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domenica 6 settembre 2009

I rulli di tamburo delle truppe del Caimano

Dal blog "Invece" di Concita De Gregorio, direttrice de l'Unità, riprendiamo il post pubblicato ieri sera.
Chi è più furbo.

Dice un antico adagio che in Italia senza il Vaticano non si governa. Quando è ostile suonano campane a morto. Lo spiegava Gianni Letta qualche giorno fa ai suoi più giovani colleghi, gli anziani lo sanno benissimo. Lo diceva ieri su questo giornale Cirino Pomicino, l'antica scuola democristiana non lascia dubbi: quando la Chiesa volta le spalle comincia il conto alla rovescia. È accaduto a governi di ogni colore, è accaduto sempre. Non c'è dubbio che l'eliminazione di Boffo avvenuta per mano del giornale di Berlusconi - seppure funzionale ad una resa dei conti tutta interna alle gerarchie ecclesiastiche - segni un punto di non ritorno. Letta aveva lavorato a lungo, nei mesi estivi, per accorciare la distanza tra le due sponde del Tevere. Oggi, dopo gli stracci, la distanza è una voragine. Dunque: meno dieci, meno nove... Per il dopo Berlusconi vescovi e cardinali stanno lavorando alla ricostituzione di una nuova Dc: un nuovo centro, si chiami Rosa bianca o altro, capace di tenere insieme i cattolici in fuga da Berlusconi e quelli che non dovessero sentirsi più a loro agio nel Pd in caso di sconfitta del progetto Franceschini. L'ago della bilancia - il magnete della nuova Dc - sarebbe in questo caso Pierferdinando Casini, da tempo in sapiente equilibrio al Centro. A sinistra c'è chi pensa, Bersani tra questi, che si debba guardare in prospettiva ad alleanze strategiche con l'Udc. C'è anche chi osserva - Franceschini e Marino, in modo diversamente esplicito - che le articolazioni dell'Udc sul territorio, i dirigenti locali nelle regioni e nelle città non siano esattamente quello che si intende quando si parla di rinnovamento e di risanamento della classe politica. Il popolo della sinistra - forse, chissà - non gradirebbe: a Cosenza e a Tempio Pausania assai meno che a Roma. A destra intanto scalda i muscoli Gianfranco Fini proiettato verso un prestigioso avvenire. An sta lavorando a un progetto sul testamento biologico, per dire l'ultima, assai distante da quello degli alleati di governo. Più equilibrato, diciamo. E sull'immigrazione, e sulle donne, e sul lavoro: Fini si smarca. In prospettiva anche il partito di Fini (depurato dai berluscones) potrebbe essere un buon alleato del Nuovo centro. Quando c'è di mezzo il Vaticano - direbbe Andreotti - non conviene fare a chi è più furbo. Meno che mai se Berlusconi impalla l'orizzonte. Speriamo che chi sovrintende alle strategie abbia fatto bene i conti nel disegnare il percorso dei prossimi cinque anni, speriamo che lo sforzo di prevedere il futuro non offuschi il presente. Bisognerebbe pensare ad una proposta per il paese, nell'attesa: una proposta di lungo respiro e se non porta frutti subito pazienza. Le astuzie, in tempi così, durano un attimo.
Dei tempi che ci aspettano vi raccontiamo: storie di precari della scuola, di medici inoccupati, di operai ancora sui tetti. Un autunno disperato e frastornato dai rulli di tamburo delle truppe del Caimano assoldate per zittire. Lo scriveva qui Luigi De Magistris: è alle porte il tentativo finale di affondare il sistema democratico. Da oggi ogni domenica De Magistris scriverà per noi una pagina di diario: la sua «Agenda rossa», come quella scomparsa di Borsellino. Agenda dall'Europa, rossa perché è un gran bel colore. Benvenuto tra noi.
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Un serio problema per le libertà civili

Pubblichiamo da Repubblica.it di ieri questa nota di Nadia Urbinati.
Una ferita alla democrazia.
Rassegna stampa.

Il nostro governo costituisce un serio problema per le libertà civili e l'ordine democratico del nostro paese. E come si è avuto modo di toccare con mano in questi giorni, esso costituisce un serio problema per l'Europa e i fondamenti di libertà sui quali è nata e si fonda l'Unione Europea.
L'hubrys dominandi sembra rendere il nostro premier incapace perfino di comprendere il senso del limite e della limitazione. Il fatto preoccupante è che nessun contenimento tradizionale del potere sembra efficace abbastanza. La ragione di questa inefficacia non sta nelle strategie costituzionali, che sono chiare e ottime, ma in un fattore che è culturale e per questo difficile da modificare o contenere. Per dirla in parole povere, i contrappesi costituzionali e ogni azione di contenimento di carattere giuridico e istituzionale funzionano soltanto e fino a quando c'è da parte di chi governa la volontà di rispettarli, fino a quando cioè la costituzione formale e quella materiale coincidono. È proprio questa coincidenza che oggi si è spezzata cosicché alla costituzione scritta, come ha messo in evidenza più volte Gustavo Zagrebelsky, se ne è come sovrapposta un'altra, quella che si riflette nelle leggi, nelle politiche e nei comportamenti del governo e del suo leader. La regola che governa il nostro paese è funzionale a uno scopo molto semplice nella sua brutalità: conservare il potere ed esercitarlo per il bene e l'interesse di chi lo esercita. Qui sta il vulnus dispotico del quale soffre la democrazia italiana oggi.
Certo, si tratta di un vulnus che gode della maggioranza dei voti degli italiani; ma è bene essere consapevoli che quello che la maggioranza esercita non è un potere innocente, perché è stato costruito affidandosi in larga parte all'uso spregiudicato e poi al dominio diretto e incontrastato dei media. Ieri Berlusconi ha attaccato l'informazione nel suo complesso: ma quante sono le reti televisive e le testate libere in Italia?
Per questa ragione è fuorviante parlare di tirannia della maggioranza, perché, come ben compresero i liberali ottocenteschi, in un governo rappresentativo è sempre e comunque una minoranza a tenere le fila del potere della parola. Questo vale in maniera spropositata nella nostra democrazia, dove il rischio alle libertà civili primarie - in primis quella della libera formazione e manifestazione delle idee - - viene dai pochi, i molti essendo uno strumento di sostegno passivo. I cittadini sono ridotti a semplici spettatori con l'aggravante che lo spettacolo al quale assistono è scientemente manipolato e decurtato. Gli italiani - quell'80% che si affida alla televisione per informarsi - - vivono come in uno stato di autarchia mediatica, chiusi al mondo del loro paese e a quello che del loro paese il mondo pensa e scrive. Questa è la situazione gravissima nella quale ci troviamo.
Il premier considera e tratta l'Italia come il suo cortile di casa: con collaboratori domestici o addomesticati che si preoccupano di allontanare da lui ogni sospetto di dissenso, che confezionano notizie con lo scopo di nascondere la verità ai cittadini e passano leggi per accomodare il diritto alle necessità del premier; con intrattenitori e intrattenitrici che rallegrano la sua vita; con ministri che come visir sfornano politiche che falcidiano la cosa pubblica, dalla scuola alla sanità, e dirottano risorse non si sa bene dove e per fare cosa.
Perché tutto questo si tenga il dissenso deve essere azzerato con tutti i mezzi: dal mercato alle strategie intimidatorie. L'obiettivo è terrorizzare e ridurre al silenzio chi pensa liberamente per infine circondarsi di yes-men e yes-women. Che sia un segno di impotenza invece che di forza è evidente, tuttavia per chi tiene ai diritti e alla libertà gli effetti di questo potere di dominio sono disastrosi. Ora, non c'è da dubitare che il Pdl ospiti molti liberali, persone convinte che i diritti di libertà siano un bene prezioso che non può essere sacrificato a nessuna maggioranza - come possono questi liberali restare in silenzio? Come possono non comprendere che nella nostra Costituzione scritta è anche la loro sicurezza? Si usa dire che le costituzioni sono scritte quando il popolo è sobrio e pensando all'eventualità che potrebbe non esserlo sempre. I liberali hanno voluto legare la volontà della maggioranza con le costituzioni perché sono pessimisti abbastanza da non escludere che si possano formare maggioranze non sobrie che traghettino il paese verso acque pericolose. I liberali tutti non possono non vedere che l'Italia si trova oggi a navigare in un mare in tempesta, battuta da un lato da pericolose ondate di razzismo e intolleranza e dall'altro da un leader che ha in disprezzo i diritti fondamentali. L'attacco frontale a Repubblica, quello subdolo all'Avvenire, la critica durissima alla stampa estera - e l'ultima accusa al sistema informativo tout court - costituiscono un pericolo che nessun liberale serio può sottovalutare.
Le strategie di difesa contro questo esorbitante potere sono molteplici. In primo luogo è urgente che l'opposizione di scrolli dal torpore delle sue solipsistiche diatribe che ne paralizzano l'azione politica e si faccia promotrice di un coerente discorso politico alternativo che rimetta in moto un movimento civile di opinione che chieda a voce alta verità e giustizia, che sappia riportare i cittadini nell'agorà pubblica; in secondo luogo vanno usati tutti gli strumenti giuridici di cui il nostro Stato e l'Ue dispongono: portare il caso italiano davanti al parlamento europeo propone Gianni Vattimo, ma si dovrebbe anche aggiungere, rivolgersi direttamente alla Corte Europea dei Diritti; in fine, mettere in moto tutti gli strumenti dei quali l'opinione politica libera può disporre, e visto che non pare facile strappare il bavaglio imposto dalle televisioni nazionali, occorrerebbe attivare una rete di controinformazione tramite il web, i giornali, le associazioni della società civile, i movimenti. Ci troviamo in una condizione di emergenza e di eccezionale rischio. è la nostra dignità di cittadini che deve essere riscattata da questo clima di docilità e servizievole sudditanza. Ed è la nostra Costituzione scritta che ci legittima a fare quello che dobbiamo per difenderla.
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Il segreto di Noemi

Dopo quattro mesi di silenzio la giovane di Casoria intervistata da Sky e dalla stampa inglese: "Non sono io la ragione del divorzio da Veronica".
Noemi parla di Berlusconi al Daily Mail.
"Lo chiamo Papi perché è dolce".
Rassegna stampa - Testi: La Repubblica.it, vignetta: Il Mattino.

Noemi Letizia rompe il "silenzio" e sceglie un tabloid britannico, sotto le telecamere della tv di Murdoch Sky, per fornire la sua versione della vicenda che ha dato il via al "caso escort" e al divorzio Lario-Berlusconi. Divorzio di cui nega di essere la causa: "Tutti possono vedere che non sono io la ragione del divorzio. Come è possibile che la festa di una diciottenne rovini un matrimonio? Se è così, che tipo di matrimonio era? Non ho niente a che fare con questo. Quello che dice Veronica non mi interessa. Sono problemi familiari loro. Io non posso essere incolpata per questo". E racconta le origini dell'amicizia con "Silvio" e come nacque il nomignolo "papi".
Il nomignolo. All'intervistatrice Daphne Barak (specializzata in interviste a star e leader politici, che offre in syndacation), la giovane di Casoria spiega le origini della sua amicizia con il presidente del Consiglio: "Quando mio padre andava a trovare Silvio, mi portava con sé", racconta Noemi - e il Daily Mail però si chiede: "Come mai il padre Benedetto - un piccolo commerciante di Portici, un'oscura città vicino Napoli, con piccole proprietà - era diventato un amico di lunga data del ricco Berlusconi?". Noemi prosegue: "Conosco Silvio da quando ho memoria. Mio padre mi portava da lui quando ero piccola. Accadeva spesso. Ma per me era una cosa normale. Non è che Silvio fosse una persona straordinaria per me". E qui la Letizia spiega la genesi del nomignolo "papi": "Infatti, quando ero piccola, gli ho dato il nomignolo che tutti conoscono ora. Perché io sono una persona dolce, mi piace dare nomignoli alle persone che amo. E così ne ho dato uno a Silvio, perché è dolce. Era per dimostrargli affetto".
La festa. L'arrivo del premier alla festa di compleanno di Casoria è così ricostruito da Noemi: "Non ne sapevo niente. È stata una sorpresa per me, per tutti. Mio padre lo aveva chiamato perché sono amici. È un rapporto tra due famiglie, tra due padri".
"Nessuno ha fatto niente di male", prosegue Noemi. "La mia e la sua famiglia sono molto contrariate per tutte queste storie. Loro (i giornalisti, ndr) hanno inventato storie sul nostro rapporto e l'hanno fatto apparire insano". Anche se il regalo che le fece Berlusconi era spettacolare, la sua presenza fu di basso profilo: "Mi ha fatto il regalo di cui tutti ora sanno. E' un regalo davvero molto bello. Era seduto al nostro tavolo, ha cenato. Poi è dovuto andar via perché aveva impegni di lavoro. Forse non è normale avere qualcuno del consiglio comunale locale e il presidente come amici", prosegue. "Ma non è giusto attaccare una diciottenne".
Gli attacchi di Veronica e Barbara. E la ragazza se la prende a questo proposito anche con la figlia di Berlusconi, Barbara che in un'intervista a Vanity Fair aveva dichiarato di "non frequentare uomini adulti". Noemi definisce l'attacco "insensato" e "cattivo". E alla domanda: "Se avesse davanti Veronica, cosa le direbbe?. Noemi risponde: "Avrebbe dovuto capire che non c'è bisogno di dire quelle cose di una ragazza giovane. Lei è un'adulta. È una madre. Ma sono sicura che è una brava persona, una bella persona".
Noemi e la politica. "Di solito la politica non mi interessa", confessa la diciottenne di Casoria". Che aggiunge: "I politici vanno giudicati per quello che fanno per la gente. Se voterò per Silvio? Ovviamente. Ma non perché è amico di mio padre. È un uomo molto divertente. Una brava persona. Sa fare il suo lavoro. Ed è un leader perché ha una personalità così bella".

La giovane di Casoria parla al Daily Mail e dice: "Mio padre e Berlusconi si conoscono da anni". Ma ad aprile diceva: "Non so perché i miei e il premier sono amici".
Noemi, papi e la la loro amicizia. Le contraddizioni della ragazza.
Conchita Sannino.

Noemi contro Noemi. Due ragazze diverse, dalla festa di Casoria ad oggi, ma con lo stesso impenetrabile nocciolo. In mezzo, lo scandalo Berlusconi e i maldestri tentativi di riscrivere la realtà del loro rapporto. L'ultimo è di oggi, con l'intervista concessa dalla ragazza di Portici alle telecamere di Murdoch e al Daily Mail. Sono lampanti le contraddizioni che emergono tra ciò che racconta la Noemi Letizia di oggi, 18enne sicura di sé e in attesa di sfondare nello spettacolo, e la ragazza di allora a cui non spiaceva apparire come la pupilla di "papi Silvio".
Era sempre lei ad offrire parole in libertà e fotografie tratte dal suo esplicito book, prima che sulla storia si abbattessero gli strali di Veronica Lario: "Non posso stare con un uomo che frequenta minorenni, mio marito non sta bene".
Ecco, infatti, cosa diceva al nostro giornale Noemi Letizia il 28 aprile quando era ormai uscito l'articolo di Repubblica che svelava il finto vertice dei rifiuti a Napoli e la partecipazione del premier alla festa dell'esuberante adolescente: "Un'emozione eccezionale. Avere papi alla mia festa (...) da quanto tempo ci conosciamo? Da un po'. Come è nata? Non ho chiesto ai miei genitori. Al ristorante sono sbiancata quando l'ho visto".
Quattro mesi dopo, la Noemi che parla a Sky di fronte ai microfoni del nemico giurato di Berlusconi, prova a risistemare la faccenda delle origini della sua consuetudine con papi e non trasmette né emozione, né orgoglio. Anzi. Tratta il premier alla pari: "Lo vedevo sin da piccola, non è che Silvio fosse una persona straordinaria per me". Diventa sprezzante con la sua ex moglie e famiglia: "Quello che dice Veronica non mi interessa. L'Attacco di Barbara su Vanity Fair? Cattivo e insensato".
Centotrenta giorni sono passati dall'arrivo del premier in quel locale della Circumvallazione Esterna di Casoria - posto di abbandonati campi rom e di regolamenti di conti camorristici, periferia povera e degradata. E solo per fare gli auguri alla bionda Noemi. Ed è lei a custodirne, fin che vorrà, il segreto.
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