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domenica 18 ottobre 2009

Quando c'è poco da smentire

Chi paga il Talebano.
Rassegna stampa - Il Fatto Quotidiano, Massimo Fini, 17 ottobre 2009.

In un circostanziato articolo il Times accusa i militari italiani di stanza a Surobi fino a luglio 2008 di aver pagato tangenti ai Talebani per non essere attaccati. Il ministro La Russa ha smentito sdegnosamente e querelato il Times. Ma ha aggiunto prudentemente: “Nell'estate 2008 ero ministro da poco”. Infatti c'è poco da smentire. Non è la prima volta che gli italiani si comportano così. In Libano, nel 1982, il generale Angioni si mise d'accordo con quelli che avrebbe dovuto combattere. In Iraq, dopo Nassirya, ci siamo accordati con Moqtada al Sadr e non abbiamo più avuto problemi. In Afghanistan la novità è la tangente pagata direttamente al nemico. Un accordo c'era anche a Herat. Saltò quando, il 3 maggio 2009, un convoglio di militari italiani, con i nervi a fior di pelle, sparò a una Toyota che procedeva in senso inverso, regolarmente sulla propria corsia, uccise, decapitandola, una bambina di 12 anni e ferì tre suoi congiunti. Era una famigliola che andava a un matrimonio. Da allora gli attacchi agli italiani cessarono di essere “dimostrativi” (tanto per non insospettire troppo gli americani) e, dopo il ferimento di tre paracadutisti, a settembre ci fu l'agguato mortale a Kabul. Noi siamo alleati fedeli (come i cani) ma sleali. Gli inglesi che sono quasi gli unici a combattere sul serio, e che hanno perso solo nei mesi estivi quasi 40 uomini, si sono stufati e hanno fatto filtrare le notizie al Times.
Peraltro non sono solo gli italiani a fare i felloni. Scriveva il 19/9 l'inviato del Corriere Lorenzo Cremonesi: “Milioni arrivano ai talebani dalle tangenti versate dai contingenti occidentali in cambio di protezione”. E altri da tangenti pagate agli insorti perché permettano il passaggio dei rifornimenti dal Pakistan. Ce n’è quanto basta per farsi un'idea di chi controlla realmente il territorio in quel Paese. Come se ne esce? Parole di saggezza sono venute dal vicepresidente Usa Joe Biden che ha capito una cosa: i Talebani non hanno niente a che vedere col terrorismo internazionale, gli interessa solo il loro Paese e non costituiscono un pericolo per l'Occidente. Ha detto Biden: “I talebani sono un gruppo indigeno, ben radicato fra la popolazione, che aspira a conquistare pezzi di territorio ed eventualmente a governare il Paese ma non ambisce ad attaccare gli Stati Uniti”. E ha fatto anche capire che sarebbe possibile un accordo col Mullah Omar, disponibile a liberarsi del centinaio di quaedisti che oggi sono in Afghanistan, memore di quanto gli costò, nel 2001, la presenza di Bin Laden. Omar non è né un terrorista, né un criminale, né un pazzo, è un uomo pragmatico che firmerebbe all'istante un accordo di questo tipo: fuori gli stranieri, in cambio solide garanzie che a nessun terrorista internazionale sia permesso di circolare liberamente in Afghanistan. Nel 2000 bloccò la coltivazione del papavero, è sicuramente in grado di cacciare a pedate quattro quaedisti strapenati.
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Calzini turchesi vs Escorts


Rubrica quasi quotidiana di controinformazione

Come si può essere "giudici con delle calzette color turchese"? Già quando un presidente del Consiglio va a escort... Insomma Canale 5 e Il Giornale (l'articolo "Mondadori, il giudice brindò alla fine di Silvio") ci hanno voluto dipingere il giudice Mesiano sulla falsariga di vecchi metodi (ricordate: i comunisti mangiano i bambini) per squalificare il proprio avversario o, comunque - ed è questo l'aspetto più preoccupante - chi si ritiene un proprio insormontabile avversario. È successo con il direttore di Avvenire Boffo dato in mano ai coyoteros di Feltri. Ci provano senza successo da tempo con Santoro e soci. Guardatevi il servizio di "barba e capelli" - la metafora è suggerita dal pezzo televisivo - fatto a Raimondo Mesiano a Mattino 5, conduttore Claudio Brachino. Si mostrano ai telespettatori le immagini "in esclusiva" dei presuntissimi comportamenti "stravaganti" del giudice civile milanese. Sicuramente comportamenti estremamente stravaganti, tanto stravaganti da dubitare della sua obiettività nel processo nella quale ha condannato il gruppo Fininvest a risarcire alla Cir di Carlo De Benedetti 750 milioni di euro!!! Per un affronto e "scippo" simile all'azienda di Segrate il calzino turchese messo in mostra mentre il giudice se ne sta seduto su di una panchina non solo è un indumento strano, ma è trattato alla stregua di un'arma di distruzione di massa. Sì, e scusate l'indignazione, di quei c... che Berlusconi ha a libro paga.



Il 16 ottobre il giornale di Padellaro e Travaglio scriveva, articolo di Marco Lillo, intitolando "Caso Mondadori, continua la caccia al giudice Mesiano": «Il giudice Mesiano, quello che ha osato condannare la Fininvest a pagare 750 milioni di euro, è stato seguito mentre passeggia per Milano e va dal barbiere. Il servizio, trasmesso da “Mattino5” di Claudio Brachino, mostra il giudice che fuma e “non riesce a stare fermo”. D’altronde “alle sue stravaganze siamo ormai abituati”. In coda arriva lo scoop: “Mesiano ci regala un'altra stranezza: guardatelo seduto su una panchina: pantalone blu, mocassino bianco e calzino turchese”. Dietro la caccia all’uomo travestita da giornalismo si intravede lo stile di Alfonso Signorini. Il Cavaliere ha annunciato “notizie” su Mesiano e, dopo avere spedito i cronisti di “Chi” in Calabria per trovare notizie sulla salute e la famiglia del giudice, a Mediaset si dice che proprio Signorini avrebbe avuto l’idea del pedinamento. A un calzino turchese.»
«Lui ordina e subito Mediaset colpisce», titola invece oggi in prima pagina Il Fatto Quotidiano e spiega: «Un grande gruppo televisivo piegato agli interessi del Capo. Nei canali di Berlusconi, il pluralismo viene travolto dalla caccia all'uomo. Il pedinamento di Mesiano. Censurate perfino le Iene. Petralia del Csm: "un giudice pedinato. L'hanno fatto solo i servizi e la mafia"»



Ed il Fatto lancia una campagna "Siamo tutti Raimondo Mesiano - Anch'io ho il calzino turchese". Solidarietà al giudice Mesiano: molti magistrati da lunedì andranno a lavoro con i calzini turchesi in segno di solidarietà con il loro collega Raimondo Mesiano linciato da Canale5 per aver osato dare torto alla Fininvest. Il quotidiano di Padellaro e Travaglio invita: "Facciamolo anche noi. Lasciate un messagio e mandateci le vostre foto con i calzini turchesi", attraverso il blog "l'Antefatto", Facebook, Twitter, Flickr.



Dino Petralia (Csm):"Un magistrato controllato e pedinato: l'ho visto fare solo a mafia e Sismi".
Rassegna stampa - Il Fatto Quotidiano, Sandra Amurri, 18 settembre 2009.

Da magistrati comunisti a mentalmente disturbati fino a giudici video-registrati ed esposti al pubblico ridicolo. Come dire: state attenti, se la sentenza non è di mio gradimento passo alla demolizione personale. Si è superata la misura consentita da uno Stato di diritto? Ne discutiamo con Dino Petralia, componente del Csm, appartenente alla corrente del movimento per la giustizia che fu di Giovanni Falcone, già Procuratore della Repubblica in Sicilia per tanti anni.
“Concordo, siamo all’attentato dello Stato di diritto. Vi è una valenza intimidatrice generale, ossia nei confronti di tutti i magistrati e c’è il rischio che i magistrati staranno bene accorti ad emettere sentenze sgradite al potente di turno. Sono stati utilizzati metodi investigativi che riguardano l’uomo magistrato come se le sentenze risentissero delle abitudini di vita del giudice. Basta manipolare bene il risultato video dell’osservazione, come è in grado di fare una televisione, e il risultato è assicurato: isolare il giudice agli occhi dell’opinione pubblica ridicolizzandolo con effetti devastanti per l’autonomia e l’indipendenza, non solo di quel giudice, ma di tutti i magistrati, valori, questi, sanciti dalla Costituzione. Che fare? Farsi difendere dai propri rappresentanti di categoria dell’Anm o istituzionali, cioè il Csm”.
“Il Consiglio superiore della magistratura promuove il giudice anti-Fininvest” scrive Il Giornale. Trattasi di manipolazione strumentale dell’informazione o di un’accusa fondata?
“Non è una promozione (sorride) ma un passaggio di carriera che sarebbe avvenuto comunque, e che per puro caso è avvenuto ora perché è il turno dei vincitori del concorso di Mesiano che peraltro è anche il mio”.
Crede che il “mandante” il premier, che aveva annunciato: “Ne vedrete delle belle su questo giudice” abbia anche voluto dire ai magistrati che indagano sulle note vicende delle escort: mettete il naso nella mia vita privata vi dimostro che posso farlo anch’io?
“È un parallelo inaccettabile quello tra il Premier e il singolo magistrato. Il magistrato parla attraverso le sentenze in nome del popolo italiano. Il premier è un soggetto politico, dunque, la sua esposizione mediatica è parte integrante del ruolo che riveste. Nella sentenza il giudice non scrive: io magistrato ti condanno, o ti assolvo, bensì il Tribunale in nome del popolo italiano… ”.
Esiste il rischio di emulazione da parte dei cittadini?
“Certamente. Immaginiamo chi sconfitto in primo grado si rivolga ad un investigatore per filmare la vita privata del giudice al fine di ridicolizzarlo. Saremmo di fronte ad un circuito di verifica parallela a quello lecito rappresentato dai tre gradi di giudizio”.
Ha memoria di esempi simili a quello del giudice Mesiano?
“Me lo lasci dire, la vicenda Tavaroli, pedinamenti che alcuni agenti deviati del Sismi avevano fatto nei confronti di Spataro ed altri magistrati. Il Consiglio Superiore votò all’unanimità una delibera di tutela. Finora il controllo e il pedinamento della persona è stato riservato a questa vicenda del Sismi, e per la mia esperienza, alla mafia”.
Sta dicendo che siamo di fronte a metodi mafiosi?
“Mi limito a registrare ciò che ho appreso durante il mio lavoro in Sicilia”.
Come ci si difende dal tentativo di demolizione dello Stato di Diritto?
“Le debbo rispondere in tre modi differenti: come membro del Csm dico che in Consiglio faremo di tutto per tutelare il collega Mesiano, come magistrato rispondo, per fortuna che c’è l’Anm, che fa egregiamente la sua parte, nonostante venga da molti ritenuto un organismo di opposizione politica; da cittadino scenderei in piazza per difendere la Costituzione”.
Ritiene che il Presidente della Repubblica debba assumere una posizione di ferma condanna?
“Sì e lo debba fare nel doppio ruolo di Capo di uno Stato che sta vivendo un gravissimo disagio istituzionale e di Presidente del Csm per ristabilire, alla luce della Costituzione, di cui è Supremo custode, indipendenza e autonomia della magistratura”.
Lei si fa scudo della Costituzione, ma Berlusconi è pronto a cambiarla.
“Bene, ma la Costituzione si cambia solo rispettando le regole che la Carta stessa detta non seguendo altre regole, come ha ricordato la Consulta bocciando il Lodo Alfano”.

Aggiungo infine il resoconto delle reazioni alla vicenda che ne dà Nicola Veschi per Sky TG 24 dopo la segnalazione dell'Associazione nazionale magistrati che ha chiesto l'intervento del Garante della privacy.

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Il triangolo

Pochi acuti al dibattito fra i candidati Pd. Mezzo milione di spettatori solo sul web Bersani-Franceschini, duello pacifico con terzo incomodo. Scintille solo con Marino, alla fine prevale l’appello unitario al voto.
Rassegna stampa - Europa, 17 ottobre 2009.

È difficile dire se ci sia stato un vincitore del match televisivo che si è celebrato ieri fra i tre candidati alla segreteria del Pd (e che solo sul web ha raccolto 500mila spettatori). L’impressione è che solo Ignazio Marino abbia provato a rompere il clima unitario, che invece Dario Franceschini e Pier Luigi Bersani hanno cercato di mantenere.
Tra il chirurgo e il segretario sono scoccate più volte le scintille, mentre l’ex ministro si è mostrato in difficoltà solo rispetto agli attacchi contro la candidatura di Bassolino nelle sue liste.
Alcune differenze, comunque, sono venute a galla, anche in maniera evidente. Ad esempio sui toni da tenere nei confronti del governo, sull’innalzamento dell’età pensionabile, ma soprattutto riguardo alle future alleanze. Opinioni condivise, invece, sulla necessità di far prevalere il merito in settori centrali come la sanità e l’istruzione, sul rispetto delle decisioni prese a maggioranza (eccezion fatta per alcuni temi etici ben definiti), sugli interventi anti-crisi mai realizzati da questo governo, sulla difesa della libertà d’informazione e la “liberazione” della Rai dalle pressioni e dalle nomine politiche.
Sarà proprio in Rai il prossimo confronto? Bersani frena, mentre voci di corridoio parlano di un accordo già preso per inviare a Matrix di martedì sera tre interviste preregistrate.
La difficoltà a stabilire se il teledibattito abbia spostato consensi e in quale direzione conferma che l’esito delle primarie è per davvero imprevedibile. E il clima di grande incertezza rende plausibile l’ipotesi che nessuno dei candidati superi il 50 per cento, rendendo così inevitabile il ricorso al ballottaggio fra i primi due nell’assemblea nazionale. Non è dunque scontato un risultato netto: e lo spettro di un sostanziale pareggio rende possibili diverse soluzioni. Anche se Franceschini e Bersani concordano sul fatto che chi vince le primarie diventa segretario, c’è da annotare che anche ieri Marino ha detto no a questa intesa.
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A meno che il Pd risorga dalle proprie ceneri…

Regionali, prova a rischio per il Pd.
Rassegna stampa - Europa, Paolo Natale, 17 ottobre 2009.

È l’ultimo appello, prima del lungo riposo che ci porterà alle consultazioni politiche del 2013, se la legislatura dovesse finire regolarmente. Le regionali del prossimo anno saranno il banco di prova che ci terremo a mente per molto tempo, e che diventerà la pietra di paragone per comprendere lo stato di salute dei partiti. Dopo quella data, soltanto prove parziali, sondaggi più o meno validi, dichiarazioni di popolarità di questo o quell’uomo politico, o dei vari leader dei diversi partiti. Ma nulla di concreto, soltanto chiacchiere virtuali. Le consultazioni della prossima primavera diventano dunque importanti per definire i rapporti di forza con cui andremo fino alla fine della legislatura. E delineeranno i “colori” dei territori italiani: un pezzo di verde leghista nel nord, un altro verde democratico nel centro, l’azzurro delle libertà un po’ dovunque.
Cinque mesi all’appuntamento fatidico del 21-22 marzo 2010.
Quali sono oggi le più probabili conformazioni dei vincitori? Innanzitutto, occorre sottolineare come i possibili confronti che si andranno a fare, con le consultazioni precedenti, saranno giocoforza molto negative per la compagine di centrosinistra. Nel 2005, lo ricordiamo tutti, essa fece infatti un quasi en-plein nelle regioni chiamate allora al voto: la formazione guidata da Berlusconi riuscì infatti a confermare solamente i governatori di Lombardia e Veneto, Formigoni e Galan, uscendo sconfitta in tutte gli altri territori.
Pensare oggi di avvicinarsi sia pur lontanamente a quel risultato sarebbe una vera e propria chimera per il centrosinistra. Ma vediamo nel dettaglio quali potrebbe essere questi colori territoriali: in Lombardia la nuova ricandidatura di Formigoni (la quarta) porterà senza alcun dubbio alla sua riconferma. L’unica chance per la formazione avversaria di poterlo battere sarebbe quella di presentare il cardinale Tettamanzi, il solo in grado (come un tempo il cardinal Martini) di sconfiggere il centrodestra, e anche in questo caso con forti incertezze.
Allo stesso modo, nel Veneto non esistono margini di competizione, sebbene la sostituzione di Galan con un corridore leghista (Zaia, Tosi, Gobbo?) potrebbe portare qualche malumore nell’elettorato del Popolo delle libertà. Soltanto lo stesso Galan, impegnato in un’alleanza con il centrosinistra, potrebbe far nascere qualche speranza per la compagine dell’opposizione.
Nemmeno Piemonte e Liguria, pur con governatori attualmente di centrosinistra, vivono momenti tranquilli: Bresso e Burlando (se si ricandiderà) sono entrambi a rischio. Qualche speranza aggiuntiva potrebbero averla in caso di candidato avversario leghista, anche qui non particolarmente appetito dai sostenitori di una parte del Pdl. Abbastanza scontate in Emilia-Romagna e Toscana le vittorie di Errani e Martini (?) che rimarranno probabilmente, forse con l’Umbria e la Basilicata, le uniche regioni a restare colorate di verde democratico.
Fortemente a rischio la Marche, ma dipenderà molto in questo caso dai candidati, e il Lazio, dove la possibile contesa tra Marrazzo e Polverini si preannuncia serrata. Sicuramente persa per Bassolino la gara campana e per Loiero (o per il suo sostituto) quella calabrese. Rimane la Puglia, dove la pur buona performance di Vendola come presidente è molto probabile non gli permetterà la riconferma. La Basilicata infine, nuovo baluardo tradizionale del centrosinistra, dovrebbe riconfermare la giunta uscente.
Lo stato dei rapporti di forza che uscirà il prossimo anno ci raccontano dunque di un’Italia che muta drasticamente la propria configurazione elettorale: al centrosinistra rimarranno probabilmente 4 o 5 regioni delle 11 che aveva nel 2005, mentre il centrodestra – contando anche le attuali maggioranze in Sardegna, Abruzzo, Molise e Sicilia – arriverà a governare in quasi il 75 per cento del territorio nazionale. A meno, naturalmente, che il Pd risorga dalle proprie ceneri…
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Proteggere i metodi di coltivazione propri di ogni area

«È necessario modificare gli stili di vita e i modi di pensare».
Rassegna stampa - Avvenire, 17 ottobre 2009.

Il tema scelto quest’anno dalla Fao per la Giornata mondiale dell’alimentazione è «Raggiungere la sicurezza alimentare in tempi di crisi» . Esso invita a considerare il lavoro agricolo come elemento fondamentale della sicurezza alimentare e, quindi, come una componente integrale dell’attività economica.
Per tale motivo, l’agricoltura deve poter disporre di un sufficiente livello di investimenti e di risorse. Questo tema richiama il fatto e fa comprendere che i beni della creazione sono limitati per loro natura: essi richiedono, pertanto, atteggiamenti responsabili e capaci di favorire la sicurezza alimentare, pensando anche a quella delle generazioni future. Una profonda solidarietà e una lungimirante fraternità sono dunque necessari.
Il conseguimento di questi obiettivi richiede una necessaria modificazione degli stili di vita e dei modi di pensare. Obbliga la comunità internazionale e le sue istituzioni a intervenire in maniera più adeguata e più determinata. Auspico che tale intervento possa favorire una cooperazione che protegga i metodi di coltivazione propri di ogni area ed eviti un uso sconsiderato delle risorse naturali. Auspico, inoltre, che tale cooperazione salvaguardi i valori propri del mondo rurale e i fondamentali diritti dei lavoratori della terra.
Mettendo da parte privilegi, profitti e comodità, questi obiettivi potranno essere realizzati a vantaggio di uomini, donne, bambini, famiglie e comunità, che vivono nelle aree più povere del pianeta e sono, dunque, più vulnerabili.
L’esperienza dimostra che le soluzioni tecniche, pur avanzate, mancano di efficacia se non si riferiscono alla persona, principale protagonista che, nella sua dimensione spirituale e materiale, è origine e fine di ogni attività.
L’ accesso al cibo, più che un bisogno elementare, è un diritto fondamentale delle persone e dei popoli.
Potrà diventare una realtà, e quindi una sicurezza, se sarà garantito un adeguato sviluppo in tutte le diverse regioni. In particolare, il dramma della fame potrà essere sconfitto solo «eliminando le cause strutturali che lo provocano e promuovendo lo sviluppo agricolo dei Paesi più poveri mediante investimenti in infrastrutture rurali, in sistemi di irrigazione, in trasporti, in organizzazione dei mercati, in formazione e diffusione di tecniche agricole appropriate, capaci cioè di utilizzare al meglio le risorse umane, naturali e socio­economiche maggiormente accessibili a livello locale» (Caritas in veritate, n. 27). La Chiesa cattolica, fedele alla sua vocazione ad essere vicina agli ultimi, promuove, sostiene e partecipa agli sforzi realizzati per consentire ad ogni popolo e comunità di disporre dei mezzi necessari a garantire un adeguato livello di sicurezza alimentare. Con questi auspici, le rinnovo, signor direttore generale, le espressioni della mia alta considerazione, ed invoco sulla Fao, i suoi Stati membri e il personale tutto abbondanti benedizioni celesti.
Benedetto XVI
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Ci stanno abituando a tutto

Il programma di Rai 3 irride Binetti e ferisce tutti i Cristiani.
Vilipendio dell’intelligenza nel salotto «colto» di Dandini.

Rassegna stampa - Avvenire, Francesco Ognibene, 17 ottobre 2009.

Ormai ci stanno abituando a tutto: polemiche violente, scambi di contumelie, colpi sotto la cintura, tanto che si fatica a ricordare un clima politico e culturale così avvelenato. E tuttavia, sebbene il tono del discorso pubblico abbia sfondato da tempo il livello di decibel tollerabili, dentro di noi esiste e resiste una soglia oltre la quale scatta più forte la reazione: è quando percepiamo violata un’area che, invece, vorremmo esente dai furiosi schizzi di fango che vanno così di moda. Perché le idee possono diventare oggetto di confronti anche accesi, ma mai potremo restare indifferenti al cospetto dello scempio svagato della religione e davanti alla sua maligna denigrazione consumata con irridente indolenza da sussiegoso avanspettacolo. Se, poi, questo accade sulla tivù di Stato, all’indignazione si mescola lo sgomento per l’irresponsabile deriva di un «servizio pubblico» del quale ci ostiniamo ad avere un altro e alto concetto.
Abbiamo chiuso gli occhi, spento la tv e buttato il telecomando qualche sera fa quando a 'Parla con me', su Rai3, Avvenire è stato fatto entrare, in modo tanto stolido quando diffamatorio, in un’aspra parodia delle obiezioni all’idea di introdurre un’aggravante penale specifica anti-omofobica. Ma quel che l’altra notte è andato in onda sullo stesso tema e dal medesimo telesalotto dello humour intellettuale progressista – che passa da Saramago a Vergassola, con l’ilare e pochissimo serena Serena Dandini a condurre – è il segno desolante e volgare di una certa Italia dove si profana tutto con l’aria di chi dice una cosa raffinatamente umoristica. Dentro un confessionale, una finta Paola Binetti nelle vesti del confessore maltratta un penitente mettendolo in guardia da orrendi peccati politici. Per espiare la grandinata di mancanze, snocciolate col tono di un Torquemada d’avanspettacolo, gli assegna infine un Padre Nostro straziato e deforme che passa a recitare tra lazzi e sghignazzi con Dandini capoclaque.
La grevità della scenetta è deprimente. Siamo alla messa alla gogna di un personaggio pubblico per la sua fede cristiana e all’offesa del sentimento religioso di decine e decine di milioni di italiani: fatto odioso solo a nominarlo e scelta 'artistica' miserabile. La satira giunge al limite della bestemmia e, da arma contro i potenti, si fa attacco maramaldo a una donna e parlamentare coerente con la propria coscienza e perciò minacciata di espulsione dal suo partito, il Pd.
È questo il concetto di libertà coltivato sul divano rosso della signora Dandini, tra un sentenziare pensoso e risatelle garrule e, manco a dirlo, colte? E cosa c’è di più meschino del ridurre a grottesca messinscena i simboli religiosi – la Confessione, il Padre Nostro – per ribadire il proprio sovrano disprezzo verso le fedeltà e i sentimenti più antichi e profondi degli italiani? È così: sulla tivù di tutti, fa scandalo e merita irridente punizione il dirsi pubblicamente cattolici, e trarne le dovute conseguenze con scelte che suonano come uno schiaffo al torpido opportunismo del politicamente corretto.
No, non ci fa ridere la insulsa sceneggiatura di un sacramento. Non ci fa ridere, e non ci consente di limitarci a spegnere la televisione e a buttare il telecomando, lo scempio della preghiera più cara al cuore cristiano: l’invocazione che ci ha dettato Gesù stesso, dandoci il senso profondo della paternità di Dio e mettendo nella nostra storia d’uomini l’idea della fraternità e della libertà; l’inno cantato da generazioni di credenti e capace di affiorare, nelle ore buie della vita, anche sulle labbra di chi non ha fede.
Questi sono giorni in cui si parla spesso, a torto o a ragione, di vilipendio. Sulla Rai, servizio pubblico televisivo, è stato dimostrato a tutti di che cosa si tratta. Si è giochicchiato ignominiosamente con l’indisponibile patrimonio comune del nostro popolo. Persino prima che della religione, un tragico vilipendio dell’intelligenza.
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Il lodo spiegato

Il lodo risolve la questione.
Rassegna stampa - Avvenire, Valeria Della Valle, 17 ottobre 2009.

C’è una parola che viene continuamente scritta e pronunciata, ma della quale non tutti capiscono il significato. È la parola lodo. Nessuno, purtroppo, si prende la briga di spiegarne il significato a grandi e piccoli.Vediamo, allora, come stanno le cose. Si tratta di una parola molto antica, che deriva dal latino medievale laudum, che voleva dire «approvazione data dal signore feudale». Se andiamo a cercare la parola lodo nei vocabolari della lingua italiana, la troviamo spiegata come «sentenza arbitrale» o come «soluzione di una controversia proposta da un personaggio autorevole». Dobbiamo partire da qui se vogliamo capire a che cosa si riferiscono i giornalisti e i politici quando scrivono o pronunciano questa parola. Il lodo ha assunto, infatti, il significato di «soluzione mediatrice tra due pareri», «accordo tra le parti». Nella storia della Repubblica italiana ci sono stati vari tentativi di mediazione o compromesso per risolvere questioni difficili, e hanno preso di volta in volta il nome dal personaggio politico che ha tentato di conciliare posizioni opposte. In questo periodo si nomina il lodo Alfano, dal nome di Angelino Alfano, attuale ministro della Giustizia, con riferimento a una legge che riguarda l’immunità da concedere alle più alte cariche dello Stato.
Questa legge è stata bocciata dalla Corte Costituzionale.
Come mai, allora si continua a chiamarla lodo e non legge?
Probabilmente perché, quando fu fatta la proposta iniziale, si trattava davvero di un lodo, cioè di un tentativo di mediazione tra parti diverse. Poi, anche quando si arrivò all’approvazione e alla trasformazione in legge, nel linguaggio giornalistico si è continuato a usare la parola lodo invece di legge, come sarebbe più giusto (e facile da capire).
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