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mercoledì 11 novembre 2009

Urina e pelo alla patria

Caso Cucchi. La droga di Giovanardi.
Rassegna stampa - il manifesto, Franco Corleone, 11 novembre 2009.

Il piccolo zar antidroga con una dichiarazione insultante contro Stefano Cucchi ha superato ogni limite di decenza. In poche righe Carlo Giovanardi è riuscito a condensare il suo livore verso le persone di cui dovrebbe, per il suo incarico, occuparsi e preoccuparsi. «Era in carcere perché era uno spacciatore abituale. Poveretto, è morto soprattutto perché pesava 42 chili». Il sottosegretario trascura il dettaglio, di cui si sta occupando la magistratura, della causa e delle responsabilità delle gravi lesioni sul suo corpo e della violazione del suo diritto di difesa. Giovanardi ha spesso attaccato i giudici in nome del garantismo, ma solo per difendere i suoi amici; quando si tratta di un soggetto fragile, "tossicodipendente", le garanzie non valgono più e lo si può calpestare e violentare perché si tratta di un cittadino di serie B. Per l'ex ministro non è importante scoprire le ragioni della morte di un giovane inerme, prigioniero dello Stato a causa di leggi criminogene. No, quello che gli interessa è incolpare la droga (quale?) che riduce le persone come larve, che «diventano zombie».
Chi conosce bene Giovanardi non si stupisce delle sue affermazioni, che sono proprie del suo stile di finta bonomia e di peloso buonsenso; il nostro rimarrà addirittura sbigottito delle tante reazioni che arrivano giustamente a chiedere le sue dimissioni, perché penserà di aver detto pane al pane e vino al vino. D'altronde il suo approccio scientifico è dimostrato dal rifiuto della distinzione fra droghe leggere e pesanti, che per il sottosegretario non esiste perché "tutto fa brodo" quando si tratta di stordire il proprio cervello con sollecitazioni chimiche psicoattive (citazione testuale tratta dalla presentazione dell'ultima relazione al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia).
Forse una ragione in questa uscita così rozza esiste. Giovanardi teme che finalmente qualcuno chieda conto di cosa ha prodotto la legge che porta il suo nome: il numero sempre più alto di tossicodipendenti in carcere, ben 30.528 (dal 27% del 2007 al 33% del 2008). Se a questi si aggiungono altri 26.931 incarcerati per spaccio si capisce bene la criminalizzazione di massa che la legge produce. Ma queste sono inezie per chi ha assunto il ruolo di salvatore dei giovani dal male assoluto, dal vizio e dalla malattia che la droga rappresenta. Non importa se il costo di salvare le anime è lo schiacciamento dei corpi. Purtroppo l'elenco delle vittime diventa sempre più lungo e troppo spesso la persecuzione è dovuta al consumo dell'innocente marijuana. La campagna moralistica e ideologica si è arricchita in questi giorni del test antidroga ai parlamentari. La crisi forse irrimediabile della politica si è mostrata plasticamente nella coda dei rappresentanti del popolo così terrorizzati e ricattati da offrire la propria urina e il proprio pelo sull'altare della demagogia.
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