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domenica 13 settembre 2009

Vespa regina

Rai, Vespa fa slittare Ballarò. Floris: atto immotivato.
Diretta di Porta a Porta per la consegna delle prime case in Abruzzo. Il conduttore di Rai3: "Ci dicano il perché". La replica: "Riconoscimento per la nostra generosità". E scatta la polemica politica.
VideoPost - SkyTg24, 13 settembre 2009.



È ancora bufera su Raitre e questa volta al centro delle polemiche c'è Ballarò, il programma di Giovanni Floris che doveva tornare martedì prossimo e che viene fatto slittare di alcuni giorni da una decisione della direzione generale della Rai per far spazio ad una prima serata di Porta a Porta su Raiuno in occasione della riconsegna delle prime case ai terremotati di Onna. Floris è un "atto immotivato", per Vespa un "giusto riconoscimento" per l'impegno di Porta a Porta nella raccolta di fondi per i terremotati.
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Siamo al reality show governativo

I vertici di viale Mazzini "tagliano" la trasmissione di Floris.
Il conduttore: "Decisione immotivata". Ruffini: "Noi eravamo contrari". Da Vespa la consegna delle case in Abruzzo, la Rai cancella la puntata di Ballarò. Gentiloni (Pd): "Voglio fare un reality con Berlusconi protagonista". Rizzo Nervo: "Masi si ricordi che non è più a Palazzo Chigi".
Rassegna stampa - Repubblica.it, 13 settembre 2009.

Roma - Uno speciale di Porta a Porta in prima serata martedì, dedicato alla consegna delle prime case ai terremotati d'Abruzzo, farà slittare la prima puntata della nuova stagione di Ballarò. Una decisione che il vicedirettore generale Antonio Marano motiva con la volontà di "valorizzare un momento importante per il Paese". Ma che crea polemiche. "È un atto immotivato ai miei occhi, non riesco a comprenderne le ragioni. Avremmo potuto trattare gli stessi temi dello speciale di Raiuno, non vedo il motivo di sostituirci" commenta il conduttore Giovanni Floris. "Si tratta di una decisione presa contro il nostro parere" sottolinea il direttore di Raitre, Paolo Ruffini.
Marano, però, difende la scelta e nega contrasti: "Per Ballarò non c'è alcun problema, è solo uno spostamento che abbiamo ritenuto opportuno visto il tipo di evento e per non far sovrapporre due programmi di approfondimento". Spiegazioni che non convincono nè Floris nè Ruffini. "Abbiamo un inviato in Abruzzo da due settimane - spiega il giornalista di Rai 3 -, e la cerimonia del 15 settembre era un avvenimento previsto da prima che presentassimo la trasmissione. Naturalmente poi avremmo parlato anche di altro, di attualità politica e di attualità economica".
Ruffini rincara la dose: "Ho detto al responsabile dei palinsesti che la decisione di stravolgere la programmazione con una comunicazione improvvisa via e-mail, a meno di 48 ore dalla messa in onda del programma, dopo che era già stata tenuta peraltro la conferenza stampa avrebbe inevitabilmente assunto un nuovo sapore e danneggiato l'immagine aziendale". Preoccupazioni che i vertici di viale Mazzini non hanno minimamente raccolto. E che alimenta i timori di chi parla di una volontà "normalizzatrice" da parte dell'esecutivo su Rai 3. "A tutti quelli che mi telefonano allarmati dico che mi auguro che sia solo un episodio sgradevole e grave, e che mi auguro che andremo in onda prima possibile dicendo tutto quello che abbiamo da dire" promette Floris.
Dal suo canto il presidente del Cda Paolo Garimberti (che ha appreso della decisione solo oggi pomeriggio) riconosce che, trattandosi di una "un evento programmato e programmabile, si poteva fare tutto per tempo ed evitare di mettere la Rai al centro di nuove polemiche politiche".
Il consigliere d'amministrazione Nino Rizzo Nervo tira in ballo il direttore generale Mauro Masi parlando di "un'azione di disturbo sulla terza rete che ha come fine la sua 'normalizzazione'. Qualcuno dovrebbe spiegare al direttore generale che non è più a Palazzo Chigi e che vi è una profonda differenza tra televisione pubblica e televisione di Stato".
E se il presidente della Fnsi Roberto Natale diche il vertice della Rai "sembra aver smarrito il senso della dignità del servizio pubblico", il Pd, per bocca di Paolo Gentiloni, parla di "un grave tentativo di trasformare la consegna delle prime case ai terremotati di Onna in una sorta di reality show governativo, col premier come protagonista". Mentre Pier Luigi Bersani ricorda l'appuntamento del 19 settembre per la libertà di informazione: "Meglio andare a discuterne in piazza del Popolo sabato prossimo".
Ma da viale Mazzini si rivendica la legittimità della scelta: ad un evento come la riconsegna delle case ai terremotati è giusto dare il maggiore spazio possibile su Raiuno.

Silenzio, parla Vespa. E slitta Ballarò.
l'Unità.it, 13 settembre 2009.

Doveva andare in onda martedì prossimo. Ma la Rai fa slittare la prima puntata di Ballarò per non oscurare Vespa, che per quella sera ha già preparato uno speciale di Porta a porta dedicato alla consegna delle prime case ai terremotati d'Abruzzo.
La decisione è stata presa per «valorizzare un momento importante per il paese», spiega Antonio Marano, vicedirettore generale che si affretta ad assicurare: «Per Ballarò non c'è alcun problema, è solo uno spostamento che abbiamo ritenuto opportuno visto il tipo di evento e per non far sovrapporre due pòrogrammi di approfondimento».
Ma il conduttore di Ballarò non ci sta: «È un atto immotivato ai miei occhi, non riesco a comprenderne le ragioni. Avremmo potuto trattare gli stessi temi dello speciale di Raiuno, non vedo il motivo di sostituirci». «Abbiamo un inviato in Abruzzo da due settimane - spiega Floris -, e la cerimonia del 15 settembre era un avvenimento previsto da prima che presentassimo la trasmissione. Naturalmente poi avremmo parlato anche di altro, di attualità politica e di attualità economica. La prima puntata era stata inoltre presentata una settimana fa in una conferenza stampa tenuta alla presenza del capo ufficio stampa Rai». Per questo, conclude Floris, «sono dispiaciuto, certo, ed è dire poco. È come aver lavorato per mandare in stampa un giornale e vederne poi un altro in vendita nelle edicole. A tutti quelli che mi telefonano allarmati dico che mi auguro che sia solo un episodio sgradevole e grave, e che mi auguro che andremo in onda prima possibile dicendo tutto quello che abbiamo da dire».
E il Pd attacca: «La cancellazione voluta dalla direzione generale Rai della puntata di Ballarò è grave e inaccettabile». «La Rai blocca l'esordio stagionale di una trasmissione chiave nel palinsesto informativo per far spazio ad una trasmissione che si annuncia come celebrativa e 'spettacolare' tutta programmata a favore del premier», denuncia Vincenzo Vita, senatore del Pd e componente della commissione di Vigilanza sulla Rai. «Contro queste tentazioni di trasformare l'informazione e l'approfondimento in reality show - aggiunge - è ancora più importante partecipare in massa alla manifestazione di sabato 19 in favore della libertà e dell'autonomia dell'informazione promossa dalla Federazione della stampa e da tantissime associazioni».
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Non mettere grate alle nostre menti

Codogno. Caro sindaco, «allora io non ho Patria».
Rassegna stampa - Il Cittadino, "Lettere & Opinioni", 11 settembre 2009.

Gentile direttore, approffito della Sua ospitalità per eprimere lamia riflessione su quanto avviene a Codogno in merito alla risposta del Sindaco alla richiesta di sicurezza nella nostra città.
L’importanza delle parole sta in ciò che rappresentano e vanno a formare attitudini che finiamo per utilizzare senza più rendercene conto. Credo che la decisione di accogliere segnalazioni, così dal Sindaco definite, sulla presenza di situazioni di illegalità, dia voce a qualcosa di «incivile» presente nella nostra società, che ci vuole deboli e insicuri di fronte all’altro. Perché non posso dimenticare l’eco politico delle sue affermazioni, che rimarcano la richiesta di maggiore sicurezza di una parte di cittadini con una risposta che non condivido.
Credo che sicurezza voglia dire vivere senza sospetto, cercare regole condivise, non mettere grate alle nostre menti. Non voglio sostituire alla retorica della illegalità quella dell’accoglienza, non mi appartiene, penso però che il ruolo politico imponga di governare le trasformazioni sociali guardando a tutti i punti di vista, anche a quello che vede come valore aggiunto la diversità, che impone una seria riflessione sui nostri privilegi che si chiamano democrazia, libertà e giustizia sociale, nati dalla sofferenza dei nostri padri ed esplicitati nella Costituzione.
È una strada difficile da percorrere ma credo sia l’unica possibile se vogliamo mantenere fede a quegli ideali, all’universalismo così bene definito da queste parole di Don Lorenzo Milani «Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria». Cordialmente
Viviana Stroher
presidente Anpi sezione di Codogno
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Il rischio del disastro umanitario e sanitario mondiale

L'arcivescovo Zygmunt Zimowski ha riportato al congresso mondiale dei farmacisti cattolici le preoccupazioni del Papa sulla carenza di medicine di prima necessità nei Paesi in via di sviluppo.
Paesi poveri, l'allarme di Ratzinger "Senza farmaci, disastro umanitario". "Le aziende non li producono perché guadagnerebbero poco". Grave il rischio derivante dalla diffusione di prodotti contraffatti.
Rassegna stampa - Repubblica.it, 13 settembre 2009.

Città del Vaticano - Benedetto XVI teme, a causa della carenza di farmaci di prima necessità, "il rischio di un disastro umanitario e sanitario mondiale", che potrebbe colpire soprattutto i paesi poveri. La grave preoccupazione del Papa è stata riportata oggi dall'arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, durante il congresso mondiale della Federazione Internazionale Farmacisti Cattolici, in corso a Poznan, in Polonia.
"In troppe zone - ha detto il presule - mancano i farmaci di prima necessità, le prestazioni di base che garantiscono la difesa primaria. Spesso, per motivi economici, vengono trascurate le malattie tipiche dei paesi in via di sviluppo perché, sebbene colpiscano ed uccidano milioni di persone, non costituiscono un mercato abbastanza ricco. Alcuni di questi medicamenti potrebbero essere facilmente realizzati sulla base delle conoscenze scientifiche correnti, ma non vedono la luce per motivi esclusivamente economici".
"Da qui - prosegue Zimowski - proviene un termine sintomatico, "orphan drugs" - farmaci orfani - vale a dire quelli che non si studiano, si producono, si distribuiscono perché i potenziali acquirenti, che sono milioni, non hanno la capacità economica di comprarli. Appare evidente che lo sviluppo dei medicinali è ormai governato non più dall'etica tradizionale della medicina, ma dalla logica dell'industria".
Un altro drammatico problema denunciato da monsignor Zimonwski è quello della "contraffazione e falsificazione dei farmaci" che "colpiscono innanzitutto i soggetti in età pediatrica. Falsi antibiotici e falsi vaccini producono gravi ripercussioni negative sulla loro salute. Molte sono le morti per malattie respiratorie nei bambini africani, sicuramente più numerose se curate con antibiotici falsi, senza principio attivo ed in compenso acquistati a caro prezzo".
Da qui l'invito della Chiesa "a denunciare con coraggio tutte le forme di contraffazione e falsificazione dei medicinali ed ad opporsi alla loro distribuzione". "Per il farmacista cattolico - ha proseguito - l'insegnamento della chiesa sul rispetto della vita e della dignità della persona umana, sin dal suo concepimento fino ai suoi ultimi momenti, è di natura etica e morale. Non può essere sottoposto alle variazioni di opinioni o applicato secondo opzioni fluttuanti".
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Notiziario Brembiese, n. 1 - 13 settembre 2009

Notiziario Brembiese
Numero 1, 13 settembre 2009

Via Chiosazzo: è ancora buca.
Dopo un primo intervento di cui abbiamo dato notizia su queste pagine, lodando la solerzia con cui si era intervenuti a mettere una pezza, il problema si è ripresentato in un altro punto in prossimità dell'incrocio con Via Togliatti, come si vede nelle due foto.



Il problema è costituito da cedimenti del terreno attorno le tubature della fognatura e della roggia Casala. Forse è il caso che ci si decida a risolvere definitivamente il problema che causa disagi alla circolazione degli automezzi.

Parco giochi di Via Caravaggio.
Domani 14 settembre alle ore 17 sarà inaugurato il nuovo Parco giochi di Via Caravaggio. Alla cerimonia seguirà un piccolo rinfresco.



Segnaliamo un'osservazione che ci è stata fatta riguardante le panchine. Sarebbe il caso di uniformare, per ragioni estetiche, allo stile delle panchine del parco anche le panchine poste a conforto di chi si ferma a dire una preghiera presso l'edicola della Madonna.



Commissioni consultive di giunta.
La giunta comunale ha deliberato la composizione delle commissioni consultive di cui si serve per favorire la partecipazione ed avere pareri su importanti questioni che riguardano l'amministrazione del comune.
Commissione Diritto allo studio: Guarischi Paolo, Ghidotti Oriana, Baggi Luigi, Bonvini Maria Roberta, Ravera Lorena (maggioranza), Prada Silvia, Ferrari Giuseppina (minoranze).
Commissione per lo sviluppo e la tutela dell'ambiente: Commissari Pietro, Ghidotti Silvia, Bergomi Marco, Garotta Laura, Pozzoli Giampietro (maggioranza), Pietragalla Nicola, Quaglia Marcello (minoranze).
Commissione Servizi alla Persona: Casella Valentina, Ghidotti Oriana, Paladini Franco, Gorla Pietro, Sozzi Giancarlo (maggioranza), Albertini Vilma, Russo Maria Rosaria (minoranze).
La giunta comunale ha inoltre provveduto alla nomina dei membri del Comitato di gestione dell'Asilo Nido: Renato Noli (Comune di Brembio), Laura Reami (Comune di Secugnago), Maria Luisa Guercilena (Comune di Turano), Marco Moretti (Comune di Mairago), Casella Valentina (Maggioranza consiliare Brembio), Russo Maria Rosaria (Minoranza consiliare Brembio).

Apertura sede.
Apprendiamo che la minoranza consiliare "Brembio che cambia" aprirà una propria sede in Via Montegrappa a pochi passi dall'attuale sede di Rifondazione. Una notizia che raccogliamo con piacere in quanto significa la volontà di una reale continua presenza in paese che potrebbe dare, se supportata da iniziative concrete, una prospettiva diversa alla politica locale.
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«Noi e il Pdl giganti, insieme andremo lontano»

Calderoli: "No a voto anticipato, sarebbe una follia".
A Venezia, in occasione della festa dei popoli padani della Lega, il ministro per la Semplificazione frena sull'ipotesi ventilata da Bossi che dallo stesso palco arringa i suoi: "Faremo una catena umana sul Po per i diritti dei padani".
VideoPost - SkyTg24, 13 settembre 2009.



A Venezia, in occasione della festa dei popoli padani della Lega, il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli frena sull'ipotesi di elezioni anticipate ventilata da Bossi che invece dallo stesso palco arringa i suoi: "Faremo una catena umana sul Po per i diritti dei padani". E aggiunge: "Noi e il Pdl giganti, insieme andremo lontano. La Padania un giorno sarà uno Stato libero".
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Nome di battaglia Nemo

Un compleanno che avevamo già ricordato.
Partigiano, è stato deputato e sindaco di Lodi.
Nemo ha compiuto 90 anni «La lotta per la democrazia non è ancora terminata».
Rassegna stampa - Il Giorno, Guido Bandera, 13 settembre 2009.

Novant'anni di età non bastano né a piegarne lo spirito, né l’indipendenza di giudizio e di carattere. Edgardo Alboni gli anni li ha compiuti venerdì, ma li ha festeggiati ieri, insieme ai suoi compagni, a tanti amici e alle autorità cittadine. A lui, che dalla Resistenza fino a oggi è stato protagonista della vita politica del territorio Lodigiano, chiediamo di raccontarne l’esperienza e un po’ di storia.
Onorevole Alboni, prima di tutto una curiosità: perché ha scelto Nemo come nome di battaglia?
«Un omaggio alla cultura classica, a Ulisse. Il nome di battaglia, però, non era un vezzo. Era un obbligo per tutti i componenti delle Brigate Garibaldi. Si viveva in clandestinità, tutti dovevano conoscersi solo con quel nome. Senza un nome di battaglia io non mi sarei salvato. Dopo un incontro clandestino, un compagno fu catturato e fu seviziato dai fascisti. Fece il mio nome di battaglia e indicò un luogo dove mi aveva visto, a Montanaso. Vennero a cercarmi. Fu il mio vicino, con i familiari, a smentire che esistesse alcun Nemo in quella casa. Ci credettero. Io ero nascosto. Sentii con le mie orecchie il prigioniero, accusato di aver mentito, assicurare di avermi visto lì».
Per lei oggi ha ancora senso parlare di tradimento oggi?
«Sì. Tradimento è quando si rinnegano i valori e i principi per i quali si è combattuto e sui quali si è fondata un’Italia nuova. Quella democratica. Il tradimento dell’eredità lasciata dal movimento partigiano, per il quale non esistono attenuanti. E ogni volta ho voluto denunciare i tentativi di annullare queste conquiste. Sapendo che per me i fascisti non sono avversari, ma nemici. E chi cerca di difendere i supposti meriti del regime fascista fa quasi sorridere. Di attacchi ne ho ricevuti tanti e ho sempre risposto con fermezza. Anche se mi pare che il discorso in occasione della cerimonia per i Martiri del poligono fosse molto equilibrato».
Che esperienza è stata quella da parlamentare?
«Un’esperienza interessante per la mia cultura e per la mia preparazione. Per ruolo sono stato vicino alla categoria dei lavoratori della sanità, dai medici ai tecnici fino agli infermieri. Questi sforzi sono stati premiati nel secondo mandato: ho ottenuto un suffragio superiore a quelli degli altri compagni, secondo dopo Longo. Qualcuno in federazione malignò parlando di clientelismo. In realtà rimasero male perché i loro uomini, gli “yes men”, non passarono...»
Che rapporto ebbe con i vertici del Pci?
«Io entrai nella direzione provinciale per due volte, negli Anni ’50. Parlavo poco, parlavano di più i “big”: noi venivamo dalla provincia. Togliatti, però, durante l’VIII congresso, decise per il rinnovamento. Entrarono nuovi quadri. Cossutta sostenne me e mi volle candidare in Parlamento. Io non volevo. Lavoravo come consigliere provinciale al progetto della creazione di un consorzio per il Lodigiano. La prima volta, da candidato, non passai. Feci tutto da solo. Il partito non mi appoggiò molto. La seconda andò bene. Il partito fece convergere qualche preferenza, ma fu il Lodigiano a sostenermi e a mandarmi in Parlamento».
Pentito di aver speso tutto questo tempo in politica?
«No. È stata una grande soddisfazione. Mi è dispiaciuto un po’ di aver trascurato la famiglia. Col tempo però ho cercato di recuperare».
Che esperienza è stata quella da sindaco?
«Erano anni di un grande consenso per il Pci di Berlinguer. Il Psi non era cresciuto come Craxi auspicava e la Dc aveva perso voti. La giunta di sinistra fu una grande esperienza, anni di grande attivismo. Il partito, però, cinque anni dopo, non mi sostenne, nonostante i risultati. Questo fu il mio rammarico».

Lo scorso venerdì 11 settembre, Il Cittadino ha pubblicato questa lettera di Gianni Piatti.
L’onorevole Edgardo Alboni compie oggi novanta anni.

Edgardo Alboni, Presidente provinciale dell’Anpi, compie oggi novanta anni. Nel porgli auguri vivissimi e interpretando un sentimento diffuso a Lodi e nel Lodigiano, non possiamo che ringraziarlo per l’impegno costante, la passione civile e l’intelligenza politica che hanno sempre caratterizzato il suo lavoro.
La sua biografia, curata dal prof. Ercole Ongaro nel bel libro “Una vita tra sogni e realtà”, è ben conosciuta nel Lodigiano: Ufficiale nella “campagna” di Russia nella seconda guerra mondiale, Comandante partigiano con il nome di “Nemo” nella Resistenza, Consigliere Provinciale a Milano con Alberto Malagugini e Laura Conti, contribuì alla nascita del Consorzio del Lodigiano che ottenne, successivamente, la piena autonomia amministrativa del Lodigiano. Nel 1963 fu eletto Deputato al Parlamento per li PCI nella circoscrizione Milano Lodi Pavia, venne confermato nel 1968 e si occupò dei problemi sociosanitari, mantenendo un costante e moderno rapporto con gli elettori che gli tributarono sempre grande stima e consenso. Fu membro, successivamente, del Comitato regionale di controllo degli atti delle istituzioni sanitarie nel 1972. Eletto più volte nel Consiglio Comunale di Lodi, divenne Sindaco di Lodi nel 1975 con un lavoro che cambiò il volto della città con opere quali: il recupero dell’area dell’exLinificio, i palazzi del’Inps e delle Poste, la riqualificazione della “città bassa”, il Teatro alle Vigne, il Liceo Artistico, la zona produttiva di San Grato e l’imponente piano di edilizia economicopopolare nella zona San FereoloRobadello con il suo Centro commerciale ed altre ancora, lavoro che continuò dal 1982 come assessore alla Programmazione nella Giunta Cancellato.
Innovatore nelle scelte politiche, ha condiviso la “svolta” del Pci e si è dedicato alla memoria della Resistenza divenendo Presidente Provinciale dell’Anpi, ruolo che ricopre con autorevolezza da anni coadiuvato da capaci collaboratori a partire dalla Presidente Vicaria Isa Ottobelli, con un’Associazione che è fra le più forti e vivaci in Italia.
Edgardo Alboni è stato riferimento importante per numerose generazioni di militanti di sinistra, di volontari e democratici, ben fermo nei valori e nei principi della Resistenza e della Costituzione repubblicana, ma aperto alla ricerca e alla innovazione politica.
Rigore morale, passione civile, intelligenza politica: nel giorno dei suoi novanta anni, inviamo ad Edgardo, alla moglie Teresa e alla sua famiglia, all’Anpi, i nostri auguri ed il nostro “grazie”.
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Ora è toccato alle band musicali

Casale, minoranza pronta a una raccolta di firme.
Sala prove chiusa dal Comune. Scende in campo l’opposizione.

Rassegna stampa - Il Giorno, Tiziano Troianello, 13 settembre 2009.

I giovani del Basso Lodigiano che amano fare musica ed hanno costituito piccole band sono orfani della sala prove Muzak di Casale. La struttura, accasata in un sotterraneo di via Galilei, accanto alla ex biblioteca comunale, è chiusa ormai da parecchi giorni. La questione è balzata al centro delle attenzioni, venerdì sera, nel corso della seduta di Consiglio comunale. Il consigliere di minoranza Leopoldo Cattaneo, rappresentante del Partito Comunista dei Lavoratori, ha chiesto chiarimenti in merito alla compagine governativa ed ha prefigurato anche la possibilità di una mobilitazione popolare. «La sala prove - ha sostenuto Cattaneo - rappresenta un luogo fondamentale in cui i ragazzi possono dare sfogo alla loro energia e creatività. La sua importanza cresce soprattutto se pensiamo alle tante problematiche che riguardano le nuove generazioni. Questa struttura consente di tenerli lontano dalla strada ed è sempre molto frequentata. Se non riaprirà presto i battenti, la nostra compagine politica promuoverà una raccolta di firme». A spiegare lo stato della situazione ci hanno pensato il sindaco Flavio Parmesani e l’assessore ai lavori pubblici Luca Peviani. Entrambi hanno fatto capire che non c’è nessuna volontà del Comune di avversare coloro che fanno musica, ma che sono stati costretti a disporre la chiusura dagli eventi. Ci sarebbero problemi di insonorizzazione acustica. «Il fatto è che i decibel erano troppo alti - ha affermato Peviani -. Nella sala prove, che è collocata nel cuore della città, si faceva troppo rumore dopo le 23».
Il sindaco ha aggiunto che diversi residenti si sono lamentati più volte in Comune proprio per la musica eccessivamente alta proveniente dal sotterraneo. «Anche l’Arpa di Lodi ha effettuato un sopralluogo per rilevare i livelli di rumorosità - ha proseguito Parmesani -. La sala è chiusa da agosto, ma non appena sarà a posto sotto il profilo delle prescrizioni acustiche riaprirà». La sala prove Muzak era stata inaugurata l’8 settembre del 2001 ed è dedicata a Claudio Galuzzi, indimenticato cultore ed esperto di musica e band giovanili. Era stata fortemente voluta dall’ex vicesindaco Roberto Ferrari. La sua gestione è affidata ad un responsabile che ne cura gli orari di apertura e di chiusura ed il corretto funzionamento.
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Una battaglia perduta

Annalisa Granata del comitato Mapa: «Siamo stati sconfitti, molti non si rendono conto delle conseguenze». «La mobilitazione è finita, che grande delusione».
Rassegna stampa - Il Giorno, Pietro Troianello, 13 settembre 2009.

La centrale elettrica a turbogas progettata e realizzata da Sorgenia, cresce a vista d’occhio tra i fertili campi della Bassa, dove ancora il mais riceve gli ultimi raggi del sole prima del raccolto. Prosegue a tavoletta la realizzazione delle strutture che produrranno circa 800 megawatt all’ora, svetta la nuova ciminiera che affianca la torre-camino dell’ex raffineria Sarni Gulf. Almeno 200 addetti al lavoro e, per quanto si vocifera, taglio del nastro già nei primi mesi del 2010. Certo l’area di Bertonico-Turano (oltre un milione di metri quadrati di superficie) era già compromessa a partire dagli anni Settanta, ai tempi della raffineria di petrolio. Però molti - dopo la Sarni Gulf - si aspettavano un ben altro destino: magari una industria agroalimentare. Invece no: ecco spuntare il turbogas, con tutti i timori per salute e ambiente difficili da rimuovere, primo tra tutti i pericoli derivanti dalle polveri sottili. Oltretutto allargando un po’ l’orizzonte, è facile percepire che il fertile territorio lodigiano è già stato fin troppo strapazzato da impianti con lavorazioni a rischio. E le minacce continuano con la mega discarica progettata a Senna Lodigiana. A Bertonico, l’azienda agricola “Ceradello” è il punto di osservazione più avanzato rispetto alla centrale “Sorgenia”. Qui vive la famiglia di Achille Granata, affittuario dei terreni di proprietà dell’ospedale Maggiore di Milano. Qui c’è la figlia Annalisa che non si occupa in prima persona della fattoria, (lei insegna nella scuola primaria), ma che da subito ha aderito al Mapa, il movimento di papà e mamme, fondato e sostenuto da Francesca Gusmaroli. «Abbiamo perso — attacca Annalisa Granata - A questo punto nel mio animo ci sono solo delusione e amarezza».
Quando avete capito che la centrale a turbogas sarebbe arrivata passando sulle testa di tutti gli oppositori?
«Noi abbiamo compiuto ogni sforzo per dare battaglia. Abbiamo istituito un presidio permanente qui alla Colombina di Bertonico proprio a ridosso della strada provinciale. Abbiamo raccolto oltre 5mila firme, anche da parte di automobilisti di passaggio pronti a solidarizzare con la nostra causa. Ci siamo fatti sentire a Roma nelle stanze del potere. Abbiamo sollecitato e partecipato a manifestazioni a cortei. Sembravamo in tanti ad urlare il nostro no. Invece, a conti fatti, eravamo poco più di un manipolo. Già nella tarda primavera del 2008 abbiamo ricevuto i primi segnali di una sconfitta. Poi, quando le cose sono diventate più lampanti, quando sono arrivate le autorizzazioni ministeriali, non ci siamo neanche più riuniti. Non so se ancora si possa parlare di Mapa».
Vuol dire che in un’altra zona, magari più densamente popolata e in un altro contesto un impianto così non sarebbe mai arrivato?
«Credo proprio di sì. Anche perché non tutto il Lodigiano era poi così coeso. Da subito sono emerse le voci degli scettici . Persino qui a Bertonico ho raccolto affermazioni del tipo “tanto la centrale ve la fanno comunque”. E poi credo che non tutti e non sempre abbiano avvertito i rischi ai quali andiamo incontro. Anche adesso si registrano situazioni di indifferenza quasi assoluta. Il cantiere edile procede, ma tutti vanno per la loro strada».
Come vede il futuro? A suo giudizio esistono ancora margini per difendere la salute, per mettere sotto tutela queste terre?
«Sinceramente non vedo molte prospettive favorevoli. La nostra attività zootecnica con la centrale ad un tiro di voce subisce un contraccolpo pesantissimo, come del resto accadrà in altre aziende. Lo dico senza voler essere giudicata una Cassandra. E adesso la difesa della nostra salute è tutta nelle mani delle istituzioni. Mi auguro che tutte le istituzioni, dal livello locale in su, esigano da Sorgenia l’impiego delle tecnologie più innovative il più ampio rispetto di tutti i protocolli a difesa della salute dei cittadini».

Dalla richiesta del 2002 ai trasporti eccezionali che portano le turbine.

Per Circa 12 anni (dal 1971 fino al 1983) sulle aree di confine tra i comuni di Bertonico, Terranova de’ Passerini e Turano Lodigiano si è sviluppata un’intensa attività di raffinazione del petrolio, che da un lato ha portato sviluppo e benessere, (quasi 2mila addetti compreso l’indotto) dall’altro ha creato una clamorosa inversione di tendenza rispetto alla secolare vocazione agricola. E quando la raffineria ha chiuso i battenti è iniziato il valzer di progetti per riconvertire quel polo produttivo. Tante prospettive a cui ha dato corda anche la Regione Lombardia sollecitando iniziative di largo respiro. I comuni all’epoca (1986) hanno sottoscritto accordi per evitare l’insediamento di attività a rischio secondo la legge Seveso. Ma è rimasto un tallone d’Achille: nessun divieto ad utilizzare quel sito per la produzione di energia elettrica. Nel varco rimasto aperto si è inserita Sorgenia (prima denominazione «Energia») che già nell’anno 2002 ha presentato progetti per una centrale a turbogas da 750 megawatt-ora.
E gli ingranaggi hanno cominciato a girare: nell’agosto 2005 con il «solito» blitz estivo, la Regione Lombardia e il Ministero per le attività produttive hanno acceso luce verde. Il territorio già al primo annuncio ha risposto innalzando le barricate. Nell’autunno 2005 sono arrivate le proteste e si sono costituiti movimenti di opposizione anche con il sostegno di Comuni e Provincia. È stato anche presentato un ricorso al Tar. La battaglia è stata condotta nelle stanze della giustizia amministrativa, ma anche nelle piazze e nelle strade con cortei e manifestazioni. Una altalena di speranze e delusioni . L’autorizzazione concessa a Sorgenia il 2 aprile dell’anno scorso è finita sotto la lente della Commissione europea all’Aia, ma il 5 maggio del 2008 Sorgenia ha annunciato di essere in possesso di tutti i requisiti per costruire la centrale.
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Quale destino per Caorso?

Caorso, che farà il centrodestra?
"Nessuna criticità" emersa nell'incontro del sindaco Callori con Perri e Salini.Ma il decreto sul nucleare darà la precedenza alle aree già sedi di centrali.
Rassegna stampa, La Cronaca, 13 settembre 2009.

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La barcarola dalemiana

Le verità di D'Alema.
«Ero un barca con lui ma non conosco Tarantini».
Rassegna stampa - Libero, Elisa Calessi, 13 settembre 2009.

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Il dopo cavaliere è già cominciato

Franceschini: sì all'alleanza con l'Udc, no al Grande Centro.
I vertici del Pd non chiudono la porta alla formazone di Casini, ma a condizioni precise. L'obiettivo dev'essere mandare a casa Berlusconi con un punto fermo: non va ridotta la capacità di espansione del Partito democratico.
VideoPost - SkyTg24, 13 settembre 2009.



Il Partito democratico dice sì ad un'intesa anche con l'Udc ma respinge la prospettiva di un Grande Centro. Franceschini descrive un Berlusconi senza più equilibrio, impaurito e nervoso. Il dopo cavaliere è cominciato, spiega ma avverte: "Sarà un percorso lungo, per questo dobbiamo vigilare e fare più opposizione". L'apertura di Rutelli all'Udc non scandalizza nemmeno Pierluigi Bersani. Tutte le forze di opposizione, dice il candidato alla segreteria, devono ragionare per dare al Paese una alternativa di governo.
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Bossi non è un babau

Casini: "Udc decisiva. Bossi? Non spaventa nessuno".
Il leader dei centristi da Chianciano Terme dichiara: "Domani potremmo essere la forza di cambiamento del Paese". E al Senatùr dice: "Minaccia elezioni anticipate? Facciamole e una maggioranza in Parlamento si troverà".
VideoPost - SkyTg24, 13 settembre 2009.



"Siamo decisivi e domani potremmo essere la forza di cambiamento del Paese". Così il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, nel discorso di chiusura degli 'Stati generali del Centro' a Chianciano Terme ha ribadito l'importanza del suo partito nel panorama politico nazionale, anche di fronte ad eventuali nuovi scenari che ne potrebbero ingrossare le fila. "Lo scontro Fini-Bossi, rattrista gli italiani e non ci fa sognare, come dice qualcuno", precisa Casini che al leader del Carroccio dice: "Non spaventa nessuno minacciando elezioni anticipate. Facciamole e una maggioranza si troverà".
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