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domenica 20 settembre 2009

Nessun timore che fugga l'attimo per protestare

Gad Lerner: «Siamo in emergenza... ma qualcosa scricchiola».
La manifestazione per la libertà di informazione è stata rinviata al 3 ottobre.

Rassegna stampa - Liberazione, Antonella Marrone, 19 settembre 2009.

La manifestazione per la libertà di informazione è stata rinviata al 3 ottobre. Va bene? O forse si poteva cogliere l'occasione per avvicinare temi non così lontani, la libertà, l'informazione e la pace?
Credo che il rinvio sia stato un gesto di responsabilità. Saremmo scesi su un terreno di contrapposizione, saremmo stati accusati di aver ignorato il lutto nazionale. Non avrei timore che fugga l'attimo per manifestare. Stiamo vivendo un momento molto fluido, in cui con una rapidità superiore a quello che si poteva immaginare, il piedistallo sul quale si è autoinnalzato Berlusconi scricchiola. Non è mantenere o rinviare la manifestazione che cambia la sostanza di questa fase.
Elementi di questo scricchiolio?
Secondo me il deterioramento dell'egemonia personale rende Berlusconi molto litigioso e, da uomo che ha il senso del marketing e della comunicazione, avverte la presa di questa fase sull'opinione pubblica e cerca di militarizzare, vedi la vicenda Rai. E commette anche degli errori, come quello di Porta a Porta dell'altra sera. Errori dettati dall'ansia di riconfermare il suo carisma, di riconfermare il fatto di essere invidiabile. Decisivo, secondo me è come si è incrinato il suo rapporto con le donne: da grande seduttore, all'uomo grottesco, ridicolo, patetico...
Non credi che libertà di informazione e guerra, ossia l'omologazione informativa che spesso a proposito delle guerre...
Il lutto non impedisce mai di riflettere su scelte difficilissime di politica estera. Penso al pacifismo israeliano che conosco bene. Onorare i caduti e il comportamento leale dei soldati ed essere vicini al dolore delle famiglie non è in contraddizione con l'esprimere un giudizio critico. Per questo non credo che annullare la manifestazione voglia dire proibire di fare una riflessione sull'Afghanistan.
Su alcuni temi, però c'è una sorta di autolimitazione della libertà di informazione, e la guerra è uno di questi...
Ho capito dove mi stai portando, ma non sono d'accordo. Nel senso che se ragioniamo sulla situazione in Afghanistan, probabilmente io e te la pensiamo in maniera diversa, nel senso che io vivo il senso drammatico di una scelta che non può essere vincente, ma che secondo me non si può non fare... Non sarei per il ritiro immediato. Detto ciò rispetto molto le posizioni più critiche. Noi siamo lì per difendere un equilibrio geopolitico e non per difendere la democrazia, visto che i politici afgani ai quali ci appoggiamo, dal punto di vista democratico, sono piuttosto simili ai talebani contro cui combattono, quindi... Quello che mi spaventa è che anche a sinistra (come a destra) si faccia il ragionamento di finto "buon senso", molto insidioso perché molto efficace: «ma perché vi occupate di quelle sciocchezze, di gossip, donnine, quando invece c'è la disoccupazione, l'economia sta male, c'è la guerra...», come se la stampa italiana - che per altro è piuttosto tremebonda con poche eccezioni - si occupasse di frivolezze, mentre le questioni importanti sono nascoste. Questo mi sembra un falso. Perché ci sono questioni sostanziali - la dignità della politica, il rapporto uomo donna, il rapporto fra interesse privato e pubblico - che sono fondamentali nella democrazia ed è fondamentale il ruolo dell'informazione e della libertà di stampa.
La lottizzazione non è, per quanto riguarda la televisione pubblica, uno dei freni maggiori alla libertà di informazione? Basti pensare al Tg1...
Io sono da sempre favorevole alla privatizzazione della Rai, almeno di una componente principale, come Raiuno, perché escludo - per come è fatta la nostra storia - che possa esserci in Italia un servizio pubblico sottratto alla lottizzazione. Per la storia italiana questa tv è di proprietà del Parlamento quindi dei partiti che su questa smania proprietaria trovano unanimità trasversale.
Una storia che ti ha toccato direttamente visto come ti sei dimesso da direttore del Tg1...
Il fatto di aver abolito il pastone politico, in cui si davano 10 o 12 secondi di dichiarazione a ogni singolo partito, ogni sera, mi ha portato ad avere l'ostilità compatta di tutti. Quelli erano convinti, secondo me a torto, che 10, 12 secondi a sera erano decisivi per la loro esistenza, e che invece la mia controproposta, quella di fare un servizio ampio quando c'era un'iniziativa importante da presentare, dicevano che era un tranello per fotterli...
In questo senso le ragioni dei radicali - che non hanno aderito alla manifestazione - hanno un qualche motivo di essere?
Bisogna sempre saper individuare i fatti nuovi per cui ci si muove. È uno scandalo il modo in cui si va alla Rai, siamo oltre la lottizzazione. Stiamo andando verso uno uso propagandistico sfacciato di quello che nel passato erano le aree di informazione. Quando ero direttore del Tg1 i casini del centrosinistra li raccontavo eccome, perché erano notizie. Oggi il Tg1 non rispetta le norme più elementari della gerarchia delle notizie.... Ma la manifestazione non risponde ad esigenze di riforma strutturale del sistema televisivo e della carta stampata. Unisce persone che su questi progetti possono essere divise. Credo che sull'emergenza militarizzazione dell'informazione che riguarda la presa della Rai a cui viene tolta ogni dignità giornalista, le minacce a cinque giornaliste donne dell'Unità e l'attacco a Repubblica, su questo, anche pensandola diversamente sul ruolo della Rai, possiamo stare insieme. Per me potevano esserci eccome i radicali.
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