Rassegna stampa - Avvenire, A. Pic., 21 novembre 2009.
«La bocciatura di Massimo D’Alema a responsabile della politica estera europea? Se è questa la considerazione che il Pse ha del Partito democratico e di un suo illustre esponente, che c’entriamo noi con quell’esperienza politica? Forse siamo considerati gregari perché non ortodossi a sufficienza?». Giorgio Merlo riapre, nel Pd, il dibattito sulla collocazione europea. «Il Pse può essere un valido alleato – sostiene – ma certo non sarà mai un contenitore in cui confluire».
«Sono dispiaciuto», afferma il segretario del Psi Riccardo Nencini. «È un peccato – aggiunge – che sia stata fatta una scelta di basso profilo. D’Alema per le sue qualità e capacità, avrebbe avuto l’autorevolezza necessaria per interpretare al meglio quel ruolo». «Ha prevalso la vecchia concezione dell’Europa intergovernativa. Così hanno perso tutti gli europeisti convinti», interviene Rosy Bindi. Per la vicepresidente della Camera «D’Alema avrebbe dato forza e autorevolezza alle istituzioni e alla voce dell’Europa sulla scena mondiale». E parla a sua volta di «scelta di basso profilo» e di «Unione prigioniera dei rapporti di forza tra gli Stati». «Tra una figura di riconosciuto livello istituzionale, autorevole ed esperta ed una di scarsa statura e di competenze tutte da dimostrare l’Europa ha scelto di non contare», sostiene il vicepresidente vicario del Parlamento europeo, Gianni Pittella, del Pd. E il deputato Enrico Farinone si dice «irritato » con laburisti inglesi, socialisti spagnoli e socialdemocratici tedeschi.
Di diverso avviso Gianfranco Fini, che parla di «pedaggio inevitabile pagato per questa fase di avvio. Non sono tra coloro che dicono che si è trattato di un giorno nefasto o che è stata persa l’occasione – spiega ancora il presidente della Camera –. Non sta a me dire se erano possibili scelte di diverso profilo. La scelta è dipesa anche dalla necessità di comparare varie esigenze, dagli stati nazionali alle famiglie politiche».
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