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mercoledì 2 settembre 2009

Sotto il feltrino niente

La vicenda Feltri.
Le carte confermano: caso montato ad arte.
Rassegna stampa - Avvenire.it di oggi, Danilo Paolini.

Non può esserci stato patteggiamento da parte di Dino Boffo, perché non c’è stato alcun processo a suo carico. Non c’è riferimento a relazioni di tipo sessuale, se non (incidentalmente) a quelle della querelante con il suo compagno. Non ci sono intercettazioni telefoniche. Non c’è una sentenza di condanna, ma soltanto un decreto penale che dispone il pagamento di un’ammenda. Per farla breve, si è trattato di una diatriba giudiziaria minima, come ce ne sono a milioni nei tribunali di tutta Italia. Una storia vecchia di anni che non riveste alcun «pubblico interesse», ha stabilito ieri il giudice per le indagini preliminari di Terni Pierluigi Panariello, autorizzando perciò soltanto la copia del decreto penale di cui sopra, con l’omissione delle generalità della controparte e del suo avvocato. Il magistrato ha quindi respinto le richieste di «accesso indiscriminato» all’intero fascicolo da parte di numerose testate giornalistiche, «potendo la divulgazione di tali atti recare pregiudizio al diritto alla riservatezza delle parti private coinvolte nel procedimento». Insomma, la verità dei fatti che emerge dalle carte del tribunale di Terni è assai diversa dalle ricostruzioni basate su una lettera anonima. Mettiamole a confronto.
Nella furia da scoop (e da "spedizione punitiva") è stato scritto che il direttore di Avvenire aveva patteggiato una condanna per molestie. Non è vero: Boffo ha soltanto rinunciato a presentare opposizione al provvedimento entro il termine di 15 giorni stabilito dalla legge. Un modo per chiudere rapidamente una vicenda certamente spiacevole, ma in nessun modo un’ammissione di colpevolezza. Lo stesso gip Pierluigi Panariello, infatti, ha confermato che «il diretto interessato ha sempre contestato qualsiasi addebito nei suoi confronti», dichiarando da subito che le telefonate giudicate moleste dalla querelante non erano state fatte da lui «ma da un’altra persona».
È stato detto, inoltre, di tentativi di tacitare la controparte, ma tali erano l’interesse e il coinvolgimento di Boffo in questa vicenda che non nominò nemmeno un difensore di fiducia. Carta canta, se è ufficiale e con tanto di intestazione del tribunale: a rappresentarlo fu un avvocato del foro di Terni, nominato d’ufficio dal gip Augusto Fornaci. Si era al 9 agosto del 2004 (i fatti oggetto di valutazione risalgono al periodo agosto 2001-gennaio 2002), ma il direttore di Avvenire non aveva percepito la peculiarità del provvedimento accomunandolo alla serie di cause di routine che ogni giornale si trova ad affrontare, tanto che ha provveduto solo in seguito a nominare un proprio legale. È l’ennesima dimostrazione della reale portata dei fatti.
All’avvocato di fiducia di Boffo, ovviamente, il giudice per le indagini preliminari ha accordato l’accesso a tutto il fascicolo, in quanto rappresentante di un soggetto «titolare di un interesse qualificabile indubbiamente come diritto alla conoscenza degli atti». Il procuratore Fausto Cardella, nel parere espresso al gip, ha sostenuto invece che la visione in toto delle carte andava concessa anche ai giornalisti, malgrado già in passato altre identiche istanze fossero state respinte, sempre a tutela della riservatezza delle parti. Anche Cardella, in ogni caso, ha convenuto sull’opportunità di «eliminare dagli atti ogni riferimento identificativo alla persona offesa e al suo difensore». Veniamo, infine, al "pezzo forte" della campagna messa in atto contro Boffo: la cosiddetta (da il Giornale) "informativa" sulle sue presunte frequentazioni e abitudini sessuali. Come aveva già precisato lunedì il gip di Terni (e prima di lui, per quanto riguarda gli archivi di sua competenza, il ministro dell’Interno Roberto Maroni) non ve ne è traccia.
Ieri, in seguito al rigetto delle istanze di accesso completo al fascicolo, il giudice Panariello ha di nuovo specificato, a scanso d’equivoci, che, anche qualora l’autorizzazione fosse stata concessa, non sarebbe saltata fuori nessuna nota di quel genere. Il "caso", quindi, è stato montato su una velina fabbricata ad arte di cui (per il momento) non si conosce l’autore.


Inoltre:
Dal Papa «stima e gratitudine» per la Cei e per il suo Presidente.

Cei: comunicato dell'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali.
L'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana rende noto che nel pomeriggio di martedì 1° settembre è intervenuta una telefonata tra il Santo Padre Benedetto XVI e il Presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova.
Il Santo Padre ha chiesto notizie e valutazioni sulla situazione attuale e ha espresso stima, gratitudine e apprezzamento per l’impegno della Conferenza episcopale italiana e del suo Presidente.

Santa Sede: dichiarazione del direttore della Sala stampa vaticana.
Confermo che il cardinale segretario di Stato ha parlato con il dottor Boffo manifestandogli la sua vicinanza e solidarietà. È chiaro che vi è accordo tra la Santa Sede e la Chiesa in Italia, nel rispetto delle rispettive competenze, ed essendovi frequente contatto e profonda conoscenza e stima fra il cardinale segretario di Stato e il presidente della Conferenza episcopale. Pertanto i tentativi di contrapporre la Segreteria di Stato e la Conferenza episcopale non hanno consistenza. Non vi è motivo di stupirsi peraltro se vi sono differenze di approccio fra i media vaticani e quelli del mondo cattolico italiano quanto ai temi e ai dibattiti in corso nella società e nella politica italiana, date le differenti finalità e attenzioni prioritarie di tali media, ed è ovvio che i media vaticani facciano riferimento alle posizioni degli episcopati dei diversi Paesi.
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