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martedì 13 ottobre 2009

Lo specchietto per allodole di papi

Berlusconi eletto direttamente dal popolo? Balle.
Rassegna stampa - MicroMega, Pancho Pardi, 12 ottobre 2009.

La frase “eletto direttamente dal popolo” domina la scena. Il sempre più pensoso Pecorella l’ha usata in modo preventivo per convincere la Corte Costituzionale che al presidente del consiglio devono essere accordate guarentigie speciali, superiori a quelle che toccano alle altre cariche dello Stato. La Corte ha cestinato il suggerimento.
Ora il presidente del consiglio non passa minuto che non ci ripeta “sono stato eletto direttamente dal popolo”. L’affermazione dovrebbe smontare secondo lui l’impianto logico che la Consulta ha opposto al Lodo Alfano: preminente su tutto è l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; se per caso si deve derogare al principio essenziale della Costituzione si deve per forza farlo con una legge di rango costituzionale; ma, qui è il punto, una legge costituzionale non può intaccare il principio di uguaglianza. Non c’è scampo per il Lodo Alfano.
Ma è poi vero che Berlusconi è stato eletto direttamente dal popolo? Niente affatto. I cittadini italiani sono stati costretti a votare da una legge elettorale infame che, oltre a impedir loro di votare per chi volevano, li ha obbligati a votare per simboli in cui era stato infilato il logo “Berlusconi presidente” o “Veltroni presidente”. Una forzatura cui a suo tempo la classe dirigente di centrosinistra non seppe e non volle opporre tutte le necessarie riserve di ordine costituzionale. Quali? Per esempio: la repubblica è parlamentare e non presidenziale; imporre il trucco di quella scritta è una precisa lesione alla natura della repubblica. Oppure: nella Parte II della Costituzione, al Titolo III (Il Governo) è contemplato nella Sezione I il Consiglio del Ministri e nel suo contesto il presidente del consiglio compare con chiarezza come primus inter pares. Non c’è una sezione dedicata a lui: infatti la Sezione successiva, la II, è dedicata alla Pubblica Amministrazione. Nell’indice il presidente del consiglio è saltato a piè pari. Secondo Pecorella invece, in virtù della formuletta inserita nel logo del simbolo elettorale, Berlusconi sarebbe primus super pares.
È una colossale panzana. La cosiddetta elezione diretta è solo un subdolo artificio iconografico: una scritta nel simbolo e niente di più. Quanto alla vera elezione diretta del presidente del consiglio l’unico caso è quello di Israele. Considerato universalmente un disastro istituzionale, che giuristi di tutto il mondo hanno illustrato e commentato. Ma se proprio Berlusconi ritiene di ispirarsi a Israele potrebbe seguire l’esempio del suo presidente del consiglio Olmert che ha lasciato la carica e si è fatto processare per corruzione. Si è anche detto onorato di aver guidato un paese in cui il capo del governo non ha diritti superiori a quelli di tutti i cittadini. Che dirà il sempre più pensoso Pecorella?
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Berlusconi e i poveri

Famiglia Cristiana: Il Cavaliere contro tutti e al di sopra di tutto.
Rassegna stampa - Famiglia Cristiana, Beppe Del Colle, 18 ottobre 2009 - tratto da MicroMega, 13 ottobre 2009.

Fra le due più notevoli notizie della scorsa settimana, una ha avuto il massimo di esposizione sui media: la bocciatura del "lodo Alfano" da parte della Corte costituzionale; l’altra è stata pubblicata in qualche pagina interna, o del tutto ignorata dai Tg: tre milioni di persone vivono in Italia sotto la soglia di povertà alimentare, fissata fra i 233 e i 252 euro al mese di spesa per comprarsi da mangiare al Nord, fra i 207 e i 233 al Centro e tra i 196 e i 207 al Sud.
La differenza fra la diffusione delle due notizie si spiega fin troppo facilmente. La prima offriva ai giornalisti e ai politici l’ennesima occasione per schierarsi pro o contro Berlusconi. La seconda induceva a ricordarsi che in Italia ci sono migliaia di persone che ogni giorno perdono il posto di lavoro (il che costituisce nel 60 per cento dei casi la ragione principale della caduta sotto la soglia della povertà alimentare, soprattutto fra le famiglie con tre o più figli) e molto probabilmente non leggono giornali. Perché parlarne?
Così il Cavaliere è stato ancora una volta al centro di tutto, e lo sarà quasi certamente almeno fino al termine della presente legislatura perché, come egli stesso ripete a ogni occasione, è "l’eletto del popolo", e ciò gli consente l’intangibilità concreta totale, checché si dica alla Consulta, nei tribunali, in Parlamento, sui giornali. Si tratta di un principio ignoto in una qualsiasi democrazia liberale dalla fine delle monarchie assolute, ma ribadito ogni giorno all’opinione pubblica italiana.
La bocciatura del "lodo Alfano" è stata commentata dai sostenitori di Berlusconi come il frutto di una "presa in giro", di un "inganno comunista", di una contraddizione con la precedente sentenza della stessa Corte a proposito del "lodo Schifani", la sospensione dei procedimenti giudiziari in corso nei confronti delle maggiori cariche istituzionali.
La contraddizione consisterebbe nella presenza, nel giudizio di incostituzionalità per il "lodo Alfano", dell’articolo 138 della Costituzione, che mancava invece in quella per il "lodo Schifani" (in quell’articolo si afferma che per modificare la Carta è necessaria una maggioranza qualificata in Parlamento). I difensori della decisione attuale della Consulta hanno fatto notare che anche l’altra volta l’articolo 138 era implicito, anzi assorbito come "ogni altro profilo di illegittimità costituzionale" in quello disegnato nell’articolo 3 – citato in entrambe le sentenze –, in virtù del quale tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Come che sia, nulla ha impedito a Berlusconi di rispondere con estrema decisione, in tutti i toni (anche la volgarità contro Rosy Bindi) non solo ai critici interni, ma anche alla stampa straniera, e infine contro il presidente della Repubblica.
Il premier è stato polemico con tutti e tre i capi dello Stato con i quali ha avuto a che fare: Scalfaro, Ciampi e Napolitano, che sintetizzano le tre culture politiche alla base della Costituzione del 1948, cattolico-democristiana, laica-liberale-repubblicana e socialcomunista.
Di quale cultura politica sia sintesi Silvio Berlusconi non è facile capire: dai progetti di riforma che va annunciando si può intravedere qualche forma inedita di presidenzialismo plebiscitario indenne da censure istituzionali. A cominciare dalla Giustizia.
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La falsa difesa delle radici

Il disprezzo del poeta.
Dai blog - Movimento Antilega, Blog del Movimento Antilega per l'Italia, 8 ottobre 2009.




La lega è una peste, catalizza i sentimenti di cattiveria di rancore e di intolleranza per etnicizzare la crisi sociale presente. Questo è il succo dell’analisi lucida e spietata che snocciola il poeta Andrea Zanzotto durante la trasmissione “L’infedele” su La7.
Zanzotto è l’anima della sua terra, quel Veneto che il poeta vede sempre più associato al razzismo e alla degenerazione etica voluta dalla lega. Il suo è uno sfogo accorato proprio perché come giustamente sostiene, la lega catalizza sentimenti che in fondo “non appartengono alla tradizione veneta”. È un modo per affrancarsi, per marcare con forza il suo totale distacco dai deliri del Carroccio. Lui che, con la sua letteratura radicata nella tradizione locale, con quel linguaggio vicino al dialetto della sua gente potrebbe rappresentare l’essenza del pensiero identitario, delegittima la lega con chiarezza e senza ipocrisie.
Zanzotto affonda con evidente efficacia su quei temi che sono i punti di forza della lega. Quando sostiene che la lega “vuol convincere ogni paese che è meglio di quello vicino” esprime uno dei limiti principali del partito di Bossi. L’identità intesa come chiusura a spirale dove il localismo viene portato all’estremo, dove l’identità viene costruita sulla distruzione dell’appartenenza ad una comunità ad una storia più ampia di quella del proprio cortile.
Ma il passaggio più significativo è quello relativo al pericolo che la memoria sia minacciata “dalla falsa difesa delle radici”, Zanzotto dice che la tipicità di un popolo non è qualcosa di immobile o immutabile, ma è un processo in continua evoluzione. La lega invece sembra volere fermare il percorso della storia o riportala a momenti che servono esclusivamente a legittimare la sua presenza politica. La lega interviene sulla memoria della propria gente come a volere cancellare tutto ciò che è scomodo.
In un’analisi frettolosa e semplicistica che solo un leghista può fare, il ministro dell’agricoltura, il leghista Luca Zaia stizzito sostiene che Zanzotto “avrebbe voluto che i ve­neti rimanessero per sempre quelli che erano. Poveri, magari ignoranti”. Niente di più sbagliato. Zanzotto vuole riportare ai leghisti la memoria di quando erano poveri ed ignoranti proprio perché un popolo che dimentica le proprie origini non può guardare avanti. E’ un operazione opposta a quella della lega che tratta le popolazioni del nord come quei benestanti parvenu che per adeguarsi al nuovo ceto sociale dimenticano la provenienza e la miseria. Quella della lega è “una falsa difesa delle radici” perché sono radici artificiali, sapientemente create per sottolineare un’appartenenza forzata ad una “razza” di eletti. Non molto diversa dall’operazione che fecero i nazisti in Germania. E così in questo quadro si collocano le manifestazioni rituali di ampolle magiche, la rimozione delle targhe dedicate ai martiri della mafia o i deliranti proclami di prosindaci veneti che invocano la salvaguardia dei cani non stranieri. Sarebbe tutto grottesco se non fosse terribilmente serio.
E così mentre la lega pretende che lo Stato finanzi un colossal sul Barbarossa un teppista sradica un ulivo dedicato a Peppino Impastato. Le radici scomode devono essere rimosse e la memoria ricostruita.
Zanzotto ha toccato un nervo scoperto della lega, parlando da settentrionale e da veneto. Sicuramente l’ha fatto anche da italiano.
Il bus padano.
Movimento Antilega, Blog del Movimento Antilega per l'Italia, 10 ottobre 2009.
Ci sono episodi marginali ai grandi fatti di cronaca, episodi spesso relegati a trafiletti nella pagina locale. Ma è proprio da questi avvenimenti che si riesce ad avere il polso di un paese che sta perdendo di vista il senso della misura e della stessa umanità. Si delinea ogni giorno di più il ritratto di una parte del nord sempre più in preda ad un delirio parossistico, accanito in una sorta di autodistruzione volontaria dei propri valori di tolleranza, di solidarietà e di convivenza civile.
Questa storia ha per sfondo Riese, un piccolo paese nel trevigiano, dove una maggioranza bulgara (oltre il 70% degli elettori) garantisce il governo del paese ad una giunta monocolore leghista. Alla gara d’appalto per l’assegnazione del servizio di trasporto alunni del Comune è risultata vincitrice una ditta della provincia di Napoli. E qui è scoppiata la rivolta dei cittadini di Riese che non riescono a sopportare la presenza di autisti napoletani al servizio dei loro bambini e nello stesso tempo che un’azienda “straniera” abbia superato la storica ditta locale di trasporti che da più di dieci anni in paese si era assicurata l’appalto del trasporto scolastico.
È scesa in campo la stessa ditta trevigiana risultata sconfitta nella gara appalto, che ha accusato la ditta napoletana di avere vinto l’appalto presentando un ribasso maggiore in quanto beneficia di agevolazioni da parte della Regione Campania. La ditta trevigiana è stata spalleggiata dal Presidente regionale dei bus operator della confartigianato del Veneto che ha richiesto chiarimenti sugli appalti nel trasporto accusando “È ora di smetterla. Ci sono giri di denaro strani attorno a questi appalti”. Vediamo nel dettaglio come stanno i fatti.
È stato fatto un appalto pubblico a ribasso, come previsto dalla normativa. Le due ditte in lizza, entrambe accreditate ad erogare il servizio hanno presentato la loro offerta. La ditta veneta ha presentato un ribasso del 14%, la ditta campana di un punto percentuale superiore. Su una base d’asta di 79000 euro. In pratica la ditta napoletana si è aggiudicata l’asta per avere proposto un prezzo di “ben” 790 euro inferiore. Sembra improbabile che questa irrisoria differenza possa essere giustificata da improbabili quanto mai provate agevolazioni da parte della Regione Campania. Ma se anche questo fosse vero, secondo i giornali locali le suddette agevolazioni avrebbero permesso di ridurre gli stipendi degli autisti. E invece gli autisti napoletani che in questi giorni stanno guidando i bus saranno sostituiti da veneti doc per buona pace dei leghisti. Infatti come prassi consolidata, la ditta di Caivano che ha prestato già servizio in Toscana ed Emilia Romagna attingerà dalla lista dei disoccupati della Provincia di Treviso per individuare i nuovi autisti. Per cui, oltre ad essere infondate, tutte le accuse, strumentalmente esasperate, sono risultate di chiaro stampo razzista. Ci sarebbe da chiedersi cosa sarebbe successo se la gara fosse stata vinta da una ditta bergamasca o vicentina. Molto difficilmente avremmo assistito alla stessa scomposta reazione.
Il sindaco, leghista, è stato costretto a concedere l’appalto alla ditta che aveva presentato il prezzo più basso, come avviene in tutte le parti d’Italia senza dover far pesare nella sua scelta (suo malgrado) l’aspetto etnico e razziale, ma non è detto che prima o poi questi saranno parametri indispensabili nelle gare d’appalto nei paesi leghisti. Incalzato dai suoi concittadini il sindaco si è difeso e poi ha assicurato: «Certo che li terremo sot­to controllo. Se sbagliano, pa­gheranno ».
C’è necessità di sgombrare il campo da ogni dubbio. I leghisti ci devono dire se intendono rispettare le leggi dello stato o se ritengono di dovere creare mille repubblichette a seconda dell’occorrenza. Non mi risulta che in questi anni i parlamentari della lega, tanto dediti alla tutela dell’identità locale in riferimento alla scuola, alla pubblica amministrazione, abbiano mai chiesto con forza la priorità nell’assegnare gli appalti pubblici a ditte locali. Sarebbe stato legittimo e avrebbe dato credibilità ad un movimento che si richiama (almeno a parole) ai principi federalisti. Ma sicuramente questo avrebbe contrastato con l’interesse dei tanti, tantissimi imprenditori del nord che riescono a vincere ben più appetibili appalti nel resto dell’Italia. Non è giusto pestare i piedi a chi ci garantisce il consenso ed il federalismo lo preferisce “fai da te” del genere “decido io a casa mia e faccio quello che gli… amici mi permettono di fare a casa degli altri”. Paolo Borsellino lo sapeva bene.
Ma ai leghisti ci sentiamo di dire «Certo che vi terremo sot­to controllo. Se sbagliate, pa­gherete e anche caro».
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Scudo, concorrenza spietata sui soldi che rientrano

Un banchiere racconta: "siamo allibiti, prendiamo soldi da chiunque".
Rassegna stampa - Il Fatto Quotidiano, Francesco Bonazzi, 13 ottobre 2009.

“Uno spettacolo che fa venire i brividi a chiunque abbia un minimo senso della legalità. E il fatto più sconvolgente è che la legge sul nuovo scudo fiscale sta scatenando gli appetiti meno nobili delle banche”. R.A. ha cinquant’anni, ha girato mezza Europa come gestore di patrimoni e oggi è il responsabile “Clientela Privata” di una media banca del Nord. Con il “Fatto Quotidiano” ha tanta voglia di sfogarsi e chiede solo l’anonimato, “perchè come banchiere sono tenuto alla riservatezza”.
Innanzitutto, avete capito come funziona il nuovo scudo?
Abbiamo fatto vari corsi con fiscalisti esterni e società di gestione del risparmio. Siamo allibiti dalla quantità di cose che si possono fare.
Per esempio?
A me, che ho vent’anni di banca sulle spalle, fa una certa impressione vedere un bonifico che arriva dall’estero su un conto che non è neppure intestato al cliente, ma a una fiduciaria.
Ma se fiutate qualcosa di strano, potete sempre fare una segnalazione anti-riciclaggio.
Va bene. Ammettiamo che si abbia voglia di fare gli antipatici con un tizio che ti sta portando milioni freschi. Lo posso fare solo se vedo una sproporzione enorme tra il suo “profilo” e il cash che mi versa. Ma nessun delinquente serio manderà mai in banca un manovale a versare 10 milioni. Magari ci spedisce un imprenditore a cui chiedeva il pizzo, o che gli fa da prestanome. E poi sa qual è la cosa più incredibile?”
Ce la racconti.
Che senso ha parlare di sproporzioni nel Paese in cui il 90% degli imprenditori dichiara meno dei suoi dipendenti?
E la famosa “conoscenza del cliente”, tanto cara alle banche che dicono di privilegiare il merito di credito?
Una favola che forse vale ancora nelle banche di credito cooperativo. Ma da me vengono avvocati e commercialisti che hanno studiato le circolari alla perfezione e lavorano per gente che manco conosciamo.
Significa che state prendendo soldi da non si sa bene chi?
Se vuole, la possiamo mettere così. Quello che trovo fantastico sono gli scenari che si aprono per la vigilanza. Ma vi immaginate che numeri da circo alla prossima ispezione di Bankitalia? Arrivano gli ispettori di Via Nazionale e se ci chiedono di chi è un certo conto dalla movimentazione sospetta, noi gli si dice che è tutta roba scudata. Si dedicheranno ai mutui dei poveri cristi.
Però la Banca d’Italia ha assunto con la Bce compiti di anti-riciclaggio.
Certo, ma sui capitali scudati salta tutto. Possiamo respingere anche la Guardia di Finanza se non viene con un mandato della magistratura. E il mandato dev’essere nominativo.
Beh, questo è lo stato di diritto...
Sarà, ma quando le autorità Usa bussano alle banche svizzere, come stanno facendo da mesi, mica chiedono se per caso Mister Paul Smith ha un conto alla tal banca di Zurigo. Vogliono i nomi di tutti i cittadini americani e basta. Vogliamo dire che non sanno che negli Usa non sanno cos’è la democrazia?
Vi sentite tra banche quando avete un sospetto?
Ma per carità! Lo scudo è mica una pratica di co-finanziamento. Se arriva gente che vuole versare una decina di milioni li si prende e basta. Il fatto è che con una legge fatta così, in un periodo in cui manca il contante, si spingono le banche a farsi la concorrenza più spietata sui soldi che rientrano.

Il manuale del bravo riciclatore, a cosa serve davvero lo scudo.
Rassegna stampa - Il Fatto Quotidiano, Francesco Bonazzi, 13 ottobre 2009.

La vera pacchia nelle banche italiane dove gli evasori sono molto più protetti del previsto.
Sarà che ormai non fa più il fiscalista da anni e di clienti in carne e ossa ne vede pochi, ma il ministro Giulio Tremonti ignora di certo che succede là fuori, oltre le mura umbertine del palazzo di Via XX settembre. Eppure qualunque commercialista vi spiegherebbe che se in una legge si lasciano abbastanza spazi indefiniti, questa forse sembra innocua, ma poi in realtà provoca effetti devastanti. E se il tutto viene peggiorato dalle “Istruzioni definitive dell’Agenzia delle Entrate”, ufficializzate sabato, l’apertura delle stalle per il rientro dei famosi buoi-evasori raggiunge estensioni mai viste. Direttamente da prateria. Ecco allora che cosa sta realmente accadendo nelle banche italiane, secondo quanto raccontano al “Fatto Quotidiano” alcuni dirigenti che hanno la responsabilità di gestire lo scudo. Ne esce la prima collezione “Total Recycling”, autunno-inverno 2009. Oppure il nuovo manuale del Bravo Riciclatore, se vogliamo girare la faccenda dal punto di vista della “dottrina dominante”. Che oggi è quella di chi rimpatria denari e fino a ieri aveva il problema di evitare la contestazione di reati.
Occhio alle sproporzioni. Se il Bravo Riciclatore ha dei soldi depositati su un conto estero a nome di una società fittizia o di un prestanome, il suo denaro può essere “scudato” in Italia su un conto intestato a una persona diversa da lui e dal “mittente” estero. La banca può effettuare segnalazioni anti-riciclaggio solo se il tizio che le viene mandato avanti vuole affidarle importi “notevolmente sproporzionati al profilo economico-professionale del cliente”. Ma anche nel caso in cui la banca trovi strano che un signore che guadagna cinquantamila euro l'anno voglia rimpatriare dieci milioni, ecco che la legge aiuta il Bravo Riciclatore. Come? Da oggi non è più necessario far partire la segnalazione anti-riciclaggio se la regolarizzazione ha come “reati sottostanti” quelli tributari o il falso in bilancio. In pratica, per non essere segnalati, basta avere una qualsiasi attività economica, dalla tintoria all’autosalone alla scuola di guida (per fare esempi tratti dalle inchieste di mafia) e non dichiarare espressamente che si stanno facendo rientrare i soldi dei Corleonesi. In più, non essendoci obbligo di corrispondenza fra chi effettua il bonifico e chi lo riceve, si può finalmente riciclare su scala mondiale e non più solo da padrino a ragioniere della “mala”. Per ipotesi, se la mafia italiana volesse offrire il suo know-how a quella cinese, da oggi è tutto più facile.
Ripulire soldi mai espatriati. Se il denaro si trova in contanti in Europa, non c'è problema. Il Bravo Riciclato-re deve solo compilare un modulo di rimpatrio e consegnarlo alla banca entro 48 ore dal deposito dei soldi sul conto scudato. Il trattato di Schengen non era stato pensato per questo, ma pazienza. Se invece i soldi si trovano in un paese extra-Ue, la dichiarazione viene consegnata all'ufficio doganale al momento del passaggio della frontiera. É inutile dire che se il denaro si trova già in Italia perché magari è frutto di estorsione, traffico di droga e affini, e non si è avuto tempo o modo di farlo uscire prima, basta che il Bravo Riciclatore si presenti in banca con l’autocertificazione che i milioni provengono da un paese Ue e il gioco è fatto. Anche se i soldi non si sono mai mossi da Gela, per dire.
Lo scudo per i politici. Se il Bravo Riciclatore è casualmente un politico corrotto che vuole scudare le tangenti, la nuova legge viene incontro anche a lui. Che, vogliamo mica discriminarlo? La circolare sancisce espressamente che le persone “politicamente esposte” residenti in Italia possono usufruire dello scudo fiscale nello stesso regime di segretezza di tutti gli altri. All’estero, almeno in Occidente, non funziona così. Anzi! Una volta scudate le somme, per il Bravo Riciclatore i rischi sono bassissimi perchè il conto è “secretato”. All'Amministrazione finanziaria è impossibile sapere se un individuo ha un conto corrente presso una certa banca. Le imposte infatti non sono pagate dalla persona che scuda (altrimenti ne rimarrebbe traccia e addio “Bella Italy”), ma dalla banca in qualità di sostituto. E in caso di verifica fiscale sul Bravo Riciclatore, la banca non deve rilasciare informazioni né sull'esistenza né sull’entità del conto scudato. Quindi, se non si è individuati espressamente come mafiosi o riciclatori, non si può essere beccati neanche da un controllo casuale sui redditi.
Si torna alle Cayman! Si possono usare i soldi scudati come meglio si crede e anche questa è una bella notizia per la “libertà di intraprendere” del Bravo Riciclatore. I milioni rimpatriati più o meno fittiziamente si possono investire in titoli, azioni e strumenti finanziari. Il bello è che a questo punto si può nuovamente mandarli all’estero. Se questa meraviglia la scoprissero in Germania, dove la ‘Ndrangheta ha già dato bella prova di sè, non ne sarebbero entusiasti. Insomma, il Festival internazionale del riciclaggio all’italiana è appena iniziato. Le porte delle banche non sono aperte. Sono spalancate per legge. E se il Bravo Riciclatore avesse ancora dubbi, alcuni istituti hanno anche messo a disposizione appositi call center. Neanche la Panama del mitico Manuel Noriega era arrivata a tanto.
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Alemanno, riportali nelle fogne

Sindaco Alemanno, adesso basta con la teppaglia nera a Roma.
Rassegna stampa - Il Fatto Quotidiano, Luca Telese, 13 ottobre 2009.



In questo giornale non abbiamo nostalgie per l’antifascismo militante, che negli anni di piombo si faceva spappolando a colpi di chiave inglese i crani dei ragazzini come Ramelli.
In questo giornale siamo convinti che Gianni Alemanno sia un leader eletto democraticamente, che non abbia portato manipoli di squadristi ad abbeverarsi nelle acquasantiere della Capitale. È uno stupido gioco ideologico esercitarsi negli esami del sangue al sindaco di Roma o additarlo come il figlio di un dio minore in virtù della sua storia. Al contrario: per noi c’è più affidabilità nella sua biografia post-missina, che nei vacui curriculum televisivi delle veline azzurrine con cui Silvio Berlusconi ha avvelenato il Pdl. Se si parla di violenza, questo giornale non conosce doppiopesismi: ci ripugnano tanto le coltellate a Dino (il giovane gay aggredito al Colosseo) quanto le ignobili molotov tirate ad Acca Larentia (potevano far strage di bambini, solo pochi giorni fa).
Premesso tutto questo, chiediamo al sindaco di Roma: non crede che sia (anche) necessario, con una punta di coraggio autocritico, aggiungere un epigramma di verità, al rosario delle solidarietà dovute e delle “vicinanze” istituzionali? Ci chiediamo se anche Alemanno, al pari di noi, si sia convinto che a Roma stia accadendo qualcosa di grave. Se non creda che questo incredibile rigurgito di violenza para-politica, pseudo-ideologica o semplicemente razzista, meriti una riflessione più complessa di quella che le cronache di questi giorni, i sermoni delle autorità e i discorsi di circostanza ci offrono. Ai tempi del delitto Reggiani, parte del centrodestra prosperò sull’idea balorda che l’escalation della violenza di alcuni extracomunitari dovesse essere attribuita alla giunta Veltroni. Alemanno sa, che ribaltando quel gioco, la sua giunta diventerebbe “oggettivamente” responsabile delle aggressioni omofobe e violente di questo anno (e non ci passa per la testa).
Per questo vogliamo chiedere ad Alemanno se sia consapevole che a tutte le parole di condanna che ha pronunciato, ne manchi ancora almeno una, di analisi vera. Una riflessione che rompa l’inutilità del rito. Nelle bastonate ai diversi, nelle coltellate e nelle aggressioni infami agli omosessuali, nelle teste scolpite dei teppisti che pestano i bengalesi e poi si sentono degli eroi, c’è traccia di un antico veleno. Si riconoscono una malintesa e grottesca ebrezza superomistica, una sottocultura della violenza che è (anche) figlia dello squadrismo fascista. Se Alemanno riuscisse a dirla, questa verità, le sue parole sarebbero più pesanti e utili. Ci dica anche come la vuole combattere questa violenza. Solo esorcizzando lo spettro di Svastichella, infatti, può provare a diventare il sindaco di tutti.
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Con Mameli si può

L'inno di Mameli cambia sesso per vendere calze. E naturalmente scoppia il caso.
VideoPost.




Dissacrazione, oltraggio, vilipendio o più banalmente soltanto una "furbata" pubblicitaria (tant'è che se ne parla)? Voi, cosa ne pensate?
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Forse un fenomeno nuovo

"Potremmo essere di fronte a un fenomeno nuovo che va monitorato". Kamikaze a Milano, Maroni: "Ha detto frasi contro i militari. Grave che non abbia legami con la Jihad".
Il ministro dell'Interno: "Potrebbe essere diventato un fanatico anche dopo un percorso di integrazione". Individuato appartamento-covo: trovati 40 kg di nitrato. Fermati due complici del libico che lunedì ha attaccato la caserma. Rutelli: "No allarmismi".
Dalle agenzie - Adnkronos/Ign, 13 ottobre 2009.

All'indomani dell'attacco alla caserma di Milano e dopo il fermo dell'attentatore libico Mohamed Game e dei due suoi presunti complici, gli inquirenti cercano di verificare se si tratti di "un gruppo 'fai da te'" o collegato con "organizzazioni strutturate". Sarebbe "forse più pericoloso", sottolinea il ministro dell'Interno Roberto Maroni al termine del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, "se l'attentatore non avesse collegamenti con organizzazioni legate al Jihad". In questo caso "saremmo in presenza di un fenomeno nuovo che va monitorato con grande attenzione. Di qui - ha aggiunto Maroni - la nostra preoccupazione: potrebbe trattarsi di una persona che diventa un fanatico anche dopo un percorso di integrazione". Sarebbe insomma "uno scenario nuovo, diverso da quanto accaduto negli attentati in Spagna e a Londra". "D'ora in avanti - rileva - saranno effettuati accertamenti anche per quanto riguarda le situazioni che potrebbero essere slegate da organizzazioni strutturate. Non si tratta di una persona arrivata pochi giorni fa dall'Afghanistan con l'intento di farci saltare in aria, ma di una persona integrata nella società milanese e questo accresce la preoccupazione".
L'esplosione dell'ordigno di ieri alla caserma Santa Barbara di Milano "ha interessato solo un decimo della carica complessiva di 5 chilogrammi di esplosivo". Ecco perché, a giudizio di Maroni, "per le modalità operative si può considerare l'attentatore come compatibile con la figura del kamikaze". Per il ministro "se fossero deflagrati tutti i 5 chilogrammi di esplosivo l'attentatore sarebbe certamente morto, come sarebbe morto il militare di fronte a lui e ci sarebbero stati danni enormi. Questo non è avvenuto perché il materiale utilizzato non era idoneo a determinare un'esplosione così devastante". Nel corso delle indagini sono stati sequestrati 120 chilogrammi di nitrato di ammonio, sostanza in vendita come fertilizzante agricolo ma che può essere utilizzata anche per il confezionamento di ordigni.
Nel fare esplodere la bomba alla porta carraia della caserma Santa Barbara di Milano Mohamed Game "ha pronunciato delle frasi in arabo, che non sono state comprese da chi era lì intorno. Poi - ha spiegato Maroni -, una volta all'interno dell'ambulanza ha detto anche qualcosa in italiano e ha fatto riferimento ai militari all'estero, con frasi collegate in qualche modo alla volontà di dare un segnale contro la presenza dei militari italiani all'estero".
I due complici di Mohamed Game fermati oggi a Milano sono un egiziano, Abdel Hady Abdelaziz Mahmoud Kol, che vive nello stesso complesso di case popolari in via Civitali dove viveva l'aspirante kamikaze, e un connazionale dell'attentatore, Mohamaed Imbaeya Israfel, che abita poco distante, in via Gulli.
Secondo quanto affermato dal sostituto procuratore di Milano, Armando Spataro, proprio nello stabile dove dimora Israfel è stato individuato un appartamento-covo dove sono stati "rinvenuti 40 chili di nitrato d'ammonio e sostanze chimiche utili per la fabbricazione di ordigni esplosivi apparentemente dello stesso tipo di quello esploso in via Perrucchetti". Il procuratore ha rivelato inoltre che il nitrato d'ammonio servito a confezionare l'ordigno rudimentale fatto esplodere ieri "è stato acquistato una settimana fa da Game".
Di più, al momento, gli inquirenti non vogliono dire. Bisognerà attendere la convalida dell'arresto ma, assicurano gli inquirenti, proseguono le indagini da parte della Digos, della Polizia e del Ros dei carabinieri. I due arrestati, che come Mohamed Game non apparterrebbero a nessuna organizzazione criminale, devono rispondere di detenzione, fabbricazione e porto di esplosivi. Per quanto riguarda le condizioni di Game, il libico "è ricoverato in rianimazione in condizioni emodinamiche stabili" all'ospedale Fatebenefratelli ed e' in "prognosi riservata". Lo comunica l'ospedale spiegando che "è stato sottoposto ad amputazione della mano destra e ad intervento di sutura dei bulbi oculari".
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Di Pietro e Belpietro indagati per vilipendio

In riferimento a due distinti episodi.
"Vilipendio al capo dello Stato". Sotto inchiesta Di Pietro e 'Libero'.

L'indagine dopo le dichiarazioni dell'ex pm sulla promulgazione dello scudo fiscale. Per Belpietro nel mirino l'articolo "Kabul, Napolitano fa aspettare le vittime" scritto dopo la strage di parà in Afghanistan.
Dalle agenzie - Adnkronos /Ign, 13 ottobre 2009.

Un fascicolo, per il reato di vilipendio dell'onore e del prestigio del Capo dello Stato, è stato aperto dalla Procura della Repubblica di Roma nei confronti del leader dell'Italia dei valori Antonio di Pietro e del direttore responsabile di "Libero" Maurizio Belpietro con riferimento a due distinti episodi.
Il primo riguarda la frase pronunciata da Antonio Di Pietro nei confronti del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano quando promulgò il 3 ottobre scorso la legge sullo scudo fiscale; il secondo si riferisce ad un articolo di fondo nel quale Maurizio Belpietro, con riferimento al viaggio in Giappone del Capo dello Stato quando in Afghanistan cadevano sei parà della Folgore, fece un commento negativo sul mancato rientro in Italia del presidente della Repubblica. L'articolo in questione era intitolato 'La dignità dello Stato non vale un fusilotto'.
Sarà ora il ministro della Giustizia Angelino Alfano a dover autorizzare la Procura di Roma alla prosecuzione dell'inchiesta.


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Sozzi e il rapporto di lavoro con la Provincia

Provincia. Sono stato assunto nel 1981.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Lettere & Opinioni, 13 ottobre 2009.

Caro Direttore, il mio rapporto a tempo indeterminato con l’Istituzione Provinciale risale al lontano 1981, quando la Provincia di Milano, ripeto di Milano non Lodi, mi assunse in qualità di operaio. Nel lontano 1992 vinsi un Concorso per Laureati bandito dalla Provincia di Milano per svolgere il lavoro di Economo presso gli istituti scolastici superiori, qualifica di funzionario (ex ottavo livello contrattuale) terminando così dopo 12 anni la mia esperienza da operaio di cui peraltro andrò sempre fiero.
Come Funzionario nel 1996, assieme a tanti altri Lodigiani sono stato trasferito dalla provincia di Milano a quella neonata di Lodi; dunque non sono stato assunto dalla Provincia di Lodi ma vi sono stato trasferito d’ufficio assieme a circa 150 altri lodigiani. Voglio anche ricordare che ricopro oggi la stessa qualifica, funzionario, che avevo quando nel 1996 arrivai a Lodi, tutto ciò è agevolmente verificabile attraverso la lettura del mio curriculum.
Naturalmente mi ritengo fortunato ed onorato di ricoprire il ruolo di Economo nell’Amministrazione Provinciale di Lodi e ci mancherebbe altro con i tempi che corrono. A questo punto si chiederà il perché di questo articolo così inusuale?
Per due motivi; il primo è che ritengo oggi più di ieri doveroso che di un esponente politico amministrativo si conoscano i curriculum per poterlo meglio conoscere e valutare; il secondo è dato dal fatto che su alcuni quotidiani lodigiani alcuni giorni fa sono apparse, nell’ambito di una polemica politica tra Consiglieri Provinciali, delle dichiarazioni che chiamavano in causa «alcuni Sindaci del PD assunti a tempo inderminato dalla passata Amministrazione Provinciale di centrosinistra» adombrando assunzioni clientelari.
Ora appare chiaro che essendo la mia prima assunzione a tempo indeterminato in un Ente Pubblico avvenuta nel 1981 a Milano quando ancora l’Amministrazione Provinciale di Lodi non esisteva, non sono possibili spiacevoli allusioni o fraintendimenti sulla mia professionalità.
Chiarita «l’inesattezza» che mi riguardava, vorrei anche brevemente fare qualche riflessione sulle polemiche che hanno innescato le dichiarazioni «inesatte» di cui ho detto; credo che il lavoro di una persona, assunto a tempo determinato, o indeterminato che sia, vada sempre rispettato al di là dell’idea politico religiosa che esprime e soprattutto credo che vada valutato nel merito e nel risultato e questo deve valere, pena la barbarie, per tutti.
Per questo motivo pur non condividendone le strumentalizzazioni politico ideologiche non mi spaventa l’introduzione del merito nella pubblica amministrazione ed anzi la esigo come dipendente, come Amministratore e come cittadino.
Penso anche che le norme che da anni regolano, separandole, le funzioni di indirizzo politico da quelle di gestione siano una garanzia per tutti coloro che nel merito e nella civiltà sui luoghi di lavoro pubblici ci credono davvero.
Infine mi permetta una breve riflessione politico istituzionale sul momento indubbiamente difficile che anche nel Lodigiano, stiamo vivendo; la crisi occupazionale, le emergenze ambientali, i problemi derivanti da una difficile integrazione sono il vero terreno di confronto sul quale le forze politiche e le istituzioni Lodigiane sono chiamate a dare soluzioni sulle quali ottenere il giudizio dei cittadini. La complessità e gravità di questi temi ci richiama tutti ad uno sforzo per cercare pur nella legittima diversità di visioni, soluzioni condivise che sono, lo dico da sempre, la vera forza del Lodigiano, come del resto dimostra il brillante, anche se ancora non consolidato, risultato ottenuto da tutto il territorio sulla vicenda della Discarica di Senna Somaglia.
Capisco le fibrillazioni e le discontinuità momentanee legate al postvoto, comprendo che possono nel breve periodo portare ad eccessi sbagliati ed a polemiche fuori luogo ma credo che sia interesse di tutti ritornare alla normalità.
Giuseppe Sozzi
Sindaco di Brembio
Coordinatore degli amministratori del Partito Democratico Lodigiano

Sbirri senza se senza ma

Casale. Parmesani conferma l’iniziativa: i futuri volontari per la sicurezza casalini potrebbero essere carabinieri in congedo.
Avviso al prefetto: «Faremo le ronde».
Il sindaco garantisce il via libera al progetto, ma solo nel 2010.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 13 ottobre 2009.

Casale dice sì alle ronde, ma il pattugliamento del territorio con i volontari partirà solo l’anno prossimo. La comunicazione ufficiale, tuttavia, è già stata data anche al prefetto, che ne aveva fatto richiesta. «Abbiamo comunicato che faremo le ronde, ne siamo convinti e non abbiamo dubbi di alcun tipo al riguardo - dice il sindaco Flavio Parmesani -. Per il momento siamo ancora alla fase di analisi dei decreti attuativi, per capire come dovranno essere composte e come dovranno funzionare. Contiamo di chiudere l’iter burocratico entro fine anno, in modo da poter partire con il pattugliamento all’inizio dell’anno prossimo».
Una presa di posizione netta, senza se e senza ma. Casale è la prima città del Lodigiano ad affermare chiaramente che farà partire le ronde, e per il momento sarebbe l’unico centro di tutta la provincia di Lodi ad aver risposto positivamente alla richiesta del prefetto. «Ci risulta di essere stati gli unici per il momento, ma non escludo che ci siano altri dopo di noi pronti a dare il via al progetto - continua Parmesani -. Per il momento attendiamo di capire anche se ci sarà un momento di confronto istituzionale con il prefetto per favorire l’avvio dei pattugliamenti e per coordinare magari anche solo l’aspetto della modulistica e degli iter amministrativi. Comunque, a novembre cominceremo a lavorare al progetto in modo da essere pronti per l’anno prossimo».
Alcuni contatti del tutto informali sarebbero già intercorsi tra esponenti dell’amministrazione e volontari interessati a far partire l’iniziativa, in particolare alcuni ex carabinieri in congedo che si sono dichiarati disponibili. D’altra parte, pur essendo un obiettivo importante, non c’è bisogno di alcuna accelerazione, anche perché le ronde rientrano in un programma più ampio sulla sicurezza che contempla vari passaggi e iniziative, alcune già in atto, altre che stanno per iniziare. E in più c’è una costante attenzione al fenomeno dell’immigrazione irregolare che quest’estate si è tradotto già in diverse operazioni di controllo delle abitazioni ad alto ricambio di inquilini e nell’emanazione di ordinanze ad hoc. «Non mi preoccupo più di tanto degli immigrati regolari, ma c’è una grande e costante attenzione invece agli irregolari, verso i quali saremo inflessibili - dice Parmesani -. Tutte le operazioni e gli atti concreti già avviati e quelli che vogliamo avviare dovranno portare un cambiamento radicale nella percezione della sicurezza da parte dei cittadini. I primi frutti si stanno già vedendo, ma sarà soltanto nel giro di un anno e mezzo o due che si potrà dare un giudizio definitivo, e a quel punto Casale sarà una città sicura».

Intanto la polizia provinciale è pronta a sbarcare in città.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 13 ottobre 2009.

Pattugliamenti di agenzie private, videosorveglianza e potenziamento della polizia locale nel piano per la sicurezza di Casale. E in più arriva anche la polizia provinciale. L’amministrazione comunale è infatti vicinissima a concludere un accordo con la provincia di Lodi per aprire un distaccamento della polizia provinciale proprio in città. La trattativa è al rush finale e l’annuncio potrebbe essere dato nei prossimi giorni. Per Casale si tratterebbe di un importante tassello nel controllo del territorio e soprattutto nella percezione di maggior sicurezza: la polizia provinciale si affiancherebbe alla polizia locale, ai carabinieri e alla guardia di finanza.
«La collaborazione con le altre forze dell’ordine è molto importante - dice il sindaco Flavio Parmesani -. Insieme al rafforzamento della nostra polizia locale in uomini e risorse, al pattugliamento che può arrivare da società private del settore sicurezza e alla videosorveglianza che stiamo potenziando sono elementi fondamentali del pacchetto sicurezza. E su questa base innesteremo le ronde». Alla polizia locale stanno per essere assegnate nuove strumentazioni ed è aperto il bando per la mobilità esterna a copertura dei due posti lasciati vacanti di recente, uno per trasferimento interno, uno per pensionamento. «Vogliamo ripristinare subito il numero di effettivi - spiega il sindaco -. Inoltre il piano dei parcheggi a pagamento porterà due ausiliari del traffico, consentendo agli agenti di concentrarsi di più sulle attività di controllo e pattugliamento. Anche l’assegnazione già avvenuta di una risorsa per il lavoro d’ufficio va in questa ottica».
E mentre sono allo studio ipotesi di pattugliamento notturno della città con società private, almeno nelle fasce orarie scoperte dalla polizia locale, diventerà una realtà entro la fine di ottobre il progetto di videosorveglianza, che implementerà subito sei o sette telecamere sparse per la città. «Con la prima parte del progetto, finanziata per più di 50mila euro dalla Regione, andiamo a creare l’infrastruttura, le centrali di controllo e le antenne di trasmissione dei dati, e in più installiamo sei o sette telecamere - conclude Parmesani -. Ma abbiamo già presentato un secondo progetto, che ha ottenuto un ulteriore finanziamento di oltre 50mila euro, e che ci consentirà di andare a operare solo sulle telecamere, perché l’infrastruttura è già a posto. Con questo secondo piano, arriveremo in solo due anni a un sistema completo, con oltre 20 punti di sorveglianza sulle vie d’accesso e nei luoghi più sensibili della città».
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Corsi di formazione gratis per disoccupati

Chi ha perso il lavoro adesso potrà seguire corsi di formazione gratuiti.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Cristina Vercellone, 13 ottobre 2009.

Corsi di formazione gratis per disoccupati. Al termine un attestato di frequenza e l’elenco delle offerte di lavoro disponibili sul territorio. Il progetto è targato El.Fo, l’ente di formazione professionale di Lodi, e ha riscosso l’adesione di 31 comuni. Tutti gli interessati potranno seguire i corsi nelle diverse sedi messe a disposizione nei paesi dalle singole amministrazioni comunali. Si tratta dei corsi per operatori d’ufficio (contabilità, comunicazione, informatica e segreteria), creazione e gestione di siti internet (linguaggio html, photoshop, front page) e il corso di italiano per stranieri. A finanziarli è Forma temp, cioè il fondo per la formazione dei lavoratori in somministrazione con contratto a tempo determinato. Secondo i dati dell’indagine eseguita dal sistema Excelsior, conclusa a maggio, e alla quale ha collaborato anche la camera di commercio di Lodi, le imprese lodigiane, alla fine del 2009, a fronte di un flusso in entrata di 1790 addetti, ne registreranno in uscita 2230. Il risultato occupazionale sarà pertanto negativo per l’uno per cento. Il numero però è destinato ad aumentare, visto che nel Lodigiano sono circa 4mila le persone che, tra mobilità e cassa integrazione, sono coinvolte nell’attuale crisi economica finanziaria. Proprio l’accesso alla cassa integrazione, in provincia di Lodi, tra 2008 e 2009, è cresciuto dell’851 per cento ed è destinato a crescere ancora. Da qui l’origine dell’iniziativa dell’ente di Lodi. L’El.Fo, che fornirà i docenti e il materiale didattico, rilascerà un attestato di frequenza e fornirà agli iscritti che conseguiranno l’attestato le offerte di lavoro disponibili sul territorio, facilitando così l’incrocio tra domanda e offerta. «La formazione - commenta Miriam Angelini, direttrice di El.Fo - non è la soluzione alle difficoltà, ma è una parte importante delle possibili risposte da fornire, in quanto può costituire uno strumento prezioso per il rafforzamento delle conoscenze, per favorire la collocazione nel mercato del lavoro e, più in generale, per l’innovazione del sistema impresa sempre più sollecitato dal mercato sul terreno della qualità». Per informazioni è possibile rivolgersi alla sede di El.Fo, in via Lodivecchio 58, 0371/428412, www.formazioneelfo.it.
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La popolazione scolastica del Lodigiano

Secondo un’indagine sono 1.923 i giovani che provengono da altre province e 1.235 quelli che vanno a studiare altrove.
Scuola, “emigranti” 15 alunni su 100. In tanti viaggiano per l’istruzione professionale o per l’alberghiero.

Rassegna stampa - Il Cittadino, Cristina Vercellone, 13 ottobre 2009.

Indice in su per le scuole superiori del Lodigiano. Sono soltanto 15 su 100 gli alunni che scelgono di studiare in una provincia diversa dalla loro. I dati sono emersi dalla ricerca dei flussi commissionata dall’ex amministrazione provinciale al Cisem. I risultati, ora, saranno analizzati dai nuovi assessori provinciali Mariano Peviani e Claudio Pedrazzini e serviranno a definire il piano di dimensionamento che già ha fatto discutere in questi giorni e che prevede, secondo la riforma del ministro Mariastella Gelmini, la soppressione degli indirizzi sperimentali.
«Non abbiamo ancora studiato a fondo i dati - commenta Peviani -, ci stiamo lavorando». Da un primo sguardo però appare subito chiaro che gli studenti del Lodigiano che emigrano sono molti di meno di quelli che restano nel territorio. Questi ultimi, infatti, sono l’84, 9 per cento della popolazione scolastica, mentre solo il 15,1 per cento va a formarsi altrove. Se 1.235 sono gli studenti che escono dal Lodigiano, 1.923 sono quelli che entrano. Un dato interessante riguarda, per esempio, quei 200 aspiranti cuochi che sono costretti ad andare a Milano e Piacenza per frequentare la scuola alberghiera. Su una popolazione scolastica totale di 8.869 studenti seduti nelle nostre classi, 8.181 sono quelli che provengono dal Lodigiano. 646 di questi si ferma in provincia, gli altri sono distribuiti soprattutto tra la provincia di Piacenza (401, cioè il 4,9 per cento), Milano (358, il 4,4), Pavia (125, l’1,5) e Parma (32, lo 0,4 per cento). Per quanto riguarda la provincia di Milano, le scuole più gettonate sono quelle di Melegnano, che attirano 143 studenti, e quelle di Milano città che ne attirano ben 169. 26 ragazzi vanno a San Donato e solo 2 a San Giuliano.
Sono 209 gli studenti che emigrano per frequentare il liceo scientifico e 59 quelli che vanno altrove a fare il liceo classico. 138 gli studenti che emigrano per il linguistico, 70 quelli che si dirigono verso il liceo artistico e 55 quelli che scelgono l’istituto magistrale. Se si guardano gli ingressi da fuori, però, degli stessi indirizzi formativi, se ne ha ancora una volta un bilancio in postivo. I licei scientifici della provincia di Lodi attraggono ben 441 studenti delle altre province e l’istituto magistrale altri 243. Per quanto riguarda l’istruzione tecnica, ci sono 132 giovani che cercano, in altri territori, una formazione nel campo dell’istruzione tecnica commerciale, altri 83 che emigrano per l’istruzione tecnica industriale e 40 che lo fanno per diventare geometri. Anche in questo caso, però, l’attrazione supera il pendolarismo. Sono 286, infatti, gli studenti che vengono nel Lodigiano per frequentare l’istituto tecnico industriale, 140 per diventare geometri, 131 per frequentare il tecnico agrario e 106 il tecnico commerciale. Flussi non minimali di pendolarismo in uscita, invece, sono quelli che si registrano nell’ambito dell’istruzione professionale. In 90 scelgono quella industriale, 83 il commerciale turistico e 21 l’istruzione professionale servizi sociali. «I flussi di pendolarismo in uscita in quest’ultimo settore - spiegano gli esperti nello studio - potrebbero segnare una carenza d’offerta formativa professionale, in particolare commerciale-turistica e anche industriale: quest’ultima, infatti, registra 3 punti d’offerta, ma nella gamma degli indirizzi mancano elettronica ed elettrotecnica».
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Rassegna stampa - Spazio di discussione

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