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giovedì 1 ottobre 2009
Brembio e la politica
Le sedi politiche a Brembio.
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In sequenza, la sede del Pd, la sede del Prc, la sede del gruppo consiliare "Brembio che cambia".
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In sequenza, la sede del Pd, la sede del Prc, la sede del gruppo consiliare "Brembio che cambia".
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Forze politiche
In tarda serata
Nonostante i dubbi dei legali Rai, la donna in collegamento da Bari "a titolo gratuito". Santoro: "Se Rai non deve, e Mediaset non può, chi continuerà a fare contraddittorio in tv? "Annozero, la D'Addario ospite a Rai2. "Berlusconi sapeva che ero una escort". "A Palazzo Grazioli sembrava un harem. Ho registrato ma non volevo ricattare".
Rassegna stampa - Repubblica.it, 1 ottobre 2009.
Roma - Fino all'ultimo la partecipazione della D'Addario era incerta. Il balletto delle conferme e delle smentite è proseguito fino a pochi minuti dalla trasmissione. Poi l'assicurazione che Patrizia D'Addario, la escort che ha trascorso una notte a Palazzo Grazioli con il presidente del Consiglio, partecipa "a titolo gratuito" alla puntata di Annozero. Nonostante un parere contrario dell'ufficio legale della Rai e la diffida chiesta all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni da parte di Giampaolo Tarantini.
Puntuale, alle 21.05, sugli schermi di Rai2 compare Michele Santoro: "Prima di andare in onda, ho ricevuto un parere di otto pagine dell'ufficio legale ma dentro non c'era un parere aziendale, solo i dubbi degli avvocati. Ho chiesto al direttore di rete e alla fine sono qui, in onda, e ci rimarrò".
"Nessun cambiamento al programma", ribadisce con una punta di orgoglio Santoro. "Se avessi iniziato a non mandare in video la D'Addario, cosa avrei fatto domani delle inchieste di Sandro Ruotolo o degli interventi di Marco Travaglio? Non li avrei più mandati in onda? Quando si inizia a cambiare, non si sa mai dove si va a finire. Meglio continuare come si era deciso".
È quindi il momento della D'Addario. E la rivelazione: "Berlusconi sapeva che ero una escort. Tutti lo sapevano, le ragazze, Tarantini, ..." Poi aggiunge: "All'incontro con Berlusconi a Palazzo Grazioli mi sembrava di essere in un harem. Quella volta c'erano il presidente, Giampaolo Tarantini, e più di venti ragazze. Si ballava, si cantava. E' vero: ho usato il registratore, ma non volevo ricattare nessuno".
Occhi truccati, i capelli biondi che le scendono lisci sulle spalle, tradisce un po' di tensione quando la telecamera mostra quella sua postura troppo irrigidita sul sofà di pelle rosso. "Sono andata da Berlusconi due volte e sempre pagata. Ho parlato al presidente del mio progetto (un agriturismo sognato già dal padre della D'Addario, ndr), e lui mi ha detto che mi avrebbe aiutato. Invece non ho visto nessuno nel mio cantiere. Sono stata tradita. Come pure la mia candidatura politica. Sono stati loro che me l'hanno offerta, non io, e adesso non mi fanno partecipare neppure alle conferenze stampa del presidente".
Nella trasmissione c'è spazio anche per un attacco al direttore del Tg1 Augusto Minzolini. Santoro mette a confronto un recente editoriale in cui, parlando dello scandalo delle escort, annuncia che "non si occuperà di gossip", e le parole che lui stesso scrisse nel '94: "La distinzione tra pubblico e privato è manichea" (ne aveva parlato nel suo blog su Repubblica.it Vittorio Zambardino).
Passa in video una gag irriverente, e a tratti volgare, su Berlusconi e l'omologo inglese Gordon Brown, che è stata trasmessa in prima serata dalla Bbc. "Come vedete, in una rete pubblica e autorevole, hanno un altro concetto di censura", commenta Santoro.
E poi si chiede il conduttore: "Se le reti Rai non devono attaccare il governo ("perché sono pubbliche, pagate con il canone" sostiene il premier, ndr), e i canali Mediaset non possono perché sono riconducibili al presidente del Consiglio, chi può mantenere un contraddittorio? Questa volta lo faccio io un esposto all'Authority delle comunicazioni".
Rassegna stampa - Repubblica.it, 1 ottobre 2009.
Roma - Fino all'ultimo la partecipazione della D'Addario era incerta. Il balletto delle conferme e delle smentite è proseguito fino a pochi minuti dalla trasmissione. Poi l'assicurazione che Patrizia D'Addario, la escort che ha trascorso una notte a Palazzo Grazioli con il presidente del Consiglio, partecipa "a titolo gratuito" alla puntata di Annozero. Nonostante un parere contrario dell'ufficio legale della Rai e la diffida chiesta all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni da parte di Giampaolo Tarantini.
Puntuale, alle 21.05, sugli schermi di Rai2 compare Michele Santoro: "Prima di andare in onda, ho ricevuto un parere di otto pagine dell'ufficio legale ma dentro non c'era un parere aziendale, solo i dubbi degli avvocati. Ho chiesto al direttore di rete e alla fine sono qui, in onda, e ci rimarrò".
"Nessun cambiamento al programma", ribadisce con una punta di orgoglio Santoro. "Se avessi iniziato a non mandare in video la D'Addario, cosa avrei fatto domani delle inchieste di Sandro Ruotolo o degli interventi di Marco Travaglio? Non li avrei più mandati in onda? Quando si inizia a cambiare, non si sa mai dove si va a finire. Meglio continuare come si era deciso".
È quindi il momento della D'Addario. E la rivelazione: "Berlusconi sapeva che ero una escort. Tutti lo sapevano, le ragazze, Tarantini, ..." Poi aggiunge: "All'incontro con Berlusconi a Palazzo Grazioli mi sembrava di essere in un harem. Quella volta c'erano il presidente, Giampaolo Tarantini, e più di venti ragazze. Si ballava, si cantava. E' vero: ho usato il registratore, ma non volevo ricattare nessuno".
Occhi truccati, i capelli biondi che le scendono lisci sulle spalle, tradisce un po' di tensione quando la telecamera mostra quella sua postura troppo irrigidita sul sofà di pelle rosso. "Sono andata da Berlusconi due volte e sempre pagata. Ho parlato al presidente del mio progetto (un agriturismo sognato già dal padre della D'Addario, ndr), e lui mi ha detto che mi avrebbe aiutato. Invece non ho visto nessuno nel mio cantiere. Sono stata tradita. Come pure la mia candidatura politica. Sono stati loro che me l'hanno offerta, non io, e adesso non mi fanno partecipare neppure alle conferenze stampa del presidente".
Nella trasmissione c'è spazio anche per un attacco al direttore del Tg1 Augusto Minzolini. Santoro mette a confronto un recente editoriale in cui, parlando dello scandalo delle escort, annuncia che "non si occuperà di gossip", e le parole che lui stesso scrisse nel '94: "La distinzione tra pubblico e privato è manichea" (ne aveva parlato nel suo blog su Repubblica.it Vittorio Zambardino).
Passa in video una gag irriverente, e a tratti volgare, su Berlusconi e l'omologo inglese Gordon Brown, che è stata trasmessa in prima serata dalla Bbc. "Come vedete, in una rete pubblica e autorevole, hanno un altro concetto di censura", commenta Santoro.
E poi si chiede il conduttore: "Se le reti Rai non devono attaccare il governo ("perché sono pubbliche, pagate con il canone" sostiene il premier, ndr), e i canali Mediaset non possono perché sono riconducibili al presidente del Consiglio, chi può mantenere un contraddittorio? Questa volta lo faccio io un esposto all'Authority delle comunicazioni".
Viespoli, sottosegretario Pdl contro veline e "pensiero breve".
Rassegna stampa - Repubblica.it, Antonello Caporale, 1 ottobre 2009.
Il sottosegretario antiveline ha due-tre cose che recano il timbro di una diversità clamorosa dal resto della truppa: "Non troverà mai un manifesto con il mio volto. Mai che stringo la mano come un ebete a Fini o Berlusconi e sorrido stralunato". Pasquale Viespoli, da Benevento, è uomo di altri tempi e di altri pensieri. "I talk show hanno rovinato la politica, e Porta a Porta ha rovinato il centrodestra. Il circo mediatico ingaggia i soliti protagonisti e li eleva al cielo. Alla tv e ai giornali servono tipi dal pensiero breve".
Tipi alla Bocchino. Poche e inutili parole.
"Che colpa ne ha lui? Siete voi che l'avete scelto".
Anche lei nella sua Benevento si è trovato davanti una ragazza di questi nuovi tempi. Nunzia De Girolamo, deputata e coordinatrice del Pdl.
"È una ragazza determinata, ambiziosa a cui manca il limite".
Subito invitato Berlusconi il peccatore a Pietrelcina, il paese di Padre Pio.
"Ha capito come ci si infila nei giornali".
"Anch'io sono una peccatrice", ha detto.
"Sul doppio senso si costruisce a volte la notorietà".
Il peccatore verrà davvero a trovare la peccatrice. Berlusconi è atteso a Benevento il 10 ottobre.
"Vero".
Ma lei quel giorno non sarà presente.
"Organizzo un convegno con Fini a Salerno".
E si è dimesso da commissario del partito a Pietrelcina.
"Non mi va più".
E ha bersagliato di parole cattive la giovane deputata durante un confronto animato nel corso principale della città.
"Confronto molto fisico, vero".
Nel senso?
"Nel senso opposto alla fisicità del pensiero contemporaneo. Io sono l'uomo di destra che in Italia ha governato, a livello locale o nazionale, per più tempo in assoluto. Dal '93 ad oggi, con una parentesi di due anni, o sindaco o sottosegretario al Lavoro".
Poltronista per eccellenza, allora.
"Lei dice? Mah. Io rispondo che ho vinto perché ho conosciuto la solitudine dell'opposizione. Ho vinto perché ho perso. Ho vinto perché conosco cos'è la militanza e la passione. E la resistenza".
Le ragazze di oggi invece...
"Smisurate".
Senza doppio senso.
"Senza. Ogni relazione come strumento di affermazione personale. Non badano a nulla".
Il breve tragitto dei corpi.
"Tutto figlio del pensiero altrettanto breve: fare di corsa carriera, a qualunque costo".
Non le piace il suo partito.
"Non mi piace che esista il grande leader e poi il deserto".
Fosse dipeso da lei non avrebbe arruolato il fior fiore della gioventù.
"Il bando dell'arruolamento non prevedeva regole certe. Ha fatto lui e ha fatto da solo. Ma è venuto il momento di organizzare pensieri e opere".
Fini si agita.
"Fa ottimimente. Se possibile vorrei che si agitasse di più".
Berlusconi è smodato.
"Rende pubblica la sua trasgressione. Ha intuiti geniali e momenti di buio. Mi ricorda Altafini quando giocava. Alcune volte era il re in campo. Altre la dannazione. Smisurato".
Smisurato Berlusconi?
"No limits".
È il suo leader.
"Certo, e gli riconosco il ruolo. In questa legislatura è indiscutibile la sua preminenza".
Nella prossima, invece.
"Dovremmo riflettere e scegliere. Fini ha le carte in regola per proporsi. Ma dobbiamo dire basta alla solitudine del leader".
Magari ha ragione. Ma se avrà torto, la valigia è lì che l'aspetta.
"Guardi questo ufficio, e guardi la poltrona: sono un perdente di successo".
Il dubbio in una telefonata intercettata dalla GdF. Gli inquirenti: "L'iscrizione atto dovuto"Il ministro all'Ambiente: "Tutto falso. Basta leggere gli estratti conto. Sono nauseata". Prestigiacomo indagata per peculato"Acquisti con la credit card del Ministero".
Rassegna stampa - Repubblica.it, 1 ottobre 2009.
Roma - "Il tribunale dei ministri accerti se per un certo periodo Stefania Prestigiacomo abbia usato la carta di credito del dicastero per comprare articoli di moda e pelletteria femminile". È la richiesta inviata al tribunale per i reati ministeriali dalla procura di Roma che ha iscritto sul registro degli indagati il ministro per l'Ambiente per il reato di peculato. "Non è vero: non ho mai usato la carta di credito del ministero per motivi personali", si è difesa il ministro Prestigiacomo. "Gli estratti conto e tutta la documentazione relativa alle spese ministeriali sono a disposizione degli inquirenti. Nessuno li ha mai consultati. Potevano fare qualche verifica prima di accusarmi di peculato. Sono profondamente nauseata da questa vicenda. Presenterò querela". Il fascicolo sul ministro è arrivato a Roma dopo l'ascolto di alcune telefonate fatte dalla Guardia di Finanza di Firenze in relazione ad un altro procedimento giudiziario. Da una intercettazione, emergerebbe un colloquio tra due soggetti, di cui uno funzionario al ministero, che farebbero riferimento ad acquisti compiuti dalla Prestigiacomo. Chi indaga deve capire se questi acquisti, ammesso che esistano, siano stati fatti per motivi personali o per ragioni istituzionali. Gli inquirenti sono molto cauti. "È una storia tutta da verificare. L'iscrizione era un atto dovuto".
Tipi alla Bocchino. Poche e inutili parole.
"Che colpa ne ha lui? Siete voi che l'avete scelto".
Anche lei nella sua Benevento si è trovato davanti una ragazza di questi nuovi tempi. Nunzia De Girolamo, deputata e coordinatrice del Pdl.
"È una ragazza determinata, ambiziosa a cui manca il limite".
Subito invitato Berlusconi il peccatore a Pietrelcina, il paese di Padre Pio.
"Ha capito come ci si infila nei giornali".
"Anch'io sono una peccatrice", ha detto.
"Sul doppio senso si costruisce a volte la notorietà".
Il peccatore verrà davvero a trovare la peccatrice. Berlusconi è atteso a Benevento il 10 ottobre.
"Vero".
Ma lei quel giorno non sarà presente.
"Organizzo un convegno con Fini a Salerno".
E si è dimesso da commissario del partito a Pietrelcina.
"Non mi va più".
E ha bersagliato di parole cattive la giovane deputata durante un confronto animato nel corso principale della città.
"Confronto molto fisico, vero".
Nel senso?
"Nel senso opposto alla fisicità del pensiero contemporaneo. Io sono l'uomo di destra che in Italia ha governato, a livello locale o nazionale, per più tempo in assoluto. Dal '93 ad oggi, con una parentesi di due anni, o sindaco o sottosegretario al Lavoro".
Poltronista per eccellenza, allora.
"Lei dice? Mah. Io rispondo che ho vinto perché ho conosciuto la solitudine dell'opposizione. Ho vinto perché ho perso. Ho vinto perché conosco cos'è la militanza e la passione. E la resistenza".
Le ragazze di oggi invece...
"Smisurate".
Senza doppio senso.
"Senza. Ogni relazione come strumento di affermazione personale. Non badano a nulla".
Il breve tragitto dei corpi.
"Tutto figlio del pensiero altrettanto breve: fare di corsa carriera, a qualunque costo".
Non le piace il suo partito.
"Non mi piace che esista il grande leader e poi il deserto".
Fosse dipeso da lei non avrebbe arruolato il fior fiore della gioventù.
"Il bando dell'arruolamento non prevedeva regole certe. Ha fatto lui e ha fatto da solo. Ma è venuto il momento di organizzare pensieri e opere".
Fini si agita.
"Fa ottimimente. Se possibile vorrei che si agitasse di più".
Berlusconi è smodato.
"Rende pubblica la sua trasgressione. Ha intuiti geniali e momenti di buio. Mi ricorda Altafini quando giocava. Alcune volte era il re in campo. Altre la dannazione. Smisurato".
Smisurato Berlusconi?
"No limits".
È il suo leader.
"Certo, e gli riconosco il ruolo. In questa legislatura è indiscutibile la sua preminenza".
Nella prossima, invece.
"Dovremmo riflettere e scegliere. Fini ha le carte in regola per proporsi. Ma dobbiamo dire basta alla solitudine del leader".
Magari ha ragione. Ma se avrà torto, la valigia è lì che l'aspetta.
"Guardi questo ufficio, e guardi la poltrona: sono un perdente di successo".
Il dubbio in una telefonata intercettata dalla GdF. Gli inquirenti: "L'iscrizione atto dovuto"Il ministro all'Ambiente: "Tutto falso. Basta leggere gli estratti conto. Sono nauseata". Prestigiacomo indagata per peculato"Acquisti con la credit card del Ministero".
Rassegna stampa - Repubblica.it, 1 ottobre 2009.
Roma - "Il tribunale dei ministri accerti se per un certo periodo Stefania Prestigiacomo abbia usato la carta di credito del dicastero per comprare articoli di moda e pelletteria femminile". È la richiesta inviata al tribunale per i reati ministeriali dalla procura di Roma che ha iscritto sul registro degli indagati il ministro per l'Ambiente per il reato di peculato. "Non è vero: non ho mai usato la carta di credito del ministero per motivi personali", si è difesa il ministro Prestigiacomo. "Gli estratti conto e tutta la documentazione relativa alle spese ministeriali sono a disposizione degli inquirenti. Nessuno li ha mai consultati. Potevano fare qualche verifica prima di accusarmi di peculato. Sono profondamente nauseata da questa vicenda. Presenterò querela". Il fascicolo sul ministro è arrivato a Roma dopo l'ascolto di alcune telefonate fatte dalla Guardia di Finanza di Firenze in relazione ad un altro procedimento giudiziario. Da una intercettazione, emergerebbe un colloquio tra due soggetti, di cui uno funzionario al ministero, che farebbero riferimento ad acquisti compiuti dalla Prestigiacomo. Chi indaga deve capire se questi acquisti, ammesso che esistano, siano stati fatti per motivi personali o per ragioni istituzionali. Gli inquirenti sono molto cauti. "È una storia tutta da verificare. L'iscrizione era un atto dovuto".
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Un depliant distribuito in questi giorni
Ma questo "CURIT" cos’è?
Nei giorni scorsi, nelle cassette postali dei brembiesi è stato depositato un volantino di color arancione edito dalla Regione Lombardia e con evidenziata una scritta: CURIT, Catasto Unico Regionale Impianti termici.
Sembrerebbe tutto chiaro, ma qualche concittadino mi ha fermato per strada e….."Ch’el me scusa, ma sa vor dì ch’el CU….CU… ch’el rob lì ‘nsuma? Se ghem da fa? Ghe a mò da pagà? Sel serv a che roba? I podu no scriv un po’ pusè gros? Num ansian ghe vedem poc". (Mi scusi, ma che significato ha il volantino? Cosa dobbiamo fare? C’è ancora da pagare? A cosa serve il CURIT? Non possono scrivere con caratteri più grossi? Noi persone anziane ci vediamo poco).
È vero. Sfogliando il depliant si nota che veramente è stato stampato con caratteri piccoli e, sinceramente si riesce a capire ben poco di quello che realmente la Regione Lombardia vuole trasmettere ai cittadini lombardi. Vediamo allora di chiarire il mistero. Per farlo dobbiamo fare un piccolo passo indietro.
Bisogna innanzitutto sapere che la Provincia di Lodi è tenuta per legge a controllare annualmente almeno il 5 per cento del totale degli impianti termici del proprio territorio (ad esempio le caldaie domestiche con potenzialità inferiore a 35 Kilowatt e le centrali termiche per quelle superiori). Il Comune di Lodi vi provvede autonomamente in quanto ha un numero di abitanti superiore a 40.000. La legge italiana prevede poi che questi controlli siano pagati dal responsabile dell’impianto, ovvero da chi occupa l’appartamento (proprietario o inquilino o dagli amministratori per centrali termiche condominiali). Il controllo è gratuito per chi presenta una autocertificazione di regolare esecuzione della manutenzione al proprio impianto termico effettuata da un manutentore autorizzato.
L’autocertificazione è rappresentata da un documento (Allegato G per le caldaiette) a cui viene applicato, ogni due anni, un bollino da 7,75 euro a favore della Provincia quale contributo per l’effettuazione delle verifiche e un altro euro a favore della Regione per il cosiddetto CURIT. Per le centrali termiche il documento è l’allegato F e il costo del contributo provinciale e regionale variano in base alla potenza dell’impianto. I documenti G e F e i relativi bollini vengono rilasciati dal manutentore che provvederà anche a trasmetterli con una speciale procedura informatizzata. (Avremo modo prossimamente di parlare di questi documenti e di descriverne l'utilità).
Ed è qui che entra in scena il famoso CURIT, il catasto appunto che permette la registrazione di tutte le comunicazioni da presentare all’Ente (Provincia o Comune di Lodi): circa 3 milioni di impianti di cui 600 mila di grandi dimensioni.
La Regione Lombardia è stata la prima a livello nazionale a mettere a disposizione dei cittadini uno strumento informatico, un sistema diffuso sul territorio che collega in rete regione, province, comuni e associazioni di categoria e dove è possibile visualizzare i dati del proprio impianto termico e ricevere un avviso (e-mail o sms) sulla scadenza della manutenzione e della dichiarazione che deve essere presentata ogni due anni. Non solo. Se il possessore di un impianto termico avesse bisogno di informazioni o non avesse ancora un manutentore di fiducia, lo può ricercare tra quelli registrati al CURIT semplicemente collegandosi al sito www.curit.it, oppure contattando il numero 02.66. 73.73.73 dal lunedì al venerdì dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 16,30. Se invece si ha già un manutentore di fiducia, questa funzione consente di controllare se si è regolarmente registrati al catasto. Insomma, tutto sommato, un buon servizio.
A questo punto qualcuno può chiedere: perché devo fare la manutenzione della mia caldaia e spendere oltre ai contributi provinciali e regionali anche altri soldi per la manutenzione?
A questa domanda risponderemo nei prossimi giorni con una serie di articoli e con un incontro su un importante tema di attualità: "Impianti domestici sicuri? Le leggi, le norme, i comportamenti".
Nei giorni scorsi, nelle cassette postali dei brembiesi è stato depositato un volantino di color arancione edito dalla Regione Lombardia e con evidenziata una scritta: CURIT, Catasto Unico Regionale Impianti termici.
Sembrerebbe tutto chiaro, ma qualche concittadino mi ha fermato per strada e….."Ch’el me scusa, ma sa vor dì ch’el CU….CU… ch’el rob lì ‘nsuma? Se ghem da fa? Ghe a mò da pagà? Sel serv a che roba? I podu no scriv un po’ pusè gros? Num ansian ghe vedem poc". (Mi scusi, ma che significato ha il volantino? Cosa dobbiamo fare? C’è ancora da pagare? A cosa serve il CURIT? Non possono scrivere con caratteri più grossi? Noi persone anziane ci vediamo poco).
È vero. Sfogliando il depliant si nota che veramente è stato stampato con caratteri piccoli e, sinceramente si riesce a capire ben poco di quello che realmente la Regione Lombardia vuole trasmettere ai cittadini lombardi. Vediamo allora di chiarire il mistero. Per farlo dobbiamo fare un piccolo passo indietro.
Bisogna innanzitutto sapere che la Provincia di Lodi è tenuta per legge a controllare annualmente almeno il 5 per cento del totale degli impianti termici del proprio territorio (ad esempio le caldaie domestiche con potenzialità inferiore a 35 Kilowatt e le centrali termiche per quelle superiori). Il Comune di Lodi vi provvede autonomamente in quanto ha un numero di abitanti superiore a 40.000. La legge italiana prevede poi che questi controlli siano pagati dal responsabile dell’impianto, ovvero da chi occupa l’appartamento (proprietario o inquilino o dagli amministratori per centrali termiche condominiali). Il controllo è gratuito per chi presenta una autocertificazione di regolare esecuzione della manutenzione al proprio impianto termico effettuata da un manutentore autorizzato.
L’autocertificazione è rappresentata da un documento (Allegato G per le caldaiette) a cui viene applicato, ogni due anni, un bollino da 7,75 euro a favore della Provincia quale contributo per l’effettuazione delle verifiche e un altro euro a favore della Regione per il cosiddetto CURIT. Per le centrali termiche il documento è l’allegato F e il costo del contributo provinciale e regionale variano in base alla potenza dell’impianto. I documenti G e F e i relativi bollini vengono rilasciati dal manutentore che provvederà anche a trasmetterli con una speciale procedura informatizzata. (Avremo modo prossimamente di parlare di questi documenti e di descriverne l'utilità).
Ed è qui che entra in scena il famoso CURIT, il catasto appunto che permette la registrazione di tutte le comunicazioni da presentare all’Ente (Provincia o Comune di Lodi): circa 3 milioni di impianti di cui 600 mila di grandi dimensioni.
La Regione Lombardia è stata la prima a livello nazionale a mettere a disposizione dei cittadini uno strumento informatico, un sistema diffuso sul territorio che collega in rete regione, province, comuni e associazioni di categoria e dove è possibile visualizzare i dati del proprio impianto termico e ricevere un avviso (e-mail o sms) sulla scadenza della manutenzione e della dichiarazione che deve essere presentata ogni due anni. Non solo. Se il possessore di un impianto termico avesse bisogno di informazioni o non avesse ancora un manutentore di fiducia, lo può ricercare tra quelli registrati al CURIT semplicemente collegandosi al sito www.curit.it, oppure contattando il numero 02.66. 73.73.73 dal lunedì al venerdì dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 16,30. Se invece si ha già un manutentore di fiducia, questa funzione consente di controllare se si è regolarmente registrati al catasto. Insomma, tutto sommato, un buon servizio.
A questo punto qualcuno può chiedere: perché devo fare la manutenzione della mia caldaia e spendere oltre ai contributi provinciali e regionali anche altri soldi per la manutenzione?
A questa domanda risponderemo nei prossimi giorni con una serie di articoli e con un incontro su un importante tema di attualità: "Impianti domestici sicuri? Le leggi, le norme, i comportamenti".
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L’apertura dell’Anno Catechistico e Pastorale
Catechesi: da domenica 4 ottobre si riparte.
Dopo la pausa estiva ecco che si ripresenta l’annuale appuntamento con i progetti, i programmi, gli impegni che già il nostro parroco don Elia, coadiuvato dal Consiglio Pastorale, ha predisposto per il nuovo anno pastorale.
Già domenica scorsa, 27 settembre si è celebrata nel cortile dell’oratorio l’apertura dell’Anno Catechistico e Pastorale alla presenza dei consiglieri Parrocchiali, dei gruppi di catechesi, dei catechisti ed educatori, del Gruppo Sportivo oratoriano e di tutti i collaboratori che a vario titolo offrono la loro disponibilità per la vita dell’oratorio e della parrocchia.
Durante la Santa Messa il Parroco ha conferito il mandato ai catechisti e agli operatori parrocchiali affidando loro come simbolo un cartoncino con un pensiero del poeta S. Lawrence. Un pensiero che vorrei trasmettere anche ai numerosi gruppi di volontariato presenti nel nostro paese e a tutti i nostri giovani:
Dopo la pausa estiva ecco che si ripresenta l’annuale appuntamento con i progetti, i programmi, gli impegni che già il nostro parroco don Elia, coadiuvato dal Consiglio Pastorale, ha predisposto per il nuovo anno pastorale.
Già domenica scorsa, 27 settembre si è celebrata nel cortile dell’oratorio l’apertura dell’Anno Catechistico e Pastorale alla presenza dei consiglieri Parrocchiali, dei gruppi di catechesi, dei catechisti ed educatori, del Gruppo Sportivo oratoriano e di tutti i collaboratori che a vario titolo offrono la loro disponibilità per la vita dell’oratorio e della parrocchia.
Durante la Santa Messa il Parroco ha conferito il mandato ai catechisti e agli operatori parrocchiali affidando loro come simbolo un cartoncino con un pensiero del poeta S. Lawrence. Un pensiero che vorrei trasmettere anche ai numerosi gruppi di volontariato presenti nel nostro paese e a tutti i nostri giovani:
Non dire mai…
Non dire mai: IO
invece di: NOI
Non dire mai: MIO
invece di: NOSTRO.
Non dire mai:TOCCA A LUI
invece di: COMINCIO IO.
Non dire mai: NON POSSO
invece di : ECCOMI.
Non dire mai: VATTENE
invece di: VIENI.
Non dire mai: DOMANI
invece di: OGGI
Non dire mai: MAI
invece di: SEMPRE
S. Lawrence
Nel pomeriggio l’incontro di preghiera con i ragazzi e i genitori con la consegna dell’iscrizione e del simbolo catechistico che per il 2009 - 2010 ha come slogan: “Tutti insieme per camminare con Gesù”. Per illustrare il tema, su di un grande cartellone è stata disegnata una strada su cui sono in cammino Gesù che tiene per mano un bambino. Ogni classe di catechesi poi ha messo sulla stessa strada le orme di due scarpe, simbolo di ciò che ognuno deve fare nella vita: seguire Gesù che è già con noi per spiegarci il Vangelo e indicarci la meta che dobbiamo raggiungere. Prima del commiato i catechisti hanno consegnato ai ragazzi un piccolo sandalo legato ad un cartoncino con la riproduzione del disegno del cartellone.
Arrivederci a domenica!
Le due virtù su tre
Dietro le quinte. L'esecutivo cambierà il contratto con la Rai. Obbligo di contraddittorio per bilanciare Travaglio.
Rassegna stampa - Corriere della Sera, Paolo Conti, 30 settembre 2009.
Roma - Forse la chiave è tutta lì, nell'insistenza con cui ieri Paolo Romani - appena uscito dallo studio di Sergio Zavoli - ha citato la delibera numero 19 del 2009 (19/09) dell'Autorità per le Telecomunicazioni. Esattamente la stessa, e non è un caso, con cui il direttore generale della Rai Mauro Masi ha cercato una sponda presso il presidente dell'Autorità, Corrado Calabrò, per decidere di «sospendere» il contratto di Marco Travaglio (a tutt'oggi non firmato). Ispirandosi a quel testo, dice qualcuno, il viceministro per le Comunicazioni potrebbe rendere più stringente il testo del nuovo Contratto di servizio che legherà lo Stato alla Rai dal 2010 al 2012. E arrivare a norme che, nei fatti e senza ricorrere a censure formali, potrebbero rendere impossibile (un caso per tutti) i monologhi di Marco Travaglio ad «Annozero» senza la presenza di un contraddittorio, o di una voce di parere opposto.
L'ultima versione del contratto di servizio, quella che sarà in vigore fino al 31 dicembre, firmata nel 2007 da Claudio Petruccioli, si limita (articolo 2, comma 3) ad affermare che la Rai «riconosce come compiti prioritari la libertà, la completezza, l'obiettività e il pluralismo dell'informazione» con programmi che producano «presso i cittadini una percezione positiva del servizio pubblico» e una programmazione «di qualità rispettosa dell'identità valoriale e ideale del nostro Paese». E sarà l'argomento dell'incontro tra Romani, il ministro Claudio Scajola e i vertici Rai dell'8 ottobre.
Era molto più duro il contratto 2003-2005, firmato da Antonio Baldassarre e in cui, articolo 2 comma 1, si leggeva che la Rai senza mezzi termini «si obbliga a osservare i principi di pluralismo, imparzialità, completezza e obiettività». Nel nuovo contratto tornerebbe non solo il concetto di obbligo. Ma si tenterebbe di assorbire un principio esposto nella delibera dell'Agcom, tutta dedicata alla puntata di «Annozero» (1 maggio 2008) in cui Beppe Grillo, da una piazza di Torino, attaccò Napolitano («dorme, fa i pisolini, poi esce e monta») e alla puntata di «Che tempo che fa» (10 maggio 2008) in cui Marco Travaglio, intervistato da Fabio Fazio, contestò il presidente del Senato, Renato Schifani.
L'Agcom parla di «informazione detrattiva», così «i telespettatori percepiscono semplicemente e a senso unico un "disvalore" delle istituzioni anziché una giustificata, ragionevole e costruttiva critica». Secondo l'Autorità «un adeguato contraddittorio avrebbe potuto consentire quantomeno una informazione completa e, quindi, imparziale... la carenza di contraddittorio ha aggravato la lesività delle affermazioni formulata... occorreva un contradditorio effettivo e leale». L'Agcom richiama, nel testo della delibera, anche il Codice Etico della Rai in cui si legge che «il pluralismo non è solo un dovere nei confronti della collettività ma un metodo di lavoro, un elemento della sua identità di servizio pubblico».
Tutti concetti («informazione detrattiva», «disvalore delle istituzioni», «adeguato contraddittorio») che potrebbero ispirare parte del nuovo Contratto di servizio. E modificare, dal 1° gennaio 2010, il quadro degli obblighi della Rai verso lo Stato italiano. Senza censure formali.
Rassegna stampa - Corriere della Sera, Paolo Conti, 30 settembre 2009.
Roma - Forse la chiave è tutta lì, nell'insistenza con cui ieri Paolo Romani - appena uscito dallo studio di Sergio Zavoli - ha citato la delibera numero 19 del 2009 (19/09) dell'Autorità per le Telecomunicazioni. Esattamente la stessa, e non è un caso, con cui il direttore generale della Rai Mauro Masi ha cercato una sponda presso il presidente dell'Autorità, Corrado Calabrò, per decidere di «sospendere» il contratto di Marco Travaglio (a tutt'oggi non firmato). Ispirandosi a quel testo, dice qualcuno, il viceministro per le Comunicazioni potrebbe rendere più stringente il testo del nuovo Contratto di servizio che legherà lo Stato alla Rai dal 2010 al 2012. E arrivare a norme che, nei fatti e senza ricorrere a censure formali, potrebbero rendere impossibile (un caso per tutti) i monologhi di Marco Travaglio ad «Annozero» senza la presenza di un contraddittorio, o di una voce di parere opposto.
L'ultima versione del contratto di servizio, quella che sarà in vigore fino al 31 dicembre, firmata nel 2007 da Claudio Petruccioli, si limita (articolo 2, comma 3) ad affermare che la Rai «riconosce come compiti prioritari la libertà, la completezza, l'obiettività e il pluralismo dell'informazione» con programmi che producano «presso i cittadini una percezione positiva del servizio pubblico» e una programmazione «di qualità rispettosa dell'identità valoriale e ideale del nostro Paese». E sarà l'argomento dell'incontro tra Romani, il ministro Claudio Scajola e i vertici Rai dell'8 ottobre.
Era molto più duro il contratto 2003-2005, firmato da Antonio Baldassarre e in cui, articolo 2 comma 1, si leggeva che la Rai senza mezzi termini «si obbliga a osservare i principi di pluralismo, imparzialità, completezza e obiettività». Nel nuovo contratto tornerebbe non solo il concetto di obbligo. Ma si tenterebbe di assorbire un principio esposto nella delibera dell'Agcom, tutta dedicata alla puntata di «Annozero» (1 maggio 2008) in cui Beppe Grillo, da una piazza di Torino, attaccò Napolitano («dorme, fa i pisolini, poi esce e monta») e alla puntata di «Che tempo che fa» (10 maggio 2008) in cui Marco Travaglio, intervistato da Fabio Fazio, contestò il presidente del Senato, Renato Schifani.
L'Agcom parla di «informazione detrattiva», così «i telespettatori percepiscono semplicemente e a senso unico un "disvalore" delle istituzioni anziché una giustificata, ragionevole e costruttiva critica». Secondo l'Autorità «un adeguato contraddittorio avrebbe potuto consentire quantomeno una informazione completa e, quindi, imparziale... la carenza di contraddittorio ha aggravato la lesività delle affermazioni formulata... occorreva un contradditorio effettivo e leale». L'Agcom richiama, nel testo della delibera, anche il Codice Etico della Rai in cui si legge che «il pluralismo non è solo un dovere nei confronti della collettività ma un metodo di lavoro, un elemento della sua identità di servizio pubblico».
Tutti concetti («informazione detrattiva», «disvalore delle istituzioni», «adeguato contraddittorio») che potrebbero ispirare parte del nuovo Contratto di servizio. E modificare, dal 1° gennaio 2010, il quadro degli obblighi della Rai verso lo Stato italiano. Senza censure formali.
Il video è quello della prima puntata di Annozero andata in onda giovedì scorso 24 settembre. Il video linkato è stato reso disponibile dal blog "Aiutiamo Silvio", che raccoglie battute, barzellette e quant'altro per sorridere e ridere un po' alle spalle del "più grande presidente del consiglio di tutti i tempi" e dei suoi berluscones. Ne riportiamo una, così, tanto per gradire.
Le due virtù degli uomini
Si racconta che quando Dio creò il mondo affinché gli uomini prosperassero decise di concedere loro due virtù. E così fece.
Gli svizzeri li fece ordinati e rispettosi delle leggi; gli inglesi perseveranti e studiosi; i giapponesi lavoratori e pazienti; i francesi colti e raffinati; gli spagnoli allegri e accoglienti. Quando arrivò agli italiani si rivolse all’angelo che prendeva nota e gli disse: "Gli italiani saranno intelligenti, buone persone e di Forza Italia". Quando terminò con la creazione, l’angelo gli disse: "Signore hai dato a tutti i popoli due virtù ma agli italiani tre, questo farà sì che prevarranno su tutti gli altri".
"Accidenti, è vero! Ma le virtù divine non si possono più togliere, che gli italiani abbiano tre virtù! Però ogni persona non potrà averne più di due insieme".
Fu così che... l’italiano che è di Forza Italia e buona persona, non può essere intelligente; colui che è intelligente e di Forza Italia non può essere buona persona; e quello, infine che è intelligente e buona persona non può essere di Forza Italia.
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Arturo, non Lazzaro
«Nucleare? Si pensi invece a smantellare Arturo».
Rassegna stampa - Il Giorno, Tiziano Troianello, 1 ottobre 2009.
Il governo pensa al ritorno al nucleare e non è escluso che possa prendere in considerazione l’ipotesi di riattivare la centrale di Caorso, a due passi dal lodigiano. “Arturo” è stato in funzione dall’inizio degli anni Ottanta ed ha cessato di produrre energia nel 1987. Poi squadre di tecnici hanno continuato a sorvegliarlo per diversi anni. Avrebbe il vantaggio non di poco conto, a detta di coloro che oggi non si sentono di scartare l’eventualità di una sua riattivazione, di essere collocato in riva al più grande fiume d’Italia, una “manna” per le necessità di raffredamento dell’impianto.
Il solo pensiero di vedere tornare in funzione la centrale di Caorso getta nell’angoscia i residenti dei centri del Basso Lodigiano collocati al di qua del Po esattamente al confine con il piacentino. Castelnuovo Bocca d’Adda e Caselle Landi, ad esempio, sono comuni nelle immediate vicinanze di Arturo e distano rispettivamente quattro chilometri e due chilometri e mezzo dall’impianto. Caselle è addirittura più vicino alla centrale di quanto non lo sia il centro abitato di Caorso. Il sindaco di Caselle Landi, Piero Luigi Bianchi, per ora non si sente un primo cittadino su cui pende la spada di Damocle del nucleare, però ci tiene a fissare alcuni paletti.
Sindaco Bianchi, come si sente un sindaco di un paese che di qui a poco potrebbe vedere cadere le attenzioni del Governo su un sito collocato a pochi metri da casa sua?
«Beh, innanzitutto non voglio generare allarmismi. Al momento c’è un’intenzione dichiarata da parte del Governo di tornare ad investire sull’energia nucleare, ma non sono ancora stati individuati i siti su cui puntare. Mi auguro che, come avevo letto da qualche parte, si intenda rivolgere maggiormente lo sguardo verso località situate in riva al mare. Tengo a sottolineare comunque che la comunità di Caselle Landi ha già dato, ha già provato sulla sua pelle la difficile convivenza con una centrale nucleare. In questo momento ritengo che il primo pensiero debba essere quello di portare a termine lo smantellamento di Arturo. Occorre innanzitutto chiudere quella partita e riportare la situazione di Caorso com’era prima dell’arrivo del nucleare. Francamente non mi sembra molto accettabile riproporre Caorso».
Cosa ne pensa in generale della scelta del Governo di puntare sul nucleare?
«Il tema del nucleare va affrontato con grande attenzione. Di certo suona decisamente “strano” tirare fuori dal cassetto questa idea dopo che il popolo italiano con un referendum ha fatto capire chiaramente di non volerne più sentire parlare e di non voler più vivere con l’incubo che possano accadere incidenti come quello di Chernobyl. È passato un po’ di tempo, circa 20 anni, ed io non sono tra quelli che dicono che bisogna assolutamente restare ancorati al passato, altrimenti saremmo ancora alla lampada ad olio. Però occorre fare ad esempio attente riflessioni sulle tecnolgie da adottare. Non si può pensare ad una tecnologia di terza generazione quando ormai si è arrivati alla quarta».
Non sarebbe preferibile rivolgere lo sguardo alle fonti rinnovabili?
«Sicuramente. Il Lodigiano ad esempio sta già varando iniziative importanti sul fronte agro-alimentare, con lo sfruttamento dell’energia prodotta dalle biomasse. Si sta guardando sempre più anche al fotovoltaico. Di certo sono partite con numeri differenti da quelli che può dare il nucleare, però meno pericolose».
Il comune di Caselle ha ricevuto gli indennizzi previsti dal Governo come “risarcimento danni per i disagi sopportati dalla presenza di Arturo”?
«Ad oggi non è arrivato neppure un euro. L’esclusione dei comuni lodigiani, come il nostro o quello di Castelnuovo Bocca d’Adda, era assurda. Dopo le promesse del ministro Scajola adesso siamo in attesa che il Governo passi alla fase attuativa del decreto».
Che ricordo ha di quando il Lodigiano doveva convivere con la centrale di Caorso?
«A quei tempi ero un ragazzo che con i suoi coetanei partecipava alle prove di evacuazione in casi di emergenza. Vivevo la situazione sicuramente non con la stessa consapevolezza di un adulto o con lo stesso stato d’animo con cui la vivrei oggi da genitore. In generale ricordo poi che il clima che si respirava in paese non era per nulla tranquillo e rilassato».
Rassegna stampa - Il Giorno, Tiziano Troianello, 1 ottobre 2009.
Il governo pensa al ritorno al nucleare e non è escluso che possa prendere in considerazione l’ipotesi di riattivare la centrale di Caorso, a due passi dal lodigiano. “Arturo” è stato in funzione dall’inizio degli anni Ottanta ed ha cessato di produrre energia nel 1987. Poi squadre di tecnici hanno continuato a sorvegliarlo per diversi anni. Avrebbe il vantaggio non di poco conto, a detta di coloro che oggi non si sentono di scartare l’eventualità di una sua riattivazione, di essere collocato in riva al più grande fiume d’Italia, una “manna” per le necessità di raffredamento dell’impianto.
Il solo pensiero di vedere tornare in funzione la centrale di Caorso getta nell’angoscia i residenti dei centri del Basso Lodigiano collocati al di qua del Po esattamente al confine con il piacentino. Castelnuovo Bocca d’Adda e Caselle Landi, ad esempio, sono comuni nelle immediate vicinanze di Arturo e distano rispettivamente quattro chilometri e due chilometri e mezzo dall’impianto. Caselle è addirittura più vicino alla centrale di quanto non lo sia il centro abitato di Caorso. Il sindaco di Caselle Landi, Piero Luigi Bianchi, per ora non si sente un primo cittadino su cui pende la spada di Damocle del nucleare, però ci tiene a fissare alcuni paletti.
Sindaco Bianchi, come si sente un sindaco di un paese che di qui a poco potrebbe vedere cadere le attenzioni del Governo su un sito collocato a pochi metri da casa sua?
«Beh, innanzitutto non voglio generare allarmismi. Al momento c’è un’intenzione dichiarata da parte del Governo di tornare ad investire sull’energia nucleare, ma non sono ancora stati individuati i siti su cui puntare. Mi auguro che, come avevo letto da qualche parte, si intenda rivolgere maggiormente lo sguardo verso località situate in riva al mare. Tengo a sottolineare comunque che la comunità di Caselle Landi ha già dato, ha già provato sulla sua pelle la difficile convivenza con una centrale nucleare. In questo momento ritengo che il primo pensiero debba essere quello di portare a termine lo smantellamento di Arturo. Occorre innanzitutto chiudere quella partita e riportare la situazione di Caorso com’era prima dell’arrivo del nucleare. Francamente non mi sembra molto accettabile riproporre Caorso».
Cosa ne pensa in generale della scelta del Governo di puntare sul nucleare?
«Il tema del nucleare va affrontato con grande attenzione. Di certo suona decisamente “strano” tirare fuori dal cassetto questa idea dopo che il popolo italiano con un referendum ha fatto capire chiaramente di non volerne più sentire parlare e di non voler più vivere con l’incubo che possano accadere incidenti come quello di Chernobyl. È passato un po’ di tempo, circa 20 anni, ed io non sono tra quelli che dicono che bisogna assolutamente restare ancorati al passato, altrimenti saremmo ancora alla lampada ad olio. Però occorre fare ad esempio attente riflessioni sulle tecnolgie da adottare. Non si può pensare ad una tecnologia di terza generazione quando ormai si è arrivati alla quarta».
Non sarebbe preferibile rivolgere lo sguardo alle fonti rinnovabili?
«Sicuramente. Il Lodigiano ad esempio sta già varando iniziative importanti sul fronte agro-alimentare, con lo sfruttamento dell’energia prodotta dalle biomasse. Si sta guardando sempre più anche al fotovoltaico. Di certo sono partite con numeri differenti da quelli che può dare il nucleare, però meno pericolose».
Il comune di Caselle ha ricevuto gli indennizzi previsti dal Governo come “risarcimento danni per i disagi sopportati dalla presenza di Arturo”?
«Ad oggi non è arrivato neppure un euro. L’esclusione dei comuni lodigiani, come il nostro o quello di Castelnuovo Bocca d’Adda, era assurda. Dopo le promesse del ministro Scajola adesso siamo in attesa che il Governo passi alla fase attuativa del decreto».
Che ricordo ha di quando il Lodigiano doveva convivere con la centrale di Caorso?
«A quei tempi ero un ragazzo che con i suoi coetanei partecipava alle prove di evacuazione in casi di emergenza. Vivevo la situazione sicuramente non con la stessa consapevolezza di un adulto o con lo stesso stato d’animo con cui la vivrei oggi da genitore. In generale ricordo poi che il clima che si respirava in paese non era per nulla tranquillo e rilassato».
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Riaperta la strada di Borasca
Riapre la strada di Cascina Borasca ma sui cartelli c’è il vecchio divieto.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 1 ottobre 2009.
Riapre quest’oggi, primo ottobre, la strada per Cascina Borasca, ma la segnaletica stradale è contraddittoria e alcuni cartelli riportano ancora il vecchio divieto totale di accesso. Una piccola svista che ha portato qualcuno a dubitare della riapertura. Invece, tutto è confermato: dalla giornata di oggi le auto torneranno a transitare fino al 30 aprile.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 1 ottobre 2009.
Riapre quest’oggi, primo ottobre, la strada per Cascina Borasca, ma la segnaletica stradale è contraddittoria e alcuni cartelli riportano ancora il vecchio divieto totale di accesso. Una piccola svista che ha portato qualcuno a dubitare della riapertura. Invece, tutto è confermato: dalla giornata di oggi le auto torneranno a transitare fino al 30 aprile.
La strada per Cascina Borasca è una via secondaria che collega la frazione alla città, e che per le sue caratteristiche, poco traffico e accesso diretto nel cuore dei centri abitati, è praticata dagli zorleschini per andare a Casale in auto o bici, e dai casalini invece per lunghe passeggiate, per il jogging, per le uscite in bicicletta. Anni fa, il sindaco di centrosinistra Massimo Rebughini chiuse la strada nei mesi estivi consentendo il passaggio delle auto in quelli invernali. L’anno scorso, però, la giunta di centrosinistra di Angelo Pagani decise di renderla solo ciclopedonale, sollevando le proteste degli zorleschini, guidati proprio dall’ex sindaco Rebughini. Infine la giunta acconsentì a un passaggio parziale delle auto, solo nei mesi invernali la mattina prima delle 9.30 e la sera dopo le 17.
La nuova amministrazione di centrodestra guidata dal sindaco Flavio Parmesani però, in estate ha ribaltato quella decisione e riproposto lo schema in vigore in precedenza. Con una nuova ordinanza, si è stabilito che la strada resterà chiusa al traffico veicolare dal primo maggio al 30 settembre e tutte le domeniche e i giorni festivi dell’anno, dalle 8 del mattino alle 20 della sera, ma riaprirà regolarmente dal primo ottobre al 30 aprile durante la settimana.
Lo scorso week-end sono state apportate le necessarie modifiche, ancora ben visibili, ai cartelli stradali posti all’inizio del divieto di transito, ma ancora non è stato cambiato il cartello in Casale, all’incrocio tra via De Gasperi e via Scotti, quello più importante per chi deve imboccare la strada dalla città. Qui è ancora segnato il divieto totale d’accesso alle auto, senza la segnalazione dei periodi in cui è consentito o meno. Un semplice errore formale, senza conseguenze sull’effettiva possibilità di transito lungo la strada.
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Comune di polizia
Casalpusterlengo - La polizia locale ha incrementato anche le verifiche degli alloggi soggetti a notevole ricambio abitativo: diffidati tre proprietari. Controlli a raffica sui cittadini stranieri. Giro di vite dopo l’insediamento della giunta di centrodestra.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 1 ottobre 2009.
Controlli a raffica per i cittadini stranieri, applicazione della nuova normativa nazionale sulle presenze irregolari e primi verbali e denunce per l’inosservanza delle ordinanze del sindaco su sicurezza, decoro pubblico e convivenza civile: da quando insediata, la nuova giunta di centrodestra ha chiesto un cambio di passo alla polizia locale per i problemi legati all’immigrazione extracomunitaria. Oltre ai normali e continui controlli avvenuti per strada sia in pattugliamento a piedi sia in auto, sono stati intensificati i controlli degli immobili soggetti a notevole ricambio abitativo. Gli interventi sono stati effettuati dal comando di polizia locale in collaborazione con carabinieri, guardia di finanza e questura, ciascuno per le rispettive competenze. «I controlli continuano con regolarità, tutti i giorni, sia sulla base delle segnalazioni che ci arrivano numerose sia per iniziativa propria - dice il sindaco Flavio Parmesani -. Oltre al necessario rispetto delle regole da parte di tutti, queste continue verifiche sono importanti anche nell’ottica di una migliore conoscenza e conseguentemente di una migliore gestione del fenomeno migratorio».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 1 ottobre 2009.
Controlli a raffica per i cittadini stranieri, applicazione della nuova normativa nazionale sulle presenze irregolari e primi verbali e denunce per l’inosservanza delle ordinanze del sindaco su sicurezza, decoro pubblico e convivenza civile: da quando insediata, la nuova giunta di centrodestra ha chiesto un cambio di passo alla polizia locale per i problemi legati all’immigrazione extracomunitaria. Oltre ai normali e continui controlli avvenuti per strada sia in pattugliamento a piedi sia in auto, sono stati intensificati i controlli degli immobili soggetti a notevole ricambio abitativo. Gli interventi sono stati effettuati dal comando di polizia locale in collaborazione con carabinieri, guardia di finanza e questura, ciascuno per le rispettive competenze. «I controlli continuano con regolarità, tutti i giorni, sia sulla base delle segnalazioni che ci arrivano numerose sia per iniziativa propria - dice il sindaco Flavio Parmesani -. Oltre al necessario rispetto delle regole da parte di tutti, queste continue verifiche sono importanti anche nell’ottica di una migliore conoscenza e conseguentemente di una migliore gestione del fenomeno migratorio».
Da giugno a oggi le unità immobiliari controllate sono state 24, molte su segnalazione dei cittadini stessi, 50 i soggetti stranieri controllati, di cui cinque sono risultati irregolari. Diverse le nazionalità delle persone controllate: in prevalenza nordafricani, 16 egiziani, 8 marocchini e un tunisino, europei dell’est, 6 albanesi e 4 romeni, e sudamericani, due brasiliani, due ecuadoregni, due peruviani. In conseguenza di queste verifiche sono stati elevati sei verbali da 300 euro l’uno per la mancata segnalazione di ospiti stranieri momentaneamente alloggiati nelle abitazioni controllate e sono state segnalate quattro irregolarità alla locale tenenza della guardia di finanza per irregolarità relative agli affitti e quindi per gli ulteriori accertamenti di carattere tributario. In cinque casi sono state riscontrate irregolarità edilizie per le quali sono state emesse le relative ordinanze di messa in sicurezza. In seguito a questi provvedimenti, quattro cittadini extracomunitari sono stati denunciati alla procura della Repubblica per non aver ottemperato a quanto disposto. Inoltre, il comando di polizia locale, nel corso di controlli mirati, ha accertato a carico di cittadini extracomunitari tre reati per guida senza patente perché mai conseguita, due reati per guida in stato di ebbrezza, ma uno dei due a carico di un cittadino italiano, uno per ubriachezza manifesta e disturbo della quiete pubblica. Infine, le nuove ordinanze sulla sicurezza, il decoro pubblico e la convivenza civile emanate a fine luglio hanno già trovato applicazione concreta in qualche caso. La polizia locale ha diffidato tre proprietari di immobili a intervenire affinché fosse inibito l’accesso agli stabili abbandonati e questi non potessero essere quindi occupati come rifugio e ricovero temporaneo di fortuna da senzatetto. Un cittadino straniero, infine è stato sanzionato per aver consumato bevande alcoliche in strada, andando contro l’ordinanza apposita che impedisce il consumo di alcol in luoghi pubblici.
Codogno. Altri cinque clandestini assolti dal giudice.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 1 ottobre 2009.
Ieri a Codogno innanzi al giudice di pace la seconda tornata di immigrati arrestati nel mese di agosto per il nuovo reato di clandestinità previsto dal “pacchetto sicurezza” di luglio. In tutto 7 nordafricani, nessuno dei quali è comparso in aula davanti al giudice Giovanni Giuffrida, ma è stata pronunciata solamente una condanna, all’ammenda minima di 5mila euro, a carico di uno straniero che si era ritrovato irregolare in Italia dopo che gli era stata rifiutata un’istanza di asilo politico. «Quest’uomo ha potuto essere processato e condannato in base all’articolo 10 bis in quanto non era mai stato formalizzato a suo carico il provvedimento di espulsione - spiega il difensore d’ufficio Fabio Daprati di Lodi -: resta il criterio che chi è ritenuto responsabile di violazioni, penalmente più gravi, della legge Bossi-Fini deve essere giudicato per queste, e non per il solo reato di clandestinità». Altri tre nordafricani assistiti da Daprati sono stati assolti, così come altri due immigrati assistiti da difensori diversi. In alcuni casi si tratta di persone che avevano fornito generalità diverse, cambiando anche nazionalità (in un caso un sedicente egiziano che si era detto, nei vari controlli subiti negli anni, anche iraniano e palestinese) e che comunque sono stati assolti “perché il fatto non sussiste” in quanto inottemperanti a decreti di espulsione. C’è stata anche un’udienza rinviata, per il caso di un extraCee che aveva chiesto la sanatoria sostenendo di essere già da prima del mese di maggio al lavoro come badante. La sanatoria prevede la sospensione di giudizi e procedimenti amministrativi fino a valutazione della domanda.
Codogno. Altri cinque clandestini assolti dal giudice.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 1 ottobre 2009.
Ieri a Codogno innanzi al giudice di pace la seconda tornata di immigrati arrestati nel mese di agosto per il nuovo reato di clandestinità previsto dal “pacchetto sicurezza” di luglio. In tutto 7 nordafricani, nessuno dei quali è comparso in aula davanti al giudice Giovanni Giuffrida, ma è stata pronunciata solamente una condanna, all’ammenda minima di 5mila euro, a carico di uno straniero che si era ritrovato irregolare in Italia dopo che gli era stata rifiutata un’istanza di asilo politico. «Quest’uomo ha potuto essere processato e condannato in base all’articolo 10 bis in quanto non era mai stato formalizzato a suo carico il provvedimento di espulsione - spiega il difensore d’ufficio Fabio Daprati di Lodi -: resta il criterio che chi è ritenuto responsabile di violazioni, penalmente più gravi, della legge Bossi-Fini deve essere giudicato per queste, e non per il solo reato di clandestinità». Altri tre nordafricani assistiti da Daprati sono stati assolti, così come altri due immigrati assistiti da difensori diversi. In alcuni casi si tratta di persone che avevano fornito generalità diverse, cambiando anche nazionalità (in un caso un sedicente egiziano che si era detto, nei vari controlli subiti negli anni, anche iraniano e palestinese) e che comunque sono stati assolti “perché il fatto non sussiste” in quanto inottemperanti a decreti di espulsione. C’è stata anche un’udienza rinviata, per il caso di un extraCee che aveva chiesto la sanatoria sostenendo di essere già da prima del mese di maggio al lavoro come badante. La sanatoria prevede la sospensione di giudizi e procedimenti amministrativi fino a valutazione della domanda.
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Lavoro c'è ma non per i cassintegrati
Casalpusterlengo - «Subito il reintegro in Lever, il lavoro c’è ed è fin troppo».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 1 ottobre 2009.
«Il lavoro in Lever c’è, e gli operai sono sotto tensione per tenere dietro ai ritmi produttivi: per questo chiediamo l’immediato reintegro dei cassintegrati sul posto di lavoro». Dopo le polemiche dei giorni scorsi sul mancato ricollocamento di alcuni lavoratori al nuovo supermercato Famila di Casale, a uscire allo scoperto ora è la Confederazione Unitaria di Base, che critica la strategia della Rsu tesa a garantire un posto di lavoro ai cassintegrati anche fuori dallo stabilimento Lever.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 1 ottobre 2009.
«Il lavoro in Lever c’è, e gli operai sono sotto tensione per tenere dietro ai ritmi produttivi: per questo chiediamo l’immediato reintegro dei cassintegrati sul posto di lavoro». Dopo le polemiche dei giorni scorsi sul mancato ricollocamento di alcuni lavoratori al nuovo supermercato Famila di Casale, a uscire allo scoperto ora è la Confederazione Unitaria di Base, che critica la strategia della Rsu tesa a garantire un posto di lavoro ai cassintegrati anche fuori dallo stabilimento Lever.
«In un incontro in Lever, un dirigente del personale ha candidamente ammesso che la produzione è aumentata, che si fa fatica a tenere il ritmo ma che si vuole continuare con i dipendenti rimasti, senza alcuna ipotesi di reintegro dei cassintegrati - dice Vittorio Susani, segretario di categoria della Cub, dipendente Lever e uno dei 170 lavoratori in esubero -. La rappresentanza sindacale unitaria deve preoccuparsi di questo e darsi da fare per farci tornare nello stabilimento, visto che il lavoro c’è». La Cub racconta di lavoratori a cui sarebbero state negate ore di permesso perché la loro assenza avrebbe bloccato la produzione e dipendenti a cui sarebbero state affidate mansioni doppie, probabilmente operai specializzati in manutenzione messi anche sulle linee. Ma a fronte di questo giro di vite sulla produttività, nulla si muove per i quasi 90 rimasti in cassa integrazione. Un’ottantina dei 170 esuberi, infatti, accogliendo le proposte di incentivo all’esodo sono già entrati in mobilità, e alcuni di essi hanno anche già trovato altri posti di lavoro, in particolare all’Arvedi di Cremona, che avrebbe assorbito diverse unità. «Se nonostante l’aumento di lavoro non si possono reintegrare i cassintegrati, allora siamo solo licenziati - si chiede Susani -. Invece di fare l’ufficio di collocamento e pensare di piazzare cinque o sei lavoratori al supermercato, i sindacalisti ci aiutino nella battaglia per tornare al posto di lavoro in Lever».
Tra i lavoratori in cassa integrazione, comunque, il malumore è palpabile: oltre alla difficoltà della situazione in sé, c’è malcontento perché alcuni colleghi di stabilimento in età prepensionabile non lasciano il posto di lavoro e perché l’attività di ricollocazione professionale affidato alla ditta specializzata DBM sarebbe inadeguata, con troppa lentezza nel definire i profili dei cassintegrati e scarsa conoscenza del territorio e delle sue possibilità lavorative.
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L'acqua non è una merce
Ora Sal difenderà l’acqua pubblica: «Dovrà rimanere un bene comune».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Alberto Belloni, 1 ottobre 2009.
C’è anche il Lodigiano nella crociata per un “patto mondiale” che faccia dell’acqua un diritto fondamentale, e non una “merce” da profitto. Sal, la Società Acqua Lodigiana chiamata a gestire il servizio idrico integrato in tutta la provincia, ha infatti ufficialmente aderito nei giorni scorsi all’Ape, l’Aqua Publica Europea, l’ente nato per riunire tutti i gestori dell’“oro blu” sul continente per promuovere e salvaguardare ovunque la gestione pubblica dell’acqua. Complice la presenza tra i fondatori di Ape di Amiacque, una delle quattro società assieme ad Astem, Basso Lambro Impianti e Asm i cui servizi stanno confluendo in Sal, la società presieduta da Carlo Coltri è pronta a sposare l’ambizioso progetto di realizzare sotto l’egida delle Nazioni Unite un’autorità che tuteli l’acqua come bene comune in tutto il pianeta.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Alberto Belloni, 1 ottobre 2009.
C’è anche il Lodigiano nella crociata per un “patto mondiale” che faccia dell’acqua un diritto fondamentale, e non una “merce” da profitto. Sal, la Società Acqua Lodigiana chiamata a gestire il servizio idrico integrato in tutta la provincia, ha infatti ufficialmente aderito nei giorni scorsi all’Ape, l’Aqua Publica Europea, l’ente nato per riunire tutti i gestori dell’“oro blu” sul continente per promuovere e salvaguardare ovunque la gestione pubblica dell’acqua. Complice la presenza tra i fondatori di Ape di Amiacque, una delle quattro società assieme ad Astem, Basso Lambro Impianti e Asm i cui servizi stanno confluendo in Sal, la società presieduta da Carlo Coltri è pronta a sposare l’ambizioso progetto di realizzare sotto l’egida delle Nazioni Unite un’autorità che tuteli l’acqua come bene comune in tutto il pianeta.
«La necessità di promuovere su larga scala la gestione pubblica dell’acqua trova in Aqua Publica Europea uno strumento di enorme valore - ha dichiarato Carlo Coltri, presidente di Sal, presente all’incontro milanese insieme ai consiglieri Francesco Zoppetti e Luigi Visigalli -. Con l’appoggio delle aziende europee operanti nel settore idrico, Ape sarà in grado di fare pressione a livello mondiale per incoraggiare una gestione pubblica responsabile ed efficace dell’acqua, che è il modo migliore per garantire lo stesso servizio e lo stesso prodotto al prezzo più conveniente a tutti i cittadini. Per noi, che stiamo muovendo i primi passi nella gestione pubblica dell’acqua nel Lodigiano, l’adesione rappresenta un primo importante riconoscimento a livello internazionale e una preziosa opportunità per lo scambio di informazioni, esperienze e per lo studio dei problemi scientifici, tecnici, economici o amministrativi connessi alla gestione delle risorse idriche». Le proposte di Ape verranno formalizzate a Copenaghen nella prossima conferenza mondiale sul clima.
Aqua Publica Europea
Aqua Publica Europea
Aqua Pubblica Europea è l'Associazione Europea di società ed autorità pubbliche nel campo idrico nata a Milano il 9 gennaio 2009. Lo scopo dell'Associazione è quello di federare gli operatori pubblici europei dell'acqua, allo scopo di promuovere la gestione pubblica dell'acqua a livello europeo e non solo. L'Associazione ha, altresì, l'obiettivo di rappresentare le imprese pubbliche dell'acqua presso le istituzioni europee e presso gli organismi o istituzioni dei diversi continenti che si occupano direttamente o indirettamente della gestione dell'acqua.
I soggetti fondatori dell'Associazione Aqua Publica Europea sono italiani, tedeschi, belgi, francesi e svizzeri. Essi sono: Amiacque Srl, Italia; CAP Holding Spa, Italia; Ianomi Spa, Italia; TASM Spa, Italia; Services Industriels de Genève, Svizzera; ATO Provincia di Milano; ATO Sardegna, Italia; EAU DE PARIS, Francia; Vivaqua, Belgio; Belaqua,Belgio;
I principi dell’associazione :
L'acqua bene comune
a. L’acqua, fonte di vita, rappresenta un diritto fondamentale, indivisibile, universale ed imprescrittibile. Debbono essere garantiti il suo uso per le necessità personali e vitali (bere, cucinare, lavarsi) e la sua disponibilità per la sopravvivenza della collettività (attività agricole ed industriali)
b. L’acqua costituisce un bene comune, patrimonio di tutti, per questo deve essere gestito in modo responsabile, ripartito e preservato per le generazioni future e tutte le forme di vita presenti sulla Terra.
c. L’acqua è un bene pubblico di interesse generale e non può essere ridotto ad un bene lucrativo, assoggettato a regole speculative o alla concorrenza ed agli aspetti dell’economia di mercato.
L’economia dell’acqua (proprietà inalienabile della risorsa, produzione, distribuzione e protezione) appartiene alla collettività. Deve essere organizzata e controllata dall’autorità pubblica sotto l’egida dei rappresentati eletti a livello locale, regionale e dei bacini idrografici.
A breve sarà necessario allestire un governo mondiale dell’acqua.
Per un servizio di acqua pubblica
a. Gli enti territoriali debbono potere predisporre, senza alcuna restrizione, i servizi fondamentali, ovvero servizi pubblici di interesse generale, creando società pubbliche attive sottoposte ai rappresentati eletti.
Le collaborazioni fra enti pubblici di servizi idrici debbono essere agevolate al fine di aumentare l’efficacia del loro raggio di azione, dando così la prospettiva di un servizio pubblico europeo dell’acqua.
b. I membri fondatori di Aqua Publica Europea ribadiscono a gran voce il loro impegno nel rispetto di queste regole in materia di passaggi di poteri dei mercati pubblici e reclamano l’abolizione di ogni forma di discriminazione economica o fiscale imposta agli enti pubblici dell’acqua.
Servizi di acqua pubblica efficaci, correttamente finanziati ed a beneficio dei cittadini
a. Si deve aborrire la liberalizzazione dei servizi idrici in base alle logiche commerciali dominate da interessi finanziari privati, a carattere speculativo.
La gestione responsabile, efficace, solidale e duratura delle risorse idriche necessita, al contrario, di una visione lungimirante, di un approccio patrimoniale, di una collaborazione con altri settori societari (agricoli, industriali) e di un controllo democratico che caratterizzi il servizio pubblico con la partecipazione attiva dei cittadini.
b. I membri fondatori di Aqua Publica Europea aspirano ad un miglioramento costante nei servizi idrici in nome di uno spirito di cooperazione e di scambi di esperienze e di competenze.
c. Si deve valorizzare il ruolo dell’acqua, bene di tutti, entro spazi pubblici (quali edifici amministrativi, parchi, ferrovie, musei).
d. Per garantire a tutti il diritto alla fruizione dell’acqua, vi sono alcuni modi di prelievo ed utilizzo che assicurano la protezione della risorsa, la presa in carico finanziaria dei costi correlati alla sicurezza della collettività, alla proprietà, alla gestione ed al controllo pubblico dell’acqua che debbono essere assicurati da un giusto equilibro fra fisco generale e/o specifico ed il pagamento di una tariffa che consenta un funzionamento adeguato di tali servizi.
Per un approccio mondiale
Enti ed autorità pubbliche europee, sono tutte favorevoli ad una politica mondiale dell’acqua fondata sulla priorità nel suo accesso nonché ai servizi sanitari per tutti gli abitanti del pianeta.
Si tratta di una priorità realizzabile nell’ambito di una sola generazione.
Il momento è affidato alla responsabilità reale ed effettiva del bene acqua, per il diritto alla vita ed alla vita sulla Terra.
Tutte gli enti operanti nel settore sono consapevoli e vogliono divenire attori responsabili.
I soggetti fondatori dell'Associazione Aqua Publica Europea sono italiani, tedeschi, belgi, francesi e svizzeri. Essi sono: Amiacque Srl, Italia; CAP Holding Spa, Italia; Ianomi Spa, Italia; TASM Spa, Italia; Services Industriels de Genève, Svizzera; ATO Provincia di Milano; ATO Sardegna, Italia; EAU DE PARIS, Francia; Vivaqua, Belgio; Belaqua,Belgio;
I principi dell’associazione :
L'acqua bene comune
a. L’acqua, fonte di vita, rappresenta un diritto fondamentale, indivisibile, universale ed imprescrittibile. Debbono essere garantiti il suo uso per le necessità personali e vitali (bere, cucinare, lavarsi) e la sua disponibilità per la sopravvivenza della collettività (attività agricole ed industriali)
b. L’acqua costituisce un bene comune, patrimonio di tutti, per questo deve essere gestito in modo responsabile, ripartito e preservato per le generazioni future e tutte le forme di vita presenti sulla Terra.
c. L’acqua è un bene pubblico di interesse generale e non può essere ridotto ad un bene lucrativo, assoggettato a regole speculative o alla concorrenza ed agli aspetti dell’economia di mercato.
L’economia dell’acqua (proprietà inalienabile della risorsa, produzione, distribuzione e protezione) appartiene alla collettività. Deve essere organizzata e controllata dall’autorità pubblica sotto l’egida dei rappresentati eletti a livello locale, regionale e dei bacini idrografici.
A breve sarà necessario allestire un governo mondiale dell’acqua.
Per un servizio di acqua pubblica
a. Gli enti territoriali debbono potere predisporre, senza alcuna restrizione, i servizi fondamentali, ovvero servizi pubblici di interesse generale, creando società pubbliche attive sottoposte ai rappresentati eletti.
Le collaborazioni fra enti pubblici di servizi idrici debbono essere agevolate al fine di aumentare l’efficacia del loro raggio di azione, dando così la prospettiva di un servizio pubblico europeo dell’acqua.
b. I membri fondatori di Aqua Publica Europea ribadiscono a gran voce il loro impegno nel rispetto di queste regole in materia di passaggi di poteri dei mercati pubblici e reclamano l’abolizione di ogni forma di discriminazione economica o fiscale imposta agli enti pubblici dell’acqua.
Servizi di acqua pubblica efficaci, correttamente finanziati ed a beneficio dei cittadini
a. Si deve aborrire la liberalizzazione dei servizi idrici in base alle logiche commerciali dominate da interessi finanziari privati, a carattere speculativo.
La gestione responsabile, efficace, solidale e duratura delle risorse idriche necessita, al contrario, di una visione lungimirante, di un approccio patrimoniale, di una collaborazione con altri settori societari (agricoli, industriali) e di un controllo democratico che caratterizzi il servizio pubblico con la partecipazione attiva dei cittadini.
b. I membri fondatori di Aqua Publica Europea aspirano ad un miglioramento costante nei servizi idrici in nome di uno spirito di cooperazione e di scambi di esperienze e di competenze.
c. Si deve valorizzare il ruolo dell’acqua, bene di tutti, entro spazi pubblici (quali edifici amministrativi, parchi, ferrovie, musei).
d. Per garantire a tutti il diritto alla fruizione dell’acqua, vi sono alcuni modi di prelievo ed utilizzo che assicurano la protezione della risorsa, la presa in carico finanziaria dei costi correlati alla sicurezza della collettività, alla proprietà, alla gestione ed al controllo pubblico dell’acqua che debbono essere assicurati da un giusto equilibro fra fisco generale e/o specifico ed il pagamento di una tariffa che consenta un funzionamento adeguato di tali servizi.
Per un approccio mondiale
Enti ed autorità pubbliche europee, sono tutte favorevoli ad una politica mondiale dell’acqua fondata sulla priorità nel suo accesso nonché ai servizi sanitari per tutti gli abitanti del pianeta.
Si tratta di una priorità realizzabile nell’ambito di una sola generazione.
Il momento è affidato alla responsabilità reale ed effettiva del bene acqua, per il diritto alla vita ed alla vita sulla Terra.
Tutte gli enti operanti nel settore sono consapevoli e vogliono divenire attori responsabili.
Pd, adesso non resta che il congresso
Il Pd a “rapporto” per dettare la linea del futuro.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 1 ottobre 2009.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 1 ottobre 2009.
Il Partito democratico ha solamente concluso la prima fase del lavoro. Adesso manca la “fetta” più importante, il congresso del 25 ottobre, a cui potranno partecipare iscritti e simpatizzanti per votare segretario nazionale e segretario regionale. «Stiamo lavorando per le primarie - spiega Alessandro Manfredi, responsabile organizzativo -, vorremmo confermare almeno un seggio elettorale in ogni comune». Nel frattempo, il Pd si dà appuntamento per la giornata di sabato, quando nell’area del capanno si terrà un vertice per discutere nuovamente delle mozioni e per delineare l’agenda politica territoriale dei prossimi mesi. «Al congresso di sabato ci saranno 150 delegati - aggiunge Manfredi -, i lavori inizieranno alle 9, alle 9.30 Pasquale Briscolini parlerà di un progetto dedicato alla formazione del Pd, poi, oltre al confronto sulle mozioni si voteranno i delegati alla convenzione nazionale». Alle 12 si terrà una tavola rotonda per affrontare le questioni più importanti nel Lodigiano: il lavoro, l’ambiente e il territorio, senza dimenticare, naturalmente, le elezioni regionali e comunali del 2010. All’appuntamento parteciperanno il sindaco di Lodi, Lorenzo Guerini, il capogruppo Pd in Provincia, Lino Osvaldo Felissari, il consigliere regionale Gianfranco Concordati e lo stesso Manfredi, il quale esorta la provincia di Lodi a darsi da fare perché «non c’è più bisogno di propaganda, i primi cento giorni sono trascorsi». Ieri, alla presentazione dell’evento, c’erano i diversi rappresentanti delle mozioni: Enrico Brunetti per Franceschini, responsabile insieme a Federico Moro, Oreste Abbà per Marino e Simone Uggetti per Bersani. Lo scorso weekend 1134 iscritti hanno votato per esprimere la loro opinione circa le mozioni, il 56,87 per cento ha decretato la vittoria dell’ex ministro Bersani. «È doveroso ringraziare la direzione del Pd e gli attivisti per il loro impegno - commenta Brunetti -, così come i sostenitori. Si è svolto tutto serenamente, con un confronto aperto a tutti e molto interessante, un elemento di democrazia che manca negli altri partiti. Il dato della mozione Franceschini è in linea con quello nazionale, ma per quanto riguarda la città di Lodi il nostro documento ha vinto. Contrariamente allo spirito sereno della discussione, abbiamo riscontrato un grave fatto: il consigliere Penati ha chiesto a Franceschini di farsi da parte, le sue sono state dichiarazioni inopportune e inusuali. Ci auguriamo che la partita in regione possa essere positiva, soprattutto da parte di chi rivesti incarichi importanti».
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I Comuni non scelgono lodigiano
La denuncia di Confartigianato e industriali: «Negli ultimi mesi il territorio avrebbe potuto guadagnare 500mila euro». Appalti, costruttori sul piede di guerra. «Perché i comuni ci "snobbano" nelle gare per le opere pubbliche?».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Greta Boni, 1 ottobre 2009.
Gli edili sono in rivolta, stufi di essere costantemente “snobbati” dalle gare d’appalto indette dai comuni. Perché nonostante le promesse e le belle parole, quando si tratta di agevolare le imprese lodigiane c’è sempre un’azienda “forestiera” che si aggiudica il lavoro. Poco importa se anche i costruttori del territorio possono proporre sconti, sfoggiare certificazioni di alto livello e garantire affidabilità: per loro sembra proprio non esserci posto. Un guaio che negli ultimi mesi ha fatto perdere al Lodigiano la bellezza di 500mila euro, “evaporati” al di là del confine poiché le opere pubbliche sono state affidate a terzi.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Greta Boni, 1 ottobre 2009.
Gli edili sono in rivolta, stufi di essere costantemente “snobbati” dalle gare d’appalto indette dai comuni. Perché nonostante le promesse e le belle parole, quando si tratta di agevolare le imprese lodigiane c’è sempre un’azienda “forestiera” che si aggiudica il lavoro. Poco importa se anche i costruttori del territorio possono proporre sconti, sfoggiare certificazioni di alto livello e garantire affidabilità: per loro sembra proprio non esserci posto. Un guaio che negli ultimi mesi ha fatto perdere al Lodigiano la bellezza di 500mila euro, “evaporati” al di là del confine poiché le opere pubbliche sono state affidate a terzi.
La denuncia arriva dalla Confartigianato e dalla piccola industria, l’edilizia ha deciso di dare vita a un osservatorio per tenere d’occhio la situazione e denunciare i problemi degli imprenditori. «A febbraio abbiamo inviato una lettera a tutti i sindaci - afferma Vittorio Boselli, segretario di Confartigianato, insieme ad Adriana Boaretto, rappresentante del settore edile -, nella quale si raccomandava l’adozione di alcuni provvedimenti per affrontare la crisi. Fra questi, la richiesta di ridurre il ricorso alle gare pubbliche, utilizzando la trattativa privata per l’affidamento di lavori fino a 500mila euro, così come previsto dalla legge. Una proposta a cui aveva fatto seguito una delibera provinciale e che aveva riscosso grande successo tra gli amministratori. Non si trattava certo di egoismo, volevamo tutelare le realtà del territorio con una prassi “a costo zero”, ma abbiamo potuto constatare che nei fatti la risposta è stata totalmente inadeguata». I costruttori, sempre più esasperati, possono elencare una sfilza di “intoppi”. «Il politico spesso si pavoneggia dicendo di agevolare il territorio, poi fa l’esatto contrario - afferma Pietro Chiarelli della Pcr di Sordio -. A Livraga, per il bando da 90mila euro per l’ampliamento del cimitero, sono state invitate una quarantina di aziende. Per il bando dell’Asl che riguardava il Delmati di Sant’Angelo, invece, abbiamo scoperto una postilla nella quale si diceva che l’impresa doveva progettare il 40 per cento del lavoro». Walter Podenzani, professionista da 40 anni a capo della Edil Casale, cita invece il rifacimento della copertura della palestra di Brembio, opera finita nelle mani di una ditta milanese, ma anche Meleti, «dove c’è solo un appalto all’anno e se lo è aggiudicato un’azienda di Varese, una presa in giro». Gli edili si chiedono perché le altre province cerchino di mantenere il lavoro sul proprio territorio, mentre Lodi navighi controcorrente: «È inconcepibile - dice Paolo Lacchini della Meazza e Lacchini di Brembio -, i vantaggi sarebbero molteplici e i rapporti più immediati». Marco Bachiocchi, professionista di Somaglia, sottolinea che «con gli utili così risicati siamo costretti a fare chilometri per raggiungere le altre regioni e aggiudicarci altri lavori, anche per noi sarebbe meglio lavorare “a costo zero”». La crisi si è abbattuta sull’edilizia con una mannaia, la categoria stringe i denti senza sapere fino a quando potrà reggere il colpo. «Vogliamo capire il perché di questa indifferenza nei nostri confronti - ribadisce Podenzani a nome dei costruttori -, è scandaloso sentirsi dire dai sindaci che sono pronti a darci una mano per poi vederli voltare le spalle. Nessuno sembra capire che si sta scherzando sul futuro delle aziende, dei lavoratori e delle famiglie, non sono solo problemi nostri, bensì di tutti».
Edilizia, un settore messo a dura prova Ma che pesa sulle entrate del territorio.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 1 ottobre 2009.
Edilizia, un settore messo a dura prova Ma che pesa sulle entrate del territorio.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 1 ottobre 2009.
Nel secondo trimestre del 2009, le costruzioni hanno presentato un andamento attivo, anche se contenuto: più 9 unità. Un chiaro segno della frenata del mercato immobiliare, che ha avuto conseguenze sulle attività di cantiere. La tendenza è stata confermata anche dalle attività immobiliari, che hanno denunciato la chiusura di 12 agenzie, contro una sola iscrizione. Tuttavia, almeno per quanto riguarda il nuovo trimestre, gli scambi sul mercato residenziale sembrerebbero in lieve crescita. Dal 2000 al 2008, inoltre, sono state 207 le imprese lodigiane dichiarate fallite dal Tribunale di Lodi, con una media annua di 23 imprese sottoposte dall’autorità giudiziaria alle procedure previste dalla legge fallimentare. Un dato che non si discosta molto da quelli precedenti. Le aziende fallite appartengono per la maggior parte ai servizi (10), 6 invece fanno parte delle costruzioni, mentre 4 gravitano nell’area del commercio. Nel panorama lodigiano, i costruttori rappresentano il 50 per cento dell’artigianato, in particolare, all’interno di questa “fetta”, il 25 per cento è composto da edili puri. Alla cifra, però, devono essere aggiunte anche le piccole industrie che lavorano nel comparto. La Confartigianato, attraverso la sua responsabile di settore Adriana Boaretto, rappresenta 526 aziende, attorno alle quali gravitano moltissimi lavoratori.
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I siluri come le nutrie: pagano per errori umani
Chi pesca un siluro lo deve uccidere. La legge non piace alle associazioni.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Alberto Belloni, 1 ottobre 2009.
Peschi un siluro? Ammazzalo, o sono guai. Con buona pace degli animalisti, è inteso, ma anche dello spirito che contraddistingue la maggior parte dei pescatori. A fare discutere della questione anche nel Lodigiano è la polemica divampata recentemente nel Piacentino, dove l’ex presidente del Gruppo Siluro Italia, Yuri Grisendi, ha perso in Cassazione la sua lunga battaglia contro la sanzione comminatagli anni fa per essersi rifiutato di uccidere un esemplare di siluro appena pescato. La legge regionale emiliana in materia, infatti, dispone il divieto di reimmissione nei fiumi delle specie alloctone, alle quali oltre al siluro appartengono altri pesci sempre più diffusi quali amur, aspi, breme e barbi europei. Grisendi vi si è opposto, obiettando una coscienza comune a molti suoi colleghi: ma la Corte di cassazione gli ha dato torto, con una decisione che ha trovato la comprensione dell’assessore alla caccia e pesca di Piacenza, Filippo Pozzi , ma non quella di molti pescatori.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Alberto Belloni, 1 ottobre 2009.
Peschi un siluro? Ammazzalo, o sono guai. Con buona pace degli animalisti, è inteso, ma anche dello spirito che contraddistingue la maggior parte dei pescatori. A fare discutere della questione anche nel Lodigiano è la polemica divampata recentemente nel Piacentino, dove l’ex presidente del Gruppo Siluro Italia, Yuri Grisendi, ha perso in Cassazione la sua lunga battaglia contro la sanzione comminatagli anni fa per essersi rifiutato di uccidere un esemplare di siluro appena pescato. La legge regionale emiliana in materia, infatti, dispone il divieto di reimmissione nei fiumi delle specie alloctone, alle quali oltre al siluro appartengono altri pesci sempre più diffusi quali amur, aspi, breme e barbi europei. Grisendi vi si è opposto, obiettando una coscienza comune a molti suoi colleghi: ma la Corte di cassazione gli ha dato torto, con una decisione che ha trovato la comprensione dell’assessore alla caccia e pesca di Piacenza, Filippo Pozzi , ma non quella di molti pescatori.
E il Lodigiano? Qui, dove siluri e specie alloctone allignano ben diffusi un po’ ovunque (con densità inferiore giusto nell’alto Adda e nelle fredde sorgive) vale la stessa legge, anche se mancano quei “laghetti a pagamento” altrove indicati dove poter portare (a proprie spese) gli esemplari catturati. «Se c’è una normativa va rispettata, piaccia o non piaccia la legge è quella - commenta l’assessore provinciale Matteo Boneschi -. Dagli uffici, comunque, non mi hanno segnalato sanzioni particolari». Qualche pescatore, effettivamente, se la cava con un rimprovero verbale o adducendo a un’improvvisa rottura della lenza. Ma se la legge, in quanto tale, merita rispetto, l’idea dell’omicidio fine a se stesso non piace a nessuno. «Se la legge è di non reimmetterli nel fiume bisogna rispettarla, anche se non è bello uccidere i pesci - conferma Giancarlo Magli, presidente dell’Associazione lodigiana pescatori dilettanti -. Sono state commissioni e associazioni a fare arrivare i siluri per divertirsi, negli anni Settanta, facendo semine sbagliate e scambiandoli persino con pesci gatto: e un siluro fa 40mila uova all’anno, sono dappertutto, fossi e rigagnoli compresi. Multe? Nessuna, ma quasi: comunque c’è anche chi, tra amur e siluri, i pesci se li cucina». «La maggior parte di noi si domanda perché vadano uccisi per forza, perché ritiene che non sia giusto gli fa eco Severino Redolfi, presidente dell’Associazione pescatori subacquei sportivi lodigiani -. È chiaro che sono pesci dannosi, arrivati qui chissà come, ma anche nei boschi tra fauna e flora ci sono specie alloctone. C’è stato un errore a suo tempo: i siluri erano stati messi nei laghetti privati, non si pensava che potessero diffondersi, poi hanno visto che mangiavano tutto e se ne sono liberati. Come accade adesso con le tartarughe: sono acquisti incauti. Ora si fa sorveglianza affinché non si diffondano più di tanto, non abbiamo registrato contravvenzioni, ma chi va a pescare per mangiare sono pochi. E se un’animalista che ci vede uccidere per uccidere, cosa succede?».
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