Rassegna stampa - Avvenire, Marina Corradi, 12 novembre 2009.
«Neppure un giorno a casa», promette sorridendo il ministro Mariastella Gelmini, annunciando la sua prossima maternità. È la tendenza fra le nuove madri professioniste o dirigenti, superimpegnate in un lavoro che le appassiona, e in grado di pagare le migliori tate: «Neppure un giorno a casa». Libere di fare come preferiscono. Tuttavia, però, vorremmo solo dire a queste donne, in amicizia, una cosa: vi perdete, in quest’ansia di tornare a 'produrre', qualcosa di molto grande. Vi perdete le vostre ore più belle. È un privilegio ormai, in questi tempi di precariato, potersi concedere di fermarsi per un figlio. È quasi un lusso. Ma a mia figlia, quando sarà grande, direi: prenditi tutto il tempo che puoi, consuma questi giorni in pace. Guardati, abbracciati il tuo bambino. Queste ore non torneranno.
Prenditi il tempo di stringertelo addosso: guarda come istintivamente ti si rannicchia fra le braccia, cercando ancora l’eco del battito del tuo cuore. Guardalo, e lasciati riempire di stupore: nove mesi fa non c’era, e ora è un uomo. Non è sbalorditivo? Germinato da un seme invisibile. Perfetto, e sì che tu di lui non avresti saputo fare neanche un capello. Trattieni il fiato: quel tuo figlio fra le braccia, è un mistero. Annusalo: sa di latte, di cucciolo. Ma già fra pochi giorni il suo sguardo si illuminerà incontrando i tuoi occhi. Non lasciarti rubare quello sguardo da nessuno. Niente vale quel suo primo riconoscerti, quel tacito dirti: eri tu, quel buio morbido che mi abbracciava.
Guardalo. Guardagli le mani, così incredibilmente piccole; e senti come afferra e stringe forte il tuo dito, come ci si avvinghia. Impara come lo calma la tua voce, e come la ninna nanna che ti cantava tua madre, trent’anni dopo, naturalmente ti torna alla memoria.
Guardalo ancora. A chi somiglia? Ritrovargli negli occhi lo stesso cipiglio di tuo padre, o nei capelli il rosso fulvo di un nonno che neanche hai conosciuto. I geni che arcanamente si declinano, memori, nel tuo bambino. E lui, lui che – è straordinario – è te, e insieme l’uomo che ami.
Piange. Ha fame a tutte le ore. Ti avranno detto: un figlio, che fatica. Ti avranno detto delle notti in bianco. Vero, ma non si parla mai del resto: di cos’è, di quanto è grande stringersi addosso questo piccolo straniero. Se la fa addosso, urla, ha bisogno di tutto. Ma te ne innamorerai pazzamente. Non perdere i primi giorni di un grande amore.
Succhia, avido, e poi crolla addormentato. Tientelo stretto ancora un momento. Fermati a scoprire con meraviglia che ogni uomo al mondo è stato, un giorno, come tuo figlio stanotte: un bambino inerme fra le braccia di una donna. Ognuno, pensa: tutti i guerrieri e tutti i soldati, e gli assassini e gli eroi, tutti i morti di tutte le guerre del mondo sono stati, un giorno, uguali a tuo figlio stanotte: come lui innocenti, come lui abbandonati. Se lo capisci, non guardi più agli altri come prima. Sei quasi sottilmente cambiata. È un’altra donna, quella che incroci allo specchio con quel neonato fra le braccia. Come avendo per un istante sperimentato cos’è, la misericordia; che vuol dire, in ebraico, 'amare con viscere materne'.
Gusta gli attimi, non avere fretta, contempla ciò che ti è accaduto. Hai avuto un dono. Esserne felice è già il principio di una gratitudine. (E chi è grato, è lieto). Questo dirò a mia figlia, quando sarà grande. Le dirò che il lavoro è una cosa bellissima, è una cosa importante. Ma non lo è tanto da rinunciare ai primi mesi con tuo figlio. Sono tuoi, ti appartengono. Sono un privilegio – sì, privilegio, anche se oggi non si usa dirlo – delle donne: la straordinaria gioia di mettere al mondo, dalla propria carne, noi capaci di nulla, un uomo.
Signora ministro, auguri. Se lo goda almeno un po’, il suo bambino. Tutto, di fronte a lui, può attendere. Non si perda l’inizio di un grande amore.
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