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mercoledì 11 novembre 2009

Le scuse alla famiglia

Carlo Giovanardi. «È morto perché drogato». Bufera sul padre della legge.
Rassegna stampa - il manifesto, E. Ma., 10 novembre 2009.

Stefano Cucchi è morto perché era un «drogato, anoressico e sieropositivo», uno delle «migliaia di persone» che a causa della droga «diventano larve, zombie». Non solo: uno così non ha una volontà «chiara». Anzi, un caso come questo dimostra che i medici non devono sempre «prendere per oro colato le presunte volontà» del paziente. Per i familiari del ragazzo morto in carcere, e non solo, le parole pronunciate ieri da Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega alle tossicodipendenze, sono come un pugno in faccia. «Sono dichiarazioni a titolo gratuito che si commentano da sé», ribatte la famiglia Cucchi: «Che Stefano avesse problemi di droga, noi non l'abbiamo mai negato, ma questo non giustifica il modo in cui è morto. Siamo sempre in attesa di giustizia». In parlamento e sui media scoppia la polemica, ma non c'è nulla di nuovo: è il Giovanardi di sempre, proibizionista convinto, quello della «droga che provoca buchi nel cervello», quello del «nuovo diritto alla libertà dalla droga» coniato a marzo scorso nell'ultima conferenza governativa di Trieste. Da sempre, il coestensore della vigente legge sulle droghe, la 49/2006, che equipara tutte le sostanze stupefacenti e di fatto il consumo allo spaccio, fomenta la demonizzazione dei «drogati» e tifa per la «cristoterapia» come cura alla tossicodipendenza.
Solo che questa volta Giovanardi va decisamente oltre il seminato quando dai microfoni di 24 Mattino, su Radio 24, dice: «Stefano Cucchi era in carcere perché era uno spacciatore abituale. Poveretto, è morto - e la verità verrà fuori - soprattutto perché pesava 42 chili. La droga ha devastato la sua vita, era anoressico, tossicodipendente, sieropositivo, poi il fatto che in cinque giorni sia peggiorato... certo bisogna vedere come i medici l'hanno curato. Ma sono migliaia le persone che si riducono in situazioni drammatiche per la droga, diventano larve, diventano zombie: è la droga che li riduce così». Troppo per chiunque. Tanto che né dal Pdl né dall'ex partito del sottosegretario, l'Udc, si levano voci in suo sostegno. «No comment» anche dall'altro autore della Fini-Giovanardi: il presidente della Camera infatti preferisce non aggiungere altro all'auspicio «che non cali il silenzio e si faccia al più presto piena luce sulla vicenda» espresso giovedì 29 ottobre ricevendo la famiglia Cucchi. Certo, nessuno si aspettava che Giovanardi cambiasse idea, magari partendo dai dati snocciolati da molte associazioni proprio durante la conferenza di Trieste che parlano di un aumento del numero di tossicodipendenti in carcere (+8,4% nel 2008 rispetto a prima dell'indulto). Ma forse nemmeno si poteva immaginare il tenore della replica ufficiale del sottosegretario, dopo le proteste sollevatesi da più parti alle sue esternazioni mattutine. «Sono stato il primo ad esprimere solidarietà alla famiglia del giovane Stefano Cucchi per quello che di certo c'è nella sua tragica fine: e cioè che nei giorni della degenza ospedaliera si è permesso che arrivasse alla morte nelle terribili condizioni che le foto testimoniano», è la nota ufficiale con la quale Carlo Giovanardi conferma «il ruolo determinante svolto dalla droga», «perché è stata la causa della fragilità di Stefano, anoressico, tossicodipendente e soggetto a crisi di epilessia, secondo le sue dichiarazioni». Ma, conclude Giovanardi tornando su un argomento sempre più caro e strumentalizzato da una parte del suo schieramento politico, «proprio le sue patologie non dovevano e non potevano indurre i medici a prendere per oro colato le sue presunte volontà. Qui sta il nodo: secondo me hanno perfettamente ragione i familiari che pretendevano di essere coinvolti, ma anche i medici sono oggi in difficoltà davanti a chi sostiene che la volontà del paziente deve sempre essere rispettata. Ma la volontà di Stefano, in quelle condizioni, era davvero così chiara?».



Caso Cucchi: Giovanardi, chiedo scusa alla famiglia.
Passo indietro del sottosegretario in merito alla morte del ragazzo. “Si tratta di un fatto gravissimo, intollerabile che per 5 giorni Stefano non sia stato curato. È entrato in ospedale che pesava 43 chili e ne è uscito che ne pesava 36".
Dalle Agenzie - Sky Tg24, 11 novembre 2009.

"Quando ci sono dei fraintendimenti, soprattutto se offendono la sensibilità di una famiglia, è giusto chiedere scusa": così il sottosegretario Carlo Giovanardi, intervistato da Barbara Palombelli nel corso della trasmissione "28 minuti" su RadioDue", a proposito della morte di Stefano Cucchi, ha risposto alla domanda se volesse chiedere scusa alla famiglia. Giovanardi ha però subito aggiunto che "ci tengo a ribadire che è un fatto gravissimo, intollerabile, che per cinque giorni Stefano non sia stato curato, è entrato in ospedale che pesava 43 chili ed è uscito che ne pesava 36 chili, non è stato nutrito. E la famiglia - ha continuato il titolare delle politiche antidroga - ha ragione a chiedere il motivo per cui non è stata coinvolta. Perchè non sono stati chiamati gli psicologi, perchè i medici non lo hanno curato? Una persona così debole e fragile non è stata aiutata. Questa è la cosa più grave". "Il resto, percosse o altro - ha concluso - ribadisco che, come Dipartimento e come Presidenza del Consiglio siamo disposti a costituirci parte civile nel processo se dovessero emergere responsabilità di qualche pubblico ufficiale nel corso della vicenda". Le parole di scusa del sottosegretario arrivano dopo giorni di pesanti polemiche provocate proprio dalle parole di Giovanardi, che avevano suscitato l'ira della famiglia e l'indignazione di molti esponenti del mondo della politica e delle istituzioni.
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