’iniziativa, promossa dall’Associazione dei comuni lombardi e organizzata a Milano, cui ha preso parte anche il primo cittadino di Lodi, in qualità di capo delegazione dell’Anci alla conferenza Stato-Città. L’apertura della tre giorni di incontri e seminari è stata affidata al presidente di Anci Lombardia, Attilio Fontana. «Siamo onorati della medaglia che oggi il presidente della Repubblica assegna a “Risorse comuni” - ha sottolineato Fontana - come attestato di stima verso il lavoro di rappresentanza degli enti locali. Ma rimane aperto un altro fronte: vorremmo anche che in queste tre giornate di lavoro arrivasse la comunicazione del presidente del consiglio con cui si riconosce ai comuni l’assegnazione della quota di Ici oggi ancora mancante. I comuni hanno già messo a bilancio questi importi e ora, con i conti di fine anno, non sanno come venirne fuori». Lorenzo Guerini ha aggiunto: «I temi dell’Ici sono incombenti e mettono in difficoltà i comuni nel rispetto dei parametri prefissati. Tutto questo ben sapendo che proprio i comuni nell’ambito della finanza pubblica sono gli unici che si possono definire virtuosi». Il ministro Maroni ha evidenziato l’importanza dei comuni sul fronte della sicurezza, inoltre ha annunciato che sulla finanza locale «la vera soluzione è il federalismo, ma la strada è ancora lunga». All’incontro della manifestazione di “Risorse comuni” è intervenuto anche il sindaco di Milano, Letizia Moratti.
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Se Berlusconi ci toglie l'acqua


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