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giovedì 10 dicembre 2009

Cementificazione: tirare il freno a mano

Dati sempre più allarmanti: in tutta la regione l’aumento di edilizia e logistica non è così rapido come nel territorio. Un Lodigiano grigio cemento. Altro che stop ai nuovi capannoni: il consumo del suolo cresce a velocità doppia. In poco meno di dieci anni quasi il 2 per cento in più di superficie urbanizzata.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Greta Boni, 10 dicembre 2009.

Il Lodigiano si è mangiato il verde in un solo boccone e con una velocità “supersonica”: dal 1999 al 2007 il cemento si è mosso occupando 80 metri quadrati per abitante, il doppio rispetto alla media di tutta la Lombardia e due punti in più rispetto alla vicina Pavia. Nonostante i numeri da capogiro, la ferita non farà altro che diventare più profonda in tutta la regione, tra le opere che faranno presto la loro comparsa ci sono il Business Park per i lodigiani e l’autostrada Broni-Mortara per i vicini di casa pavesi: amministrazioni (spesso responsabili del forsennato consumo di suolo) e associazioni tentano di ripensare allo sviluppo, ma c’è chi si chiede se non sia già troppo tardi.Tangenziali, capannoni non sempre occupati e logistica sono diventati un paesaggio ormai troppo familiare. A cui si aggiungono autostrade, centri commerciali e villette a schiera che non finiscono più e che a un certo punto arrivano a formare un unico, compatto “quartiere” nei piccoli paesi stravolti dal cemento. Ogni anno si perdono in media 13 metri quadrati di terreno agricolo pro capite, ogni lodigiano negli ultimi otto anni ha visto scomparire da sotto i piedi 10,1 metri quadrati di verde, una maglia nera che porta la provincia direttamente sul podio, anche se al terzo posto; in cima alla classifica ci sono Pavia (13,4) e Mantova (13,1).
I dati fanno parte del “Rapporto 2009” a cui hanno lavorato il Dipartimento di architettura e pianificazione del Politecnico di Milano e Legambiente, ma per i cittadini non rappresentano di certo una novità: la realtà è sotto gli occhi di tutti.Lodi e Pavia si trovano pericolosamente sul filo del rasoio, soprattutto perché si tratta di province messe in ginocchio dalla crisi. Le aziende chiudono e le multinazionali scelgono altri paesi per localizzare gli stabilimenti, nel frattempo le ore di cassa integrazione lievitano e la lista dei disoccupati ingrassa. Nel Lodigiano l’utilizzo della cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, ha superato l’800 per cento, toccando una soglia tra le più alte di tutta la Lombardia. E alla fine dell’anno molti “nodi” arriveranno al pettine, quando il ricorso a questo tipo di soluzione non sarà più possibile.In futuro si cercherà di investire sulle aree dismesse, ma molte delle zone indicate dai comuni alla regione hanno già una prospettiva ben delineata, quasi sempre a sfondo residenziale. Case, condomini e villette fanno concorrenza a capannoni e uffici, tutti pronti a prendere il posto di campi, prati e coltivazioni. Alberi, parchi e boschi sono una merce sempre più preziosa e persino ignorata da chi può disegnare i confini.La provincia di Lodi ha visto scomparire 1.692,8 metri quadrati di superficie agricola, basta dare un’occhiata a vecchi piani regolatori e varianti per capire come la “voglia di mattone” fosse alle stelle. Adesso tutti si interrogano sull’identità che il territorio dovrà avere in futuro, ma tocca proprio a comuni e province - che in passato hanno autorizzato case, supermercati e logistiche - tirare il freno a mano.

Capire le differenze

La redazione di “Uomini liberi” ha ospitato un mese fa il responsabile della direzione della moschea di Lodi. «L’Islam? Non è poi così lontano». Per Shakshouk Sabri i suo principi sono simili ai nostri.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Roberto, 10 dicembre 2009.

La redazione del giornalino ha ospitato venerdì 30 ottobre Shakshouk Sabri Ali Saed, il responsabile di direzione della moschea di Lodi per un’intervista e un confronto. Egli ha accettato gentilmente il nostro invito. Il motivo di questa intervista era capire in sintesi ciò che differenzia la religione musulmana, il suo credo, le sue leggi, le disposizioni a cui attenersi, le discipline, gli usi e i costumi.
Cos’è il Corano?
«Il Corano corrisponde in gran parte alla vostra Bibbia, per la parte dell’antico Testamento, del quale riporta testi, avvenimenti, personaggi. È la parola di Dio riportata nel Corano e nella Bibbia, una raccolta di disposizioni cui attenersi».
Quali sono le regole base dell’Islam?
«L’Islam si poggia su cinque pilastri: c’è un dio unico e Maometto è il suo profeta, ogni musulmano deve pregare ogni giorno, secondo le regole stabilite, deve aiutare il prossimo e quindi effettuare periodicamente delle offerte, deve rispettare il digiuno nel mese del Ramadan, deve infine recarsi in pellegrinaggio almeno una volta nella vita, alla Mecca, la città sacra».
Da poco si è concluso il Ramadan e lei è intervenuto in carcere per sostenere i detenuti musulmani in questo momento importante per la vostra religione, pregando con loro nella moschea. Che cosa è il Ramadan, che significato ha il digiuno?
«Il digiuno è un atto di purificazione e rappresenta uno strumento di parità tra ricchi e poveri: chi durante tutta la sua vita non ha mai sofferto la fame, sperimenta nel mese del Ramadan la fatica dell’astinenza dal cibo. Chi fosse impossibilitato nel rispettarlo, può rimediare devolvendo offerte ai poveri, ma deve essere giustificato dalla propria coscienza».
Perché ogni anno il Ramadan si svolge in periodi diversi?
«Il mese del digiuno viene fissato secondo il calendario lunare e per questo varia di anno in anno. È un periodo dell’anno di rilevante importanza spirituale, in cui ogni fedele sente in modo più spiccato il senso e il bisogno di appartenenza alla comunità».
Che cosa significa per lei, musulmano, la religione?
«È la strada che Dio ha dato all’uomo per raggiungere il buon fine».
Nella religione musulmana esiste una organizzazione gerarchica come nella Chiesa cattolica?
«Ogni moschea ha due responsabili, uno di direzione e uno religioso, l’imam, appunto che viene scelto tra i sapienti della comunità. La moschea non riceve finanziamenti, per sostenere le spese vive di offerte che vengono raccolte tra i fedeli esclusivamente nel giorno di venerdì».
Che cosa significa il velo e qual è la considerazione delle donne nell’Islam?
«Bisogna distinguere tra religione e tradizione. La religione prescrive che le donne debbano coprirsi la testa per non indurre in tentazione l’uomo».
Tra noi alcuni non sono più giovanissimi e si ricordano quando entrando nelle chiese le donne si coprivano il capo con il velo. Anche la Bibbia riporta questa disposizione anche se oggi molti l’hanno dimenticata.Tempo fa c’è stato un raduno islamico in piazza Duomo, a Milano, con una preghiera collettiva. Perché lo hanno fatto?
«Intanto bisogna precisare che per questa manifestazione è stata ottenuta regolare autorizzazione da parte della questura. La preghiera aveva come scopo quello di protestare contro la politica attuata nei confronti della Palestina, per dimostrare solidarietà e portare a conoscenza della gente il problema che purtroppo persiste già dal termine della seconda guerra mondiale, con l’assegnazione dei territori allo stato di Israele».
Se prima dell’arrivo di Sabri c’era qualche perplessità, qualche critica più o meno esplicita sulla religione musulmana , ora parlando con lui sembra che le differenze possano stemperarsi. Quest’uomo semplice e pieno di dignità trasmette rispetto e richiede rispetto. L’intervista si conclude qui. Ci rendiamo conto che la differenza culturale resta grande, che le posizioni restano distanti, ma anche se il dialogo non è facile, bisogna avere il coraggio di portarlo avanti, di continuare a confrontarci.

Una fotografia sul benessere dei corsi d'acqua

Presentata la carta ittica provinciale, i dati del 2007 danno il Lambro in ripresa, ma è spia rossa per i pesci autoctoni. Addio fresche e dolci acque lodigiane. In salute l’Adda al Nord, ma il Po nella Bassa sta sempre peggio.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Alberto Belloni, 10 dicembre 2009.

I pesci “lodigiani” stanno bene al nord del territorio, dove le acque sono più pure; ma soffrono in altre aree della provincia, dall’agonizzante Lambro al Po, dove il maggiore inquinamento nei fiumi e la spietata concorrenza delle specie “forestiere” sta decimando alcune razze, fino a farle scomparire. È questa la fotografia sul benessere dei corsi d’acqua locali e della fauna che li popola scattata dalla nuova carta ittica provinciale, lo strumento per una migliore gestione degli ambienti acquatici presentato ieri alla sala dei comuni dall’ittiologo Simone Rossi. Frutto di un articolato lavoro d’indagine (campionamenti sui pesci attraverso 160 stazioni sparse lungo tutto il sistema idrico, prelievi biologici con 30 stazioni campionamento, 84 schede su fiumi, lanche e rogge e 3 anni di lavoro sul campo), la carta fornisce un quadro aggiornato al 2007 su ogni fiume, sorgiva, roggia del Lodigiano. Di qui, la possibilità di “giudicare” tanto la qualità dell’acqua quanto sulle condizioni delle 51 specie (29 delle quali autoctone) esaminate; per una “pagella” che, fatta eccezione per il lodevole stato dell’Adda settentrionale, scivola attorno alla sufficienza scarsa in altre zone, per precipitare a ridosso del Po e del pur migliorato Lambro. Quest’ultimo, per esempio, si fregia suo malgrado della situazione di maggior degrado per la salute delle acque (ancora fortemente inquinate) e per il più basso numero di specie ittiche censite. Paradossalmente, però, il quadro clinico del più “occidentale” dei fiumi che attraversano la provincia è in miglioramento; pressoché “morto” fino a una decina d’anni fa, oggi il Lambro si è leggermente ripopolato, salutando con speranza anche la ricomparsa di un pesce autoctono come lo Spinarello. Dove a dispetto di un inquinamento “medio” la situazione è peggiorata è lungo il Po. Nel “Grande fiume”, infatti, le specie indigene sono state quasi completamente soppiantate da pesci esotici o alloctoni quali siluri e barbi d’oltralpe; e se è vero che qualche pesce “migratore”, come lo storione cobice e la cheppia, riesce ancora a fare capolino, la diga di isola Serafini tra Lodi, Piacenza e Cremona ha fatto estinguere alcune specie, dalla lampreda di mare ad alcune tipologie di storione. Scadente a ridosso di alcuni colatori (Sillaro, Lisone e Mortizza) e nelle reti artificiali, la situazione volge fortunatamente al meglio nell’asta nord est del territorio. Sia nell’Adda (scendendo fino a Boffalora) che nelle sorgive, il basso inquinamento delle acque permette a cavedani, arborelle e altre specie tipiche del Lodigiano una maggioranza del 90 per cento rispetto ai pesci alloctoni. Il livello si abbassa però scendendo da Montanaso verso Maleo, per peggiorare notevolmente al confine cremonese: complice il maggiore impatto degli scarichi dei depuratori e la penuria di fasce di filtraggio per i liquami e concimi agricoli, i più robusti e aggressivi pesci di origine esotica stanno prendendo il posto della fauna ittica locale. E il futuro? «Vanno tutelate e conservate alcune specie - è l’appello dell’ittiologo Rossi -. Pesci come le trote marmorate, il temolo e il luccio devono essere aiutate a diffondersi nei nostri corsi d’acqua».

I costi della tangenziale come il panettone: lievitano

Il comune di Casale intanto garantisce sulla fattibilità dell’opera, mentre la Provincia spinge per accelerare i tempi. Nuova tangenziale, “lievitano” i costi. Gli espropri alzano la stima: si passa da 90 a 107 milioni di euro.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 10 dicembre 2009.

Lievitano i costi della tangenziale di Casale: secondo gli ultimi calcoli di fine novembre eseguiti da Anas per gli espropri e la realizzazione sono 17 i milioni in più necessari per la nuova strada. Se saranno confermati, si dovrà provvedere allo stralcio di qualche opera accessoria. Intanto però il procedimento prosegue, anche se con qualche slittamento. La convocazione della conferenza di servizi, già annunciata una prima volta per novembre, sembra ora possibile per metà gennaio.
«Nel corso di un incontro nella sede dell’Anas ci è stato comunicato che i costi sono lievitati da 90 milioni previsti inizialmente a circa 107 - spiega l’assessore ai lavori pubblici Luca Peviani -. Tuttavia, abbiamo avuto rassicurazioni sul fatto che questo non pregiudica in nessun modo la fattibilità dell’opera». Il costo è lievitato perché sulla stima degli espropri è stato prudenzialmente stabilito il prezzo più alto possibile e perché la valutazione dei costi di realizzazione è stata redatta sulla base del preziario 2007 dell’Anas per le materie prime, allora più alte rispetto alle attuali. I 17 milioni di euro in più, quindi, alla resa dei conti, potrebbero essere un pezzo in meno. In fase di gara, poi, gli eventuali ribassi potrebbero riportare il costo complessivo sui 90 milioni stimati inizialmente. Tuttavia, l’impegno economico dovrà essere preso sulla cifra che sarà messa a base di gara e pertanto in conferenza di servizi si potranno ipotizzare anche alcuni stralci di opere accessorie. «Ci è stata chiesta espressamente la disponibilità a valutare in sede di conferenza di servizi quali stralci attuare - continua l’assessore -. Di certo però l’opera non si ferma». E a conferma di questo, il 3 dicembre scorso è stato avviato il procedimento di intesa Stato-Regione per l’accertamento della conformità urbanistica e l’approvazione del progetto definitivo. Si tratta di un ulteriore passaggio burocratico che precede la conferenza di servizi, che a questo punto non potrà avvenire prima di gennaio. Nel documento, infatti, chiunque abbia diritto a partecipare al procedimento è invitato a farne domanda entro 30 giorni. Fino al 3 gennaio quindi si potranno ricevere le richieste di partecipazione e conseguentemente la conferenza non potrà essere convocata prima di quella data. «Vigileremo perché la convocazione avvenga nei tempi più stretti possibili - afferma l’assessore provinciale Nancy Capezzera -. Anche il problema dei maggiori costi non influenzerà per nulla la conferenza. La parte economica non costituisce un problema, anche perché eventualmente stralceremo qualche opera minore. Abbiamo comunque chiesto di rivedere i conti nel dettaglio per avere una stima più realistica possibile. In questa fase ogni sforzo è concentrato ad avere l’ok finale in conferenza di servizi e mettere in moto il procedimento per l’appalto».

Ladro incastrato dalla targa

Secugnago. Rubò 100 euro da un cambiamonete, ora la targa dell’auto incastra il 31enne.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 10 dicembre 2009.

Ruba denaro da un cambiamonete e fugge, ma i carabinieri della Bassa riescono a dargli un nome. Martedì scorso il 31enne romeno B. G. residente a Saronno (in provincia di Varese) è stato denunciato alla procura della Repubblica di Lodi per furto. Si tratta di un pregiudicato con alle spalle diversi precedenti penali per reati contro il patrimonio. Il provvedimento è stato preso dai carabinieri della stazione di Casalpusterlengo dopo mesi di indagini. Secondo le forze dell’ordine l’uomo avrebbe rubato 100 euro in contanti dal cambiamonete di un bar di Secugnago. Il colpo, messo a segno lo scorso 20 marzo, fino a martedì non aveva un autore. Invece ora i militari sono convinti che l’uomo abbia agito in prima persona e con l’aiuto di due complici. Questo anche se gli altri due presunti ladri sono ancora da identificare. In particolare uno di loro avrebbe distratto il proprietario del locale per permettere a B. G. di agire indisturbato. All’epoca il derubato si era accorto subito della razzia. L’uomo aveva quindi cercato di annotare la targa del mezzo utilizzato dai tre per la fuga, anche se ci era riuscito solo parzialmente. Ma questa preziosa iniziativa ha dato ai carabinieri un elemento da cui partire. Dopo mesi di ricerche i militari hanno ricostruito la sigla esatta del mezzo e individuato l’auto. Si tratta di una Ford Fiesta intestata a B. G.. Infine, ad ulteriore conferma dei sospetti, la vittima dell’illecito ha riconosciuto il 31enne. I carabinieri della compagnia di Codogno ricordano ai cittadini della Bassa che è importante segnalare alle forze dell’ordine anche i furti minori per permettere a chi di dovere di procedere con le indagini. Questa collaborazione con i cittadini favorisce, di solito, anche il ritrovamento di buona parte delle refurtive.

Piatti su nucleare e Caorso

Secondo l’ex senatore dell'Ulivo «il governo confermerà l'elenco delle nuove centrali dopo le elezioni». Piatti: «Possiamo fermare il nucleare».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Carlo Catena, 10 dicembre 2009.

Cominciano a rialzarsi dal Lodigiano le voci del “no” al progetto di una nuova centrale nucleare a Caorso, dopo che i Verdi hanno anticipato la lista predisposta da Enel dei siti idonei a ospitare gli impianti. Reattori «di terza generazione», promette il governo, che secondo l’ex parlamentare lodigiano dell'Ulivo «non sono nient’altro che i reattori basati sulla tecnologia tradizionale, solo più perfezionati. Basati sull’uranio, che è una materia prima piuttosto rara, e non sul torio, che secondo il fisico Carlo Rubbia sarà una tecnologia del futuro. Insomma, rischiamo di farci carico di reattori già vecchi, che da qui a 40 anni non avranno più ragione di essere e richiedono 10 anni di lavori. E teniamo conto che oggi in Europa sono in costruzione solo 2 nuove centrali, in Francia e in Finlandia». Nonostante le smentite di Enel e del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, per Piatti l’esistenza di un elenco è verosimile: «Una decina di siti - prosegue il senatore - nei quali localizzare le 4 nuove centrali, con il ministro Scajola che assicura che la scelta finale spetterà ai privati. La mia opinione è che il governo voglia far passare le elezioni regionali di primavera prima di dire dove sorgeranno le centrali nucleari. E se i territori protestano e non condividono si potrà nominare un commissario di governo».
Recentemente Terna, che si occupa della rete elettrica, aveva preannunciato la costruzione di un nuovo elettrodotto a 380mila volt tra il Lodigiano e Caorso, motivandolo con situazioni attuali di congestione di rete. Ma a Caorso, dove la centrale è spenta dal 1986 e in smantellamento, di grosse utenze industriali non ce ne sono. Un elemento in più che ha portato alcuni esperti a ipotizzare che si voglia spianare la strada alla nuova centrale. Da costruirsi a fianco di quella vecchia (da 800 Mw) e con una taglia di 1.600 o 3.200 megawatt. «Non si tratta di una battaglia persa - avverte però Piatti -. Il mio governo aveva puntato su risparmio energetico e fonti rinnovabili, e questo è il futuro. I territori si mobiliteranno. Anche perché si parla di nuovo nucleare e non c’è ancora il sito definitivo per smaltire le scorie di quello vecchio».
Ulteriore capitolo, quello delle convenzioni: solo per la dismissione della centrale il comune di Caorso ha incassato 10 milioni di euro e la provincia di Piacenza altrettanti. Al Lodigiano, appena oltre il Po, neanche un centesimo. «Ma anche qui - chiosa Piatti - si possono scrivere nuove norme».

Fatti e Parole, n. 1 - 9 dicembre 2009

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