Rai, non solo Annozero: anche "Parla con me" sott'attacco.Rassegna stampa - l'Unità.it, Roberto Brunelli, 29settenbre 2009.Questa volta il delittaccio di lesa maestà si svolge nei bagni di Palazzo Grazioli (sia pur ricostruiti in studio). E così, com'era da aspettarsi, anche Serena Dandini e Parla con me sono entrati nel mirino censorio del governo di Re Silvio. Evidentemente, il programma di Michele Santoro non basta come spauracchio: ieri il viceministro allo sviluppo economico con delega alle comunicazioni, Paolo Romani, ha esternato che la “fiction in pillole” che da stasera animerà la trasmissione di Rai3, dove due attrici vestono le panni di escort che rimangono chiuse in principeschi bagni tutti oro e stucchi “non è servizio pubblico”, allungando così la lista di quello che dovrebbe o non dovrebbe far parte dello spirito della tv di Stato: sì a reality show, a tg da monopensiero di stampo nordcoreano, a miss Italie, a pontefici e padri pii, ma niente di niente che sia sgradita alla corte di Re Silvio.“Mi risulta che stasera Serena Dandini mandi in onda una recita di tre minuti con ragazze non meglio identificate nei bagni, ricostruiti in studio, di Palazzo Grazioli. Mi chiedo cosa c'entri questo con il servizio pubblico”. L'avvertimento è chiaro: anche la satira è sotto osservazione, e non sono esclusi provvedimenti.
In realtà, il riferimento a Palazzo Grazioli, residenza del premier, non è mai esplicitato nello sketch di Parla con me, intitolato “Lost in wc”, così come si parla delle musiche di un certo menestrello “Apicale”. Che la cosa susciti scandalo presso la corte governativa in effetti non stupisce più di tanto: siamo in un paese in cui per mesi il Tg1 ha omesso anche solo di citare la vicenda delle escort e delle feste a Palazzo Grazioli, se non con oscure allusioni incomprensibili ai più. D'altronde, che non fosse un buon clima l'ha denunciato ieri in conferenza stampa la stessa Serena Dandini: “Finora non abbiamo subito censure, anche grazie a Rai3 e al suo direttore Paolo Ruffini. Però non si respira un buon clima: come dice Saviano, per censurare un programma non è necessario vietare la sua messa in onda. Basta impedirgli di lavorare in serenità, come ora si sta facendo con Santoro e Fazio, che – pur essendo la storia della Rai – devono sentirsi “tollerati” in azienda. Ebbene sì, ci sentiamo un po' intimiditi”. Ora l'uscita di Romani, che questa settimana sarà convocato in Vigilanza dopo aver annunciato l'intenzione dell'esecutivo di aprire un procedimento contro Annozero. No, non tira una buona aria, cara Serena.
Santoro & compagni costano 500mila euro alla settimana. Per una puntata di "Annozero" spendiamo 210mila euro, 175mila per "Che tempo che fa" e 105mila per Ballarò. A Fazio garantiti due milioni all'anno.
Rassegna stampa - Libero, Andrea Valle, 29 settembre 2009.
D'accordo la pluralità e l'intrattenimento. Ma un limite, da qualche parte, andrà pur messo. E invece no. Tra produzioni esterne e programmi fatti in casa ogni settimana dalle tasche della Rai escono una valanga di quattrini. Centinaia di milioni di euro sborsati per ottenere risultati (spesso) discutibili. Per rincarare la dose di chi ha già le tasche piene basta ricordare che oltre 1 miliardo e mezzo di euro arriva ogni anno a viale Mazzini grazie al canone pagato dai cittadini. Ma andiamo con ordine. E cominciamo col blocco di Santoro e compagni con i loro approfondimenti politici e d'attualità.
Messi insieme i tre fedelissimi del centrosinistra Annozero, Ballarò e Che Tempo Che Fa - nonostante i formali distinguo - ci costano quasi mezzo milione di euro a settimana. Ecco i numeri dei tre irriducibili: una puntata della trasmissione di Michele Santoro "vale" 210mila euro, seguito da Fabio Fazio a quota 175mila. Ultimo, si fa per dire, in questa speciale classifica è Giovanni Floris a 105mila euro. Un gruppetto in cui ci starebbe bene pure Report di Milena Gabanelli (130mila euro). Di tutto rispetto pure il contratto di Serena Dandini: per le 118 puntate di Parla con me si è beccata 710mila euro: roba che nemmeno 40 operai messi insieme. Ampiamente sotto queste cifre, invece, tanto per fare un termine di paragone, Bruno Vespa con Porta a porta (85mila euro).
In tutto Annozero pesa sul bilancio di viale Mazzini per 3,2 milioni di euro: 700mila vanno al "martire" Santoro per la direzione e la conduzione, 2,5 per tutto il resto. Ecco qualche numero: l'ultimo contratto di Marco Travaglio prevedeva un compenso di 1.700 euro a puntata (35 in tutto), quasi il doppio di Vauro Senesi: per il vignettista satirico c'è un gettone da mille euro ogni giovedì, la stessa cifra che lo scorso anno è stata assegnata a Sabina Guzzanti. Mentre Che Tempo Che Fa su RaiTre sfiora i 5 milioni e al conduttore Fabio Fazio sono garantiti 2 milioni di euro annui. La sua, stando a documenti interni a viale Mazzini che Libero ha potuto consultare, è stata una trattativa assai dura. Con il conduttore che ha posto condizioni precise e vincolanti ai dirigenti di viale Mazzini. Non ha fatto così Floris - che non si può affatto lamentare - ma vale più o meno un terzo del suo "collega" di TeleKabul: per lui un contratto da 350mila euro l'anno.
Ma sono i cosiddetti format, guardando il bilancio da un altro punto di vista, a massacrare i conti della tivvù di Stato. Secondo una ricerca della Fondazione Rosselli, due anni fa - ma la tendenza nel frattempo non sarà cambiata - mamma Rai ha sborsato la bellezza di 1,8 miliardi di euro per programmi commissionati in outsourcing. Dopo lo sport e Sanremo, nel 2007 i programmi più seguiti delle 3 reti Rai sono stati prodotti da una società esterna: la fiction Papa Luciani, della Leone Cinematografica, trasmessa da Rai Uno; l`Isola dei Famosi 4, di Magnolia; Che tempo che fa, prodotta da Endemol per Rai Tre.
Intanto l`Autorità Garante per le Comunicazioni, rispondendo alle sollecitazioni del direttore generale, Mauro Masi, ha ribadito che spetta alla Rai «garantire il rispetto del principio del pluralismo, di correttezza, trasparenza, completezza e indipendenza dell`informazione». In tutti i programmi, altrimenti, oltre alle diffide arriveranno anche le sanzioni economiche. Inserire clausole più rigide nei contratti, dunque, è legittimo.
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