FATTI E PAROLE

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venerdì 20 novembre 2009

Popolazione e Pgt

Considerazioni sul fattore "popolazione".

Uno dei fattori che determinano le considerazioni sullo sviluppo ipotizzabile per il nostro paese nel Piano di governo del territorio è la popolazione. In realtà, così come del resto è stato fatto nella assemblea di presentazione del Pgt in luglio, nel Piano non si va "sotto la superficie", non si effettua cioè un'analisi dei dati, ma si prende il loro andamento in sè per stabilire una tendenza utile a giustificare la consistente espansione edilizia che viene proposta nel documento. La tabella successiva contiene i dati anagrafici utilizzati per le considerazioni nel Pgt e per realizzare i grafici che seguono.



Il primo grafico mostra l'andamento della popolazione di Brembio dal 1999 al 2007. Come si nota non è una curva interamente crescente, tale caratteristica viene assunta soltanto a partire dal 2004.



Il grafico successivo rappresenta l'evoluzione del numero dei nuclei familiari, utile per relazionarlo ad una richiesta di appartamenti. Tale numero dal 1999 al 2007 è sempre crescente. Potrebbe risultare interessante valutare la consistenza di ciascun nucleo in modo da capire i motivi reali di tale andamento.



Il grafico successivo mostra l'apporto esterno dovuto all'immigrazione. Gli incrementi dei grafici precedenti è deteminato dal valore sempre positivo, con l'eccezione dell'anno 2000, della differenza tra popolazione immigrata e popolazione emigrata.



Il grafico successivo, invece, mostra il bilancio interno in termini di natalità e mortalità, sempre negativo.



L'ultimo grafico mostra l'andamento della popolazione di Brembio che si sarebbe avuta se non vi fosse stato il consistente apporto dell'immigrazione divenuta negli ultimi anni immigrazione soprattutto straniera.



Il grafico mostra insomma che non vi è una domanda interna, ma che l'apporto di crescita è dovuto in prima approssimazione soltanto a flussi migratori. C'è da aggiungere che con l'offerta diffusa - esistente e progettata per il futuro alla stregua di quanto il nostro Pgt fa - sul territorio lodigiano e nel milanese, come abbiamo più volte evidenziato con nostri articoli, appare alquanto difficile giustificare le espansioni come una offerta a domanda endogena e esogena. Resta una necessità di cassa e progettare, dunque, espansioni edilizie, in mancanza di altre risorse, appare un tentativo, il più semplice, per rimediarvi. Forse per questo nel progetto vi è una tangibile differenza tra la quantità di espansioni edilizie progettate e servizi e viabilità che rimangono sostanzialmente immutati. Un tentativo, vien da dire, di cui forse non si è poi molto convinti circa la reale riuscita.
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I corsari della caccia

Caccia: Radicali, Lombardia e Italia fuori legge per calcoli elettorali.
Dalle Agenzie - Asca, 20 novembre 2009.

"Condividiamo la preoccupazione e l'urgenza espressa dalla Commissione Europea per fermare l'arroganza legislativa in particolare della Regione Lombardia, che nei giorni scorsi aveva approvato una legge che consentiva la caccia a quattro specie di uccelli protetti dalla direttiva 79/409/CEE. Non è un mistero che, con l'approssimarsi di momenti elettorali, le pressioni delle sempre più esangui lobbies venatorie aumentino le loro pressioni e il loro 'potere di ricatto' nei confronti di quegli assessori e consiglieri regionali particolarmente attenti ad assicurarsi il sostegno elettorale delle doppiette". Lo dichiara Alessandro Rosasco, membro della Giunta di segreteria di Radicali Italiani.
"Non si spiega altrimenti - prosegue - la cocciutaggine di una regione che continua a varare leggi - tutte impugnate - in deroga alle disposizioni comunitarie sulla tutela dell'avifauna. È inaccettabile che in moltissime regioni italiane si continuino ad approvare leggi in deroga senza alcun fondamento scientifico e legale che giustifichi il ricorso alla deroga. Purtroppo, quando cominceranno a piovere le multe, la tracotanza in campo venatorio di regioni come Abruzzo, Lazio, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Calabria, Puglia e Toscana causerà seri problemi che incideranno sulla vita di tutti i cittadini indipendentemente dall'opinione che hanno della caccia".
"L'Italia, se non vuole uscire dallo schema legislativo europeo - conclude Rosasco - provveda al più presto a recepire, in pieno e alla lettera, quanto disposto dalle direttive 'Habitat' e 'Uccelli' rivedendo le parti della legge 157/92 sulla caccia che legittimano norme regionali contrarie alla legalità alla scienza e al banale buon senso".
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In Italia siamo oltre 60 milioni



Alla fine del 2008 la popolazione residente in Italia è pari a 60.045.068 unità, di cui 29.152.423 maschi e 30.892.645 femmine. Il Nord rimane ancora la ripartizione con il maggior numero di residenti, 27.390.496, con una percentuale del 45,6 per cento. Al Centro i residenti sono 11.798.328 unità, con una percentuale del 19,6 per cento, mentre nel Mezzogiorno sono 20.856.244 unità, con una percentuale del 34,7 per cento. I dati sono contenuti nell'annuario statistico italiano del 2009 dell' Istat. che è stato diffuso questa mattina.
L'incremento registratosi rispetto al 2007 - in cui la popolazione complessiva ammontava a 59.619.290 residenti - è pari a 425.778 unità, e, come per l'anno precedente, è dovuto al contributo del saldo migratorio. Questo, infatti, pur risultando inferiore rispetto al 2007, con 434.245 unità, neutralizza l'effetto negativo del saldo naturale (-8.467 unità).
A livello territoriale è da notare come il quoziente di natalità del Centro, negli scorsi anni al di sotto della media nazionale, nel 2008 superi tale valore (pari al 9,6 per mille), passando dal 9,2 per mille del 2007 al 9,7 del 2008.
Anche le regioni del Nord vedono un incremento del quoziente di natalità, che passa dal 9,6 al 9,7 per mille, mentre il Mezzogiorno rimane stabile al 9,6 per mille.
L'aumento delle nascite non è però sufficiente a contrastare la crescita della mortalità. Il quoziente di mortalità sale sia al Nord (si passa dal 9,9 al 10,2 per mille) che al Centro (dal 10,0 al 10,3 per mille), e quindi, come già successo nel 2007, il saldo naturale è negativo.
Il Mezzogiorno, con un quoziente pari al 9,0 per mille, continua ad essere la ripartizione con la mortalità più bassa, e, come negli anni precedenti, rimane l'unica ripartizione ad avere un saldo naturale positivo.
Italiani sempre più vecchi, 1 su 5 ha più di 65 anni.
Prosegue il processo di invecchiamento della popolazione, al punto che ormai un italiano su cinque è ultrassessantacinquenne. I ''grandi vecchi'' (dagli ottanta anni in su) rappresentano il 5,6% della popolazione italiana.
A fine 2008 l'indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione con piu' di 65 anni e quella con meno di 15) registra un ulteriore incremento, raggiungendo un valore pari al 143,1%. Nella graduatoria internazionale (dati 2007), la Germania, con un indice pari a 146,4, è il paese maggiormente investito dal fenomeno dell'invecchiamento, seguita dall'Italia. Bulgaria e Grecia sono gli altri paesi dell'Unione europea in cui la popolazione ha una struttura per età particolarmente anziana.
Quasi il 40% degli italiani non sta bene. L'artrosi è la malattia più diffusa.
La presenza di patologie croniche costituisce un importante indicatore per comprendere lo stato di salute della popolazione. Nel 2009 il 38,8% dei residenti in Italia dichiara di essere affetto da almeno una delle principali patologie croniche, ma tale percentuale sale all'86,9% per gli ultrasettantacinquenni.
Le malattie croniche più diffuse sono l'artrosi/artrite (17,8%), l'ipertensione (15,8%), le malattie allergiche (10,2%), l'osteoporosi (7,3%), la bronchite cronica e asma bronchiale (6,2%) e il diabete (4,8%).
Sempre più italiani usano il Web. Boom tra i giovani (86%).
Nel 2009 crescono gli utilizzatori del personal computer e di Internet, che ormai rappresentano rispettivamente il 47,5% (44,9 nel 2008) della popolazione di 3 anni e oltre e il 44,4% (era 40,2%) di quella di 6 anni e più. Se l'aumento riguarda tutte le fasce di età, l'uso del pc coinvolge soprattutto i giovani e tocca il livello massimo tra i 15 e i 19 anni (86% rispetto all'80% del 2008); con il crescere dell'età diminuisce l'uso e fra i 65 e i 74 anni la percentuale scende al 9,9%, per raggiungere il 2,4% fra gli ultra settantacinquenni. A livello territoriale, permane uno squilibrio sia nell'uso del pc (Nord e Centro rispettivamente 51,5% e 48,8%, Mezzogiorno 41,5%) che in quello di Internet (Nord e Centro rispettivamente 48,3% e 46,8%, Mezzogiorno 38,0%). (Asca)

Nuova influenza.
L'Organizzazione mondiale della Sanità ha reso noto oggi che è stata riscontrata una mutazione in alcuni campioni del virus della nuova influenza prelevati dopo i primi due casi di decessi per H1N1 avvenuti in Norvegia.
Le vittime in Italia per la nuova influenza A/H1N1 sono 68, le vaccinazioni circa 167.680: e' quanto si legge in un comunicato del Ministero del Lavoro, della salute e delle Politiche Sociali, facendo il punto della situazione alle ore 17,00. (Asca)
Aggiornati il numero dei casi e l'incidenza con il nuovo rapporto del sistema di sorveglianza Influnet basato sui medici sentinella. In base ai dati Influnet della 46ª settimana (9-15 novembre) i casi di influenza settimanali stimati sono circa 752mila. Le Regioni dove si registra la più ampia diffusione del virus sono le Marche con un incidenza dell'2,9 per cento seguite da Emilia Romagna (1,8), Lazio (1,7), Abruzzo (1,6) e Campania (1,6). I più colpiti sono bambini e adolescenti, da zero a 14 anni, con un'incidenza pari al 3,6 per cento (2,6 nei più piccoli da zero a 4 anni e 4,2 per cento dai 5 ai 14). Tra i giovani e gli adulti dai 15 ai 64 anni l'incidenza dell'influenza è dello 0,7 per cento mentre tra persone dai 65 anni in su è lo 0,1 per cento. Le Regioni hanno segnalato fino ad oggi al Ministero 489 ricoveri in ospedale per complicanze di cui 241 che richiedono cure di alta specializzazione e assistenza respiratoria: una quota pari allo 0,0105 per cento del totale stimato delle persone che hanno contratto la nuova influenza A. La percentuale delle vittime correlate all'influenza A è lo 0,0029 per cento dei malati, contro lo 0,2 per cento delle vittime correlate alla normale influenza. Va considerato che essendo la percentuale delle vittime calcolata considerando i casi clinici segnalati al sistema di sorveglianza, poiché questi sono molto probabilmente sottostimati, il valore potrebbe essere addirittura inferiore alla stima sopra riportata. (Asca)
È salito ad almeno 6.750 il bilancio delle vittime della nuova influenza in tutto il mondo. A renderlo noto l'Organizzazione Mondiale della Sanità sottolineando che dalla scorsa settimana c'è stato un incremento di 500 morti. Una settimana fa, infatti, la conta delle vittime per il virus A(H1N1) era di 6.250 morti. Il numero più alto di decessi resta quello registrato nel continente americano: 4.806 vittime. In Asia e nella regione del Pacifico finora sono stati riscontrati 1.323 decessi, mentre in Europa almeno 350 persone hanno perso la vita a causa della pandemia. (Asca)
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Un appello alla solidarietà rivolto ai Comuni

Sulla crisi occupazionale una dura critica all’atteggiamento di Cisl e Uil e alla proposta di devolvere un euro al mese. «Perché devono pagare i lavoratori?». Fondo di solidarietà, dalla Cgil lodigiana un appello ai Comuni.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 20 novembre 2009.

Il documento, molto articolato, non reca la firma del segretario generale, perchè - si legge a chiare lettere - costituisce la posizione ufficiale della Cgil del Lodigiano. Il motivo che l’ha fatto scaturire è condensato nelle poche righe dell’incipit: «Il fondo di solidarietà anticrisi, fortemente voluto da Cgil-Cisl-Uil del Lodigiano (finanziato da Provincia, Comune di Lodi, Fondazione Banca Popolare) e che oggi vede esauriti i fondi, ha lo scopo di coprire un preciso segmento del mercato del lavoro, non protetto da nessun ammortizzatore sociale, cioè di quei lavoratori che perdono il posto di lavoro e non hanno nessun tipo di sostegno economico. Questo perché, testardamente, né il governo si decide a fare una riforma universalistica, cioè per tutti, degli ammortizzatori sociali, né la regione Lombardia adotta misure adeguate in attesa della riforma nazionale».
«Sabato 14 novembre - prosegue il documento - abbiamo manifestato a Roma per una piattaforma rivendicativa che aveva proprio come primissimo obiettivo l’estensione degli ammortizzatori sociali a chi oggi non ne ha il diritto, solo come Cgil però, senza Cisl e Uil. A carico del governo, non dei lavoratori!». «Il governo - sostiene la Cgil lodigiana - ha sempre operato infatti a singhiozzo, in base alla drammaticità delle situazioni non con una visione d’insieme e mettendo al primo posto chi sta pagando a caro prezzo la crisi; migliaia di lavoratori, fra l’altro i più deboli, restano così perennemente esclusi. La crisi economica non è un terremoto e neppure un evento inspiegabile, ha cause e responsabilità ben precise, con conseguenze altrettanto precise: i lavoratori sono inequivocabilmente vittime, non certo co-responsabili. Sarebbe utile a tutti forse rileggere l’inserto Lombardia del Sole 24 Ore del 21 ottobre 2009 dove, in piena crisi, compare la mappa dei ricchi che si sono ulteriormente arricchiti, anche nel nostro territorio».
Ed ecco che la Cgil passa a snocciolare numeri e cifre: «Nel Lodigiano la disoccupazione è al 10% (9.500 gli iscritti), la Cassa Integrazione Guadagni ha subito un incremento del 915,70% (la straordinaria del 3894,81%), il precariato è diffuso, a partire dalla scuola, dalla ricerca per arrivare ad altri settori della pubblica amministrazione, a quelli produttivi e al terziario. La solidarietà del mondo del lavoro non è mai mancata in nessuna occasione, terremoti, disgrazie, singole raccolte, senza dimenticare la solidarietà maggiore costituita dal fatto che in Italia le tasse sono pagate al 75% dal lavoro dipendente, oltre ai pensionati e che l’evasione fiscale supera i 200 miliardi di euro (3/4 finanziarie), insomma che la tassazione sul lavoro è aumentata mentre quella su profitti e rendite è diminuita».
Proseguono gli esponenti della Camera del lavoro: «È dal fisco nazionale e locale allora che bisognerebbe ricavare i fondi per aiutare chi subisce i danni della crisi; è troppo semplice e comodo ricorrere sempre alle tasche dei lavoratori. Questo fondo non va confuso assolutamente con l’altrettanto importante fondo voluto dalla diocesi e dal vescovo di Lodi Merisi in particolare, che ha il compito di raccogliere fondi dai “fedeli” e ridistribuire ai più “bisognosi”, disoccupati in testa. Una grande operazione caritatevole ma il ruolo del sindacato deve essere diverso. Noi non dobbiamo entrare in concorrenza con la Chiesa o sostituire le istituzioni; per la Cgil perlomeno il ruolo prioritario è sicuramente quello di rappresentare i lavoratori e di difenderli, chiedendo a tutte le istituzioni/associazioni di svolgere al meglio le proprie funzioni di competenza (in periodo di crisi ancora di più)».
La Cgil si rivolger anzitutto alle municipalità del territorio: «Perché allora non fare un appello pregnante o studiare un meccanismo più coinvolgente per far aderire al fondo i comuni visto che hanno aderito solo in sette, creando fra l’altro parecchie contraddizioni? Ad esempio Lodi ha contribuito per 100.000 euro e ne ha visti ridistribuiti ai propri abitanti 98.000 ma all’opposto Casalpusterlengo, Codogno e Sant’Angelo non hanno contribuito affatto ed invece hanno visto un ritorno rispettivamente di 31.400, 12.600, 8.880 euro. Perché non fare un appello anche alle aziende, alle associazioni datoriali, alle banche, cioè dove ci sono maggiori risorse economiche?».
Ed ecco l’affondo alla Cisl: «La proposta della Cisl di Lodi di chiedere ai lavoratori lodigiani un contributo mensile pari a 90.000 euro, rischia di essere sbagliata e controproducente, perché da un lato troverebbe forse la concordanza delle istituzioni/associazioni che a quel punto si sentirebbero esautorate, anzi sostituite, dall’altro lato si correrebbe il rischio che se il meccanismo non funzionasse a pieno farebbe ricadere la “colpa” sui lavoratori stessi, a quel punto considerati “ingenerosi”. La Cgil di Lodi ha lanciato a Cisl e Uil la necessità di una piattaforma del lodigiano da presentare alle parti sociali a tutela e a difesa dell’occupazione esistente nonché dello sviluppo del territorio, comprensiva della richiesta di rifinanziamento del fondo, perchè questa crediamo sia la strada maestra; siamo ancora in attesa di risposte!». Conclude il documento: «Se i fondatori rinnovano l’impegno, se tutti i comuni aderiscono, se imprese, associazioni, banche ecc. si associano, allora un contributo volontario (non assolutamente coercitivo tipo silenzio-assenso) da parte dei lavoratori, dei pensionati e di tutti i cittadini, potrebbe avere un maggior senso di equità, sia di principio che economico, perchè non sostitutivo ma davvero solidale».

Da Rifondazione un “picchetto” contro i quelli che fanno i furbi.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Greta Boni, 20 novembre 2009.

Un “picchetto” davanti a tutti i comuni che non hanno ancora aderito al fondo di solidarietà. Rifondazione comunista e Comunisti italiani inizieranno la mobilitazione a Lodi Vecchio, Secugnago e Casalpusterlengo. «Partiremo da Lodi Vecchio - spiega il segretario provinciale di Rifondazione, Andrea Viani -, oggi saremo al mercato e domani in piazza, per sollecitare risposte alle nostre richieste: ovviamente non possiamo intervenire sul altri comuni, se in quelli dove siamo in maggioranza non abbiamo risposte definitive. Domani saremo anche in piazza Matteotti a Secugnago, dove sappiamo che la situazione finanziaria al momento non permette l’adesione, ma in sede di assestamento di bilancio potrebbe essere possibile, sulla base delle entrate di Sorgenia. Domenica e lunedì, invece, saremo al mercato di Casale, certamente il comune è in grado di aderire sulla base di opportune decisioni in sede di assestamento di bilancio».
Alla presentazione dell’iniziativa, nella giornata di ieri, oltre a Viani hanno partecipato il segretario cittadino Enrico Bosani, l’ex assessore provinciale all’ambiente Antonio Bagnaschi e Sergio Imeri dei Comunisti italiani. La collaborazione tra i due partiti è solo un primo passo verso quella che alle prossime elezioni comunali potrebbe trasformarsi in un’alleanza. La discussione è ancora aperta.
Il fondo anticrisi ha messo in campo sul territorio 350mila euro, una somma che ha permesso di aiutare 160 lavoratori. Ora i soldi sono finiti e la maggior parte dei comuni non ha versato la sua quota (che corrisponde a 2 euro per abitante), ma altre 200 persone hanno già chiesto aiuto. E sono rimaste a mani vuote.
«Nei giorni scorsi avevamo inviato una lettera alle amministrazioni per sollecitarle - aggiunge Viani -, i comuni che hanno risposto alle nostre richieste sono Cervignano e Camairago, che hanno aderito, Livraga, che ha sottolineato la situazione di difficoltà economica e Sant’Angelo, che conferma di non partecipare al fondo. Lodi ha aderito, Borghetto lo farà anche per il 2010, Castiglione proporrà l’istituzione di un fondo comunale per il 2010 e così anche Tavazzano».
L’iniziativa nel Lodigiano, inoltre, è stata promossa dal Gap, il Gruppo di acquisto popolare lodigiano, che ormai conta 3200 iscritti: «Il nostro obiettivo - conclude Viani - è quello di raggiungere l’anno prossimo 10mila famiglie».
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Recuperare le aree dismesse

La Provincia sta lavorando alla “mappatura”. l’assessore Capezzera: «Stop a consumo di suolo e sviluppo a macchia di leopardo». Aree dismesse, un futuro da disegnare. Nel Lodigiano sono 21 le zone industriali in stato di abbandono.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Greta Boni, 20 novembre 2009.

Sul territorio se ne contano ventuno: sono le zone ormai da tempo completamente abbandonate a se stesse, dove in passato sorgevano aziende che poi hanno smesso di produrre e se ne sono andate lasciando uno spazio vuoto. Una porzione di territorio che ammonta a quasi mezzo milione di metri quadrati sulla quale adesso bisogna iniziare a ragionare, ma anche un “tappeto” sul quale disegnare il futuro del Lodigiano che vuole superare la crisi. Un’operazione che non sarà affatto semplice, perché la superficie occupata dalle zone abbandonate è pari a 43 ettari, ovvero 430mila metri quadrati su cui si estendono per esempio zone deindustrializzate come parte della Polenghi di Lodi e l’ex Gulf nella Bassa. Il rischio è che le aree dismesse , invece di recuperare la loro destinazione originale, siano trasformate in quartieri residenziali, pronte a far gonfiare le casse dei comuni svuotate dal taglio dei trasferimenti statali.
Regione Lombardia, con l’aiuto delle Province, ha inaugurato un censimento delle zone che possono essere recuperate, un monitoraggio che non si è ancora concluso e che per il momento si ferma a quota 266. L’8 per cento dei poli produttivi abbandonati si trova in provincia di Lodi, il 48 in quella di Milano, il 32 a in quella di Varese e l’11 a Monza Brianza. La destinazione prevalente delle aree dismesse (76 per cento) era industriale o artigianale, seguita da quella agricola zootecnica (9 per cento). «Lo studio è ancora in fase di completamento - spiega l’assessore all’urbanistica di palazzo San Cristoforo, Nancy Capezzera -, poi tutti i dati saranno messi a sistema. L’obiettivo è quello di evitare il consumo di suolo, mettendo in campo incentivi e sgravi fiscali per coloro che vogliono investire. La politica della Provincia sarà quella di evitare che gli stessi interventi si moltiplichino a macchia di leopardo, piuttosto si cercherà di intervenire per settore. Per esempio, non ha senso che la logistica si sviluppi a caso, gli insediamenti devono essere valutati in base alla posizione, che deve essere vicino a determinati svincoli stradali. Inoltre - conclude l’assessore -, la logistica non è l’unico investimento che il nostro territorio deve attirare, ci sono l’industria e l’artigianato. Queste 21 aree dovranno essere bonificate, riconvertite e recuperate».
Il problema delle infrastrutture non sarà affatto secondario, le aziende che si insedieranno sul territorio avranno bisogno di servizi efficienti e a portata di mano. L’argomento è già stata affrontato in pubblico dal segretario della Confartigianato, Vittorio Boselli, il quale sia augura che le istituzioni non diventino un freno allo sviluppo. «Siamo convinti che il riutilizzo delle aree dismesse presenti nel Lodigiano sia cruciale per lo sviluppo economico e per il recupero dei livelli di occupazione che, soprattutto nell’industria, la crisi ha gravemente ridotto - afferma Boselli -. La valorizzazione di queste aree da un lato permette di non consumare altro territorio verde, dall’altro lato deve costituire un elemento di forte richiamo per investitori interni ed esterni al Lodigiano. La condizione è di trovare anzitutto una forte coesione tra tutti gli attori in gioco: istituzioni, associazioni di categoria, forze sindacali. Inoltre, si tratta di riuscire a collocare competitivamente queste aree nel più ampio mercato regionale e nazionale: da questo punto di vista sarà determinante la capacità della pubblica amministrazione, responsabile dei procedimenti autorizzativi, di essere un soggetto facilitatore e non di freno». A questo proposito, l’associazione di categoria ha organizzato una tavola rotonda per approfondire il tema della aree dismesse. L’appuntamento si terrà lunedì 30 novembre, in occasione della quinta edizione del premio Bruno Lenta. Nel corso della serata interverranno, oltre all’assessore Capezzera, il presidente della Commissione attività produttive, Andrea Gibelli, il presidente della commissione ambiente in Provincia, Alfredo Ferrari, il sindaco di Somaglia, Piergiuseppe Medaglia, e Mario Uccellini, segretario provinciale della Cisl.
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Un passo avanti in agricoltura

Il tema delle energie alternative da residui dell’attività zootecnica in un convegno a Codogno. «Con le aziende sinergia da costruire».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Luciana Grosso, 20 novembre 2009.

Forse una rivoluzione. Di sicuro un passo avanti. Un’occasione per imprenditori agricoli e dell’energia. A Codogno, nell’ambito della Fiera agricola si è svolto mercoledì mattina il convegno “Biogas: soluzione di interesse per allevatori e coltivatori” proprio per discutere di una risorsa fondamentale per l’energia e, per inevitabile conseguenza, per il futuro. Una risorsa che nasce da dove non può nascere più niente. Il convegno ha sottolineato la reciprocità dell’occasione, per agricoltori, per produttori e consumatori di energia. Il legame tra il mondo dei campo e la produzione energetica è costituito dalla sostanza stessa del biogas: una miscela di gas (in gran parte, dal 50 all’80% metano) generati dalla fermentazione batterica in assenza di ossigeno dei residui organici provenienti da rifiuti, vegetali in decomposizione, carcasse in putrescenza, liquami zootecnici o di fognatura. Il convegno si è sforzato di affrontare il tema in tutti i suoi aspetti. La produzione, nel senso più concreto di costruzione e gestione degli impianti, è stata argomento della relazione Gianandrea Ragno, intervenuto in rappresentanza di Biogas.it. L’intervento di Ferdinando Ferdinandi ha invece coperto, da un lato la necessità di dare diffusione efficace e capillare agli impianti, dall’altro si è occupato della complessa normativa che ne regola l’apertura e il funzionamento: «Il biogas per il basso costo e l’impatto contenuto è un’opportunità - ha detto il relatore -. Per questo occorrono incentivi alle società che hanno nella produzione di questa risorsa energetica il loro core business».Marcello Barbato, di Envitech Biogas, ha dato spazio all’efficacia e all’efficienza del sistema: «Il biogas è un modo per produrre energia in maniera costante, senza dipendere dal sole o dal vento. Envitech si occupa del braccio operativo, ossia di progettare e realizzare impianti a biogas, oltre che della loro manutenzione e assistenza». Salvatore La Valle ha invece portato, come esempio di realizzazione concreta di un sistema di reciprocità tra campagna ed energia, la sua esperienza di imprenditore e ingegnere della società Esco Lazio: «Abbiamo creato un modo e un modello di efficienza su come fare biogas in Italia. Nostri partner sono - ha detto La Valle marcando il legame forte, anche economico con l’agricoltura - serre che prima spendevano mezzo milione di euro per il loro riscaldamento a petrolio e che emettevano Co2, ma che ora hanno abbattuto i costi e l’impatto ambientale. Quella tra il biogas e agricoltura è una sinergia che va costruita, con fiducia reciproca e lavorando insieme. Consapevoli che, oggi, l’energia è un bene di prima necessità». Come il cibo.

Dalla colza la materia prima per il biodiesel.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 20 novembre 2009.

Si sta sviluppando in maniera consistente anche nel Lodigiano la coltivazione del colza, utilizzato per la produzione del biodiesel, carburante a basso impatto inquinante. Uno sviluppo agevolato dai finanziamenti dell’Unione Europea che premiano chi punta su una delle fonti di energia con più possibilità di crescita nel futuro. Nel 2008 in regione Lombardia sono stati 4.596 1.641 gli ettari coltivati a colza (erano 1,641 nel 2007), di cui 151 nel Lodigiano (contro i 78 dell’anno precedente). Un dato apparentemente piccolo, ma che va comunque paragonato alla disponibilità di terra della provincia di Lodi. La produzione complessiva è ammontata (dati Istat su rilevazioni dello scorso luglio) a 2.265 quintali, sui 129.255 complessivi raccolti in Lombardia. L’olio di colza è il principale olio che si utilizza per il biodiesel, quello che si trova nelle normali stazioni di servizio. Un carburante pulito, che viene prodotto usando il 100 per cento di olio di colza oppure una miscela di olii in cui quest’ultimo può arrivare fino all’80 per cento. A differenza dei combustibili fossili, come la benzina e il gasolio tradizionale, il biodiesel ha minor impatto inquinante, perché le emissioni di anidride carbonica prodotte dalle auto che lo bruciano vengono compensate dalle precedenti emissioni di ossigeno delle coltivazioni di colza.
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Le comete a Mairago

Mairago. Incontri all’osservatorio astronomico: domani sera in primo piano le comete.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 20 novembre 2009.

Le comete tornano protagoniste all’osservatorio astronomico di Mairago. Il programma promosso presso la struttura prevede per due sabati al mese, a partire dalle ore 21.30 con ingresso a 2 euro, la possibilità, tempo permettendo, di ammirare lo spettacolo del cielo stellato nell’ambito di una serie di incontri a carattere scientifico. Domani sera si affronterà appunto il tema delle comete, tra i corpi celesti più caratteristici e affascinanti, grazie alla loro lunga coda luminosa. Le comete hanno sempre incuriosito e intimorito l’uomo per il loro aspetto e la loro improvvisa apparizione in cielo. Secondo le antiche credenze popolari, erano foriere di sventure, pestilenze e guerre. Da segnalare che all’osservatorio provinciale è possibile pernottare contattando il numero 0371 460509 dalle ore 11 alle 12 e dalle ore 18 alle ore 19. Inaugurata il 14 novembre 1999, la struttura di Mairago è una tra le più apprezzate realtà del panorama scientifico e culturale della provincia di Lodi. La realizzazione dell’osservatorio è stata possibile grazie alla collaborazione tra il comune di Mairago, la Provincia di Lodi e la Fondazione Cariplo, che ha permesso di attrezzare i locali della ex scuola materna dotandoli di una cupola per l’osservazione della volta celeste, di una sala per le videoconferenze e di due camere per il pernottamento delle scuole o del pubblico, per un totale di cinquanta posti letto.
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Biogas e Lodigiano

Le imprese rurali del territorio si dimostrano sensibili al tema delle energie rinnovabili, una via per integrare i profitti. Biogas, la frontiera del reddito agricolo. Nel Lodigiano attivi 7 impianti, altri 4 in fase di realizzazione.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Osvaldo Folli, 20 novembre 2009.

Il Lodigiano tiene il passo sul fronte del biogas piazzandosi ai primi posti fra tutte le provincie lombarde a più alta vocazione zootecnica, subito dopo Mantova e Cremona e al pari di Brescia. Infatti, se in Lombardia (regione pilota in questo particolare settore) è in funzione un centinaio d’impianti che sfruttano biomasse e reflui a fini energetici, nel nostro territorio provinciale sono attualmente sette quelli attivi per un totale di potenza elettrica erogata di 5.669 Kwe, cui se ne aggiungeranno presto altri quattro, ora in fase di costruzione, che faranno lievitare la potenza di altri 3.773 Kwe, il tutto interessando una superficie agricola territoriale (Sat) di poco oltre duemila ettari.
Sono questi gli ultimi dati aggiornati avuti dal settore Agricoltura della Provincia di Lodi. «La maggior parte degli impianti in attività – ci informa la dottoressa Rosa De Marco, responsabile del servizio strutture e infrastrutture – opera con scarti di massa vegetale, trinciato di mais e liquami di suini e bovini di cui è ricchissimo il Lodigiano. Le tipologie sono molto variegate passando da impianti molto elementari, realizzati con la semplice copertura delle vasche di stoccaggio dei liquami, a veri e propri impianti di cogenerazione realizzati secondo tecniche avanzate». Tra i sette impianti attivi, uno ha una potenza di 125 Kwe (a Tavazzano con Villavesco), mentre tutti gli altri variano fra i 640 Kwe dell’impianto di Sant’Angelo Lodigiano, fino ad arrivare a superare di poco un Mwe nell’impianto della società A.T.I. di Maccastorna in cui confluiscono le deiezioni di 3600 suini e 780 capi di bovini. Qui ci troviamo alla presenza di un impianto all’avanguardia, l’ultimo realizzato nel corso del 2009, capace di erogare biogas e di riutilizzare anche l’energia termica prodotta per l’abbattimento del contenuto di nitrati. Circa la stessa tecnologia che sarà adottata nei quattro impianti in costruzione nei comuni di Camairago (625 Kwe), Brembio (1150 Kwe), Meleti (999 Kwe) e San Rocco al Porto (999 Kwe). «Sono tutti impianti che non danno alcun problema di tipo sanitario né ambientale - precisa ancora la signora De Marco - perché il digestato che ne esce non ha odore ed è riutilizzato altrove. Inoltre s’inseriscono bene senza stravolgere l’ambiente naturale circostante, mentre sono previste opere di mitigazione visiva tutto attorno agli impianti».
Indubbiamente anche le aziende agricole lodigiane si stanno dimostrando molto sensibili verso le tematiche delle energie rinnovabili e di tutela ambientale, anche in momenti difficili, intravedendo in esse l’opportunità di migliorare la propria capacità reddituale. Non si spiegherebbe, altrimenti, la voglia di buttarsi in questo settore che richiede investimenti notevoli (un impianto da 1000 Kwe costa all’incirca 3 milioni di euro ed è ammortizzato in circa otto anni), solo in minima parte mitigati dai contributi regionali in conto interessi sui mutui accesi. «Diciamo – spiega Giuliano Toninelli, proprietario e gestore, insieme ai due fratelli, di ben due impianti da 960 Kwe ciascuno, a Marudo e Villanova Sillaro – che sono un’opportunità in più che si offre all’operatore agricolo, insieme alla ristorazione e agli alloggi, per diversificare e sostenere il proprio reddito aziendale, fortemente intaccato su altri versanti, e ottimizzare così i costi». Nei due impianti di Marudo e Villanova Sillaro, entrati in funzione rispettivamente nel 2006 e 2008, non si ricava solo energia elettrica, ma il calore prodotto è utilizzato per riscaldare l’agriturismo, il ristorante e duemila metri quadrati di sale parto (a Marudo), nonché le case dei dipendenti e il mangime liquido dei suini a Villanova. «Ho dovuto crearmi una competenza specifica per dedicarmi a questi impianti che presentano alcuni aspetti delicati – conclude Toninelli – ma penso che ne sia valsa la pena e lo rifarei senz’altro ancora».
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Il Pgt ed il futuro di Brembio

Domani sera assemblea pubblica presso le ex scuole elementari.




Domani sera, sabato 21 novembre, alle ore 21, sarà un'occasione per discutere il futuro del nostro paese alla luce di quanto il Piano di Governo del Territorio, adottato dal nostro Comune e in dirittura di approvazione, prevede e delinea. Il pubblico incontro, che si terrà presso le ex scuole elementari, organizzato dal Circolo culturale "Insieme per Brembio" e dal Gruppo consiliare "Rifondazione per Brembio" avrà come tema: "PGT Trasformazione di un territorio, progresso o necessità di cassa?". Si proverà a rispondere a queste domande: cosa può significare il Piano di Governo del Territorio che il Comune si appresta ad approvare in maniera definitiva? Salvaguardia dell’ambiente, sviluppo armonico e progresso per il paese o un progetto pensato principalmente per far crescere Brembio con lo scopo pressante di fare cassa?
Rispetto ai primi articoli da noi pubblicati sul blog, che si riferivano alla bozza di Piano, la situazione è stata successivamente modificata. In particolare la parte riguardante l'area industriale è stata per così dire "stralciata", facendola rientrare nei dettami del Piano sovracomunale provinciale, che presenta uno sfruttamento del nodo ferro-gomma di Secugnago e la progettata tangenziale ugualmente - se non ancora di più - pesante in termini di cementificazione del territorio; sono mutate in dimensione alcune aree di trasformazione-recupero edilizio anche su indicazione dell'ARPA, altre sono state aggiunte, tra cui l'area riguardante la cascina Morona. Rimane sempre aperta però la domanda, visto i completamenti dati per fatti nel piano - nel senso evidente di "approvati" in precedenza -, che rimangono ancora da realizzare concretamente e da vendere, e visti i numerosi locali sfitti nella parte consolidata del paese, se lo sviluppo edilizio previsto dal piano abbia realmente un senso o sia semplicemente un pio desiderio di avere a disposizione entrate aggiuntive per le casse comunali in un tempo che perdura di vacche magre. C'è poi l'aspetto dell'evidente contraddizione tra espansione edilizia ed immutato quadro dei servizi, dalle strade ai servizi sociali. Insomma c'è di che parlare e discutere per prendere consapevolezza di cosa ci aspetta nel prossimo futuro.



Nella nostra Biblioteca Digitale trovate il Documento di Piano redatto dai tecnici incaricati: Stefania Rozza, Mario Cremonesi, Maria Elisabetta Tonali, Luca Bucci, Emanuele Garda. Trovate anche gli allegati al documento.
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