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martedì 28 luglio 2009

Un voto dato al Cavaliere atomico

Nucleare, il ritorno.
Speciale, [7].
Da L’Unità del 14 luglio, l’intervista ad Adolfo Urso, raccolta da Natalia Lombardo.
«Le proteste? Imporremo la legge. Per il progetto ci servono 12 impianti».

Il governo è stato votato sul programma che prevede il nucleare. Ascolteremo i cittadini e gli enti locali, ma lo Stato deve far valere le sue competenze. anche Obama, che investe sulla green economy, ha dato il via libera a sette nuove centrali. E così il socialista spagnolo Zapatero, il brasiliano Lula e l’inglese Gordon Brown». Adolfo Urso, viceministro allo Sviluppo Economico, sostiene convinto il ritorno al nucleare.
Pensa che quando, nel 1987, i cittadini bocciarono il nucleare col referendum, non fossero consapevoli?
«Allora ci fu una campagna sull’onda dell’emozione per l’incidente di Chernobyl, e un’informazione distorta. Oggi ci sarà un’informazione corretta e se oggi i cittadini sapessero quanto possono risparmiare sulla bolletta elettrica… Paghiamo il 50 per cento in più per l’energia, rispetto ai francesi. E poi basta con questa ipocrisia, perché già adesso noi importiamo il 18% dell’elettricità dalla Francia prodotta col nucleare. È più sicuro di altre fonti di energia, più rispettoso dell’ambiente e programmabile».
Gran parte delle Regioni si rifiuta di ospitare gli impianti, anche quelle di centrodestra come l’Abruzzo e la Sardegna. Solo la Lombardia e il Veneto sono disponibili. Il governo si imporrà sulle altre?
«Anche Lombardo in Sicilia si è detto disponibile, dopo alcune verifiche. Il governo ha avuto un mandato dagli elettori, votato su un programma che prevede anche il ritorno al nucleare. E nell’opposizione l’Udc è d’accordo».
Che succede se gran parte delle Regioni non rendono disponibili i siti?
«In democrazia ciascuno decide su temi di sua competenza, come prevede la Costituzione. Ci sono le competenze degli enti locali e dello Stato, su queste deve poter agire».
Vuole dire che le ragioni dello Stato sono superiori?
«Sì. Mettiamo che la polizia cerchi di arrestare uno scippatore e la popolazione lo difende, le forze dell’ordine cosa fanno, rinunciano?».
In questo caso si tratta di difendere la legalità. L’esempio non calza.
«Anche questa è difesa della legge, sennò uno vota diversamente. Il disegno di legge Scajola prevede delle procedure: la creazione, con un decreto del presidente della Repubblica, dell’Agenzia per la sicurezza nucleare che decide le tecnologie. Poi l’individuazione dei siti, anche per lo smaltimento delle scorie, consultando cittadini e enti locali».
I siti saranno «obiettivi sensibili per la sicurezza nazionale». Zone militari in cui sarà proibito manifestare?
«È prevista la messa in sicurezza di queste zone. Ma la sinistra italiana fa male ad opporsi, contraddice la politica energetica della sinistra occidentale».
Quante centrali avete previsto? Sono stati già individuati i siti?
«Per produrre il 25% di energia servono 12 impianti, ma nei prossimi vent’anni. E l’accordo con la Francia è per quattro, da costruire in Italia, ma non esclude altri accordi e l’utilizzo di altre energie».
(7 - continua)

La necessità necessaria

Nucleare, il ritorno.
Speciale, [6].
Per arricchire la documentazione sul tema della ripresa del nucleare, riprendiamo da Il Messaggero del 14 luglio un articolo di Franco Reviglio.
I perché di una scelta.
Nucleare, meglio tardi che mai.

Il ritorno al nucleare previsto dal ddl sullo sviluppo approvato il 9 luglio scorso dal Senato risponde a due giustificazioni condivisibili: attenuare in prospettiva l’elevata dipendenza e vulnerabilità energetica (importiamo l’85% dell’energia primaria) e ridurre le emissioni di CO2, contribuendo così al controllo del riscaldamento globale e quindi all’attenuazione dei cambiamenti climatici.
Con questa decisione il nostro Paese si adegua a una nuova tendenza favorevole al nucleare che si sta sviluppando in Europa e negli Stati Uniti, come indicano i ritorni al nucleare di Paesi, quali il Regno Unito e la Svezia, e la costruzione di nuove centrali in Francia, in Finlandia, in Polonia e negli Stati Uniti. La nuova e crescente consapevolezza del problema ambientale spinge le opinioni pubbliche ad accrescere la quota con cui il nucleare contribuisce alla produzione elettrica (oggi è il 17% nel mondo, ma il 33% in Europa).
L’Agenzia Internazionale per l’energia prevede che nel prossimo quarto di secolo la provvista di energia elettrica richiesta nel pianeta, soprattutto dalla domanda dei Paesi di nuova industrializzazione, cresca di oltre il 60%, con un aumento delle emissioni di oltre il 50%. Questo aumento avrebbe un impatto negativo sui cambiamenti climatici, aggiuntivo di quello già prodotto dalle emissioni del passato.
Opportunamente quindi il G8 ha indicato un ambizioso obiettivo strategico di abbattimento delle emissioni del 50 per cento (e dell’80 per cento per gli otto Paesi più industrializzati) entro il 2050 che peraltro per diventare efficace richiederà un accordo esteso alla Cina e all’India che dovrà essere negoziato auspicabilmente prima del vertice sul clima previsto a Copenhagen.
Il ritorno al nucleare dell’Italia va appunto nella direzione auspicata dal vertice appena concluso di riduzione delle emissioni di gas serra con l’obiettivo di medio-lungo periodo di contribuire con il nucleare al 25% dei nostri fabbisogni di energia. Esso rovescia dopo oltre 20 anni l’uscita dal nucleare confermata dai referendum popolari del 1987, sull’onda emotiva creata dal grave incidente della centrale ucraina di Cernobyl.
Una decisione irrazionale se si tiene presente che non lontano dai nostri confini, in Francia, in Svizzera e in Austria, funzionano egregiamente da alcuni decenni numerose centrali atomiche, costruite spesso con nuove tecnologie, la cui produzione in parte importiamo, coprendo circa il 10% del nostro consumo a prezzi vantaggiosi.
Contro il ritorno al nucleare si è espressa una parte, anche autorevole, dell’opinione pubblica, con argomenti almeno in parte fondati, che tuttavia non sembrano tali da inficiarne l’opportunità. Le principali critiche richiamano ancora una volta i rischi di possibili incidenti, i tempi lunghi, intorno ai 20 anni per la costruzione delle nuove centrali e il costo dei kilowatt prodotti che oggi, a fronte delle basse quotazioni del barile, non sarebbe competitivo, nonché il problema delle scorie nucleari.
Si sostiene che se si producessero incidenti nelle centrali che circondano il nostro Paese, ne saremmo vittime, data la limitata distanza dai nostri confini. Questa eventualità appare remota per le sicurezze esistenti, bene collaudate dall’esperienza che in base al ddl approvato dovranno essere adeguatamente definite. I costi elevati e i tempi lunghi non appaiono un argomento decisivo, perché non è corretto valutare i primi alla luce dei prezzi attuali per la produzione del Kwh da fonti tradizionali come se corrispondessero ad uno scenario di lungo periodo e perché in ogni caso i tempi per la costruzione delle centrali e i relativi costi sono a carico delle imprese private che li costruiscono e li gestiscono.
Il problema delle scorie nucleari non è stato “risolto” in quanto occorrono alcuni secoli per eliminarne l’impatto radioattivo, ma si sono trovati siti e accorgimenti che di fatto ne possono evitare i possibili, anche se remoti, effetti dannosi.
I critici del ritorno al nucleare sostengono inoltre che sarebbe preferibile lo sviluppo delle fonti alternative rinnovabili, quali l’idroelettrico, l’eolico, le biomasse, i rifiuti e il fotovoltaico. Ma in Europa il contributo delle rinnovabili, diverse dall’idroelettrico e dai rifiuti, raggiunge solo l’1%. Per dimensioni il loro sviluppo non è purtroppo un’alternativa al nucleare e per una parte di esse non è ancora competitivo, perché dipendente dai contributi pubblici che i cittadini pagano nella bolletta. L’idroelettrico ancora sfruttabile, almeno in Europa, è marginale e, allo stato delle tecnologie, l’apporto delle altre fonti rinnovabili è quantitativamente molto limitato.
In una prospettiva di lungo periodo la fonte illimitata rimane quella solare. Certo è auspicabile che si accrescano gli incentivi alla ricerca per migliorarne lo sfruttamento. Ma allo stato attuale delle tecnologie la cattura di questa fonte non sembra offrire nel breve-medio periodo un’alternativa percorribile.
(6 - continua)

Alla Festa de l'Unità è mancata un po' d'attenzione

Disatteso il desiderio di comprensione di parte dei cittadini.

Colonna sonora portante di ogni evento è la musica. La musica è davvero la colonna dell’estate; con gli eventi che si rincorrono, si succedono e si svolgono, creando momenti di vitalità, di aggregazione, anche attorno a problematiche politiche, sociali, e perché no anche di divertimento.
Così è stato per la festa dell’Unità di Brembio; dieci giorni e un susseguirsi di temi d’interesse locale catalizzati da dieci serate di musica suddivisa tra la popolare e quella esclusivamente a beneficio dei giovani. Va da sé, che un sottofondo di musica, sovente, predispone al buon umore, allevia qualche fatica, rende piacevole una serata conviviale trascorsa in compagnia. Non certo l’alto volume della musica, che è indisponente, soverchiante, e può creare fastidio in queste afose serate d’estate. Così è stato. Il desiderio di una parte dei Brembiesi, tra cui i più deboli, hanno visto disattesa la speranza di un volume musicale più contenuto. Poco vale il dire che questa festa viene una volta all’anno e quindi ci vuole pazienza; perché si sa come vanno queste cose.

Altre feste, è fatto notare facendo un paragone, si susseguono nel corso dell’anno e anche nel divertimento portano, nel loro modo di essere, il rispetto della comunità; specialmente degli abitanti limitrofi. Un rispetto che dovrebbe essere alla base per un paese vivibile. Ci si rammarica, purtroppo in questo caso, che siano state trascurate le legittime attese di chi si aspettava solo un po’ di comprensione.

Le case Aler all'asta

La panacea mattone.
Speciale [7].

Ne avevamo già parlato riportando un articolo da Il Giorno. Sulla questione ritorna oggi Sara Gambarini su Il Cittadino.
L’azienda delle case popolari utilizzerà i soldi per ristrutturare gli edifici di sua proprietà.
E intanto anche l’Aler vara i “saldi”.
Saranno ceduti ai privati 28 tra appartamenti e garage.
Rassegna stampa.

L’Aler di Lodi ha lanciato in questi giorni un maxi bando finalizzato alla vendita di 23 alloggi e 5 box. Lodi, Casalpusterlengo, Caselle Landi, Mulazzano, Fombio, Turano Lodigiano, Tavazzano con Villavesco, Orio Litta, Maleo: sono questi nel dettaglio alcuni dei comuni lodigiani interessati dall’iniziativa Aler che, in un momento di crisi come quello attuale, sopraggiunge senz’altro come una proposta interessante. La vendita riguarda poi in modo particolare i comuni di Codogno e Sant’Angelo Lodigiano dove i lotti messi all’asta sono sette solo per la comunità codognese e cinque per il Santangiolino. «Con questa operazione che si colloca nel quadro della legge regionale 31/85, l’Aler di Lodi di fatto intende realizzare un’importante razionalizzazione del patrimonio immobiliare presente su tutto il territorio - ha dichiarato Carlo Facca, presidente dell’Aler di Lodi -, infatti l’asta in questione riguarderà gli alloggi non ancora assegnati e situati in condomini di competenza Aler presenti a Lodi ma anche nel resto della provincia».
Dagli stabili più datati alle abitazioni più recenti, gli alloggi messi all’asta sono piccole realtà abitative dove generalmente gli appartamenti più grandi sono trilocali di circa 80 metri quadrati pronti per essere immediatamente abitati. Sono tanti però gli alloggi Aler che attualmente necessitano di precisi interventi di riqualificazione. E l’Aler lo sa. Anche per questo l’azienda ha scelto di indire questo bando generale i cui ricavati saranno proprio destinati all’installazione di moderni impianti di riscaldamento in altre abitazioni di sua proprietà e che necessitano di una significativa opera di miglioria. «La razionalizzazione del patrimonio non è infatti il solo obiettivo di questa asta - ha precisato il presidente Facca -: i proventi della vendita infatti saranno destinati alla riqualificazione di alloggi ora privi di impianti di riscaldamento; il tutto - ha proseguito Facca - a testimonianza dell’impegno costante che Aler volge al miglioramento del servizio ai cittadini».
Per tutti il termine ultimo della presentazione delle offerte d’asta restano le ore 12 di venerdì 25 settembre. Le offerte dovranno essere consegnate a mano al protocollo dell’Aler oppure fatte pervenire per posta (via Haussmann, 11 - 26900 Lodi) e il criterio di aggiudicazione è stato fissato al sistema offerte segrete in aumento. Ad ogni modo consultando il sito www.alerlo.it sarà possibile acquisire modelli e informazioni utili per partecipare all’asta, così come rivolgendosi anche agli Uffici Relazioni col Pubblico della stessa Aler (via Rossa, 4 - 26900 Lodi).
(7 - continua)

Il complesso della Cascina Eustacca

I nostri beni culturali.
Brembio da salvare.

Continua il nostro viaggio tra i beni architettonici di Brembio che la Regione Lombardia ha inserito nel suo catalogo dei beni culturali presenti nel territorio regionale, abbiamo finora evidenziato la Cascina di Via Monte Grappa 1, la Casa Giuseppina, il complesso dell'ex Convento delle Orsoline, la Corte Tibet e il complesso della Cascina Castello. Tutti questi beni e quelli che presenteremo in seguito sono inclusi nel Repertorio dei beni storico – architettonici dei comuni della Provincia di Lodi, allegato al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, approvato con delibera di Consiglio Provinciale n. 30 del 18 luglio 2005.
Oggi è la volta del complesso della Cascina Eustacca.


La cascina che si trova in Via XX Settembre n. 15, è classificata nella tipologia generale come "architettura rurale", tipologia specifica: "cascina". La sua configurazione strutturale è così descritta: aggregazione complessa e seriale di edifici a destinazione diversa, distribuiti ortogonalmente attorno ad una corte maggiore, centrale, e a corti minori, destinate alle attività aziendali ed alla vita di corte. Strutture portanti in elevazione e tamponamenti a muratura di laterizio, solai a struttura mista latero-cemento con travature in ferro e componenti in legno (queste ultime anche esclusive per gli edifici più vecchi, per lo più abbandonati), coperture su capriate lignee e manto di finitura in coppi. Silos cremaschi in cemento armato e corpi di fabbrica di recente costruzione, destinati all'allevamento bovino, a componenti prefabbricati di cemento.
Epoca di costruzione: post 1723 - ante 1887.
Per quanto riguarda l'uso attuale si ha la casa padronale in disuso; le case dei salariati, edifici all'angolo NE: in disuso; case dei salariati, porzioni ristrutturate, a N: abitazione; caseificio e granaio: in disuso; intero bene: abitazione/ corte rurale dismessa; scuderia: canile; stalla delle lattifere: in disuso. L'uso storico dell'intero bene: abitazione/ attività agricola-zootecnica.
La condizione giuridica al momento della stesura della scheda: proprietà di Ente pubblico territoriale.


La scheda da cui sono tratti i dati è stata compilata da Daniele Garnerone (2001), il funzionario responsabile è Elisabetta Susani.

Scuole dall'estetista

La Provincia per le superiori.
Cosa fa ce lo racconta l'Ufficio Stampa e Comunicazione.

Anche finalità estetiche e di lotta al degrado urbanistico nel milione e mezzo di euro che la Provincia di Lodi si appresta a recuperare per quattro diversi cantieri sulle scuole del Basso Lodigiano. Gli edifici interessati sono tre: l’Itis Cesaris di Casalpusterlengo, l’Itas Tosi (con 2 progetti) e l’Ipsia Ambrosoli di Codogno.
Per l’Itis il progetto è di circa 600mila euro, che verranno spesi per la rimozione dell’attuale copertura e la realizzazione di un nuovo tetto. Ma non solo: l’opera, che richiederà un intervento complessivo di circa 6 mesi dall’affidamento dei lavori (indicativamente da metà ottobre), riguarderà anche tutta la facciata, con la rasatura, la formazione di nuovo intonaco, la tinteggiatura. Un’opera finalizzata proprio al recupero estetico dell’istituto casalese.
Altro progetto di grande respiro riguarda l’Ipsia Ambrosoli, la cui “geografia” interna è destinata ad essere rivoluzionata: con un investimento di circa 620mila euro, verrà infatti ampliato l’edificio con la costruzione di un’area destinata ad ospitare i laboratori.
Macchinari e strumenti potranno così spostarsi dall’attuale dislocazione, presso la quale, grazie ad un sostanzioso maquillage, arriveranno presidenza ed uffici di segreteria.
Questo valzer di locali si completerà con la creazione di quattro nuove aule di studio dove attualmente hanno sede presidenza e segreteria, in modo da rendere tutta la scuola più omogenea come distribuzione degli spazi, facilmente fruibile e, particolare da non sottovalutare, senza barriere architettoniche per i diversamente abili.
Nove/dieci mesi dall’affidamento dei lavori entro dicembre (indicativamente interesseranno i primi nove/dieci mesi del 2010), il tempo necessario per l’attuazione del progetto.
Entrambi i “progetti minori”, riguardano l’ITAS Tosi di Codogno, per un totale di 300mila euro.
Il primo lotto (150mila euro) è destinato al completo rifacimento di due gruppi di servizi igienici della scuola, con la posa di nuovi divisori, elementi da bagno e con la ripavimentazione.
A questo proposito, va segnalato che il 20 percento dei danni o delle inefficienze dei servizi igienici è dovuto ad atti di vandalismo. Si tratta di una percentuale elevatissima: se la stessa fosse applicata alla cifra dell’intervento e, in via ipotetica, addebitata ad eventuali responsabili, staremmo parlando di 30mila euro.
Il secondo progetto per l’ITAS guarda invece alle più recenti disposizioni in termini di riqualificazione energetica degli ambienti: 150mila euro verranno spesi per la sostituzione dei serramenti in legno con infissi a struttura metallica (alluminio) a taglio termico, completi di vetro di sicurezza stratificato. È prevista anche la posa di tende alla veneziana.
In entrambi i casi, il tempo di realizzazione sarà di circa 4 mesi sempre a partire dall’affidamento dei lavori che avverrà entro metà ottobre.
Tutti gli interventi (compreso quello all’Ipsia Ambrosoli, di maggior rilievo rispetto agli altri) non avranno alcuna ripercussione sull’attività didattica.
“Decoro urbano, risparmio energetico e fruibilità interna sono tre must per l’edilizia ed un’istituzione con i suoi immobili, specie se dedicati alle scuole, non può che dare il buon esempio”, afferma l’assessore alla partita Mariano Peviani. La Giunta provinciale ha approvato il quadro tecnico dei quattro lotti, condizione essenziale per poi delineare il quadro economico: i fondi verranno recepiti attraverso l’accensione di mutui, l’alienazione di beni propri (ancora da definire), ma anche con l’entrata in graduatoria presso bandi regionali. “In particolare, gli interventi sull’Itas dovrebbero già aver trovato collocazione presso i finanziamenti regionali”, chiude Mariani.

Casa, la situazione a Milano

La panacea mattone.
Speciale [6].

Continuiamo la riproposta di ritagli dalle rassegne stampa sulla questione del mercato edilizio nel Lodigiano e a Milano. È la volta di un articolo di Paola D’Amico su Il Corriere della Sera del 14 luglio.
Indagine della Camera di commercio. «Il mattone è un valore, i proprietari attendono l’Expo e le banche sono prudenti.
«Meno vendite di case». Ma i prezzi tengono.
Borsa Immobiliare: un calo tra il 30-40%. «È anche colpa dei mutui più difficili».

Crollano le compravendite fino al 30 per cento. Ma la crisi economica non intacca il valore del mattone. Anzi. Nella cerchia dei Bastioni i prezzi delle case sono addirittura in crescita.
Tutti attendono: i proprietari che non ci stanno a svendere, gli acquirenti che sperano nell’affare ma faticano ad accedere ai mutui. Comprare casa a Milano costa in media appena lo 0,2 per cento in meno di un anno fa.
A fare da scudo alla svalutazione del mattone, come emerge dalla 35esima Rilevazione dei prezzi degli immobili di Camera di Commercio di Milano, sono da una parte lo scenario della metropoli dell’Expo 2015, dall’altra i grandi progetti di trasformazione urbanistica in atto.


Il mercato del mattone. Indagine della Camera di commercio: il costo medio di un appartamento è di 3.637 euro al metro quadrato.
Mutui più difficili, cala la vendita di case.
Meno acquisti, ma il prezzo non scende. «La crisi si sente, si cerca l’affare».

La crisi morde. Ma il mattone non è in saldo. Il mercato della compravendita crolla del 30%. Ma il prezzo delle case al metro quadrato nella Grande Milano non si svaluta. Comprare casa nella città che corre verso l’Expo significa sborsare in media 3.637 euro al metro quadrato, appena lo 0,2 per cento in meno di un anno fa. Chi a suo tempo ha investito nel mattone, oggi vende «solo se trova risposta alle proprie aspettative». Chi, invece, compra, «lo fa senza fretta, attendendo l’occasione giusta. E, nell’attesa ricorre all’affitto «il cui mercato è in ripresa», spiegano gli esperti.
Il mattone tiene in centro con medie di 9.200 euro al metro quadrato; nella cerchia dei Bastioni (+0,5% in sei mesi, 5.046 euro al metro quadrato) e lungo la circonvallazione (+0,1%, 3.476 euro al metro quadrato). Rallentano impercettibilmente in centro (-0,3%, 7.043 euro al metro quadrato) e soprattutto nelle aree di decentramento (-0,5%, 2.532 euro al metro quadrato). L’offerta di case aumenta, ma non incontra la domanda, perché c’è una difficoltà reale nell’accesso ai mutui. Nel prossimo futuro ci si attende una ulteriore contrazione del livello di scambi degli appartamenti (in città -40% e in provincia -25% rispetto al 2004).
È la fotografia del mercato immobiliare milanese scattata dalla 35esima «Rilevazione dei prezzo degli immobili» realizzata da Camera di Commercio attraverso la Borsa Immobiliare (Osmi) e la Fimaa, il collegio degli agenti d’intermediazione e presentata il 13 luglio.
Tra le ragioni della tenuta, «i grandi progetti di trasformazione urbana e gli investimenti in fase di realizzazione in vista di Expo 2015», spiega Antonio Pastore, presidente di Osmi. Mentre Claudio Lossa, consulente in gestioni immobiliari, precisa: «Il mercato del nuovo non può scendere, perché gli investimenti in tutela acustica, rispetto delle norme antisismiche e risparmio energetico hanno costi troppo alti».

La presidente degli agenti immobiliari: «Le banche più prudenti nei prestiti. Adesso serve un’iniezione di fiducia».

Mercato fermo ma la domanda?
«Più corretto dire che il mercato è in grande riflessione». Lionella Maggi, presidente di Fimaa, il Collegio degli agenti immobiliari aderente all’Unione del Commercio, spiega che «rispetto all’anno scorso, dopo lo tsunami del crollo della Borsa, si lavora molto, ci sono tanti appuntamenti e telefonate. Poi, però, non si arriva a definire la vendita».
Perché?
«Chi compra vuole fare l’affare. Ma chi vende non ci sta. Non svende. La gente in questa fase preferisce il mattone ai bot».
L’accesso al credito?
«È il nodo: le banche non dicono “non ti do il mutuo”, ma mettono talmente tante difficoltà… in altre parole, la manica è diventata stretta».
Domanda scontata, chi soffre?
«La fascia bassa, la più povera. Se hai già la rata dell’auto, del frigo e della tv, il credito non te lo danno più. Senza contare che il 120 per cento del finanziamento è ormai un miraggio. Oggi le banche fanno fatica a dare l’80 per cento. Si è tornati indietro».
Il futuro?
«Serve solo un’iniezione di fiducia, e il mercato tornerà dinamico».
E i prezzi torneranno a salire.
«Non credo proprio. Ormai si sono molto assestati. Il tempo delle richieste pazze, fuori mercato, è finito. Salvo che un beme non sia supportato da una qualità super, per esempio “ultimo piano vista Duomo”».
(6 - continua)

Un consiglio unanimemente contro

Greta Boni sul quotidiano Il Cittadino di oggi ci informa che il consiglio provinciale ha approvato all’unanimità un ordine del giorno per fermare la discarica di Senna: «Dialogo, ma nessuna imposizione».
Piano rifiuti, botta e risposta col Pirellone.
Foroni replica alla Regione dopo la bocciatura del documento.
Rassegna stampa.

Senna - La provincia di Lodi ha scritto al Pirellone per comunicare tutte le informazioni che riguardano il piano rifiuti del territorio. Regione Lombardia, infatti, ha bocciato il documento realizzato dall’amministrazione precedente, scatenando la “contromossa” delle istituzioni.
Nel corso del consiglio provinciale che si è tenuto ieri a palazzo San Cristoforo, il presidente Pietro Foroni ha annunciato all’assemblea che sono già state inviate tutte le osservazioni del caso: «Ci siamo posti in termini di grande collaborazione con l’ente regionale - afferma -, ma al tempo stesso abbiamo rimarcato i nostri obiettivi a difesa del piano rifiuti adottato nel dicembre 2008. La provincia di Lodi deve considerarsi autosufficiente nello smaltimento di rifiuti urbani anche nei prossimi cinque anni, un traguardo da perseguire prevedendo la possibilità di ampliamento degli impianti esistenti (Cavenago) e con la trasformazione di altre strutture, come l’impianto compost di Terranova, da convertire in biodigestore».
Il piano rifiuti ha una valenza importantissima per il territorio e le sue istituzioni, impegnate nella battaglia contro la discarica di Senna. «In un’ottica di continuità e di rispetto istituzionale - aggiunge Foroni - abbiamo difeso il piano rifiuti, questo non vuol dire che in caso di mancanze non ci siano dei cambiamenti. Non sono il sicario di nessuno, provvederò a difendere i lodigiani e il Lodigiano. Inoltre, grazie al vincolo paesistico, nella zona tutelata non potranno essere costruite discariche». Un commento a cui è seguito un affondo politico: «Accettiamo consigli, ma non accettiamo lezioni da nessuno. Ricordo che non c’era nessun rappresentante del centrodestra che dirigeva il Fanfulla calcio quando al suo interno sono entrati personaggi che intendono piazzare una discarica nel territorio, e non governava il centrodestra quando gli stessi sono entrati nel capitale sociale di Eal Compost». L’assessore all’ambiente, Elena Maiocchi, ha sottolineato che il piano rifiuti può essere «migliorabile», ma che la contrarietà all’insediamento targato Cre non è in discussione.
Per l’opposizione, sull’argomento è intervenuto Gianfranco Concordati, consigliere provinciale e regionale, il quale ha messo in guardia la giunta dalla possibilità che regione Lombardia cambi le linee guida per autorizzare gli impianti di smaltimento rifiuti. «Ci siamo battuti con tutte le forze contro questo progetto delinquenziale. A questo punto, o ci sono alcune lacune normative, oppure ci sono protezioni di carattere politico. I calcoli della regione sui rifiuti lodigiani sono falsi, bisogna tenere alta la guardia». Mauro Soldati ha poi ricordato che la Bassa è stata valorizzata anche dalla precedente amministrazione, attraverso il sistema turistico Po di Lombardia.


L’ex presidente Lino Osvaldo Felissari ha ribadito come il Pirellone abbia sempre cercato di ostacolare la battaglia contro la discarica. Infine, si è rivolto a Foroni: «Presidente, noi vogliamo darle tutta la forza necessaria per vincere».
Alla fine dell’assemblea, dal momento che il Pd ha presentato una mozione urgente sull’argomento - a cui poi si è aggiunto un ordine del giorno da parte dei consiglieri di maggioranza -, il consiglio si è preso del tempo per decidere il da farsi. Così, è stato approvato all’unanimità un nuovo testo, nel quale si chiede all’amministrazione di portare avanti rapidamente gli indirizzi di pianificazione adottati l’anno scorso, insistendo sulle controdeduzioni. «I consiglieri impegnano la giunta a sostenere gli atti fin qui assunti, operando per una loro celere approvazione, ribadendo la contrarietà all’impianto di Senna, e a relazionare periodicamente in consiglio sull’iter».

La giunta delle forbici

Greta Boni ci informa oggi su Il Cittadino della polemica sulle commissioni in Provincia.
La giunta “taglia” il numero.
Rassegna stampa.

La discussione è andata avanti per più di un’ora. Alla fine la giunta Foroni è andata avanti per la sua strada, “tagliando” il numero delle commissioni provinciali rispetto all’amministrazione precedente: i gruppi sono passati da 7 a 6. Una decisione motivata da esigenze di economia, ma che è stata contestata a chiare lettere dall’opposizione. «La proposta è stata presentata senza condivisione - sottolinea l’ex presidente Lino Osvaldo Felissari, a nome del Pd -, il fatto che la maggioranza si schieri in modo così asservito all’esecutivo mi sembra un pessimo inizio: le commissioni devono prescindere dalle deleghe degli assessori. Questa presunzione all’autosufficienza vi costerà cara. Nel corso dei quattro incontri con i capigruppo avete fatto la vostra proposta, non vi siete mossi di un millimetro e l’avete portata in consiglio». Una posizione condivisa da Luca Canova, Mauro Soldati e Gianfranco Concordati del Pd, ma anche da Giulia Acquistapace della lista Felissari presidente, Giacomo Arcaini dell’Udc («si può ampliare il numero delle commissioni, il costo è regolato dalla loro convocazione») e da Vincenzo Romaniello dell’Idv («abbiamo chiesto solo dei piccoli miglioramenti che non sono stati accolti»). Per tutti questi motivi, l’opposizione non ha votato il punto all’odg, passato per 14 voti. Nel corso del dibattito non sono mancati i “botta e risposta” polemici tra i due schieramenti, specialmente quando di fronte agli interventi di Felissari e Soldati, il consigliere Pdl Nicola Buonsante ha sottolineato che non è necessario stilare il “breviario dei consigli”. A difesa della giunta sono intervenuti lo stesso Buonsante («nessuna presunzione da parte nostra, si discute solo della suddivisione delle commissioni e non dei loro componenti»), Maurizio Villa («gli elettori sono stati chiari, avete perso»), Davide Cutti e Mario Rocca. Alfredo Ferrari ha puntato l’attenzione sul fatto che ciò che conta è il lavoro che i gruppi saranno capaci di svolgere. A palazzo San Cristoforo le commissioni saranno così suddivise: sviluppo economico, innovazione tecnologica, lavoro; pianificazione territoriale, viabilità, beni culturali; cultura, istruzione, politiche sociali e cooperazione internazionale; risorse ambientali, parchi, tutela dei fiumi; bilancio, personale, patrimonio; sport, agricoltura, caccia e pesca, protezione civile, politiche giovanili.

Soldi agli artigiani che aiutano l'ambiente

Contributi regionali “salvambiente”: soldi freschi per le imprese lodigiane.
Rassegna stampa - Da Il Cittadino di oggi.

Per le piccole e medie imprese lodigiane c’è tempo fino al 30 ottobre per aggiudicarsi i contributi “salvambiente” stanziati dalla Regione. Un milione e 450mila euro di partecipazione economica per progetti di certificazione, risanamento o miglioramento ambientale da distribuire a tutte le Pmi e consorzi della regione, compresi ovviamente i lodigiani. I contributi potranno coprire al massimo il 25 per cento della spesa ammissibile al netto dell’Iva, con un tetto limite di 80mila euro di emolumenti erogabili per singola impresa. Soldi tutt’altro che regalati: al momento della presentazione della domanda di contributo, le imprese devono dimostrare di aver già coperto il lavoro che intendono realizzare con un investimento minimo del 10 per cento del costo totale dell’opera. Saranno ritenute finanziabili le spese sostenute nell’arco temporale tra il 15 luglio 2009 e la data omologa del 2010. L’aiuto va quindi a supportare un progetto già avviato, che rapidamente giungerà a compimento, giovando all’ambiente. Esempi: conseguire certificazioni ambientali europee o internazionali quali Emas, Iso 14001, Ecolabel; realizzare impianti per la produzione di energia verde, sfruttando le fonti rinnovabili di sole, vento, maree o biomasse; ottimizzare i cicli aziendali con tecnologie che riducano l’impatto ambientale del prodotto uscente. Altre idee: apportare interventi che riducano il peso degli imballaggi; ridurre l’inquinamento connesso alle dinamiche logistiche di smistamento, indirizzo e trasporto merci. Non verranno presi in considerazione progetti per adeguare le imprese alle normative di legge: chi partecipa deve aver già tutte le carte in regola, per non dissipare le entrate supplementari. I moduli necessari sono reperibili ai siti Internet lo.camcom.it, artigianato.regione.lombardia.it. Una volta compilata, la domanda va inoltrata agli uffici della Camera di commercio.

Immobili per 8 milioni di euro all'asta

La panacea mattone.
Speciale [5].

Alberto Belloni su Il Cittadino di oggi ci racconta che la crisi economica ingigantisce il fenomeno degli sfratti: da settembre 70 alloggi sul mercato per un valore di 8 milioni di euro.
Mutui impazziti, un tesoro finisce all’asta.
Sono ormai ottocento gli immobili pignorati dal tribunale di Lodi.

Che di soldi nelle tasche dei lodigiani ne girino sempre meno è noto. E che uno dei riflessi del fenomeno sia la crisi del mercato immobiliare è altrettanto acclarato. A confermare questo legame sono i numeri degli immobili residenziali all’asta presso il tribunale di Lodi: un elenco in continuo aumento, perché la recessione è forte, le famiglie non hanno più soldi e sempre più case finiscono pignorate. I dati aggiornati parlano di 788 pendenze al 23 luglio di quest’anno (comprendenti immobili residenziali e non, quali capannoni, terreni, negozi), contro le 645 del 2008 e le 565 di due anni fa. Le cifre comprendono i nuovi pignoramenti, giunti già a quota 282 e in procinto di superare a breve quota 300: un dato emblematico, considerando che le medesime quote erano state raggiunte un anno fa solo a fine settembre (367 alla fine) e nel 2007 a fine ottobre (339 al 31 dicembre). La morale? Complici sempre più cittadini incapaci di sopportare mutui e debiti, nella terza sessione di aste, da settembre, scatterà la vendita di oltre 70 immobili residenziali, sparsi su tutta la provincia, fino al Sudmilano: per un patrimonio, “listini base” alla mano, pari a circa 8 milioni di euro. Le offerte nel “menù”, peraltro, sono di ogni sorta, prezzo e qualità. Ci sono le “offertissime”, tra i 14mila euro scarsi e i 40mila e rotti euro, comprendenti edifici in condizioni fatiscenti o appartamenti ancora occupati da inquilini invitati a sloggiare. Ma salendo di livello, tra villette con annessi orti, terreni e porticati, appartamenti con doppi servizi e box, mansarde e tipologie e tre o più vani, si possono trovare anche immobili di lusso, fino ai 630mila euro per un villone con taverna, giardino e autorimessa a Vizzolo Predabissi. Case per tutti i gusti, insomma. Ma non per tutti portafogli, anzi. Contestualmente all’aumento dei pignoramenti, infatti, la crisi sta infierendo anche sulle vendite e le aste giudiziarie, considerate fino a pochi anni fa una sorta di “Eldorado dell’usato”, stanno perdendo sempre più acquirenti.
«Dopo il boom di partecipanti tra il 2007 e il 2008, dal settembre dell’anno scorso il mercato immobiliare è cambiato e fino a marzo è stato in forte decremento - conferma Barbara Tarno, cancelliere dell’ufficio esecuzioni immobiliari del tribunale di Lodi -. Prima vendevamo molto, e quasi a prezzo di mercato, anche perché da noi non si pagano notaio e spese annesse e perché la riforma del 2006 ha dato maggiori sicurezze agli acquirenti: la figura del custode giudiziario, per esempio, permette di visionare l’immobile e di avere tutte le informazioni necessarie. Unitamente a questo, l’azione di “sloggio” degli occupanti non è più affidata ai nuovi proprietari». I prezzi, spiega Tarno, un tempo erano comunque più bassi. E anche se i tempi per le vendite si sono notevolmente accorciati, anche il numero degli affari è drasticamente sceso: 142 in tutto il 2006, 102 nel 2007 e sole 79 vendite alla fine dello scorso anno. Perché dopo anni di mutui “esagerati” e stime gonfiate le banche hanno stretto i cordoni della borsa, tanto che le stesse immobiliari faticano a inserirsi nelle aste; mentre tra i pignorati, sempre più spesso, finiscono famiglie e cittadini “normali”, che in pochi casi riescono a estinguere per tempo il loro debito: «Inizialmente la figura tipica era quella dell’imprenditore, ma l’impennata ha colpito molte famiglie tradizionali, anche con due stipendi, e numerosi extracomunitari - spiega Tarno -. Molte di queste, tra 2002 e 2003, avevano acceso mutui variabili a tasso molto basso: ma dal 2006 i tassi si sono impennati. Anche le convalide di sfratto sono numerose e molte non riguardano solo l’immobile residenziale». Anche dall’Esatri, le cui aste si svolgono comunque in tribunale, le offerte aumentano, ma complice la recessione e fatte salve “enclave” strategiche come Lodi, San Giuliano, Paullo e Sant’Angelo, l’invenduto aumenta, soprattutto nella Bassa.
(5 - continua)

Ma il Pdl è Berlusconi

Dalle pagine di "Lettere & Opinioni" di oggi de Il Cittadino, riprendiamo questa lettera di Sonia Balzani di Borghetto Lodigiano. È significativa circa il peso locale del partito del predellino, evanescente. E lasciateci la battuta, forse non a caso il PDL è il PreDeLlino.
Pdl lodigiano. Si chiariscano progetti e strategie.
Rassegna stampa.

Al mio rientro dalle vacanze ho colto la coda di un dibattito sulla gestione del Pdl lodigiano. Non voglio entrarci: ne ho letto solo parzialmente e soprattutto coinvolge persone di cui conosco poco le vicende e soprattutto l’animo. Vorrei però cogliere l’occasione per fare alcune riflessioni e soprattutto alcune domande sul futuro del Pdl lodigiano.
Mi sono sempre interessata alla politica nazionalema sono solo 5 anni che la guardo più da vicino. Fino a sei mesi fa come componente di una lista civica e soprattutto per le cose interne al paese, negli ultimi mesi come candidata di una lista civica appoggiata dal Pdl.
A livello nazionale Forza Italia prima e il Pdl poi hanno dato ai cittadini che si riconoscono in questa area politica grandi soddisfazioni e anche la sensazione di una coesione interna che permette a chi la politica la segue ma non la frequenta, di sentirsi parte di qualcosa (lo dimostrano il successo che hanno avuto sul territorio ad esempio i Circoli della Libertà).
Visto più da vicino a livello locale, e qui parlo del lodigiano perché questa è la realtà che conosco meglio, questa coesione, questo senso di appartenenza, questa “identità”, non mi sembrano palesarsi in egual misura se non in qualche occasione, peraltro rara, di incontro. Questo stato di cose, se posso permettermi di esprimere un’opinione da esterna, da non iscritta, credo sia la causa dell’affascinazione ma mi spingerei a dire anche della sudditanza psicologica subita verso la Lega Nord in questa tornata elettorale dal Pdl. Penso che la Lega sia certamente da considerarsi un ottimo e leale alleato a livello nazionale ma pur sempre un competitor all’interno del bacino di voti di centro destra e questo, per altro, è l’atteggiamento che mi è sembrato di cogliere in alcune occasioni frequentando ambienti di FI a Milano. L’aspettativa quindi era quella di un approccio da parte dei referenti del lodigiano che si muovesse in questa ottica: massima collaborazione, dove possibile alleanze di governo ma comunque e sempre ottima difesa della propria identità. Atteggiamento, questo, che alla Lega non fa certo e giustamente difetto.
Io, ma so di non essere sola, sinceramente non ho colto un progetto che andasse in questa direzione e non volendo neanche prendere in considerazione che le strategie politiche vengano fatte sulla base di interessi personali e facendo comunque salve le scelte fatte sulla validità delle persone (come ad esempio nel caso del candidato alla provincia) mi domando quale capacità di consenso riuscirà amettere in campo il Pdl in grado di contrastare quella, innegabile, della Lega ma anche in grado di attrarre nuovi elettori. Non sono in grado di prospettare il futuro del partito, certamente quello che mi sembra funzionare nel macro (la nazione) non mi sembra convincere nel micro. E allora credo che nel breve periodo la priorità per i dirigenti e i vari responsabili locali dovrebbe essere quella di dare chiarimenti sulle strategie e i progetti inerenti il futuro del partito per informare, incoraggiare
e tranquillizzare i loro elettori.
Spero con questa lettera di aprire un dibattito e di leggere opinioni, consigli e anche smentite delle impressioni da me riportate.
Cordiali saluti