Rassegna stampa - Avvenire, Giovanni Grasso, 20 novembre 2009.
Le forbici di Roberto Calderoli si abbattono senza pietà nella jungla degli enti pubblici italiani, sfoltendo, tagliando rami secchi e addirittura disboscando. Con un risparmio per le casse dello Stato che si annuncia considerevole.
Ieri il consiglio dei ministri ha licenziato un disegno di legge, dal titolo 'Carta delle autonomie', firmato dai ministri della semplificazione Calderoli, da quello dell’Interno Maroni e delle Regioni Fitto. Se approvato dal Parlamento, il testo, specificando notevolmente le funzioni fondamentali di province e Comuni, operarà cruenti tagli su enti superflui, doppioni e relative poltrone (che Calderoli ha addirittura stimato in 50 mila), compresa una riduzione del numero dei consiglieri comunali e provinciali tra il 18 e il 24 per cento. Qualche esempio? Il vulcanico ministro leghista non si fa pregare. Con la riduzione del solo numero di consiglieri comunali, che passeranno da 120.490 a 91.145 « si risparmieranno 150 milioni » .
Senza contare che la ghigliottina dovrebbe tagliare notevolmente anche il numero dei consiglieri provinciali (da 3.246 a 2.650) e drasticamente quello degli assessori (meno 16.500). Il metodo scelto è semplice: a Roma e Milano attualmente ci sono 60 consiglieri comunali? Si riducono a 45. A Torino, Napoli, Genova e Palermo 50? La nuova normativa li porterà a 40. E così via fino ai Comuni più piccoli.
Ma c’è di più: il ministro della Semplificazione avrebbe scovato 34 mila enti inutili o le cui funzioni possono essere trasferite senza grossi problemi agli enti locali: «Il principio base è stabilire chi fa che cosa, la grande questione irrisolta del nostro Paese. Ci sono troppi soggetti che fanno la stessa cosa. Quando furono trasferite le funzioni al territorio non si sono smontate le strutture a livello centrale, e la stessa cosa avviene a cascata per gli altri livelli». Nel mirino di Calderoli ci sono le Comunità montane, destinatarie di fondi notevoli: «Oggi – spiega il ministro – sono 367: un numero spaventoso, considerando anche che più del 50 per cento dei Comuni italiani si trovano all’interno di Comunità montane, il che non ha senso» . E allora? «Le Comunità montane – risponde Calderoli – cesseranno di esistere a livello dell’ordinamento statale e passeranno sotto le Regioni. Le Regioni se vorranno farle esistere dovranno fare una loro legge, rispondere rispetto ai loro elettori e pagarsele» . Di converso, il disegno di legge prevederà sostegni per i Comuni più piccoli. Ma riuscirà il provvedimento a essere approvato, superando resistenze corporative che già si annunciano cospicue? Un comunicato di Palazzo Chigi spiega che la strada è spianata: «In considerazione della peculiarità e dell’importanza che il governo annette alla materia – recita – il disegno di legge, costituisce provvedimento collegato alla manovra finanziaria; in questa veste, consultate le Regioni e le autonomi locali, verrà presentato al Parlamento e usufruirà dei percorsi preferenziali di approvazione previsti dai regolamenti parlamentari». Ma la guerra, che si annuncia difficile, è appena iniziata.
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