Baldassarre "Osservazioni poco pertinenti".
Rassegna stampa - La Stampa, 17 settembre 2009.
«Non mi sembra proprio che quella sollevata dall'Avvocatura dello Stato sia una questione pertinente. Altre sono le questioni all'esame dei giudici». Nel merito, se il Lodo Alfano sia costituzionale o incostituzionale non intende parlare.
Ovvio. Un presidente emerito della Consulta come il professor Antonio Baldassarre, che ha guidato la Corte Costituzionale nel 1995, il più giovane presidente nella storia d'Italia, giurista di area del centrodestra, «pour cause» non vuole e non può intervenire in un dibattito che riguarda esclusivamente gli attuali inquilini della Consulta. Ma additare il circuito mediatico-giudiziario come «l'anomalia italiana» che addirittura sarebbe motivo da impedire a un presidente del Consiglio di svolgere le sue funzioni in serenità, beh, al professor Baldassarre, che peraltro si intende della materia essendo stato presidente della Rai nel 2002 su indicazione proprio del passato governo Berlusconi, sembra davvero troppo.
Professor Baldassarre, avrà sentito delle motivazioni che l'Avvocatura dello Stato avanza per difendere il lodo Alfano. All'apice delle loro preoccupazioni c'è l'intreccio tra magistrati e giornalisti. Concorda?
«Guardi, non prenderei troppo sul serio queste motivazioni. Da quel che sento, si dipinge un perverso circuito, il cosiddetto circuito mediatico-giudiziario... Ma se la situazione che si dipinge fosse vera, e non entro nel merito, allora dico che questa situazione vale per tutti gli italiani, per ogni cittadino, mica solo per chi ha rilevanti cariche pubbliche».
E allora?
«Allora, di conseguenza, tutti i cittadini avrebbero diritto a un Lodo Alfano. Ma le pare possibile?».
Significherebbe sospendere tutti i processi per tutti gli italiani per colpa dei giornalisti cattivi.
«Il problema che è all'esame della Corte in verità è un altro. Il punto è se vi sia una disparità di trattamento tra le varie cariche dello Stato. Oppure se vi sia disparità tra i cittadini qualsiasi e le cariche dello Stato».
E lei, scusi, che pensa al riguardo?
Ma...
«Ma dire che tutto il problema sia di trovarsi alla mercé di questo malefico circuito, beh...».
È chiaro: non la convince.
«Avrei dei dubbi di fronte a una difesa del genere. Le ripeto: se il problema si sposta sul piano del trattamento sui media, e se la situazione italiana è quella catastrofica così dipinta, allora sarebbe un problema generale che riguarda tutti i cittadini. Anzi, riguarderebbe più i cittadini comuni che un presidente del Consiglio, chiunque esso sia, perché la violazione al diritto della propria privacy, nel nostro ordinamento, è mitigata nel caso di una persona che rivesta un incarico pubblico».
Chi è al governo ha qualche diritto di privacy in meno, è così? I cittadini hanno diritto di sapere come sta governando chi è stato eletto?
«Sì, su una cosiddetta figura pubblica si possono dire molte cose di più perché i cittadini devono sapere. Invece il cittadino comune ha una tutela più ampia della propria privacy in quanto il danno, in certi casi, è davvero irreparabile».
Anche perché, professore, un presidente del Consiglio, sempre parlando in astratto e prescindendo dalla persona che è attualmente a Palazzo Chigi, ha molti strumenti per difendere la propria immagine sui media. O no?
«Diciamo pure così. In ogni caso saranno i giudici a decidere».
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