Rassegna stampa - Il Cittadino di oggi.
La “telenovela” Innse non è ancora arrivata ai titoli di coda. È quanto emerge dopo la presa di posizione delle due aziende che negli scorsi mesi avevano acquistato sette macchinari da Silvano Genta, l’ex proprietario della ditta metalmeccanica di Milano nella quale lavorano anche alcuni lodigiani. Tra questi Massimo Merlo, che lo scorso agosto si è barricato con altri tre colleghi e un sindacalista Cgil per oltre una settimana in cima al carroponte dell’azienda milanese di via Rubattino, per evitare che i macchinari venissero smantellati. La protesta dei lavoratori, in mobilità e in presidio permanente per circa un anno fuori dallo stabilimento, ha portato proprio in agosto all’intervento della prefettura di Milano, che ha gestito passo dopo passo la vendita dell’azienda.
Silvano Genta ha ceduto l’attività all’imprenditore bresciano Attilio Camozzi, ma secondo indiscrezioni emerse nelle ultime ore, tra le pieghe dell’accordo per salvare l’azienda di via Rubattino figurava anche l’assenso delle ditte che nel frattempo avevano acquistato proprio dalla Innse parte dei macchinari. Le aziende sono la Nuova Lombarmet di Arluno (provincia di Milano) e la Mpc di Santorso, in provincia di Vicenza. Secondo gli accordi raggiunti in prefettura durante le “calde” giornate d’agosto - con gli operai abbarbicati sul carro ponte - le due aziende che all’inizio dell’anno avevano acquistato sette macchinari dalla Innse avrebbero dovuto rinunciare a qualsiasi diritto o rivendicazione sui macchinari stessi. Una condizione che, fino a ieri, non si sarebbe però verificata, perché sia i rappresentanti della Nuova Lombarmet sia quelli della Mpc hanno “alzato la voce”, sottolineando che i macchinari li hanno acquistati e regolarmente pagati.
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