13 novembre 2009
Gran brutto posto l'Italia se una maggioranza pensa di reggersi sul consenso di una maggioranza di bucanieri, ovvero pensi che questo popolo che si spaccia (o è spacciato) per popolo di santi, poeti e marinai sia in realtà un popolo (al di là dei pochi coglioni e farabutti che continuano a martellarsi sulle palle) soprattutto di delinquenti tanto da aspettarsi il plauso per aver annientato lo stato di diritto. Anche se nella miseranda convinzione di fare una marchetta in favore di chi tiene il libro paga (e poi sì, in fin dei conti una legge simile può tornare comoda sempre, parola del Cosentino di turno che intanto non si dimette - già, e se la legge passa? che figura da fesso sarebbe).
Intanto oggi le cronache ci dicono che nella pratica di divorzio tra il premier e lady Veronica rischiano di entrare le carte del processo per corruzione che riguardano l’avvocato inglese. Così, a complicare le cose tra 5 figli e un maxi patrimonio, potrebbe spuntare qualche segreto. (Sky Tg24).
Un intricato nodo economico e giudiziario (racconta Sky Tg24) che partirebbe da una richiesta di divorzio, si intreccerebbe con alcune inchieste e finirebbe col condizionare l'assetto patrimoniale del premier, con inevitabili conseguenze politiche. Per alcuni osservatori, è questo lo scenario che Silvio Berlusconi e i suoi legali dovranno affrontare nei prossimi mesi.
Il ricorso individuale di separazione con addebito, presentato in tribunale, secondo il Corriere della Sera, dai legali di Veronica Lario, sarebbe solo una parte del complicato contenzioso sul patrimonio del premier, che vedrebbe contrapposti i due primogeniti di Berlusconi ai tre figli avuti con Veronica Lario.
Per il quotidiano Libero, vicino al centrodestra, ad aggravare infatti la situazione sarebbe poi "l'ipotesi di un tesoretto non ufficiale accumulato negli anni all'estero a favore di Berlusconi e dei suoi due figli (Marina e Piersilvio ndr) impegnati direttamente in azienda", circostanza che emergerebbe "dalle carte del processo Mills e dalle varie inchieste sui diritti televisivi".
Una supposizione che, se confermata, finirebbe inevitabilmente col riguardare anche la richiesta di divorzio della Lario. Era stata proprio Veronica ad annunciare la separazione a mezzo stampa nel maggio scorso. Dopo aver criticato la scelta del partito del premier di candidare “veline” alle elezioni europee (“ciarpame senza pudore”), la first lady italiana aveva detto di considerare “chiuso” “dopo 30 anni il sipario sulla mia vita coniugale”, motivando così la sua scelta: “non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni”. La Lario alludeva alla partecipazione del premier alla festa di compleanno della diciottenne Noemi Letizia.
La richiesta di separazione con addebito aggraverebbe ora la distanza tra i due. In tal caso, si profilerebbe infatti una battaglia legale da almeno sette miliardi: a tanto ammonterebbe il valore del gruppo Fininvest.
Obiettivo della Lario non sarebbe tanto quello di tutelare la sua posizione: attraverso la finanziaria “Il Poggio”, infatti, è già proprietaria di un patrimonio immobiliare di 20 milioni di euro, oltre a disporre di una quota consistente (il 38%) del quotidiano Il Foglio. La signora Berlusconi chiederebbe invece maggiori garanzie sul futuro dei suoi tre figli (Barbara, Eleonora e Luigi), in modo da ottenere una spartizione equa con i due primogeniti del premier, avuti dalla prima moglie Carla Dall’Oglio (Marina e Piersilvio).
Attualmente, il presidente del Consiglio detiene il 65% del gruppo, mentre ciascuno dei cinque figli controlla il 7%. Sempre secondo la ricostruzione del quotidiano Libero, in un primo momento l’idea dei legali del premier sarebbe stata quella di sdoppiare il gruppo in due società. Nella prima, destinata ai due primogeniti, sarebbero finite Mediaset, Mondadori e magari, Medusa. La seconda, invece, riservata ai figli di secondo letto, avrebbe contenuto la quote di Mediolanum, il Teatro Manzoni, gli immobili e tutte le altre attività minori, oltre a un congruo conguaglio in denaro.
Su questa ipotesi si sarebbe arrivati alla rottura. Anche perché se i due primogeniti del premier hanno da tempo ruoli di responsabilità nel gruppo (Marina è presidente di Fininvest, Piersilvio è vicepresidente di Mediaset), gli altri tre figli, invece, avrebbero già da tempo rivendicato ruoli di responsabilità nelle aziende ammiraglie del gruppo. Intenzioni lasciate trapelare anche da dichiarazioni pubbliche: è il caso, ad esempio di Barbara Berlusconi che, in un'intervista a Vanity Fair dopo aver affermato di non voler essere “la nuova presidente di Medusa film”, ha manifestato il desiderio di lavorare per il gruppo Mondadori. Sembra ormai certo che il futuro suo e dei suoi fratelli sarà determinante per l'esito della separazione tra il premier e la seconda la moglie.
Sempre oggi un articolo su Libero ci racconta di chi conta davvero. Silvio Berlusconi naturalmente, tra i potenti d'Europa dietro solo al Papa. Già Papi in ordine alfabetico viene ovviamente dopo "papa". Undicesimo il Papa, dodicesimo Papi. E tutti gli altri europei dietro con qualche distacco. È la lista di Forbes, la rivista americana, che mette in fila le personalità più potenti - aggettivo che Libero si affretta a specificare che non sta per forza per i più ricchi, ma dei più influenti politicamente, economicamente e socialmente. Incredibile risultato, no? Ma tranquilli, Forbes al quarantunesimo posto mette "El Chapo", ovvero Joaquin Guzman, il grande capo del narcotraffico, messicano e pluriomicida, al momento latitante. Tutto torna insomma. Del resto nella lista c'è anche Osama Bin Laden. Ma la cosa curiosa di Libero è che fa la distinzione in buoni e cattivi. Vada tra i buoni l'uomo più potente del mondo, Barack Obama, vada Bill Gates, il fondatore di Microsoft e di questi tempi filantropo, naturalmente nessuna obiezione per Benedetto XVI, per Bill Clinton, per Steve Jobs, il mitico guru fondatore di Apple, per Ratan Tata, produttore della macchina più economica del mondo. Ma chi ti mettono i belpietrini in mezzo ai buoni, lui il santo, Papi. Vi chiederete chi sono i cattivi. Beh, innanzitutto due comunisti Hu Jintao, il presidente cinese, secondo nella lista e Vladimir Putin, il premier russo, terzo, l'amicone del nostro premier. Che brutte compagnie frequenta Silvio. Va a escort? Siamo fortunati che non mangi bambini. Nella lista dei cattivi scritta sulla lavagna di Libero, dopo, viene Abdullah bin Abdul Aziz al Saud, il sovrano saudita - con lui forse i redattori ce l'hanno perché Forbes lo definisce «il dominatore assoluto del regno del deserto», tant'è che commentano "manco fosse il Veglio della Montagna". Tra i cattivi, secondo i belpietrini, poi Kim Jong II, il citato Osama Bin Laden, terrorista naturalmente, Ali Hoseini Khamenei, titolo di demerito ayatollah, Joaquin Guzman, trafficante di droga e la ciliegina Hugo Chavez detto dittatore. Chavez nella lista Forbes occupa il sessantaquattresimo posto, l'ultimo. E nell'articolo si cita la biografia che Forbes riporta: «Il suo socialismo del ventunesimo secolo si basa su controllo dei prezzi, razionamento del cibo, nazionalizzazioni e maratone televisive di cinque ore nel suo talk show "Alò presidente", e si chiosa "E pure questo è potere". Che dovremmo dire noi di Papi?
Ma godiamoci il Travaglio di ieri sera.
Oggi, come riporta La Stampa, Fini avrebbe detto: «I patti non erano questi, siamo al gioco delle tre carte». Alla faccia del «L'intesa regge solo se il testo non cambia» del famoso accordo tra Berlusconi e Fini. Ma il premier tira dritto. Sì perché come fonti vicine a Papi spiegano, per Silvio «Gianfranco non capisce che siamo di fronte a un attacco eversivo dei pm». E ai parlamentari del predellino della libertà ha dato appunto libertà: «I deputati e i senatori sono liberi di modificare il ddl sul processo breve». Già, è proprio questa la preoccupazione che Fini - dice La Stampa - ha comunicato al capo dello Stato durante il breve colloquio a Montecitorio in occasione di una cerimonia per le vittime delle missioni internazionali. Cioè, come c'è stata la prima modifica del testo sul reato di immigrazione, ce ne saranno altre - la paura è questa - peggiorative. C'è da chiedersi chi abbiamo mandato in Parlamento, la banda Bassotti? Ogni riferimento all'altezza è puramente casuale.
L'ultima. Proprio oggi il "feltrino", cioè il Giornale di Feltri, ha pubblicato la ricetta di Berlusconi per l'ecologia, un suo intervento nel libro «Guida al green jobs». Molto aziendal-politichese di convenienza. Ma in una cosa è stato preciso, e di riflesso è il suo pensiero sul che fare: «Nella nuova epoca della green economy la tutela degli ecosistemi avverrà lungo un cammino lastricato [già questo è un brutto verbo] di realismo e concretezza. Si tratta di una nuova impostazione che sarà possibile grazie alle tecnologie a disposizione e a un approccio più pragmatico. D'altro canto, il fondamentalismo ambientalista ha fallito: non ha dato risultati concreti e in Italia ha condotto alla mancata realizzazione di infrastrutture fondamentali, a cominciare dalle centrali nucleari e dai termovalorizzatori. La stagione del dogmatismo verde ha danneggiato la società senza preservare l'ambiente. sul tema, il nostro governo userà tutti gli strumenti per favorire lo sviluppo della green economy evitando qualunque pericolosa distorsione ideologica». E vai! Termovalorizzatori e centrali nucleari a gogo.